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Racconti Erotici Etero

SUL BINARIO MORTO

By 1 Novembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Binario Morto

Sono rimasto solo io. E’ il mio turno. Stende davanti a me le sue tre carte, la zingara. Intanto i miei amici, dietro,’ridono divertiti. Sono loro che mi hanno messo davanti a questa pagliacciata. E io accetto il mio teatrino con tutta la serietà del caso. Dopo aver mescolato a lungo, dispone’le carte sul tavolo. Il mondo. L’innamorato. La morte.
Che buffonata, penso dentro di me. Ora’sentiamo le grandi ovvietà che mi legge negli occhi. Come ha fatto prima con i miei amici.’Ma invece no. Non dice praticamente nulla. Mi’ gela il sangue nella asciuttezza’con cui mi parla.’Perfino’i miei amici smettono di ridere. Dice solamente: “E”già prossimo il letto che dividerai con’una donna.’E stavolta’sarà guerra.”Poi sta zitta, la strega. Eppure con i miei amici aveva parlato tanto. Rompo io, il silenzio, allora. Se li dovrà guadagnare meglio i suoi cinque euro, questa imbrogliona.
“In che senso, zingara,’sarà una guerra?”

In silenzio ci accompagna tutti alla porta, senza’rispondere alla mia domanda.’Senza chiedermi nemmeno un euro. Chiudendo la porta mormora una frase latina che non mi &egrave affatto sconosciuta.
.

“Ibis redibis non, morieris in bello

.

Non lo guardo negli occhi, tuo marito. Ma lo avverto dall’altra parte della strada, mentre esce dall’albergo. Non commetto imprudenze. Guardo altrove, mentre mi passa accanto. Mentre, senza accorgersene, mi sfiora. C’&egrave in me’qualcosa di consapevolmente folle nella fredda lucidità’con cui gestisco situazioni come queste. Mi mandi un messaggio. “Aspetta ancora un po’. Ti prego. Non mi sento tranquilla, oggi”.
Tu invece sei l’opposto di me. Ti senti di morire dentro. Lo so. Pensi che forse’sia meglio non vedersi. Che stiamo osando davvero’troppo. Che oggi non dovremmo proprio. Ma io ormai ti conosco. So chi sei.’Non &egrave quello che realmente’ti aspetti da me.’Non &egrave questo ciò’che’mi chiede disperatamente’la profondità del tuo ventre. Perch&egrave’sta’proprio nel tremore delle tue’gambe, amica mia,’la miglior benzina’per tutto il fuoco che’possiedi subito sopra ad esse. Perch&egrave &egrave’solo nel domare le’tue paure ataviche’che il tuo corpo mi sa’regalare tutto il suo miele.

Si nutrono’visceralmente di follia,’i nostri’incontri d’amore.’Perch&egrave, ogni volta che ci troviamo,’le nostre dita’premono sul grilletto’di una’roulette russa. Perch&egrave, ogni volta che ci rincontriamo, &egrave una corsa bendata’su un campo minato. Perch&egrave solo l’urgenza del desiderio e’la sua’pressante necessità’sanno’distoglierci dalla naturale paura di un’incombente’catastrofe. E’ il nostro modo di amarci, questo: esserci perennemente sconosciuti. Dividere letti, preservativi ed estasi, invece di’parenti, bollette e bucati. Solo così ci salviamo’dal degrado della convivenza. Dall’abbrutimento di ogni sensata ragionevolezza. Dal decadimento delle emozioni primordiali.’
Si. L’esserci così sconosciuti’&egrave il nostro unico’modo di conoscerci. Di rincontrarci. Di perpetrare nel tempo il delirio di una follia duale che solo a noi due vuole appartenere.’Così il nostro fare l’amore’prende sempre la bruciante intensità di una prima volta. E, assieme, la forza struggente dell’ultima.

