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Racconti Erotici Etero

Ritorno a casa

By 19 Febbraio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Nonostante gliel’avessi fatta grossa, il primo a farsi sentire dopo un paio di mesi di silenzio fu proprio Marco.
Io ne fui felice: m’era dispiaciuto che fosse andata a finire in quel modo, ma non avevo potuto fare altrimenti’ Nelle questioni di cuore io non ho mai imparato a essere calcolatrice; agisco d’istinto, secondo il primo impulso. E pazienza se poi mi becco delle fregature, l’importante è non avere rimpianti.
Marco, però, era stato più di un fidanzato. Oltre alla grande intesa sessuale io e lui avevamo in comune interessi, hobby, passioni. Con lui avevo viaggiato per mezza Europa, visitato città, musei. Era stato lui a farmi conoscere e apprezzare l’arte moderna: da Mirò a Kandinsky, passando per Pollock. Li avevamo visti tutti, come anche molti musicisti jazz, altra sua passione, subito tramandatami.
Marco gestiva (e gestisce ancora) un ristorante nella campagna cuneese. Io, quando avevo un po’ di tempo libero, lo andavo ad aiutare, facendo la cameriera o svolgendo tutti quei lavoretti di cui c’era bisogno.
Proprio in quel ristorante avevo però conosciuto un vecchio professore, un signore torinese che, avendo una splendida villa nelle vicinanze, nel periodo estivo passava da quelle parti alcune settimane. Essendo scapolo, viveva solo e tutte le sere, a cena, veniva a mangiare al ristorante. Era spesso circondato da una schiera di amici, all’incirca della sua stessa età, sui sessantacinque-settant’anni ma altre volte, quando era solo, mi chiedeva di sedermi con lui, per fare due chiacchiere:
– Non mi piace mangiare da solo ‘ diceva
E così io l’accontentavo, e con molto piacere, anche! Infatti, nonostante l’età, era un uomo davvero interessante, molto raffinato ed elegante. Inoltre aveva una cultura sterminata, ma allo stesso tempo era di una semplicità e di una simpatia sorprendente. In breve tempo riuscii a sapere tutto di lui: era l’ultimo discendente di una ricca famiglia milanese che nel corso dell’ultima guerra s’era arricchita spropositatamente con il commercio dell’acciaio. Pietro (questo era il suo nome) però non aveva voluto saperne dell’attività paterna e aveva abbracciato la carriera universitaria, specializzandosi in storia dell’arte e dedicandosi al suo insegnamento. Prima, però, grazie all’ incredibile patrimonio che aveva ereditato, aveva potuto viaggiare per tutto il mondo, conoscere uomini e donne di tutte le razze, vedere tante di quelle cose che nemmeno riuscivo ad immaginarmi.
Tutte queste cose me le raccontò egli stesso, tra una portata e l’altra, tra un sorso di vino rosso e l’altro, sempre sorridente, sempre vivace e coinvolgente in qualsiasi cosa stesse raccontando.
Quello che mi sorprendeva era che un uomo di quella specie fosse rimasto per tutti quegli anni scapolo. Glielo feci notare, lui mi rispose che nessuna donna era mai stata capace di attirarlo a se più di quella che avrebbe conosciuto subito dopo. Quella risposta, pronunciata tenendomi lo sguardo fisso negli occhi mi aveva fatto arrossire, mi aveva colpita’ conquistata!
All’inizio non me ne resi neanche conto, alla sua età lo vedevo più un nonno che un possibile amante! Ma con abilità seppe attrarmi nella sua rete e nol giro di una settimana ero già stata a letto con lui’
La cosa proseguì per un paio di settimane, fino a quando, finite le vacanze estive, Pietro dovette ritornare a casa sua a Torino. Mi chiese di seguirlo. Io ero così attratta da lui! Non riuscii a dirgli di no’ quella sera stessa, quando il ristorante era ormai deserto, le luci basse, mi presentai a Marco, qli raccontai tutto’ gli chiesi scusa e me ne andai per la mia strada.
Era il 27 d’agosto, me lo ricordo benissimo. Dal giorno successivo mi trasferii a Torino con Pietro, nella sua bellissima dimora, piena di fotografie e ricordi provenienti da tutti i suoi viaggi del passato.

La vita scorreva felice e spensierata, quando a novembre ricevetti una lettera. Una lettera di carta e inchiostro, come proveniente da un epoca passata. Era indirizzata a me; quando la ricevetti non sapevo che aspettarmi, poi vidi la firma: Marco *******. Era perfettamente nel suo stile.
In quei mesi, vergognosamente, m’ero quasi completamente dimenticata di lui ma ora questa lettera mi riportò alla mente ogni istante di quella bellissima relazione.
Mi scriveva in modo semplice, senza rancore; mi chiedeva se per il 18 novembre avessi impegni perché sarebbe stato felice di rivedermi. Mi invitava a una cena nel suo ristorante, solo io e lui, per parlare un po’, come due vecchi amici’
Queste ultime parole mi fecero piacere, voleva dire che aveva accettato la cosa, che non stava soffrendo per la nostra separazione. Feci leggere la lettera a Pietro, cui chiesi consiglio, e lui sempre democratico, mi suggerì di accettare l’invito. Era una piccola cosa, un gesto semplice ma glielo dovevo ‘ mi disse. Dopotutto si trattava solo di una cena..
