Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Sogno premonitore

By 27 Ottobre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

MARCEL:
I suoi occhi spaziavano lentamente sugli affreschi e gli elementi architettonici della Cattedrale. Ricorreva alle giovanili nozioni di Storia dell’arte per tenere occupata la mente. La scusa, ipocrita, erano i voli pindarici e le ardite metafore del giovane officiante che commentava le letture del Vangelo. Se avesse vista l’espressione soddisfatta sul volto del maturo predicatore e soprattutto se avesse ascoltato le parole avrebbe trovato la sua logica stringente e il suo calore nella confortante veste nuova del giovane prete. Ma la ragione della sua disattenzione era alcune fila più avanti: aveva riconosciuta la silhouette di Chiara, la studentessa di cui si era invaghito. Rinchiuso nella fortezza che la fedele moglie e gli adorati figli rappresentavano in quel luogo sacro, ricordava come l’interesse per l’acutezza delle osservazioni di Chiara al suo corso di etica, avevano ben presto lasciato il campo a ben altri desideri. Era successo durante la lezione sull’utilitarismo di Bentham e Sidgwick, Lei , sempre in prima fila, lo stava seguendo con occhi attenti. Era più truccata del solito, forse in procinto di andare a una festa, e mascara e il fard enfatizzavano i luminosi occhi verde- azzurri, il mare in cui si accorse all’improvviso di voler naufragare. Il volto solare irradiava gioia di vivere, i lineamenti perfetti lo lasciarono basito, gli ricordavano il beato Angelico. Per tutta la lezione I suoi occhi non smisero di cercarla di fissarla di accarezzare la sua figura. Ora era lì in chiesa, con il fidanzato. Il pensiero di Lui lo infastidì oltre misura, in modo innaturale. Le cose precipitarono quando rassicurato dalla presenza dei familiari si lasciò andare a seguire la corrente dei desideri che travolse le fragili difese. Così si accorse di voler abbracciare quel sedere a cuore rovesciato, di togliere il vestito che ne esaltava la forma, abbassare il perizoma e baciare quella Venere callipigia. Era semplicemente il più bel sedere che avesse contemplato. Avrebbe voluto sentire la consistenza e la morbidezza delle natiche marmoree, perfettamente saldate lungo il vallo anale, e solleticare con la lingua le pieghe dell’elastico perineo , immergerla fino a farla in quel meraviglioso buco nero e poi, con il perizoma a metà gambe , voltarla , esporla in modo osceno , concupiscente alla gente, quasi a sottolineare il suo possesso, scostare come un sipario con la lingua le grandi labbra carnose e delicate e mentre il dito accarezzava il bottoncino in modo circolare, solleticare il turgido clitoride, preziosa perla di quella paradisiaca orchidea. Poi come un sommozzatore impaziente immergersi in quei meravigliosi fondali rosa, esplorarne ogni pertugio con la lingua lasciando che le papille gustative scomponessero l’arcobaleno delle sensazioni del dolce nettare che irroravano le pareti vaginali, mentre le narici si saturavano con gli l’afrore di muschio acidulo. A quel punto la violenta erezione lo riportò alla realtà, provò vergogna per i familiari e il luogo in cui si trovava e , chiedendo permesso, si fiondò a confessarsi. Quando dopo l’assoluzione, declamò l’atto di dolore ‘mio Dio mi pento e mi dolgo on tutto il cuore..’ aveva riacquistato il suo tradizionale aplombe; per cui la capitolazione fu ancora più improvvisa e totale quando uscendo dal confessionale sentì la voce di Chiara confessare in un tono volutamente alto, nell’altro banco del confessionale la sua passione per il professore di etica. La confessione lo investì con la forza di uno tsunami. Lei provava le stesse sensazioni. In un lampo ripensò alla volte in cui finita la lezione, dietro le tendine della finestra della stanza aveva sbirciato nel cortile alla ricerca di quella ragazza, della gioia infantile e ridicola, che provava nel vederla. Si ricordò di come aveva chiesto alla segretaria del dipartimento di avere l’indirizzo di quella ragazza, tranquillizzandola e spazzandone i dubbi con la necessità di convocarla per regolarizzare un , fantomatico, verbale di esame. In realtà, come il Benjamin Braddock de il Laureato (film che dorava) si era recato in macchina a casa sua, sbirciando il giardino di casa nella speranza, vana, di vederla apparire: la sua assenza a lezione lo aveva messo nel panico e più volte aveva interrotto e perso il filo del discorso tanto da scusarsi con gli studenti. Lei quindi lo desiderava’ritornò con un tumulto nel cuore al posto. Finita la cerimonia, come uno zombie, trascorse la domenica, il pranzo con i parenti, lo spettacolo in tv e poi il ripasso nel suo studio. Qui nel silenzio complice si abbandonò all’onda delle sensazioni e dei desideri, la cui natura era testimoniata dalla sua erezione. Pregustava l’incontro a lezione del giorno successivo.
