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Racconti Erotici Etero

Storie d’ufficio

By 16 Maggio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Il meeting si dilungava più del previsto. Il relatore era così entusiasta di poter esporre il proprio lavoro che per l’occasione aveva preparato dozzine di slide, che dettagliatamente ci somministrava a piccole dosi, distribuendo la sua pappetta brodosa con un cucchiaino da t&egrave. La sua voce, bassa e monotona, accompagnata dalla semioscurità della stanza, rimbalzava sulle pareti grigie e asettiche e arrivava alle orecchie come una nenia. Iniziavamo tutti a mostrare segni di sfinimento. Dalla seconda fila di sedie in poi, come nei miei ricordi scolastici, erano pochi quelli che riuscivano a tenere gli occhi aperti. Io fui costretto a sedermi in prima fila, merito dei miei ritardi cronici, e prestavo molta attenzione… Accanto al relatore era seduta la dottoressa Claudia Di Palma, il mio capo, o come voleva esser chiamata lei: la mia responsabile. Prestavo molta attenzione, dicevo, ‘ma a lei. Nonostante avesse passato la quarantina da tempo, il suo corpo faceva invidia ad una ventenne. Era bella e sensuale e fino ad allora non avevo mai avuto modo di osservarla attentamente. Il suo carattere forte ed autoritario, la freneticità dell’ambiente lavorativo, non mi avevano mai permesso di osservarla con attenzione. Adesso invece… Seduta placidamente, nel suo tailleur grigio, con le gambe accavallate, si gustava l’esposizione del relatore, mostrandosi interessata ad ogni nuova slide, e io mi gustavo lei. In ogni morbida piega del vestito, in ogni curva delle gambe, in ogni spiraglio di carne che si intravedeva dalla camicetta bianca sbottonata sulla linea dei seni. Alzai gli occhi e i nostri sguardi si incrociarono. Mi fulminò con aria infastidita… si era accorta che la stavo radiografando. Deglutii con forza e spostai lo sguardo sul telo bianco dove brillava l’ennesimo diagramma a torta.
Fui il primo ad uscire dalla stanza a riunione completata e mi rintanai in ufficio per sistemare le ultime cose prima di andar via. La segretaria del capo entrò dopo pochi minuti lasciandomi sulla scrivania una serie infinita di dati da riordinare in una tabella… entro la giornata: – entro la nottata vorrai dire’ – aggiunsi io. Sarei dovuto rimanere oltre l’orario di lavoro per poterlo fare. Mi ritornò in mente lo sguardo di Claudia di poco prima. ‘Meglio non farla incazzare oltre’ pensai.
Stava già facendo buio quando terminai il lavoro assegnatomi. Gli altri colleghi della stanza erano già andati via. Anche la ditta delle pulizie aveva terminato il suo giro. Percorsi il corridoio già illuminato dalle fioche luci notturne e andai nella segreteria di Claudia. Ufficio vuoto anche lì. Dalla porta del capo, però, filtrava un filo di luce. Guardai il documento tra le mani, ‘entro la giornata’ ricordai: una buona occasione per sottolineare il fatto di averlo terminato nei tempi richiesti. Mi accostai alla porta: silenzio totale. Bussai timoroso e la aprii lentamente.
Lei era seduta alla sua scrivania e mi fissava. Le gambe accavallate, i gomiti poggiati sui braccioli della sedia, le mani giunte palmo su palmo sotto il mento. Mi disse di chiudere la porta e mi fece cenno di accomodarmi. Le consegnai il documento e lei lo esiliò in un angolo senza prestargli la minima attenzione. Si alzò, girò intorno alla scrivania e mi si pose davanti a braccia conserte.
– Ti ho visto molto distratto al meeting oggi – mi disse con tono sarcastico.
Io non riuscivo a parlare. Sentivo la mia temperatura alzarsi e prosciugarmi la gola, sia per il rinnovato imbarazzo di quando sono stato sorpreso a guardarla, sia perch&egrave Claudia si sedette sulla scrivania a pochi centimetri da me, accavallando le gambe; ne potevo quasi sentire il calore tanto era vicina. Mi forzai a guardarla negli occhi e cercai di mettere insieme una frase, senza riuscirci. Mi anticipò lei.
– Ho notato come mi guardavi oggi… mi stavi spogliando con gli occhi.
In quel momento l’imbarazzo era totale. Sentii una vampata di calore avvolgermi così velocemente da togliermi l’ossigeno intorno facendomi ansimare. Non sono mai stato timido, ma diavolo! lei era il mio capo, e ci tenevo a quel posto’
Si alzò dalla scrivania e mi si pose dinanzi.
– Mi stavi immaginando così?
Osservai basito la gonna scivolare velocemente sulle sue gambe seguendola con lo sguardo fino in terra, per poi risalire con gli occhi centimetro per centimetro le autoreggenti, fino allo slip merlettato. Le sue gambe apparivano come colonne di marmo perfette a sorreggere una struttura ancor più perfetta. Un’ondata di ormoni mi travolse completamente e sentii nitidamente il sangue pulsare nei luoghi più remoti del mio corpo.
– Non ho un’immaginazione così fervida da potermi immaginare delle gambe così belle – le risposi sorridendo cercando di riprendere il controllo della situazione.
– Stronzate! – mi disse imperiosa. Abbozzai, cosciente che la mia era stata una risposta idiota.
Si sedette di scatto sulle mie gambe cingendo i miei fianchi con le sue. Affondò le dita nei capelli dietro la mia nuca e tirò con forza, piegandomi la testa indietro. Mi baciò con impeto, smorzandomi il respiro.
