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Racconti Erotici Etero

Sia fatta la volontà….

By 11 Novembre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Me ne aveva parlato don Rocco, il Parroco. Mi aveva telefonato. Mi aveva detto che si trattava di una donna bravissima che per aiutare il marito, operaio, a tirar su due ragazzi, di 14 e 10 anni, aveva deciso di trovare un lavoro qualunque, anche come collaboratrice familiare, colf, pur avendo un livello di istruzione paragonabile alla nostra maturità.
E così si presentò, l’indomani mattina, lunedì, puntualissima.
Non molto alta, brunissima, con capelli nerissimi e occhi dello stesso colore, un visetto tondo, sorridente, e un personalino niente male, non di quelli che ti sconvolgono, ma nella blusa si intravedevano due graziose tettine contenute nel reggiseno bianco. Vita snella, e un sederino un po’ sporgente, bello tondo, nei jeans che indossava. Disse di avere 36 anni, di abitare in periferia, ma disponeva di una vecchia utilitaria e, quindi, nessun problema per recarsi al lavoro. Non doveva neanche preoccuparsi per preparare il desinare per i figli, in quanto la suocera viveva nello stesso edificio, al piano superiore, era vedova e molto in gamba.
Parlava con ottima proprietà di linguaggio.
Le dissi che, in fondo, la cosa principale era aiutare Corinna, la vecchia domestica che aveva sessanta anni, nel disbrigo delle faccende familiari e, se le restava un po’ di tempo, poteva anche darmi una mano a tenere in ordine le mie infinite scartoffie.
Si dimostrò entusiasta. Le chiesi quanto domandava come retribuzione, e la sua richiesta fu equa.
‘Mi chiamo Mafalda, cio&egrave Matilde, che significa forte in combattimento, sono Portoghese, nata vicino a Cascais, era venuta in Italia in gita e aveva incontrato Roberto, divenuto suo marito.’
Le dissi che conoscevo Cascais, fin dal tempo in cui a Villa Italia viveva, esule, Umberto II di Savoia, e che ricordavo benissimo la ‘Boca do Inferno”
Fu come lo scoccare d’una scintilla, parlò in Portoghese’ Boca do Inferno, el mar golpea la roca y deja unas formaciones orogr’ficas muy interesantes que se extienden varios kil’metros por la costa’.
La fermai sorridendo, dicendole che non conosco il Portoghese.
Chiese scusa, con uno smagliante sorriso, ma quando si parlava della sua terra’.
L’indomani prese servizio, e mi portò una fotografia della Boca do Inferno.
La ringraziai e la misi nel cassetto della scrivania.
Era veramente in gamba, Mafalda, e molto attiva.
Il suo personalino, devo ammetterlo, mi attraeva moltissimo. Non dimostrava certo la sua età e tanto meno che aveva messo al mondo due figli. Vagavo lontano, con la mente, la immaginavo in bikini e’ anche senza! Doveva essere veramente carina, una bambolina aggraziata, con lunghissimi nerissimi capelli. Il suo abbigliamento attuale era jeans e blusa o gonna e blusa, con una generosa striscia di carne che si intravedeva ad ogni suo movimento, specie se si curvava, si fletteva sulle gambe’ e poi’ quel reggiseno nella camicetta alquanto trasparente’ la forma delle mutandine che si evidenziava nei jeans, nella gonna’ insomma’ Mafalda mi eccitava sempre più.
Fu quando rimasi solo, perché Carla, i ragazzi e Corinna andarono al mare e io li avrei raggiunto dopo una decina di giorni, al solito posto, nella nostra villetta al Lido.
Come al solito mi organizzavo per consumare un pasto al ristorante e arrangiarmi la sera.
Mafalda mi chiese se doveva venire come gli altri giorni.
‘Certo, anzi sarà lei ad occuparsi di tutto, anche della biancheria’.’
‘E per il mangiare?’
‘Un po’ al ristorante e poi mi aggiusto alla meglio”
‘Niente da fare, ci penso io, e le preparo qualcosa di Portoghese”
Sorrisi e ringraziai.
Era bellissimo, al mattino, quando mi alzavo, vederla già girare per casa, in gonna leggera e blusa ancor più leggera, abbassarsi e alzarsi, mostrarmi le sue gambe snelle e lasciarmi indovinare quello che nascondevano dove si congiungevano.
