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Racconti Erotici EteroTrio

Storia di Federica

By 29 Dicembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Storia di Federica

La mia storia con Federica non è molto recente, ma me la ricordo ancora bene perché ha avuto un impatto notevole sulla mia vita. Ci conoscemmo molti anni prima che la nostra storia cominciasse perché frequentavamo lo stesso circolo del tennis. Lei all’epoca giocava solo con il maestro oppure con un’altra donna di nome Giovanna.

Le due donne avevano un rapporto molto stretto tant’è che molti soci del circolo malignavano sul loro conto, sospettando che le due donne avessero una relazione intima. Federica era ed è ancora una bella donna mora, alta, dal seno prosperoso, invece Giovanna era una donna molto mascolina, non solo nell’aspetto ma anche nel portamento e nel modo di fare. Scoprii successivamente che Giovanna era omosessuale, che era innamorata di Federica ma che non avevano mai avuto una vera relazione se non di amicizia.

Quello che colpiva di Federica era soprattutto la luce che brillava nei suoi occhi neri. Era il tipo di donna che mette gli uomini a loro agio, che li guarda negli occhi mentre le parlano come se pendesse dalle loro labbra. Dotata anche di una notevole carica sensuale, non faceva nulla per mettersi in mostra e malgrado ciò non passava per niente inosservata.

Si applicava con costanza al tennis e frequentava il circolo con una regolarità impressionante. In breve tempo divenne abbastanza brava ed era l’unica donna che era invitata a giocare dai soci maschi. Infatti, il maestro era riuscito a trasmetterle una tecnica di gioco che le permetteva di reggere il palleggio anche con palle molto veloci.

Nel giro di pochi mesi era diventata la frequentatrice più assidua e prendeva parte anche a tutte le iniziative non sportive del circolo. A quel tempo io non facevo più l’istruttore ma continuavo a giocare esclusivamente per piacere personale. Non avevo orari regolari nelle mie frequentazioni e così capitava abbastanza spesso che quando arrivavo al circolo l’unico altro giocatore disponibile fosse lei, sicché diventammo compagni di gioco abituali.

Io ero appena uscito da una parentesi matrimoniale finita male per incomprensioni reciproche, carenze di desiderio e altre amenità coniugali e quindi, fra una partita di tennis e l’altra, mi lasciavo sfuggire qualche commento sulla mia vita privata e come spesso accade anche lei mi raccontò i suoi trascorsi sentimentali.

In breve, dopo una notte particolare in cui la mia fantasia notturna aveva elaborato un’avventura sessuale travolgente con Federica, le telefonai per chiederle se passando da casa sua mi avrebbe offerto un caffè.

Durante il tragitto in macchina, abitavamo ad una decina di chilometri di distanza, la mia fantasia lavorava intorno alla sua figura. Sarebbe stata in vestaglia? Oppure visto che era l’inizio dell’estate e faceva già caldo l’avrei trovata in pantaloncini e maglietta?

E a casa metteva il reggiseno oppure no? Mentre nella mia mente si affollavano tutte queste domande, avevo negli occhi la sua figura, alta, i suoi seni dritti puntati verso di me, il suo sorriso che prometteva tutto e niente. Il pensiero di affondare il mio viso sul suo petto per assaporarne la pienezza e la morbidezza mi rendeva nervosissimo. Ero eccitato fin da quando ero uscito di casa.

Mi accolse sulla porta con un sorriso interrogativo. Mi fece accomodare, muovendosi con una eleganza e sensualità esplosive. Indossava una vestaglia gialla leggerissima completamente trasparente e sotto una maglietta lunga di cotone con su scritto ‘love me’ in rosa che le arrivava alle cosce, coprendole le mutandine.

‘Ci accomodiamo in cucina, mi chiese. ‘Stavo stirando in soggiorno ed è tutto in disordine’.

‘Va benissimo la cucina,’ le risposi. ‘Anzi, se disturbo vado via e ci vediamo un’altra volta’.

‘Non disturbi affatto,’ mi rispose con uno sguardo ambiguo. ‘E’ che non ho l’abitudine di ricevere visite a quest’ora del mattino e meno che mai da uomini.’

Mentre lei preparava la macchinetta del caffè con gesti molto lenti e sensuali, io seduto in un divanetto per due persone la osservavo per bene. Non aveva delle belle gambe, erano un po’ storte alla cavallerizza, ma le cosce erano rassodate dal tennis e dal nuoto che lei praticava regolarmente. Anche i glutei, che si percepivano benissimo attraverso la vestaglia e la maglietta apparivano alti e sodi.

Cominciò a farmi domande generiche sul tempo, sull’estate che incombeva, sull’ultimo film che avevo visto a cinema, su cosa stessi leggendo al momento, se avessi intenzione di andare al concerto di Vecchioni che ci sarebbe stato a breve.

Insomma tutte domande che nascondevano il vero interrogativo e cioè perché io fossi lì, o ancora più precisamente cosa volessi da lei. E io giocai lo stesso gioco malgrado l’eccitazione che mi faceva male all’inguine, rispondendo vagamente. Bevuto il caffè, le chiesi se le sarebbe piaciuto andare al mare con me uno dei giorni seguenti. Me ne andai dopo averle strappato una mezza promessa per andare al mare.

Passò qualche giorno e poi la chiamai al telefono per invitarla ad andare al mare e lei accettò. La portai in spiaggia, in una splendida spiaggia vicino Tre Fontane. Era una bellissima giornata di giugno, il sole caldo, il mare calmo e la spiaggia praticamente deserta.

Lei mi fece capire che non gradiva le spiagge e che avrebbe preferito gli scogli. A malincuore mi fermai per tornare indietro e la portai alla tonnara di Scopello. Anche lì il mare era bellissimo ma c’era anche un po’ di gente. Ci sdraiammo sulla piattaforma di cemento che in altri tempi serviva da scivolo per le barche e ci mettemmo a prendere il sole. Dopo una laboriosa ricerca lei tirò fuori dalla sua borsa modello Mary Poppins un flacone di olio solare e mi chiese se glielo potevo passare sulla schiena.

Le versai l’olio sul dorso a gocce a gocce, molto lentamente, cercando di percepire le sue sensazioni. Non diede alcun segno di reazione. Dopo aver messo dell’olio pure sulle mani, cominciai a spanderlo sulla sua schiena esercitando una pressione non forte ma continua. Indugiavo sui suoi muscoli dorsali partendo dalla zona lombo-sacrale e risalendo verso la testa.

Lei mi aveva chiesto di passarle l’olio e io le stavo offrendo un bel massaggio. Evidentemente le piaceva perché sentivo la tensione dei suoi muscoli diminuire, ed il suo corpo rilassarsi sotto le mie mani. Quando poi passai ai piedi, mi resi conto che finalmente avevo fatto una breccia nella sua corazza di apparente indifferenza. Incoraggiato dal parziale successo, passai altro olio sulle sue gambe, prima sui polpacci e poi sulle cosce. Federica adesso si lasciava andare al piacere del tocco delle mie mani e sembrava che facesse le fusa.

Mentre mi davo da fare sulle sue gambe, notavo lo sguardo divertito e semi invidioso di un gruppo di signore sole che prendevano il sole ad una decina di metri di distanza. Benché parlassero a voce bassa, si capiva chiaramente che anche loro avrebbero gradito molto lo stesso trattamento. E io per aumentare la loro invidia, ritornai ad occuparmi dei piedi e delle caviglie.

Dopo un po’ la invitai a girarsi sul dorso e le chiesi se si volesse passare l’olio anche sulla pancia. Lei mi rispose con voce un po’ roca che avrebbe preferito che glielo passassi io. Mentre le spandevo l’olio solare sulla pancia, sulla parte alta del petto e sulle braccia, potevo sentire chiaramente i commenti lusinghieri delle signore accanto sulla mia tecnica. Adesso mostravano apertamente la voglia di poter subire anche loro lo stesso trattamento.

Alla fine del massaggio mi diressi accaldato verso l’acqua con l’intenzione di fare una bella nuotata anche se l’acqua all’inizio di giugno era ancora piuttosto fredda. Federica, spaparanzata al sole, come un quattro di mazze godeva ancora del rilassamento dovuto al massaggio.

