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Racconti Erotici Etero

salvatore

By 1 Marzo 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Che bello: oggi &egrave il turno di Salvatore. Corinne, l’infermiera russa che non capisce un cazzo d’italiano, &egrave contenta di liberarsi di questa scomoda paraplegica. Mi porta con la sedia a rotelle fino a bordo piscina, dove Salvatore mi sta aspettando. Io, come al solito mi mostro annoiata e indifferente, mentre lui, come sempre, &egrave allegro e mi sorride. Subito si preoccupa per me: come sto, se ho mangiato, dormito. ‘Tra un giro in discoteca e l’altro’, rispondo sarcastica. Lui ribatte dicendomi che non perdo mail il mio senso dell’umorismo. Gli dico che l’ho raffinato con la serborussa che mi porta in giro in carrozzina. Si rimette a ridere e io posso nuovamente ammirare la perfezione dei suoi denti. Che abbia un corpo perfetto &egrave ovvio: fa il bagnino. Che riesca a mantenerlo così bene &egrave stupefacente, visto che allena una nazionale di paraplegici che non si muoveranno mai più. Mi chiede se sento qualcosa alle gambe. Io gli rispondo: ‘Ma come? Non ti sei accorto che mi sono bagnata?’ Mi piace farlo sorridere: lo provoco. Ma poi gli rispondo: ‘No, non sento niente. Come al solito, da tre anni a questa parte.’ Ancora un anno e sarò maggiorenne, se continuo così, mi iscriverò alle paraolimpiadi per davvero. L’esercizio che mi fa fare &egrave quello che preferisco. Quando cio&egrave mi tiene per il collo e mi fa fluttuare sul livello dell’acqua. Sento la sua mano dietro la testa e immagino l’altra che tiene il peso delle gambe, che non hanno sensibilità alcuna. I rumori sono tutti ovattati, così mi ritorna in mente quando mi facevo il bagno e non solo avevo sensibilità alle gambe ma anche a quello che c’era in mezzo. Che solleticavo con la fantasia, e con le mani. Immaginavo, non so perché, di farmi scopare da due professori che insegnavano all’ultimo anno. Adoravo pensare di essere piena dei loro cazzi. Uno davanti e uno di dietro. Solo che la mia povera mano destra non era sufficiente, così prendevo l’acetone, che viene venduto in una comoda e utilissima forma cilindrica. Me lo infilavo dentro, complice l’acqua ad ammorbidire i tessuti, per fare entrare un diametro di 5 centimetri. Non aveva la lunghezza di quelli dei professori, ma il diametro era superiore alle mie fantasie. Le mani mi si sono squamate. Gli dico: ‘Salvatore, cos’&egrave? Ti piace il mio culo che non riesci a staccare la mano? Vuoi farmi diventare un fungo?’ Ecco che incominciano gli esercizi che non mi piacciono e di cui non mi dilungherò nel racconto. Stasera la zarina doveva uscire presto e io rompo talmente le scatole all’altra per portarmi in piscina, che alla fine, sfinita, mi obbedisce. Mi mette dove ci sono i visitatori a contemplare la bellezza di Salvatore. Ha la schiena tutta definita, come piace a me. Le spalle e le braccia sono lunghe e affusolate. Mentre lo sto contemplando, si gira e alza lo sguardo. Mi vede e mi fa un saluto. E io, come sempre, lo ignoro. Quando finisce il corso, mi raggiunge e mi dice: ‘Ciao lichene, ti mancava l’acqua? Oggi pomeriggio ti ho tenuto troppo poco che avevi voglia di farti ancora un tuffo?’. E io gli rispondo ‘No, mi mancava la tua mano sul mio culo’. Basta questo per rivedere i suoi denti. A quel punto mi chiede perché mi piaccia, se non sento niente. E io gli dico ‘Caro, spero sempre che almeno una parte si riattivi. Cosi che tu possa finalmente adoperarmi.’ Mi riaccompagna per i corridoi. Siamo soli e io gli dico che se non avessi avuto l’incidente ci avrei provato con lui. Mi risponde che se non avessi avuto l’incidente non sarei stata lì. Mentre battibecchiamo, spingendo la mia sedia a rotelle, mi porta in una stanza che non conosco, dove probabilmente lavano le lenzuola. Mi guardo attorno e scoppio a ridere rumorosamente, ma questa volta lui &egrave serio, e questo mi spaventa un po’. I suoi occhi sono molto attenti: mi stanno osservando, sono indagatori. Mi si avvicina e mi prende in braccio. Mi mette su una pila di lenzuola che rilasciano un profumo intenso di sapone. Io sono ammutolita, un po’ per paura, un po’ per curiosità. Mi slaccia rapidamente i pantaloni del pigiama e mi fa stendere le gambe. Sempre senza dire una parola, si sposta esattamente di fronte a me. E mi sfila le mutandine. Si mette a guardarmela senza alcun tipo di pudore. Io sono troppo basita per