Fu così che quella sera mi presentai nuovamente al ristorante. Eran passati solo tre mesi, ma sembrava trascorsa una vita intera. Mi ritrovai davanti a quella porta a vetri colorati, a quell’arco in mattoni a vista: quante volte ero entrata per quella porta con il mio mazzo di chiavi! Quella sera invece fui costretta a suonare il campanello.
Attesi un paio di secondi, poi udii il rumore di passi che s’avvicinavano, la chiave ruotare nella serratura, infine la porta aprirsi lentamente.
Era Marco. Com’era cambiato! Il suo sguardo, il suo volto! Aveva delle evidenti borse sotto gli occhi, il viso gonfio e arrossato. Non che fosse mai stato magro, anzi! Come è giusto per un cuoco aveva sempre avuto una bella pancetta, ma ora s’era ulteriormente ingrassato’
– Ciao Marta ‘ mi accolse con un bel sorriso ‘ Sei sempre bellissima!
Queste sue parole mi tirarono su di morale; era sempre lo stesso Marco.
– Grazie, sei sempre gentilissimo! Anche te, ti trovo bene’
– Non è vero, sei la solita bugiarda! ‘ rispose ridendo ‘ Ma non stare sulla porta, entra. Dammi la giacca.
Entrai come m’aveva chiesto e mi sfilai la giacca. Ero contenta di vederlo sempre vivace. Mi ero presentata a quell’appuntamento assolutamente preoccupata di trovarmi davanti un ex fidanzato depresso e rancoroso, invece quell’accoglienza mi aveva sollevato il morale.
Mi prese la giacca e l’appese all’attaccapanni.
– Vieni con me, ho preparato nella saletta piccola ‘ e appoggiandomi leggermente una mano sulle spalle mi sospinse verso la sala da pranzo
La scena mi si presentò in tutta la sua eleganza! Che spettacolo: aveva preparato il tavolo rotondo, con il servizio più bello e per tutta la sala una decina di candelabri illuminavano la sala con la sola luce delle loro candele.
Era bellissimo. Rimasi a bocca aperta mentre Marco se la rideva del mio stupore.
– Ma’ non dovevi’- riuscii a malapena a pronunciare
– Oh si che dovevo! Dopotutto sei l’ospite più illustre che mi potesse capitare
Il suo viso sorridente mi mise di buon umore: – Sei sempre il solito Marco, grazie di cuore!
– Non c’è di che, è da un po’ che volevo rivederti’ Mi è molto mancata la tua compagnia
– Anche a me’ – ma non volevo che la conversazione cadesse nell’imbarazzante’ – – Dai, dimmi un po’: che mi hai preparato di buono?
– Ehehe’ vedrai! Sorpresa! Ora vatti a lavare le mani, io intanto vado in cucina a prendere qualcosa.
– Sissignore! ‘ e me ne andai in bagno
Quando ritornai al tavolo lo trovai che m’aspettava. Aveva portato due carrelli: uno era pieno d’antipasti, mentre nell’altro, dentro una teca di vetro, riposavano tre tartufi bianchi, grossi come un pugno..
– Hey, ma sei impazzito!?
– Perché?
– Perché?! Questa cena ti sarà costata una fortuna! Sei’
– Dai, piantala, non fare rompiscatole! Guarda che mi offendo se fai ancora delle storie’ Lo sai cosa penso del denaro’
– Che serve per comprarsi i piaceri della vita’ – lo sapevo bene: non m’aveva mai fatto desiderare nulla. Aveva sempre anticipato anche i miei desideri più folli!
– Brava! Vedi che mi conosci bene?! Quindi’ siediti, su, e fatti servire..
Ridemmo entrambi senza un vero motivo, solo per la consapevolezza di esserci ritrovati affini e in sintonia come un tempo. Tutto era perfetto, si preannunciava una bella serata.
– Come vino avrei pensato di iniziare con un Arneis, almeno per i primi antipasti, poi vediamo, ok?
Naturalmente approvai la scelta. Era quell’arneis di cui andavo matta, lui lo sapeva bene, così mi riempì il bicchiere. Riempì anche il suo, poi facemmo il primo brindisi:
– A cosa? ‘ gli chiesi
– Come a cosa? ‘ rispose accigliato ‘ A noi due!
– A noi due! ‘ gli feci eco e facemmo tintinnare i bicchieri.
La cena incominciò con una serie di antipasti. Tutti squisiti, specialmente quelli che aveva ricoperto di tartufo. Come cuoco era davvero un fenomeno! Prima di passare ai primi, su di un fornelletto portatile, proprio davanti ai miei occhi fece friggere due uova. Anche queste vennero ricoperte di scaglie bianche e profumate, per poi finire nelle nostre fauci infiammate dal vino.