Mi allontanai dalla riva con qualche bracciata assaporando il freddo dell’acqua su tutto il corpo ed il meraviglioso panorama dei faraglioni.
Era una giornata veramente splendida. Inoltre, era una giornata lavorativa per cui il piacere di stare lì era notevolmente aumentato dal pensiero dei miei colleghi incornati all’Università. Quel giorno era giorno di ricevimento. Sicuramente dovevano subire le visite di un orda di studenti poco diligenti che speravano di supplire alle loro deficienze con un po’ di sano leccaculismo.

Mentre ero immerso nella contemplazione della splendida visione di quella caletta mi sentii tirare giù. Era Federica che silenziosamente mi aveva raggiunto e con un gesto molto deciso mi aveva spinto sott’acqua. Malgrado la sorpresa mi lasciai spingere sotto senza reagire per sfiorarle le gambe e poi il pube mentre risalivo a galla.
La sua pelle era meravigliosamente liscia. La sua presenza, così vicino mi procurava un eccitazione molto dolorosa a causa dell’acqua fredda.

‘Qui il mare è bellissimo,’ mi disse. ‘Io vengo spesso qui, anche da sola. E’ il mio posto preferito per andare a mare. Poi in questo periodo è poco frequentato e non ci sono mommi (uomini soli cui piace guardare, guardoni, voyeur). Grazie per avermi portato qui. E grazie anche per lo splendido massaggio. Ne avevo proprio bisogno. E poi lo so che hai fatto in modo da metterti in mostra davanti a quelle signore. Ti stavano sbavando dietro.’

‘Veramente,’ le dissi. ‘Più che sbavare per me, erano invidiosissime di te, del massaggio che ti stavo facendo. Una ha anche detto alle sue amiche che era tentata di chiederti se potevi prestarmi a lei per una mezz’oretta, perché aveva tanto bisogno di un massaggio alla schiena’

‘Si, proprio. Ora ti presto alla prima che viene,’ mi rispose. ‘Come se io fossi così stupida da farti conoscere un’altra signora in questi giorni che sei solo e sicuramente arrapato. Così ti dimentichi di me e non giochiamo più a tennis.’ Il messaggio era chiaro. In qualche modo la situazione aveva fatto un salto di qualità.

Quella sera, dopo il mare, ci fermammo a mangiare in un ristorante in prossimità della spiaggia. Lei aveva una maglia bianca molto elegante che le faceva risaltare l’abbronzatura ed era splendente in viso. Io la guardavo e la spogliavo con gli occhi. Porca miseria, quanto mi piaceva quella donna.

Ordinammo e il cameriere ci portò subito dell’acqua e del vino ghiacciato. Lei bevve il primo bicchiere di vino avidamente e mi confessò con una risatina che non lo reggeva. Poi le si sciolse la lingua e mi raccontò molti particolari della sua vita passata. In particolare, puntualizzò che viveva da sola per una sua precisa scelta. Aveva avuto solo una storia importante dopo il matrimonio e poi solo avventure saltuarie di breve durata e senza importanza.

Nel frattempo arrivarono le zuppe di cozze che avevamo ordinato e cominciammo a mangiare. Le dissi con tono protettivo di lasciare perdere quelle chiuse perché sono pericolose. E in effetti fu così. Federica tentò di aprire un mitile ancora chiuso e quando la conchiglia cedette di scatto le schizzò la sua bella maglia bianca di salsa di pomodoro.

Tragedia. Catastrofe. Divenne rossa per la vergogna e per la rabbia di essersi sporcata. Non la finiva più di essere rammaricata per l’accaduto. Andò in bagno a cambiarsi e ritornò molto seccata per l’accaduto. Insomma la cena finì malissimo. La riaccompagnai a casa con un velato accordo di risentirci nei giorni successivi.

Dopo quella giornata ci furono ancora telefonate e caffè mattutini. Andammo a mare ancora diverse volte e ogni volta mi chiese di passarle l’olio solare su tutto il corpo. Ma i nostri contatti fisici si limitavano a questo. Una volta dopo una cena ero riuscito a strapparle un bacio.

Andammo ancora una volta a mare insieme verso i primi giorni di luglio. Quella volta la portai sulla bassa scogliera sotto Monte Cofano. Quel giorno il mare era di un blu intenso, ma cosa ancora più importante non c’era nessuno nel raggio di diversi chilometri. Ormai, il massaggio era diventato un rituale obbligatorio che io mi impegnavo a variare ogni volta per evitare che lei si abituasse a una routine prestabilita.

Mentre le massaggiavo le braccia, lei si tolse il reggiseno e mi chiese se le potevo passare l’olio pure sulle tette, perché l’indomani sarebbe partita in vacanza per la Croazia, dove tutti prendono il sole in topless e non voleva sfigurare. Le passai l’olio delicatamente sui seni cercando di non farle sentire la mia eccitazione che peraltro traspariva senza alcun ambiguità attraverso il mio pantaloncino da bagno. Quindi per evitare di saltarle addosso mi tuffai in acqua e feci una breve nuotata assaporando sia l’acqua che l’atmosfera calda e quasi incantata di quel luogo deserto.

Dopo pochi secondi, Federica mi raggiunse in acqua e si avvicinò senza esitazione. Quindi, cominciò a nuotare vicinissima a me strusciando i seni ed il pube sul mio corpo. Anzi, prese a saggiare la mia eccitazione sfiorando ripetutamente il mio bacino. Quindi mi abbracciò e mi trascino sott’acqua con un bacio lungo e appassionato.

Restammo in acqua a baciarci ed ad accarezzarci fino a quando la sensazione di freddo dovuta all’acqua ci costrinse ad uscire. Restammo sdraiati a prendere il sole e ad toccarci per tutto il pomeriggio come se fossimo stati due ragazzini che non avevano ancora avuto il coraggio di passare ad atti più intimi. La riaccompagnai a casa e mi disse che la sera aveva un appuntamento con le sue amiche. Il giorno dopo lei partì in vacanza e non ci vedemmo più per quasi un mese.

Al suo ritorno, fu Federica a chiamarmi al telefono per dirmi che era tornata e per sapere se il giorno dopo potessi passare da lei a prendere il caffè. La mattina successiva mi presentai a casa sua tranquillo come sempre per prendere un caffè non sperando in qualcos’altro perché i nostri rapporti si erano incanalati su un binario di confidenze reciproche e non sembrava esserci da parte sua un interesse differente. Anzi cominciavo a credere che le effusioni alle quali si era abbandonata l’ultima volta che eravamo stati a mare erano solo un pretesto per mantenere vivo il mio interesse nei suoi confronti e nulla più.

Arrivato a casa sua, si presentò alla porta con la solita vestaglia gialla leggerissima e trasparente, ma stavolta non indossava né maglietta né reggiseno. Portava un paio di piccole mutandine bianche e trasparenti nella parte posteriore. Come al solito mi fece entrare in cucina, e si mise subito ad armeggiare con la macchinetta del caffè.

La osservai muoversi per la cucina e chinarsi davanti a me per prendere le tazzine mostrandomi il panorama del suo culo attraverso le mutandine trasparenti. Guardandola bene mi accorsi che non aveva i capezzoli eretti e mi sembrò strano che lei avesse organizzato tutto questo e non fosse eccitata.
Mi parlò delle sue vacanze, di come fosse stata bene, di come sia bello il mare in Croazia, di quanti turisti che praticano il naturismo avesse incontrato e che anche lei aveva preso il sole senza reggiseno. Ma di questo io me n’ero già accorto guardandola. Finalmente versò il caffè nelle tazzine e mi chiese se avessi premura di andare al lavoro. Io le risposi che non avevo impegni urgenti per quella mattinata e che se avesse avuto bisogno di qualcosa ero disponibile.

Federica continuò dicendomi che non aveva bisogno di qualcosa in particolare, prese la tazzina che le porgevo e la mise nel lavabo, poi con un gesto molto sicuro si girò verso di me e mi guardò negli occhi. ‘Posso?’ mi chiese, e senza aspettare la risposta allargò le gambe e si mise seduta sulle mie ginocchia appoggiando il suo seno generoso sul mio petto. Sempre guardandomi negli occhi, mi gettò le braccia al collo e mi baciò.

