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Racconti Erotici Etero

Tina

By 23 Settembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Tina (1)

Sono Michele e lavoro per una piccola ditta vicino Brescia. E’già da un po’ che sto con questa ditta, per essere onesti non è che mi piaccia poi tanto, e le giornate sono tranquille e passano senza molta agitazione, ma, anche perché sono giovane, credo che ci sia sempre di meglio da trovare. Non sono una “testa calda” come dice il pardone, ma non avere desiderio di migliorare la propria posizione mi pare sprecare i talenti che la natura ci ha dato e gli sforzi fatti dai genitori e i nonni per tirarsi fuori dalla miseria che li teneva stretti.

Il mio lavoro è tranquillo, di solito una rottura. Io sono il “responsabile del magazzino”, titolo pomposo che copre il più banale ruolo dell’omino “che riceve e spedisce la roba”.
Non faccio altro che prendere delle cose dagli scaffali, metterle in un cesto e darle ad un paio di persone che le portano in produzione, ricevere le cose che arrivano dai trasportatori e metterle in ordine dentro gli scaffali, prendere le cose dagli scaffali dove le hanno messe i ragazzi della produzione e darle trasportatori, col sovrappiù di riempire un sacco di carta.
è inutile pensare che non mi debbo lamentare perché tanto mi arrangio con i fornitori: la mia è una ditta padronale, il capo sta cogli occhi dappertutto come se gli levano il piatto davanti ogni momento. A parte qualche stupidaggine lasciata dai fornitori sotto le feste, il solito panettone di Natale del padrone, e qualche biglietto per il cinema di un cliente al quale permetto di seccarmi oltre l’orario di lavoro, non è che rimedio “fuoribusta” appetitosi. Certo il lavoro è abbastanza tranquillo, anche abbastanza sicuro, e con l’aria che tira adesso non è tanto male, non mi fa impazzire di contentezza ma me lo faccio star bene vivendoci tranquillo. Insomma, io ho venticinque anni, e questo lavoro ce l’ho da poco, è il primo lavoro “serio”, in regola, ma non mi ci vedo a mettere le cose in ordine e darle a questo e a quello per tutta la vita.
Per avere questo lavoro, mica gliel’ho detto al padrone che sono laureato; gli ho raccontato di tutti i lavoretti che ho fatto per mantenermi agli studi, insomma un sacco di balle, se no col cazzo che me lo dava l’impiego se gli raccontavo anche del culo che mi sono fatto per studiare e passare gli esami mentre lavoravo per mantenermi, e senza nemmeno tirarla troppo per le lunghe.
Il padrone vede i college dei telefilm di Canale5 e le porcherie dei film americani e si pensa che la laurea te la prendi ridendo e giocando a pallacanestro. Forse in America, pure pure, ma qui col cazzo! ti tocca farti il culo! e in aggiunta con i professori tromboni che hanno leccato per tutta la vita e schiumano per rifarsi con gli studenti. Oh sì, ma questo non c’entra.
Insomma, io ho già fatto parecchi lavori durante l’università, al nero è ovviamente, e me li sono venduti, questi lavoretti, per crearmi un po’ di esperienza, quella che serve per sfangarla quando cercano il solito “giovane ventenne motivato con esperienza trentennale”.
Per questo non me la tiro e anche se sono il “responsabile” mi vesto sempre con il blujeans e la maglietta, come tutti i giovani della mia età, e resto alla mano con tutti.
Ma il padrone non mi piace perché capisco gli imbrogli che combina, a me mica me l’ha da a bere, anche se faccio finta di non vedere e non sentire per tenermi il lavoro. Eppoi si crede il padreterno che ha fatto tutto lui e sa tutto lui perché ha messo su la fabbrichetta. Certo, l’hai messa su ma ti si taglia sempre coll’accetta e per farti affilare due parole che si capiscono ci vuole il frullino anche quando parli di lavoro, per il resto, poi …

