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QUELLE AUTOREGGENTI..! (SONO DIVENTATO L’AMANTE DELL’AMANTE DEL MIO AMICO)

By 21 Settembre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Gli indumenti intimi femminili hanno sempre esercitato su di me una grande attrazione.

Io sono uno di quelle persone che fin da adolescente, andava a curiosare tra la biancheria di femminucce, giovani coetanee o meno; sia nel cesto dei panni da lavare che nei cassetti delle loro stanze.
Con il passare degli anni, questa mia mania non si &egrave attenuata. Anzi. A questa ho abbinato nel corso del tempo, varianti che da adolescente non potevo nemmeno immaginare.
Alla classica sborrata sugli slippini della mia compagna di studi quando andavo a casa sua a studiare, si &egrave sostituito un complesso insieme di perversioni (esagero a chiamarle così, forse’) che a confronto, il semplice e comunque appagante annusare il tessuto dove &egrave stato a contatto il pelo di fica di una femmina carina, sembra una cosa da chierichetti. Come ad esempio sborrarle nello yogurt un attimo prima di servirglielo.

Il profumo di sesso, misto al profumo del cotone e a quello del detersivo, che si inala quando si ha per le mani una mutandina di una fichetta che si vorrebbe penetrare, &egrave qualcosa che scatena tutti i sensi. Tutti.
Ed ora’ il mio racconto.
Dopo la separazione da mia moglie ho cercato una stanza dove soggiornare temporaneamente. E l’ho trovata in casa di un giovane ragazzo, Andrea, che mi ospitava, affittandomi una stanza di dove era a sua volta in affitto.
Fin qui, nulla di particolare.
Il bello &egrave che lui se la intendeva con una giovane donna di 30 anni, un pochino più grande di lui, che ne aveva solo 24.
Alcune volte, quando sapevo che si sarebbero dovuti incontrare, mi rendevo latitante, dicendo a chiare lettere a Andrea, che me ne sarei andato in un determinato posto e che sarebbero potuti stare tranquilli per svariate ore. Inoltre, lo informavo anche che, prima di prendere la strada del ritorno, gli avrei mandato un sms per avvisarlo e togliere tutti da un inevitabile imbarazzo.

Lei, Martina, era sposata. E si potevano incontrare per qualche ora, grazie alla copertura delle sue cugine.
Certo’ era difficile non fare un pensiero a dir poco malizioso su di lei: molto carina, molto tonica, molto spigliata, molto vivace, molto intelligente, molto solare e proprio per queste sue qualità mi risultava molto’ gnocca!
Non mi feci illusioni. Il confronto col bell’Andrea non lasciava margini al sottoscritto. Quindi non mi volli fare illusioni. E tutto seguì questo standard di normalità, lei veniva a trovare il comune amico ed io mi opportunamente mi defilavo per lasciar loro spazio ed intimità.

Questo, fin quando Andrea non mi rivelò una cosa, che per lui fu insignificante ma per me divenire l’innesco di una bomba ad orologeria: la curiosità di lei nei miei confronti.
Per due o tre volte, Martina chiese (questo me lo ha riferito lui) come io fossi, che aspetto avessi, come andava la convivenza con me’ insomma!
Dopo aver provato a sublimare la propria curiosità attraverso le parole di Andrea, organizzò un pranzo dove non potevo declinare il ‘loro’ invito.

Bene.
Ci incontriamo, ci salutiamo, scambiamo qualche battuta e nasce subito una simpatia.
Lei era davvero mooooooolto carina.
Indossava un abitino di lana, corto. Una battuta dietro l’altra, troviamo subito molti punti in comune. Dopo un quarto d’ora che eravamo lì tutti e tre insieme, pareva che io e lei ci conoscessimo da sempre.
Stiamo per cucinare: manca una pentola capiente per cuocere la pasta per tutti e tre.
O meglio, ce n’&egrave una ma sta nello sportello in alto, dal momento che io e Andrea non la usiamo mai.
Non faccio in tempo a indicare in quale sportello fosse che Martina, presa una sedia, e salitaci sopra, si solleva in punta di piedi e allunga le braccia.