Io, pur essendo molto eccitato non mi lasciai andare subito perché mi ricordavo bene che a mare aveva cominciato pure così, ma poi non si era spinta oltre né aveva fatto capire di essere disponibile a qualcosa di più che semplici e appassionati baci e toccamenti. Dopo un po’ che stava così sopra di me, strofinando il suo pube contro il mio cazzo in completa erezione, perfettamente percepibile attraverso la stoffa leggera dei miei pantaloni estivi, mi prese per una mano e, dicendomi vieni, mi guidò verso la sua camera da letto.

Fu una mattinata torrida. La baciai e l’accarezzai dappertutto. Ormai conoscevo bene il suo corpo e sapevo dove le piaceva essere toccata o stimolata. Ma la sua fica mi era del tutto sconosciuta. La studiai con attenzione mentre la accarezzavo, allargandole le grandi labbra per vedere come era fatta. Aveva due piccole labbra molto ridotte, quasi inesistenti che culminavano in un clitoride molto piccolo, appena appena accennato.

Mi dedicai a leccarle il bottoncino dell’amore mentre mi sistemavo in modo che potesse toccarmi ed eventualmente ricambiare le attenzioni che le stavo riservando. Ma Federica si abbandonò completamente al gioco della mia lingua non degnando di alcuna attenzione il mio cazzo che era a pochi centimetri del suo viso.

La sentivo gemere e pronunciare il mio nome, ma non più di tanto. C’era qualcosa che non andava. Poi si girò per farsi prendere, anzi guidò lei stessa il mio sesso nella sua vagina. Abituato da tanti anni di coitus interruptus, sapevo di poter controllare i tempi del mio orgasmo e la presi con colpi lenti e profondi sapendo di poter durare abbastanza a lungo da portarla al piacere. O almeno così pensavo. Lei gemeva e gridava sbattimi, sbattimi.

Dopo un paio di minuti sentii che qualcosa era cambiato. La sua vagina era diventata più scivolosa per le secrezioni ma non riuscivo a cogliere i segnali, quei tremori, quelle contrazioni che si manifestano durante il piacere delle donne. Anzi dopo un paio di gemiti più forti, mi disse ‘Basta, basta. E’ troppo non lo sopporto. Basta per favore’.

La liberai dal mio uccello, mentre lei giaceva, apparentemente soddisfatta, completamente abbandonata sul letto. Mi guardò con un sorriso enigmatico che non riuscii ad interpretare e mi disse: ‘Non ti è piaciuto? Ma perché non sei venuto?’

La guardai sorpreso. ‘Pensavo di darti piacere durando più a lungo, le dissi, ‘ma a quanto pare tu sei molto veloce’.

‘Quando godo, il mio sesso diventa troppo sensibile e non sopporto più la penetrazione,’ rispose.’Avrai tempo più tardi per godere’.

Quest’ultima frase divenne il motivo conduttore della nostra relazione. Intanto dopo essermi prodigato in tutti i modi tradizionali ed essere rimasto in uno stato di erezione per molto tempo mi prese un forte dolore ai testicoli, quello che in gergo si chiama ‘la colica degli innamorati’.

Il nostro rapporto continuò più o meno sullo stesso binario ancora per qualche mese con risultati più o meno simili. In effetti ripensandoci gli unici orgasmi che provai in quel periodo erano quelli dell’amore solitario utilissimo per lenire le fitte procurate dal prolungato stato di eccitazione senza arrivare mai all’eiaculazione.

Io ero innamorato di Federica e non riuscivo a vedere quello che doveva essere ovvio agli occhi di tutti. A Federica il sesso non importava granché. Lo faceva solo per tenermi con lei.

Venne l’inverno ed il figlio di Federica tornò ad abitare con lei per cui le occasioni per fare l’amore diminuirono in modo rilevante. Passò l’inverno e la primavera. Le uniche occasioni che ci capitarono per fare l’amore era qualche mattina quando suo figlio era a scuola o qualche fine settimana passato fuori città. Finita la scuola, il figlio di Federica partì per passare le vacanze scolastiche con il padre.

Le cose ebbero un brutto scossone quando una sera dopo averla invitata a cena in un bel ristorante, con belle tovaglie, servizio inappuntabile, buon vino e cibo ricercato e avere fatto opera di seduzione tutta la sera lei mi chiese all’improvviso. ‘Ma perché non godi mai quando facciamo l’amore ?’. La guardai chiedendomi se mi stesse prendendo in giro oppure se mi stesse provocando. ‘Io non godo perché tu ti stanchi troppo presto,’ le dissi. ‘Poi sono costretto a masturbarmi per lenire le fitte di dolore che mi provoca lo stato di eccitazione’.

Non l’avessi mai detto. ‘Ma allora mi tradisci,’ replicò, ‘certo per godere devi pensare a qualche donna. Sei un essere spregevole. Non ti voglio più. Non faremo mai più l’amore. Anzi non ti voglio più vedere. Accompagnami a casa.’ Tragica fine di una serata che fino a quel momento era stata splendida. ‘Si, ora pago il conto e ti riaccompagno.’ Chiamai il cameriere e ce ne andammo in gran fretta.

Ero sinceramente seccato. Finalmente capii che c’era qualcosa che mi nascondeva. Lasciai passare la rabbia per la sua reazione, per me profondamente ingiusta, e pensai di telefonarle per sapere almeno come stava. Avevo investito tanto tempo ed energie nel rapporto con Federica e mi sembrava assurdo che tutto dovesse finire in quel modo. Invece, lei mi chiamò per prima.

‘Ciao Sal, come stai? Ma perché non ti sei fatto sentire? Ma non ti sono mancata? Avevo voglia di sentire la tua voce. Perché non ci vediamo al tennis più tardi? Magari poi andiamo a fare il bagno e restiamo a cena fuori. Sai, ho voglia di vederti e che tu mi faccia un po’ di coccole.’

Memore dell’ultima serata, le risposi un po’ freddamente, ‘L’ultima volta mi hai detto che non mi volevi più vedere e io ho rispettato la tua volontà.’

‘Sei stupido,’ mi disse ridendo. ‘Non lo sai che quando noi donne diciamo no o mai non è veramente quello che intendiamo? Quella sera ero molto arrabbiata con te per il tuo tradimento. E ti ho detto cose che non pensavo veramente. Comunque, ci vediamo più tardi e ne parliamo di presenza. Portati il costume da bagno e l’asciugamani.
Anzi no, il costume non è necessario. Possiamo fare il bagno anche nudi.’

Mi chiuse il telefono prima che potessi replicare. L’ultima cosa che mi aveva detto non era da lei. Infatti era estremamente pudica. Ero quasi sicuro che avesse detto l’ultima frase esclusivamente per suscitare il mio desiderio.

Ci vedemmo al circolo del tennis. Guarda caso sfoggiava un completino nuovo bianco con le bretelline che metteva in risalto la sua abbronzatura ed il suo seno prosperoso. Giocammo un po’, poi lei mi chiese di farle fare qualche esercizio sul servizio. Anzi volle che le guidassi il braccio per mostrarle il movimento corretto. Tutte scuse. Lo aveva fatto per strusciarsi addosso e farmi sentire il tocco del suo corpo. Io restai freddo. Non avevo per niente digerito la sua accusa di tradimento assolutamente ingiusta.

‘Andiamo al mare,’ lei mi disse alla fine della nostra ora di gioco. ‘Non c’è bisogno che ci facciamo la doccia adesso. Anzi abbiamo il tempo di arrivare a Scopello per goderci il tramonto.’

E fu così. Arrivammo in spiaggia dopo una mezz’oretta di automobile e ci sistemammo in un angolo semi appartato ma non lontano dal parcheggio. Sulla spiaggia erano rimaste poche persone che si godevano gli ultimi raggi di sole e che evidentemente avevano programmare di restare lì fino a tardi. Federica si tolse il completino da tennis e rimase con un bikini color carne. Da lontano sembrava veramente nuda. Io mi ero premunito di indossare un costume da bagno sotto i pantaloncini da tennis. Lei, impazientemente, mi disse: ‘Dai sbrigati, ci perdiamo il tramonto dall’acqua. Mi prese per mano e mi trascinò in acqua.’

