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Racconti Erotici Etero

SGUARDO ABBASSATO

By 28 Ottobre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

SGUARDO ABBASSATO di Scrittore Eros (saldeco)
Delle volte ci incontravamo sul pianerottolo di casa. Buongiorno, buonasera, null’altro. Ma quella donna venticinquenne, con il marito più o meno della stessa età, aveva qualcosa di conturbante. Sembrava avesse molti anni di meno di quelli che aveva, quasi una diciottenne. Piccola, sul metro e cinquanta. Capelli corti a caschetto neri. Viso ovale, nasino piccolo, occhi grandi e neri. Una terza di seno, un culetto sporgente veramente eccitante. I due erano venuti ad abitare nel palazzo da poco, appena sposati. Ogni tanto la vedevo anche stendere i panni sul balcone della cucina, di fronte alla mia. Rimanevo li a spiarla dietro le tapparelle abbassate. Indossava sempre dei pantaloncini corti molto aderenti, come le magliette che mettevano in risalto sia il seno che il culetto. Come dicevo quelle rare volte che ci incontravamo io cercavo il suo sguardo ma lei abbassava sempre la testa, quasi imbarazzata. Delle volte vedevo il suo volto arrossarsi. A me piaceva quel suo atteggiamento. Mi piaceva metterla in difficoltà. Mi piaceva dalla parte dei miei cinquant’anni crearle difficoltà. Un giorno tornando a casa mi capitò di incontrarla vicino all’ascensore. Anche lei stava per salire. Ci scambiammo solo uno sguardo. Io sorrisi, lei abbassò la testa. Entrammo nel piccolo antro e subito nel silenzio, rotto solo dal rumore sommesso dell’ascensore, sentii addosso una tensione. Eravamo uno di fronte all’altro. Io la guardavo da capi a piedi. Portava un vestitino estivo che le arrivava sopra le ginocchia. Una piccola scollatura faceva intravedere l’inizio dei seni. In quei pochissimi metri quadrati il silenzio e la tensione si tagliava. Avrei voluto bloccarla vicino alla parete. Toccarla, frugarla ovunque ma desistetti. Non perché avessi paura ma solo perché volevo farla cuocere nel suo ‘brodo’. Volevo imbarazzarla all’ennesima potenza. La breve corsa verso il nostro piano finì, e dopo averla fatta uscire, ognuno ritornò nelle propria casa.
Dopo due giorni si ripresentò la stessa scena. Era verso mezzogiorno. La vidi con delle buste della spesa. Mi avvicinai in silenzio. Le ero alle spalle. Indossava un pantacollant azzurro che le aderiva perfettamente al culo ed aveva inoltre una maglietta corta che le lasciava scoperta la parte bassa della schiena. Si girò di scatto, quasi impaurita dal sentire un’altra presenza. Io senza dire una parola la guardai fisso negli occhi, con una intensità tale che lei, questa volta non abbassò lo sguardo, ma rimase fissa con i suoi occhi sgranati incapace di muovere qualsiasi parte del corpo. Volevo scavargli l’anima. Entrarle dentro solo con lo sguardo. Il brevissimo momento magico fu interrotto dall’arrivo dell’ascensore. Le porte si aprirono ed entrammo. Appena entrammo lei fui dietro e senza pensarci due volte allungai la mano verso l’alto e facendomi coraggio svitai in un lampo la lampadina incandescente dell’ascensore. Fu buio. Automaticamente allungai la mano sul bottone della tastiera che avevo già fissato e feci in modo di bloccare l’ascensore. Eravamo l’uno vicino all’altro, al buio e bloccati. La strinsi contro la parete. Non un sospiro, non un’imprecazione arrivò dalla sua bocca. Presi il pantacollant e l’abbassai. In un lampo mi slacciai i pantaloni, sempre tenendola ferma alla parete. Sentii la freschezza del suo culo. Gli strusciai la cappella in mezzo e abbassandomi un po’ arrivai in mezzo alle sue gambe. La feci inclinare ed in un attimo le fui dentro. Spinsi. Spinsi forte. Era bagnatissima, sentivo gli umori scorrerle dentro. Spinsi ancora ed inizia a pomparla. Con una mano gli girai la faccia e la bacia, facendogli assaporare la mia lingua, la mia saliva, i mie umori. La avviluppai con la lingua e sentii il caldo della sua bocca. Ero dentro di lei, in una scopata selvaggia, animalesca. Spingevo sempre più forte e sentivo che lei mi veniva incontro. Lo voleva più dentro, sempre più dentro. La sentii ansimare, aumentare l’affanno. La sentii godere, esplodere e godere ancora. Io non pensai, non me ne fregava nulla le venni dentro con il rischio che non prendesse la pillola e la mettessi incinta. Le venni dentro, dentro. Fu magico, alchemico, unico. Godemmo insieme l’uno dentro l’altro. Senza una parola, solo con i nostri sessi. Rimanemmo un po’ così, ancora con le nostre bocche attaccate. Mi sfilai. Mi rialzai i pantaloni e feci ripartire l’ascensore. Non una parola in quei pochi secondi per arrivare al piano. La porta si aprì e la luce entro nel vano. La vidi cercare il mio sguardo. Ed io cercai il suo. Si alzò i pantacollant e uscì dall’ascensore. Io attesi che arrivasse alla porta e le dissi: ‘E’ stato meraviglioso’. Lei si girò mi guardo, abbasso lo sguardo ed entrò dentro casa. Richiuse la porta ed io rimasi li ad assaporare quell’attimo senza fine.

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