Canticchiava, e aveva un andare alquanto ancheggiante. Mi faceva trovare caff&egrave, latte, brioches, succo di frutta’
‘Segga, Mafalda, mi faccia compagnia”
Si fermò di colpo, mi guardò, un po’ accaldata, alquanto ansante e i miei occhi andarono subito alle sue tettine che si alzavano e abbassavano’ ah, poterle addentare! Sentii che qualcosa si muoveva impaziente nei pantaloni del pigiama.
‘Posso?’
‘Certo.’
‘Un istante, mi do’ una rassettata, mi lavo le mani”
Sparì per un paio di minuti, al ritorno aveva sistemato i capelli, aveva tolto i guanti di gomma, e appariva splendente, allegra. Notai che aveva dimenticato di chiudere un paio di bottoni della blusa.
Si avvicinò, prese la caffettiera e versò il caff&egrave. Visione veramente stuzzicante quella delle tettine che quasi fuoriuscivano maliziose dal piccolo reggiseno. Si accorse della mia curiosità, mi guardò e sorrise.
Parlammo del tempo, mi chiese se gradivo una cena portoghese, a base di “fata’a na telha” (cefalo nella teglia) e poi avrebbe portato del “queijo de serra”, un formaggio ricavato dal latte di pecora che aveva avuto dal suo paese, insieme a un dolce particolare, barriga de freira (ventre di monaca), proprio come quello che facevano le monache nei monasteri. Al vino avrebbe pensato sempre lei: Santa Valha Branco e Calem de Madeira.
‘D’accordo, Mafalda, a condizione, però, che lei ceni con me. Può?’
‘Sicuro, anche i miei sono fuori, mia suocera ha una casetta al suo paese’.’
‘E lei non c’&egrave andata?’
‘E che, lasciavo lei solo?’
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Proprio la sera che Mafalda aveva preparato, come dice lei, la ‘cena portuguese’, mischiando italiano e la sua lingua, mi sbrigai abbastanza tardi. Acquistai una scatola di gianduiotti, che sapevo piacerle, e dei fiori. Doveva avermi visto dalla finestra, perché non appena l’ascensore si fermò al pianerottolo, aprì la porta e mi salutò sorridendo. Rimasi sorpreso. Indossava una camicetta bianca, molto elegante, su una gonna nera, ed era acconciata alla perfezione, coi lunghi capelli sciolti sulle spalle.
Quasi non la riconoscevo.
Risposi al suo saluto, entrai, le detti cioccolatini e fiori, mi ringraziò con un sorriso splendido, si alzò sulle punte dei piedi e mi baciò sulla guancia.
Appariva più giovane. Dissi che sarei andato a rinfrescarmi.
‘Faccia pure con comodo, signore, se &egrave d’accordo, sarà pronto tra mezz’ora.’
Cercai di ringraziarla nella sua lingua, senza sapere se la frase fosse esatta o meno.
‘Muito bem Maf, obrigado.’
Mi era venuto in mente di chiamarla Maf!
Indossai pantaloni leggeri e camiciola di cotone, calzai sandali. Veramente non ero in linea con l’eleganza di Mafalda, ma sentivo la necessità di essere proprio casual.
Quando entrai nella sala da pranzo, la tavola era bandita con estrema cura ed eleganza, e vi era anche il candeliere con due rosse candele, accese.
Mafalda era raggiante, esultante.
Le andai incontro e le presi le mani, le sollevai.
‘E’ più bella del solito, Mafalda, veramente splendida ed elegante.’
La feci ruotare su sé stessa, lentamente. Fu spontaneo emettere un fischio di ammirazione. Mi guardò con aria maliziosa.
‘Sa come si dice in Portoghese? Che lei mi sta ‘lisonejando’, adulando.’
‘Sto solo constatando.’
C’era qualcosa di diverso nel suo aspetto, nella forma del seno. La guardai fissamente, mi sorrise e si allontanò, dicendomi che potevo mettermi a tavola, avrebbe servito subito.
Tornò subito dopo, con la teglia dove aveva preparato il cefalo. La pose sulla tavola, prese parte del pesce e lo mise nel mio piatto. L’odore era invitante, appetitoso. Si era chinata un po’, per servire, e la blusa, non completamente abbottonata, mi svelò la ‘versità’ del suo aspetto, del suo seno: non indossava il reggipetto, si vedevano, chiaramente, due belle e polpose tette, non molto grosse e ben sostenute. Si scorgeva l’areola, il capezzolo. E la reazione in me fu immediata’ per fortuna ero seduto!
Mi complimentai per la squisitezza e raffinatezza del cibo.