Se invece del rigore cartesiano dei studi avesse coltivata la caotica vitalità delle emozioni, avrebbe saputo che L’indomani non si sarebbe fatta vedere a lezione. In preda a un’ansia spasmodica in un vero e proprio stato febbrile si recò in macchina nei pressi dell’abitazione. Chiara, con precisione svizzera era sul marciapiedi ad attenderlo. Nella stupidità tipica del maschio non si era accorto, per la sua goffaggine, che ogni suo gesto non sera passato inosservato: Chiara si era accorta degli sguardi dalla finestra della macchina che aveva sostato nei pressi di casa e grazie alla genialità femminile della sintesi sapeva che si sarebbe fiondato come fece. L’auto accostò. Lei apri lo sportello ed entrando disse dove andare’

CHIARA
Chiuse lo sportello, si voltò verso il suo professore, ed accennò un
sorriso, con le labbra ed i grandi occhi chiari. Marcel rispose a quella
dolcezza, le prese la mano e la baciò, dolcemente, portandola sulle sue
guancie.
“Andiamo?” chiese la ragazza, rompendo il silenzio.
“Ovunque tu voglia” rispose il docente.
“lascio fare a lei, Prof!” disse, facendo l’occhiolino.
La macchina si mise in moto e partirono, uscendo dalla città.
Non chiedeva dove stessero andando, riponeva cieca fiducia in quell’uomo,
nonostante, praticamente, non lo conoscesse.
Portò il braccio lateralmente, verso il sedile condudente, carezzando con la
mano il capo di Marcel, solleticando l’orecchio, sfiorando il collo, mentre
egli, dopo un breve passaggio dalla leva del cambio alla gamba della ragazza,
con la mano destra scaldava il ginocchio, e risaliva su, fino a metà coscia,
solleticando con le dita la pelle soffice e liscia. Spesso e pericolosamente lo
sguardo del professore abbandonava la carreggiata per immergersi nell’azzurro
di quegli occhi, beandosi della dolcezza di quel volto, pregustando l’odore di
quella pelle, l’espressione di piacere di quel viso, il sapore di quel giovane
fiore. Testimone dei suoi pensieri la potente erezione, facilmente visibile da
sopra la stoffa dei pantaloni.
Chiara si slacciò la cintura di sicurezza, si portò col busto verso Marcel,
toccando la sua spalla con il seno. Avvicinò la bocca all’orecchio, cominciò a
leccarlo, a mordicchiarlo, mentre con la mano destra sbottonava i pantaloni,
liberando il bramato membro dalla stretta morsa dei jeans. Intrufolò la mano,
oltre i boxer, tastando con meraviglia una verga già turgida e pulsante,
piacevolmente stupita di non averne mai viste di così prestanti. Iniziò una
lenta sega lungo l’asta del membro, mentre col pollice, arrivata in cima,
stimolava il glande, e poi di nuovo giù verso i testicoli. Il respiro di Marcel
si faceva più pesante, dal collo, Chiara sentiva il suo battito accelerare.
