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Racconti Erotici Etero

Tentando di raggiungere il Paradiso

By 27 Ottobre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Un sabato di inizio Ottobre mi ero accordata coi certi amici per vederci e lavorare insieme su un progetto riguardante l’uso di Linux. Avevo invitato anche il mio lui, perché facesse numero e non dormisse fino a tardi.

 

Passai la mattina da un pc all’altro, sgranocchiando patatine in attesa che tutti gli aggiornamenti si installassero e tutti finissero di imposare le loro preferenze; guardavo il mio ragazzo discutere con gli altri miei compagni, senza entrare nel merito, cominciando ad accarezzare l’idea di appartarmi con lui mentre gli altri erano impegnati.

 

Verso le due mi disse di avere fame, così lo accompagnai a casa dopo aver salutato gli altri. Io, che avevo mangiato schifezze fino a dieci minuti prima, andai solo a sciacquarmi il viso e le mani e rubai una lattina di coca zero dal frigo.

 

Mi guardava, mentre bevevo un po’ spartanamente, seduta sul letto a gambe incrociate. “Amore, raccontami un po’ dei tuoi ex” mi fa, all’improvviso. La richiesta mi lascia un poco perplessa, così evito di rispondere direttamente, indagando: “C’è qualche problema? Non sono abbastanza brava a letto?”.

 

Mi tormenta tutti i giorni, questo pensiero: non essere abbastanza. Il mio uomo ha molta più esperienza di me e stiamo parlando di un divario a tripla cifra; il mio primo orgasmo con uno dell’altro sesso l’ho avuto con lui, mentre una volta che riesco a farlo venire prima di me non c’è ancora stata.

 

“Non è questo. Vorrei capire delle cose. Com’era fare sesso con loro?” rimango un momento in silenzio “Mah, normale: posizione del missionario e pacifica attesa dell’orgasmo di lui, finzione del mio. Era il momento della settimana in cui pensavo alla spesa, a cosa avrei cucinato a cena… Cose così, normali” replico “E ti pare normale?” sono sempre più perplessa “Beh, sì. Lo straordinario lo faccio con te.” gli sorrido, cercando di capire se è arrabbiato, deluso o cos’altro.

 

Si avvicina, togliendomi la lattina di mano, mi tiro un po’ indietro per fargli posto sul letto. Lui non si siede, ma insinua un ginocchio tra le mie gambe e si china a baciarmi.

 

Ci spogliamo con calma, abbiamo tempo ben fino alle cinque. Mi tocca piano, mi eccita delicatamente; quando sente che rincorro col bacino la sua mano mi sussurra “Adesso proviamo qualcosa di nuovo.”. Mi fa salire a cavalcioni su di lui ed è con un sospiro di sollievo che sento il suo membro farsi strada nella mia carne.

 

Gemo, oscillando i fianchi per sentirlo meglio. Adoro stare sopra di lui, avere il controllo della situazione e anche del mio piacere, cosa che nelle altre relazioni non avevo. A lui non piace stare sotto, si lascia dominare per puro amore e per questo gli sono infinitamente grata.

 

Sono vogliosa, tanto da sentire il suo ventre e le cosce di entrambi bagnate dei miei umori; lui ridacchia, togliendomi tutta la poesia del momento “Ascolta amore che rumori osceni” mi dice, e lo vorrei strangolare. Mi danno fastidio e mi imbarazzano ancora le reazioni del mio corpo, non mi sento per niente a mio agio.

 

Sono tentata di togliermi e lasciar perdere, ma poi penso che magari non lo vedrò per quattro giorni e non riuscirò a recuperare il tempo perduto. “Dai, invece di stare inginocchiata, siediti” lo guardo interrogativa, prima di eseguire la richiesta.

 

Dire che me lo sento in gola è poco: preme sulla cervice così forte che mi sento mancare il fiato, quasi tutti i miei organi si siano spostati per fargli spazio: è una sensazione terribile e bellissima al contempo.

 

Sono completamente sua nonostante la posizione in cui mi trovo; mi muovo con cautela, non riuscendo a fare a meno di chiudere gli occhi e gustarmi questa forma di pienezza. Sensazioni così intense che non penso a ciò che sto facendo, solo al piacere che ne deriva.

 

La mia mano o la sua comincia a toccarmi il clitoride per annullare del tutto quel poco di dolore che mi provoca una penetrazione così profonda. La parte razionale del mio cervello si spegne, black out totale anche di udito, vista, olfatto e gusto: rimane il tatto.

 

Non so se sono io a muovermi, se è lui a guidarmi o a condurre, non mi importa, sto aspettando impaziente l’agguato del primo orgasmo che mi aggredisce al collo, strozzandomi la voce, come una belva famelica. “Continua a muoverti.” è l’ordine che percepisco da lontano.

 

Non vorrei farlo, vorrei che le contrazioni dei muscoli vaginali smettessero, che il clitorite interrompa il suo pulsare; non mi sono fermata e una manciata di minuti dopo, ricomincia un ottovolante di scariche al cervello. Scuoto il capo per scacciare lo stordimento, finendo per peggiorare la situazione e darmi una vertigine. “Voglio mostrarti cosa significa godere, continua!” mi dice la sua voce. 

