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Racconti Erotici Etero

Quel pomeriggio di un giorno…

By 12 Aprile 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Ero lì per parlare di un affare urgente con Marco, mio amico dai tempi dell’università, quando capelloni e senza sentire mai la stanchezza ne facevamo di tutti i colori con la sua 127 grigia. Non ci siamo mai persi di vista in questi 30 anni, ma una volta che le nostre strade si sono separate siamo riusciti a vederci ben poco nonostante nelle nostre regolari telefonate ci promettessimo continuamente di vederci per raccontarci di persona le cose che ci raccontavamo via cavo.
Fino a qualche mese prima, quando lui cercava una casa per la sua nuova famiglia. La sua vita è sempre stata più burrascosa della mia, un matrimonio finito presto, con un figlio che da allora ha sempre visto poco, poi una storia di cui dai nostri aggiornamenti telefonici non ero stato a conoscenza poi un’altra storia di cui invece sapevo, finita malamente, un periodo da single in cui siamo riusciti a vederci più che una volta ogni tre anni come solito e infine, ora, di nuovo la testa a posto ‘ in apparenza? ‘ con questa bellissima donna, Cecilia, una figlia ventenne, Lorena, un matrimonio fallito pure per lei alle spalle.
Con Cecilia e Lorena voleva mettere su casa, dopo due anni di ‘fidanzamento’, così girò la voce anche a me, e per caso vidi il cartello di un appartamento in affitto nei pressi di casa mia e glielo dissi, lui chiamò e trovò la sistemazione perfetta. Dopo due mesi abitavano lì.
Di Cecilia sapevo poco, da quando stava con Marco la frequentavo insieme a lui e per quello che potevo capire mi sembrava una donna decisa e cordiale, che in qualche modo aveva messo un po’ in riga il mio vecchio amico. Al contrario, della figlia sapevo qualcosa di più pur avendola vista solo un paio di volte di sfuggita in due anni, fino a un party recente in cui loro si erano presentati con lei al fianco. Era una bella ragazza, e mi era sembrata più timida di quanto le confidenze di Marco su di lei mi lasciassero supporre.
Quel pomeriggio, quindi, ero lì ad aspettare Marco, non sapendo che lui non sarebbe arrivato se non dopo cena. Avevano avuto, lui e Cecilia, un impegno improvviso, una cena di non so che, e Marco aveva chiesto a Lorena di avvisarmi, ma lei non l’aveva fatto, né al mio arrivo mi aveva detto nulla. Mi aveva aperto dal citofono, lasciando socchiusa la porta di casa, ed appena mi sentì entrare mi disse di accomodarmi, che lei era in doccia e sarebbe arrivata a breve.
Quello che mi aveva raccontato Marco su di lei erano guai, ma guai che davano della ragazza un’immagine un po’ libertina, per dirla in breve, così mi ritrovavo, a 55 anni suonati, seduto su un divano da solo in una casa in cui nel bagno adiacente stava facendosi la doccia una bella ventenne, mora, che un anno prima era stata beccata dalla propria madre e il suo compagno in mezzo a due ragazzi che le facevano la festa, e come reazione lei aveva chiuso la porta della cameretta per poter continuare senza intoppi, ridendo poi dell’imbarazzo con cui i suoi due amici erano quasi fuggiti dalla casa, senza peraltro mostrare imbarazzo lei stessa. O almeno così mi aveva raccontato Marco con atteggiamento tra l’incredulo e il malizioso. Si sentiva provocato da lei, ma mi diceva che mai e poi mai avrebbe ceduto, nel caso la provocazione avesse avuto uno sbocco reale. Provocato dal trovare in bagno, apposta in vista diceva lui, il piccolo rasoio elettrico con cui lei si depilava intimamente, magari quando sua madre non era in casa, oppure i suoi perizomi odorosi gettati con noncuranza nella vasca da bagno.
Ed ora ero io che sentivo, finita la doccia, sentivo il motorino del rasoio elettrico tagliare il silenzio della casa, e ingenuo come sono finivo anche per pensare che quella era la prova che non lo faceva apposta, non si rendeva conto che uomini navigati come noi potessero capire tutto dai rumori che a volte una donna fa in bagno. Ma se ora sono qui a raccontare è perché ero io a non capire’
