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Racconti Erotici Etero

Semplicemente Eva

By 16 Luglio 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Eva s’era ammalata qualche giorno dopo Pasqua. Prima una dolorosa faringite, poi una febbricola persistente che l’avevano lasciata infiacchita e impallidita. Malgrado stesse studiando intensamente per gli esami universitari del secondo anno, la giovane sembrava sprovvista di forze e apatica da oltre una settimana.
La mamma, iniziando a preoccuparsi, aveva insistito perché la giovane universitaria ventenne si facesse vedere dal medico di famiglia. Eva ci andava sempre di malavoglia sia per la sua innata timidezza da cui conseguiva una ritrosia a spogliarsi lasciando intravedere anche solo piccoli lembi del proprio corpo o a scambiarsi quelle che riteneva informazioni personali, sia perché quel dottore le pareva un vecchio libidinoso, senza dubbio esperto nel proprio campo, ma che non sapeva evitare doppi sensi imbarazzanti, oppure ammiccamenti ben poco graditi.

Con sua grande sorpresa, parcheggiata l’auto e atteso il proprio turno, Eva is trovò dinanzi un medico in camice giovane e di piacente aspetto Somigliava, pensò, all’agente Cooper della serie Twin Peaks di cui stava vedendo svogliatamente le prime puntate la sera prima di coricarsi e che, non lo poteva negare, le piaceva tanto da soffermarsi con la fantasia. Il giovane dottore disse di essere un tirocinante laureato da poco che sostituiva il medico consueto, il quale per ironia della sorte era stato costretto in un letto di ospedale a causa di calcoli renali. Guido, questo il nome del dottore, la fece garbatamente accomodare su di una poltroncina di pelle nera. La risolutezza delicata di quel giovane uomo ispirava ad Eva un’istintiva fiducia.

Gli occhi da cerbiatta della giovane, la sua chioma, l’incarnato perfetto del viso, le labbra a cuore e soprattutto il corpo statuario, avevano avuto da subito un potente effetto su di lui, una conseguenza fulminea che cercava maldestramente di negare anche a se stesso. Eva dovette rendersi conto di qualcosa perché avvampò improvvisamente mentre si sedeva. D’altronde era assai intuitiva: glielo ripetevano tutti.

“Buongiorno, mi dica tutto, Signorina” le si rivolse, affettando un freddo, ma cordiale distacco professionale.
“Oh nulla, dottore. Più di una settimana fa mi è venuto un tremendo mal di gola, non riuscivo quasi a deglutire il cibo, ma ora mi è passato. Soltanto mi sono rimaste una strana febbre e una svogliatezza incredibile”.
“Mmm astenia e febbricola” prese nota diligentemente Guido.
“Vediamo un po’… se me lo consente, le farò prima qualche domanda di anamnesi” riprese il medico che evitava il contatto diretto con gli incantevoli occhi, lievemente sottolineati da una matita leggera, per non esserne soggiogato e ammaliato più di quanto già fosse.
“Ha mai avuto malattie importanti? E’vaccinata contro quelle esantematiche infantili?”
“No, a parte la solita febbre quando mi viene l’influenza o un raffreddamento qualsiasi, niente di più. Ma non mi capita spesso, non sono mai stata troppo cagionevole. Se non sbaglio sono vaccinata contro tutte quelle malattie, ho solo avuto la varicella in forma lieve quando avevo 7 anni.”
“Bene, bene. Quindi non assume farmaci? Fuma o fa uso sostanze particolari?”
“No, no, non prendo neanche gli antidolorifici quando ho mal di testa, perché non sono troppo favorevole ad abusare di qualcosa di chimico per la minima sciocchezza. Figurarsi se fumo: non voglio rovinarmi i polmoni per uno sciocco vizio. Né assumo qualche robaccia”.
“Saggia decisione” ridacchiò Guido colpito dalla personalità e dall’espressività della giovane. Pure la tonalità calda e molto femminile della sua voce lo sorprendeva piacevolmente. Non gli erano mai andate a genio quelle ragazze sfacciate che, anche fra le sue colleghe, si accendevano di continuo sigarette per mettersi in posa, nella vana speranza di risultare più attraenti. Le trovava deontologicamente incoerenti e velleitariamente aggressive, finanche sprovviste di un forte carattere.