Però la vita è strana, non si può può mai prevedere che cosa succede, neanche con hai un lavoro la cui cosa più eccitante è l’albero che fiorisce davanti alla finestrella sopra il pc.
Martedì comincia come un giorno qualunque, forse un po’ peggio perché sono stanco morto, ho dormito poco, la gente del piano sotto casa ha fatto casino tutta la notte, per di più il viaggio in bus dalla periferia dove abito è stato scomodo e in piedi. La giornata si preannuncia proprio pesante. Avete presente quando ve lo sentite dalla mattina, è?!
E infatti il padrone mi vuole subito nel suo ufficio appena arrivato; c’è un biglietto sul mio tavolo che mi dice di andare di corsa da lui, subito, appena arrivato! è insopportabile il modo in cui dà gli ordini alle persone che lavorano per lui; uno lavora per lo stipendio, mica perché lo ama , ma è inutile fare una riflessione così profonda con un tipo del genere.
Comunque è strano che mi chiami, fatto raro, per lui non sono diverso da una macchina o uno scaffale, un qualunque attrezzo della “sua fabbrichetta”.
Ho accorciato passando per la mensa e attraverso la contabilità, e girata la macchinetta del caffè penso velocemente se forse è il caso di prendere uno per darmi una svegliata, ah chissà come la prende se mi presento con un caffè fumante mano, all’americana, come nei telefilm che gli piacciono tanto.
Ma mi sta vedendo arrivare attraverso la porta del suo ufficio, con lo sguardo di chi sta perdendo già troppo tempo per le incombenze di un sottoposto.
“Buongiorno, mi ha chiamato, ho visto il biglietto sul tavolo” dico appena superata la soglia, tutto d’un fiato, per non lasciargli tempo. Il padrone è un tipo spiccio, si è fatto da solo, al solito modo.
“Bene Michele, oggi ho un sacco da fare. Devo incontrare della gente che viene apposta per noi qui, … commesse ricche per noi … ” comincia ” … dobbiamo fare una bella figura … con le consegne …. Li voglio impressionare. Tira a lucido il magazzino, metti a filo gli inventari, non voglio un numero fuori posto. E pure le cose, sai, …. tutte le cose a posto. …. Tutto brillante e pettinato fitto. Chiariamoci, per l’ordinario va tutto bene per come fai, ma questa volta dobbiamo fare il botto. …. Lascia stare tutto e mettiti di punta su questa faccenda.”
“Va bene, arrivederci.” non mi pare vero di potermene andare. Strana cosa questa, di solito io non esisto, per cui questa deve essere seria, quindi oggi ho proprio da fare parecchio e ancora tutta la giornata davanti: sarà dura.
Sulla scrivania ho visto la foto di una donna giovane, certamente la moglie, molto bella, in una posa ammiccante, forse un po’ troppo sensuale per stare sulla scrivania di un ufficio. So dalle voci che si chiama Tina e che è un gran pezzo di gnocca, ma non l’ho mai vista prima. Alfonso, quello delle vendite, aveva soffiato in giro che era uno schianto; ma Alfonso è un ballista, un vero cazzaro, mica gli puoi credere. Ma quando poi Ferdinando della contabilità ha detto la stessa cosa con i suoi termini coloriti, mi sono reso conto che deve essere proprio la verità; Ferdinando non ci gira intorno con le parole e magari te la spiattella lì con il carico da undici, ma puoi star sicuro che non racconta balle.
“Oggi passa mia moglie, Tina, a dare un’occhiata alla fabbrica per vedere se tutto è a posto. Passerà anche al magazzino a controllare che stia tutto pettinato per fare figura. Ha l’occhio allenato, è arredatrice. Fai quello che ti dice.” La raffica mi arriva mentre sto per chiudere la porta dell’ufficio pensando di aver ridotto i danni.
“Cazzo, ci mancava anche questa, il caporale di giornata!”, penso fra me e me, riapro un poco il battente e ciondolo la testa dentro l’ufficio per annuire.
Tiro via il capo e chiudo velocemente per non incocciare un altro ordine e me la filo rapidamente al mio bugigattolo.