A pochi metri dal bagnasciuga l’acqua era abbastanza profonda da dover nuotare per restare a galla. Federica, sempre tenendomi per mano, mi si avvicinò e fece per baciarmi sulle labbra, poi cambiò direzione e mi sfiorò l’orecchio con le labbra.

‘Che voglia che ho. Abbracciami e baciami per favore. Mi sei mancato moltissimo, ‘ mi sussurrò, ‘ho avuto tanta voglia e tu non mi hai neanche telefonato.’

Dicendomi questo aveva lasciato scivolare la mano dal mio petto giù giù lungo la pancia fino al pube, dove indugiò sul mio cazzo.

‘Ma come,’ continuò, ‘non hai voglia stasera? Ti sei fatto tante seghe da non avere più voglia di me? E certo. Tu ti fai le tue fantasie erotiche malate e godi da solo invece di occuparti di me.’

La provocazione fece il suo effetto. Il mio cazzo aveva cominciato a gonfiarsi sotto la sua mano. Federica non era solita accarezzarmi il cazzo, anzi pensavo che avesse un qualche tabù al riguardo. Mi sorprese ancora di più quando infilò la mano nel mio costume da bagno e mi tirò fuori l’uccello.

‘Finalmente qualche segno di vita,’ esclamò con voce roca. ‘Per un attimo ho pensato che non ce l’avresti fatta. Meno male perché ho voglia che mi prendi qui in acqua. Anzi andiamo dove si tocca e mettimelo dentro che non posso più aspettare.’

Insomma aveva deciso di rompere tutti gli schemi ai quali mi aveva abituato in tutti quei mesi. Nuotando la trascinai fino dove toccavamo il fondo. Lei si tolse velocemente le mutandine del costume e se le mise al collo per non perderle. Poi si avvicinò abbrancandomi con le cosce per farsi penetrare.

Io che non sono mai stato amante delle penetrazioni subitanee senza preliminari, senza carezze, senza baci, senza poter assaporare l’odore ed il sapore del corpo della mia compagna, ero un po’ seccato non tanto perché era lei a dettare i tempi del gioco, ma perché tutta questa mi sembrava più una vera e propria esibizione che un reale desiderio.

La penetrai lentamente, la sua fica era un po’ secca ma l’acqua di mare dopo un poco agì da lubrificante e la penetrazione divenne più scorrevole. Appena le fui dentro, gemette un po’ troppo forte. Non per me, a me piacciono le donne che gridano e che esprimono il loro piacere, ma troppo forte per lei. Mi sembrava che lei simulasse un piacere che in effetti non provava. Dopo un paio di minuti che affondavo in lei, comincio a gemere più forte fino a quando sembrava che avesse goduto.

‘SI, che bello. Mi dai sempre un sacco di piacere. Fermiamoci un poco adesso perché sento freddo. Anzi usciamo e mi riscaldi che sono tutta intirizzita.’ E dicendo questo si staccò da me e uscì dall’acqua ma non prima di essersi rimesse le mutandine.

Rimasi a guardarla, con il cazzo in piena erezione che pulsava ad ogni battito del mio cuore, e pensai che mi aveva fregato ancora una volta. Uscii dall’acqua, le misi un gran telo intorno alle spalle e cominciai a frizionarle le spalle.

Lei si avvicinò a me, mi circondò le spalle con le braccia e mi sussurrò all’orecchio: ‘Lo vedi che non vieni mai. Ma come devo fare con te? Lo so cosa fai, te ne vai a casa e ti fai le seghe.’

Nel frattempo era già scuro, non c’era luna e la luce dei lampioni del parcheggio non era abbastanza forte da rivelarci ad occhi indiscreti.
Ci sedemmo sui ciottoli e lei si avvicinò di più per farsi abbracciare mentre con una mano cominciò a giocherellare con il mio cazzo. Non l’aveva mai fatto. Era una giornata storica. Poi di nuovo la doccia fredda. ‘Che bel cazzo duro che hai stasera. Non venire subito così mentre ti tocco. Lo so che ti puoi controllare. Non venire adesso perché sono sola a casa stasera e ho voglia di fare l’amore comodamente. Anzi, vestiamoci e andiamo a mangiare.’ Come al solito rimandava il mio piacere ad un dopo ipotetico.

Mangiammo una pizza insipida e bevemmo una birra mediocre, il posto dove ci eravamo fermati sul lungomare di Castellammare era invaso da adolescenti urlanti, pensionati che ballavano e bambini che correvano fra i tavoli. Federica continuò a stuzzicarmi durante tutto il tempo che restammo in pizzeria. Si era seduta accanto a me, invece che di fronte come faceva di solito, e mi accarezzava in continuazione l’interno della coscia e saggiando ripetutamente lo stato della mia eccitazione.

Scappammo via dalla pizzeria. Lei si sistemò in automobile, abbassò un po’ il sedile e dopo poche centinaia di metri già dormiva. Quando arrivai sotto casa sua la svegliai. Federica si guardò intorno, prese la sacca con le sue cose e mi guardò con gli occhi pieni di sonno e disse: ‘Sal, non ce la faccio. Ho troppo sonno. Te lo prometto lo facciamo la prossima volta. Ci sentiamo domani.’ Mi lasciò sul marciapiedi e se ne salì a casa.

La grande stronza, ancora una volta mi lasciava con la mente in subbuglio e con il cazzo duro. L’indomani mi guardai bene dal telefonarle, ero ancora seccato per il suo comportamento della serata precedente. La sera mentre rientravo a casa, mi squilla il cellulare. Era Federica.

‘Ma perché non ti sei fatto sentire?’ mi urlò nell’orecchio. ‘Ti avevo promesso che avremmo fatto l’amore oggi. Anzi vieni subito a casa che ho una voglia matta di te.’

Il tempo di una doccia veloce, mi cambiai pantaloni e camicia e mi avviai verso casa sua. La trovai che mi aspettava sul portone di casa.
‘Non ce la facevo ad aspettarti su. Ho preferito scendere, anche perché ho voglia di vedere le stelle. Portami in un posto dove si vedono le stelle’.

Ero un po’ stanco, ma ero curioso di vedere cosa si sarebbe inventato questa volta. Così la portai a Monte Gradara da dove si può ammirare tutto il Golfo di Castellammare. Nel cielo c’erano milioni di stelle. Ci fermammo in cima. Appena spensi le luci dell’automobile, il buio fu totale. Si appoggiò a me e mi disse: ‘Ma qui è bellissimo. Perché non mi hai portato mai qui? Poi non c’è nessuno e si possono fare cose…’ Mi prese la mano e se la portò al sesso. ‘Toccami, accarezzami che ho una voglia matta di te’.

Io le sbottonai i pantaloni di lino leggero e con il suo aiuto li feci scivolare un po’ insieme alle mutandine. La accarezzai con molta attenzione perché la mia mano destra era molto callosa fino a sentire che si rilassava sotto il mio tocco. Federica si strinse ancora di più a me e cominciò a gemere. ‘Si mi piace quando mi tocchi. Ora ti tocco pure io. Anzi fammi vedere come fai. Sai io non l’ho mai fatto. Mi fa impressione avere il cazzo in mano. Si ma tu toccami ancora….. Non fermarti…. Si mi piace così, Si ancora, ancora.’

Nel frattempo mi aveva messo una mano nei pantaloni e mi stava accarezzando il cazzo. Io continuavo a masturbarla, cosa che sembrava le piacesse perché cominciò anche a tremare tutta, poi diede un sospirone e si rilassò fra le mie braccia e mi fermò la mano.

Perplesso la guardai negli occhi. Cosa è successo?’, le domandai, ‘Perché mi hai fermato?’

‘Sono troppo sensibile. Dopo un po’ non ce la faccio a sopportare lo stimolo delle tue dita,’ mi rispose, ‘Ora ti faccio godere io, così quando torni a casa stasera non ti masturbi e non mi tradisci nei tuoi sogni erotici.’