La squadrò meglio. La giovane donna vestiva una gonna sopra al ginocchio, color bordeaux di cotone leggero e sopra una blusa nera e color panna in pizzo sul décollété che ne lasciava intuire le prosperose forme. Era veramente avvenente: il lieve pallore ne accentuava, se possibile, la bellezza voluttuosamente languida, ma d’ideale innocenza. La bocca aveva la forma e la consistenza un delizioso bocciolo di rosa, fresco e piccino, con l’arco di Cupido piuttosto accentuato. La fronte spaziosa un perfetto completamento dell’ovale risaltava come un gioiello incastonato tra lucentissimi capelli di una bella tonalità scura e decisa di castano. Erano quei boccoli pettinati all’indietro così da ricaderle sulle spalle e sulla schiena similmente a flutti lussureggianti. Le iridi una mistione notevole tra il color nocciola chiaro con riflessi dorati e ambrati.
Guido si riscosse dai pensieri che si generavano senza soluzione di continuità da quella perlustrazione carica di ammirazione per la bellezza semplice ed espressiva che Eva sapeva esprimere. Fece capolino dentro di lui un primo pensiero di possesso, mentre lei, ignara di tutto, rispondeva con timidezza non priva però di risolutezza e chiarezza.

“Per quanto riguarda il ciclo quando hai avuto le prime mestruazioni?”
“a 12 anni”
“In perfetta media direi. Sono regolari? Dolorose? Prende la pastiglia anticoncezionale?”
“Sì, sono sempre stata piuttosto regolare e no, quasi mai dolorose” alla seconda domanda, non poté fare a meno di arrossire nuovamente. Aveva avuto un solo ragazzo con cui tre anni prima visse la sua prima volta, ma l’aveva lasciato perché la coppia aveva ormai preso strade differenti. Perito di una ditta che produceva articoli da ferramenta lui, universitaria lei. Malgrado la buona volontà di entrambi e la grande attrazione fisica, specialmente di lui per lei, gli stili di vita erano divenuti inconciliabili. Quando lei tornava a casa era spesso costretta a dedicare le sue giornate alla preparazione di esami impegnativi, un onere non di poco conto che difficilmente si accordava col mantenimento di relazioni serie. Aveva quindi preferito rimanere libera, non adattandosi ad essere il tipo di donna da una notte, anche se in tanti avrebbero fatto carte false per averla una singola volta.
Era infatti sempre stata oggetto di spietati corteggiamenti da parte di colleghi di ateneo e di coetanei nella cittadina d’origine, omaggi carezzevoli e lusinghieri da cui si era agilmente divincolata con grazia disinvolta cercando di evitare di ferire i sentimenti, o forse sarebbe meglio dire le voglie, altrui.
Guido cercava di dominare la propria frenesia, ma sapeva che la visita non sarebbe stata completa senza l’auscultazione del petto per verificare tutto fosse a posto. L’idea di porre lo stetoscopio su quel petto perfetto lo incendiava. Pur avendo già visto in déshabillé decine, se non centinaia, di donne di ogni età e condizione estetica, sperimentava una timidezza per lui innaturale, quasi un refolo di quella tipica della prima adolescenza dinanzi ai primi approcci con l’altro sesso.

“Si tolga pure la blusa, così le ausculterò il petto. Sì, si sdrai pure sul lettino”. Eva si immobilizzò per un attimo interdetta, ma comprese che non aveva altra scelta.
Si levò in piedi e in breve rimase in reggiseno. “Posso tenerlo?” chiese fiduciosa in una risposta positiva. “Sarebbe preferibile di no” le replicò Guido affettando indifferenza.