‘Oltre ad essere lei’ deliziosa’ lo &egrave anche quanto ha preparato’ senza parlare’ del resto!’
Rimase con la forchetta a mezz’aria, mi guardò sorpresa.
‘Quale ‘resto’?’
‘La graditissima sorpresa”
‘Del cibo portoghese?’
‘Di lei, Mafalda, del suo vestire, dell’aver liberato le sue avvenenze dalla quotidiana prigionia”
Mi guardò perplessa. Annuii.
‘Certo, Mafalda, il reggiseno nasconde il dono che la natura le ha prodigato.’
Avvampò, portò istintivamente una mano sul petto’
‘Non voglio metterla a disagio’ &egrave molto bella, Mafalda’.’
‘Si’ alla mia età’ dopo due figli”
‘Mi lasci dire che moltissime ventenni vorrebbero essere come lei’ Lo sa che, in un certo senso, invidio suo marito?’
‘La prego, non mi prenda in giro”
Lasciai cadere la conversazione, mi interessai a resto della cena, e la gustai, fino in fondo, ma gli occhi cercavano di frugare ogni suo movimento, specie quando si alzava, si chinava, camminava. Certo che se il tondo sederino che s’intravedeva sotto la gonna era della stessa’ qualità’ delle tette’. E l’eccitazione diveniva sempre più imperiosa’
Ero a disagio, non sapevo come comportarmi, inoltre, Mafalda era sempre più premurosa e carina nei miei confronti. Aveva certamente capito il mio particolare interesse, la mia ammirazione e il mio apprezzamento per lei e credo che non le fosse sfuggita la manifestazione della mia incontrollabile eccitazione. Forse ciò lusingava la sua femminilità, e lei era ben consapevole degli effetti del suo sex appeal.
A fine cena, mi suggerì di sedere sul divano, avrebbe portato il caff&egrave.
Infatti, dopo poco venne con le due tazzine, si chinò per porgermene una. Blusa ancora più scollata, tette generosamente in mostra ed ebbi la sicurezza che i capezzoli erano fortemente turgidi, rigogliosi. Fui pervaso da un brivido, dalla smania di pizzicarli, ciucciarli, mordicchiarli’
Rimase di fronte a me, in piedi, mentre prendevamo il caff&egrave. Mi sembrava fiutare il profumo della sua femminilità, quello che gli inglesi chiamano ‘scent’, e in quel momento cercai di ricordare la parola portoghese, credo sia ‘cheiro’, ‘cheiro de f&egravemea’. Aspirai profondamente. Le porsi la tazzina vuota, la mise sul tavolino, accanto alla sua. Le presi la mano, la attirai a me, con dolce decisione. Non poté che sedere sulle mie gambe. Mi guardò più esitante che sorpresa. L’abbracciai, la baciai sulla bocca, appassionatamente, cercai di infilare la mia lingua tra le sue labbra, indugiò un momento, poi le sentii dischiudere e quando le due lingue si incontrarono si cercarono e intrecciarono freneticamente. Le sue mani mi carezzavano la nuca’ le mie erano impazienti, desiderose’ non sapevano come comportarsi. Era troppo vicino il suo seno. Una mano s’infilò facilmente nella blusa, carezzò una tetta con sensualità, le dita strinsero il capezzolo’ sentii le sue deliziose natiche irrigidirsi e quasi stringere il fardello che i miei pantaloni non riuscivano a contenere’. Fu naturale introdurre l’altra mano sotto la gonna, frugare tra le sue gambe’. Sentii la seta delle mutandine, ma soprattutto quanto fossero bagnate, là, tra le gambe che s’erano appena dischiuse. Sentivo la morbidezza dei riccioli del pube, che contornavano il suo sesso’. E soprattutto sentivo le sue natiche che mi facevano impazzire’
Eramo presi da un bacio travolgente, ed entrambi in preda a un desiderio trascinante’
Mafalda sussultava’avevo afferrato la pattina delle sue mutandine e, con nervosismo, cercavo di tirarle giù, di sfilarle’ alzò un momento il sedere per facilitare la manovra, senza che le bocche si separassero’ Via le inutili mutandine’ Come era liscio il suo ventre! Liscio e piatto, ma sobbalzava’ le sue gambe erano ben aperte, la mano era tra le grandi labbra, di taglio’ poi fu la volta di un dito’ era bagnatissima, e se non fosse per la vischiosità di quanto impiastrava i suoi peli, le sue gambe, si sarebbe potuto pensare a una perdita vescicale, tanto era abbondante.