– Conosco le voci che girano su di te. Del fatto che ti sei scopato più di una impiegata e di come lo fai con arte. Ho sempre avuto la curiosità di vederti all’opera – mi sussurrò all’orecchio mentre era intenta a mordicchiarlo. – Ho sempre pensato che tu mi vedessi vecchia, mentre io ogni volta che ti incrociavo nei corridoi intento a parlare con qualche tua collega mi eccitavo, invidiandola a priori delle sensazioni che avresti potuto donarle. Invece oggi… mi hai dato un segnale. Guarda… guarda quanto mi fai venir voglia…
Infilò una mano nei suoi slip e mi mostrò le dita impregnate dei suoi desideri che mi spalmò successivamente sulle labbra. Fu la mossa giusta. Il suo sapore sulla mia bocca fece franare tutte le mie riserve sul suo status lavorativo. Tirai a me il suo viso e la baciai voluttuosamente. Aumentò la pressione del suo pube su di me. Inarcò la schiena e mi offrì il piacere dei suoi seni che raccolsi con il palmo delle mani seguendone la consistenza intorno al reggiseno con le labbra, mentre si sbottonava la camicetta.
Il drappo bianco planò sul pavimento mettendo a nudo il suo corpo. Era bellissima proprio come immaginavo. Le carezzai la schiena. La sua pelle era un morbido tessuto di seta. Si mise in ginocchio. Era frenetica, smaniosa. Mi liberò in fretta dei pantaloni con l’ansia di chi scarta un regalo inaspettato. Si appropriò della mia intimità con veemenza, quasi come se avesse paura che, libera dalla sua gabbia di stoffa, potesse scappare via.
Chiusi gli occhi e assaporai il lento percorso delle sue labbra. La sentii risalire lentamente l’impervio ostacolo, centimetro per centimetro, fino al suo cuspide. Ero praticamente alla deriva dei sensi e mi lasciavo trasportare come un naufrago dalla tempesta ormonale che mi devastava il corpo e l’anima, ma nel momento in cui capì che stavo raggiungendo la riva terminò la sua corsa e si allontanò da me. Si mise a sedere sulla scrivania divaricando le gambe. Avvicinai il mio viso alla stoffa bianca degli slip e mordicchiai delicatamente facendo raspare i denti sul fine merletto. La sentii deglutire un gemito. Le sfilai con delicatezza gli slip e ricambiai le sue attenzioni. Il monte dei suoi desideri, completamente glabro, metteva in evidenza ancor di più il suo desiderio. Lappai con avidità ogni goccia di miele esondata dal suo rifugio. Sentivo attimo dopo attimo accrescere la tempesta dentro di lei. Sentii la forza dirompente dell’onda ormonale nell’istante in cui focalizzai le mie attenzioni all’esterno del suo piccolo altare ardente. Il suo sapore era dolce e la mia bocca non riusciva a sfamarsi. Attizzai con le dita il fuoco del desiderio. Ebbe un sussulto.
– Prendimi! Subito! – disse.
Non lo feci. Mi alzai, &egrave vero, ma per puro lussurioso sadismo iniziai a sfregare pelle su pelle, con lentezza maniacale. Ero intenzionato a portarla al massimo del desiderio. Non resistette a lungo. Mi prese per i fianchi e coattivamente mi tirò a sé ed entrai in lei. La fissai con una smorfia gaudente che mi tagliò la faccia quando in quell’attimo sgranò gli occhi, richiudendoli subito dopo tra le pieghe di un sorriso. Ebbe un nuovo sussulto. Mi cinse con le gambe e si alzò abbracciandomi. Ci baciammo. Sentivo la sua lingua annaspare nella mia bocca alla ricerca della mia anima, mentre le sue unghia affondavano nei miei glutei. Si accasciò nuovamente sulla scrivania. Non c’erano sospiri, non c’erano silenzi, ma respiri affannati che chiedevano di non fermarsi, di continuare fino all’esaurimento.
– Adesso! – gridò.
Il fiume del mio essere defluì nello stesso momento in cui sentii l’onda tracimante dei suoi ormoni infrangersi sugli scogli della passione.
Incrociammo gli sguardi appagati per un attimo, poi scoppiammo a ridere perché lei non voleva allentare la presa delle sue gambe sui miei fianchi.

Ci eravamo già rivestiti ed eravamo in procinto di andarcene quando Claudia, mi infilò i suoi slip nella taschina della giacca.
– Stefano… credo che farai molti straordinari da oggi in poi – mi disse con un sorrisino ironico.
Ma questa &egrave un’altra storia.
Era trascorsa poco più di una settimana da quando con Claudia mi ritrovai chiuso nel suo ufficio quella sera. Mi promise molti ‘straordinari’ e devo dire che fu di parola, anche se mi aspettavo qualcosa di diverso… Da una settimana l’intero staff coordinato da lei era in vivido fermento. Lavoravamo tutti come forsennati per il buon esito di un progetto molto importante, ‘a sei zeri’ amava ripetere, la cui responsabilità era stata affidata proprio a Claudia. A me il compito di analizzare e pianificare il flusso produttivo. Fino a quel momento avevo stampato tanta carta da tappezzarci l’intero fabbricato, a causa delle continue variazioni. Quel giorno, però, era il giorno che precedeva l’esposizione dell’intero piano di lavoro ed io mi sentivo tranquillo perché avevo finalmente raggiunto il mio obiettivo. Ma Claudia era palesemente ancora sotto stress.
