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Racconti Erotici Etero

Ti vuole ancora

By 14 Gennaio 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Il sole di quel cocente e torrido lungo pomeriggio, filtrando attraverso le persiane socchiuse tracciava silenzioso e preciso sul soffitto i suoi raggi di luce, dal giardino viceversa proveniva acuto, inebriante e piacevolmente intenso il profumo e quell’essenza multicolore di tutti quei fiori. Lei si era svegliata accaldata più del solito, quasi sbadata e stordita, tuttavia non era stato conseguentemente il caldo a procurarle quello sfinimento né quello strapazzo debilitante, ma solamente per il fatto che lei si era alzata per andare a bere qualcosa, e passando nel corridoio lo specchio le aveva rigorosamente rimandato indietro la sua immagine rispedendogliela tale e quale immutata.

Lei era a piedi scalzi con gli slip e la maglietta che lasciavano scoperto il ventre, i capelli lunghi scomposti che ogni tanto lei andava sollevando con le mani per il gran caldo scoprendo la bella linea del collo. Tornando verso la camera aveva adocchiato buttata sulla lavatrice la sua maglietta, lasciata lì da quando lui era partito puntualmente tre settimane prima. Lei non l’aveva lavata di proposito lasciandola là intenzionalmente, perché le piaceva quell’olezzo, quella sua naturale, tipica e inequivocabile essenza odorosa. Quando facevano l’amore, infatti, le piaceva la fragranza del suo maschio che le rimaneva impressa sulla pelle, giacché quell’emanazione inimitabile l’avrebbe indubitabilmente identificata e riconosciuta a occhi chiusi anche in mezzo a mille uomini. Tornata di nuovo nel letto, con la maglietta in mano lei ne inspirava felicemente e gradevolmente il profumo, intanto che l’appetito e quel languore cambiava colore in desiderio, giacché l’angosciava tormentandole diffusamente il corpo. Lei lo aveva sentito due giorni prima, però lui non le aveva rivelato quando sarebbe ritornato, avevano fatto l’amore per telefono e al presente quel ricordo invece di rabbonirla e di placarla continuava a infiammarla di desiderio oltremodo, una concitazione che era quasi una sofferenza, una tortura perenne, perché nel tempo in cui il respiro si faceva leggermente affannoso, quelle mani che a lui piacevano tanto s’insinuarono a rilento e senza fretta sotto le mutandine.

Il movimento delle dita assecondava incoraggiando le ondate del desiderio e il suo fiore carnoso e florido era attualmente intriso, irrorato interamente di quello che lui denominava il ‘sapore e lo spirito’ della sua adorata e benvista femmina. Inaspettatamente lei sentì il rumore delle chiavi che aprivano la porta e i suoi passi, attualmente lui era ritornato, ebbene sì, era rientrato. I suoi passi percorsero il corridoio, poi la sua figura apparì nel vano della porta della camera, così senza dire una parola lui s’accomodò sul bordo del letto, le sfilò la mano dalle mutandine e cominciò a baciarle le dita assaporandole a una a una, perché in quell’inatteso frangente non ci furono molte parole d’aggiungere:

‘Tu sei davvero eccezionale, sei realmente sublime. Devo onestamente dirti che mi sei concretamente mancata davvero tanto, io t’ho desiderato parecchio, lo sai questo vero?’.

Lui, conoscitore, esperto, maestro e specialista nell’arte dell’amore la tenne per i fianchi, la trascinò sul bordo del letto, le allargò le gambe e cominciò ad accarezzarle con la lingua la sua rosa polposa bene in carne. Lei lo dissetava ristorandolo del suo desiderio e del suo piacere, fintanto che gli accarezzava i capelli e lo guidava nel movimento. Quella lingua pareva come una spada di fuoco che arroventava il suo desiderio, facendole inarcare il corpo teso come un arco le offriva regalandole acuti spasimi di piacere e lei sapeva, sì, lei era conscia che lui godeva dimenandosi dal piacere, lei gli riempì alla fine la bocca, eppure non gli bastava. In quella circostanza lei s’adagiò sul bordo del letto, gli sfilò i jeans, glieli fece scivolare sui fianchi, afferrò il suo calice rigonfio di nettare d’impegni, di promesse e di vita, se lo fece scivolare in bocca per abbeverarsene e per dissetarsene per bene. Lui sentiva la lingua esperta e vogliosa della sua femmina ed era pertanto attaccabile e indifeso, perché in sostanza adesso era lei la padrona, la femmina ambiziosa, esigente e pretenziosa, però caritatevole, generosa e splendente, malgrado ciò anche un po’ tumultuosa e persino equivoca e torbida. Lui le accarezzava i capelli e glieli scompigliava, prima con movimenti più dolci, in seguito con mosse più decise conformemente al ritmo del piacere.

Lei portava in pubblico la chioma sempre raccolta, in quanto era un privilegio per lui vedergliela sciolta e potergliela accarezzare, giacché era come la seta fra le sue mani. Avrebbe voluto essere al posto di cento uomini per soddisfare tutti i suoi desideri e le sue fantasie, perché nessuna sinora gli aveva mai dato il piacere che lei gli offriva sapientemente, dal momento che era un’autentica e una schietta femmina, la sua adorabile e soave femmina. In quella condizione mentre gli accarezzava le cosce e la foltissima e morbida peluria del pube, lei avvertì finalmente lo sperma del suo maschio colarle in gola a modo di zampillo, infine lei insaziabile lo ingoiò tutto fino all’ultima goccia. Dopo s’alzò e gli posò il viso sul petto abbracciandolo con dolcezza e accarezzandolo: quello era il momento della tenerezza dopo l’appagamento di quel desiderio troppo a lungo rinviato e trattenuto. La prese in tal modo in braccio e la distese sul letto, poiché rimasero così a lungo, pelle contro pelle e furono baci e carezze che riaccendevano eccitando i corpi, essenza odorosa che si combinava, si fondeva unendosi alla fragranza acuta e intensa della parte migliore di quei fiori:

‘Lo sai che ti bramo ancora adesso, che spasimo sempre per te, lo sai questo vero?’.

Lo sapeva eccome, senza dubbio alcuno, apertamente e limpidamente, perché anche lei lo pretendeva, lo reclamava e lo voleva ancora con tutta sé stessa, dal momento che non esisteva né era presente il no fra di loro, neppure il contestarsi né il respingersi, perché si sarebbero amati, cercati, desiderati e posseduti di continuo.

{Idraulico anno 1999}

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