Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Rimorchiatori di coppie.

By 2 Ottobre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Io e Berni decidemmo di andare al mare. Il tempo lo permetteva. D’estate io e Berni eravamo soliti frequentare una spiaggia nudista. Ero stata io a portarcelo la prima volta, lui non aveva mai fatto il bagnetto senza costume, così come la mamma l’aveva fatto. E in verità ci volle un pò a convincerlo, perch&egrave lui non voleva. Non &egrave che si vergognava a farlo, anzi l’idea sembrava pure piacergli, ma a non piacergli era l’idea che altri uomini potessero vedermi nuda. Però io fui chiara dal principio:
– Se vuoi continuare a stare con me allora non devi soffocarmi. Io al mare il costume non lo sopporto, e quindi non lo metto. Se non ti sta bene cercati un’altra fidanzata.
A quel punto ingoiò il boccone amaro e venne alla spiaggia nudista. Io la frequentavo già da prima di conoscere Berni. Spesso ci andavo da sola, e nella maggior parte dei casi c’era qualcuno che tentava di rimorchiarmi. Da quando cominciai ad andarci con Berni devo dire che i tentativi di rimorchio erano diminuiti tantissimo, ma non completamente. Dovete sapere che la spiaggia era frequentata da poche coppie (in alta stagione ce n’erano al massimo cinque), la maggior parte erano guardoni e lupi solitari in cerca di coppie dedite allo scambio di coppia e ai giochi a tre. Quindi spesso ci scambiavano per una coppia in cerca di avventure. Ma si sbagliavano Il nostro intento non era quello. Forse io sarei stata più propensa ad accettare una proposta del genere, ma Berni no. Figuriamoci. Non avrebbe mai accettato l’idea di condividermi con altri uomini. A me l’idea di essere presa da due uomini insieme mi aveva sempre eccitato un casino, ma a Berni questa fantasia non lo sfiorava nemmeno di striscio. Anzi, a dire il vero, ancora non avevo capito quali erano le sue fantasie erotiche.
Quindi, come dicevo pocanzi, i tentativi di rimorchio erano diminuiti, ma non completamente. Adesso cercavano di rimorchiare a entrambi, a me e Berni insieme. Perch&egrave eravamo una coppia. E allora non di rado qualche uomo ci si avvicinava, e prima ci girava attorno in modo circospetto, spiandoci, cercando di capire le nostre abitudini, i nostri particolari, i nostri vizi, come un predatore che ha appena trovato la sua preda e che prima di partire all’attacco valuta ogni mossa nei minimi dettagli. Berni era troppo ingenuo per capirlo, ma io lo capivo benissimo quando c’era qualche uomo che stava per partire all’attacco. La caccia era aperta, e quando il cacciatore si sentiva abbastanza sicuro, quando credeva di aver capito tutto della sua preda, allora tirava la prima freccia. A quel punto si avvicinavano e cercavano di attaccar bottone con frasi retoriche del tipo: “&egrave proprio una bella giornata oggi”. L’amo era stato tirato, poi decideva la coppia di turno se abboccare o meno. Noi non abboccavamo mai, per il semplice motivo che non era quello che volevamo. Soprattutto Berni. E allora lasciavamo cadere la conversazione nell’oblio.
Il problema era che questi lupi solitari, rimorchiatori di coppie, erano tutti sulla cinquantina. Non ci era mai capitato di essere rimorchiati da aitanti stalloni da monta, ma solo da uomini sposati con la pancetta in cerca di coppiette giovani con cui spassarsela e vivere un’intensa avventura extra coniugale. E noi eravamo perfetti per questo; entrambi molto giovani, io bionda, bel corpo, disinibita e soprattutto senza problemi a mostrarmi nuda davanti ad altri uomini. Ero la preda perfetta. E Berni chissà, forse doveva avere l’aspetto del cuckold se parecchi uomini tentavano di rimorchiarci.
