Skip to main content
Racconti Erotici EteroRacconti Erotici Lesbo

Ro e Luca

By 19 Gennaio 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono una vera porca e mi piace esserlo: amo sentire l’eccitazione che monta, il cervello che parte, il calore che cresce… è qualcosa che ho scoperto da poco e a cui non riesco, neanche volendo, ormai a rinunciare.

Eppure a volte penso che quanto sto per raccontare non sia successo davvero, che siano solo sogni o una mia fantasia, ma passo così tanto tempo a pensare, fantasticare, desiderare… che mi sembra impossibile che quanto racconto possa essere successo davvero… forse non è successo nulla, forse sono solo fantasie ed è nella mia mente che è invece successo tutto…

Io infatti non mi sono mai ubriacata, mi sono quasi sempre controllata, ma è pure vero che avevo altre idee, altri desideri: ho più di trent’anni ma non sono una vecchia battona, sono giovane, giovane e bella… ho tanti spasimanti e diverse esperienze… piaccio e mi piaccio… ma volevo che succedesse… con Patty… la mia migliore amica, con cui avevo ripreso i contatti da poche settimane dopo essere state lontane per uno scontro, una lite, forse un grave equivoco, che ci aveva tenute lontane…

Eravamo due amiche che dividevano tutto …persino il letto (seppur per solo dormire, perché ero ingenua allora), ma ora eravamo tornate vicine e dopo anni di lontananza e le fantasie covate durante la nostra lontananza ero certo che presto sarebbero diventate sesso… sesso lesbico… finalmente.

Si, dopo anni avevo bisogno di dare un risultato alla nostra attesa… mettere alla prova il mio essere sempre più spregiudicata e dare un premio alla mia trasgressione: c’ero così vicina…nessuna delle due ormai pensava che lesbica fosse un insulto ed eravamo tornate amiche, ottime amiche, le migliori amiche di sempre…

Solo il tempo rimette in ordine le cose e ci fa fare i conti con la nostra storia, con noi stessi, con ciò che siamo e che vogliamo ed io ora sono pronta…  avevo capito che i suoi abbracci di anni prima, le sue coccole, il suo continuo rimanermi nuda davanti, la sua figa sempre così depilata che sembrava aspettare le mie visite per essere curata… era messaggio… era invito… ma ero allora troppo imbranata per capire e lei forse ancora troppo timida, per osare.

A me bastava mio marito e il suo sesso banale, ma allora esclusivo. E invece Lei mi divertiva, mi incuriosiva, ma, purtroppo per me, allora non capivo. Solo quando abbiamo smesso di frequentarci e vederci ho capito la profondità di quello che mi era venuto a mancare e… per la prima volta… cominciai a masturbarmi, con violenza… pensando ad una donna.

Prima di allora avevo sempre avuto disgusto per le lesbiche ed anche nei due anni successivi vivevo con fastidio il turbamento del pensiero ricorrente dei suoi ricordi. Rifiutavo l’idea… pensando che fosse la più assoluta delle trasgressioni. Non sapevo, non pensavo che presto sarei andata oltre, ben oltre.

In questi ultimi due anni dopo la nostra lite, mi sono ritrovata spesso a rimettere indietro il nastro della storia con Patty e a riscriverla facendo seguire, nei miei pensieri, al suo aspettarmi con l’accappatoio dopo la doccia non più i miei sorrisi grati di allora, ma sguardi torridi e contatti proibiti… alle notti trascorse insieme, abbracciate… la voglia di notti trascorse ad esplorare i nostri corpi in modo sempre più estremo e inconfessabile… Così per due anni – almeno nelle mie fantasie – mi sono ritrovata a fare l’amore con Patty decine di volte, anzi tutte le volte che volevo eccitarmi o sentirmi porca.

Lei era la mia trasgressione e niente mi sembrava più eccitante fino ad unauna nuova relazione che mi ha sì fottuta il cervello, ma anche educata al piacere e a piacermi… Così al temine di quest’ultima storia che mi ha trasformata in una femmina, ho trovato il coraggio di tornare a cercare Patty: l’ho contattata e ci siamo riviste. 

Ora non sono più la sposina innamorata del suo giovane marito, allegra e spensierata, entusiasta della esperienza di mamma…. Sono sempre più curiosa sessualmente e mentalmente sempre più porca, una donna libera, che non si vergogna delle sue trasgressioni…

Così quando Patty, dopo i primi nostri re-incontri nei bar, mi invitò a casa sua, giunsi davanti al portone visibilmente eccitata. Pensavo che questo appuntamento, questo invito privato, fosse un modo per riprendere, con discrezione, i vecchi intimi contatti… pensavo fosse il suo modo per riprendere le sue continue docce davanti a me, le sue attente depilazioni… per riprendere a raccontarmi qualcuno dei suoi incontri sessuali, ricchi di dettagli, che tanto in passato mi avevano divertito… e che ora mi avrebbero eccitato e sedotta.