Entrai nella segreteria di Claudia con il pacco di fogli ancora caldi di stampante, per un ultimo controllo prima del meeting del giorno successivo. Nell’aria si diffondevano pacatamente note di canzoni melodiche trasmesse alla radio, tenuta costantemente accesa dalle segretarie per alleviare il logorio del lavoro incessante. Valeria, una di queste, mi indicò la porta chiusa di Claudia con un gesto della testa, come a volermi dire che mi aspettava, accompagnando il tutto con un sorriso sornione.
Picchiai con le nocche lo spesso legno scuro e mi apprestai ad entrare.
Claudia era alla sua scrivania immersa nelle carte. Mi guardò con la coda dell’occhio e iniziando a fare spazio per il mio lavoro sul ripiano traboccante, mi fece cenno di entrare.
Cominciammo subito a controllare ogni piccolo dettaglio e in breve tempo riuscimmo a scrivere la parola fine sul compito assegnatomi. Era un lavoro ben fatto, anche lei ne era soddisfatta. Finalmente poteva permettersi di rilassarsi un attimo e poggiò la schiena di peso sulla sua poltrona. Mi guardò e sorrise vedendomi con lo sguardo perso nel suo decollet&egrave.
Avrei bisogno di un massaggio adesso – mi disse con aria infantile infilando una mano nel colletto della camicia dietro la nuca.
Non le risposi neanche. Mi alzai e mi misi alle sue spalle. Sfregai i palmi delle mani per riscaldarli e li poggiai sulla sua pelle sotto la stoffa della camicia. Lei si lasciò andare, chiudendo gli occhi, mentre respiravo il profumo dei suoi capelli. Continuai il massaggio fino a quando le mie mani, senza alcun controllo, non volendo rinunciare alla tentazione, scivolarono sul suo petto, fin nella linea dei seni. Tirò un sospiro profondo e piegando la testa sulla nuca mi porse le labbra. Ci baciammo a lungo, senza alcun criterio razionale, visto il luogo in cui eravamo. Ebbi un leggero sussulto quando sentii la sua mano, che dietro lo schienale si era fatta strada fino a raggiungere la patta dei miei pantaloni. Strinse con forza il suo contenuto.
Mi scostai da lei e le porsi la mano in un gesto che l’accompagnò ad alzarsi.
La stanza illuminata dal tiepido sole pomeridiano che batteva dietro le tende chiare, assumeva d’improvviso un fascino che non apperteneva per nulla ad un ufficio.
Che vuoi fare Ste’?… – mi chiese tra curiosità e timore – … di là ci sono tutti…
Le sorrisi, e gesticolando la esortai a fare in silenzio.
Le feci appoggiare la schiena alla porta e senza indugio, prima che riuscisse a pensare a qualsiasi cosa, iniziai a baciarle il collo, esplorando con le mani il resto del suo corpo. Lei si lasciò andare alle mie avances carezzandomi la nuca e la schiena, soffocando i suoi sospiri tra la gola e le labbra. Sentivo la morbida consistenza dei suoi seni pressare sul mio petto, il suo ansimare soffuso sul collo, la mia radice di uomo sfregare su di lei.
Infilai una mano nel bordo della gonna dietro la sua schiena, cercando di farmi spazio tra la stoffa e gli slip, alla ricerca della piega dei suoi glutei.
Tu sei pazzo… – mi disse con un filo di voce – …ci potrebbero sentire…
E la cosa non la trovi eccitante? – le risposi spostando la mano nella parte anteriore della gonna.
Annuì, lasciandomi proseguire. Mi feci strada con le dita riuscendo ad arrivare alla sua sorgente e le carezzai la clitoride, meravigliosamente inerme, morbida e completamente bagnata. Le scappò un gemito. La sentivo inturgidirsi sotto la mia prolungata pressione e bagnarsi sempre di più. Il suo odore di donna raggiunse le mie narici, eccitandomi sempre di più e spronandomi a continuare a stimolarla con gesti delicati e sempre diversi.
Immagina che adesso sia la mia lingua e non le mie dita – le dissi con un soffio ad un orecchio.
Ho voglia di scoparti! – mi sussurrò tra il vorticare delle nostre lingue.
Anche io, ma adesso non si può… lo sai… – le risposi soffocando le parole nel mio ansimare.
Fermo! Basta!
Un istante e sentii le sue mani bloccare il mio braccio, ma, inaspettatamente, invece di forzarmi a tirar via la mano, tendevano a spingerla ancora più in basso.
Si alzò in punta di piedi facilitandomi la strada verso la sua fonte di vita. Vi entrai prima con un dito, poi con due, accompagnato dal ritmo costante del suo bacino e dalla pressione delle sue unghia sulle mie spalle.
Con un rapido gesto affondai le dita nel suo lago mentre un’onda di piacere le gonfiò le labbra pulsanti fino ad un primo flebile orgasmo.
Sentii la sua mano scivolare sulla mia camicia, sul ventre e farsi strada nei pantaloni agguantando rabbiosa la mia radice. Al mio ritmo si affiancò il suo in un reciproco masturbarsi, in un godimento adolescenziale col sottofondo delle voci, del ticchettio di tastiere, della musica proveniente dall’altro lato della porta.
Il trillo del telefono ci fece sobbalzare entrambi. Ci guardammo per un attimo infinito perch&egrave nessuno dei due voleva interrompere quello che stavamo facendo. Ma il trillo continuò senza sosta e avrebbe destato sospetti se Claudia non avrebbe risposto.