Ebbene, quel giorno facemmo una follia. Ci lasciammo rimorchiare, un po’ ingenuamente se devo essere onesta. Non era nelle nostre intenzioni, eppure il rimorchiatore era riuscito nel suo tentativo di abbordaggio. Devo premettere che per raggiungere la spiaggia c’era un bel pezzo da fare a piedi; circa due chilometri. Però era una piacevole passeggiata. Non sempre io e Berni avevamo a dispozione la macchina di suo padre, e così quel giorno ce ne andammo a piedi. Bisognava prendere un treno e poi farsela a piedi. All’andata andò tutto per bene, ma fu al ritorno che fummo rimorchiati. Era una giornata di mare come le altre, poche coppie e un sacco di singoli (tra semplici guardoni e rimorchiatori). Dopo un pò che eravamo in spiaggia notai che c’era un uomo sulla cinquantina che mi guardava con insistenza, e devo dire che la cosa mi eccitò molto, nonostante fisicamente fosse messo piuttosto maluccio. Devo dire che feci anche un pò la stronza, nel senso che ogni tanto mi chinavo a novanta gradi col pretesto di sistemare meglio il telo o di prendere qualcosa dalla borsa per fargli vedere meglio il mio didietro e soprattutto il mio orifizio anale, perch&egrave in quella posizione chiaramente le mie natiche si allargavano e lui aveva una visuale completa dei miei buchi. Ma lo facevo soltanto per il semplice gusto di provocarlo. Non volevo che ci rimorchiasse. Era come giocarci insieme, come se gli dicessi: “lo so che mi vuoi, che credi? Lo so che vuoi questi buchi qui, me ne sono accorta, non sono mica così ingenua come credi”. Però voglio dire, il gioco era tutto lì, non era nelle mie intenzioni fare in modo che ci rimorchiasse. Successe tutto per puro caso. All’improvviso il cielo da azzurro iniziò a farsi scuro. Io e Berni decidemmo di riprendere la nostra roba e andarcene, perch&egrave era chiaro che presto sarebbe cominciato un discreto acquazzone.
Ci incamminammo e le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere giù, e avevamo ancora due chiolometri da fare. A quel punto ci si accostò una macchina. Era l’uomo con cui avevo giocato in spiaggia, quello che mi fissava in continuazione.
– Ragazzi, avete bisogno di un passaggio?
L’uomo a cui per gioco avevo mostrato i miei buchi ci stava rimorchiando. E le condizioni atmosferiche erano a suo favore. Non potevamo rifiutare quell’offerta. C’erano ancora ben due chilometri dalla stazione, e stava per scatenarsi un inferno d’acqua.
– Viste le condizioni del tempo credo che non possiamo fare altro che accettare – gli risposi. Ma a quel punto Berni mi tirò un braccio prendendomi in disparte.
– Ma cosa ti salta in testa? Accettare u passaggio da uno sconosciuto. Sei matta?
– Dai amore, non essere paranoico. E’ solo un passaggio. Secondo me &egrave innocuo. Cosa mai potrebbe farci?
Alla fine riuscii a convincerlo, ma era chiaro che Berni era molto contrariato. Salimmo in macchina e partimmo per la stazione.

Continua…

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/08/rimorchiatori-di-coppie.html In auto si respirava una certa tensione. Ognuno di noi sapeva cosa stava succedendo. Forse solo Berni aveva qualche dubbio, ma sapeva che stava succedendo qualcosa, cio&egrave che quel passaggio da parte di quello sconosciuto nascondeva un fine ben preciso. A me era fin troppo chiaro qual’era il suo fine: voleva i miei buchi, e probabilmente avrebbe permesso a Berni di guardare mentre se ne impossessava. Ma questa era solo una mia congettura. Cosa voleva in realtà quell’uomo? Era certo che a smuovergli l’appetito ero stata io in spiaggia, mettendomi nelle posizioni più oscene per farmi vedere meglio nelle parti più intime. Era stato divertente stuzzicarlo, ma ormai avevo svegliato la bestia, e adesso la bestia aveva tanta fame. Ma nessuno di noi tre diceva una parola. L’uomo si limitava a guardarmi di tanto in tanto dallo specchietto retrovisore. Io ero seduta dietro e lui mi guardava in mezzo alle gambe. Avevo un vestitino molto corto, e siccome non avevo il costume poteva vedere chiaramente le mie labbra di sotto. E ogni volta che le vedeva tirava un gran sospiro. Lo ammetto, non mi stavo comportando granch&egrave bene, perch&egrave invece di impedirgli di guardarmi lì in mezzo chiudendo le gambe le allargai e mi tirai su il vestitino. Praticamente gliela stavo offrendo visivamente. Ce l’avevo completamente fuori, piazzata lì, alla merc&egrave dei suoi occhi, nuda come mamma Sabrina l’aveva fatta.