Detto fatto si chinò su di me, mi prese l’uccello in bocca e cominciò un movimento misto su e giù e rotatorio della mano che teneva l’uccello.
Mi aveva spiazzato ancora una volta. La mia eccitazione e la sorpresa erano così grandi che venni dopo pochissimi minuti di trattamento. Fu un orgasmo violentissimo. Lei non lasciò uscire neanche una goccia di sperma dalla sua bocca. Poi dopo essersi sollevata prese un fazzolettino dalla borsa e ci sputò la sborra.

Credetti che era l’inizio di una nuova fase fra di noi. Ci frequentavamo regolarmente. Giocavamo a tennis, molto spesso andavamo a cena fuori. Qualche volta, quando l’accompagnavo a casa mi invitava a salire da lei e facevamo l’amore. Comunque frequentemente lei interrompeva il rapporto prima ancora che io potessi godere dicendomi ‘Non venire. Aspetta. Conserva il seme per domani. Non venire altrimenti ti passa il desiderio per me.’

Insomma i nostri rapporti, tranne il sesso, erano molto buoni tant’è che dopo un paio di mesi lei mi propose di fare casa insieme e io accettai.

I primi mesi furono abbastanza caldi. Quasi ogni sera si cominciava con baci, carezze, poi lei mi chiedeva di penetrarla. Durava un paio di minuti e poi mi fermava. Questa situazione durò fino a quando successe una cosa che cambiò drasticamente la nostra vita sessuale. Un giorno mentre le accarezzavo il sesso si lasciò sfuggire una frase. ‘Parlami,’ mi disse. ‘Raccontami una storia, una storia di sesso.’

Allora cominciai a descriverle un’atmosfera accogliente con luci soffuse, divani nascosti nell’ombra, con un grande podio morbido dove lei giaceva nuda esposta all’adorazione di tanti uomini, che la accarezzavano, che la veneravano come una dea. Che volevano fare l’amore con lei. Nella mia testa cercavo di dare una connotazione più precisa a quali potessero essere le sue fantasie nascoste. Fantasie che non aveva mai avuto il coraggio di confessarmi. Man mano che il racconto proseguiva mi accorsi che le sue reazioni erano differenti. Per la prima volta sentivo che la sua fica era umida come mai l’avevo sentita prima. In genere la dovevo leccare per bene prima di poterla penetrare. Parlando le descrissi le carezze che quegli uomini le facevano e che io ero lì per la sua sicurezza, anzi che guidavo il gioco. ‘Si tienimi,’ mi disse, ‘tienimi e guida questi cazzi nella mia fica, prendili in mano, falli diventare duri e grossi e poi infilameli dentro.’

Hai capito la stronza che fantasie aveva. E per essere sicuro di avere capito bene le cominciai a descrivere le manovre che facevo con quei cazzi, come li esaminassi per vedere se erano puliti come li masturbassi per tenerli in erezione e altre cose del genere. ‘Si continua,’ mi incitò. ‘Anzi fammi vedere come ne prendi uno in bocca. Fammi vedere come fai un pompino.’

Avevo proprio ragione. Federica aveva l’anima di un voyeur. Le raccontai con dovizia di particolari come prendessi in mano un bel cazzo, con le vene gonfie in rilievo ed il glande scoperto. Come lo stimolassi con le labbra, la lingua e le mani. Non appena arrivai a dirle che sentivo il cazzo pulsare nella mia bocca pronto ad eiaculare, lei gridò e cominciò a tremare tutta. Sentivo le contrazioni della sua vagina sulla mia mano e del liquido che le colava dalla fica.

Giacque immobile respirando affannosamente con la mia mano sul suo seno. Non l’avevo mai vista in quello stato. Aveva gli occhi velati e non riusciva a prendere fiato. Poi si girò, si appoggiò sul mio petto e si addormentò. L’indomani, mentre faceva il caffè con indosso la solita vestaglia gialla trasparente ma senza nulla sotto mi confessò stupita che la sera prima aveva sperimentato il primo orgasmo della sua vita.
Mi confessò anche che tutte le sue altre relazioni erano finite a causa del suo poco interesse per il sesso.

Mi raccontò che era andata a letto con molti uomini, ma che il sesso la annoiava perché non riusciva a capire cosa ci fosse di piacevole in quella pratica. Finalmente l’aveva scoperto ed era dispiaciuta di averlo scoperto solo così tardi.

Dopo quella sera le nostre avventure amorose ricalcarono più o meno sempre lo stesso copione. Ci baciavamo, ci accarezzavamo, poi io le leccavo un po’ la fica e la penetravo. Dopo un paio di minuti capivo che lei si annoiava e allora ripetevo quello che ormai era diventata l’unico modo in cui ero sicuro che lei riuscisse a godere. Le mettevo una mano sotto il culo in modo da poterle toccare il perineo e l’ano, mentre con l’altra le stimolavo il clitoride. Poi le cominciavo a raccontarle incredibili ammucchiate dove tutto cominciava con lei al centro dell’attenzione per finire con me sodomizzato oppure dedito a fare pompini a tutti gli uomini della scena. Un’altra cosa che le piaceva particolarmente era che le dicessi che le leccavo la fica appena sborrata da un altro uomo.

Comunque rispetto ai primi tempi che vivevamo insieme il suo interesse serale cominciò a scemare. Inoltre, poiché era molto mattiniera, la sera andava a letto e si addormentava presto alla sera.
Insomma, il fatto che finalmente avesse conosciuto l’orgasmo non solo non le aveva stimolato un interesse e una voglia maggiore, anzi il contrario.

Una sera nel corso delle mie storie notturne, le raccontai che quella volta era lei a penetrarmi con un fallo posticcio e anche questa cosa la fece godere. Mi domandai se, in qualche modo, le cose che la eccitavano di più erano in qualche modo legate ad un idea di rivincita nei confronti degli uomini che lei focalizzava sulla mia persona.

In occasione di un viaggio all’estero, eravamo a Norimberga, durante uno spostamento in tassì Federica aveva visto la vetrina un sexy-shop. Era molto curiosa. Mi disse che era un’occasione che non voleva perdere perché lei non sarebbe mai potuta entrare in un sexy-shop in Italia per paura o vergogna di essere riconosciuta. Il sexy-shop o più propriamente un sexy-supermarket era ubicato in un palazzetto a tre piani con un assortimento impressionante di oggetti, vestiti, accessori e chiaramente anche videocassette e dvd esageratamente pornografici.

Federica che odiava perdere tempo nei negozi e fare shopping, restò due ore dentro il negozio. Mi chiedeva in continuazione che cosa fosse qualche oggetto e a che cosa servisse. Restò incantata al reparto dei vibratori e falli posticci. Ce n’era un assortimento impressionante dai modelli piccoli e supervibranti da borsetta a dei falli di dimensioni improponibili. Poi rimase sorpresa davanti ad una serie di falli indossabili e vidi una luce diversa nei suoi occhi. Insomma mi fece capire che ne avrebbe voluto un paio.

Si volle soffermare anche nelle cabine dove si potevano vedere degli estratti video dei film in vendita. Quando uscimmo, mi chiese come mai non le avessi mai proposto di vedere dei film porno insieme, lasciandomi un po’ interdetto. Che sorpresa, Federica la puritana, che si annoiava a fare sesso, mi aveva sconvolto. Si era finalmente scrollata di dosso tutti i suoi tabù?

Neanche per sogno. Dopo aver comprato un set completo di vibratori e falli posticci in una pratica confezione da viaggio, avere visto un oretta di sesso sfrenato di tutti i tipi ed avermi provocato in tutti i modi, quella sera si addormentò prima del solito.

Tornati a casa, riprendemmo un ritmo preciso da cui si sfuggiva raramente. Si faceva un po’ di sesso solo il sabato pomeriggio ma più o meno con lo stesso copione di prima. L’unica variante che si verificò fu l’uso dei vibratori. ‘Dai, prendi i nostri giocattoli,’ mi diceva, ‘ e giochiamo un po’.’

