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Stoffa mascolina

By 16 Marzo 2020Giugno 16th, 2020No Comments

Tutta la mia ingarbugliata, scostumata e in ultimo sconcia e spinta vicenda, incominciò a dire il vero quel lontano giorno del mese di novembre di tre anni orsono, allorquando mi trovavo a compiere una visita privata lontano dal mio domicilio, presso un rinomato ed eccellente studio specialistico d’ortopedia, situato nel verde quartiere dormitorio della mia città. Là, in  quell’ufficio del professionista, infatti, dentro quella sala d’attesa ci siamo conosciuti, in seguito, scambiandoci i rispettivi recapiti abbiamo intrapreso nel frequentarci più regolarmente, rimanendo in contatto conciliabilmente con le esigenze lavorative e ammissibilmente oltre a ciò con le occorrenze personali d’entrambi. Ormai è da parecchio tempo che ci vediamo, eppure attualmente per me non è più sufficiente, perché sono diventato per natura impiccione e pettegolo, perché cerco di scoperchiare se tutto quello che ci dichiariamo e ci manifestiamo, collima ed è conforme in ultimo alla marcata obiettività e all’indiscussa veridicità. Di conseguenza preparo il nostro incontro, eseguendolo con una preparazione morbosa, perché ho l’intenzione e desidero che ogni cosa sia esemplare, che niente o chicchessia possa intervenire e intrufolarsi, in quanto bramo individuare e alla fine denudare la credibile indole della nostra passione. 

In quell’occasione io ti cerco, t’avverto per telefono rivelandoti che ci dirigeremo verso un noto litorale, tuttavia in maniera celata non t’illustro né ti spiego niente, perché tu sai solamente che permarremo in viaggio soltanto per qualche giornata. Alla fine sopraggiunge il momento statuito, ritrovandoci ben presto in una differente metropoli. Appena io sopraggiungo tu sei già là, discendo dall’autovettura e mi sorridi, io ti favorisco aiutandoti nel caricare i colli nel portabagagli e ripartiamo. Durante il tempo in cui siamo in tragitto tu mi domandi dove t’avrei condotto, eppure io non reagisco. Imbocco la rampa autostradale e m’incanalo, tu in quel frangente non afferri dove ci troviamo esattamente, perché l’arenile da te prediletto si trova esattamente dalla parte contraria.  Io frattanto esaudisco dissetando ben presto la tua indiscrezione, perché ti riferisco che saremmo passati per Ancona e dopo da quella località ci saremmo diretti salpando in conclusione con un veloce catamarano, in direzione dell’isola di Lesina in Dalmazia. Tu nel mentre spalanchi gli occhi, non ponderavi né progettavi che fossi talmente stravagante e originale, eppure di fatto a questo punto siamo nella mischia e tu non ti scaraventi di certo alle spalle e accetti di buon grado. L’autovettura fila lesta in autostrada, poiché percepiamo il bitume del manto stradale scivolare torrido al di sotto dei pneumatici, in quanto non è l’eccezionale corpo torrido. Ambedue conversiamo, ci burliamo a vicenda, tu mi reclami dati e ragguagli, tuttavia io non te li concedo, perché deve risultare un’incomparabile e unica cosa inaspettata, senza confronto. 

Ci fermiamo per una breve sosta, siamo vicini, ci vezzeggiamo, dopo negligentemente depongo la mia mano sulla tua gamba. In verità non l’ho compiuto di proposito, è stata unicamente un’azione insita e naturale, per il fatto che subodoro che in un istante ti sconcerti trasalendo. Avverti di netto il bollore della mia mano da una parte all’altra del vestito che indossi, io me ne rendo conto, però dissimulo mascherando il tutto, perché intendo individuare e riconoscere, se ogni concetto che m’hai esposto sia sincerità oppure no. Nel mentre t’adoperi e frughi nella tua borsa, stai cercando alcune cose, io distendo la mia mano, tu l’apri e là penzola un tanga minuscolo, io ti sorrido perché hai eseguito quello che t’avevo chiesto di compiere, ti guardo compiaciuto, perché hai messo in pratica quello che t’avevo preteso di compiere, hai attuato in modo esemplare quello che t’avevo invocato. 