E mentre pensavo questo, davanti alla sua porta, la mia porca fica era già in subbuglio, pensando che a breve saremmo stata preda l’una dell’altra. E mentre mi chiedevo se mi avesse aperto in vestaglia o in accappatoio e se sarebbe stato il caso di complimentarmi per la sua forma e giocare con bretelline e laccetti… rimasi basita nel sentirmi aprire al citofono da una voce diversa dalla sua. Non eravamo soli  e fu per me una sorpresa trovarla in tuta in cucina, trafelata, alle prese con  affettati e scatolette.

Mi spiegò che il suo ex (era separata anche lei), all’ultimo minuto l’aveva avvertita che sarebbe venuto nel pomeriggio per portare suo figlio Luca al mare fuori città.  Lei era impreparata, non aveva niente pronto e suo figlio sarebbe rimasto digiuno:

“sai come sono questi padri… sono andata nel panico e sto preparando dei panini… ma non ho niente a casa… così ho dovuto cucinare qualcosa… perché Luca non mangia quasi niente…”.

Per colpa di questi imprevisti, non era riuscita a prepararsi… non si era fatta nemmeno la doccia… e si scusava, e sentiva in colpa…E fu così che mentre ascoltavo tutte queste storie, sorridendo a malapena del suo disappunto… e leggendo le sue linee sotto la tuta, scommettendo su che intimo indossasse…non mi accorsi che Luca era entrato in cucina.  

Stavo quasi per risponderle, stavo quasi per cominciare, finalmente, una nuova forma di comunicazione… stavo quasi per dirle che anch’io sentivo caldo e avrei fatto volentieri anch’io una doccia, più tardi, una volta rimaste sole… quando il suo: “Ti ricordi di Luca, vero?” mi bloccò e spinse a voltarmi.

Ciò che vidi fu indescrivibile. Davanti a me non c’era un giovane appena diciottenne, ma un dio greco, un giovanissimo dio greco, bellissimo e dal volto assonnato, che si stropicciava gli occhi.

 Un dio seminudo con un solo ridottissimo pantaloncino, scalzo, sconvolgente e magnetico, attraente, tanto eccitante da farmi sentire, istantaneamente, la più sordida e smaliziata delle puttane.

Non fui capace di rispondere… se non dopo secondi in cui non fui capace nemmeno di pensare. Solo il mio corpo reagiva, istantaneamente, facendo scolare la porca, in modo sconvolgente e peccaminoso.

Di fronte a me non c’era il piccolo giovane angelo che avevo conoscito pochi anni prima, il giovane figlio della mia migliore amica, ma il diavolo, il diavolo del peccato, della lussuria e della trasgressione, mentre io non ero più una giovane mamma responsabile, e nemmeno una signora smaliziata, ma una Troia, la più porca del reame.

Io non fui capace di parlare, né pensare, in quel momento… ma nella mia mente, ripensando a quella scena, mi sono inginocchiata davanti a lui cento volte, mi sono seduta sul divano aprendo oscena le cosce, mi sono spogliata…  infilata la mano sotto la gonna,  strizzata il seno, leccata oscena le dita… Con la mia mente nei giorni seguenti l’ho scopato ogni giorno, spompinato ogni giorno, gli ho leccato alluci, piedi, culo, palle e il cazzo… ogni giorno… e anche più volte al giorno.

E ogni volta, dopo essere venuta, dopo essermi data della troia e bagascia, mi sento una vecchia puttanona, corrotta e depravata… e mi dico sempre di smettere, di non dovermi più masturbare in questo modo, pensando ad un ragazzino… mi riprometto di non farlo più e invece dopo poche ore… torno sempre lì col pensiero… in calore come una cagna.

Lo so che ha la metà dei miei anni, lo so che queste cose nemmeno si pensano e sono pure cosciente che è pure il figlio della mia migliore amica, ma muoio dalla voglia di scoparmi suo figlio…un ragazzino di soli diciotto anni… e la mia figa si allaga se solo lo penso… il calore divampa, il cervello va e non torna indietro, l’eccitazione trabocca … e devo farmi, farmi subito, come una porca… come una troia…come adesso….

Perché questa fantasia, questo sogno… questa voglia? lo penso e mi bagno… Lo vedo e mi sento una vera porca, nessuno e nessuna… come Lui, mi fa partire, così: istantaneamente, completamente, follemente. Ovviamente a Patty non l’ho detto, ma l’ho detto al mio ex, a colui che mi ha tolto ogni pudore, ma lui ride e conferma che sono una vecchia porca… ci ridiamo insieme e poi magari scopiamo… così, con piacere, tanto che Porca ormai mi chiama sempre più spesso ed io sempre più spesso mi ci sento, tranne quando, spavalda e sicura, mi sento persino Troia, una vera Troia… capace di godere di orgasmi sempre più violenti e appaganti… irrefrenabili e sconvolgenti che alimentano deliri sempre più osceni, fantasie e realtà sempre più confuse e allucinanti…. senza che riesca a smettere, senza che intenda smettere…

 

Da quel giorno sono tornata più volte a casa di Patty, restando ogni volta basita davanti al mio giovane dio greco. Si, perché Luca è bellissimo… il prototipo della mascolina perfezione, con la sua giovanile e muscolosa magrezza, la sua tartaruga, l’addome da leccare golosa, con due occhi azzurri e profondi… in un volto diabolico da cherubino.