Giochiamo un po’ significava che io la stimolassi con il vibratore invece che con le dita. Una sera mi disse che le sarebbe piaciuto vedermi mettere il vibratore nel culo. Ma non doveva essere lei a farlo, dovevo essere io a farlo davanti a lei. Insomma, ero rimasto vittima delle storie che io stesso avevo inventato. Mi istigò, mi cosparse il buco del culo di una crema lubrificante, e poi lentamente usando uno dei vibratori mi sodomizzò. Quando mi fui abituato a quella presenza che mi stimolava la prostata e mi eccitava in modo diverso, lo estrasse e lo sostituì con uno più grosso e più lungo.

‘Dimmelo che ti piace,’ fece con voce roca che tradiva una grande eccitazione. ‘Dimmi che ti piace prenderlo in culo. Essere posseduto.
Non ti piace essere inculato? Pensa se questo, invece di essere un cazzo di plastica, fosse un cazzo vero, animato, di carne. Non ti piacerebbe?’ e nel frattempo si strofinava il clitoride con un altro vibratore. Ebbe un orgasmo potentissimo. Dalla fica le colava un liquido trasparente lungo l’interno delle cosce.

Devo confessare che non mi era dispiaciuta la penetrazione anale. Mi aveva procurato un piacere diverso. Avevo eiaculato in modo lento, goccia a goccia, un piacere continuo che era durato a lungo.

Il passo successivo fu la naturale continuazione di quello che era successo quella sera. Federica mi disse che forse le sarebbe piaciuto fare un’esperienza, vera e non raccontata, con un altro uomo. Anzi, mi disse pure che conosceva la persona adatta.

Un suo vecchio amico con il quale era andata saltuariamente a letto nel corso degli anni e del quale si fidava in quanto a salute e discrezione. Ne magnificò l’intelligenza, la cultura e le sue prestazioni. Io le domandai come mai allora non avesse avuto una vera storia con quest’uomo. Mi rispose che non lo amava e non lo aveva mai amato. Poi aggiunse anche che era troppo pressante sul piano sessuale, e in più che era anche sposato. Lo stimava, ammirava la sua intelligenza e la sua cultura ed era tutto lì.

Federica era una donna incredibile. Mi piaceva questa donna, la amavo, ma mi sottoponeva a delle prove veramente dure. Mi aveva tenuto alla corda per mesi fingendo orgasmi che non provava. Aveva scoperto il vero piacere grazie a me. Ma continuava a pensare che il mio piacere fosse solo quello di restare ore in erezione a darle piacere, ricevendo solo una carezza ogni tanto. Poi, dopo aver scoperto che le piaceva vedermi con il cazzo nel culo, pretendeva che lo facessi da solo. Infine ora voleva fare l’amore in tre. Cioè voleva vedere realizzate in pratica i racconti che le sussurravo alle orecchie e che avevano il magico potere di procurarle quel piacere che invano aveva cercato fra le braccia di tanti uomini senza ricevere il piacere che desiderava..

‘Sai ho sentito Gianluigi,’ mi disse una sera mentre eravamo a cena in pizzeria. ‘Mi vuole venire a trovare dopo domani mattina. Gli ho accennato il tuo desiderio di fare l’amore in tre. Mi ha detto che non ti capisce. Lui non condividerebbe mai la sua donna con un altro uomo.
Io gli ho spiegato che tu sei bisessuale e che ti piacciono anche gli uomini.’

Rimasi trasecolato. Io ero bisessuale. Mi piacevano gli uomini. E lei, poverina, si stava prestando a questo gioco per amore mio. Che potere hanno le donne di capovolgere le situazioni!

‘Ho deciso di farti questo grande regalo,’ continuò. ‘Io lo so che tu hai tendenze omosessuali, ma che non vuoi ammetterlo. Così siccome tu non prendi mai nessuna decisione ho deciso di prenderla io per te. Ho raccontato a Gianluigi che avevi voglia di realizzare le tue fantasie segrete e che io avevo deciso di assecondarti. Gianluigi viene a trovarci a casa dopo domani mattina, e io gli ho precisato che ci sarai anche tu’

Queste erano le parole di Federica, della stessa Federica che mi accusava di tradimento perché mi masturbavo quando mi lasciava costantemente a bocca asciutta dopo avermi provocato e stuzzicato in tutti i modi. In più lei ne usciva innocente come un angioletto. Ero io il depravato, il perverso che aveva studiato e organizzato tutta la faccenda.

La mattina del fatidico incontro, Federica si svegliò prestissimo e dopo aver compiuto i suoi riti mattutini si aggirava per la casa nervosamente. Era eccitatissima. Si avvicinava a me per farsi accarezzare, si strusciava, si assicurava che fossi in continuo stato di eccitazione toccandomi e stringendomi il cazzo in continuazione. Mi disse di rimanere nudo con solo l’accappatoio indosso. Mi chiese anche di penetrarla nell’attesa che arrivasse Gianluigi ma senza godere. Insomma fu la mattinata di sesso più intensa che avessimo mai avuto. Pensai che finalmente si fosse liberata di tutte le sue inibizioni.

Gianluigi arrivò verso le dieci. Lei gli aprì la porta. Per evitare qualsiasi possibile equivoco, Federica aveva la solita vestaglietta sexy gialla senza niente sotto. Lo fece entrare, ci presentò e disse che andava in cucina a preparare il caffè.

Gianluigi si accomodò in salotto e si mise a parlare delle cose del tutto ininteressanti che servono per mascherare un imbarazzo evidente.
Lo ascoltai con molta pazienza, mentre lui mi osservava come un animale strano. E capivo perché mi guardasse in quel modo. Con tutto quello che gli aveva raccontato Federica. Forse pensava che gli sarei saltato addosso e che lo avrei violentato appena lui si fosse distratto un po’.

Federica risolse la sua situazione, come al solito, spiazzando tutti. Chiamò Gianluigi in cucina con una scusa banale. Li sentii parlottare a bassa voce. Poi tornarono insieme in salotto. Federica si sedette in mezzo a noi, con una mano appoggiata sul mio sesso e l’altra su quello di Gianluigi. Gianluigi era chiaramente imbarazzato e non sapeva come comportarsi.

Fui io a rompere gli indugi. ‘Gianluigi, io sono per la chiarezza. Ognuno farà solo quello che ha voglia di fare. Questo è un gioco e le regole sono semplici. Nessuno si deve sentire obbligato a fare cose che non vuole fare.’

Detto questo mi girai verso Federica e le cominciai a baciare il seno, mentre lei armeggiava con il pantalone di Gianluigi. Lui si alzò dal divano, si liberò delle scarpe e si abbassò i pantaloni. Era già eccitato, quindi la situazione lo intrigava. Si avvicinò a Federica in modo da avere il suo cazzo all’altezza del suo viso. Era evidente cosa volesse.
Un lampo di gelosia mi attraversò il cervello. In quasi due anni che stavamo insieme Federica mi aveva preso l’uccello in bocca solo una volta.

Come sempre anche questa volta mi sorprese. Mentre io la continuavo a baciare il seno, lei abbrancò i fianchi di Gianluigi e se lo tirò vicino, in modo da potere avere il cazzo a portata di bocca e allo stesso tempo molto vicino alla mia. Glielo prese con decisione, quasi con violenza, e gli sfiorò il glande con le labbra e poi con la lingua. Gianluigi fece per metterle le mani sulla testa per invitarla a prenderlo in bocca ma lei non cedette. Continuò a stuzzicarlo molto superficialmente ancora per un po’.

‘Hai visto che bel regalo che ti ho fatto?’, mi sussurrò all’orecchio ma in modo tale che anche Gianluigi sentisse le sue parole. ‘Guarda che bel cazzo vero che abbiamo qui. Finalmente avrai un cazzo vero da succhiare. Finalmente potrai provare cosa significa avere un cazzo vero nel culo. Un cazzo che ti riempe la bocca di sperma’

Mentre mi diceva queste cose aveva la voce che tremava per l’emozione. Stringendo sempre l’uccello di Gianluigi in mano mi sollevò la testa dal suo seno e me la spinse contro di lui. Mi ritrovai con quel cazzo, che per la verità non era niente di particolare, vicino al viso e soprattutto in una posizione in cui lei poteva osservare tutto nei minimi dettagli. Appena aprii la bocca e presi il glande fra le mie labbra, Federica cominciò a gemere.