– Io mi chiamo Paco. E voi? – disse dopo quel gran silenzio che c’era stato.
– Moana e Berni – risposi.
– Moana… che bel nome – continuò. – Come l’attrice. Anche tu sei un attrice?
– Non capisco a chi si riferisce – dissi.
– Moana Pozzi. Un’attrice hard del passato. Una donna bellissima.
– Non me ne intendo di quei film. E comunque no. Non sono un attrice. E comunque anche Paco &egrave un bel nome.
– In verità mi chiamo Pasquale, ma gli amici mi chiamano Paco. Sapete, vi ho notato in spiaggia. E’ difficile trovare una coppia giovane come voi. Quanti anni avete?
– Diciotto – rispose Berni.
– E… come mai frequentate una spiaggia nudista? Cercate qualcosa in particolare? Magari qualche emozione forte? – domandò e mi guardò di nuovo in mezzo alle gambe.
– Assolutamente no – Berni rispose in modo scontroso.
Il signor Paco sperava di trovare una coppia aperta e invece aveva trovato Berni. E così la nostra conversazione ricadde di nuovo nell’oblio, ma lungo la strada non riuscì a trattenersi dallo spiarmi in mezzo alle gambe. Lungo la strada l’acquazzone era peggiorato. Adesso c’erano perfino lampi e tuoni. Non si riusciva a vedere neppure la strada. Intanto eravamo arrivati alla stazione, ma il treno era tra quaranta minuti. Era una piccola stazioncina di provincia, senza neanche una pensilina dove ripararsi. Si potrebbe dire che a parte i binari e la macchinetta automatica per fare i biglietti non c’era altro. Insomma, avremmo dovuto aspettare il treno sotto quella bomba d’acqua e fulmini. Ma a quel punto Paco si giocò la sua carta vincente, fece lo scacco matto nei nostri confronti.
– Siete sicuri di voler aspettare il treno con quest’acqua? Io abito a due chilometri da qui, se volete potete venire a stare da me fino a quando smette di piovere.
– No guardi, non &egrave il caso – rispose Berni in modo categorico.
– Ma amore, ragiona. Non possiamo aspettare in stazione. Non vedi che sta piovendo a dirotto?
Alla fine riuscii a convincerlo, e così il signor Paco proseguì lungo la strada, fino ad arrivare ad un caseggiato di campagna. Entrammo in casa che eravamo zuppi d’acqua. Io e Berni ci mettemmo a sedere sul divano del soggiorno, mentre Paco ci disse che sarebbe andato a prepararci qualcosa di caldo. A quel punto ci guardammo intorno, Berni era visibilmente nervoso. Forse era preoccupato da quella situazione, io invece avevo una strana eccitazione. Notai che il signor Paco era sì andato in cucina, ma era fermo dietro la porta a spiarci. Vedevo chiaramente la sua immagine riflessa in uno specchio del soggiorno. Berni non poteva vederlo, ma io sì. E allora capii. Il signor Paco non era un bull. Non voleva i miei buchi. Paco, a differenza di quello che avevo creduto, era un semplice guardone e voleva spiare la nostra intimità. Insomma, in poche parole voleva vederci fare l’amore, voleva vedere Berni montarmi. L’idea mi eccitò un casino. Non avevo mai fatto l’amore con il mio fidanzato davanti ad un guardone. Allora decisi di acconcentarlo, di dargli esattamente quello che voleva. E così mi sfilai il vestitino zuppo d’acqua e rimasi nuda.
– Ma che fai? Sei matta? Potrebbe vederti.
– C’ho voglia di fare l’amore – dissi accarezzandogli il pacco che nel giro di qualche secondo si indurì come la pietra. – Ti prego amore, fottimi. Adesso.
– Ma che ti prende, Moana? – disse allontanandomi la mano dal suo cazzo.
– Sono arrapata da morire – mi avventai su di lui sfregandogli la vagina sul suo sesso duro. – E dai, non fare lo stronzo. Fottimi.