Così quando la mamma lo invitò a salutarmi, a darmi un bacio… devo dire, fui io ad arrossire, vedendolo chinarsi verso di me… per poi sentirmi, immediatamente, animale allertato, da caccia, capace di avvertire il calore e l’odore del maschio…

“Ti ricordi di Luca, vero?”…rimasi bloccata sulla poltrona, riuscendo solo a dire la più stupida delle frasi: “Certo, che mi ricordo… Ciao Luca… come sei fatto grande”… mentre invece, da subito, avrei voluto dirgli “come sei fatto… bene”  o “come sei fatto… bello” oppure con gli occhi già tra le sue cosce, avrei dovuto dirgli: “cazzo, come sei fatto… cazzo, come sei fatto bello grosso… Ah, se solo avesse indugiato nel suo saluto, forse avrebbe già avuto le mie mani sul collo, la mia lingua in bocca e mie mani da Troia infilate sotto il suo pantaloncino a tirare fuori un cazzo ristoratore come gelato d’estate…

Passato il momentaneo stupore, ebbi pure il momento per vergognarmi di me: cercai pertanto di reprimere quegli impulsi osceni che già affollavano la mia mente… camuffando le mie voglie animali dietro un velo di leggera euforia per aver notato, dopo il mio primo imbarazzo, come anche gli occhi di Luca, malgrado il sonno, fossero rimasti fissi su di me… e al di là del torpore del risveglio, piantati senza imbarazzo, con quel chiaro interesse che riconoscevo in uomini ben più scafati…

Luca, infatti non perse occasione di dimostrarmi, malgrado la presenza della madre,  la sua giovanile arroganza o sfrontata naturalezza, e quanto fosse davvero diventato grande… e scaltro… e quanto grosso fosse quel pezzo di carne, che più di una volta, durante le mie visite, riuscì pure a farmi avvertire.

Nei pochi secondi che seguirono il nostro saluto, mentre la voce di sua madre riecheggiava in sottofondo rapportando che il suo cibo era quasi pronto e che suo padre sarebbe passato tra almeno mezz’ora, noi rimanemmo in silenzio, a guardarci, come a leggere le nostre reciproche impressioni: fu Lui a parlare per primo, sottraendomi alla mia intima battaglia tra imbarazzo ed eccitazione…

“Posso sedermi accanto a te?” e con gli occhi negli occhi, gli feci spazio su una poltrona, comoda certo per una persona, sentendo finalmente la sua coscia nuda, soda e calda, accanto alla mia coperta da una maledetta tuta, che non mi permetteva di sentire il contatto con la sua pelle…

Ma quando c’è la voglia, tutto si può… tanto che con finta indifferenza, da subito gli posai la mano sulla coscia chiedendogli della scuola, guardandolo con un sorriso… Rispose cortese quasi controvoglia… mentre la mia mano scottava.

Parlò per minuti, raccontandomi dettagli anche stupidi che, nei suoi pensieri, avrebbero dovuto scatenare il mio interesse, mentre continuavo a sorridergli e perdermi nei dettagli del suo volto… immergendomi in tanta perfezione, mentre la mano fremeva per risalire le sue cosce… fino a quel cazzo… che, solo, mi avrebbe domata.

Un trillo di cellulare mi salvò dalle sabbie mobili della mia lussuria… era il suo.  Per un tempo indefinito rimase coinvolto in un velocissimo scambio di messaggini… Rinvenni e mi distrassi, ma non riuscii a togliere la mia mano dal sua coscia: sua madre non poteva vedermi e poi perché farlo? …era un gesto così naturale e capace, da solo, di incendiare e liquefare la mia fica.