Allora si abbassò, guardò il suo docente dal basso, e con ancora gli occhi
fissi su di lui, ingoiò tutto il suo cazzo.
“Mmmmmm! Oddio, Chiara, attenti alla mia salute, bambina, non dimenticare che
ho la mia età!” disse sorridendo.
Rispose al sorriso con gli occhi, e continuò il suo lavoro. Lo baciò,
ovunque, sul glande e poi in tutta l’asta, lo carezzò con la lingua,
lasciandolo lucido di saliva, ed infine lo infilò tutto in bocca, accogliendolo
in quella calda culla. Succhiava quel possente membro, lo segava con le labbra,
rendendolo più duro e pulsante ad ogni affondo.
Marcel respirava profondamente, mugolava ogni qual volta, dopo un sapiente
massaggio con la lingua, la bocca di Chiara scendeva sull’asta, avvolgendo per
intero il suo pene.
Più volte si trattenne dal venire, pregando la sua alunna di rallentare il
ritmo. Ma quando ella si rialzò, continuando il lavoro solamente con la mano,
portandosi vicino al suo orecchio e gli sussurrò “Ti voglio…”, si rese conto
che non avrebbe potuto resistere più a lungo a quel dolcissimo bocchino. Notò
la fortuita uascita di un’area di servizio… uscì, e cercò velocemente il
posto più riservato. Spense immediatamente il motore, slacciò la cintura di
sicurezza e Chiara, abilmente, scavalcò la leva del cambio ed il freno a mano,
sedendosi a cavalcioni su di lui.
Si guardarono, dritti negli occhi, ed infine si abbandonarono ad un
lunghissimo ed appasionante bacio. Dolcezza, passione, voglia, desiderio, si
fondevano in un mix esplosivo, mentre le mani di entrambi cercavano ed
accarezzavano l’altrui corpo. Chiara sbottonava la camicia di Marcel, giocando
con la peluria del suo petto, ed egli teneva il capo della sua allieva, con il
pollice giocava col suo orecchio, facendo scivolare le dita tra i suoi capelli.
Poi toccò alla sua camicia, la sbottonò, scoprendo due seni sodi e perfetti,
nascosti da un sobrio reggiseno nero, che ne esaltava le forme. Da dietro la
chiena di lei, lo slacciò, lasciando che le rotondità si mostrassero in tutto
il loro splendore. Ci si fiondò con la bocca, leccando e mordicchiando i già
turgidi capezzoli, massaggiando con la mano la loro giovane morbidezza. Chiara
afferrava la testa del suo professore, spingendola verso il suo petto, le dita
scivolavano tra i capelli, carezzando il capo, godendo sulla pelle nuda
dell’umidità dei suoi baci, smorzati dal calore del suo alito. Dal seno la
bocca di Marcel risaliva, sulle labbra dell’amata allieva, riprendendo il
profondo bacio, mentre con la mano, alzava i bordi della gonna, insinuandosi
dentro essa e cercando le mutandine. L’eccitazione aumentò ulteriormente
quando, sulle sue dita, sentì la stoffa già bagnata dei suoi umori. La scostò e
con l’indice passò sulle grandi labbra, arrivando al clitoride, approfondandosi
a livello di quest’utimo nelle piccole labbra, e tornando indietro, verso il
punto più bagnato. Bastò una lievissima pressione perchè le prime due falangi
entrasserò facilmente in quel caldo lago.. Chiara mugolò per la piacevole
intrusione. I suoi occhi, chiusi, testimoniavano quanto già godesse, anche solo
con l’aiuto di un dito.
A questo se ne aggiunse un altro, che si spinse più in profondità, e cominciò
un dolce ditalino. Dunque le estrasse, le portò al viso, le annusò e le leccò,
porgendole poi a Chiara, che fece lo stesso, succhiandole, assaggiando i suoi
umori.