 

Ignoro i muscoli stanchi, ignoro l’impressione di svenire e ancora affondo il bacino su di lui. Di nuovo un altro orgasmo “Di più, non smettere, non fermarti!”, sono stanca, stordita, ma mi piace anche, voglio arrivare al limite del piacere e vedere cosa c’è oltre.

 

La quarta volta sono stremata sussurro solamente “Sto godendo” lui, “Come? Non ho capito” e m’impedisce di fermarmi,di sentirlo saldamente piantato in me “Godo”, ripeto scioccamente, come se servisse a qualcosa “Ripeti, non ho capito” “GODO!” urlo, contraendo le gambe per imporgli l’immobilità; comincio a pregarlo di avere pietà, di smettere, so di non riuscire a sopportare altro, sono così sensibile che mi tremano le gambe al sentirmi solo sfiorare il sesso.

 

Mi accascio sul suo petto, ansante, indecisa se piangere o meno. Mi accarezza i capelli, sfilandosi piano piano. Affondo il viso nell’incavo tra la sua spalla e il collo, sentendomi amata come mai prima d’ora. “Quando avremo più tempo vedrai… questo è avere un vero orgasmo, non quella scarica di piacere e due contrazioni. Le  donne posso raggiungere vette di piacere incredibili”. E dire che a me pareva di aver appena scalato il Kilimangiaro.

 

Controllo l’ora: 17.20. Scatto come una molla, alla ricerca dei miei vestiti “Cazzo, la corriera!!!”. Ci vestiamo di corsa, schizzando fuori di casa e in macchina. “Non ce la faremo mai” mi annuncia, nervoso, mentre siamo imbottigliati nel traffico “Non preoccuparti, è ai cinquanta” Mi guarda, stranito. “Mi avresti fatto camminare, se no!” replico, difendendomi dalla sua mano che tenta di farmi il solletico. “Che strega…”. Parcheggia in stazione prendendomi la borsa col portatile. “Effettivamente, non saremmo mai arrivati in tempo” commenta, vedendomi camminare piuttosto rigidamente. Faccio per mollargli un pugno, ma sono troppo stanca e mi limito a un buffetto sulle braccia. “Stupido”

Giovedì festeggerò il mio compleanno. Serata tra amici.

 

Giovedì sarà la prima notte che dormirò con lui. 

 

Giovedì sarà la notte perfetta.

 

Venerdì mattina dovrò andare a lezione.

 

 

So che sta preparando qualcosa: nuovo gatto a parte, che ho già in odio e che spero verrà chiuso fuori sul terrazzo. Da un paio di giorni è sfuggente, vago, ha un tono divertito.

 

Io invece sono una corda di violino, una tigre in gabbia, nervosissima: mi ha imposto l’astinenza con una promessa, lo sforzo per mantenere la parola è indescrivibile. Astinenza fino a giovedì notte, 23.40. Il tempo di finire l’aperitivo e tornare a casa sua.

 

A dire il vero mi sto pregustando ogni ora:

 

i giochi di seduzione mentre siamo in compagnia, il tragitto a piedi verso casa, le scale che mi sembrano sempre interminabili, il letto.

 

Avrò sicuramente bisogno di darmi una rinfrescata appena tornata, togliermi il trucco, infilare il pigiama… sono abitudinaria all’inverosimile, quindi per sicurezza, penso non metterò in borsa altro che il cambio per il venerdì e lo spazzolino.

 

Tre settimane fa circa abbiamo parlato delle nostre fantasie ancora da realizzare. Io ho parlato delle mie, lui è stato zitto, per la precisione. Alcune, tipo farlo osservando il nostro riflesso allo specchio o farlo in un luogo pubblico, sono state esaudite, altre invece, sono lì, che aspettano.

 

Mi piace fare la parte della preda, ma non riesco a immaginarmi una cosa meno romantica del farsi legare e bendare. L’atto in sè mi smorza la poesia, non il risultato.

 

Mi stuzzicava parlandomi di giocattoli sessuali, ma non mi sento ancora molto pronta: devo ancora finire di gustarmi l’originale in carne e pelle, l’imitazione me la lascio per quando sarò sola e frustrata.

 

Altre opzioni papabili non ce ne sono, che mi vengano in mente, aleggia nell’aria solo quella promessa di spingermi oltre al limite, ma quale non lo so. 

 

Sono emozionatissima al solo pensiero!! Tanti auguri a me :)

Avevo sulla lingua il gusto del sale, quando finalmente il cellulare si illuminò, verso le dieci e mezza: “Mi faccio una doccia e arrivo.”. Io e i miei amici lo stavamo aspettando con trepidazione perché con il suo modo di fare un po’ formale, un po’ scanzonato, li aveva conquistati. Il suo prestigio è il mio e non perde occasione per mettermi in bella luce. 

 

Non avevo scelto una mise particolarmente audace: volevo essere sensuale e non volgare, quindi un abito che terminava poco prima degli stivali sopra il ginocchio, leggins in pelle, capelli raccolti. 