Però, accidenti, la foto di Tina fa proprio effetto, diciamo che tira di brutto. Bell’aspetto, sì, senza dubbio, ma non è quello; se ne vedono di meglio in giro, ma il messaggio, porc…, il messaggio che ti arriva da quello sguardo, da quella immagine, non lo trovi mica dietro ogni cantone. Altro che le sciacquette che si dimenano in televisione o si cerottano al calciatore di turno. Questa tira! Fa sangue! E c’avrà pure più di 30 anni, sicuro arriva ai 40! Ma quanti, davvero?
E’ davvero come dice in modo spiccio Ferdinando? Cazzo! C’è da chiedersi cosa porta sotto, se sopra è così. Ehi, ma che fai? ti intosti? Oggi proprio non te lo puoi permettere, hai un sacco da fare, e pare proprio che ti giochi il culo se non metti tutto a puntino.
E per tutta la giornata non c’è un attimo di riposo anche se ho dato il lavoro peggiore a Giorgio e Marcello, i due che lavorano con me. A loro la giornata movimentata pare che piaccia, una specie di botta di vita, ma sono tipi silenziosi e non lo saprò mai; però sono affidabili e tosti, due anime semplici che fanno il loro lavoro a testa bassa e sui quali puoi contare, anche per le cose più scomode.
A pranzo Giorgio e Marcello escono mentre io resto nel mio buco e mi apro la gamella con la minestra. Beh, sì, mi porto la gamella come i vecchi operai. L’ho imparato durante i lavoretti di prima che è più salutare la minestra del panino, e poi mi piace tanto.
Con il naso nella gamella sento lo scatto della porta esterna e vedo una figura entrare; non mi è familiare e inguatto la gamella sotto il ripiano per non dovermi vergognare delle mie preferenze culinarie. Chiudi la porta, cavolo!, che col controluce non vedo niente, spicciati ad entrare. Infatti pare che mi ha letto il pensiero perché la figura fa due o tre passi dentro e chiude.
E’ Tina, la riconosco, è la moglie del padrone, il caporale di giornata che mi tocca oggi; non è come la foto, ma è quella della foto, sfido chiunque a dire che è un’altra persona, il messaggio che ti manda è lo stesso.
Però è meglio, moolto meglio della foto e della più colorita descrizione di Alfonso o Ferdinando. E io devo proprio avere una faccia da scemo, ben illuminata dal neon del magazzino.
Un 40 anni forse qualcosina di più, una stanga da 1 metro e 80 su 8 – 10 centimetri di tacco, gonna scura al ginocchio e camicia rosso scuro, niente gioielli – strano -, ancheggiare sinuoso, ma il colpo lo ricevo quando si toglie gli occhiali da sole: uno sguardo, un lampo, penetrante nelle budella, una lama che ti scende nella pancia fino dentro al cazzo e lo fa diventare un ferro.
Cribbio che effetto.
E che imbarazzo per superare la faccia ebete, l’occhio indagatore e il bozzo nei pantaloni.
Vorrei vedere chi, a 25 anni, resiste a una visione del genere. Il vestito è comodo, normale, niente spacchi, ma si vede subito che sotto non ci sono rinforzi e che la robba è proprio tutta sua, nei posti giusti e quanta ce ne serve; con quel filino in più che fa sangue, quello giusto della femmina fatta che conosce il sesso e lo apprezza, per intenderci. Curve in armonia, senza eccessi e con l’impressione di essere davvero sode.
“Michele? Sei qui?”.
“Eccomi, buongiorno, sto qui” mentre cerco di far passare inosservato lo sguardo allupato e mascherare il bozzo ai piani bassi.
“Mi hanno detto che ti avrei trovato qui, io sono Tina” e mi stende la mano, mentre gliela stringo noto che è molto più educata di suo marito che mai si sarebbe sognato di presentarsi e tanto meno di stringermi la mano; vedo una bella mano dal polso fine e dalla stretta cordiale e decisa: quella di una donna che sa il fatto suo.
“Si, lo so, cioè, … volevo dire … il padro… ehm … suo marito mi ha detto che passava, oggi, …” e così mi ritrovo a impappinare le parole.
“Davvero? Ti ha avvisato?” mi dice con l’aria stupita e sorridendo.
“Cosa posso fare … ?” rispondo di slancio e senza finire la frase mentre la mente corre veloce a quello che volentieri le farei ma non posso proprio dirglielo, e soprattutto non in questa occasione.
“Beh, vorrei vedere cosa tieni qui sotto”
Ma mi leggi nel pensiero?, te lo farei vedere davvero cosa c’è qui sotto, mi dico mentalmente, mentre il mio viso prende l’espressione interrogativa di una muta domanda. Tina accenna appena un sorrisino malizioso, forse perché ha realizzato il doppio senso della frase, e si volta ancheggiando: mi appare il culo più stupefacente della mia vita.
Mai visto niente di simile prima, una perfezione di curve e proporzioni che mi toglie anche il poco fiato rimasto. E’ vero, mi piacciono le donne un po’ culone, forse perché mi piace il culo delle donne, le masse che mi riempiono gli occhi e le mani. E questo, accidenti, è proprio un culo senza paragoni, mi ci si appiccicano gli occhi. Tina deve aver sentito la pacca dello sguardo sulla chiappa perché con la coda dell’occhio mi smaschera, ma procede a camminare dinanzi a me, che la seguo come un cagnolino, ancheggiando senza interrompere il ritmo ipnotico. Vai a vedere che tra un po’ allungo pure la lingua fino a terra ??!!
“Qui bisogna tirare le cose sul limite degli scaffali e mettere le scatole grosse davanti così sembra tutto pieno dietro; così mi piace, tutto tirato al limite, roba grossa in vista, ingombrante … e dietro pieno. Va bene?”
“Sì, signora, faccio fare subito così”.
“Sì, ma tu, ma tu, sei d’accordo? Lo sai fare di persona?”
Ma questa frase è fuori posto col discorso!, penso e il significato che le dò mi fa ingrossare vistosamente il cazzo.
“Se è così”, continua, “voglio partecipare di persona, voglio essere presente e costatare che sia fatto tutto per bene, completamente … senza tralasciare nulla, … da una persona fidata e capace. Capace di lavorare per bene, fare quello che deve essere fatto, fino alla fine senza stancarsi.”
Ma che cazzo di discorso fa questa? Però qualche altra “testa” deve aver già capito perché adesso il mio cazzo mi fa male proprio, perché è duro duro, perché preme contro i pantaloni stretti accidenti a loro e alla moda di adesso, perché è fuori posto e me lo devo tenere così, perché mi è uscito dalla molla delle mutande e mi preme contro la cerniera lampo che raspa come una dannata.
Con la punta del dito Tina mi spinge a sedere e si spenzola verso lo scaffale dietro di me. Per fortuna che ho preso col culo la sedia, sai che botta e che figura di merda se sotto non trovavo niente quando mi ha puntato il dito per spingere. Oltre il culo sulla sedia mi colpiscono le bocce che si spenzolano dentro la camicia a un dito dal mio naso, e sento dire: “Adesso è meglio, non vedi?” e mi appoggia uno stinco sul pacco per sorreggersi meglio. Cacchio! Ma che fa? Stuzzica? tocca! “così è proprio meglio, non ci sono dubbi, hai le cose messe proprio bene, tutte sotto mano, vedi? Ci sentiamo dopo, mi faccio viva, fai quello che devi fare”. E salutandomi con la punta delle dita si gira e imbuca la porta.
Mi lascia arrapato e per tutto il resto della giornata mi resta duro, mentre con la testa vuota ci metto un botto per fare ogni piccola cosa: che cosa vuole da me? cosa pretende? ho fatto qualche mossa sbagliata? No, non mi pare; sono stato corretto, gentile, professionale, … è lei che mi ha messo la gamba sul mio pacco … , sì ma glielo spieghi tu al marito … e poi ti pare che ci crede?
La testa mi gira anche a casa, mi faccio un panino per cena perché non ho fame. è fifa? eh sì sì, è fifa! non so mica come prendere la cosa, e sto ancora a cazzo è sempre duro. Mi faccio una sega pensando al culo di Tina, alle sue bocce, allo stinco sul pacco …. ma soprattutto al culo. Adesso sono più calmo, finalmente mi addormento.

