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Sono una troia ma non mi piace sentirmelo dire.

By 3 Novembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Una casa grande, in periferia, dove gli ultimi edifici si mescolano ai prati. Ce ne sono di peggiori di palazzi qui intorno, è un casermone ma già anni settanta. All’ultimo piano, a destra e sinistra dell’edificio il rialzo di un piano, in ciascuno un appartamento con terrazzo. Uno è vuoto, da sempre. Una contestazione con il Comune per qualche ragione ignota ai più. Sul terrazzo dell’altro c’è una donna , formosetta e non troppo alta. E’ sui trent’anni, non male quando una ruga profonda non le deturpa la fronte accompagnata da una luce troppo dura e fredda degli occhi. Si chiama Gina.

Una bella giornata dopo il temporale di questa notte. Mi guardo intorno soddisfatta. La terrazza, grande quanto il resto dell’appartamento all’ultimo piano finalmente è pulita, la ho liberata da frasche e pozze. Ho scoperto in me le qualità della perfetta donna di casa quando ci sono venuta a stare, qui, a casa mia…una casa che nessuno potrà togliermi finché campo. Me la ha lasciata in eredità mio zio, poi passerà ad un ordine di preti, ma se vogliono quel terreno devono mantenermi qui vita natural durante pagando tutto loro, tasse e spese comprese. L’avvocato mi ha anche spiegato il perchè ci tengano a quel terreno e lo zio, pur di fare un dispetto a papà, suo cognato, ha lasciato a me questo appartamento in questo modo bislacco perchè nessuno possa portarmelo via. Mi conosceva bene lo zio. Piccolo, ma ci sto, ci stiamo bene anzi Mario ed io. Quando però c’è Mario, che spesso è via per lavoro. Vende piastrelle, è così che ci siamo conosciuti, alle quattro del pomeriggio di un venerdì. Due anni fa o quasi. Voleva vendermi delle piastrelle. Ci ha piantato le tende fin da quel pomeriggio. Son quattro giorni, da quando è partito per il suo solito giro, i clienti della Emilia questa volta, che lavoro come una schiava ma finalmente la casa brilla, vetri e lampadari compresi, il lavoro di casa che amo di meno. Il tempo di una doccia e poi mi riposo, cioè comincio ad annoiarmi. Non sono neppure le otto e mezza, sarà una giornata lunga in attesa del ritorno del mio uomo. A lui frega poco che la casa sia in ordine ma frega a me. Il pomeriggio prima di partire mi ha scopata come mai prima, a quel che ricordo almeno. Ho persino gridato. Non succedeva più da quando ero una ragazzetta, e non con lui ovviamente, con quell’altro figlio di troia. Anche Mario è un gran figlio di troia…mi innamoro solo e sempre di uomini così ma non so cosa farci.

Ero tanto più giovane, mi ero innamorata da morire e sono scappata di casa con lui, decisa, certa anzi di vivere la più grande storia d’amore del mondo. Quella notte, già in Francia e con i documenti di mia cugina, ho fatto l’amore in un letto, con lui, il mio primo uomo. Ho scoperto la comodità del letto e quanto sia diverso dallo scopare in macchina. Ho gridato…come l’altro giorno ed ho persino pianto di commozione e felicità. Poi le banlieu di Parigi, les caves quasi tutte le notti, a cantare, ballare, bere. Non scopavamo più in macchina se non eravamo presi da un raptus di voglia, ed allora era bello più che a letto. E’ durato un mese, cinque settimane al massimo. Quasi tutte le sere, prima di andare a divertirci, lui giocava. Vinceva, perdeva, vinceva di nuovo. Io ero tranquilla, mi fidavo, era un dio il mio dio. Poi lo hanno massacrato di botte, minacciando di tagliargli la gola e di buttarlo nella Senna se non pagava i debiti. Un amico si è messo di mezzo con una proposta. A casa ha pianto, abbiamo pianto assieme. Vedrai, sarà per poco tempo, è stato un periodo no, ma sono bravo, in poco tempo mi rifaccio e torni con me. Avevo accettato di andare a ‘lavorare’ per un amico dell’amico. A far marchette ovviamente.

Ho dovuto spogliarmi, farmi ‘esaminare’ palpare e persino provare dal ‘caro amico’ che doveva essere certo che non mi tirassi indietro, e poi dall’amico dell’amico che procurava i soldi.