Per recuperare la sua attenzione chiesi a Luca del suo telefonino: marca, modello… ci facemmo un selfie, fino a domandargli se avesse la fidanzata. All’inizio fu reticente ma dopo qualche mia strizzatina d’occhio, me lo confermò e mi fece pure vedere delle foto… rimasi perplessa scoprendola bruttina, ma presto intuii… come lei ci sapesse fare… e perché mai “a scuola tutti si vogliono mettere con lei”… scoprii pure anche che la ragazzina non era l’unica… e che Luca aveva anche altre amiche, alcune anche più grandi di lui… ma che questo era “un segreto che non doveva sapere nessuno”…

Sentivo una eccitazione crescente… cominciai a  carezzargli le cosce…. mentre anche Luca si agitava sempre di più… dovevo far qualcosa e così ripresi a parlare con sua madre, concentrata sui suoi errori ai fornelli…   scambiando pochi frasi e ascoltando il suo lamento per il ritardo, per dover ancora finire di cucinare, sistemare e pulire la cucina, lavarsi e vestirsi… non le sarebbe bastato un’ora… e meno male che a Luca ci stavo pensando io…

La distrazione però non servì, se non a Luca, per fissarmi le tette, sbirciando dentro la mia scollatura… cercando l’angolazione migliore… Per tutto il tempo della mia conversazione mi accorsi come fosse capace di rispondere ai messaggi e guardarmi dentro, tra i miei seni… la sua coscia era divenuta inquieta e si strusciava alla mia cercando quasi di accavallarla…. Tanto che la mia mano ormai gli accarezzava l’interno coscia…. Riflettere su queste cose, ebbe solo l’effetto di farmi bagnare di più.. avevo ormai il suo cazzo a pochi centimetri dalla mia mano… la sua coscia incollata alla mia e la sua testa infilata dentro la mia scollatura… mentre la mia fica era ormai liquefatta  e i capezzoli erano ormai ben evidenti pur sotto una felpa…. Il respiro ormai affannoso rischiava di tradirmi.. dovevo fare qualcosa… per interrompere questo massacro, mi alzai di scatto, chiedendo di andare in bagno… 

Lui parve contrariato, ma abbassò lo sguardo intensificando la sua chat… ebbi il tempo di fare pochi passi e chiudere la porta del bagno che già la mie mani si erano infilate sotto la tuta abbassando i pantaloni, strizzando i seni fino a farmi male per tirarli fuori… La fica era ormai fradicia, il piccolo slip zuppo, così come umide ed untuose divennero le mie dita immerse in una brodaglia calda e vischiosa… puntai direttamente sul mio clitoride, grosso per come mai e mi feci di scatto, venendo in piedi, accostata al muro, venendo subito, gemendo come una porca, sentendomi porca, porca come mai mi ero sentita prima nei miei trenta e rotti anni…

E così, ogni volta che andavo a trovare la mia amica Patty… chiedevo subito del bagno in modo da poter scaricare, appena arrivata, la tensione precedente all’arrivo, e poter affrontare così, una volta soddisfatta, il mio dio greco, riflettendo su cosa, cazzo mai, stessi facendo…

 

 

Ma una volta non tutto andò tutto liscio… Successe che all’uscita del bagno, dopo essermi fatta l’ennesimo furioso ditalino, me lo trovai davanti la porta: quel pomeriggio era stato più invadente del solito, più sfacciato che mai, giungendo ad abbassarmi la zip della tuta per meglio vedermi la scollatura e cercando ogni pretesto per sfiorarmi i capezzoli e il culo… e trovarmelo davanti con uno sguardo troppo esplicito, mi produsse un brivido al pensiero  che aveva potuto sentire i miei gemiti in bagno… Ciò che disse invece, mi lasciò interdetta:

“Ci vieni nella mia cameretta a giocare con me?”  mi disse… e per me si spalancarono le porte dell’inferno.

Forse neppure il più consumato degli uomini avrebbe saputo trovare il coraggio e le parole giuste per sottrarmi alla madre, alla mia visita di cortesia, portarmi con sé, per immergermi nel suo mondo…

Mi voltai a cercare Patty, sorridendo turbata… per venire sommersa subito dalla voce di Luca: “Mamma… vado a giocare ai videogiochi con Rosy…” Si sentì raggiante quando Lei rispose da qualche stanza oltre: “Si, per favore, Rosy accontentalo… così sta tranquillo… e poi possiamo uscire…”

Non ebbi nemmeno il tempo di rispondere, perchè alla velocità della luce, Luca mi arpionò il braccio e mi trascinò via fino alla sua cameretta, tirandomi dentro come in un vortice… balzando direttamente sul letto e invitandomi a seguirlo.

Era troppo per me, perché mi resi subito conto che forse, su quel letto, non avrei più risposto delle mie azioni… che mi sarei immediatamente trasformata e che i liquami della mia porca figa sarebbero defluite copose, mentre il cervello avrebbe impartito ordini convulsi e contraddittori al mio debole raziocinio… e sarei stata forse capace di demolire ogni mio autocontrollo…

Mi spinse dentro e chiuse la porta a chiave mentre io in rigurgito di lucidità, finsi di non capire e mi sedetti sulla poltrona vicina: fu inutile… Luca non era abituato a sentire ragioni… e prese a battere perentoriamente la sua mano sul suo letto per invitarmi…  Non potendo o riuscendo a dire di no, mi alzai per raggiungerlo, sapendo che il mio gesto sarebbe stata forse la mia fine…