‘Se fate così io vengo subito,’ disse Gianluigi, ‘in due contro uno non vale. Non posso resistere a lungo.’ Non ebbe il tempo di finire di parlare che Federica cacciò un urlo ed ebbe un orgasmo. Non sapeva che Federica perdeva il suo già ridotto interesse al sesso dopo avere goduto. Infatti, dopo aver sussultato e tremato, si alzò di botto, rompendo quella vicinanza tra noi tre.

‘L’abbiamo fatto’, disse rivolta a Gianluigi, ‘ora te ne puoi andare. Poi ci sentiamo al telefono.’ Detto questo, gli tirò su i pantaloni e praticamente lo buttò fuori di casa. ‘Sei un porco schifoso e depravato. E’ incredibile quello che mi fai fare. Tu ti sei messo con me solo perché io potessi procurarti gli uomini da scopare,’ mi disse molto seccata, ‘anzi credo proprio che tu sia gay. Ma come hai fatto a prendergli il pene in bocca. Che schifo. Non mi baciare mai più. Anzi non farò più l’amore con te.’ Se ne andò in cucina, si prese una tazzina di caffè, che non aveva avuto il tempo di raffreddarsi e si chiuse in bagno.

Non le rivolsi la parola per una settimana. Mi sentivo veramente uno straccio. Aveva organizzato tutto lei. Aveva goduto come non mai nel giro di due minuti, forse anche meno. E poi scaricava il suo senso di colpa su di me. Riflettendo su quello che era successo, capii che Federica non poteva ammettere a sé stessa che le fosse piaciuto. Aveva avuto un orgasmo solo guardando il cazzo di Gianluigi appoggiato sulle mie labbra. Non poteva ammettere di essere in qualche modo fuori dagli schemi della sua educazione, e scaricava su di me il senso di colpa che la sua voglia, assolutamente trasgressiva e contro la sua morale, le procurava

I nostri rapporti restarono freddi per un po’. Fra di noi pesava quello che mi aveva detto e non è nel mio carattere fare il primo passo. Fu lei a rompere questa tregua belligerante, quando a cena mi disse che si era sentita con Gianluigi. ‘Sai Gianluigi mi ha chiamato diverse volte,’ mi disse con un tono da gattina in calore, ‘vorrebbe fare l’amore solo con me. Naturalmente io ho rifiutato. Non ti tradirei mai. Per me esisti solo tu. Allora mi ha detto anche che potremmo provare di nuovo a fare una cosa in tre. E che l’altra volta è andato via di qui eccitatissimo, e che sarebbe disposto anche a sodomizzarti.’

Disse tutto questo come se fosse l’unico mio desiderio. Come se io l’avessi tormentata per provare questa esperienza. Malgrado le avessi detto più volte che gli uomini non mi piacciono e che se, ogni tanto, mi piaceva farmi penetrare questo non voleva assolutamente implicare che avessi intenzioni o voglia di avere esperienze omosessuali.

‘Sai, Gianluigi viene sabato mattina,’ continuò, ‘e tu sabato non vai al lavoro così non devi prendere un giorno di ferie’. La stronza aveva organizzato tutto in modo che io non potessi accampare scuse. Il sabato mattina, Federica dopo aver celebrato riti mattutini ritornò a letto. Era eccitatissima, aveva i seni duri, capezzoli eretti, si mise sul letto accanto a me e dopo avermi svegliato cominciò a stuzzicarmi.

‘Dai mettimelo dentro un poco prima che arrivi Gianluigi,’ mi disse senza tante parafrasi, ‘ho voglia di sentirlo dentro. Anzi mentre me lo metti dentro stuzzicami con il vibratore. Mi sento una porca stamattina.’

Senza aspettare alcuna risposta da parte mia e prendendo la mia erezione come risposta positiva si sistemò nella sua posizione preferita e cioè supina, con le gambe leggermente sollevate. Mentre io dovevo stare su un fianco sotto le sue gambe in modo che ci fosse pure lo spazio e per stimolarle il clitoride. Malgrado la sua eccitazione,
e tutti i gemiti e i si e i dai e gli ancora, il giochino durò pochi minuti. Non aveva mai abbastanza pazienza di aspettare che il piacere le arrivasse. Anche stavolta si stancò di essere penetrata.

‘Mettiti il vibratore nel culo,’ gemette con voce roca, ‘così quando arriva Gianluigi sei già pronto.’ Il vibratore che aveva preso era quello più grosso ed era una riproduzione del fallo di un famoso attore di film porno. ‘Anzi, aspetta che ti metto un po’ di crema lubrificante così ti entra meglio, e ti aiuto a metterlo.’ Magari voleva pure essere ringraziata la maiala perversa che era.

Mentre armeggiava con il vibratore nel mio culo, Gianluigi suonò alla porta. Lei si alzò, lasciandomi a letto con il vibratore nel culo, e andò ad aprire la porta senza mettersi neanche la vestaglietta. Ritornò dopo pochi secondi tenendo Gianluigi per il cazzo. Stavolta niente caffè, aveva fretta di arrivare a qualcosa di concreto. Infatti appena in camera da letto, si sedette e dopo aver abbassato i pantaloni di Gianluigi e avere messo a nudo il suo uccello si diede ad un lavoro di lingua e di bocca che non le avevo mai visto fare. Dopo qualche minuto di questo trattamento, Gianluigi era tutto rosso in viso ed era già sul punto di eiaculare. Lei se ne accorse e smise immediatamente, e si mise su di me con la fica sul mio viso invitando Gianluigi a prenderla così da dietro in modo tale che io potessi vedere la sua fica penetrata. Dopo pochi affondi sentii che non riusciva a stare più sulle ginocchia e si lascio andare sopra di me con il viso accanto al mio uccello. Adesso la sua fica era talmente vicina alla mia faccia che potevo sentire l’odore che ne emanava ed i rumori liquidi procurati dalla penetrazione. Gianluigi perse il controllo della situazione. La posizione che doveva assumere, per penetrare Federica e il pensiero di avere il mio viso vicinissimo fece sì che eiaculò violentemente dentro la fica di Federica che a sua volta lanciò un grido animalesco.

Gianluigi tirò fuori il suo cazzo e andò in bagno a rinfrescarsi lasciandoci soli. Io avevo ancora il vibratore nel culo, il mio cazzo durissimo appoggiato al viso di Federica e la sua fica gocciolante a pochi centimetri dalla mia faccia.

‘Leccami la fica adesso,’ rivolgendosi a me, ‘leccami lo sperma che mi cola dalla fica. A leccare la fica quando è pulita sono tutti bravi. Leccala adesso fammi sentire quanto sei porco e depravato’

Certo il pensiero che io le leccassi la fica appena sborrata da un altro uomo la doveva eccitare moltissimo perché dopo pochi secondi che mi adoperavo nella zona fra l’entrata della vagina e il buchetto del culo cominciò a tremare e gemere e nominare il mio nome. Anche questa volta aveva goduto.

Dopo qualche minuto si girò su un fianco e giacque soddisfatta sul letto. Insomma, Gianluigi aveva goduto, Federica pure. Solo io ero rimasto a bocca asciutta come sempre. Inoltre sapevo bene che lei non avrebbe fatto niente per darmi piacere. Anzi quando si riebbe e mi guardò con l’uccello ancora in erezione era pure contenta.

‘Che bello,’ mi disse ‘non sei venuto. Così avrai ancora voglia di giocare con me stasera. Però adesso alzati e datti una sistemata perché fra poco viene una mia amica a trovarmi.’

Gianluigi era un po’ deluso per avere resistito così poco, ma ancora non si era reso conto che anche il suo ruolo era subalterno a quello di Federica. Comunque si rivestì e se ne andò via salutandomi calorosamente. Chissà che idea si era fatto di me, ma sinceramente non me ne fregava più di tanto.

Chiaramente la stessa sera Federica si sentì stanca molto presto e con il candore che le era abituale mi fece: ‘Amore mio sono troppo stanca per giocare con te stasera, ci potremo rifare domani.’ E già io lo sapevo prima ancora che me lo dicesse.