Allora si alzò leggermente, impugnò con la mano il membro del docente,
posizionò il glande sull’entrata della stretta fighetta e si abbassò di nuovo,
cosicchè esso entrasse completamente. Gemetterò entrambi quando il pene arrivò
in fondo, toccando il collo dell’utero, allargando le strette pareti vaginali
aiutato dall’abbondante lubrificazione.
“Mmm! Meraviglioso!” Commentò Chiara.
“Meravigliosa!” rispose Marcel, passando il pollice sulle labbra
dell’alunna.
Cominciarono una lenta cavalcata, il ritmo era calmo ma costante, consentendo
a Marcel di sentire il suo membro venire avvolto dalla calde pareti, e poi
uscire.. e di nuovo, affondando nelle sue carni e tornare fuori. Chiara, una
volta appoggiata con la schiena al volante, adesso si spostava verso Marcel. Le
bocche si cercavano, le lingue si intrecciavano, mentre gemiti ed ansimi
sommessi riempivano l’abitacolo della macchina. Le mani del professore corsero
lungo il corpo snello, fino ai fianchi, afferrando i bacino ed imponendo un
ritmo più serrato. Con Le braccia sulle spalle di Marcel, la fanciulla si
adeguava a quel ritmo veloce, aumentandolo ulteriormente non appena si sentì
prossima al culmine del piacere. Anche il professore, già provato dal bocchino,
si rese conto che non sarebbe stato in grado di trattenersi oltre.
“Vieni, riempimi, ti prego… voglio venire sentendomi riempita dal tuo seme”
disse Chiara con voce rotta dal piacere.
“Vieni con me allora…” .
Marcel bloccò il bacino della ragazza, continuando la penetrazione con veloci
movimenti del suo pube finchè L’orgasmo non sopraggiunse, per entrambi, con
lunghi gemiti e profondi respiri. Chiara, sfinita, appoggiò la sua testa sulle
spalle di Marcel, il quale, abbracciandola, la portò più vicina a se, affinche
i seni non toccassero il sudato petto.
Con le mani accarezzava la magra schiena, dal culetto fino al capo..
solleticava la nuca, giocando con i capelli. Spostando il viso verso di lei,
trovò la sua bocca, ancora ansimante, la baciò, dolcemente, lentamente,
mordicchiando le sue labbra e succhiando la sua lingua, mentre, più in basso,
sentiva il suo membro ancora turgido..
Scostò i capelli che le coprivano il viso sudato, ammirando nei suoi grandi
occhi azzurri un’espressione felice ed appagata.
“Non abbiamo finito per oggi Tesoro..” disse Marcel con un sorriso beffardo.
