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Racconti Erotici Etero

Scosse di piacere

By 21 Giugno 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Nicoletta dilatò gli occhi nella poca luminosità della sua stanza, in quanto l’oscurità era troncata unicamente dalle spaccature in cima a quei trasandati terrazzini, che nel corso degli anni avevano dissipato il lustro e la coesione degli elementi, perché accadeva di frequente come in tutte le città che s’affacciano sul mare. La ragazza rivolse lo sguardo verso la radiosveglia, sennonché risolse subito la questione disinserendola, successivamente rimase a squadrare la volta della camera, dove il colore latteo dell’intonaco s’alternava con precisione alle travi di legno scure e massicce.

Come previsto non era riuscita a dormire per l’eccitazione, così come farebbe una giovane innamorata prima della cerimonia nuziale. Certo l’occasione non era tanto insigne né pomposa, tuttavia l’apprensione restava ardente e a tratti delirante, perché quei vocaboli le fecero spuntare una contentezza accorta, inedita e sagace. L’aver compreso che quella notte sarebbe stata imprudentemente un’autentica novizia, ciò nondimeno in una circostanza grandemente disuguale la sconvolgeva, sentendosi accompagnata da quell’ovattata onorabilità che quella parvenza proponeva. Sì, certo, avrebbe dilaniato quell’impronta di stima spezzandola in ultimo come una tela bianca, per il fatto che quella medesima macchinazione nella sua immaginazione adesso si frammentava suddividendosi in numerosissimi filamenti, poiché in definitiva questi ultimi penetravano formando in quella funicella incorporea che captava attorno a sé. Successivamente si sollevò dalla branda con uno scatto rabbioso avvicinandosi verso il grosso guardaroba, avrebbe senz’altro potuto utilizzare la torcia del telefonino, comunque decretò che sarebbe stato indiscutibilmente meglio rinunciare alla vista, per poter intensificare gli altri sensi e di conseguenza il corpo, poi chiuse gli occhi e aprì l’anta alla sua sinistra.

Nicoletta conosceva a memoria l’esatta disposizione dei suoi indumenti, in particolare quel vestito, l’abito da sgualdrina lo definiva lei in maniera briosa e burlona, sennonché allentò il cofanetto in fondo al guardaroba, rovistò fugacemente, dal momento che aveva identificato senza tentennamento la stoffa lucida ed elasticizzata di quella veste. Agguantò quell’indumento e lo indossò. Ecco, al momento cominciava a percepirsi difforme, perché quella funicella astratta cominciava ad alleggerire la sua tenuta. Sbarrò gli occhi, fece passare la punta delle dita sui seni quasi schiacciati dal tessuto nero aderente, poi più in basso per lisciare i fianchi fasciati del tutto fin sotto i glutei. Lei sapeva che non sarebbe dovuta uscire conciata in tal modo, eppure adorava la vicissitudine, ma non l’avventatezza. Se qualcuno l’avesse adocchiata o se il capofamiglia l’avesse incrociata girovagando là per quel quartiere povero sarebbe stata la fine, perché la sua parentela l’avrebbe indubbiamente cancellata dal testamento. Di certo sarebbe stata etichettata con l’impronta del disonore e della nefandezza, tantomeno una figlia indisciplinata e sovvertitrice avrebbe potuto screditare l’immagine del gruppo sociale macchiandosi e sporcandosi agli occhi della collettività.

Nicoletta non poteva acconsentire né tollerare che una sconsideratezza simile potesse annientare l’indipendenza che si stava sviscerando a fatica con le proprie mani, in tale maniera s’avvicinò alla sedia e indossò quell’indumento nero estremamente soffice e sobrio, lungo ben al di sotto del ginocchio che aveva lasciato lì prima di mettersi a letto, un camuffamento, un perfetto mascheramento pensò lei in modo beffardo e canzonatorio. Definì che non avrebbe portato con sé il telefonino, così se i genitori avessero scoperto la sua assenza notturna, non avrebbero potuto rintracciarla in breve tempo. Una volta tornata dalla passeggiata notturna lei avrebbe potuto dare l’errore per la mancanza di sonno causata dal caldo della città nel mese d’agosto, ma in special modo, pensando frattanto che sbarrava la porta di casa facendo attenzione a non fare rumore, avrebbe potuto godersi il presente che l’attendeva. Scese nel viottolo e in pochi minuti si ritrovò nella piazzetta, là non c’era nessuno, perché il silenzio nell’aria livellata di quella nottata estiva era pressoché pieno. Senza neppure richiederlo si ritrovò davanti alla vetrina del negozio di famiglia, giacché il segnale luminoso che diffondeva luce brillò all’istante. Quel bagliore fece luccicare la collana portava al collo. Era il prezioso fiore all’occhiello riconoscibile, perché tutti i beni preziosi che il papà esponeva con amor proprio erano stati collocati nel deposito sotterraneo nell’attesa d’essere contemplati, pretesi e comperati da veterani e da novizi acquirenti benestanti. Nicoletta era stata educata e istruita sin da piccola nel rapportarsi con quel campione di compratori, così come fin da allora aveva assimilato distinguendo con facilità gli svariati esemplari e i modelli di pietre preziose.