Così Eva, a malincuore, rimasta a petto completamente scoperto, mentre il cuore le martellava a perdifiato poco sotto. Si adagiò poi quasi incerta sul lettino coperto da un lenzuolo di carta del tipo “usa e getta”. Poteva scorgere il suo riflesso nello specchio, ma abbassò gli occhi intimidita, le guance vermiglie per la veemenza dell’imbarazzo che la pervadeva. Per Guido invece fu una visione estatica: il petto florido e perfettamente sodo era adornato da areole spaziose di un bel rosa antico, a propria volta impreziosite da capezzoli carnosi e turgidi. Il giovane medico stimò che la sua paziente dovesse portare quantomeno una terza abbondante, ma più che la sua abbondanza lo colpì la perfezione delle linee e dei contorni, la consistenza perfetta della grana epidermica. Temendo che la propria adorazione, dinanzi a cotanta opera d’arte, fosse rilevata da Eva, si affrettò a porre lo stetoscopio sul petto ansante della giovane che pareva travolta da un’ineffabile confusione. Non era mai stata in topless davanti ad uno sconosciuto e anche coi familiari era più che mai pudìca, tanto che non concepiva come potessero esistere i nudisti, o anche solo esibizionisti.

“Respiri” “Respiri più profondamente ora” “Trattenga il respiro”. La giovane eseguì perfettamente gli ordini impartiti da Guido, il quale, nel frattempo, ne apprezzava tutta la spontanea e naturale grazia, concentrata in quegli atti di ispirazione ed espirazione che ne perturbavano deliziosamente le labbra perfette. Lo stetoscopio si spostava sulla pelle calda del petto, posandosi ora sui malleabili e sodi seni. Il medico percepì il profumo del respiro fresco e con note di agrumi che Eva esalava. Dal suo collo e dalle spalle dritte e tornite promanava invece una fragranza intrisa delle morbide note dei petali di rosa. Poi, Guidò spostò l’attenzione sul pancino. La ragazza aveva un ventre incredibilmente piatto, adornato da un magnifico ombelico. Il suo girovita era piuttosto stretto, i fianchi abbastanza larghi e pronunciati. “Segno di buona fecondità” si disse il giovane dottore, che era ormai in uno stato di eccitazione eccezionale.
Le palpò quindi il ventre avvertendo la gradevole sensazione di pelle morbida e levigata. Si beò di quel tepore mentre controllava che gli organi interni non avessero alterazioni. Avrebbe intensamente desiderato chiederle di levarsi anche la gonna e il resto dell’intimo, ma, pur percependo la propria verga fremente che premeva impetuosamente contro i pantaloni, provò a imporsi un freno.
“Apri…..ehm apra la bocca. Vorrei osservarle le tonsille e la gola”. Eva sorrise incantevolmente distendendo per un momento la tensione. “Va benissimo il “tu”. D’altronde non credo che abbiamo molti anni di differenza. Io ne ho 20″. Sorpreso da quella spontaneità quasi tenera, Guido rispose meno entusiasticamente di quanto avrebbe voluto, quasi balbettando “ah, sì, sì certo. Io ne ho 27”. Ora il sesso enfiato dalla brama di possedere quella ragazza candida come un bocciolo e fresca come rugiada mattiniera gli faceva quasi male; sentiva l’urgenza di liberarsi e di sfogarsi. Per certi versi non vedeva l’ora la visita terminasse e lei uscisse dallo studio. Era già mezzogiorno e credeva non ci sarebbero stati pazienti da incontrare. Traendo un sospiro di sollievo, le fermò la lingua con un cucchiaino per poterle perlustrare meglio la faringe con l’aiuto di una piccola torcia. Guido si avvide di come l’infiammazione fosse ormai quasi completamente risolta, ma venne distratto dal candore dei denti, simili a filari di piccole nivee perle e dal colore rosato della lingua e delle mucose che testimoniava la piena salute di cui godeva la ragazza. Il pene gli sussultò nell’immaginare quello splendido muscolo caldo saettargli sull’asta o, persino, sui testicoli. Oppure nell’immaginare quella sublime bocca invasa non dal piccolo manico del cucchiaino ma dal proprio fallo ardente.
Si vergognò subito di quei pensieri. “E’una mia paziente, è giovanissima, probabilmente pure fidanzata, devo solo concludere l’accertamento e togliermela dalla mente” si impose fra sé e sé.