parlare. Non pensavo neanche lontanamente a una situazione così. Vedo le sue mani che mi accarezzano dolci i piedi. Lui continua a non spostare i suoi occhi dal mio sesso e dal mio viso. Ora porta il mio piede destro sulla sua bocca e incomincia a succhiarmi le dita, facendole scorrere sui denti. Se chiudessi gli occhi non potrei descrivere niente. Ma non li chiuderò. Con la lingua ruvida ‘ o io immagino che sia così ‘ lecca l’interno del piede, soffermandosi nella conca dove incomincia a mordere. Io non do alcun segno d’interesse. Ora prende le caviglie e le scosta leggermente, abbastanza da poter far scorrere la mano in mezzo alle cosce. Apre la mano e afferra il mio ciuffo, tutto, e lo stringe nel pugno. Fa questo movimento un po’ di volte, quasi fosse una specie di rituale. Dopodich&egrave, rimette in ordine il pelo e lo separa per intravedere il clitoride. Si china e si mette a morderlo. Improvvisamente mi arriva una fitta di calore. ‘Ahh’. Rompo il silenzio. Lui si blocca e mi guarda. ‘Non smettere’: &egrave il primo cenno di sorriso che gli vedo fare. Si rimette il clitoride tra i denti e vedo la sua lingua muoversi lì intorno, nervosamente. La mano che separava il pelo adesso &egrave sotto il suo mento. Probabilmente starà infilando un dito. Mi tiro leggermente su per vedere se effettivamente &egrave come penso. Lo spettacolo &egrave a dir poco impressionante. Non sono solo le dite ad essere dentro, tutte, ma anche il metacarpo, che con movimenti lenti, ma inesorabili, vedo sempre più sparire. Ora vedo solo il polso e un’altra ondata di caldo mi fa scappare un mugolio. ‘Mmm’. Chiudo gli occhi: improvvisamente sono proiettata dentro le mie fantasie. Questa volta, ci sono un solo professore e il mio istruttore di nuoto. E mi stanno scopando. Con tono da comando gli dico: ‘Salvatore: vienimi sopra’. Delicatamente leva la mano e lecca gli umori e il sangue che escono dalla mia fessura. Poi mi prende, mi fa girare e mi mette sul bordo della pila di lenzuola, in modo che le mie gambe stiano giù. Sento il rumore della fibbia e poi il ticchettio della zip. Poi il mio corpo viene invaso dal suo peso. E immagino la sensazione che proverei se lui me lo mettesse dentro. Lentamente si muove, poi inizia a darmi botte sempre più forti, ma improvvisamente si ferma. Mi riprende e mi ritira su. Stavo scivolando. Mi rimette di nuovo col culo a vista. Sento la sua voce calda che mi chiede: ‘Ti &egrave mai entrato qualcuno dietro?’. Io rispondo: ‘No’. E lui: ‘Fino ad oggi.’ Io gli dico: ‘No, ti prego. Salvatore, lascia stare’. Ma lui mi risponde: ‘Zitta troietta, che davanti ce l’hai così larga che non ti sento’. Con la coda dell’occhio vedo le sue mani afferrarmi le natiche e separamele. La sua faccia scomparire lì in mezzo, e in un bisbiglio sento dire che ho il più bel culo che lui si sia mai inculato. Io comincio a lamentarmi, a dire di non scherzare, che se voglio lo denuncio, ma lui mi mostra la sua dentatura. Poi lo vedo armeggiare con la mano e mi dice che &egrave un piacere infilarci dentro il dito, ma che la soddisfazione maggiore sarà mettermelo dentro. Sempre tenendomi con una mano le natiche ben separate, con l’altra accompagna il suo uccello al mio culo. E gli dà piccole scosse in avanti. ‘Com’&egrave stretto’, gli sento dire. A me viene un’altra vampata di calore. Questa volta mi porto la mano davanti e inizio a toccarmi, mentre lui affonda sempre di più dietro di me. Gli sento dire che sono proprio portata per prenderlo. A questo punto le ondate di piacere si fanno sempre più ravvicinate e, intanto che lui mi dice se mi rendo conto che per la prima volta ce l’ha dentro tutto, io sto per godere. Mi si sdraia addosso e la sua testa &egrave vicinissima alla mia. Mi chiede se sento quanto &egrave dentro per arrivare fino a lì. Mi da colpi così forti che ho la guancia in fiamme e improvvisamente l’altra mano afferra uno dei miei capezzoli, che lo aiutano a tenermi ferma per spingerlo più a fondo. S’interrompe bruscamente e lo sento dire: ‘Vedi, starei per venire, ma non vorrei farlo da solo, così adesso lentamente esco, lo rimetto all’ingresso del tuo culo, aspetto un paio di secondi e te lo rinfilo dentro, fin dove era prima. Così &egrave come se lo rifacessi di nuovo, per la prima volta.’ Quando la sua faccia si riaffianca di nuovo alla mia, io sto mordendo il lenzuolo e gridando di piacere il suo nome.

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