Tu mi squadri con le iridi colme di passione, francamente mi sbalordisci confidandomi che attendevi questo momento per vedere la mia azione sobillata a dovere. M’abbranchi per il polso indirizzandoti la mia mano in maniera risoluta in mezzo alle tue cosce, mentre io avverto il piacere proromperti all’interno. Adesso ne ho la piena conferma, la totale e indiscussa garanzia, perché sei come consideravo, appari come rimuginavo, non erano solamente fantasticherie, era ed è esattezza e autenticità. Entrambi esultiamo di ciò che siamo, usufruiamo e siamo felici innanzitutto se con noi traspare e vive l’individuo connivente, l’essere corresponsabile. 

Riprendiamo il tragitto e usciamo dall’autostrada, perché scelgo un itinerario più tranquillo d’una strada provinciale per l’andatura, dove c’è pressoché assenza di traffico. Ci fermiamo in uno spiazzo, infilandoci dentro per una trentina di metri con l’autovettura dentro un sentiero alberato e riparato. Io t’osservo, tu sei carica e avvenente, sbarri gli occhi e ti lasci comodamente trasportare, dopo io m’intingo di te, sei accalorata, in seguito mi guidi con la mano facendomi ben comprendere nel modo in cui t’attrae maggiormente essere tastata. In breve tempo la respirazione diventa più ansante, tu deflagri, capto distintamente il tessuto muscolare intimo tendersi e irrigidirsi in maniera convulsa seguitando per un lungo periodo. Dopo riprendi fiato, l’affanno si placa, levi la mia mano accostandola libidinosamente alle tue labbra e la baci, in un secondo tempo la osservi esaminandola come se fosse l’oggetto di culto, il lussurioso totem che avevi costantemente bramato. In seguito volgi la testa su d’un lato, sbarri gli occhi e t’appisoli senza proferire nulla. Io colgo e riconosco nel profondo il tuo perseverante e intenso effluvio di donna, m’avvicino la mano alle narici esaltandomi, aspirando appieno la tua intima e trasportante espressività assieme alla tua naturale fragranza. Al momento ti stai ritemprando, ti senti sfibrata così come una ginnasta dopo un’estenuante competizione. Attualmente ti esamino, mentre vedo il tuo seno che in modo ritmico si solleva seguendo la cadenza delle respirazione. 

Dopo ci rimettiamo in cammino, tempo ne abbiamo a sufficienza per raggiungere l’imbarco al porto, perché questo è stato uno stuzzichino lussurioso peraltro non programmato, perché ci stiamo approssimando alla meta prefissata. Sono davvero raggiante, è fedelmente ciò che avevo immaginato. Arriviamo e posteggiamo l’autovettura, sgombriamo i bagagli e ci incanaliamo nella direzione del molo. Sulla grande imbarcazione c’è abbastanza spazio, entriamo e ci accomodiamo. L’imbarcazione è sì dall’esterno vetusta, tuttavia include una sequenza di diavolerie tecniche da far sbigottire qualsiasi nuovo traghetto. Il comandante decreta sennonché di mollare gli ormeggi e così prendiamo il largo. Al presente siamo in alto mare, i verricelli fanno baccano tirando le cime, la giornata è tersa, il vento appare favorevole, mentre la tua lunga chioma oscilla con lui. Io t’annuncio che il tragitto durerà un bel po’, perciò t’esorto di disporti nel modo più confortevole che puoi. In un baleno ti rivedo che hai indosso il costume da mare, frattanto pure io mi ero cambiato, sennonché mi passi vicino accostandomi le tette sul dorso. Lo hai eseguito volontariamente, lo so bene, auspichi adocchiarmi, io t’ignoro volutamente, mentre tu vai a collocarti nella zona della prora ad acchiappare il sole. 

Io ti scruto mentre ti spargi l’unguento solare, dopo ti corichi, perché intuisci molto bene che io son là dietro che ti squadro le tette, perché a te diletta giocare in tale maniera stuzzicandomi. Tu aneli seguitare il tuo svago, successivamente ti volti, anche perché il costume si è conficcato interamente fra la spaccatura delle chiappe. Dopo ti rialzi e spalmandoti nuovamente l’unguento solare mi fissi negli occhi, non desisti, digradi sulle cosce e intraprendi a frizionarti. La tua occhiata è incollata, intensa e invasata, azzarderei affermare carica ed energica, dopo dilati le cosce e cominci a ricoprirti con l’unguento solare provenendo dalle ginocchia. Spunti pigramente fino a raggiungere l’orlo del costume da mare, in seguito lo rimuovi lievemente facendolo arrivare nella parte centrale, filamento che adesso non è in grado né reclama né esige velare niente. Ispezionandomi, al presente, sul tuo volto si manifesta un sorriso scaltro e provocante, in effetti non ne avevi bisogno, in quanto era soltanto un accorto e lungimirante appunto che m’avevi indirizzato, perché reclamavi annunciandomi la tua viziosa voglia. 