Quando dovette recarsi in cucina per far cuocere la pasta, lo seguii. Che bello ritornare in quella cucina! Così ordinata, pulita’ ricolma di profumi stupendi provenienti da tutte le padelle e pentole sui fornelli.
– Hey, ma tu vuoi farmi scoppiare! Quanta roba hai preparato!?
– Ma se sei sempre bellissima! Tu non sei come me! Tu puoi mangiare quello che vuoi!
Lo aiutai a condire la pasta, a servirla nei piatti come ai vecchi tempi. Con le tagliatelle stappammo una bottiglia di Barolo, annata 1999, niente male. Questa ci durò fino a fine pasto, quando finalmente ci fermammo un attimo.
– Cosa preferisci di dolce?
– Dolce? No’ un attimo’ non ce la faccio più’
– Non c’è fretta’ Io porto qua il carrello termico, poi quando ne abbiamo voglia’
Si assentò un attimo, poi ritornò con uno splendido carrello pieno di golosità: torte, cassata, budino, crem caramel’ e in più un cesto di frutta multicolori.
Nella mano reggeva una bottiglia di passito.
– Ne vuoi un po’?
– Un goccino, grazie
Ne versò due bicchieri, poi poggiò la bottiglia sul tavolo
Iniziammo allora a parlare. Prima del più e del meno, poi di noi due.
– Ti ricordi quella volta a Stoccarda, che spettacolo la notte di Natale!
Certo che me la ricordavo, e lui se lo ricordava l’Umbria Jazz Festival di due anni prima? Cazzo come eravamo ubriachi quella sera!
La conversazione era divertente, tra un ricordo e l’altro ci infilavamo battute, scherzi, sciocchezze.
Marco però continuava a bere, senza sosta e questo mi sorprese; di solito beveva così poco!
– Hey, ma quanto bevi?
– Perché? Si festeggia, no? ‘ e giù un’ altro sorso di vino
All’inizio presi la cosa sul ridere, però pian piano vedevo che Marco diventava sempre più ubriaco e, nonostante continuasse a farmi ridere, farmi ritornare ragazzina, un po” mi dispiaceva per lui; non volevo che diventasse un ubriacone per colpa mia!
Ero andata in bagno un attimo per rinfrescarmi un po’ e per fare la pipì, quando, appena ritornata a sedermi lo vidi fissarmi seriamente, in un modo strano’ ironico.
– Che c’è? ‘ gli chiesi sorridente
– Stai sempre con quel vecchio? ‘ mi chiese infine, sarcastico
– Dai Marco! ‘ lo rimproverai ‘ Non iniziare!
– A fare cosa? T’ho solo chiesto una cosa, tutto qua’
– Dai, hai bevuto troppo’ Comunque si, sto sempre con lui, si’
– Cazzo’ – e si mise a ridere! Il vino stava iniziando a fare il suo effetto’
– Cazzo cosa?
– Niente’
– No, adesso me lo dici’ Cos’è che ti fa così ridere?
– Niente’ solo’ m’immaginavo te che prima di andare a letto gli davi una pastiglia di Viagra’ che aspettavi l’effetto.. ‘ e esplose in una risata.
– Che testa di cazzo che sei! E poi’ ridi, ridi, ma sto Viagra funziona davvero, sai! ‘ con questa battuta avevo cercato di buttarla sul ridere, ma ero sempre stizzita. Come si permetteva di venire a mettermi in imbarazzo? Testa di cazzo, se fosse stato un poco più presente non sarei certo scappata’
Però quella sua sicurezza di se, quel sarcasmo a suo modo intrigante’ non riuscivo a capire bene cosa provassi in quel momento, ma Marco continuava ad esercitare una certa attrazione su di me’ Specialmente dopo quella ecna, quei discorsi liberi, intelligenti’ divertenti.
Inifine la sua ilarità mi coinvolse, non sapevo perché, ma anche io.. a pensare all’immagine di me, neppure trentenne alle prese con un vecchietto, con il suo pisello flaccido (ed era capitato per davvero, tra l’altro! Molto spesso’) ‘ per la prima volta iniziai a vedere il lato grottesco della situazione, ma invece che farmi arrabbiare le sue risate mi coinvolgevano; ridevo pure io.
Con Pietro la vita era stupenda, non sentivo la mancanza di nulla della mia vita precedente. Ma ora, a quel tavolo, ecco riscoprire una freschezza e una voglia di divertirmi che in quei sei mesi avevo messo a riposo e che ora ritornava a galla in tutta la sua esuberanza. Era la gaiezza della gioventù, la spensieratezza di trovarsi fra gente che ci conosce e che sa tenerci allegri.
– Un giorno o l’altro lo fai morire sto poveretto’ – mi disse infine ‘ A meno che tu non sia cambiata..
– Io? No! Non posso cambiare! ‘ altra risata
– Allora il cuore non gli reggerà a lungo’
– Che stupido! Mica sono una ninfomane!
– Tu? Anche peggio! Tu non puoi resistere a certe cose’
– A cosa alludi mio caro?