 

I miei amici avevano stentato a riconoscermi, ero totalmente diversa e non perdevano occasione per complimentarsi con me.

 

Arrivammo al locale verso le otto e un quarto, passando il tempo a farci foto buffe, mangiucchiando qualcosa e, io che non dovevo guidare assieme ad un altro paio, bevendo un drink dietro l’altro.”Indietro non si torna!” mi sussurrava uno di quelli ‘astemi’, riferendosi al fatto che si dice non si debba scendere con la gradazione alcolica, ma solo aumentarla.

 

Ci stavamo divertendo come pazzi e le risate si sommavano. Un piacevole stordimento mi faceva oscillare ogni volta che mi alzavo. Ci spostammo dal tavolo con le sedie al louge bar, accasciandoci sui divanetti sopra un mare di giacche e borse. Quei pochi uomini che c’erano, venivano intrattenuti dalle altre ragazze, ma era ora di dare una scossa alla serata.

 

Finii il mio margarita, decisa a dare a tutti gli invitati che potevano bere il colpo di grazia prima dell’arrivo del mio uomo. Un giro di tequila-sale-limone, un giro di grappa bianca alla goccia. Durante la pausa sigaretta, quando ormai i gradini per uscire dal locale erano diventati una specie di scalata alla ziggurat, finalmente arrivò, in giacca e cravatta. Furono fischi di ammirazione  e commenti quando mi baciò.

 

Scendemmo tutti insieme e un mare di applausi ci accolse, accompagnato da tre urrà e dall’invidia di un’altra festeggiata a noi sconosciuta i cui invitati continuavano a rompere bicchieri e a fare gli scemi con le mie ragazze.

 

Ballammo un pochino tra di noi, un po’ sui tavoli, un po’ sui ragazzi, prima dell’ultimo giro. L’ultima tequila e un mare di saluti, baci, abbracci e ringraziamenti.

 

Forse avevo alzato un tantino il gomito, poiché sentivo la presa salda del mio ragazzo un po’ guidarmi un po’ sospingermi verso casa.

 

Giunta in stanza, mi spogliai del grosso dei vestiti e barcollai verso il bagno per lavarmi i denti e struccarmi. Dieci ore prima avevo pensato di fare lo spogliarello, ma dato il livello di ubriachezza, rischiavo solo di rendermi ridicola e farmi male.

 

Infilai una giarrettiera senza slip e calze nere a velo (ci vuole sempre un piano B) che avevo nascosto in un mobile durante il pomeriggio.

 

Non persi nemmeno tempo a togliermi il belletto, che, per fortuna, non si era sbavato. Uscii e mi buttai sul letto di pancia, imitando quel video di Kate Parry, California.

 

“Buon compleanno, amore” mi voltai e vidi che porgeva un pacco considerevole, una scatola, signori miei, non pensate subito male: un kit per il piacere perfetto composto da manette, olio per massaggi, piumino e …vibratore. Ero esterrefatta.

 

Quando sento entrambi i polsi stretti e bloccati alla testiera del letto ho il cuore che mi batte a mille: mi bacia a lungo, accarezzandomi tutto il corpo e io corrispondo, muovendomi per sentirlo più possibile stretto a me.

 

Mi lecca il sesso con calma, guardandolo prima di ogni succhiata: mi sento davvero nuda quando fa così, ma è una sensazione liberatoria. Personalmente adoro la forma che hanno il mio clitoride e le mie labbra e se anche lui apprezza mi rilasso.

 

Perdo la nozione del tempo e mi godo i piccoli morsi e i baci che mi dà ad occhi chiusi, in tensione: vorrei sentirlo dentro di me, ma non mi pare che mi voglia lasciare in pace – sento la vibrazione meccanica sconquassarmi e gemo.

 

Tento di avvicinarlo con le gambe, ma sono così stordita che non mi riesce altro che subire. Sono lì, orgasmo mancato dopo orgasmo mancato con un crescente istinto omicida nei suoi confronti, quando mi slega e si sdraia placido perché gli salga sopra.

 

Sentirlo scivolare dentro di me è la sensazione più bella del mondo. intuisco appena che l’orgasmo potrebbe lasciarmi stremata e desiderosa solo di un buon sonno, quindi a mia volta lo rimando: cambiamo posizione continuamente, prediligo quelle dove possiamo goderci la vicinanza uno dell’altro, senza stimolarci.

 

Verso le tre del mattino cedo, mi lascio scivolare all’indietro dalla posizione di amazzone e non oppongo nessuna resistenza quando comincia a masturbarmi con dolcezza.

 

Il mio piacere è così intenso e lungo che sono sul punto di perdere conoscenza. Quando mi riprendo ci mettiamo a ridere: tutto il letto è bagnato di sudore e umori, ci toccherà dormire quasi uno sull’altra per non sentire l’umidità.

 

Mi addormento di botto, il viso affondato nell’incavo tra la sua spalla e il collo, una gamba che lo circonda all’altezza della vita. Il miglior compleanno di sempre.

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