Mi sedetti allora sul suo letto come si siedono le bambole, di traverso… spalle al muro, gambe diritte e piedi che si agitavano nervosi appena fuori dal materasso, mentre Lui, seduto all’indiana osservava compiaciuto la sua preda… poco prima di muoversi in modo irruento quasi travolgendomi e coricandosi trasversalmente su di me per prendere i joystick e accendere il monitor…

In pochi attimi mi fu addosso e vi rimase per un tempo che a me parse lunghissimo… mi godetti così la leggerezza del suo corpo, il calore della sua pelle,  la bellezza della sua schiena e delle sue cosce, turbandomi  per il mistero del suo culo così offerto ai miei occhi e nascosto dai suoi pantaloncini… ammirai le sue cosce muscolose, i suoi polpacci da leccare e anche i suoi piedi, fino ad indugiare sul suo alluce, presa già dalla voglia di succhiarlo… quell’alluce era per me il presagio di un cazzo acerbo e celato… che tra le mie gambe cominciava a farsi sentire facendomi perdermi nei miei pensieri osceni…

Luca si spostò, si mise comodo facendomi avvertire nettamente il contatto del suo cazzo, tra le mie gambe leggermente scostate, mentre si stava eccitando sempre di più, ed io con lui… adesso sentivo strusciare il suo cazzo sulla mia coscia mentre la mia figa si allagava e il mio cervello andava in frantumi… sentivo caldo e iniziavo a sudare.

Eppure tutto sembrava naturale e al rallentatore: Luca con i suoi acerbi diciotto anni appena compiuti srotolava i fili dei joystick ed io immobile come una bambola trentenne sotto di lui, venivo strusciata dal suo cazzo e sconquassata dai miei stessi pensieri immondi.

A vederlo sarebbe sembrato un tenero quadretto, se non ci fosse anche stato un giovane cazzo duro e prepotente che continuava a strusciarsi in modo deciso e ossessivo sulle cosce di una giovane mamma che resisteva ai più turpi desideri che le affollavano la mente:  la voglia di denudarmi e sentirmi porca, di infilare le mani sotto quel piccolo pantaloncino e strapparlo, di carezzare quelle natiche muscolose, di leccare quei polpacci come fosse una proboscide divina e di succhiare quell’alluce… da venerare e amare, come e più di un cazzo vero… giacchè più osceno, più lascivo…

Resistevo però al desiderio di muovere le mie cosce… resistevo al desiderio di cercare cazzo tra le mie dita… resistevo persino alla voglia di sentire in bocca quell’alluce succoso, che mi ipnotizzava oscillando al termine delle sue gambe piegate ormai quasi davanti ai miei occhi…

Ero un colabrodo e mentre già mi si chiudevano gli occhi per la lascivia…fu lui a risvegliarmi dal sogno… “pronta?” mi disse, passandomi il joystick e facendomi sdraiare accanto a lui: pensai di essere salva, ma fu l’inizio della fine…

Le auto correvano veloci sullo schermo e io non riuscivo a guidare.. lui dal canto suo si dimenava seguendo le curve e seguendo con il corpo l’andamento delle auto.. in una gara impari che non era solo elettronica ma molto fisica: mi urtava l’anca.. buttandomi fuori strada… mi superava in curva, accavallando la sua coscia al mio corpo come seguendo l’accelerazione di gravità… e mi saltava addosso, allungandosi su di me, schiacciandomi, sotto di lui, quando la sua auto accelerava e mi precedeva.

Poi si dimenava imitando il perfido zig zag della sua auto per non farmi passare… ondeggiava su di me e con il cazzo ormai teso mi montava imitando il rombo del motore… per frecciare via mentre si insinuava deciso nel solco delle mie natiche… strusciando tra mie natiche, guidando un perfido zig zag indirizzato al mio culo…

Ero un lago, mi sentivo fradicia, eccitata e porca, in trance… cercavo di tenere il controllo… gestire la mia auto, ma la mia figa ormai si era liquefatta e forse fui io stessa incosciente, ad abbassare i pantaloni della mia tuta….

Avvenne tutto molto velocemente, non so nemmeno io quanto durò ma mi sembra che fui io stessa a non farcela più, a tirare giù con forza l’elastico dei pantaloni della tuta, rivelando come ero giunta in quella casa senza portare neppure l’intimo… così come fui certo io ad inarcare la schiena, a chiedergli di fottermi…e dovette certo essere stato lui interrompere il suo gioco, a tirar fuori il suo cazzo, a riempirmi con un sol colpo rapido come un lampo…

Mi ero abbassata la tuta come una ragazzina in calore, inarcata il culo come una troia, aperto le natiche e le cosce come una sordida puttana affamata di cazzo… una lercia ninfomane che non si faceva scrupolo di chiedere l’età ai ragazzini che adescava… mi sentivo un animale, un oggetto, una fogna per sborra… e venni subito, come  un uragano, stringendo il suo joystick, come fosse un cazzo… mordendo le lenzuola per non gridare, mentre sentivo un coro di voci, di uomini e donne… che mi gridavano la loro vergogna…