– A questo’ – e così dicendo si alzò dalla sedia, si sbottonò i pantaloni e se li abbassò, poi si calò anche le mutande e mi rimase di fronte con il suo bel pisello penzoloni.
A quella vista una vampa di calore mi avvolse il corpo. Ero a disagio, ma Marco aveva bevuto troppo…
– Che stupido che sei! Dai, rivestiti’
Ero imbarazzata. Quel cazzo lo conoscevo bene, per anni lo avevo maneggiato e per anni quel cazzo me ne aveva fatte di tutti i colori e io a lui. Ora se ne stava davanti a me, moscio, ma bello tozzo, la pelle del prepuzio arricciata a coprire la cappella, le palle enormi e pelose.
– Dai, non fare la cattiva’
– Che intendi? ‘ chiesi cercando di sembrare il più indignata possibile, ma sapevo di non essere credibile’ mi conosceva troppo bene.
– Dai’
Mi alzai di fronte a lui: – Forse è meglio se me ne vado’ è tardi, abbiam bevuto un po’ troppo e’
Lui non mi fece finire la frase. Si avvicinò a me, mi pose una mano sella guancia e premendo leggermente avvicinò le sue labbra alle mie.
– Che fai Marco, dai’ ora basta’
La sua bocca dischiusa si unì alla mia, avvolgendomi le labbra con una morbidezza umida e calda. Un bacio appassionato, il bacio di due amanti di lunga data che non si vedevano da una eternità mi scaldò il cuore. Se all’inizio avevo cercato di sfuggirgli, ora lo abbracciavo pure io, la mano sulla sua nuca, fra i suoi capelli per avvicinarlo ancor più me, la mia lingua spinta nella sua bocca passionale.
Sempre avvinghiati mi sollevò da terra e mi fece sedere sul tavolo. Con una mano, alla cieca, spostò i bicchieri e la bottiglia di lato, mentre con l’altra cercava di sbottonarmi la camicetta.
Io non sapevo che fare’ se resistere ancora o concedermi a lui interamente’ Era ubriaco, mi dava fastidio la sua goffaggine, ma allo stesso tempo’ certi pensieri, certi flash da un passato non così lontano facevano di tutto per convincermi a lasciarmi andare’
– Sei sempre la solita troia, lo sapevo’ – mentre mi sfilava la camicetta e con una lieve pressione delle dita mi liberava dal reggiseno
– Mi immaginavi diversa’ – risposi, confusa’
– No’ certo’ è vero quello che hai detto’ tu non puoi cambiare!
E si abbassò a bocca aperta sul seno destro che teneva sollevato nel palmo della mano. Sentire nuovamente la sua lingua leccarmi l’aureola scura, il mio capezzolo turgido’
Se avevo ancora dei dubbi, questo gesto me li dissolse’ Ora mi rendevo conto che non c’era nulla di male a godere ancora con lui’ dopotutto sono una donna libera, ho diritto di godere, no?
– Dai, succhiami i capezzoli ‘ e inarcai la schiena, il capo all’indietro
Marco eseguì senza fiatare, mentre io cercavo di agguantargli quel cazzo moscio che traballava a ogni suo movimento. Finalmente glielo riprendevo in mano, dopo tutti quei mesi! Che sensazione fantastica: un pezzo di carne palpitante, calda’ morbida’
Si sfilò la maglia, poi si tolse completamente pantaloni e boxer. Rimase completamente nudo davanti ai miei occhi.
Senza parlare mi coricai sulla tavola e sollevai le gambe. Lui capì al volo, mi sbottonò la zip della gonna e con un unico movimento mi sfilò gonna e perizoma lasciandomi con la fica all’aria.
– Che bella che sei! ‘ mi sorrise ‘ Mi è sempre piaciuto il tuo pelo
E si chinò sulla mia passera, fino a baciarmela. Non m’aspettavo tanta delicatezza da un uomo ubriaco. Potei godermi la sensazione delle sue labbra posarsi sul mio clitoride. Un brivido mi salì lungo la colonna vertebrale, poi la sua lingua si appoggiò nel solco fra le labbra. Lentamente percepii che si schiudevano, la sua lingua umida di saliva le aprì a metà e cominciò a farsi largo dentro di me. Dovevo essere ancora piuttosto asciutta, ma la sua lingua bagnata non aveva difficoltà a scivolarmi dentro.
Allungai una mano e gliela posai sulla testa. Voleva dire che mi piaceva, che volevo continuasse. Ad un tratto esercitai un po’ di pressione sulla sua nuca e lo spinsi in basso contro il mio ventre; a questo gesto la sua lingua impazzì dentro di me’ Mmmmmmmm che sensazione magica! Un piacere solleticoso, frizzante!
Mi teneva per i fianchi, le mani sulle cosce nude; le mie gambe erano aperte, spalancate perché potesse cogliere meglio il nettare nella mia figa.
Ad un tratto si staccò da me, sollevò il capo e si avvicinò al mio viso. Le sue labbra eran lucide dei miei umori, come anche la sua lingua. Ci baciammo appassionatamente, il sapore del mio fiore colò nella mia bocca avida.