Il signor Paco ci guardava ancora, ma adesso aveva tirato fuori il suo cazzo duro e aveva cominciato a smanettarsi lentamente. Ma Berni non ne voleva sapere di fare l’amore, e allora decisi di passare alle minacce. Mi misi in piedi davanti a lui, con i pugni contro i fianchi e lo guardai con aria di sfida.
– Se non mi fotti tu mi faccio montare da lui – gli dissi.
– E dai Moana, ragiona.
– Ok, allora vado… – feci qualche passo verso la cucina dove stava Paco, ma a quel punto Berni mi fermò e mi disse che lo avrebbe fatto.
Ritornai da lui, mi inginocchiai tra le sue gambe e gli abbassai la lampo dei pantaloni. Feci uscire il suo cazzo duro e me lo misi in bocca e cominciai a lavorarmelo nel modo più osceno possibile, con sonori risucchi e schioppettii. Guardai verso la cucina per appurarmi che il signor Pacco stesse vedendo bene cosa stavo facendo. Da dove stava lui mi vedeva di spalle, vedeva il mio culo, le natiche aperte, e la mia testa che andava su e giù sul palo del mio fidanzato. Purtoppo Berni se ne rimase lì in modo passivo, lo spettacolo che stavamo offrendo era davvero pietoso. Ci voleva una scossa, dovevo fare in modo da far uscire il porco che era in lui. E non era una cosa facile, perch&egrave Berni non era come tutti gli altri uomini.

Continua…

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/08/luomo-che-guarda.html Mentre sbocchinavo il mio fidanzato, come non avevo mai fatto prima, e cio&egrave in modo volgare, facendo schioppettare le labbra sul glande e risucchiando, vidi una lucina rossa che lampeggiava. Una specie di led, era proprio lì davanti a noi. Non so se Berni l’aveva notata, ma io l’avevo notata e come, e avevo anche capito di cosa si trattava. Era una telecamera; il signor Paco stava riprendendo la nostra monta. Non dissi niente a Berni, altrimenti non avrebbe fatto piu’ niente. La nostra intimità stava per essere violata, il nostro amore sarebbe stato scolpito in un volgare sex-tape. Ma quali erano le intenzioni di Paco? Lo avrebbe tenuto per se o lo avrebbe messso in rete? Qualsiasi fossero le sue intenzioni pensai che ormai non potevamo più tirarci indietro. Tanto valeva fare una buona performance. Ma Berni non ci stava, praticamente stavo facendo tutto io. Dovevo fare in modo da fare uscire il porco che era in lui.
– Prendimi per i capelli – sussurrai.
– Cosa?!
– Sì dai, trattami come una puttana.
– Ma Moana, tu sei la mia fidanzata, io non posso…
Cavolo, da Berni non avrei ottenuto niente. E la videocamera ci riprendeva, e io volevo dare il massimo. Ma il mio fidanzato doveva svegliarsi. Guardai l’immagine di Paco riflessa nello specchio, sembrava deluso, si smanettava contro voglia. Ma io ero la figlia di Sabrina Bocca e Culo, e non potevo permettermi di essere ripresa da una telecamera senza dare il meglio del mio corpo. Così decisi di giocarmi la carta della provocazione. Avrei fatto imbestialire Berni a tal punto da fargli uscire fuori il porco che era in lui.
– Lo so che sono la tua fidanzata, ma ciò non toglie che sono una puttana. Ti devo ricordare di tutte le volte che ti ho messo le corna?
– E’ acqua passata, amore.
– Mica tanto. La settimana scorsa ho sbocchinato un cliente dello strip bar per denaro. Ben duecento euro.
– Cosa?! E’ una bugia.
– No, niente affatto. E l’altro ieri invece mi sono fatta montare da due uomini contemporaneamente. Uno in figa e uno in culo – questa invece era una bugia, ma funzionò alla grande perch&egrave mi afferrò per i capelli e mi tirò la testa indietro, in modo da guardarmi negli occhi.
– Non &egrave vero! – urlò.
– Sì che &egrave vero. Controlla il mio buco del culo. Ce l’ho sfondato.