Agii per primo sfilando la mano dalle sue cosce e cospargendomi le labbra dei suoi umori. Lei fece altrettanto, unendo poi istantaneamente le bocche per assaporare i nostri reciproci sapori.
Rispose al telefono cercando di mascherare il respiro ansioso e lo ripose poco dopo, guardandomi negli occhi con un sorriso che aveva un’unica interpretazione.
Adesso &egrave meglio che tu vada – mi disse senza modificare la piega delle sue labbra.
Presi il mio lavoro ed aprii la porta per uscire quando la sua voce mi raggiunse alle spalle.
Stefano, apporta le modifiche che abbiamo definito e poi riguarderemo il tutto. Stasera faremo tardi… – mi disse con tono serioso.
Trattenni al meglio il sorriso che stava per nascere sul mio volto e, chiudendo la porta, diedi sfogo alle mie piccole doti d’attore rispondendole con un ‘ok’ annoiato .
Questo lavoro non finisce mai vero? – mi disse Valeria dopo il clack della porta.
Che ci vuoi fare, siamo nati per soffrire – le risposi, dando sfogo al mio sorriso.

Come promesso con Claudia rivedemmo le ‘pratiche’ lasciate in sospeso in tarda serata… ma questa &egrave un’altra storia.
La giornata era cominciata nel migliore dei modi: un bel sole primaverile, pochissimo traffico, trovai subito parcheggio e, per ultimo ma da non sottovalutare, il mio capo fuori città. Ero entrato in ufficio con un volto che era la massima espressione della serenità, ma durò poco più di uno squillo di telefono. Claudia, il mio capo, un istante prima dell’imbarco sul volo per Milano, volle assicurarsi che fossi arrivato in ufficio. Si raccomandò che controllassi Valeria, la sua segretaria, che stava svolgendo un delicato lavoro di data-entry su alcuni dati sensibili. Come dirle di no, soprattutto quando aggiunse che avremmo controllato il lavoro insieme, al suo rientro in ufficio’
Certo, fare da balia a Valeria non era il massimo dell’incarico professionale, tenuto conto che anche io avevo il mio da fare, ma il solo pensiero di fare altri ‘straordinari’ con Claudia, come dire’ stimolava il mio istinto ‘paterno’.
Decisi quasi subito di andare da Valeria, giusto per darle la ‘lieta’ notizia e per vedere che tipo di lavoro ‘delicato’ stesse svolgendo.
Aprii la porta della segreteria con un po’ di esitazione, quando mi resi conto di non aver nemmeno bussato. Trovai Valeria col naso affondato nel monitor intenta a perdersi nel marasma di numeri di una tabella Excel.
Perché non usi una lente d’ingrandimento? – le dissi sbeffeggiandola.
Molto molto spiritoso! – mi ripose senza distogliere lo sguardo dal monitor ‘ Non ho nemmeno iniziato che già ho il voltastomaco… Lo odio Excel!
Detto questo si lasciò cadere sullo schienale della sedia, si tolse gli occhiali e mi sorrise.
Ti aspettavo’
Davvero? – le dissi senza nascondere lo stupore.
Sì! Ho chiesto io a Claudia se potevi darmi una mano con questo maledetto programma.
Brava! Non sapevi chiederlo a me?
Già, e io come giustificavo la tua presenza qui con me, semmai entrasse qualcuno’ – mi disse strizzandomi l’occhio.
Sorrisi scuotendo la testa. Bionda con i capelli molto corti, occhi azzurri, sempre disponibile e sorridente. Oltre i quaranta, con una taglia 46, forse 48 ‘ non ho mai capito un cazzo delle taglie delle donne -, ma con un volto da bambina che mostrava serenità anche nelle peggiori situazioni.
Tesoro mio quanto hai ragione!
Mi avvicinai per cercare di capire dove il programma le mostrava ostilità. Risolsi velocemente il problema, diedi un’occhiata ai dati da editare e prima di rientrare nel mio ufficio le dissi di non esitare a chiamarmi in caso di necessità.

Valeria non mi chiamò per l’intera mattinata ed io prima di pranzo feci un salto da lei.
La trovai ancora una volta a pochi centimetri dal monitor. Chiusi la porta dietro di me e le andai alle spalle lanciando un’occhiata ai dati sullo schermo.
Come va? – le chiesi.
Mi ha fatto venire la nausea ‘sto lavoro – rispose massaggiandosi la nuca.
E’ solo un po’ di cervicale. Dai vieni qui! Appoggia la schiena alla sedia.
Valeria indossava un vestito molto leggero dai disegni floreali con un’ampia scollatura che permetteva l’accesso ad una vasta zona di pelle per un buon massaggio. Sentii cedere le sue tensioni sotto la pressione delle mie mani fino ad un completo rilassamento, tanto da lasciarsi scappare un flebile gemito.
Hai una pelle bellissima – le dissi istintivamente.
Veloce come un felino stese dietro lo schienale il suo braccio destro e strinse nella sua mano il cavallo dei miei pantaloni.
E tu hai un pacco fantastico – mugolò soddisfatta.
Rimasi talmente interdetto che non reagii per nulla; ringraziai, per giunta! deglutendo con forza. Era la prima volta che non sapevo che fare: non l’avevo mai valutata come una donna ‘da conquistare’, essendo anche fuori dai miei canoni fisici, ma evidentemente non era così per lei. Il tocco di Valeria era deciso ma al tempo stesso delicato, tanto che il sangue defluì così velocemente verso il mio inguine da irrigidire tutto ciò che stava smaneggiando. I miei occhi scivolarono sulla scollatura che accentuava la sua quinta abbondante e per un istante fui accecato da un bagliore di desiderio.
