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Racconti Erotici Etero

Semplicemente puttana

By 21 Giugno 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

La prima volta è successo per gioco.
La secondo perché sono quel tipo di persona che quando sperimenta una sensazione piacevole tende a ricercarla in seguito, possibilmente accentuata.
La prima volta il cliente era LUI.
Mi aveva proposto questa cosa e, sebbene non ne capissi il senso, avevo acconsentito.
Appena c’eravamo incontrati mi aveva messo tra le mani quattro fruscianti banconote da 50′.
Io, imbarazzata, le avevo messe via in fretta e furia.
Diversamente dal solito, a quel punto, lui era stato arido di parole e gesti distensivi.
Non un sorriso, una carezza, una parola.
Lui: in ginocchio.
Solo in quel momento avevo capito il senso di quel gioco. Era capacissimo, più di chiunque altro al mondo, di farmi sentire una troia ma in quel momento ero di più… Ero una puttana.
Il suo monumentale uccello era sparito pochi istanti dopo tra le mie labbra.
La sua mano dettava ritmo e profondità di ogni singola pompata e quel pezzo di carne duro e caldo si muoveva a suo piacimento nella mia bocca. Facendomi sbavare. Riempiendomela competamente.
Ad ogni spinta un pochino più a fondo, fino a che la mia faccia non è rimasta schiacciata contro il suo pube.
Un lento retrocedere, la mia fatica a cercare aria, il successivo prepotente affondo, la sua sborra calda che mi riempie la bocca e mi scorre lentamente in gola.
Mi aveva lasciata in ginocchio, frastornata da sensazioni fortissime, mentre si spogliava poi aveva spogliato me, adagiandomi sul letto e masturbandomi, lentamente col suo uccello a portata di bocca in modo da poterlo coccolare, venerare e infine rivitalizzare.
Quella stimolazione continua, unita all’eccitazione e al consueto piacere che provo nel fare pompini mi aveva portato alle soglie del piacere.
Lui, di nuovo pronto poco dopo, mi aveva fatta mettre prona.
Le sue mani irruente e prepotenti mi avevano separato le chiappe e poche gocce di saliva mi avevano fatto capire le sue intenzioni.
Mi piace. Lo voglio io spesso ma il suo non è un cazzo da prendere nel culo senza preparazione adeguata.
Lui era di un altro parere. Lo voleva subito, aveva profumatamente pagato per averlo e dopo avermi sovrastato con la sua mole me l’aveva spinto nel culo con un colpo secco.
L’aria aveva abandonato i miei polmoni in un urlo lacerante e non c’era stato piacere nel farsi spaccare il culo per quel primo interminabile minuto.
Poi aveva preso il sopravvento la sua bravura, la mia eccitazione e il piacere perverso di essere trattata come una puttana.
Le mie chiappe risuonavano ad ogni suo affondo, come schiaffeggiate e il più stavolgente degli orgasmi era esploso nel mio stomaco, rinnovandosi ad ogninsua spinta fino al momento in cui anche lui, grugnendo come un maiale, era venuto, riempiendomi l’intestino di seme.
Lui: Sei una puttana sfiziosa. Ma godi troppo. Dovresti essere più distaccata.
Non sapevo come dirgli che difficilmente avrebbe trovato una donna che non avrebbe goduto con quel cazzone enorme spinto dentro di se.
Si era diretto al bagno.
Lui: Ora vieni a insaponarmi.