Eva non vedeva l’ora di potersi rivestire e fu per lei un vero sollievo quando la visita fu dichiarata conclusa e Guido iniziò a scrivere la diagnosi e la propria impegnativa, mentre lei si ricopriva velocemente il seno rigoglioso con il reggiseno nero che aveva abbandonato sulla spalliera della sedia. Non solo aveva provato infinita vergogna a esporre quel seno di cui sì andava tanto fiera, ma che le aveva creato fin dagli anni delle medie non pochi inconvenienti tra sguardi indagatori e allusioni libidinose che sconfinavano quasi in lievi molestie. Camminando in città, specie di sera, cercava di coprirsi il più possibile onde ridurre la possibilità d’inconveniente spiacevoli.

“Non hai nulla di preoccupante Eva, solo un po’di astenia, in altre parole stanchezza, perché l’infiammazione non è risolta al 100%, ma credo che il consiglio migliore sia semplicemente quello di uscire quando te la senti, magari prendendoti un giorno di pausa dal lavoro o dallo studio”-“Eh sì studio, sto preparando gli esami del semestre. Sono un po’stressata ultimamente” rispose Eva con voce incantevole intrisa di accenti evocativi di dolce femminilità e suggestiva dolcezza. “Non ti prescrivo nulla, tranne un multivitaminico, ma credo già nei prossimi giorni la stanchezza se ne sarà andata e sarai tornata come nuova”.
In effetti, Eva si sentiva già meglio. Le piaceva la sicurezza con cui quel giovane l’aveva visitata, ne apprezzava la professionalità e la risolutezza combinata a sollecitudine e a una certa galanteria, ormai merce rara negli uomini della nostra epoca. Ora che era intento a scrivere al computer, poté osservarlo meglio di sottecchi. Era completamente sbarbato, cosa che gli conferiva un’aria giovanile, sensuale e piacevole. Poco prima aveva avuto occasione di respirare il profumo del suo balsamo dopobarba al ginseng che aveva trovato molto eccitate. Non voleva quasi ammetterlo a se stessa ma stava iniziando a provare una certa attrazione per quel medico, che, poco più grande di lei, doveva avere già una cultura e un’esperienza non indifferenti. Si scoprì a chiedersi se fosse fidanzato e, quasi con un pizzico di disappunto, si domandò se si sarebbero rivisti. Si mosse sulla sedia serrando inavvertitamente le cosce. Un brivido subitaneo le saettò dall’inguine che qualcosa le diceva essere giù inaffiato dai pensieri che le offuscavano la mente. Non poté negarlo: si stava eccitando, cosa singolare dato che non era frequente venisse attratta da un ragazzo, per giunta un perfetto sconosciuto. Si mordicchiò le labbra fissando il pavimento come a distrarsi. Poi, ringraziando, strinse la mano a Guido e se ne andò. La stretta emozionò entrambi: il dottore poté apprezzarne lo smalto amaranto posato su unghie perfette, non ricostruite artificialmente come quelle che lui disprezzava. La mano di Eva era minuta, calda, delicata, in una parola perfetta come lei.
La giovane donna invece si era sentita avvinta e ammaliata da quella mano grande e virile che conteneva interamente la sua sembrando volerla proteggere. Uscì dalla porta dello studio con una lieve batticuore, irresoluta se sentirsi felice per non essere più sotto scacco d’imbarazzo ed esaltazione sensuale, oppure più triste perché non sapeva se e quando avrebbe rivisto quell’affascinante dottorino.