Un colpo di nocche alla porta le fece allentare la presa. Approfittai per defilarmi nel mio ufficio.

Arrivai al pomeriggio cercando di non pensare alla mano di Valeria che mi stringeva il cavallo dei pantaloni, ma fu proprio quando riflettevo ancora incredulo sull’accaduto che Valeria mi chiamò al telefono chiedendomi di raggiungerla.
Il suo ufficio era vuoto ma sentii che mi chiamava dall’ufficio attiguo, quello di Claudia. La raggiunsi con timore misto ad eccitazione.
Ste’ ho imparato dalla vita che quando desideri qualcosa da qualcuno, la cosa migliore &egrave chiederla. – mi disse chiudendo la porta dietro di sé con fare truffaldino.
La guardai mentre con la mano libera dal pomello della porta si carezzava la pelle scoperta della scollatura, allargandola sempre di più. Rimasi in silenzio mentre, fuori da ogni controllo, il gonfiore nel mio pantalone diventava sempre più evidente. Valeria se ne accorse e per lei fu come un avvio ai giochi.
Chi tace acconsente? – sussurrò avvicinando le labbra alle mie.
Chi tace acconsente! – dichiarai eccitatissimo.
Mi baciò con avidità, stringendomi a se con inaspettata delicatezza: sentivo la pressione del suo seno smisurato, l’odore del desiderio da ogni poro della sua pelle e l’incedere caotico delle sue mani, che affondavano nei miei capelli. M’appoggiai alla scrivania di Claudia. Valeria iniziò a sbottonarmi la camicia baciandomi con voluttà infinita la pelle che man mano veniva scoperta. Mi slacciò i pantaloni e inginocchiatasi appoggiò il viso sul tessuto dei miei boxer, mordendosi le labbra e accarezzandone il rigonfiamento. Ero così eccitato che l’elastico dei boxer non era più a contatto con la mia pelle. Anche Valeria lo notò e mi lanciò un’occhiata di soddisfazione prima di prendere il mio sesso e farlo sparire nella sua bocca. Ero meravigliato da tanta voglia di sessualità nascosta ed estasiato dalla bravura con cui la esternava.
Le labbra di Valeria sembravano non saziarsi mai. La sua calma nel percorrere l’asta rigida era quasi snervante, ma ad ogni affondo provavo un piacere indescrivibile. Lo leccava, lo mordicchiava lo succhiava con goduria infinita trasmettendomi le sue sensazioni in ogni piccolo gemito, in ogni movimento, in ogni variazione del respiro. Le presi il viso chiedendole velatamente di alzarsi. Le infilai la lingua in bocca e girammo in tondo per poterle cedere il mio posto. Nell’alzare la gonna fui inebriato dall’odore della sua voglia, esaltato dalla mancanza delle mutande. Dei riccioli biondi riempivano la vasta collina del pube, mentre i suoi umori brillavano tra le labbra spoglie. Affondai il mio viso nel lago delle sue cosce e lappai con desiderio il nettare esondato, assaporandone ogni goccia. Appoggiò le mani sulla mia testa ed allargò le gambe. Il suo fiore rosato sbocciò, regalandomi un altro fiume di gocce di sesso dove appagare la mia sete. Era enorme ai miei occhi! Una fica enorme! Per la prima volta pensai di non poter colmare tanta voglia di sesso e prima che il pensiero potesse appassire qualcos’altro, mi alzai e la penetrai senza indugi. Il fiore di carne si chiuse sul mio cazzo come un guanto. Sentii la pressione della sua carne sul mio sesso, facendo riaffiorare anche la fiducia in me stesso. Sussurrò qualcosa, ma ero troppo concentrato sui suoi gemiti per capire. Sussurrò ancora: voleva mi allontanassi un attimo. Si abbassò le spalline facendo esplodere il seno nudo sopra il vestito. La guardai incredulo: senza mutande e senza reggiseno; aveva calcolato tutto! Mi sedetti sulla prima sedia senza braccioli a portata di mano come mi chiese e lei fece altrettanto, su di me. Iniziò a dondolare in avanti sfregando la clitoride sul mio pube e ad ogni oscillazione un gemito le soffocava il respiro. Cercai di colmare le mie mani con il suo seno, senza riuscirci. I capezzoli piccoli e turgidi si ergevano come due piccole gemme su di un ovale di marmo. Mi accanii su uno di essi leccandolo e mordicchiandolo. Valeria si alzò il seno portando il capezzolo all’altezza della sua bocca e iniziammo a leccarlo insieme in un turbinio di lingue avide di sensazioni. Si alzò di scatto, allargò le gambe e poggiando le mani sulla scrivania si piegò a squadro. Le alzai la gonna e la penetrai da dietro.
No! – disse decisa – Non lì!
Non esitai a quel comando. Guardai l’anello di carne già umido pulsare di voglia. Non restistetti alla tentazione: lo leccai lubrificandolo ulteriormente e ne saggiai la resistenza infilandoci dentro la lingua più volte. Entrai in lei con estrema delicatezza, affondando centimetro su centimetro fino a toccarle i glutei. Valeria iniziò a masturbarsi aumentando la frequenza dei suoi tocchi in sincronia con i miei affondi. Giungemmo all’orgasmo insieme e in breve tempo.

Ci ricomponemmo velocemente, realizzando solo allora che eravamo ancora in ufficio. Andammo con calma apparente nel suo ufficio e prese posto alla sua scrivania.