Driin, driin, … Eh?! Ste sveglie cinesi! Come si spengono? Cacchio è mercoledì, devo andare al lavoro, non ho dormito una cippa ed è pure già tardi. Doccia veloce, un biscotto in bocca, uno in tasca, il caffè … me lo piglio alla macchinetta … e senza rifarmi nemmeno il letto mi fiondo al bus. Ho persino dimenticato di farmi la mia adorata gamella, cosa cavolo mangio oggi? niente di decente sicuro. Una giornata a testa vuota e cazzo moscio, chissà dov’è finito il sangue. Si prevede proprio faticosa oggi.

In ufficio timbro e passo alla macchinetta, vedo il padrone: che ci fa già qui? speriamo che non mi vede, seriamo che non mi vede … mi ha visto! “Buongiorno”, dico, “Ciao, Michele, vieni vieni. Mi ha detto Tina che è andato tutto bene con te ieri.” Cerco di stare rilasciato e calmo e accenno un’approvazione con la testa. Gli ha detto forse qualcosa? “Senti mi ha detto che ti chiama e ti fa sapere … quelle cose …. da fare nel magazzino …. Fai quello che dice, fai le cose per bene. Io nel pomeriggio non ci sono, devo vedere quelli della banca, se mi cercano …” Sì sì, lo so che significa: chiappe strette! che pure se non ci sono vi tano tutti e vi inchiappetto a passo di corsa se non filate dritti. “Sicuro” mi allargo a rispondergli e faccio per andare via. “Senti, potete usare pure il mio ufficio per stare più comodi se vi serve.”, si gira e rientra nell’ufficio. Non mi pare vero di mettermi a trottare verso il magazzino facendo finta di avere qualcosa urgente. Il caffè si è freddato o la mia mano è bollente? Non faccio a tempo a chiedermelo che dietro la porta incoccio la sedia con uno stinco. Un male boia! e verso pure il caffè per terra. Puttana! niente caffè, nemmeno freddo, perché io di là non ci torno mica, e mi tocca pure pulire; già sto pavimento è una porcheria mi tocca pure levare il caffè se no fa stalla che non se ne esce. Butto il bicchierino nel cestino e raccatto straccio e ramazza che le donne mi lasciano dietro lo scaffale per le emergenze.

La giornata scorre normale con tutte le cose da fare una dopo l’altra. Dopo pranzo penso di andare alla macchinetta ma sulla porta di dietro incrocio Giorgio e Marcello che rientrano. “Avete visto Tina”, faccio, e noto che i due si fanno le occhiate, “beh?” “L’hai vista?” fa Giorgio, “Ieri, è quella che fa i cambiamenti degli scaffali”, dico, “E che te ne pare?” chiede Marcello, “Niente, è gnocca forte” rispondo, “Eh, sì, e dà pure un sacco di guai” fa Giorgio “Proprio un sacco, c’è da starci attenti” gli fa eco Marcello. “Oh! che vi siete messi in testa! è una persona gentile e preparata, e poi io ci lavoro, mica …” “Sì, sì ma è moolto sposata al padrone, ricordatelo.” “Ma fatemi il piacere ! …” e torno dentro senza caffé. Però solo pensare a Tina mi ha fatto intostare e speriamo che si smoscia perché lavorare così è scomodo, porca … !
Però il pomeriggio scorre tranquillo.
Verso le 6, Giorgio e Marcello se la sono già filata dato che il padrone non c’è e io mi sto preparando le carte per le spedizioni di domani quando suona il telefono e Betta, della ricezione, mi dice che Tina è lì e cerca di me.
Passo dalla porta di dietro e attraverso gli uffici, senza sentire nessun rumore: già, è per tutti che non c’è il gatto mica solo per Giorgio e Marcello. Che botta di furbizia !!
Sorrido a questo pensiero scemo quando aperta la porta mi sento dire dal bancone della ricezione: “Non bisogna mai far aspettare una signora! Non te lo hanno mai insegnato?”. è Tina, dal bancone, un vero schianto; guardo Betta che fa le facce e alza gli occhi al cielo e allora scelgo l’atteggiamento piacione: “E’ vero, ha proprio ragione, mi deve scusare” intanto tengo il maniglione per farla entrare in ditta. Minigonna, tacchi alti, calze … glieli hanno cuciti addosso i vestiti ??!! Che fatica tenere aperta questa porta pesante mentre mi viene al naso un profumo denso avvolgente e con l’aria innocente guardo Betta che silenziosa continua a fare le facce ammiccanti. Ma quando l’occhio va oltre la soglia il movimento ondulatorio dei fianchi mi intosta e solo il chiudersi della porta impedisce dalla ricezione di vedere la bocca aperta e lo sguardo da triglia che devo avere sulla faccia.
Ma Tina deve essersene accorta perché mi sembra che faccia una specie di sorrisetto.