Mi sentivo ubriaca, sconquassata da un orgasmo vorticoso: “Porca… sei una Porca… sei solo una vecchia Porca … Sei peggio di una puttana… torbida lercia e sgualdrina… vergognati… è solo un ragazzino… Troia!” e più sentivo le voci, più mi sentivo degradata e bagnata… persa ed eccitata… Nella mia mente passò di tutto e in un lampo.. chi mi insultava, chi sputava… chi mi pisciava persino addosso… ma io venivo del più folle dei miei orgasmi  e a tutti rispondevo: si…

 

 Non andai più in quella casa… Luca, dopo decine di chiamate a cui non avevo più riposto, aveva preso a inviarmi messaggi… almeno due o e tre al giorno, per due mesi….alcuni erano fin troppo espliciti, altri più infantili… ma io non risposi mai: ero decisa a cancellare questo evento assurdo e sapevo che sarei riuscita a non vederlo più. In più era talmente tanta la rabbia verso me stessa da riuscire a rimanere fredda e distante a qualunque pensiero riguardante il sesso: e tutto questo durò fino a che Patty non cominciò ad insistere per farmi partecipare alla sua festa di compleanno…

Avevo cercato tutte le scuse del mondo per non andare, ma non riuscii a trovarne di veramente valide:  era pur sempre la mia migliore amica, e sebbene uscissi spesso con Lei, già evitavo di andarla a trovare a casa e facevo di tutto per non incontrare suo figlio:  non avrebbe mai accettato l’idea di non vedermi al suo compleanno: avrebbe capito che c’era qualcosa di strano… avrebbe cominciato a indagare e scoperto qualcosa… mi resi conto che ero in trappola: non potevo non andare!

Così mi organizzai per affrontare la sfida che mi attendeva: Patty, inoltre, aveva promesso di farmi conoscere dei tipi interessati che mi avrebbero fatto da cavalieri per tutta la sera ed ero certa che la gelosia sarebbe stata una ottima vendetta, mentre il mio disinteresse gli avrebbe finalmente fatto capire che quanto successo, era solo un ricordo da cancellare, un incidente, un errore destinato a non ripetersi…

Riflettei pure, però, se fosse stata opportuna una presenza discreta, un look semplice e quasi ordinario… da giorno qualunque, niente di appariscente, poca carne esposta… sobrietà e compostezza… oppure no… perché una sfida è una sfida… e non basta partecipare, ma occorre vincere, anzi stravincere…

Ovviamente non feci nulla di quanto il buon senso suggeriva e il risultato stupì anche me vestendomi proprio da gran fica. Stivale alto, calze autoreggenti, appena velate, con gonna sopra il ginocchio e spacco… camicia comoda, ben aperta sul mio davanzale arricchito da un push-up e mille collanine coloratissime, capello selvaggio e trucco morbido, ma caldo deciso… sotto un ridottissimo perizoma  rinfrescava una figa, che dopo mesi,  usciva dalla prigione dei mutandoni della nonna in cui era stata segregata, punita e trascurata.

La festa era un pacco.  Non sopportavo i noiosissimi amici di Patty e anche i due cavalieri si rivelarono due soggetti ordinari, appesantiti dal loro lavoro e dal loro prendersi troppo sul serio. Luca, inoltre, non c’era – aveva calcetto – aveva tenuto a farmi sapere il fratellino (perché lo disse solo a me, poi, rimase  un mistero…). Da una parte mi dispiaceva, avevo fatto tanto per affrontare questa sfida e mi scocciava trovarmi lì in quel momento con altri due spasimanti noiosi, saccenti e senza futuro… oltre che ovviamente senza il mio bellissimo e giovanissimo nemico.

Venne il brindisi e tutti ci accalcammo attorno a Patty, la quale imbranata com’era, impiegò qualche minuto persino per stappare la bottiglia. E fu in quel momento, mentre eravamo tutti accalcati uno addosso all’altro e urlavamo e ridevamo… che sentì qualcosa sfiorami… era una mano, certo, che mi cingeva il fianco.

All’inizio non ci feci neanche caso… c’era il tifo da stadio per Patty, ma dopo alcuni secondi, capii che la presenza estranea non era lì per caso… Mi cinse il fianco e giunse quasi sul mio ventre… istanti infiniti e chiunque fosse dietro di me, cominciò a premere, spingendomi verso di sé. Dovevo fare qualcosa… ma nello stesso tempo far finta di niente, per non rovinare e rovinarmi la festa… poteva essere un amico o una amica in vena di affettuosità, un ospite un poco alticcio,  uno dei miei nuovi spasimanti in uno scatto inaspettato di passione…. Sorrisi pure inseguendo queste congetture, ma quando il mio culo urtò qualcosa di duro, mi rinvenni dai miei pensieri e mi voltai di scatto. Cazzo, era Lui. Porca puttana, era lui era Luca e mi sorrideva.