Avevo proprio voglia di scoparti’ – mi disse arrossendo un po’.
Anche io, ma evidentemente ancora non lo sapevo’ – le risposi ammiccando.
La baciai dolcemente sulle labbra e m’apprestavo ad uscire quando mi fermò sulla porta.
Ste” Claudia la settimana prossima va a Zurigo. Non &egrave che mi aiuteresti ancora con Excel?
Le sorrisi annuendo.

Ma questa &egrave un’altra storia.
Così come in tutte le buone aziende in cui lo Stato, in un modo o nell’altro, ha parola nel Consiglio d’Amministrazione, anche nella nostra fummo invasi dall’orda barbarica dei consulenti. Di positivo c’era il fatto che portavano una ventata di giovinezza. Di negativo c’era il fatto che la maggior parte di loro aveva la classica puzza sotto il naso.
Fortunatamente mi capitò di lavorare con un gruppo di lavoro di cinque elementi abbastanza disponibili alla socializzazione. Sandra, il leader dei cinque, era una ragazza molto brillante, oltre che estremamente carina. Diplomatica nei modi, autoritaria quando necessario, non lasciava trasparire alcuna emozione durante lo svolgimento del suo lavoro. Spesso mi ritrovavo a fantasticare su di lei, mentre si chinava sulla mia scrivania a spiegarmi alcuni prospetti. In quella posizione la chioma corvina le scivolava dalle spalle, rendendola ancor più sensuale, incastonando il candido ovale del volto già messo in risalto da un delicato filo di make-up.
Lavorammo insieme quel tanto che basta per diventare più intimi, tanto da confessarci alcuni piccoli problemi familiari e suscitare la gelosia di Claudia (il mio capo ‘ v. cap. prec. n.d.a.).
Sandra era il massimo da poter desiderare: bilanciava perfettamente bellezza e intelligenza. Era forse anche ‘troppo’ per me. In ogni caso, non riuscivo a limitarmi nelle avances e nell’esternazione dei miei apprezzamenti nei suoi confronti. Era già sposata, &egrave vero, ma questo non ha mai influito sul mio istinto di cacciatore.
Fu al limite dello scadere del suo mandato che il destino mi porse l’occasione per rimanere solo con lei. Ci ritrovammo ai cancelli d’uscita e sapendo che lei avrebbe preso l’autobus, le proposi di farsi accompagnare da me, in macchina.
Uhm. Proposta interessante, ma non so se fidarmi – mi rispose goliardica.
In auto ho una confezione di nastro adesivo se può tranquillizzarti.
Per farci cosa? – chiese incuriosita
Mi ci lego le mani al volante’ – le risposi serissimo – però tu mi dovrai dare una mano per cambiare le marce.
Rise di gusto e accettò senza ulteriori indugi.
Il tragitto fu breve ed io non persi occasione per capire ciò che lei pensava di me, ciò che provava nei miei confronti. Quasi vicini alla meta mi chiese di entrare in un parcheggio privato per poter continuare la chiacchierata che altrimenti si sarebbe bruscamente interrotta lì. Era inverno e il sole era già tramontato da tempo, pur essendo ancora pieno pomeriggio. Il buio &egrave sempre stato un mio fedele alleato. ‘Mi porterà fortuna anche questa volta?’ pensai’
Chiacchierammo ancora un po’ di cosa mi aspettavo da lei e della mia timidezza.
Le voci che girano su di te in ufficio sono vere? – mi chiese dopo un lungo silenzio imbarazzante con la curiosità che le faceva brillare gli occhi.
Non so di quali voci parli – le risposi con tono ironico – ma posso immaginarlo’ Tu pensi siano vere?
Sorrise e scosse la testa, poi senza preavviso si lanciò su di me strozzandomi il respiro con la sua lingua.
Quanto sei stupido Ste’, ma sei anche così bbono! – mi disse prima di riprendere a baciarmi.
Rimasi piacevolmente interdetto, ricambiando il gesto con l’ardore che mi contraddistingue.
Iniziammo a sfiorarci senza mai smettere di baciarci. Aveva un seno piccolo e sodo, e riuscivo a sentire perfettamente la consistenza dei capezzoli turgidi dall’esterno della camicetta. Cambiò posizione, in modo da poggiare la mano di sostegno sul mio sesso già duro di desiderio. La mia mano scivolò sotto il bordo della cintura facendosi strada tra i tessuti del pantalone e degli slip. Arrivai al suo sesso velocemente ed ebbi un attimo di esitazione. Sandra lo lesse nei miei occhi.
Sì! Sono depilata anche lì! Ti crea problemi?
“A me? Io l’adoro così!” pensai. Le sorrisi e continuai ad affondare la mano fino a giungere sui lembi carnosi del suo fiore più intimo. Era adorabilmente bagnata. Iniziai a masturbarla delicatamente. Percorrevo le falde del suo clitoride con movimenti regolari per poi fermarmi un istante e ripredere cambiando movimento. I suoi gemiti riempirono l’abitacolo finché con voluttà mi slacciò i pantaloni liberando il mio sesso. Ci masturbammo vicendevolmente, poi mi tuffai tra le acque calde del suo lago con un dito. Ebbe un sussulto, poi un altro e ancora altri per tutti i miei affondi. Un gemito soffocato mi annunciò il suo orgasmo.
Stavo per sfilare la mano quando con un ‘ancora’ mi chiese di riprendere. S’ammutì colmando la sua bocca con tutta la mia intimità. Procedemmo con movimenti quasi in sincronia: io con le dita e lei con la bocca. Ebbe un altro orgasmo. Questa volta mi sfilò lei la mano dai pantaloni.