Sono sveglio dalle quattro di questa mattina, per raggiungerti. Entro. Avanzo per le scale,’nell”inesplorato hotel di questa’sconosciuta città.’Intanto tuo marito va al suo appuntamento. Il suo impegno di lavoro ci ha regalato alcune ore d’amore.’Si. E’ vero. Scommettiamo il tutto sul nulla. Ma io te l’ho sempre detto,’bambina mia.’Ascoltami. E’ la paura che uccide, e non il pericolo. Vanno solo’affrontati come forti discese in bicicletta,’i nostri’incontri. Senza indugi. Senza timori.’Con’l’efficace delirio dell’incoscienza.’Con tutta la sana irresponsabilità che possiamo’contenere in gola. Perch&egrave se’ascolti la’paura, a cento’chilometri’all’ora, e freni all’improvviso, finisci per consumare sull’asfalto la carne e poi le ossa.’Perch&egrave se il’volo’sul precipizio’non lo fai’con tutta la rincorsa che hai nelle gambe,’se non’salti’con tutto lo’slancio temerario e spericolato che possiedi, se ti avvicini pavidamente e guardi in basso prima di staccare, ti attende inesorabilmente il fondo del baratro.
Si. La miglior risposta al vero’pericolo non sta mai nella prudenza. Nella ragione. Passa piuttosto attraverso l’istinto, attraverso l’adrenalina. Attraverso l’audacia. Eppure tu, questa ovvietà,’non la imparerai mai.

Non c’&egrave la reception, alle sette di mattina. Batto un codice e si apre la porta su un corridoio. Mi sistemo su un divano. Guardo assurdi quadri sull’assurda tappezzeria di questo albergo. E mentre ti aspetto, faccio i conti con me stesso.
E’ sicuramente un violento, tuo marito. Un’uomo visceralmente geloso. Un Possessivo. Ma assolutamente non &egrave uno stupido.’Trova di certo’riflesso nei tuoi occhi, tutto il bene che faccio al tuo corpo. Capisce, ma non vede. Annusa,’ma non tocca. Sospetta, ma non ha prove per uscire allo scoperto. Coltiva silenziosa e sanguigna rabbia, nell’attesa del giorno della resa dei conti. Tutti e due lo sappiamo. Tutti e due abbiamo deciso di non parlarne.

Passa almeno un quarto d’ora’di totale silenzio’prima che tu mi dia, a modo tuo,’il via libera. Apri la porta e sei chinata, mentre la testa’sbuca, come quella di una tartaruga dal guscio. Sorrido, sospettando il perch&egrave di questa’tua buffa posizione: mi stai già aspettando senza mutande. Adoro queste piccole cose, amica mia. Sono questi piccoli dettagli che nella mia mente ti’rendono veramente unica. Ti guardi in giro. Poi mi chiami dentro. Ti bacio’e ti’mordo, mentre sei ancora in piedi. Circospetta. Spaventata, e al tempo stesso’magnificamente eccitata.

E”fatto’di’penombra il nostro universo, peccaminoso eppure così sacro. Segreto, eppure così’sterminato. Fragile, eppure così totalizzante. Non saprebbe’la luce disegnare così bene le tue forme.’ Non saprebbe la normalità’regalarti tanta adrenalina.’Ti accarezzo tra le natiche, mentre ti bacio. Scavo in mezze ad esse, con le dita. E’ il mio modo di salutarti. Brutale e sanguigno.’E poi proseguo nell’invasione’con la’mia mano, per saggiare quanta voglia hai di me. Molta, ti dico mentre gemi. Si, davvero molta.

Guardo il’letto, mentre ti ci conduco dolcemente. Le lenzuola sfatte, dove da tre giorni dormi con tuo marito. E mi sento per un attimo un ladro.’L’Attila invasore’che al suo passaggio’distrugge’un mondo’non suo. Un profanatore di templi. Ma tu sconfini dentro di me.’Nella tua assenza invadi ogni ora’la mia ragione e la mia fantasia. Nella tua presenza invece’cresci a dismisura nella mia follia, fino anche a’disgregare le verità delle mie regole pregresse.’I capisaldi universali faticosamente conquistati negli anni, che nell’irragionevolezza dell’ombra, cercano la verità del sole. Tu sei per me l’attimo che’vuol improvvisarsi in’eternità. Tu sei l’alba dentro il mio imbrunire. Il principio e mai la fine di ogni mia contraddizione.Ti disponi in attesa,’sul tuo altare sacrificale fatto di cuscini e di lenzuola’. Non mi guardi, mentre mi spoglio. Mi dai le schiena, mentre ti muovi come al rallentatore. E’ una danza tribale d’amore quella che esegui immobile. E’ un rito magico con cui sai stregare ogni volta la mia anima.