Aveva la spavalderia del nostro ultimo incontro e il suo sorriso era dolce e purtroppo bellissimo.  Sembravano gli occhi furbi di un cane che si mostra pentito, occhi teneri, che ti annegano il cuore nel miele… che chiedevano scusa,  ma per non farsi dire di no…. Forse sorrisi anch’io, se lo feci, non lo ricordo… certo dovetti farlo, perché la sua stretta divenne più decisa e il contatto ormai deciso.

Smisi di guardalo ma non feci nulla per spostare la sua mano. Riuscì a sottrarmi al suo sguardo, ma non al suo abbraccio, e quando tornai a guardalo, trovai il suo sguardo trasformato: infingardo, da sfida… da vincitore… Pensava di esserlo, ma questi suo nuovi occhi mi dettero la forza di scivolare via dal suo abbraccio.

Mi allontanai dalla calca e girai intorno al mucchio, in cerca dei miei spasimanti che ormai avevano perso la speranza di far colpo su di me. Ovviamente rimasero molto sorpresi nell’accorgersi del mio cambiamento… Erano molto amici, erano venuti insieme alla festa, dove non conoscevano nessuno  ed ero io la ragazza per cui erano lì… io che non li avevo quasi cacati di striscio: ora ero tornata a cercarli e i due parvero ringalluzzirsi. Scivolai tra di loro e si misero entrambi ai lati con fare cameratesco… accrescendo le nostre voci al coro di auguri più stonato che avessi mai sentito.

Cazzo… era bastato solo un semplice contatto… un semplice avviso di un corpo estraneo che aveva bussato al mio culo e già la mia figa… aveva ripreso improvvisamente a rivivere. Luca era rimasto al suo posto, lo potevo vedere con la coda dell’occhio, ma i suoi occhi erano piantati su di me.

Cento volte li rividi, facendo finta di niente, sempre spostando i miei occhi con malcelata indifferenza: occhi freddi, da cecchino… gli occhi di un falco che scruta una preda, senza altro destino… occhi gelidi capaci di bruciare… cercai di evitai per tutto il resto della festa… anche quando i soliti imbecilli vollero ballare e Patty non mi permise di andarmene.

I miei due nuovi spasimanti, sembravano ora più sicuri di sé, ravvivati dal mio formale interesse nei loro confronti,  mi vollero deliziare con la descrizione dei loro successi professionali, delle loro cause più difficili, competendo su chi conoscesse meglio la normativa o ricordasse o fosse in grado di proclamare i contenuti di codici e articoli di legge… Pensai anche al suicidio… ma ad ancorarmi alla vita…c’era lo sguardo di quel porco di Luca, inesorabile.

Forse per disperazione o forse per farmi coraggio, iniziai allora a bere qualcosa, provando che, in effetti, quel calore nel corpo, aiutava. A poco a poco, infatti, le dotte parole di arcani codici, le espressioni latine del certamen dei miei entusiasmanti spasimanti, cominciarono a colorarsi e a danzare davanti ai miei occhi… forse, in effetti, stavo cominciando a bere troppo, ma sempre meglio bere troppo che morire soffocata nella palude di codici civili, commi, articoli, procedure…

Cominciai a ridere… pensavo queste e altre cazzate e ridevo… sorridevo ai miei spasimanti e ridevo come una cretina distorcendo le loro parole. I due sembravano anch’essi usciti di senno… una bella ragazza, una gran fica, rideva davanti a loro, stavano riuscendo a farla bere e a farla ridere… forse.. pensavano… sarebbero riusciti a portarmi a letto, forse sarebbero riusciti a scoparmi…  pensavano… e io ridevo sempre di più… anche perché lo sguardo di Luca era sempre più gelido… quasi rabbioso… e questo mi faceva stare bene, perché si capiva che mi voleva, ma che non mi avrebbe avuta…il bambino…il bambino impertinente che approfittando della mia eccitazione era riuscito a scoparmi, sul suo letto, giocando con la playstation…  Ora lo guardavo sfacciata e ridevo, mentre due pallosissimi stronzi mi corteggiavano litigando sull’interpretazione del comma 1 bis, dell’articolo 12 ter della legge…di non so più che anno.

Io vincevo… quel bambino sedicenne, impertinente e viziato, bellissimo e sfacciato, quel ragazzino capace di portarmi sul suo letto e infilarmi il suo cazzo in una fica in fiamme , dopo solo pochi minuti.. era ora di fronte a me e ora moriva di desiderio.