Appena montata in auto, si ricordò di non avere con sé la sua pochette. Trafelata ritornò sui suoi passi perlustrando la sala d’aspetto ormai deserta. Poteva trovarsi soltanto nello studio di Guido. Sovrappensiero com’era ed essendo uscita solo un paio di minuti prima, si dimenticò di bussare. Quel che vide le mozzò il fiato tanto che la giovane, stupefatta e impietrita, dovette trattenere un urlo nel petto. Guido era seduto alla scrivania dove avevano concluso la visita, i pantaloni sbottonati e arrotolati sugli stinchi assieme ai boxer. In corrispondenza dell’inguine svettava un fallo in prepotente erezione. Era ammaliante per la giovane assistere a quello spettacolo di potenza virile. Non si può dire che il suo ex fosse troppo dotato anche se le aveva regalato discreti orgasmi, ma in questo caso era tutto un’altro discorso. La donna si coprì la bocca con le mani, mentre Guido, sbigottito e sconvolto, neanche tentava di ricoprirsi, congelato e smarrito da quell’irruzione inaspettata. “Eva….non ….non”. fu tutto ciò che riuscì a balbettare. Stavolta, toccò a lui diventare paonazzo, quasi come la punta esposta del proprio pene che, Eva lo vide perfettamente, era innaffiato da rivoli di linfa virile che scendevano quali torrenti da un monte. Era troppo poco smaliziata per collegare da subito quella profusione di linfa con la visita cui si era dianzi sottoposta.

Le parve una visione irreale di cui riusciva a mettere a fuoco solo dettagli, ma non la visione d’insieme. Poi fu rapita dalla smania di trasgredire. Pensò che le parole fossero superflue e, colta da un raptus di lussuria, sentì le proprie mani che, quasi contro l’imperio del cervello, slacciavano il cinturino della gonna leggera. Pochi istanti dopo, l’indumento le ricadde ai piedi. Le lunghe gambe affusolate e le cosce tornite libere d’incantare. Si levò anche la blusa sfilandosela velocemente dalle braccia. Rimasta in intimo blu, dopo essersi tolta pure gli stivaletti bassi vellutati, Eva, come in trance, si sdraiò sulle stesso lettino su cui si era trovata supina e in topless pochi minuti prima che ora le parevano un’eternità. S’infilò una mano lasciva sotto la mutandine a culotte, telecomandata da una brama incontenibile, percependo un flusso ininterrotto che si dipanava dall’inguine in ogni direzione. Prima ancora di sfiorarsi il sesso fradicio, respirava affannata. Poi mosse le dita solleticando le grandi labbra tumide. Scoprendole arrivò sul vestibolo dello scrigno del proprio essere donna: era talmente intriso del suo miele che ne asciugò un po’con le dita spalmandosi quel succo tutto intorno. Poi socchiuse gli occhi e mosse le dita vellicando delicatamente la clitoride. Sussultò e gemette. Chiamò Guido. “Vieni qui con me, ti desidero immensamente”. Il giovane medico era ancora seduto semidenudato sulla sua sedia da ufficio, l’espressione sconvolta di chi è all’oscuro di quanto sta accadendo. Sì avvicinò a quella splendida femmina che seguitava a carezzarsi voluttuosamente. Le sfiorò la bocca con un dito, poi i capelli serici e voluminosi, le guance morbide e rotonde, ormai invermigliate per le operazioni lascive cui si stava dedicando là sotto.
Eccitatissimo Guido le tolse le mutandine slacciandole poi il reggiseno. Non incontrò resistenza. Eva era intenta a solleticare la clitoride eretta e tesa. Ora era nuda. Completamente esposta. Il corpo statuario, il più bello che il medico avesse visto, era uno spettacolo appassionante, ammaliante, passibile di lasciare senza fiato. Le natiche talmente compatte e senza un’ombra di cellulite da poter essere accostate a quelle di Venere Callipigia. Abbozzò un lieve sorriso esplorandone le rotondità calde.
La donna lo guardò con un’espressione carica di malizia, non disgiunta, ma rafforzata da eterea innocenza. “Spogliati anche tu” gli sorrise seducente. Guido non se lo fece ripetere e in brevi istanti fu anche lui alla mercé dello sguardo infuocato di Eva. “Sei ben fatto” si complimentò con voce soffocata dalla passione. Obiettivamente Guido poteva vantare un bel fisico, modellato da anni di piscina:spalle larghe, pancia piatta, gambe e braccia robuste e muscolose. Non era un palestrato ma certo risultava molto attraente, anche alla luce della sua altezza di poco superiore alla media e del viso risoluto da cui risplendeva una personalità vibrante e originale, lo sguardo profondo e sensuale, la bocca volitiva che Eva non vedeva l’ora di baciare.
“E tu sei semplicemente….perfetta”. S’iniziarono a baciare vorticosamente saettando lingue vogliose di esplorarsi. Il sapore di Eva, la morbidezza delle sue labbra tornite, la sua passione, costituivano afrodisiaci potenti che indurirono ancora di più l’obelisco di carne di Guido, pulsante e innaffiato di stille.

