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Racconti Erotici Etero

SALE

By 5 Novembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Così, sporchi e bagnati, i piedi s’incrociano, sventrati d’ogni forza.
All’orizzonte e d’ogni lato c’è il mare. E poi il suono del motore,
aggrappato allo stomaco: così è. E ogni tanto il suono è un colpo di
coda assestato al cuore dello stomaco ed il rigurgito sale: brucia la
gola e muove la bocca in un rapido e lento riflesso e sgrana la pelle
col suo velo di salsedine, che in mille minuscoli cristalli e spasimi
volano via e pervadono il corpo. Ci dev’essere puzza anche se
l’olfatto non vuole captare. Ed anche gli occhi, come il naso, devono
essere attoniti. Come vasi di marmellata. Immobili, salvo vibrare, con
la lingua ed i denti, ai colpi di coda. Dev’essere il ventre dello
scafo a schiaffeggiare il tempo, perché ritorna al mare, come una
balena dopo il salto, mentre i pesci tagliano l’aria in rapidi balzi.
Ci sono molti uomini e donne e bambini sulla barca. Troppi. Tre
decine, almeno.
Uomini e donne e bambini. Nessuna bambina.
Uomini e donne e bambini. Le bambine sono donne, ormai.
Come quella donna che ha gli occhi profondi ed il corpo esile ed
istoriato da piccole ferite. Una le taglia il sopracciglio. Sembra una
pennellata inferta col macete. Ha il naso grande, smarrito. La bocca
carnosa, moribonda come una coppia di fette di pesca inzuppate nella
glassa. Ella non sa cos’è la glassa. E neppure il ragazzo dal collo
lungo, che le incrocia i piedi, e che ogni tanto le sfiora gli alluci,
di nascosto, neppure lui lo sa. E non sa neppure perché la sfiora di
nascosto, osservando gli altri per non essere, nel mentre, guardato.
Perché lui sa che tutti vedono ma spera che nessuno stia a guardare.
Spera che la loro mente sia secca, arenata ben oltre il bordo di
quello scafo, oltre alla speranza di poter campare almeno fino a
terra. Terra. “Dev’essere dev’essere là di fronte”, pensa. Toccarla
significherebbe essere liberi. Non importa se vivere. Non importa se.
Poi si potrebbe riuscire a scappare. Non importa nulla. Nulla tranne
che toccarla. Ed anche morire lì, dopo aver graffiato le proprie mani
contro la roccia, il proprio corpo e la propria speranza contro le
pietre aguzze, anche questo significherebbe “essere” felici.
C’è ancora un salto di balena; sembra un cammello che muore di colpo
e cade nella sabbia e questa l’avvolge, un po’. E si scuotono i corpi
e si posano e s’allontano l’un dall’altro con i piedi incrociati che
brindano. Alla terra che verrà o alla buona morte. E una volta di più
brindano i piedi del ragazzo dal collo lungo con quelli della ragazza
dal naso smarrito, che lo guarda. Ha gli occhi lucidi, pieni di
riflessi come pezzi di cotognata al sole. Ella sa. Il ragazzo dal
collo lungo fa il viso duro, gonfia il petto, arriccia il naso come fa
un vero uomo quand’è a caccia di serpenti. Egli non sa. Non sa cosa
fare, cosa dire. Non sa se dire. E non dice: potrebbe finire con una
danza di spade e senza forze e senza spazio sarebbe una cosa cattiva.
Per questo aspetta.
La ragazza dagli occhi profondi ed il naso smarrito lo guarda.
Sorride. Non lo faceva da tempo. Da quand’era ancora veramente bambina
e le capitava di mangiare.
Quindi fa: si solleva.
Sa che il mare potrebbe mangiarla da un momento all’altro. Ha sentito
racconti terribili. Racconti del mare che s’è infilato nella bocca e
ha mutato i corpi in ammassi morbidi come farina bagnata. Si avvicina
al ragazzo dal collo lungo. Ancora una volta lo scafo fa un guizzo e
s’alza e cade e spande dolore e… tutto tace.
Il ragazzo dal collo lungo chiude gli occhi vedendosela cadere
addosso. Ascolta il respiro ed il silenzio ed il mare ed ha addosso la
calda ragazza dal naso smarrito. Ella dice qualcosa che lui non
capisce e lui le risponde con parole che lei non capisce. Attorno
nessuna voce. Lo spazio si è chiuso nel tonfo. Neanche il tempo
scorre. Solo le unghie della donna gli scivolano addosso, come rivoli,
ed affondano nella pelle, tirandosi appresso pelle e lacrime di
sangue. L’uomo fa l’uomo. Non dice, non fa, stringe il corpo esile a
se e ne sente il cuore pulsante. “E’ viva”, pensa, quasi che ciò fosse
davvero una sorpresa, e con la mano le stringe il culo ossuto e ne
piega il corpo fino ad essere una animale contro un animale. La donna
ne accoglie il cranio tra le mani, lo fissa, le poggia il naso sul
mento e ne lecca, lieve, la pelle salata. Lui si fa spazio col membro
tra le vesti e le raggiunge il sesso mutilato e, veloce, la penetra,
feroce. Ne osserva le smorfie e all’ennesimo colpo di coda, viene. Lei
sorride e così, lasciandosi andare, chiude gli occhi, godendosi le sue
prime carezze, sulla schiena.

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