Tina (2)

“Hai fatto come ti ho detto alla roba del magazzino?” mi chiede entrando direttamente nell’ufficio deserto del marito, “Sì, l’ho spiegato bene pure ai ragazzi. Ce ne stiamo occupando tutti, tutto a puntino come ha detto” rispondo mentre chiude la porta e mi sorride.
“Bene, mentre i tuoi ragazzi si occupano di quello, io mi occupo di te” mi fa e mi mette la mano sul pacco e la lingua in bocca.
Mica sono di legno! Il cazzo mi si intosta, mi cresce nei pantaloni fino a spuntare dagli slip: stavolta trova spazio, non si impunta contro nessun ostacolo doloroso e non mi si raschia nemmeno contro la cerniera lampo. Mai capitata una cosa del genere: cazzo duro e sudore nella schiena, arrapatura e fifa nera, gnocca fenomenale e moglie del padrone.
Se mi paro il culo e la respingo questa si offende, mi pianta un casino e mi fa mettere sul marciapiede dal marito, se mi paro il cazzo rischio che il culo me lo fa il marito che mi mette sul marciapiede lo stesso perché mi trombo la moglie.
Inerte non ci sto mica, sorpreso e parecchio impaurito certo, ma frocio proprio no ! Le mie mani corrono sul collo, sulla schiena, sul culo di questa topolona e fatico a stare dietro a quel frullatore della sua lingua. Neanche io sapevo di avere tanti posti in bocca: la lingua me la trovo dappertutto, ma quante ce ne ha? Io non sono mica inattivo e le faccio trovare quello che cerca, mi lascia senza fiato e quando si stacca non mi pare vero di dare un respirone.
“Adesso vediamo il tuo di magazzino” e con un solo movimento mi tira giù la zip, via la cinta e a terra pantaloni e mutande.
“L’attrezzatura è in ordine” e afferra il cazzo eretto che sporge verso il suo viso “e mi pare pure in perfetto stato di funzionamento” mentre fa correre con il pugno la pelle avanti e indietro. “Che bello!” mi scappa, “Ci credo” mi fa, “e adesso senti questo” e mi molla due lappate con la lingua sotto la cappella, un tour a labbra chiuse di tutta la punta e una stuzzicata in punta di lingua del buchino del mio pisello.
“Cribbio quanto sei brava, mi fai uscire pazzo con quello che mi fai” faccio appena in tempo a dire che sento calore e umido intorno alla cappella, guardo giù e vedo la chioma che quasi si incolla alla mia pancia, le sue mani sui miei fianchi mi tirano avanti e percepisco uno struscio stretto sul bordo della cappella. Mi sta facendo un pompino con le tonsille? se l’è ficcato in gola? mi pare di sì, forse, non mi è mai capitata prima una cosa del genere. Un attimo dopo sento il leggero raspare dei denti lungo l’asta e poi … parte il frullatore. Di nuovo la sua lingua che vortica sopra, sotto, intorno alla mia cappella bene tenuta dentro la sua bocca, e la lingua fa i percorsi più incredibili sul mio cazzo che non riesco nemmeno a capire dove passa, ma le sensazioni che mi passa quelle sì che le capisco bene, eccome, e quanto le capisco.
“Fermati, fermati, fermati, se no mi fai venire subito” le dico e le metto le mani sulle spalle come per allontanarla. Tina si stacca e mi guarda. Gli occhi le brillano, ha le guance rosse, un sorriso felice e la sento ingoiare la saliva che le riempie la bocca.
“Beh, ora tocca un po’ a te. Fammi vedere come metti in pressione la macchina” e mentre si rialza vola via la gonna, il mio sguardo va al perizoma che le segna il ventre e mentre resto incollato alla visione anche la camicetta e il reggiseno spariscono. Comincio appena a rendermi conto di cosa sta succedendo che anche il perizoma vola via in una piroetta. Allora prendo l’iniziativa e l’abbraccio mentre mi dà le spalle, le afferro le tette con le mani a coppa e le bacio il collo.
“Smanacciami le tette, tirami i capezzoli” mi dice, e io mi ci metto con gentilezza facendole fare le fusa come una gatta mentre continuo a baciarle l’attaccatura dei capelli, le spalle, e mi incollo spingendole il cazzo tra i globi del culo. Questo rotea rotea e apre la strada che porta la cappella contro la fica. “Hai un bel culo sodo, tondo e sodo” “Ti piace” “Certo, e poi ti muovi come una regina. Lo senti quanto è duro?” “Sì, lungo e duro. Anche il mio culo è duro.”
Con la punta della lingua lecco la colonna vertebrale accompagnando la discesa con baci e morsi alla schiena e ai fianchi fino ad arrivare alle chiappe e scavalcarle allungando la lingua fino al varco della fica. Tina si piega e apre le gambe per farmi spazio, poi con le mani afferra le natiche e le spalanca dandomi pieno accesso. Io continuo a leccare le labbra e il clitoride, poi salgo e con la punta della lingua accarezzo l’ano prima tutto intorno e poi al centro forzandolo un po’. A questa manovra risponde un brivido lungo la schiena della donna la quale ricomincia a vorticare il culo per strusciarselo più forte contro il mio viso e spalanca ancora di più le chiappe. “Sììììì, che bello. E’ porco porco quello che mi fai, continuaaaa”. Porto in avanti la lingua e raggiungo di nuovo la fica infilando la testa di più tra le sue gambe, la mano destra palpa la coscia e porto le dita della sinistra davanti sulla pancia, sul pube e sul clitoride a titillarlo. La posizione è scomoda ma l’odore che sento mi va alla testa, ho il cazzo di pietra per quanto si è indurito, ma la fica che lecco merita davvero tutta la fatica che sto facendo. Mi spingo di più in avanti e non so nemmeno come faccia la lingua a diventarmi un cavatappi che esplora tutti gli anfratti e sconvolge ogni angolo e ogni piega, che si insinua dentro e mulina per ogni dove accompagnata da “Sssssìììì” sibilanti di approvazione, manifestazioni di godimento senza uguali.