Era come se non volessimo più staccarci da quel bacio’ durò un eternità mentre lui, ancora in piedi, incominciò a esplorare la mia figa con le sue dita tozze e affusolate.
Mentre le nostre lingue si intrecciavano e con la sinistra mi accarezzava la fronte, i capelli, con le dita della destra mi masturbava con foga’
Mi staccai per un attimo dalle sue labbra: – Fammi godere!
– Dimmi la verità’ ti mancava questo?
Non dovetti mentire: – Si, mi mancavi da morire
In realtà non avevo mai provato la sua mancanza ma ora che la nostra passione era di nuovo esplosa mi rendevo conto che era un qualcosa che non avrei mai potuto fare a meno.
Non che con Pietro non ci fosse intesa sessuale, alla sua età era più virile di molti ragazzi. Solo, per lui il rapporto sessuale non aveva più nulla di animalesco, ma era solo un esperienza sensoriale. Ecco cosa avevo intenzione di riprovare. Dopo aver provato tanto ‘piacere’ volevo di nuovo’godere’, si, godere come una troia!
– Scopami ‘ lo implorai
– Hey’ che foga! Non ancora bella.. Ho aspettato così tanto’ Giochiamo un po”
– Bastardo! ‘ sorrisi
Si avvicinò a me; coricata sul tavolo il suo cazzo molle mi arrivava giusto giusto all’altezza della bocca. Lo presi in mano, era ancora flaccido, ma non a riposo’ Era una via di mezzo, come se stesse per drizzarsi da un momento all’altro, ma con tutto l’alcool che aveva bevuto era normale che ci mettesse un po”. Dovevo impegnarmi!
Iniziai a scappellarglielo un paio di volte’ il suo odore leggermente pungente mi riempì le narici. Il cazzo è proprio un accessorio favoloso. Me lo infilai in bocca e me lo strinsi fra le labbra.
– Brava, succhiamelo un po”
Non c’era neanche da dirlo’ iniziai subito a stuzzicarlo’ facendo il vuoto in bocca e poi scivolando su e giù, scappellandoglielo fino in fondo per poi ricoprirglielo’ leccandoglielo’
– Si, così’ brava troia’
Mi eccita sentirmi dare della troia!
Era ancora bello molle, così potevo arrivare a ingoiarglielo fin all’attaccatura dei coglioni, poi ritornavo indietro..
Favoloso!
– Ti va di giocare un po”’
Annuii con gli occhi senza smettere di lavorarmi il suo pisello.
– Dopotutto non abbiamo ancora mangiato la frutta! ‘ e si mise a ridere da solo
Non sapevo cosa avesse in mente, ma potevo immaginarmelo. Allungò una mano verso il carrello e poi lo vidi ritornare su di me impugnando una banana’
– è pur sempre il frutto dell’amore, no? ‘ e sempre a ridere
Lo vidi allungare la mano verso il mio pube, poi finalmente percepii il contatto della buccia liscia’ la fece scorrere sopra la mia figa un paio di volte, poi la riportò alla sua bocca e ci fece colare un bel po’ di saliva sulla punta.
La riportò in basso e questa volta la sentii puntare verso l’entrata’ spinse lentamente, ma faceva difficoltà a entrare’ La teneva un po’ troppo inclinata’ allora allungai una mia mano, l’impugnai e me la indirizzai, come si fa con il cazzo di un ragazzo inesperto. Mi mossi con delicatezza’ dopotutto era piuttosto tozza, ma l’aveva lubrificata bene’ pian piano la feci scivolare per un buon dieci centimetri.
– Mmmmm’ Marta mi fai impazzire!
– Dai, scopami con quella ora! ‘ lo incitai; più porca di così non potevo essere.
Poi riagguantai quel cazzo che dalle pulsazioni che percepivo contro le labbra sembrava essersi deciso a drizzarsi.
Marco invece iniziò a farmi scorrere dentro e fuori quel frutto giallo e duro. Era leggermente freddo, ma era così largo da stiracchiarmi tutta la pelle della passera e stimolarmi perciò il clitoride.
– Dai, dai’ continua! ‘ e quando non glielo succhiavo glielo smanettavo con forza
– Ti piace eh?
– Siiiiiii continua!
Più andavamo avanti più quella banana mi entrava in profondità, ma pian piano si stava asciugando, facendo più resistenza a scorrere e conseguentemente iniziavo a sentire un certo fastidio’
– Lubrificala un po’, dai’
Marco si voltò e dal tavolino dietro la sedia prese un barattolo d’olio d’oliva. Lo fece colare sulla mia figa pelosa e poi riprese a sfondarmi. Ora era tutta un’altra cosa: scivolava su e giù come un burro.
Il suo cazzo era ormai in tiro. La sua cappella mi riempiva la bocca e sbatteva contro il palato, ma ero così presa dalla pienezza che provavo nella figa che nemmeno me ne accorgevo.