Avrebbe voluto scoparmi.. glielo leggevo negli occhi… lo avrebbe fatto davanti a tutti, il giovane porco, mi avrebbe sbattuto senza remore, senza ritegno… mentre la gente si sarebbe fatta avanti, tutta intorno a me….  Come ero bagnata…Mi avrebbe alzato la gonna e sbattuto a muro e strappato quel filo di slip che copriva ciò che restava della mia decenza… e poi mi avrebbe fottuta come un pazzo… scivolando e dilaniando una fica ormai fradicia…

Mi dolevano i capezzoli per quanto li sentivo duri… e avevo sete… e passavo spesso la lingua sulle labbra… che bell’effetto guardare il suo sguardo porco tra i riflessi del bicchiere… Guarda, giovane porco… guardami… guarda quanto sono bella… quanto sono porca… vorresti toccarmi, vero?   Vorresti scoparmi, vero? Vorresti tirare fuori il tuo cazzo meraviglioso e riempirmi culo e fica… vero? Invece puoi solo guardarmi… ahahaha… se vuoi, puoi andarti a fare una sega in bagno….mamma mia… che voglia di cazzo… da impazzire… ma non gliela darò… non oggi… non più… piuttosto mi scopo i due avvocati… o ci provo finalmente con Patty o con una delle sue amiche… per quanto oche e piene di soldi… piuttosto mi faccio… si… mi faccio…. si mi  devo fare… mi devo fare ora…

“Vado in bagno.”

Mi alzai decisa, scansai i miei spasimanti e spavalda passai accanto a Luca mentre ondeggiavo come una modella ubriaca, o come una puttana dal passo incerto dalle troppe scopate. Purtroppo lo guardai… e i suoi occhi mi trafissero il cervello… lo superai… e sentii i suoi occhi dentro di me, dietro… che si ficcavano nel mio culo… il mio povero culo…anche lui aveva tanta voglia di cazzo… mi infilai nel corridoio del bagno, appoggiandomi alle pareti…giunsi alla porta e mi voltai.. lui era là.

 Il giovane dio greco della lussuria era dietro di me, sullo sfondo del corridoio… a pochi metri da me, mi aveva seguito, ed era fermo, in attesa, come una belva che sta per aggredire la sua preda, saltarle addosso.. con ancora la sua tuta sudata, che mi negava un corpo tonico, sportivo, giovane, liscio e peccaminoso, un corpo che avrebbe dovuto essermi proibito e che invece mi aveva posseduta…

 

Scivolai lentamente in bagno, entrando come entra un cazzo possente che spalanca una fica stretta … non scappavo, lo invitavo.. speravo capisse… mi sentivo troppo troia per scappare… volevo fottere… avevo bisogno di un cazzo giovane  e porco….e lui, entrò dopo di me.

 

Chiuse la porta e vi si appoggiò… io indietreggiai appoggiandomi al lavabo… lui stava fermo…ma aprì la zip della giacca della tuta…mordevo il labbro… mi facevo male…ma gli spasimi della mia fica  superavano ogni dolore pulsando all’impazzata alla vista del suo torace nudo…

 

Era troppo per me e come drogata mi spostai e accostai al suo petto… al suo corpo… fino a sentire il suo cazzo strusciare sulla mia fica,  leccai il suo collo… leccai persino l’attaccatura delle sue ascelle sudate… iniziando a gemere… la sua mano mi spinse giù… voleva i miei pompini il giovane dio greco… e io non chiedevo niente di meglio che sentire il suo cazzo dentro di me… “ Hai avuto coraggio…” trovai il tempo di dirgli prima di piegare le mie gambe e scendere… per succhiargli i capezzoli, leccare la tartaruga… “per cosa?” rispose quasi infastidito… “per esserti infilato in bagno…con me…”… “figurati, a scuola lo faccio sempre con le mie compagne…”

 

Ed io avvampai…sentii  un lampo attraversarmi il cervello … una scossa… io, madre di una bambina, con i miei trenta e più anni, a casa della mia migliore amica, stavo calando i pantaloni a suo figlio e tirando fuori il cazzo di un ragazzino che avrebbe potuto essere il mio…  comportandomi per giunta come una qualunque giovane puttanella… come una delle sue tante compagne di scuola che si scopava nei bagni della scuola…

 

Non ero quindi una pedofila, una troia, una grandissima porca che stava facendo un pompino al figlio quasi minorenne della sua migliore amica, ma una puttanella qualunque… una del mucchio… una delle tante ragazzine immature che questo ragazzino bellissimo si scopava nel cesso della scuola, una di quelle puttanelle immature che faceva la fila per scopare questo giovane dio palestrato…. Scopare… si, la mia mente era più avanti di me… ora voleva scopare quel fresco e bellissimo cazzo che già succhiavo, baciavo, leccavo, stringevo in mano in ginocchio e spingevo avida in gola fino a soffocarmi come una troia, come la più immorale e lurida delle puttane.

In vita mia non mi ero mai sentita così torbida… così depravata.

Leave a Reply