Come ho detto lui è stato il primo. Ma non l’ultimo.
Anche lui lo scoprirà leggendo questo e chissà cosa penserà. Fatto sta che qualche settimana fa mi sono vestita come una troia e ho guidato per due ore. Mi sono fermata in un posto e ho passeggiato per un po’.
La prima macchina che s’è acostata aveva dentro un vecchio.
Ma questo è un altro capitolo Forse chi mi ha seguita lo sa, sono leggermente gerontofiliaca.
Non c’è niente da fare, mi piacciono le persone più anziane e perciò quell’uomo distinto, dall’aria tranquilla, che mi fissava sbalordito, non poteva essere primo cliente migliore.
Confesso che la paura di ficcarmi in un grosso pasticcio mi aveva attanagliata per tutto il tempo ed era stata dura rispolverare quella stessa determinazione che qualche tempo fa mi portò in uno spogliatoio umido, alla mercee di una dozzina di Rugbisti sovraeccitati.
L’uomo, abbassando il finestrino: Ciao Bella. Mi fai compagnia?
Non sapevo davvero cosa rispondergli, avevo immaginato che mi chiedesse “quanto vuoi?”
Io, avvicicInandomi e piegandomi sullo sportello: Certo caro. Che avevi in mente?
Di colpo ho realizzato che stavo piegata quasi a pecora, a contrattare una prestazione sessuale. La strada non era particolarmente trafficata ma chiunque passasse non avrebbe avuto il minimo dubbio sul fatto che fossi una puttana.
Le ginocchia a stento avevano retto e tra le cosce avevo sentito ribollire un fuoco incontenibile. Stavo praticamente sbrodolando e pregavo che il vecchio concludesse in fretta la trattativa per poter offrirgli la puttana più eccitata che avesse mai provato.
Lui: Dai, monta, per una bella figa come te ne vale sicuramente la pena.
Io: Sono 100 ‘
Forse avevo sparato troppo alto perché la sua sicurezza aveva vacillato un attimo.
Io: Guarda che ne verrà davvero la pena.
Lo guardavo fisso e avevo portato la sua attenzione alle labbra, mordendomele.
Lui: Sali.
Era una lussuosa berlina, davvero comoda, e già mi immaginavo in focos evoluzioni su quei bei sedili.
Lui: Dove andiamo?
Quella era proprio una bella domanda. Dove andavano le ragazze di quella zona coi clienti?
Dovevo improvvisare.
Io: Ci sono tante stradine qui tra i campi, scegline una, se ti eccita l’idea che ci vedano puoi restarevabvabbastanza vicino alla strada.
Visti tutti i dubbi che avevo riguardo a questa follia, pensavo sarei stata più agitata, invece mi sentivo incredibilmente eccitata e sicura di me, esaltata dall’essermi venduta a un tizio qualunque che come unico scopo aveva quello di usarmi.
Avevo già provato la sensazione di vendermi ma quella volta conoscevo bene il mio cliente. Avevo fatto tanto sesso per convenienza e con LUI era stato più che altro un gioco erotico. Ma quel vecchio mi aveva tirato su dal ciglio della strada…
Una puttana in tutto e per tutto. Senza mezze misure. Finalmente.
Lui, appoggiandomi una mano sul gioncchio e parcheggiando all’ombra di un muro perimetrale, in una viottola tra due campi: Mi piace quando incontro delle fighe come te, non capita spesso.
La mano si muoveva.
Io: Che ne diresti di pagare per questa fortuna?
Lui, dopo aver estratto il contante e avermeno fatto frusciare sulla coscia: Ora vediamo se ne vale davvero la pena!
Era fatta. Stavo per venire da sola e se avesse ragginto la fica con quella mano se ne sarebbe accorto subito.
Non volevo scoprisse il mio gioco perciò sono passata all’attacco.
Ho infilato la mano sotto al suo braccio e ho puntato dritta al suo uccello.
Non ha opposto alcuna resistenza, dopotutto non era certo il mio piacere il suo scopo.
Si è accomodato, reclinando il sedile elettrico fino in fondo.
E il cazzo del mio primo cliente era finalmente tra le mie dita.
L’ho mai detto quanto mi piace prenderlo in bocca?
Senza esitazione mi sono abbassata su di lui e ho cominciato a leccarglielo.
Un cazzo assolutamente ordinario ma davvero speciale inbquel momento, che avevo tutte le intenzioni di servire a dovere.
Lui: Oh mio Dio… Lo fai senza preservativo?
Io, voltandomi per quanto possibile srnza smettere: Ti spiace?
Lui: No, no! Continua, ti prego.
è sempre un piacere sentire un uccello crescere, gonfiarsi sotto i tuoi tocchi sapienti. Era un po’ in là con gli anni ma non aveva proprio niente che non funzionasse a dovere. In pochi attimi aveva raggiunto il massimo dell’eccitazione, io continuavo a succhiarglielo, leccandoglielo con gusto e lo sentivo godere moltissimo.
Io ero fuori controllo, vogliosa di essere scopata ma anche esaltata dai suoi gemiti di piacere. Avrei potuto tranquillamente continuare a succhiarglielo, farlo venire così e mi sarebbe anche piaciuto.
Ma il cliente era lui.
Ogni volta che smettevo lui gemeva di protesta e allora mi sono sentita autorizzata a chiedere direttamente a lui.
Io: Vuoi che continui oppure vuoi scopare?
Era davvero esaltante parlare in quel modo.
Lui: Dio mio… Succhi da dio… Non lo so…
Mentre parlava continuavo a lambirglielo con le labbra e la lingua.
Lui: No. Continua. è troppo bello.
Con un sorriso trionfante sono scesa di nuovo a prenderglielo tutto in bocca. Ero lusingata dal fatto che rinunciasse a scoparmi perché stava godendo troppo del mio pompino.
Di sicuro lo aveva anche strapagato ma da parte mi facevo di tutto perché godesse al massimo. Gli facevo sentire la morbodezza delle labbra e il tocco della lingua, gli masmassaggiavo i testicoli e lasciavo che l’asta scorresse fino in fondo alla gola seguendo le spinte delicate che lui suggeriva con la mano sulla mia testa.
Lui: Oh cazzo! è troppo bello! Che bocca fantastica… Godo! Sì!
Mentre mi riempiva la bocca e io mandavo glù docile il suo piacere, non riuscivo a togliermi dalla testa che volevo di più. Volevo scoprire cos’erano disposti a fare maschi sconsconosciuti pur di fottermi.
Avevo scoperto un gioco interessante ma non potevo sciprirlo battendo la strada.
Avevo bisogno di una buona idea.
Il vecchio si è goduto la mia bocca, fino all’ultimo, fino a che il suo uccello non ha perso ogni minimo guizzo vitale.
Mentre mi riportva dove mi aveva preso era rimasto in silenzio. Io mi risistemavo.
Poi un attimo prima di fermarsi lui: Dimmi la verità, non sei una puttana.
Io, voltandomi e sorridendogli: Ufficialmente mi hai appena pagata per succhiartelo.
Lui: Hai capito che intendevo.
Io, aprendo lo sportello: Se ti fa godere di più, bello, in effetti no. Sei stato il primo.
Lui: Ti ritrovo?
Io: Qui. Quando vuoi.
Poi ho aspettato se ne andasse, ho camminato fino alla mia auto e sono salita.
L’adrenalina era ancora in circolo ma la mia fica urlava vendetta. Senza pudore ho cominciato a masturbarmi lentamente, ad occhi chiusi. Folle. Con la recondita speranza, con la fantasia, che qualcuno mi vedesse.
Non è successo e mentre l’orgasmo mi assaliva e poi rifluiva lentamente, ho acceso il navigatore satellitare e contrassegnato la posizione attuale così da essere sicura di non tornarci mai più.

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