E’ incredibile Ste’. Mai provato nulla di simile’ Questa volta però tocca a te – mi disse ancora intenta a stringermi l’asta.
Si girò sul fianco dandomi le spalle e iniziò a giocare con il mio sesso. Cazzo se ci sapeva fare con la bocca! E con le mani! E insieme poi’ Ma io non riuscivo a stare fermo e con le dita ancora bagnate dei suoi umori mi infilai nuovamente sotto i pantaloni e le infilai un dito nel culo. Si voltò sorridente con uno sguardo d’approvazione. Cercò le mie labbra. Gli facilitai il compito avvicinandomi e gustai il sapore acre del mio sesso dalla sua bocca. Lo sfintere era lubrificato a dovere e ad ogni suo movimento di bocca, il mio dito avanzava di qualche passo, sempre di più, fino al limite, fino a diventarne due. Ebbe un orgasmo pochi secondi prima che le riempissi la bocca con il nettare della vita.
Ottimo biglietto da visita! – mi disse dopo avermi nuovamente dato un bacio dal sapore di mandorle amare –Direi che non hanno esagerato con i commenti su di te in ufficio.
Ammetto d’essermi imbarazzato in quel momento. Lei notò il rossore sulle mie gote e rise sonora.
Ti metto in imbarazzo? Non ci posso credere’ – disse divertita.
Eee che vuoi fa, sono un ragazzo timido io’
Seeee quando dormi, forse’
Ci ricomponemmo e l’accompagnai a casa, o meglio, vicino casa.
Domani farai tardi? – mi chiese scendendo dall’auto.
Credo di si’ ma dipende da te’
Allora farai tardi’ – sancì ammiccando.

Ma questa &egrave un’altra storia.
Avevo solo qualche ora per organizzarmi per il viaggio e raggiungere l’aeroporto. Inaspettatamente quel giorno Claudia richiese la mia presenza a Zurigo, senza darmi alcun preavviso decente. Recuperai di corsa i biglietti all’ufficio del personale e lasciai fulmineo l’azienda prima di pranzo. Ebbi anche il tempo di leggere la delusione sul viso di Valeria che per quei giorni aveva pianificato per noi tutt’altro programma (cap.3 ‘ n.d.a.).
Racimolai velocemente gli abiti giusti per l’occasione e misi nel trolley anche ‘qualcosina’ che avrebbe potuto farmi comodo una volta in albergo, oltre al materiale lavorativo necessario.
Claudia era già in Svizzera e mi chiamò svariate volte per essere sicura che riuscissi a prendere quel volo, sottolineando velatamente che sarebbe stato comunque un soggiorno ‘piacevole’. Non volevo foderarmi il cervello con fantasie particolari, visto che con noi in albergo ci sarebbero stati altri funzionari dell’azienda, ma il tono della sua voce, caldo e lussurioso, non dava certo adito ad altre interpretazioni.
Atterrai in Svizzera nel tardo pomeriggio ed arrivai in albergo poco dopo. Durante le operazioni di registrazione alla reception dell’albergo chiamai Claudia, che mi disse di raggiungerli nella hall un’ora dopo per andare a cena tutti insieme.
La prima sorpresa l’ebbi al mio ingresso in camera: perfetta in ogni dettaglio, lussuosa quanto basta e corredata di un letto ‘matrimoniale’. Profumava di pulito e la moquette rossa era una gran tentazione a camminare a piedi scalzi. Sistemai il trolley sul piano dell’armadio. Appesi l’abito e lasciai il resto lì dov’era. Una doccia veloce ed ero pronto ad incontrare il gruppo.
La cena fu di una noia mortale, come prevedibile. Poche le battute extra-lavoro, molte chiacchiere su ciò che sarebbe avvenuto il giorno seguente. Claudia prese posto di fronte a me, ed io feci continui sforzi per non far perdere il mio sguardo nella profonda scollatura della sua camicetta. Claudia lo notò ed era palesemente divertita del mio imbarazzo, ma era molto formale e rigida: ci toccammo le gambe, involontariamente, e lei subito le ritrasse, lasciandomi perplesso sull’idea di ‘piacevole’ che mi aveva accennato qualche ora prima al telefono.
Ci ritirammo nelle rispettive stanze poco prima di mezzanotte. Ero sconfortato dall’atteggiamento di Claudia e mi lasciai cadere supino sul letto ritrovandomi a fissare il soffitto. Nell’attimo stesso in cui mi stavo abbandonando, vestito, tra le braccia di Morfeo, squillò il telefono della camera. Presi la cornetta e risposi con un tono palesemente contrariato.
– Oh. Scusa, stavi già dormendo?
Un istante, forse anche meno. Fu quello il tempo in cui la voce di Claudia riuscì a far tornare tutte le mie energie ai massimi livelli.
– No, figurati’ – le risposi scherzando ‘ Pensa che sono ancora vestito.
– Bravo! Non spogliarti, voglio farlo io. Dammi un minuto e sono da te. Lascia la porta aperta!
Chiuse la comunicazione lasciandomi basito per qualche secondo. Mi catapultai nell’armadio frugando nel trolley alla ricerca di quel ‘qualcosina’ di cui mi ero premunito. Presi le candele profumate e le sistemai sulla scrivania di fronte al letto. Le accesi e coprii l’abat-jour con un fazzoletto di seta. Il tepore della stanza, la penombra, e l’odore dolce delle candele unito a quello acre dello stoppino appena acceso, trasformarono quella stanza in una fantastica alcova.