Un giorno quel commercio sarebbe stato suo a patto che Nicoletta avesse però contratto matrimonio con un cittadino arabo. Era in verità quello il grinzoso e indigeribile nodo scorsoio da dipanare, il groviglio da snodare, che prima o poi le avrebbe assillato il corpo, la gola e infine l’anima pressandola. Lo sapeva, il papà era ancora in salute, tuttavia in breve tempo si sarebbe isolato, ma quell’iniziale clausola sarebbe rimasta là martellandola di continuo, perché non importava per niente quanto lei potesse eccellere primeggiando nel suo compito in qualità d’esperta di pietre preziose d’ogni sorta. I sospiri di Nicoletta divennero più intensi, sennonché si rimise in cammino brontolando dentro di sé e a tratti maledicendo il mondo. Di tanto in tanto la sua emarginazione veniva interrotta comunemente da viaggiatori forestieri brilli che rientravano nei loro alloggi, o dagli addetti delle numerose tavole calde e dei caff&egrave della metropoli. Nicoletta ridacchiò dentro se stessa, entusiasmata dalla carica che percepiva aumentare nei vasi sanguigni, sommergendo qualunque centimetro del suo organismo. Tra non molto uno di loro avrebbe di certo accontentato la sua ambizione lussuriosa e recondita, in effetti l’intento era quello d’abbassarsi facendosi scopare da un uomo che indubitabilmente il suo nucleo familiare avrebbe radicalmente censurato. La visione, infatti, di scontentare la sua cerchia e congiuntamente provando un bizzarro piacere l’eccitava in maniera sproporzionata scompaginandole le viscere.

Era una distrazione che la soddisfaceva molto, avendola scovata già da svariati anni. Lei prediligeva vagliando con dovizia i suoi concubini, giacché dovevano compiere impieghi limitati e per niente non celebri per i gusti del nucleo familiare che aveva per natura fasce assai elevate di rango. Gl’individui in questione dovevano apparire virili con una corporatura corpulenta in modo da farla sentire minuscola e cagionevole tra le loro braccia possenti, incapace però di reggere al loro desiderio autoritario e imperioso, ovviamente dovevano ispirarle un vivace desiderio sessuale, quasi animalesco e grossolano nella sua veemenza. Senza troppi fronzoli eccolo che appare il suo interesse vietato, la figura di Dario il prescelto di quella sera, risaltava con maggiore comprensibilità durante il tempo in cui Nicoletta s’approssimava al loro punto di ritrovo. Al momento la giovane donna avvertiva il bollore gremire le sue pelvi, la sollecitazione di quell’eccitazione rendeva le sue labbra più polpose, mentre percepiva un vigoroso battito nel petto. Con quella vistosa abbronzatura, con quella capigliatura coperta da un cappellino sportivo sbiadito dal sole e il tatuaggio che occupava entrambi gli avambracci assieme a quei blue-jeans stracciati, il giovane appariva l’esemplare del ragazzo genuino e lineare:

‘Ciao bellezza senza fine’ – bisbigliò lui fintanto che le cingeva i fianchi.

Nicoletta fu rapidamente esaltata dalla sua fragranza di vigoroso e di maschio, che poté subito gustare affondando la faccia su di lui:

‘Ciao, non speravo che saresti venuto’.

‘Era un’offerta che non potevo rifiutare, una proposta alla quale non potevo sottrarmi. Poi m’hai lasciato il numero su d’un bigliettino come si faceva una volta. Mi hai davvero colpito’.

Nicoletta non gli riferì che aveva adoperato quella strategia per non farsi notare dalla cerchia degli amici eccentrici e sofisticati. Che cos’avrebbero in fondo rimuginato, di quella ragazza di buona famiglia che avvicinava peraltro un semplice componente d’una nota catena di supermercati? Non era poi così d’avvilire né da mortificare il suo amante, perciò si limitò ad appoggiarsi al muro divisorio di laterizi rimasti presentemente temperati dal cocente giorno di sole, traendo a sé Dario imprimendogli un bacio istintivo e appassionato. Le mani di lui strinsero i glutei di Nicoletta causandole un persistente fremito di piacere tra le gambe:

‘Hai un altro indumento sotto di questo’ – sostenne il ragazzo con un’occhiata inquisitoria. Per tutta risposta lei lo esaminò con un sorriso accorto e malizioso ribattendo celermente:

‘Posso placidamente mostrartelo, non ho problemi’ – replicò, ma dobbiamo trovare un angolino, diciamo maggiormente nostro e riservato.