La giovane, sospirando, si scostò dei boccoli che le erano ricaduti sul seno risistemandoli sul cuscinetto in un gesto di tale femminilità e sensualità da provocare fremiti nell’uomo che la ammirava.
Eva poi si girò, alzando le gambe a svelare i piedini aggraziati e sprovvisti di smalto. Così facendo invitava il medico nel suo giovane e meraviglioso antro ricoperto da un triangolino di curati ricciolini scuri, corti, invero morbidi al tatto. Guidò le sfiorò il seno con la lingua impaziente, mentre la giovane puntava soavemente i talloni sull’estremità del lettino. L’uomo sostituì le sue dita a quelle di Eva nel frugare la sua fessura. Le sue dita finirono tra le grandi labbra, poi s’intrufolarono titillando la clitoride già ritta e vogliosa. Sentì la giovane sussultare.
Poi il medico salì sul lettino mettendosi sopra di lei. Pose il glande infiammato sul pube serico e arroventato di Eva che con le dita stava già spalancando le proprie ninfe zuppe di nettare per facilitare la penetrazione. Socchiudendo gli occhi, pregustando l’impatto con il piacere, accompagnò quel pinnacolo bollente sul suo ingresso che colava abbondantemente del liquido vischioso scaturito dall’impensabile lascivia di un attimo imprevisto e assurdo.
La circonferenza del membro era tale che, pur perfettamente lubrificata, Guido trovò difficile aprirsi la strada dentro le intimità della donna. “Forse sono troppo disabituata a fare…” quelle parole eccitarono ancor di più il giovane dottore che, con un colpo di reni, affondò ulteriormente nel caldo-umido della deliziosa cavità di Eva tenendola per i fianchi. Indicibili sensazioni. L’avvertiva fremente e pulsante. Malgrado la sua relativa inesperienza, la ragazza agì d’istinto muovendosi con voluttuosi ondeggiamenti di bacino ad assecondare le vigorose spinte dell’uomo. Inarcò deliziosamente la schiena e il bacino lasciando che il proprio sesso fosse invaso da quel grosso pene che ora, dilatandole le pareti vaginali, donava anche a lei sensazioni incredibili, dopo i primi momenti di spasimo.

Guido seppe di essere arrivato al fondo dello scrigno di Eva quando ne sfiorò la cervice uterina. Possedendo quella divina ragazza, ne accoglieva tra i palmi le forme voluttuose che impastava bramoso, carezzandole al contempo le guance dolcemente. Lei, scossa da tremiti, dimenava la testa a destra e sinistra come rapita dall’incanto di un sogno virginale. Era pazzesco, quasi commovente, assistere allo spettacolo della trasformazione intercorsa nei lineamenti del viso di Eva. Ora aveva le guance accese per il rossore, gli occhi chiusi a godersi pienamente la delizia che la pervadeva, le labbra che si contraevano tra gemiti sommessi ed insperati piaceri armonizzati alla frequenza e all’entità delle spinte ritmicamente inferte al suo grembo istante per istante. Ahhhh!….mmmmm” sublime melodia sentirla mugolare così convulsamente.