– Dai, dai!… così’
Mi inarcai indietro. Marco sapeva cosa voleva dire. Mi stavo preparando a raggiungere l’orgasmo. I suoi movimenti con la mano si fecero furiosi. Mi penetrava con quel coso come un pistone, le labbra iniziarono a scaldarsi, il calore s’insinuò nelle mie profondità finchè l’orgasmo esplose in me. Fu immenso, una sensazione di intenso piacere che dalla vulva mi salì allo stomaco, fino al seno, ai capezzoli!…
– Ahhhhhh siiiiiiii ‘ gemetti, e con la mano gli bloccai ogni movimento, fino ad estrarre quella banana viscida dalla mia vagina e farla cadere a lato. Le mie pulsazioni eran così intense da avermi reso doloroso il peso di quel corpo dentro di me!
Marco si sedette sulla sedia, sorridente. Io rimasi coricata gambe e braccia penzoloni per un’eternità! Era un’eternità che non godeva in quel modo. Una sensazione favolosa e terribile che dopo avermi squassato il corpo, l’aveva lasciato stravolto e sudato’ Così me ne stavo su quel tavolo’ come se si trattasse di un tavolo operatorio’ il petto a sollevarsi continuamente a causa dell’affannamento, del batticuore.
A risvegliarmi dal torpore fu una mano di Marco, le sue dita calde che si posarono sul mio seno mollemente appoggiato su se stesso’ accarezzarmi un capezzolo duro’
– Non hai idea di quanto amo queste tette..- sussurrò, come per non svegliarmi completamente
– E tu non hai idea’ di quanto mi hai fatto godere’
– Ho fatto bene ad invitarti allora’
Mi volsi verso di lui. Il suo cazzo era tornato molliccio, ma era rimasto scappellato, quasi a ricordarmi che il lavoro che avevo iniziato non era ancora stato portato a termine.
– Hey, piccoletto’- rivolta a quel manganello di carne che conoscevo così bene ‘ Visto cosa ha combinato il tuo padrone’ Se non avesse bevuto così tanto.. al posto di quella banana.. ‘ e con la coda dell’occhio fissai quelli di Marco, che se la rideva’
– Dai, non buttarti giù così Marta, scommetto che sei ancora capace a farmelo drizzare’ mica ti sarai così invecchiata con quella mummia di professore!…
– Tutt’altro’
Allungai la mano e lo ripresi nel mio pugno’ Era sempre caldo, anzi’ ora era bollente! Dopo quello che aveva visto!…
– Pensavo’ – proruppe Marco ‘ che ne diresti se’ quella banana potremmo ancora usarla un po’, non credi?
– Hey’ che intendi fare?… ‘ mica vorrà infilarmela nel culo?! è enorme ‘ pensai
– Tranquilla, mica voglio aprirti in due! Aspetta’
Afferrò la banana e la sbucciò : – Vedi? Non è poi così grossa!…
Ora era di nuovo in piedi di fronte a me, con la mano glielo scappellavo lentamente, sentendolo indurirsi nel mio palmo’
allungò il braccio, mi sollevò le gambe, e io, che avevo capito le sue intenzioni, mi portai le ginocchia in grembo.
– Ecco, brava’ – poi sentii la banana appoggiarsi al mio buco del culo. Era fresca’ morbida’ Nell’aria s’era sollevato quel profumo tipico dolciastro..
– Sporcaccione’
Lui sorrise, continuando a sfregarmi quel frutto altamente allusivo sul bocciolo di carne. D’un tratto riprese la bottiglia di olio’ ne fece colare un abbondante rivolo tra la fica e l’ano, poi vi appoggiò un polpastrello.. Non dovette spingere molto’ in quella posizione entrò come niente.
Mi scappò un gemito: – Cos’è? Il tuo vecchietto non ti scopa nel culo? ‘ chiese sarcastico
– No’ – risposi, quasi vergognata, non so perché’
– Che fesso! Se solo sapesse’
E il suo dito mi penetrò completamente, di colpo’
– La colpa è solo tua ‘ fece guardandomi ‘ se non te ne fossi andata’ adesso avresti ancora il buco del culo bello largo’ Ma tanto non ci credo’ scommetto che hai continuato a sfondartelo mentre te la meni.. è vero? ‘ mi urlò
Rimasi un attimo stupita da quello scatto’ Per tutta risposta lui se ne uscì per poi rientrarmi dentro con due dita, indice e medio, di colpo, favorito dall’abbondante olio che aveva fatto colare. Io non potrei trattenermi dall’urlare!
– Allora! Dimmelo, è vero?
– Si ‘ gli urlai ‘ Si, siiiiiiii
La mia risposta lo calmò: – Vedi che ti conosco? ‘ e le dita scivolarono verso lo sfintere, ma non uscirono, rimasero a roteare a mezza altezza.
– Dai Marco, non farmi aspettare’ scopami, dai!
– Aspetta’ la banana!
Sfilò le dita e, senza aspettare che i muscoli dell’ano si richiudessero in se stessi, vi puntò nel buco la banana’ bianca, morbida’ la sentii puntare, spingere forte’ entrare’ Ma l’anello dello sfintere si stava richiudendo, il frutto era troppo pastoso e morbido per resistere a quella tensione’ sentivo che si stava spappolando..