A quel punto sempre tenendomi per i capelli mi fece alzare in piedi e poi mi spinse sul divano, con il culo rivolto verso l’alto e le natiche spalancate. Berni iniziò a togliersi i vestiti, poi mi prese per i fianchi e indirizzò il suo cazzo contro il mio buco del culo. Non lo aveva mai fatto, nonostante glielo avessi chiesto più volte. Mi aveva sempre detto che penetrarmi il culo sarebbe stata una mancanza di rispetto nei miei confronti. Cazzate. Io adoravo il sesso anale. Proprio come mia madre. Si potrebbe dire che era un vizio di famiglia.
– Puttana che non sei altro – urlò e mi colpì una natica con uno schiaffone bello forte. – Adesso ti faccio vedere io. Ti sfondo il culo.
– Bravo amore, puniscimi. Sono stata tanto zoccola.
Il cazzo di Berni affondò nel mio orifizio anale nella sua interezza. L’avevo già fatto altre volte, con altri uomini, ma questa era davvero la prima volta che lo facevo con il mio fidanzato, e questa cosa mi riempiva di felicità. In una coppia deve esserci ccomplicità, nessun tabù. Ero felice che il mio uomo si stesse appropriando del mio culo. Più che per il piacere che stavo provando, ero felice soprattutto perch&egrave con quella penetrazione anale si stavano aprendo nuovi orizzonti nel nostro rapporto di coppia. E in ogni caso lo stava facendo proprio bene. Sentii le sue mani calde sui miei fianchi, mi teneva saldamente e dava degli affondi sicuri e decisi. Ogni tanto mi schiaffeggiava le natiche e mi diceva che ero una zoccola.
– Sei proprio come tua madre – mi disse. – Anzi, sei ancora più zoccola di lei.
– Sì – mugolai. Ero in estasi, e Berni era prossimo a sborrare. Era stato bravo, ma i suoi tempi erano comunque quelli. Guardai in direzione del signor Paco e vidi che aveva cominciato a smanettarsi con foga, anche lui stava per sborrare. Vennero insieme. Berni mi prese per i fianchi con decisione e mi spinse il cazzo dentro fino ai coglioni, a quel punto iniziò a schizzarmi copiosamente nel retto. Il seme di Paco invece finì per terra. Berni sfilò lentamente il cazzo da dentro il mio corpo e mi lasciò lì accasciata sul divano. Ero stremata, il mio Berni era stato bravissimo. Se ne andò in bagno a ripulirsi, io invece ero priva di forze, e me ne restai in quella posizione, con il culo rivolto verso l’alto e la faccia affondata nei cuscini. Sentivo i rivoli di sborra colarmi fuori dal retto. Ad un certo punto sentii qualcosa di umidiccio solcarmi i bordi dell’orifizio anale. Girai appena appena gli occhi e vidi Paco che mi stava leccando il buco del culo. Ma più che altro stava leccando la sborra di Berni. Se la prese con la lingua, poi si attaccò con la bocca al buco e succhiò, cercando di prendersi il seme che era rimasto dentro.
– Grazie – sussurrò.
– Grazie a te – risposi. – Cosa ne farai della registrazione?
– Non ti preoccupare. Rimarrà nella mia collezione privata. E ogni tanto mi farò una sega ripensando a voi.
– Bravo.
Intanto aveva smesso di piovere, io e Berni ci rivestimmo e il signor Paco ci accompagnò alla stazione. Ci salutammo freddamente e poi ognuno per la sua strada. Berni era nervoso, forse per via delle cose che gli avevo detto prima. La balla della scopata con i due uomini. Allora decisi di vuotare il sacco. Gli dissi che mi ero inventata tutto.
– Ma perch&egrave?
– Perch&egrave certe volte ti vorrei più porco. Sei molto dolce Berni, ma devi capire che tu sei il mio fidanzato, e non c’e niente di male se mi sborri in faccia o se mi prendi dietro. Sono tua, e puoi fare di me ciò che vuoi. Ficcatelo bene in testa. Se mi sono inventata quella balla &egrave solo per farti capire questo.
A quel punto Berni mi abbracciò e mi baciò nervosamente tutta la faccia.
– Ti amo Moana.
– Anche io ti amo.
La balla della scopata a tre era in effetti una balla. Ma la storia del pompino di duecento euro era vera, come ben sapete. Ma questo a Berni non lo dissi.

Fine.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/08/nuovi-orizzonti.html

Leave a Reply