Il ragazzo prese allora e stuzzicarne con la lingua i capezzoli divenuti sensibilissimi mentre rimaneva dentro di lei, colmandole totalmente le roride intimità. Ciò provocò un progredire dell’estasi: la donna prese a sciorinare quantità ancora maggiori della propria linfa e a sospirare senza soluzione di continuità. L’andirivieni di Guido si fece sempre più veloce, specie dopo che lei incrociò i piedi sulla schiena robusta di lui attirandolo e stringendolo ancor più a sé. Si baciarono ancora appassionatamente mordicchiandosi le labbra come amanti consumati. Il medico fremeva quando la giovane gli alitava in viso espirando il proprio appagamento. Sì, lei sapeva di buono, qualcosa di simile a limoni misti a lamponi selvatici. Eva era straordinariamente soave femminile anche durante l’appassionato amplesso cui si stava concedendo.
Il profumo di donna che la sua rosa bagnata stillante rugiada emanava impregnava ormai l’aria dello studio, assieme alla sua fragranza originaria che si mescevano a quella indossata da Guido e del suo allettate dopobarba.

Subissata dai gemiti, Eva riuscì appena ad avvertire “Vienimi dentro ti prego, non credo di risch….mmmm….non rischio! Lo voglio….ne sono certa! …mmmmmm….ti amo Guido!” Poi non riuscì a trattenersi e tra un turbinio di gemiti, si rilassò inarcando la schiena sentendosi alfine pervenuta all’acme del piacere. Le contrazioni vaginali furono così forti da intrappolare il fallo strizzandolo in una morsa incandescente. Sembrava quasi la femminilità palpitante di Eva volesse trattenerlo indefinitamente. Le gambe e il bacino della splendida giovane tremarono, le dita dei piedi iperestese per riflesso naturale dell’orgasmo sconvolgente che le stava impregnando ogni sua cellula sottraendola al mondo terreno per farla ascendere all’empireo dei sensi. Ristette per un attimo come svenuta, persa in un pianeta paradisiaco da cui non sarebbe voluta tornare mai.
Altre spinte però la incalzarono provocando un prosieguo dei gemiti. Eva cominciò nuovamente a sussultare mordicchiandosi il labbro inferiore. La colonna di carne di Guido la trafiggeva con un movimento molto più armonioso e semplice, ora che i copiosi succhi muliebri l’avevano lubrificata più che abbondantemente.
Eva spalancò gli occhi e fu come si fosse aperto lo scrigno di uno scintillante tesoro: quella femmina era davvero di perturbante bellezza. La spossatezza dell’orgasmo ne aveva solo incrementato il fresco e innocente incanto. Un lieve strato di sudore le imperlava meravigliosamente il petto ansante, le labbra erano ora semidischiuse e vermiglie come fragole mature. Gli sorrise. La ragazza si stava nuovamente eccitando pregustando il momento in cui anche Guido l’avrebbe allagata tutta.

Eva spalancò ancora gli occhi. Guido, incrociandola, ne ammirò lo splendore deglutendo dinanzi a un tale spettacolo: il riflesso cangiante dell’iride pareva un lago dorato per l’eccezionale luminosità. Capì, mentre la possedeva, di esserne perdutamente innamorato. Glielo confessò nel tumulto della battaglia amorosa che si prolungava: “ti amo Eva”. Lei sorrise con tenera malizia aggrappandosi alla sua schiena per sentirsene ancora più avvinta, mentre dimenava le gambe sopra la schiena per incrociarle. Il suo seno veniva ora schiacciato contro il petto nerboruto dell’uomo che la possedeva. Col capezzolo ne sentiva la consistenza irsuta e la robustezza. Lo stantuffamento del membro si fece sempre più veemente dentro il bacino della giovane donna che cercava di facilitare il fallo imprimendo un movimento rotatorio perdutamente voluttuoso. Guido, sentendosi ormai vicino al culmine, diede un cenno all’amata, stringendole la mano più forte, poi, protese poderosamente il proprio bacino contro il pube caldo di lei. Ripeté il movimento in due battute, quindi profuse tutto il vigore delle sue gonadi lasciando che fiotti di seme bollente alluvionassero le cavità bollenti di Eva dilagando per ogni anfratto. Al contatto col liquido fecondante di Guido, Eva esplose nuovamente in un orgasmo non meno potente del primo che la fece irrigidire, sussultare, gridare per esalare la dolce voluttà che la permeava e infine rilassare infinitamente. La sua vagina contraendosi freneticamente sembrava quasi voler strappare al membro che l’aveva inondata anche le ultime stille di virilità. Poi, inebriata e del tutto rilassata, socchiuse gli occhi permettendo al suo respiro di regolarizzarsi, mentre il membro di Guido si rimpiccioliva dentro la sua confortevole intimità. Era una sensazione carica di tenerezza, ma non meno potente.