Mi riempio le mani delle due natiche e le spalanco guadagnando altro accesso e pure una buona quantità di aria che comincia a mancarmi tra queste profondità elastiche. Approfitto dello spazio per allargare i miei orizzonti linguistici (adesso che vi racconto questi fatti mi vengono fuori pure le battute spiritose!), e allargando allargando, la lingua scappa sul buchetto cui consegue un fremito incontrollato della sua schiena e un “Cosa mi faiii?” più falso del gettone dell’autoscontro che invece vuole significare di andare avanti proprio lì. Perciò insisto con modi penetranti approfittando dei rilasciamenti del muscolo e mi insinuo stimolando la dilatazione. “Così, così! Dddddio quanto mi piace!” mi sento incoraggiare e vedo due sue dita cominciare a ballare sul clitoride e lungo le labbra della fica mentre un filo lucido di saliva e altro prende la via della coscia e scorre verso il ginocchio. “Mi piace, mi piace! Ma adesso mettimelo dentro! Lo voglio dentro, qui, sulla scrivania. Me lo metti dentro tutto! Umh?!” e con un guizzo si siede sulla scrivania e mi lascia con la lingua di fuori puntata nell’aria. Si butta indietro sui gomiti e allunga in alto le gambe: cavolo! due frecce puntate a indicare l’obiettivo senza nessun fraintendimento. “Dai! Qui!” mi fa e riguadagnando un’aria credibile cerco di far dimenticare la faccia da pesce con la lingua di fuori che è la mia presentazione in questo momento e mi do da fare con le tette. Mi prende le orecchie e mi tira schiantandomi tra le colline e strusciandomi vigorosamente la faccia nel solco, con al coda dell’occhio intravedo due capezzoli ritti che ci potresti appendere due quadri e ai quali mi attacco passando dall’uno all’altro riuscendo a liberarmi dalla sua presa. Ma mi arriva subito un tallone nella schiena e un “Dentro!” di incitamento che non ha un solo significato e nessun altro. Mi allontano un po’ per liberarmi di pantaloni e mutande acciambellati alle caviglie e mi ripresento in buona forma pronto all’uso; sono anticipato dalla sua mano che si impossessa del cazzo e lo tira e lo struscia sopra, intorno e in mezzo alle labbra della fica in giri e rigiri senza lasciarmi fare nessun movimento fino a quando non lo punta contro il buco rosa e un’altra tallonata nella schiena mi dice chiaramente e senza dubbio cosa si aspetta da me.
Mentre avanzo lentamente -dopotutto è sempre la moglie del padrone- il tallone di prima mi spinge con decisione, tutto dentro senza fatica, un ingresso fluido, scorrevole fino a sbattere le palle contro il culo.
Forse è il caso di prendere l’iniziativa, adesso, e le spalanco le cosce, l’afferro per le anche e comincio un regolare e profondo pompaggio, senza sbattimenti ma con intensità e molto metodo, con l’obiettivo di durare il più a lungo.
La cosa è molto apprezzata perché Tina piega le ginocchia esponendosi ancora di più, facendosi più accessibile e comoda da percorrere. Allunga il collo e si curva un po’ per osservare bene come il cazzo entra ed esce dalla fica. Questo deve eccitarla intensamente perché lo sguardo è acceso, indiavolato, manda lampi di lussuria che mi scorrono lungo la schiena per finire proprio lì davanti, proprio sulla punta e darmi la sensazione che il cazzo si allunghi a dismisura e la accenda ancora un altro poco. Il pompaggio è incoerente altro che la metodicità, l’abilità, la bravura dei personaggi di un racconto porno: io entro, esco, vado veloce, lento, leggero profondo. Non ci capisco niente e non so quello che faccio e come lo faccio; la mia sola testa che funziona adesso e ben dentro la pancia di Tina e lì fa turismo selvaggio, pretendendo di avventurarsi chissaddove oltre i limiti della natura. E pure lei non ci deve stare troppo con la “testa” in questi momenti se manda in giro sensazioni così.
Anche Tina non è per niente lucida. Mulina la lingua e sibila dei “Ssssssì!, Cosììììììì …” a bassa voce che mi rivotano le trippe, mi lancia sguardi infuocati che spalancano alla vista il suo cervello incandescente come una fornace; è inutile cercare di vederci un pensiero in questo momento, ho l’impressione di vedere dentro la bocca del bruciatore e invece di scappare provare il desiderio di ficcarmici tutto intero per sentire ancora più caldo oltre quello che la pelle e la punta del cazzo già sentono. Mi accorgo che le sue mani sono dovunque, di sopra di sotto davanti di dietro in mezzo di fuori, e accarezzano tirano spingono danno il ritmo, ma pure le mie fanno la loro parte passando dovunque possono passare e godendosi la compattezza della carne. Mi torna un minimo di lucidità quando sento sotto il polpastrello la morbida e compatta corona muscolare dell’ano, e la tentazione di forzarlo è irresistibile; provo, la fortuna e le secrezioni di Tina mi aiutano in una piccola penetrazione senza troppa difficoltà e reazioni. “Mhh?” “Hm! Hm!”. Cacchio, mai sentito un domanda-risposta più breve e più chiaro di questo prima d’ora.
Un attimo dopo segue il “Tutto! Adesso, tutto! Dentro! Vieni! Tutto dentro!”, che sarà pure una frase sgangherata, ma credetemi è chiara, ‘azz quanto è chiara!, e senza nessuna altra interpretazione, soprattutto ora che la racconto, mi fa smettere di giocherellare tra le sue natiche per afferrare saldamente le anche e obbedire più che volenterosamente.
Lentamente spingo solo in avanti senza più ritirarmi e struscio come per ficcarci dentro le palle e tutto il resto a seguire, con la sensazione pazza di farmi una nuova strada nel corpo di Tina, e vengo afferrato per la nuca e sbattuto bocca contro bocca quando un mulinello di lingua mi penetra vorticoso e giocoso, inafferrabile, e mi sento gridare il godimento dentro il cavo orale. Non resisto, mi sento mancare l’aria, mi stacco, riprendo fiato con un respirone e vengo dentro Tina, sentendomi un idrante, un palo della cuccagna, un kappa due di io.