Tu brami trastullarti daccapo, dislochi il costume da mare, a questo punto ti scorgo nella globale essenzialità, ti frizioni per me, vuoi stuzzicarmi ammodo, mostrandomi come sei abile e valente di godere, perché stabilisci istruendomi ed esponendomi in ultimo, come si deve compiere quell’atto. Tu prosegui nel rivolgermi lo sguardo, t’atteggi per un attimo nel volermi baciare, dopo comprimi gli occhi e scaraventi la testa all’indietro. Stai gioendo al massimo, ti stai assaporando appieno quello che esegui, della circostanza, dell’emancipazione, del sollevamento e di quel frangente, dissipando e facendo diradare tutti i freni inibitori, sfoltendo i blocchi e facendo colare altresì i riguardi personali ingabbiati. Ti squadro la fica con cupidigia, la distinguo ingrossata dalla palese e ovvia voluttà, individuo altresì le tue dita muoversi e slittare, lei è impregnata, io nel mentre mi sfrego il cazzo avvertendo il tormentoso pulsare interiore, perfino io sono a questo punto decollato. Dapprincipio distinguo avvertendo un lussurioso e caratteristico strepito, è inconfondibile ed erotico, perché lo padroneggio alquanto bene, è il medesimo che ho udito nell’autovettura, per il fatto che tu hai avuto un nerboruto, poderoso e sostanzioso orgasmo. In questa circostanza, a ogni buon conto non t’abbandoni, all’opposto, ti sollevi dritta levandoti interamente il costume da mare, incanalandoti nella mia direzione con uno sguardo insaziabile e libidinoso. 

Tu, come di consueto non confabuli, non predichi nulla, tuttavia il tuo lascivo e intemperante mutismo pesa e conta più di moltissime definizioni, perché lestamente ti collochi dinanzi al mio corpo, poiché attirandomi verso di te le nostre lingue alla fine s’aggrovigliano mescolandosi. Tu in maniera determinata mi sondi dentro i box da mare, m’abbranchi con vigore e me lo cali sfilandolo. In maniera lesta ripigli il mio cazzo, lo esamini indagandolo con serenità intanto che prosegui a manipolarmi. Di botto lo ingoi interamente, io avverto la lingua serpeggiare, percepisco il tuo smanioso capriccio diventare più energico, adesso sono al completo e sommo struggimento. Io tento di bloccarti, tu m’avevi oberato in modo esuberante per contrastarti, malgrado ciò non vuoi riprendere, immagino che desideri condurmi per così dire all’eterna e soave condanna, alla dolce e portentosa morte, peraltro sprovvisto di foglio di rientro. In quel poderoso e sfrenato vizioso istante scoppio, perché pure io guadagno provando un orgasmo dirompente, fuori da ogni concezione, sborrando di gusto la mia corposa e lattescente abbondante essenza. 