Corrono’quasi immobili sul tuo seno. Pattinano sul tuo ventre.’Poi ti’prendono’di peso.’Ti trascinano.’Le mie mani sanno bene quanto ami’essere spostata e disposta sul letto. Lo fanno’con la leggerezza con cui si sposta’una bambola. Ti afferranno per le braccia, mentre’su di esse’alterno’teneri baci,’e strazianti morsi.’Ti accarezzano il viso, mentre’ci guardiamo negli occhi. C’&egrave tutta l’irresponsabilità che amo in te,’in quel’sorriso.’ Aprono un varco tra le tue gambe. Scivolano come verità assolute nei tuoi orefizi infuocati. Ti tengono bloccati i polsi sopra alla testa, mentre irrompo dentro di te con tutta la fame che ho di te. Ti seguono, nel tuo ondeggiare. Ti controllano. Ti marcano stretto. Ti’amano. Ti fanno mia. Assieme al mio corpo. Assieme alla mia anima.

Bacio con dolcezza la schiena, mordicchio le tue natiche. Mi gusto tutto il profumo che il tuo corpo ha acquisito nel più intimo contatto col mio. Ma tu sei altrove, con le mente. Guardi il cellulare, di tanto in tanto,’sul comodino. Mi fermo. Ti chiedo se aspetti una telefonata. Tu sorridi incerta’e mi dici di no.’Rimani in silenzio per un attimo. Poi aggiungi con sguardo colpevole’che prima avevi paura, e’per sicurezza avevi mandato un messaggio a tuo marito, per sapere se era arrivato alla riunione.’Mi dici che’ancora non ti ha risposto. Mi vedi sobbalzare dal letto. Non vanno chieste mai certe conferme, amica mia,’perch&egrave insospettiscono più di una confessione. E’ meglio che vada. Ho un brutto presentimento. Svelta. Aiutami a radunare le mie cose. Ci resta poco tempo. Ma forse ce la possiamo ancora fare. Forse non &egrave ancora troppo tardi. Forse la mia &egrave solo una stupida paranoia.

E invece no.’Il mio istinto sente bene, questa volta. Due spari subito distruggono la maniglia della porta. Lui &egrave stato dietro tutto il tempo. Ad ascoltare. A capire. A riempirsi di lucido odio, come una spugna nell’acqua.
Ha atteso il momento per mesi. Non aspettava altro che una prova, tuo marito, per vedere con gli occhi ciò che già sentiva nel sangue. E tu, senza volere,’con quel messaggio’gliel’hai data su un piatto d’argento.
E”guerra nei suoi occhi. Aveva ragione, la megera. E’ guerra. Dentro di me, lo sentivo che oggi qualcosa sarebbe davvero cambiato.’Ma un uomo deve scegliere la sua guerra giusta.’Per essa deve essere pronto anche ad immolarsi, da buon’soldato. Non si diserta mai, una battaglia come la tua.’Si onora fino in fondo, anche’quando può costarci tutto.

Ha le tempie piene di vene gonfie e pulsanti. E’ rosso come’i pensieri’che gli scorrono dentro. Il suo’respiro &egrave tanto accelerato da sfiorare l’ansimo, mentre ci insulta ed inveisce contro di te. Non potremo’combattere la sua disperazione, amica mia.’La’furia animale con cui ci sta urlando il suo odio al mondo. E’ il nostro vicolo cieco, questo. Un binario morto a cui le nostre rotaie si devono adeguare.
Ti guardo, mentre lui, ora silenzioso,’ci punta addosso’la pistola. Difendi il corpo’istintivamente’con’il lenzuolo. La tua bocca trema, i tuoi occhi piangono. Il tuo naso cola, quasi volesse piangere con loro. Buffo. Non avevo mai visto colarti il naso. Ti prendo la mano. So per istinto che non ci resta molto. E so quanto tu ora hai bisogno di me.’E’ gelata. Ti scaldo con la mia. E penso quanto dannatamente io non riesca a provare paura nemmeno in una situazione come questa.’E”davvero una maledizione. Intanto’tuo marito con solenne rabbia’ sta pronunciando, sconnessamente,’la nostra sentenza di morte.

Passa un’eternità, tra il rumore degli spari e’l’istante in cui arrivano nei nostri corpi. Tutto il tempo necessario per rivivere in mille fotografie quello che c’&egrave stato tra noi, in questi mesi. Tutto il tempo necessario per capire che li vali tutti i proiettili che mi sfonderanno il cuore. Tutto il tempo necessario a trasformare la stretta delle nostre mani”nel nostro’più grande, disperato ed ultimo,’gesto di’complicità.”
Non so dove andremo, bambina mia.’E non mi spaventa ignorarlo. Perch&egrave’ovunque possa essere questo luogo, ne sono certo,’là saprò trovarti di nuovo.
Aspettami.

(Racconto tratto dal blog IL RAMO RUBATO)

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