Dopo una buona mezzora, sento la porta del bagno aprirsi, non si era neanche chiusa a chiave! Esce lei, in coulotte e reggiseno, tutto in pizzo semitrasparente su due zoccoletti, mi saluta allegramente e va verso la sua cameretta dicendo che mi avrebbe preparato un caffè.
Imbarazzato, bofonchio qualcosa che ricorda un grazie e seguo la danza del suo culo spettacolare che viaggia verso la sua stanza. Penso subito che ho avuto una visione irripetibile, lei ora si metterà su qualcosa, ma immediatamente esce così com’era e va verso la cucina. E intanto le sento dire che si scusava ma avrebbe dovuto avvertirmi che sua mamma e Marco non sarebbero tornati prima di mezzanotte per un impegno improvviso. Quasi quasi mi incazzo, ma mi sentivo immobile, incollato al divano, con lei di là in quello stato’ era una ragazza giovane e moderna, non c’era niente di male a stare comoda in casa con un conoscente’ oppure era anche un po’ troia, non mi veniva altro termine, e si prendeva le soddisfazioni che le piacevano anche con un cinquantenne?
Dopo pochi minuti, all’arrivo del caffè, i dubbi cominciarono a diradarsi. Lei arriva con la tazzina in mano, un sorriso e poi si ferma in piedi a tre metri da me e si guarda intorno, forse per lasciarmi il tempo di osservare con comodo che dietro la coulotte trasparente non c’è peluria. Prende da una mensola un panno e lo mette sul tavolino davanti alle mie gambe per poggiarci la tazzina quindi, lanciandomi un altro sorrisino, si siede sulla poltrona di fronte, accavallando. Io a quel punto ero ancora pieno di imbarazzo, evitavo di guardare al di sotto dei suoi occhi quando non guardavo la tazzina, ma lei scavalla e si alza di nuovo, prende le sigarette, ne accende una e si lascia andare sul divano di fianco a me, butta fuori il fumo e mi guarda. Quando capisco di non poter più fare finta di niente poso la tazzina e mi giro. Lei mi guarda fisso negli occhi: un corpo giovane, fluido, un terrazzo di seni coi capezzoli bene in vista da così vicino, dietro un sottile velo nero, sotto un ombelico che sembra far la guardia al paradiso che le gambe piegate e unite sul divano pubblicizzano. Qualche secondo, un’eternità’ la mia mano parte senza il mio consenso e si appoggia lievemente sull’interno coscia che mi guarda, e prima di riuscire a terrorizzarmi per quello che ho fatto lei allarga l’altra coscia sbuffando il fumo della sigaretta quasi in un gemito, occhi che si rivolgono al soffitto, e in un lampo le sto baciando il collo. Lei ansima ancora, sempre più forte, un gemito quando la mia mano si piazza sull’intimo in mezzo alle cosce, un altro gemito e poi uno scatto. Mi blocca, si ferma. Rimango interdetto, poi lei spegne la sigaretta furiosamente e si getta su di me, mi slaccia, è vorace, tira fuori il cazzo e subito se lo fa sparire in bocca, a me sembra di sognare, lei è avida, carne ventenne che mi sta facendo vedere le stelle, io ho accesso libero, tocco, tasto, infilo, è fradicia, la scosto, sfilo la coulotte e in un istante si siede sopra e si scopa e ringhia, sembra che non lo prenda da un anno e io sto già venendo, allora la fermo, lei capisce e si alza ma prima di girarsi me lo succhia ancora un po, poi io la tiro e lei si toglie, si mette sul divano a pecora e quando entro lei quasi urla, grida, chissà chi è più eccitato tra me e lei per questo scambio generazionale, la scopo la sbatto e glielo chiedo tra un ansimo e l’altro, prendi la pillola? E lei dice sììì sììì sìììììì e io non capisco se mi ha detto sì o sta godendo ma chi se ne frega vengoooooooooo urla anche lei ma a metà sborrata si toglie felina e si gira, mi balena in mente quanto è esperta, e me lo avvolge tra le labbra dove finisco il getto senza vederne più una goccia.
Sfinito mi lascio cadere sul divano, ansimante, e non la sento più, occhi chiusi sento dei rumori impiastricciati, li riapro e la vedo seduta a gambe larghe sul bordo del divano rivolta a me che si masturba mentre con l’altra mano pasteggia lo sperma che raccoglie mano a mano dalla figa per portarlo alla bocca e prima che possa fare qualcosa per aiutarla a venire, viene’ uno spettacolo nello spettacolo, occhi chiusi e fremito accompagnato dall’oooo più sensuale che abbia mai sentito.

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