Tu m’osservi, mi esamini piuttosto compiaciuta e visibilmente rallegrata, squadrando nondimeno l’espressione della mia faccia strabuzzata e sfigurata per la lasciva tensione spasmodica di poc’anzi ottenuta, eppure non ti schiodi, se non dal momento che sei certa e persuasa d’aver spremuto torchiando interamente il tuo adorato gingillo di carne, dopo ironizzi senza ribadire nulla, leccandoti però un dito e accompagnandotelo alla bocca facendomi nel contempo l’occhiolino. Ti volti, svestita ripigli a servirti della calura dei raggi solari, in quanto ti ritieni ampiamente appagata, perché fin da ora anticipi i libidinosi e gli sfrenati intrattenimenti che successivamente si presenteranno, poiché presagisci e profetizzi che traspariranno alquanto vigorosi e ardenti. Al presente l’unico che ci unisce e soltanto lo sciacquio del mare sul tramezzo, il litorale è distante, come ugualmente sono disgiunte le nostre memorie. Esse, infatti, riemergono ritornando a rilento, afferrandoci e invadendoci insperatamente, al presente siamo inzuppati dentro di loro e ci fanno inevitabilmente sogghignare. Per dirla tutta, giammai avevamo concepito e considerato a un tale contesto, perché i nostri ritrovi di corrispondenza si erano interrotti notevolmente prima. In relata, a priori, avevamo ideato e supposto di stare assieme in automobile, magari nella tua dimora, ma attualmente era globalmente e spaventosamente concreto e fondato, così come in modiche fasi succede dal vivo, perché la tangibilità sorpassa talvolta lasciando perfino molto indietro l’inventiva e il sogno.  Non era probabile né ammissibile, ritenere e figurarsi d’essere così come in concretezza siamo, belve brute e avide, bestie inquiete e smaniose, l’uno dell’altra, bramosi di scoperchiarci, coscienti che non è più un passatempo, ma che attualmente è effettività e tangibilità autentica, che palpiamo e che trascorriamo unitamente. 

Il disco rubicondo del sole s’approssima nel decrescere all’orizzonte, il grado di calore diminuisce, nel mentre ti sollevi e t’avvicini nei miei paraggi. Adesso sei spossata, manifestamente estenuata, la belva che m’ha posseduto in principio è diventata più docile e conciliante, pure disciplinata e mite, ritengo che hai esagerato, perché forse paventi una mia inedita valutazione. Io afferro il concetto al volo, perché senz’articolare un vocabolo ti ghermisco baciandoti profondamente. In conclusione mi sorridi, adesso hai capito bene che sei tutto ciò che voglio, senza se e senza ma. Senza che ce ne rendiamo conto, indaffarati e presi come siamo, il sole essendo tramontato da un bel po’ di tempo, ha lasciato brillantemente il posto alla luna piena che fulgente risplende sull’acqua del mare. Che avvenimento splendido e scenografico è osservare la natura, che emozioni inconcepibili e quali emotività meravigliose sa suscitare, e noi non siamo di certo esenti da questo fascino. Un bacio deliziosamente erotico, mani che s’individuano e che si rincontrano, individui attratti, animi innamorati deliranti, personalità infatuate ed eccitate, all’interno d’una massa muscolosa assai angusta per racchiuderli. 

Tu ti spogli adagio, mi svesti e afferrandomi m’accompagni dentro. In realtà non attendi molto tempo, ti collochi sopra di me e cominci a baciarmi. Tu percepisci il mio cazzo che adagio s’ingrossa, lo capti con la tua fica che gli sta di sopra sovrapposta. T’abbassi prudentemente sopra, giacché lo vuoi sentire. Io guardo le tue tette, tu digradi e come in precedenza lo abbranchi portandotelo nella bocca. In quest’occasione sei delicata, percepisco che hai un altro piglio, la tua fica scotta, sento che farnetichi, cerchi di pressare, stai testualmente perdendo la ragione, Ecco, hai deciso, mi sali di sopra, io non riesco a oppormi né a obiettare, tu agguanti il cazzo e te l’introduci prima nella fica indirizzandotelo dritto alla destinazione, perché desideri captarlo e riceverlo per bene all’interno, iniziando così una strepitosa quanto fragorosa e lussuriosa smorzacandela. In modo accorto ti posizioni al meglio, vuoi essere sicura di percuotere nell’obiettivo, digradi con lentezza e quando sei convinta, ti lasci cascare gemendo ed esprimendo uno strepito di pura esaltazione. Al presente ti senti perforata, forse patisci un poco, ma non è male, perché questa è una piacevole e soave dolenza, per il fatto che rapidamente sfilerà, lasciando in ultimo il transito alle totali meraviglie e alle inesprimibili sensazioni. Sei un vero incanto, un portento di femmina, cavalchi a rilento, mi metti il seno in bocca, mi tocchi in ogni parte, t’assicuri che sia tutto ben conficcato. Ondeggiamo la nostra impudica e intemperante perdizione, perché in breve tempo erompiamo manifestando unitamente la nostra poderosa lussuria, sconvolgendoci il corpo e scardinandoci la psiche. Tu allenti tutti i muscoli, io compio lo stesso baciandoci a vicenda amorevolmente. 