Io devo avere la faccia sbattuta, ma pure lei non ne ha delle migliori, il suo sguardo appagato è più esplicito di un racconto porno e la dice proprio lunga su come si sente adesso. “Bravo! Sei stato bravo! – respiro – Me lo immaginavo proprio così. – respiro – Ero sicura che non mi avresti delusa.”, queste parole mi fanno sussultare il cazzo che non è ancora uscito dalla sua fica anche se ha perduto consistenza. Allungo la mano verso la scatola dei fazzolettini di carta che il marito tiene sulla scrivania, ne raccatto tre o quattro e glieli passo intanto che mi ritiro. Lei si tampona per non sgocciolare e io cado indietro sulla sedia direzionale soffiando forte per riprendere fiato … e vedo nero. Sento una sberla in piena faccia, una papagna a mano piena, che mi risveglia. “Ehi! Che ti succede? Sei diventato bianco! Ti senti male? … O è stato uno sforzo eccessivo?” Il tono dell’ultima frase è un poco a sfottò, e se lo poteva risparmiare visto il servizio, però mi è proprio mancata l’aria, è stata una scopata veramente intensa, dammi un momento di requie pupa! e ti godrai il servizio completo, full monty!, penso tra me e me, e devo fare un sorrisetto scemo perché mi fa: “Noo … non è stato eccessivo. Sei pieno di risorse e il bello deve ancora arrivare. Ti voglio di nuovo bello duro. Altro giro altra corsa!”.
Si vede che è una abituata a comandare, che sa quello che vuole, come lo vuole e soprattutto come prenderselo e da chi. Chissà chi è che porta davvero i pantaloni in casa, il marito sarà pure “faso tuto mi” ma adesso qualche dubbio mi viene, però chisseneimporta! non mi interessano le dinamiche familiari, mi interessa la mano che prende in pugno – in senso proprio, è il caso di dirlo, mai metafora lo fu meno di questa – il mio cazzo e approfitta dell’imprevisto inizio di erezione, che la sfida ha stimolato, per portarlo a compimento con una manipolazione abile.