‘NOOOOO! Cazzo!’, grido dentro di me. I miei occhi videro quel che inevitabilmente avrebbe da li in poi, sbilanciato i rapporti di forze alterando il magico equilibrio che si era creato in quei venti minuti.
Martina, nel tentativo di afferrare la pentola, aveva scoperto al parte superiore delle sue gambe, mostrandomi come finivano quelle calze che si abbinavano così carinamente all’abitino che era di per sé, già corto.
Calze grigio topo, e calze autoreggenti dello stesso colore. Ed anche, perfettamente in tinta, mi rivelò anche il lembo inferiore delle sue delicate e ricamate culottes. Si era evidentemente messa in tiro per far sollevare l’uccello al suo amante. E probabilmente ci riuscì meravigliosamente.
Il fatto che ne conseguì, però, &egrave che a me fece scattare una molla. Una di quelle cose che ho serie difficoltà a tenere sotto controllo: dovevo in qualche modo aver qualcosa di lei qualcosa che le avevo visto indosso in quel momento.

Ci dilungammo a tavola per oltre un ora fin quando io annunciai che dopo il caff&egrave sarei uscito per una commissione.
Ma ormai il ghiaccio era rotto e, sia Martina che Andrea, ritenevano non necessario che io mi defilassi per lasciarli da soli. Per di più che lei, avendo saputo da Andrea di questa mia forma di attenzione discreta e delicata messa in campo le volte precedenti nei loro riguardi, si sentiva un po’ in colpa.

Dibattemmo, il tempo del caff&egrave, e giungemmo alla conclusione che io sarei comunque uscito per quella commissione (così almeno avrebbero dato sfogo alle passioni iniziali, senza che ci fossi io in casa) e sarei rientrato da lì a un paio di ore.

E così andò.
Quando rientrai dopo le annunciate due ore, subito dopo aver aperto la porta di casa, sentii le loro voci provenire dal bagno.
La mia mente viaggio alla velocità della luce.
Considerai il motivo per cui fossero insieme al bagno; sperai che fosse per una romantica doccia insieme e che fossero solo all’inizio di quella doccia.
E così fu. Appena sentii aprirsi il rubinetto e li senti ridere insieme con la stessa traccia eco, capì che erano insieme nel box.
Era necessario agire con rapidità e cautela.
Mi precipitai nella camera di Andrea e li trovai, su una sedia, l’abbigliamento completo di Martina, con calze, reggiseno e culottes a portata di mano.
Il mio cazzo che, appena avevo intuito che erano entrambe in bagno, era già in tiro, reclamava di essere gratificato esplodendo mentre mi carezzavo con tutto quel ben di dio.
Confesso che sborrai in pochi secondi, mentre tenevo la culottes, con la sinistra sotto il naso e le calze avvolte attorno al mio cazzo, con la destra.

Ci volle davvero poco.
Le calze! Il loro pizzo ricamato, trasparente’ uno spettacolo per i miei occhi
Le culottes’ le fragranze, del tessuto e della sua fichetta, si amplificarono nelle mie narici:
e da lì a poco avrebbe indossato di nuovo, quell’indumento che era stato a contatto con quella creatura sensuale ma con le tracce della mia sborra a farle da supporto aromatico’
Mi battono le tempie e mi si intosta di nuovo il cazzo, se ci ripenso.

Dopo essermi pulito con un tovagliolino, mi avvicinai con cautela al bagno e sbirciai dal buco della serratura, mentre ancora si sentiva lo scroscio dell’acqua. Rimasi con l’occhio incollato al buco della serratura finché non la vidi uscire dalla doccia. Era davvero bella. Un seno delizioso su di un corpo affusolato. Da restar di stucco!

Faticai un bel po’ a riprendere lucidità: pochi secondi e dovevo essere di nuovo fuori da quella casa. Mi precipitai silenziosamente fuori della porta di casa e, ancora paonazzo dall’eccitazione che mi derivava da quella strepitosa profanazione, andai ad attendere 10 minuti in macchina, che il cuore riprendesse il suo ritmo. E mentre stavo per risalire, lei stava andando via. Nemmeno ci incrociammo. Non quella volta’

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