Abiti eleganti ed un corso di ‘istruzione’. Più vecchia di me, sui vent’anni, non di più.
Margot si faceva chiamare. Avremmo finto di essere cugine, il mio francese non permetteva di dire fossimo sorelle, ci somigliavamo però. Aveva un uomo che a questo punto era anche il mio uomo. Il nostro mec, magnaccia, ruffiano.
Una scarica di botte per cominciare, poi mi ha portata a letto. Non era per niente eccitato, l’aveva floscio a penzoloni tra le gambe. Il culo ce l’ha sano, caro, gli dice la stronza, Margot intendo. Avevo già capito che mi detestava, era gelosa. Lui comunque mi infila un dito su per il culo. Dimmi, quello stronzo del tuo uomo non ti inculava mai? E altri uomini? Sono stata a letto solo con lui, rispondo piccata. Non contare balle, mica le credi per caso? Ma no tesoro, ma se anche lo ha già dato via lo ha ancora bello stretto, risponde il magnaccia girandomi il dito nel culo e facendomi un male boia.
Falle il culo tu allora, adesso, deve imparare. Neanche per scherzo. Si tratta solo di trovare qualcuno disposto ad essere il primo ed a pagare di conseguenza. Fammelo rizzare Piccola, e Piccola diventa il tuo nome. Ricordatelo, lei è Cara e tu sei Piccola. Io sono il Boss. Con la faccia un poco gonfia, ma sanno picchiare e far male lasciando pochi segni, cerco di fargli un pompino. In questo momento ho troppa paura, farei e faccio qualsiasi cosa. Ho sempre avuto paura delle botte, sia che a menarmi fosse mio padre, il mio Lui od ora questi due.
Sto in quella casetta di campagna per qualche giorno sola con Cara o Margot che sia. Il Boss le telefona tutte le sere oppure viene da noi. Dopo quattro giorni si presenta tutto serio. Ha trovato un cliente, ci dice. Un porco che vuole una ragazzina. Tu fingerai di essere più giovane, sui quindici anni, anzi quattordici ma sarebbe anche meglio tredici. Amore, è troppo non ci crederebbe nessuno. Appunto e mi chiedo se sia già credibile che abbia solo quattordici anni. Fosse vergine si, ma fargliela ricucire costa più di quel che rende e di stronzi che si facciano fregare da un poco di sangue di piccione non ce ne sono in questo giro. Troppo rischioso. Comunque domani mattina si decide. E’ un coglione di provincia, chissà. A trattare di soldi però è bravo, fin troppo bravo.

Hanno un documento italiano al quale hanno sostituita la fotografia e lasciato i dati anagrafici in bianco. Non mi dicono chi sia il falsario, ma può completare il lavoro in poche ore, invecchiamento compreso. Il cliente poi potrà vedere attraverso una mascherina di carta sovrapposta solo luogo e data di nascita oltre alla fotografia ovviamente. Roba da romanzo poliziesco della televisione.
Provo i vestiti. Scarpe basse, calzettoni al ginocchio e gonna poco sotto, camicetta e nastro ai capelli. Mi osservano attenti ed a me la cosa infastidisce più che fossi nuda. Il Boss mi fa cenno di avvicinarmi e quando sono a tiro prima mi palpa le tette poi infila la mano sotto la gonnella mi mi carezza la figa attraverso la stoffa delle mutandine di cotone. Pur facendo fatica sto ferma, non voglio essere menata di nuovo. Sbagliato piccola! Ritraiti un poco quando il cliente ti carezza le tette e fingi di chiudi le gambe, istintivamente, quanto ti toccano la fica. Sei una che la da via a pagamento per la prima volta. Sei scappata di casa… tra parentesi che ‘favola’ hai inventata? Si è rivolto non a me ma a Margot. Pensavo ad una serata ad un concerto, è un po’ bevuta, forse l’hanno fatta fumare, neppure lei sa spiegarselo. Un ragazzo, tutto sommato un bravo ragazzo, le ha fatto perdere la testa e se la è scopata col preservativo, meravigliandosi fosse vergine. La ha piantata in asso, ha fatto il fugone scoprendone l’età. Lei non ha avuto il coraggio di tornare a casa, era andata al concerto senza permesso e si è imbrancata con un gruppetto che passava per la Francia. I particolari poi si…può andare come base, tu cosa ne dici? Scuoto le spalle. Non so. Non si capisce se è…se ho…se sono…arrossisco, mi tappo la bocca. Ridono come matti. Allume di rocca, balsamo Cumm… sono infiniti i modi che sono stati inventati per far sembrare ‘più fresca’ una fica rotta. La tua poi è già fresca di suo, bella fresca e stretta. Servirebbe un ginecologo a capire il trucco. Mi attira di nuovo vicino e mi bacia. Sai baciare ed anche questo non va bene. Devi imparare a fingere di essere quasi novizia in tutto. Ho voglia di scoparti però, di inaugurarti. Per lui è una tradizione dice cattiva Margot. Prima dobbiamo menarti e poi lui ti scopa, ti inaugura. Solo a questo punto fai parte della scuderia di noi puttane.

Mi batte il cuore. Sto per tradirlo di nuovo, poi mi do della stronza. Altri due mi hanno scopata e bene. Io non ho sentito niente. Non sentirò niente neanche con questo. Perché amo lui. Non ho avuta neanche una possibilità di fuggire da questa casa ma non sarei scappata lo stesso. Lo ammazzerebbero. Spero solo che duri poco. Un paio di mesi, tre al massimo, poi torno da lui. Mi rivorrà ancora? Ormai sarò una puttana. Sono già una puttana. Per allora con quanti altri avrò scopato? Il Boss dorme. Abbiamo scopato. Non mi ha fatto male, mi ha presa con delicatezza tutto sommato. Non ho goduto, non ho sentito niente o molto poco, ma non mi ha fatto male come gli altri due. Poi un pompino, con l’ingoio anche, in questo sono brava tanto che se ne è meravigliato congratulandosene. Con i clienti no, ricordati. Sarà il primo pompino della tua vita. Devi cominciare come se ti facesse schifo, come se lo facessi solo perchè… giusto, anche su questo dobbiamo concludere ‘la fiaba’…Abbiamo tutto il tempo necessario però.
Non se ne fa niente. Il cliente non vuol pagare o qualcosa del genere. E’ un sollievo ma dura poco.
Andiamo in tournée in provincia.

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