La presi delicatamente per i fianchi e la feci alzare, in piedi’ riuscii a slacciare la gonna, a farla cadere sul pavimento. Era seminuda, di fronte a me, solo il seno era nella sua blusa semiaperta. Ancora pochi gesti affrettati, delle mie dita bagnate e impazienti, e anche la blusa raggiunse la gonna.
Era meravigliosamente, incantevolmente nuda, di fronte a me, con occhi splendenti, labbra rosse, semiaperte, narici frementi, capelli sciolti.
Non era molto alta, no, ma era perfetta. Gli occhi, cupidi, la percorsero da capo a piedi, si fermarono sullo scuro triangolo che, folto e riccioluto, adornava il suo grembo e nascondeva lo scrigno voluttuoso che avevo appena e rapidamente sfiorato.
‘Quanti riccioli, Maf’. Sei bellissima”
Mi sorrise dolcemente, estasiata’
‘Bucata peluda”
La guardai interrogativamente.
Si chinò con la bocca al mio orecchio.
‘Fica pelosa’ si dice così?’
Mi mordicchiò il lobo, con la lingua lo lambì, si rialzò con aria incantata’
La mia testa era all’altezza del suo grembo. Le afferrai le natiche, belle, tonde, sode, la avvicinai a me’ tuffai la testa tra le sue gambe che si dischiusero ancora, la lingua assaggiò il sapore dei suoi fluidi inebrianti, incontrò il fremito agitato del clitoride, lo sfiorò golosamente, le labbra lo strinsero appena, lo ciucciarono delicatamente’ le mani di Mafalda erano tra i miei capelli, senza pace, si muovevano nervosamente, sentivo l’incalzare del sussulto del suo ventre’ la lingua sfiorò le piccole labbra, assaporarono l’agro-dolce di cui erano cosparse, s’intrufolò, decisa, girò intorno, cominciò a fare un sempre più incalzante dentro-fuori’ Mafalda gemeva’ la vagina stillava sempre di più’ si afferrò alla mia testa, con forza, sentivo che stava per cadere, con le mani la sostenni sotto le natiche che seguitavano a muoversi, sempre più agitatamente’. Venne pervasa e travolta da un fremito crescente, da un orgasmo di cui non avevo conoscenza’ e’ mi cadde addosso’. La mia bocca si trovò con capezzolo tra le labbra, e lo succhiai avidamente’
Temevo che da un momento all’altro, malgrado la mia capacità di controllare certe reazioni, nei pantaloni sarebbe accaduto quanto prevedibile’
Rimase così, quasi svenuta’ poi sentii che respirava profondamente, fu scossa da un fremito, alzò la testa, sedette a cavallo delle mie gambe’ mi guardò, con ogni incantati, estatici’ Parlava a fatica, con voce roca’ parole staccate’
‘Chiedo scusa’. Non m’era capitato mai’ scusa’ che figura’ che figura”
Gli occhi le si riempirono di lacrime. La carezzai dolcemente lungo la schiena’ il sedere’ La guardai con cupidigia.
‘Tu vieni dalla ‘boca do inferno’, ma io ho baciato ‘o port’o do para’so’, la porta del paradiso”
Mafalda alzò un po’ il suo splendido e appetitoso sedere, con la mano, rapidamente, abbassò lo zip dei pantaloni, s’intrufolò nel boxer’ lo afferrò’ e ‘lui’ balzò fuori turgido e gagliardo’
Mafalda si alzò completamente in piedi, slacciò la mia cintura, con gesti precisi afferrò contemporaneamente pantaloni e boxer, li tirò giù, io mi sollevai appena, li sfilò del tutto. Il mio sesso svettava orgoglioso e superbo e mi sembrava più gagliardo del solito, ero riuscito a non farlo giungere al previsto epilogo.
Mafalda lo afferrò con tenerezza, lo guardò, alzò gli occhi verso me.
‘Questo &egrave un angelo, un vero angelo, e O para’so é a casa de um agel’ ‘ mettiamolo a casa sua’.’