Ci fu un periodo abbastanza lungo nel quale Federica mi raccontava che Gianluigi l’aveva chiamata, che lui era molto interessato a lei e che voleva incontrarla da solo, ma che lei si era sempre rifiutata. ‘Da quando sto con te gli altri uomini non mi interessano.’ Mi disse,
‘L’unico con cui farei l’amore sei tu. E tu sei anche l’unico che mi ha fatto godere.’

Tutto vero, secondo la sua mentalità. Ma era pure vero che si era fatta sborrare nella fica da Gianluigi e gli aveva anche succhiato l’uccello. Mentre a me, mi lasciava regolarmente all’asciutto.

Dopo qualche tempo, quando le chiesi se aveva notizie di Gianluigi perché sapevo per certo che lo incontrava al Bar del Viale dove prendevano insieme il caffè. ‘Sai, se sei libero lo potremmo fare venire. Mi ha chiesto un sacco di volte di rivedermi da sola, ma tu lo sai che io non ti tradirei mai. Sono convinta che verrebbe subito se glielo chiedessi. Anzi questa volta sarò più esplicita, gli dirò che tu hai voglia di essere sodomizzato e che lo deve fare davanti ai miei occhi’

Aveva un’altra volta rigirato le cose. Per lei, la mia più grande aspirazione era quella di prenderlo nel culo, quando invece era il suo desiderio che veniva esaudito senza sensi di colpa, perché scaricava su di me l’onere della scelta.

Il copione fu lo stesso della volta precedente. La mattina lei si svegliò prestissimo e dopo aver adempiuto ai suoi riti quotidiani mi si avvicinò con il vibratore in mano. ‘Dai mettiti il vibratore nel culo, così Gianluigi ti può penetrare più facilmente. Fra l’altro gli ho parlato per telefono e mi ha detto che è d’accordo. Mi ha detto pure che ha voglia di giocare con noi e che ha capito lo spirito del gioco.’

Restò a guardare mentre io mi preparavo. Spalmai un po’ di gel lubrificante sul quel fallo posticcio. Lei era affascinata da quell’operazione, dalla vista delle mie mani che maneggiavano quell’oggetto, una imitazione molto verosimile di un fallo. ‘Dai, mettilo dentro che voglio guardare mentre entra dentro di te. Non sei contento? Oggi avrai un cazzo vero per te e non questo oggetto freddo.’

Per l’eccitazione si sfiorava la fica con una mano, lei che non solo non si era mai masturbata in tutta la sua vita, ma che aveva già grosse riserve mentali a farsi il bidet. Certe volte mi capitava di pensare che si mettesse i guanti per lavarsi la passera.

Gianluigi suonò alla porta. Federica sussultò. ‘Eccolo, vado ad aprire e torniamo subito.’ Detto fatto. Quella mattina niente caffè, pensai, deve essere molto eccitata per rinunciare al caffè, la sua unica grande passione. Entrarono in camera da letto. Federica aveva la mano dentro i pantaloni di Gianluigi, come per saggiare la sua consistenza.
Gianluigi mi salutò, si tolse i pantaloni e la felpa rimanendo nudo. Era già in erezione, ma onestamente non aveva un uccello di dimensioni rilevanti. Anzi era più corto e meno grosso del vibratore che avevo nel culo.

Si avvicinarono al letto, lui prese la mano di Federica e insieme alla sua la mise sul mio cazzo, cominciando ad accarezzarlo. ‘Come vedi non abbiamo neanche bisogno di te,’ fece Gianluigi credendo di fare una battuta. Non aveva capito niente di quale fosse la reale situazione. Si avvicinò in modo da avere il suo cazzo a portata della mia bocca. ‘Perché non me lo succhi un po’?’ Disse guardando Federica negli occhi. Per tutta risposta Federica prese la mia testa e la spinse contro il cazzo di Gianluigi. ‘Succhiagli il cazzo, dai, ma non troppo. Non farlo venire subito. Così poi ti può inculare.’

Nel frattempo io allungai una mano e le toccai la passera. Era bagnata, anzi era inondata. Già mi ero scocciato di questa situazione.
Mi alzai dal letto e dissi loro che dovevo andare in bagno e che loro continuassero che io sarei tornato subito. In fondo era quello che Gianluigi voleva veramente, e cioè scoparsi Federica da solo come aveva fatto per tanti anni prima che io comparissi nella vita di Federica. Quando tornai dopo aver fatto pipi, lei era supina con le cosce in aria e Gianluigi che la sbatteva in modo molto violento e lei mugolava. MI avvicinai a loro e li guardai. Federica mi vide e ritornò alla sua fantasia, bloccò Gianluigi e lo fece girare sul dorso con il cazzo ancora umido e luccicante delle sue secrezioni. ‘Avanti,’ disse, ‘sali su e cavalca questo cazzo di carne.’ Per tutta risposta io mi misi sopra di lei e la penetrai. ‘Se vuole possiamo fare trenino,’ le dissi e cominciai a sbatterla con colpi profondi. Gianluigi non se lo fece ripetere e a sua volta mi penetrò. Evidentemente la cosa lo eccitava moltissimo perché dopo pochi colpi esplose in una serie di mugolii e mi eiaculò nel culo. Per la verità io non sentii granchè. Federica era sempre più inondata e quando sentì i mugolii del piacere di Gianluigi ebbe anche lei un orgasmo che la fece tremare e sussultare, ma io continuai a muovermi dentro di lei. Anche io avevo diritto a godere, a costo di rovinare il suo piacere. Dopo un po’ venni anch’io.
Gianluigi se ne andò in bagno a lavarsi. Io mi girai e rimasi disteso nel letto. Federica si alzò e andò a fumarsi una sigaretta in cucina.

Quando Gianluigi se ne andò, Federica tornò a letto e guardandomi con gli occhi languidi ‘Ti è piaciuto il regalo che ti ho fatto? Ma ti rendi conto di quello che mi hai fatto fare? Sei un porco e depravato. Tu stai con me solo perché io possa procurarti gli uomini.’ La guardai senza dire niente.

Non la cercai più fisicamente e gettai tutti i giochini che le avevo comprato al sex-shop. Dopo qualche settimana che non la toccavo più mi disse che aveva chiamato Gianluigi e che gli sarebbe piaciuto ripetere l’esperienza e che aveva capito lo spirito del gioco. ‘Perfetto,’ le dissi. ‘visto che ha capito lo spirito del gioco puoi farlo venire quando vuole.’ ‘Lui sarebbe disponibile domani’, fece Federica, ‘anzi mi ha detto che vuole provare a farti un pompino.’

‘Domani, se viene, te lo scopi tu,’ le dissi ‘io non sono più tanto interessato alla cosa. Anzi per essere sincero non ho alcun piacere a fare cose né con Gianluigi né con qualcun altro. Se tu hai voglia di scopare con lui, scopatelo a me non interessa.’

La lasciai sorpresa ed innervosita ed uscii di casa. La sera quando ritornai non accennai più a Gianluigi e neanche lei me ne parlò mai più. Il sesso tra di noi divenne sempre più raro e ancora meno soddisfacente. Federica aveva voglia ciclicamente, sicuramente in risposta ad un picco ormonale, ma io ero sempre meno disposto ad farla godere, anzi cominciammo a dormire in stanze separate fino a quando non decidemmo che non aveva più senso vivere insieme.

Continuammo ad uscire e giocare a tennis ma non riuscivo più a vedere in lei la donna di cui mi ero innamorato, ammesso poi che fosse mai esistita. Quello che mi brucia di più ancora oggi è che se lei avesse ammesso a se stessa di avere delle fantasie sessuali non propriamente ortodosse per una donna ci sarebbe potuta essere una grande complicità fra di noi. Invece lei scaricava il suo senso di colpa per queste fantasie, in parte anche realizzate, su di me, come se io l’avessi forzata a fare cose indecenti e sconvenienti contro la sua volontà. Non so se, dopo che ci lasciammo, Federica sia più riuscita ad avere un orgasmo. Io si.

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