Il chiarore del giorno ci sorprende, tra non molto arriveremo a destinazione, l’umidezza si sente, non sono più abituato a notti simili, non sono più un giovanotto che trascorre le nottate estive sulla riva con gli amici d’un tempo, nel contempo mi sento ugualmente contento e vitale, gesto tangibile che mi sento presentemente in forma. Durante il tempo in cui rifletto, il sole inizia a sorgere, in primo luogo timorosamente, dopo speditamente si eleva. Adesso t’osservo, sei beata e bellissima mentre dormi, i muscoli della faccia sono distesi, l’epidermide è morbida e chiara. 

Proseguiamo la navigazione, ancora un’ora e arriveremo, io riesco ad avvistare il pendio dell’isola, ci stiamo avvicinando. Arriviamo, quella rada la conosco già, perché anni addietro l’avevo visitata, all’epoca era poco frequentata, perché è stentatamente raggiungibile se non con delle imbarcazioni, poi l’area staccata era popolata unicamente dalla parte opposta da taluni pescatori. Il massimo per me, eccellente, un’insenatura solamente per noi due, acqua azzurra e trasparente, sole meraviglioso e in aggiunta a ciò tu. Approdiamo, la rientranza è recintata, enormemente tutelata, la porzione di terra si staglia di fronte a noi con le sue sovrastanti alture, al di sotto invece ci sono falde con un litorale di sabbia biancastra molto bella. 

Il raggi solari adesso martellano seriamente, lei si sfila il tessuto che indossava, sorride e si tuffa nell’acqua. Da come si comporta pare una giovinetta, desidera svagarsi senz’indugio, tuttavia una signorina non può sobillare tali effetti, questi contraccolpi m’istigano e mi spronano le membra fino a farmele deflagrare. Lei è amabile, mattacchiona e ridanciana, s’immerge e ricompare, sguazza con una grazia e con una signorilità inedita, sembra un pesce, pare che sia vissuta sempre in quell’ambiente a lei così consono e confacente, indubbio che le piace l’acqua. Io rimango a guardarla, lei m’invita con la voce flemmatica di seguirla, io non sono molto invogliato, malgrado ciò persevera assillandomi armoniosamente, in quanto non vuole sentire ragione, io l’accontento, annuisco ed eseguo in ultimo tuffandomi. 

Un inatteso tremito però mi dà l’accoglienza, quel liquido è freddo, quando riemergo è là che m’attende, mi cinge all’istante e mi bacia. Le nostre lingue s’aggrovigliano, lei mi guarda esprimendo in conclusione una grande riconoscenza per il regalo che le ho confezionato, perché probabilmente luoghi e spazi come quello, dove soggiorniamo attualmente si visitano di rado, ma questo che lei al presente scruta è un autentico e incomparabile luogo. Il suo minuto costume da mare si è spostato, adesso non cela niente, in quanto si è introdotto in modo irrispettoso e spudorato in mezzo alle grandi labbra, dischiudendo la sua deliziosa fica che pare un’ostrica con la perla al suo interno. Lei frattanto indugia, lo compie volutamente, perché è al corrente cha posso avvistarla per bene da là dietro. Io perciò l’agguanto subito, perché è la reazione che lei s’attendeva da me, io ho brandito quello che lei m’ha offerto. Perduriamo in quel punto strategico per un tempo lungo, dopo mi guarda e ride, il mio cazzo al suo contatto si è già risvegliato, mentre le mi riferisce che è un vero peccato lasciarlo così, che occorre adoperarsi subito. 

Io la osservo, vorrei divorarla con una foga ferina, sennonché l’instrado appoggiandole le mani sulla testa, la faccio muovere regolarmente alla cadenza che più m’aggrada, dapprima indolente, dopo più vigorosa. Al momento mi sento abnorme, sregolato e intemperante, non congetturo né rifletto, approssimativamente come se si fosse imbestialito in me un temperamento eccessivo e una tendenza assassina, giacché la sollevo con vigoria, scaraventandola sul giaciglio. Senz’indugio la tallono, i miei sensi sono acutizzati, esasperati, fortemente ingigantiti, non sono sicuro se lei gradirà questa prestanza inconsueta di maschio, tuttavia non m’angustio né m’addoloro del pensiero, adesso sono troppo indaffarato nel rincorrere il mio temperamento focoso di maschio, la mia irruente passionalità accantonata e inespressa. 