“Benissimo prof! Non chiedo altro!” Rispose maliziosa la ragazza…

MARCEL:
Contemplava quella creatura meravigliosa, Chiara, che lo aveva fatto sentire ancora vivo e fatto provare una gioia così intensa come raramente gli era accaduto in precedenza. Questo stato di beatitudine venne trafitto come la coltre di nebbia dai raggi del sole, da un suono, che inizialmente lontano si faceva sempre chiaro e distinto: alla fine realizzò, era la sveglia! Si ritrovò , madido di sudore, sempre più deluso, nel suo letto. Accanto a lui, ignaro giaceva il corpo addormentato di sua moglie; realizzòi con crescente delusione di aver soltanto sognato. Quel corpo sublime, dai tratti concupiscenti, quella bocca che aveva deliziato il suo membro e sparso adrenalina nel corpo era solo una proiezione del suo subconscio. Eppure era stato così appagante, coinvolgente, aveva sentito i suoi odori, baciato quelle calde labbra, sottili e delicate, provato quel piacere così intenso mai sperimentato prima. Niente! Tutto cancellato, effimera illusione le macchie di sperma sul pigiama, una polluzione notturna indotta dal desiderio. GAME-OVER’Avrà anche ragione Pirandello, ma per quanto il sogno avesse una sua forza non aveva fatto l’amore con Chiara, la sua (ahimè solo in sogno) Chiara. Si alzò a fatica, controvoglia. Dopo le abluzioni mattutine, più veloci del solito, preparò, come al solito, la colazione per tutti: Poi con metodo le medicine per la suocera inferma, il mangiare per il Labrador che scodinzolava festoso in giardino: l’unico desiderio in quella casa che sarebbe diventato realtà!. Salutò con un bacio, distratto e superficialesua moglie, un’occhiata alle figlie echiuse la porta alle spalle: Inalò a pieni polmoni l’ariaa fersca e pulita del mattino e si incamminò al treno. Evitòil solito vagone, non aveva voglia di parlare con nessuno: oggi non aveva senso il campionato, il governo o l’ennesima riforma universitaria. Niente poteva più giovare a niente: voleva stare con se stesso per fare il punto e distillare in modo solitario per metabolizzare la delusione. C’era poco da capire, se non prendere atto che era innamorato come un adolescente di quella studentessa, ma che dico di quell’Angelo, ma Lei sicuramente non era interessata
Scese meccanicamente alla stazione dell’università si incamminò verso il suo ufficio, non prestòi ascolto ai commenti degli studenti su quel prof. che fa domande astruse all’esame, alle macchiette caricaturali in cui si focalizzano sui tic degli insegnanti, all’assurdità della limitazione degli appelli ecc. rispose meccanicamente ai saluti dei suoistudenti e voltai l’angolo per entrare nell’edificio in cui si trovava la mia stanza’da oggi il suo sepolcro, in cui seppellire l’intensa gioia e la delusione provate. Rimase senza fiato quando glii comparve Lei, Chiara, sorridente, solare’gli apparve luminosa, una creatura paradisiaca e come se le mura e il resto sparissero, era ormai in preda a un delirio, la vedeva avvolta in un alone di luce ed esisteva solo lei, gli sorrise, glii dette un biglietto in cui c’era scritto ‘buon compleanno , se la mia vita fosse il cielo tu saresti la stella più luminosa per sempre l’unica!’. Confusamente si ricordò che quello era il mio compleanno, realizzò lentamente il senso del messaggio, erano appena entrati nell’atrio, in un angolo nascosto alla vista, che Chiara li baciò con trasporto, sussurrando all’orecchio ‘Sono pazza di te’. Il suo sogno diventava realtà. Le forti emozioni non creavano in lui uno stato di ansia o di iperattività piuttosto lo teletrasportavano in una specie di Nirvana quasi un’afasia emozionale. Prese l’ascensore con Chiara e colleghi fermandosi al secondo piano. Chiara lo seguiva a un passo di distanza , ma appena furono entrati nel suo ufficio personale, Lei richiuse a chiave, lo abbracciò baciandolo con grande, troppo trasporto. La lingua ebbe l’effetto di una scarica elettrica, come in certi telefilm le piastre rianimano il paziente, quella lingua infuse vitalità a Marcel. Si accorse che non era un bacio normale da amanti, ma Chiara sempre più risoluta guidava il gioco. Gli intimò di sedersi mentre Lei appoggiata alla porta si lasciava cadere ai piedi la gonna che