Entrò in stanza che ero di spalle e quando mi rigirai ebbi un sussulto. Indossava una vestaglietta di seta rossa semitrasparente da cui si scorgeva un completino intimo rosso da far uscire di senno.
– Allora? Non dici nulla? ‘ mi disse girando su se stessa per farsi vedere meglio.
– Sei da sturbo! ‘ le dissi immaginandomi con un filo di saliva al lato della bocca, come in un fumetto.
Guardò le candele e sorrise compiaciuta.
– Vedo che avevi previsto tutto’ ‘ mi disse però quasi infastidita.
– No. Non l’avevo previsto ‘ ribattei ‘ Diciamo che mi ero premunito nel caso accadesse’
Mi lanciò uno sguardo poco convinto della mia risposta, ma si lasciò subito i dubbi alle spalle nello stesso momento in cui la baciai.
Mi spinse sul letto e si fece scivolare la vestaglietta dalle spalle. Si sedette sui miei fianchi cingendoli con le sue cosce e riprese a baciarmi mentre si districava abilmente nello sbottonarmi la camicia. Le sue labbra scivolarono sul mio collo, poi sul mio petto e sempre più giù fino alla fibbia della cintura, giunta alla quale si apprestò a liberare il mio sesso da ogni ostacolo. Provai un piacere immenso sentendo il calore della sua bocca. Era avida di me. Era avida di sesso. Stringeva la mia radice con veemenza, strofinandone la punta sul suo viso, baciandola, carezzandola facendomi godere in ogni minimo movimento. Usò tutte la sua arte per farmi raggiungere il piacere con la sola bocca, sicura che non sarebbe finito tutto lì. Ingoiò, in quell’istante, ogni singola goccia del mio essere, regalandomi altra energia per poter proseguire.
Mi diede la possibilità di alzarmi e, liberato dagli ultimi indumenti, mi stesi su di lei ripercorrendo con le labbra la medesima strada che lei aveva fatto sul mio corpo. Le slacciai il prezioso reggiseno con cura e seguii la linea dei sui seni con cerchi concentrici fino a giungere agli irti capezzoli. Inarcò la schiena quando li raggiunsi e affondò le sue unghie tra i miei capelli. Colmai le mani con le sue rotondità perfette e scesi ancora, sull’elastico dei suoi slip. Tracciai il perimetro della stoffa con la lingua fermandomi sui lembi tra le sue cosce. Il tessuto era bagnato di desiderio. Raspai col viso sul suo sesso ancora protetto dagli slip. Le carezzi i fianchi e con una mossa delicata ma decisa liberai il suo corpo dall’ultimo strato di stoffa. Allargò le gambe ed il fiore tra le sue gambe sbocciò delicatamente riflettendo la luce delle candele tra le gocce di rugiada genitale che lo imperlava.
Ho sempre amato il cunnilungus, e con lei, con il suo sapore, il suo profumo, diventava più un rito che un gesto d’amante. Leccai l’esterno delle labbra con la punta della lingua. Vedevo palesemente sulla sua pelle l’ondata di piacevoli brividi che le percorrevano il corpo. Affogai il mio piacere tra i suoi petali, rossi e dilatati dal desiderio, lappandone ogni singola goccia di rugiada, succhiandole sulla sommità il pistillo eretto e gonfio, come un piccolo pene tra le sue gambe. L’ondata di piacere la raggiunse velocemente e di scatto chiuse le gambe soffocandomi per qualche istante.
Ci baciammo, l’uno sull’altra, scambiandoci il reciproco sapore. Entrai in lei senza indugi, mentre le mani sopra le nostre teste, si stringevano come in cerca di un appiglio. In un crescendo di sensazioni e gemiti i nostri corpi si sfamarono in varie posizioni, e quando si ritrovò a soddisfare il suo piacere ricevendomi da dietro, afferrò il mio sesso chiedendomi palesemente di prenderla lì dove il desiderio si fa più audace e spudorato: tra le rotonde colline dei glutei.
La voglia era tale che senza alcun ostacolo entrai in lei fino alla radice. Inarcò la schiena poggiando le spalle sul letto, e con una mano carezzò i miei coglioni scivolando spesso sulla sua clitoride. Venimmo insieme in un’ondata di piacere sfiancante.
Sazi di sensazioni ci abbracciammo. Mi chiusi di fianco sulla sua schiena lasciando evadere gli ultimi sospiri di desiderio baciandole il collo e la schiena. Si girò sorridente. Mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
Ci addormentammo vestiti solo della nostra pelle. Ci risvegliò lo squillo del telefono: era la sveglia dalla reception. Non ebbi il tempo di realizzare dov’ero e cosa fosse successo che Claudia, già sveglia, mi regalò un ultimo bacio dolce ma triste.
– Adesso devo andare. ‘ mi sussurrò ‘ Sei unico’
Non dissi nulla. Rimasi immobile mentre si rivestiva con quel poco con cui era arrivata e, con un po’ di malinconia nel cuore, la vidi uscire dalla stanza in punta di piedi.
Fissai le candele ormai esauste sulla scrivania e m’incoraggiai a buttarmi sotto la doccia.
Dopo pochi minuti ero pronto per andare al meeting. Accesi il cellulare e subito il bip di un messaggio illuminò il suo display:
‘Sarà difficile superare l’intensità delle emozioni che mi hai donato questa notte, ma noi ci proveremo, vero? Ti adoro! Claudia.’

Ma questa &egrave un’altra storia.

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