Ma Marco continuava a spingerla dentro le mie viscere. Quando fu dentro per una decina di centimetri iniziò a farla scivolare dentro-fuori.
Infine la sfilò. Me la portò alla bocca.. Era mezza maciullata’ un bel pezzo doveva esser rimasto al mio interno..
Quel moncherino me lo appoggiò alle labbra schiuse e me lo fece scivolare in bocca, mimando un pompino’ Aveva un gusto fastidioso’ un misto di acre e dolce’ ma in quel momento non capivo più niente.
La sfilò anche dalla mia bocca, ne staccò un pezzetto lungo un paio di centimetri e l’appoggiò al buco del culo. Premendo con tutto il palmo la spinse all’interno del mio ano.. Questo non fece fatica ad inghiottire anche questo pezzo, poi finalmente Marco gettò il rimasuglio in terrà. Che porco il mio Marco, sapeva quanto mi eccitasse unire il sesso alla cucina, ma mai avrei potuto pensare una scena del genere.
– Sei pronta puttana
– Scopami, scopami nel culo, dai!
Lui non attese oltre, si spostò per posizionarsi di fronte alla tavola, mentre io tenevo ancora le ginocchia strette contro il mio petto.
Non potevo vedermi, ma dal mio sedere doveva colare una pappa di crema biancastra. Marco si fece colare un poco d’olio sul cazzo, poi, finalmente, lo sentii puntare contro il mio bocciolo.
Spinse leggermente, ma non bastava. Si aggrappò allora con una mano alle mie cosce e si appoggiò con tutto il suo peso in avanti, contro il mio sedere. Questa volta lo sentii entrare.
Come al solito dovetti stringere i denti. All’inizio, specie dopo un periodo d’astinenza, l’inizio è sempre piuttosto doloroso. Marco mi conosceva bene, anche se aveva bevuto non rinunciò alla delicatezza: rimase fermo per un buon minuto, un paio di centimetri dentro le mie viscere, immobile, godendo delle mie pulsazioni impazzite.
Aspettava un mio segnale per incominciare la guerra: – Spingi’
La sua cappella, forte della pressione di tutto il suo peso di maschio virile, si fece largo nelle mie carni accaldate. Come un cuneo entra nella fessura di un tronco per spaccarlo a metà, così quella lancia mi scivolava nelle viscere. Mi faceva male, ma sapevo che a quel lieve dolore sarebbe seguito un grandissimo piacere, così strinsi i pugni e lasciai fare. La cappella scivolosa superò lo sfintere. Lo sentii allargarsi e far spazio a quella rotonda mobidezza, poi di nuovo l’anello di muscoli si strinse sul suo tronco e Marco s’arrestò.
Aveva ragione lui, come avevo potuto rinunciare a un simile piacere, a una situazione così animalesca, così sessuale!?
Con calma il mio amante continuava la sua avanzata. Procedeva con abilità: entrava di poco, poi scivolava in dietro e ritornava sui suoi passi, come per farsi spazio, poi, quando le carni s’eran ammorbidite ritornava alla carica. Continuò così per un paio di minuti. Quella lentezza mi piaceva, pian piano il dolore fisico si trasformava in calore e come un anestetico che inizia a fare effetto, potevo percepire solo più le carezze di quel scivolarmi dentro.
Ecco, finalmente potei sentire le sue palle flaccide e enormi (le più grosse che mi sian mai capitate fra le mani) appoggiarsi alle mie natiche. Era arrivato fino in fondo,e nonostante avesse un cazzo notevole era stato così capace da non farmi (troppo) male.
A questo punto ero ben dilatata, incominciò a scivolarmi dentro per tutta la sua lunghezza. Prima piano, arrivando fin quasi all’uscita, dove l’anello dello sfintere lo opprimeva cercando di espellerlo, poi sempre più veloce, gradualmente. Ecco, ecco’ così lo volevo!
– Dai, dai! Sbattimi! Si!
Non parlava, mi scopava come un toro. Le sue botte si facevano violente. Come un pistone nel cilindro aumentava di velocità’ ad ogni colpo un poco di crema umida mi colava fuori dal buco del culo, con un rumore simili a piccole ‘pernacchie’, ma questo, tutt’altro che imbarazzante, rendeva la scena ancor più animalesca.
Di colpo si fermò! Non me l’aspettavo, pensavo stesse quasi per venire!
Il mio sguardo sorpreso non gli sfuggì: – che pensavi’ mica vuoi che finisca subito’ – un ghigno ironico
– Certo che no’ Lo sai che non son per le sveltine
– AHAHAH ‘ rise di gusto e se ne scivolò fuori
Con quel movimento un getto di crema biancastra a pezzi colò fuori dall’ano, spiaccicandosi sul bordo della tovaglia per poi colare sul pavimento. Era la polpa della banana che m’aveva lasciato nel culo: con quei colpi l’aveva tutta spappolata e ora colava fuori, crema biancastra venata delle mie secrezione più intime..
– Dai, cagala fuori tutta, dai!
Io non avevo più una mia volontà, facevo ciò che mi diceva Marco e non l’avevo mai visto così animale.