Allargò le gambe, una a destra e una a sinistra delle mie, afferrò il mio fallo e tenendolo ben saldo, si abbassò lentamente’ sentii il contatto del mio glande con le grandi labbra, con l’umido mucoso delle piccole, dell’ingresso fremente della vagina’ dio com’era stretta, ma la discesa voluttuosa proseguì, sembrava interminabile’ le pareti della vagina ‘lo’ accoglievano si stringevano intorno ad esso’ non avevo mai avuto la sensazione che lo avessi così lungo e che una vagina, la vagina di un donnino come Mafalda potesse accoglierne tanto’ ecco’ però’ avevo toccato il fondo’ accolto da una carezza di quel fondo caldo e palpitante’ le afferrai le tette’ la vagina reagì con una meravigliosa contrazione’ lei aveva gettato la testa indietro, chiusi gli occhi, le labbra semiaperte, un lungo gemito roco’
Una cavalcata dapprima lenta, poi sempre più impetuosa’ accanita’ entusiasta’ e delle violente contrazioni che cominciarono a mungermi, strizzarmi, golosamente, era di nuovo travolta da un orgasmo ancora più sconvolgente del precedente, stava quasi per’ quando le dighe delle mie seminali si schiuseo e un fiotto caldo, robusto e generoso come non mai, la invase, si sparpagliò dovunque, cominciò a colare fuori’
Si avvinghiò a me’
‘O mio dio’. Que porra!…. che’. Che scopata!’
Quando riuscimmo a ritornare un po’ in noi, si allontanò lentamente, strisciando sulle mie cosce. Si alzò in piedi, lo feci anche io, la sollevai sulle braccia, si avvinghiò al collo, la portai nella camera da letto, la deposi sul letto.
Veramente splendida, sorridente, raggiante.
Chinai il volto sul suo pube, la guancia sfiorò la selva dei suoi folti riccioli nerissimi. Mi sembrò che si muovessero, come se avessero vita propria, come se volessero carezzare la mia gota. Una sensazione incredibile, indescrivibile.
Senza spostarmi, rivolsi lo sguardo verso lei.
‘Si muovono, Maf, si muovono”
Mi carezzò la testa.
‘E’ tutto il mio grembo a muoversi, a fremere’.’
La baciai appassionatamente, là’ proprio là’. Mi sollevai.
Mi tese le braccia, allargò del tutto le gambe, alzò le ginocchia, posò i talloni sul letto.
Che visione. Incredibile. Il suo sesso era come un gioiello rosa tra lo scuro delle grandi labbra contornate dagli eccitanti riccioli che vivevano di vita propria.
Non avrei mai pensato che Mafalda fosse così bella, e così invitante, disinibita.
Mi posi tra le sue gambe. Mi guardò, annuì, più volte.
Poggiai il glande all’orificio della vagina, mi sembrò che le piccole labbra lo baciassero, lo suggessero, iniziai a penetrarla. Sempre deliziosamente stretta, ma la linfa del nostro precedente incontro l’avevano resa più accessibile. Le contrazioni stringevano il mio fallo, e nel contempo lo invitavano a procedere’ e di nuovo raggiunsi il limite, in lei. Incrociò le gambe sulla mia schiena, inarcò il bacino malgrado non potessi andare maggiormente in fondo’
Cominciai a stantuffare, dapprima lentamente, assecondato dai sui esperti e voluttuosi movimenti, mi stava letteralmente mungendo, e nel contempo gemeva’. Sempre più forte’ ed io sempre più speditamente, con movimenti lunghi, decisi’ fin quando non cominciò il suo eccitamento travolgente ed ecco quel suo impetuoso e trascinante orgasmo che s’acquetò, solo un istante, per riprendere, con maggior energia, quando la invasi col caldo spargimento del mio seme, ancora inaspettatamente copioso.
Giacemmo a lungo, stremati, io continuamente in lei che sentivo lentamente attenuarsi le lascive contrazioni del suo sesso, ed altresì piano piano decrescere l’eccitazione del mio fallo. Era meraviglioso restare così. Ad un tratto pensai che non avevo preso alcuna precauzione.
La baciai sulle labbra, le carezzai il volto, alzai un po’ la testa e la guardai nei suoi occhi sfavillanti. Mi sembrava appagata; come lo ero io, del resto. Un sorriso estasiato le allietava il volto.
‘Sei meravigliosa, Maf’. grandiosa’ stupenda!’
‘Sei tu meraviglioso, o ‘nico homem eu posso nomear o homem’ sì, l’unico uomo che posso chiamare uomo’.’
Il glande era ancora in lei, sentii la sua contrazione.
La guardai ancora.
‘Maf’ scusa’ ma’ tu prendi’ la pillola?’
Scosse la testa, disinvoltamente, spensieratamente’
‘No’ non prendo niente”
La seguitai a guardare, forse con una certa preoccupazione.
‘Allora, Maf?’
‘Seja feito o desejo de Deus’ sia fatta la volontà di Dio!’
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