allontanò con un calcio e con delicatezza, dilatando l’elastico con le dita si abbassò il perizoma, sfilandolo dalle caviglie. Offrì la visione della sua stupenda intimità, lasciando ammirare il corpo slanciato e sinuoso e le gambe affusolate che, Marcel avrebbe voluto percorrere con la lingua. Chiara lanciò il perizoma all’amante invitandolo a deliziarsi con i suoi odori poi dopo essersi umettata il dito, cominciò a deliziare con movimenti circolari il clitoride e infine quando si stava imperlando della sua rugiada, immerse nella vagina le dita aumentandone progressivamente il numero. Quella danza d’amore cominciava a produrre i suoi effetti, il volto di Chiara era sempre più segnato dal piacere, il petto si stava sollevando con maggiore frequenza e il respiro diventava affannoso e sospiri rotolavano arrochiti dalla bocca, spalancata. Ma era ancora presente a se stessa, si bloccò dicendo a Marcel ‘leccami’! e quando lui si inchinò sollevò la coscia sinistra ponendola sulle spalle del suo amante così da favorire la penetrazione. Gli effluvi colpirono le narici, mentre le gote si deliziavano con la delicatezza dell’epidermide e mentre le dita accarezzavano i perineo anale, la lingua saettava con vigore e maestria dentro la pareti rosacee, roteando avidamente. Gli umori di Chiara imperlavano la lingua che alternava direzioni e movimenti con l’impazienza e la gioia di un bambino in un grande magazzino di giocattoli. Quando sigillò con la bocca il sesso della studentessa aspirando con forza l’orgasmo irruppe all’improvviso squassando il petto di Chiara!. Marcel si rialzò, prese in braccio La ragazza e la depose sulla scrivania appoggiandosi le cosce sulle spalle. I tesori di Chiara erano esposti, indifesi, oscenamente invitanti, le grandi labbra erano imperlate di umori e saliva , mentre il perineo era contratto per le decise masturbazioni. Marcel dedicò al buchetto anale le sue attenzioni, la lingua stirava le increspature, rilassando i muscoli contratti che lasciavano ormai penetrare dalla punta. L’iniziale ritrosia dovuta all’inesperienza per i dinieghi coniugali e al timore igienico, lasciarono lo spazio alla gioiosa sorpresa di notare quanto fosse delicata quella carne e quanto ne fosse piacevole il sapore. All’improvvisò si rialzò e sfoderato il membro penetrò l’ano con brutalità. Un’espressione di dolorosa sorpresa si dipinse sul volto sentendosi umiliata; strinse le labbra per soffocare le urla di dolore. Non poteva decifrare le sensazioni di Marcel: non solo voleva riaffermare il suo dominio di maschio, gioia effimera, quando era arrabbiato perché le difese che alimentavano la sua etica dei rapporti fra professore e allieve erano tutt’altro che solide difese, erano miseramente crollate più velocemente della mura di Gerico. La ripetizione di quei gesti d’amore per cui il suo corpo era stupendamente costruito, la delicatezza di Marcel in cui, sbollita rapidamente la rabbia, si faceva largo un sentimento che non provava da tempo cominciarono a produrre i loro effetti: il dolore scomparve, i muscoli accomodarono nel retto il pene avvolgendolo in una calda guaina che si adattava alla sua forma. Le leggere contrazioni dei muscoli anali, aumentavano a dismisura il piacere del professore, anche se l’iniziativa era di nuovo e definitivamente nelle mani di Chiara; sentendo avvicinarsi il momento dell’orgasmo di Marcel, lei si liberò del pene lo fece sedere e si impalò con la vagina, modulando frequenza e angolazioni dell’amplesso. Quando strinse il volto di Marcel fra le mani e la sua lingua si aprì la strada fra le labbra, si resero conto che non era più sesso da entrambe le parti. Non si fermò nemmeno quando i fiotti di sperma inondarono il suo utero e continuò fino a quando non terminarono: poi, dopo che lo sperma si fu depositato in grembo, si accucciò prese in bocca il pene e con estrema delicatezza asperse ogni piccola goccia del prezioso liquido e si depose in grembo a Marcel, quasi a ricordare vagamente la Pietà michelangiolesca. Il gesto ‘materno’ di accarezzare delicatamente il volto del professore e il bacio delicato, innamorato in risposta rivelarono i veri sentimenti che stavano ormai albergando nei loro cuori!

Leave a Reply