Iniziai a spingere, come per defecare. Sentivo un corpo morbido nel retto, ma avevo timore di fare qualche schifezza
– Dai! ‘ e mi sculacciava
Infine presi coraggio e spinsi forte. Finalmente un pezzettone di banana si staccò dal mio ano slabbrato e schiantò a terra con un rivolo di crema sporca.
– Si, sei proprio una troia
Mi prese per i fianchi e lo sentii armeggiare dietro di me. Il tempo di un attimo e già la sua cappella scivolava dentro di me, nel culo, per iniziare un’ultima cavalcata.
Ero carica, calda. Abbassai una mano fra le gambe e iniziai a menarmela con foga. Eravamo un bagno di sudore entrambi. In più quel miscuglio di olio e altri liquidi mi infradiciava il pube emanando un odore penetrante, per nulla sgradevole. I colpi di Marco ora eran davvero terribili, come piacevano a me. Il dolore di una penetrazione violenta m’han sempre fatto impazzire. Per farlo stare più comodo sollevai una coscia e l’appoggiai al piano del tavolo. Ora potevo sentirgli i cazzo scorrermi sotto la pelle.. come se volesse squarciarmi tutta e salirmi lungo la schiena attraverso le budella.
– Si, dai, dai! ‘ ero solo più in grado di urlare ‘ Sfondami!
Marco non si faceva desiderare e io me la menavo come una pazza. La mia figa non ce la faceva più tanto era infiammata. Iniziai a sentire un prurito’ un formicolio. Sentivo che stavo per venire, una seconda volta! Lo scivolare di quel manganello dentro iniziava a farmi un po’ troppo male, ma non potevo farci nulla. Per stringerlo ancora di più e velocizzare il suo orgasmo riportai la gamba a terra. In quella posizione era un po’ meno doloroso e allo stesso tempo a ogni suo affondo il clitoride veniva stiracchiato verso il basso.
Si, me lo sentivo dentro.. salire dalle profondità
– Si, si! Dai!…
Finalmente una scossa elettrica, ecco il secondo orgasmo! Dai, dai! Ancora ‘ pensavo, mentre una fitta di piacere mi inondava il ventre. Quell’orgasmo mi coinvolse tanto da non percepire nient’altro. In quel momento però dovetti irrigidirmi incredibilmente e anche lo sfintere dovette stringersi in una morsa tremenda, perché Marco non potè più trattenersi. Un eruzione di sborra di riempì il buco del culo. Potei percepire il getto caldo schizzarmi dentro, poi i suoi ultimi colpi, fortissimi.. gli ultimi fuochi, poi si staccò da me, scivolò fuori e cadde seduto sulla sedia, senza più forze.
Dal mio ano slabbrato una sonora scorreggia sentenziò la fuoriuscita di un getto di sborra densa, bianca, e di tutto ciò che ancora non ero riuscita ad espellere di quella brodaglia’ Poi mi lasciai cadere sul tavolo, mi voltai e mi coricai supina a gambe aperte’
I nostri respiri affannosi, rantolanti rimbombavano nel silenzio della saletta. Ero scomoda, Marco, su quella sedia, ancor più di me ma eravamo così prosciugati da non aver neanche la forza di spostarci’
Ma se le mie membra non avevano alcuna intenzione di muoversi, la mia mente era viva, anzi, adrenalinica! Che magnifica esperienza. C’eravam dovuti lasciare per raggiungere certe vette di piacere! Che strana la vita
Pensavo ancora queste cose quando alle 5 di mattina arrivai a Torino. Non avevo voluto dormire da Marco, non me la sentivo ancora’ non sapevo cosa avrei fatto in futuro, ma per ora non potevo abbandonare così bruscamente Pietro.
Mi infilai il pigiama in fretta e mi diressi in camera. Pietro era a letto, ma avevo fatto troppo rumore, s’era svegliato.
– Ciao tesoro, che ora è?
– Tardi ‘ non avevo voglia di parlargli’ non me la sentivo.. magari, dopo una bella dormita avrei visto le cose in modo diverso
Mi infilai sotto le coperte. Mi avvicinai a lui per dargli il solito bacio della buonanotte, poi mi voltai dall’altra parte.
Pietro allungò una mano e dalla schiena la fece scivolare entro i pantaloni. Lentamente scivolò ad accarezzarmi i peli pubici poi, scivolando sul solco umido della figa raggiunse salendo il mio bocciolo infiammato’ Sentii che rimaneva a lungo appoggiato su quel pezzetto di carne straziato..
– Potevi dirmelo che ti piace prenderlo nel culo, tesoro’ – mi sussurrò ‘ vado a prenderti un po” di crema, altrimenti domani ti brucerà!…

Se questo racconto vi è piaciuto, vi ha scaldato il cuore, o se al contrario avete delle critiche da farmi, la mia mail, come al solito, è polipessa@live.it
Sarò felice di leggere le vostre mail e rispondervi, ma naturalmente solo a coloro, uomini e donne, che si dimostreranno rispettosi
A presto

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