Eva trasse un sospiro profondo e baciò il giovane che, ormai fuori di lei, si era posto al suo fianco riempiendola di baci sul capo, sulle guance, sulle labbra e di carezze ovunque le sue mani potessero giungere, ricambiato dalle morbide e curate manine di lei che si soffermavano ora sulla schiena, ora sulla bocca, infine sui capelli scuri e sulle guance rese ispide dalla rasatura. Allora Guido, levandosi in piedi, ne baciò il pube e si avvide che dalla deliziosa fessura stava ancora fuoriuscendo il suo seme. Ne raccolse un po’ contornando le angeliche labbra della studentessa a mo’di lascivo lucidalabbra. Lei se le mordicchiò ancora prima di accennare a leccarsele. Si sorridevano. Era stato stupendo, eccezionale, stravolgente.

“E’stato perfetto, Guido! Appartenerti oggi, in questo modo, è stato uno dei momenti più fortunati e intensi della mia vita. Non mi è mai capitata una cosa simile. Insomma, non sono quel “. “Sei bellissima Eva, la più bella donna abbia mai visto. Ora non voglio lasciarti più andar via….comunque credo che tu sia in ottima salute e forse non abbia bisogno neanche del multivitaminico”. -“Che scemo” replicò Eva sorridendogli amabilmente. Richiuse le gambe, ritornando al suo atavico pudore, poi carezzò un ultima volta il fallo rubizzo che l’aveva posseduta così impetuosamente e si dette una lavata mentre Guido, esausto e sprizzante di gioia, ne spiava la perfezione non riuscendo a staccarle gli occhi di dosso. Eva se ne accorse e gli sorrise con un muto e soave rimprovero.

Rivestendosi velocemente, Eva si rese conto di aver fatto tardissimo per pranzo che c’erano già alcune chiamate non risposte da parte della madre, evidentemente messa in allarme da possibili notizie poco positive circa la salute dell’adorata figlia. Eva la richiamò, mentre non era ancora del tutto rivestita: “Ciao mamma, ho incontrato Valentina, la mia compagna di classe delle medie, non la vedevo da un pezzo. Abbiamo preso uno spuntino insieme. Per il medico tutto ok, mi ha visitata uno nuovo, giovane, pare molto bravo. Ha detto che non c’è da preoccuparsi per nulla e che mi sto già riprendendo”-“Ti sento molto felice! Vedi che ti ha fatto bene uscire un po’?!”-“Sì, mamma, lo credo proprio” ridacchiò maliziosamente.

“Come vedi, devo proprio scappare, Guido”-“Ci rivedremo? Non posso perdere una paziente come te, devo controllare i tuoi progressi” scherzò il giovane. Eva annuì timidamente, imprimendogli un ultimo bacio a stampo e congedandosi con un modulato e sommesso “a presto”. Si sentiva priva di forze per ciò che aveva fatto. “Almeno sono stanca per una buona ragione” pensò sorridendo con gli occhi.

Prima di smontare dall’auto, arrivata a casa dei genitori, si guardò allo specchietto. Il pallore era scomparso, aveva ancora le labbra lucide come avesse usato lucidalabbra. Trasse un profondo sospiro e scese, colma di una profonda nostalgia per quello che qualche anno più tardi sarebbe divenuto suo marito.

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