Dario non perse tempo l’afferrò e la condusse nell’oscurità di quei viottoli. Nicoletta reputava di distinguere un itinerario che aveva attraversato soltanto in modo saltuario tempo addietro, perché si ritrovò nei pressi d’una vecchia dimora disabitata. Non avrebbe potuto auspicarsi una visuale più fascinosa e seducente, sennonché lasciò la mano di Dario per avvicinarsi all’inferriata di quell’abitazione aristocratica in disuso. Quindi, senza smettere di guardarlo, si tolse il lungo indumento appendendolo all’estremità dell’inferriata. Dario l’ammirò con uno sguardo avido attardandosi sullo scollo esuberante dei seni e sulla limitatezza della gonna. La ragazza ironizzò e si girò consentendogli d’apprezzare il tessuto perfettamente attillato al fondoschiena:

‘Dovresti infilartelo più frequentemente’ – enunciò avvicinandosi a lei.

‘Abitualmente non eseguo queste cose, malgrado ciò stasera voglio essere eccezionalmente la tua puttana’ – controbatté all’istante Nicoletta, retrocedendo fino ad appoggiarsi a uno dei pilastri accanto all’inferriata della dimora, accarezzando il cazzo di Dario appena ravvivato da sotto i jeans con un tocco volitivo che lo stupì.

Per tutta risposta lui la trasse a sé con forza, assaporando la deliziosa sorpresa dei suoi seni contro i suoi pettorali. Dario le appoggiò due dita sulle labbra socchiuse, mentre Nicoletta assimilava il suo gesto. Lei divinizzava quel lasso di tempo, perché sembrava come se stesse annientando il velo d’apparenza assieme a quella patina astrusa e oscura d’esteriorità, nella quale era stata indotta a sopportare nel corso della sua esistenza. Adesso s’accorgeva d’essere più affrancata, autonoma e redenta:

‘Vorrei esattamente esaminare come sarà la mia rispettata lucciola’ – le intimò Dario con il tono di voce afono, intanto che s’appoggiava contro la colonna con l’erezione ormai ben riconoscibile sotto i calzoni.

Nicoletta si sentì pienamente deliziata d’obbedire a un dominio così asciutto, brusco e diretto, frattanto s’inginocchiò di fronte a lui trascurando la compattezza dell’ardore lampante di Dario slacciando con una soppesata indolenza i jeans e liberando quel cazzo semi-eretto dall’oppressione dei calzoni. Nicoletta lo osservò mentre giganteggiava dinanzi al suo viso, come se attendesse d’essere assaltato dalle sue labbra affamate, come un castello senza difese, successivamente lo acciuffò in bocca con foga iniziando a muovere la testa con un ritmo cadenzato, in quanto si esaltava nell’avvertire l’eccitazione di Dario che aumentava sotto il suo competente e valente tocco. Non s’accompagnava neppure con le mani, quasi nel voler proporre la visione d’essere legata, per il fatto che Dario decifrò quel gesto come un invito a prendere il potere, perché infatti le posò una mano dietro la testa estraendo il cazzo annunciandole in modo netto:

‘Adesso condurrò io’ – sibilò invasato prima d’infilaglielo di nuovo in bocca, stavolta più in profondità. Nicoletta lo sentì sussurrare vocaboli lascivi, osceni e scostumati che l’eccitavano ulteriormente:

‘Sì, ecco, afferralo troia, so bene che il mio cazzo ti fa delirare giorno e notte, adesso non puoi più tirarti indietro, beccatelo tutto, assaggialo per bene, &egrave tutto per te’.

Nicoletta poté compiere soltanto versi d’approvazione, mentre Dario l’instradava con gli occhi chiusi in quella cadenza concitata. Si sentiva quasi trasportare in uno stato d’incantamento, tanto che la sospensione arrivò del tutto inaspettata:

‘Sospendiamo per un po’, diversamente il passatempo terminerà assai in anticipo’ – sostenne lui spostandosi di scatto e aiutandola nel rimettersi in piedi. Stava per trarla a sé avvolgendo il didietro con le sue mani, quando un rumore di rami spezzati li mise in celere allerta.