Mi sollevo di sopra e la penetro nella fica nella posizione della pecorina, con perfidia e con malanimo, in un unico affondo la riempio. Lei mugugna, poiché non s’attendeva da me un impeto simile, non prevedeva d’essere perforata con tanta brusca e ruvida dedizione. Al presente sono il giustiziere che deve attuare la punizione, in quel frangente comincio a spingere con frenesia, perché voglio che avverta, desidero che abbia cognizione, che con me non si folleggia né si canzona quando è il momento. Lei è una tenera perseguitata, una soave oppressa, perché dopo l’iniziale sbigottimento principia a strepitare lasciandosi viziosamente andare, al momento sembriamo due figure antropofaghe, due esseri profittatori che effettuano il loro perverso, sacro, peccaminoso e istintivo rituale, peraltro una selvaggia e primordiale pietanza a base di sesso. Non me l’aspettavo, non ci credevo né contavo per nulla a quello che udivo, perché repentinamente in maniera inattesa lei m’avvisa manifestandomi e confidandomi, che non cambia nulla dove io gliel’infilerò, perché a suo beneplacito dire, peraltro con capriccioso consenso, sia la fica quanto il culo, sono due bei punti da violare con ardore, due eccitanti fenditure da profanare con zelo, riferendomi inoltre che l’orifizio anale è quello maggiormente gettonato e richiesto dalla gran parte dei maschi. Io sentendo quelle depravate dichiarazioni e quelle scostumate affermazioni, aizzato e sobillato più che mai non mi faccio raccomandare né pregare, perché spronato all’inverosimile intraprendo lestamente quell’invereconda e perversa opera. Una femmina davvero come poche. 

Nel frattempo accalorato come sono l’agguanto e la giro senza troppi orpelli, lei si colloca gattoni, le affondo il mio cazzo brutalmente, lo faccio senza fare fatica, perché lei è intrisa dei suoi stessi fluidi e strilla, strepita, dimenandosi e infoiandomi, eccitandomi di più con i suoi immorali, perversi e viziosi ansimi d’avida femmina in calore. Sta godendo in modo inattendibile, autentico e certo, non c’è dubbio, io le squadro la fica, è bella è impertinente, vogliosa e pulsante, ma subito dopo esco da là dentro. I miei occhi sono fomentati, alquanto innescati e incoraggiati, la voglio disgiungere, bramo romperla, perché lei deve cogliere, intendere e rendersi conto con chi sta. In quel mentre, esortato più che mai, inumidisco un dito e inizio a massaggiarle adagio quel delizioso e stretto orifizio anale. Lei mugola e frigna, m’incita, spinge forte i fianchi verso di me, io gl’infilo il cazzo nelle viscere, mentre lei emette un ultimo sbraito, perché con esigui colpi ben assestati, io non mi trattengo e sborro riversandole tutta la mia essenza dentro le viscere e in parte di fuori. Mentre sto eiaculando, lei ha persino la raffinatezza e la sottigliezza di solleticarmi ammodo e con criterio persino i testicoli con le dita, incrementando e potenziando in aggiunta a ciò, il mio carnale, lascivo e sfrenato piacere. La mia abbondante sborrata, lenisce in conclusione, il supplizio e il patimento che lei ha collaudato prima, ripetendomi nel contempo frasi indecorose ed espressioni scurrili.

Permaniamo statici in quella gradevole postura, il mio cazzo gradualmente s’affloscia, il respiro riprende la regolarità, mentre la ragione s’appropria del corpo. La belva umana cede il dominio al maschio, consegna il potere e la competenza all’individuo delizioso e indulgente. Lei è vistosamente appagata, mi rivela in maniera eloquente che sono un vero e genuino guerriero, mi proclama che ha trovato senza volerlo né cercarlo, un ferrato, valente e agguerrito maschio che l’accontenta, perché in fin dei conti era quello che in cuor suo mirava di sottoporsi e anelava di sperimentare. 

Dopo crolliamo unitamente, ci baciamo affettuosamente e spranghiamo le palpebre, non ci addormentiamo, ma restiamo a origliare le nostre menti e tutto il favoloso e incredibile tempo trascorso. 

{Idraulico anno 1999} 

 

 

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