Nicoletta si sentì pervadere dal terrore, il sudore freddo, il cuore in gola, le nocche delle dita bianche dallo sforzo di serrare i pugni. E se qualcuno l’avesse vista? Magari qualcuno che conosceva suo padre? Dopotutto nel suo ambito lui era molto affermato e rinomato, perché un altro distinto orefice risiedeva nei paraggi. La sua mente iniziò a proporle in modo incoerente e irrazionale le visuali più disastrose e pessimistiche che potesse ideare. Che le sarebbe accaduto? Malgrado ciò, ancora una volta, Dario fermò il suo andamento accompagnato da un’ilarità confortata:

‘Niente panico, &egrave soltanto un gatto’ – dichiarò, indicando la parete del vivaio nascosto. Un delizioso gatto dal pelo di colore rossiccio con gli occhi verdi esamino entrambi con un’espressione noncurante, prima di spiccare un salto allontanandosi. Nicoletta si rasserenò, per il fatto che quest’inedita vicissitudine le offrì un sussulto in più, sennonché s’abbandonò addosso all’inferriata traendo un sospiro d’alleggerimento. Dario l’avvolse velocemente a sé, mentre la ragazza lo abbracciò sentendosi protetta:

‘Ho notato che il timore che ci scoprano non ti soddisfa, però se mi dispongo in questo modo non t’avvisteranno’ – affermò Dario, introducendo frattanto la mano sotto quell’indumento stretto. In quella circostanza Nicoletta congiunse le gambe quasi a voler diventare più minuscola per rintanarsi nel modo migliore Captò il suo tocco che disuniva bruscamente le labbra più esterne, successivamente impostando a stropicciare gradualmente il riparo impregnato sotto di esse. Nicoletta sbarrò gli occhi e s’abbandonò totalmente alle sensazioni di piacere crescente, che le pressioni circolari le provocavano. Attualmente era Dario che si ritrovava chinato davanti a lei, in modo da poter ammirare le sue dita, che una appresso all’altra s’introducevano dentro facendola boccheggiare:

‘Penso di non reggere, dammelo, lo voglio tutto’ – sussurrò Nicoletta cercando di liberarsi da quelle dita convulse e incontenibili. In realtà voleva spingersi fino in fondo alla sua inosservanza senza bloccarsi un istante prima:

‘Che cosa brami?’ – replicò lui risollevandosi.

‘Desidero il tuo cazzo, però lo voglio interamente dentro di me’ supplicandolo e rialzando i bordi di quell’indumento scoprendo in conclusione la fica:

‘Sarai presto servita sgualdrina’ – ribadì Dario, tastandole i seni.

‘Lo prenderò qui in piedi, perché sono la tua indiscussa puttana’ – controbatté Nicoletta, traendolo a sé con il bacino.

Dario non si fece supplicare, la sollevò pressandola verso l’inferriata spalancandole le cosce fino a penetrarla. Nicoletta per assecondargli la mansione s’aggrappò alle cuspidi lucenti della staccionata, perché la singolare percezione di percepirlo sdrucciolare dentro le restituì un guizzo d’immenso piacere, che iniziò a svilupparsi gradualmente fomentato dalle decise spinte di Dario. Ecco, questo era l’occasione che aveva atteso per ore, donarsi al maschio inadeguato, all’opposto, scorrettissimo. Prima che Nicoletta potesse iniziare a presentire avvicinarsi l’acme del piacere, Dario le fece modificare la postura facendola volgere contro l’inferriata, in tal modo Nicoletta inarcò la cavita pelvica offrendogli nuovamente la fica, che Dario imbottì burberamente stringendole con forza i fianchi. Nicoletta in quel frangente si lasciò un’altra volta andare a quei movimenti cadenzati, pressappoco alteri, boriosi e impudenti sconquassandola svisceratamente.

L’orgasmo sopraggiunse con la veemenza e con la potenza d’una saetta facendola traballare, in rapida successione avvertì lo spruzzo passionale della densa sborrata di Dario che le imbrattava nel contempo la coscia. Ambedue si ricomposero in fretta utilizzando brevi parole di circostanza, dopodiché ciascuno riguadagnò l’individuale tragitto, allontanandosi alla svelta da quella torrida e voluttuosa nottata.

Nicoletta da pochissimo ritornata nella camera si scagliò sul giaciglio passandosi il dito sulla zona retrostante della coscia, dove a ben vedere riscontrò la soffice quanto spugnosa asperità dell’esuberante sborrata, che Dario le aveva naturalmente cosparso marchiandola e che al momento si era leggermente cristallizzata.

Quella chiazza, a dire il vero, Nicoletta aveva l’intenzione di tenersela con sé ancora per qualche ora per esaminarla, per compiacersi e per soppesarla, così come il risultato di un’impronta virile da parte del suo maschio, l’approvazione e il sigillo d’una vittoria ricercata. Naturalmente soltanto per qualche altra ora, attendendo che il nuovo giorno albeggiasse, fatto d’opprimenti e d’uguali consuetudini e di crucci giornalieri d’affrontare.

{Idraulico anno 1999}

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