Abilità elevata, la donna. Gioco delicato e veloce, sicuro, esperto, aiutato dalla ripetizione della manovra mano-sulla-nuca-tiro-bocca-a-bocca-lingua-a-mulinello che mi fa inalberare a guizzi. Ad uno di questi corrisponde una stretta robusta e uno scappellamento vigoroso e totale che stimola ulteriormente l’indurimento. Approfitto di un momento di respiro per abbandonare la sua lingua e tuffarmi tra le bocce leccando la pelle un po’ sudata e mordicchiando qui e là quel bendiddio.
“Spagnola?” mi fà. La domanda non è retorica, ha tre punti esclamativi e non è nemmeno una domanda. Qualcuna mi ha detto che non si sente niente così, e vai a capire perché questa lo pretende, allora. Ma il pensiero scompare come il cazzo dentro la sua bocca in un velocissimo pompino per poi finire tra i seni che tiene accostati stando ginocchioni davanti alla sedia. E fa tutto lei, si alza, si abbassa, li alza, li abbassa, e lo fa scorrere nel tunnel sodo delle carni compresse; quando le palle sbattono sulla base dei seni e la cappella arriva al mento arriva anche il bacetto o la leccata di fine corsa. Penso proprio che sarà dura resistere a lungo. Forse Tina capisce le mie sensazioni e le mie paure perché smette all’improvviso, si alza, mi prende le mani tirandomi per alzarmi, mi guarda dritto negli occhi e mi fa: “Adesso sei pronto, mi appoggio alla scrivania e me lo metti dietro.” Ho capito proprio bene: altro giro altra corsa! come sull’autoscontro metti il gettone e vai, ma devo avere un’altra volta l’aria da scemo di chi non ha capito niente perché continua: “Me lo metti tutto, fino in fondo, nel culo. Prima me lo lecchi un po’, però”.
Cazzo! La faccia da scemo è vera, ce l’ho proprio dipinta chiara e vistosa. Non avevo capito proprio un bel tubo! Altro giro sì, e altra corsa pure, ma pure per un’altra strada! E non proprio sconosciuta, pare.
“Ti voglio così, bello duro e penetrante. Beh? Mica sarai vergine? Mai fatto? Comunque ti piacerà, vedrai! Tanto c’è sempre una prima volta. Sù! Comincia a leccarmi per bene.” e mi da un buffetto sulla punta del cazzo che fa due o tre rimbalzi, poi si gira e si china sulla famosa scrivania direzionale, quella del marito, del padrone della ditta.
Per me non è la prima volta, ma non sono nemmeno il Rocco Siffredi del quartiere, uno con l’esperienza a due zeri. Sì e no un paio di volte, dopo mille storie, forse arrivo a tre se ci allarghiamo parecchio con la definizione. Mica stiamo nei racconti porno dove ogni due per tre trovi una che te lo lascia o addirittura che te lo chiede. Che me lo chiede questa qui è la prima, e pure le altre volte un via vai prima di arrivarci … e un traffico per riuscirci … .
La vista delle sue mani che afferrano saldamente le chiappe e le spalancano per rendere accessibile il buchino mi riporta subito ad eseguire il dovere richiestomi perentoriamente, e sostituendo le sue mani con le mie mi applico con la lingua sul contorno, sul centro, a picchio, a cavatappi, a missile, a tavola da stiro, sul pieno, sul vuoto, di dentro, di fuori, e per buon peso ci metto pure il pollice nella fica che vedo un po’ disoccupata …. per il momento.
“… Hai la giusta attrezzatura e a me piace essere soddisfatta completamente. Adesso preparami, preparati e entra.” e da sopra una spalla mi passa un tubetto di vaselina che non si sa da dove ha tirato fuori e soprattutto quando.
Altro che full monty! il servizio lo vuole proprio completo e di prima classe.
Mi ingrasso per bene e in abbondanza, sai comè … melius abundare …, se la faccenda comincia a mettersi male mica posso sperare di recuperare con la mia grande esperienza!!??, e passo a fare lo stesso con lei occupandomi delicatamente dell’ingresso e con una lieve pressione cerco di mettere un po’ di pomata anche dentro. La vedo di nuovo spalancarsi le natiche con le mani e il culo adesso mi sembra un bersaglio, di quelli dove non puoi mancare il centro. Il centro di un ciclone, piuttosto, che ti attrae senza possibilità di fuga.
“Entra! lento e profondo. Ti voglio tutto fino in fondo. Non far rimanere niente fuori.” mi sibila, e allarga di più le gambe lasciandomi il posto all’opera.

Tina (3)

Appoggio il cazzo sul buco e comincio a spingere delicatamente, però mi si smoscia un po’: ci credo! è la fifa di fare una figuraccia! quanti precedenti vuoi che abbia! giusto nei racconti da bar il vantone di turno le spara di come si è inculato una tizia conosciuta due ore prima con un palo della luce tra le gambe.
Da crederci? Ma fammi il piacere! Ma quando mai! Forse a Rocco Siffredi, forse … e forse solo sul set.
Sì ma cosa devo fare per riprendermi? La faccenda si sta mettendo su una china brutta. La preoccupazione, l’agitazione peggiorano la situazione e l’ansia fa perdere consistenza al cazzo. Per mascherare lo stato comincio a spennellare la cappella torno torno, dò qualche spintarella leggera e mi ritiro, mi appoggio un poco e mi ritiro.
E là, il miracolo!, sarà che le manovre attirano la mia attenzione e mi distraggono dall’ansia, sarà che lo strofinio dà una sensazione piacevole, sarà che poco più che sibilando sento dirmi “Mmmmh! Belllllo così. Che braaaavo. Dai, daaai, continua ancora un poooooo.”, ma il cazzo ricomincia ad intostarsi di nuovo, e con la durezza ricomincia la fiducia.
Alle spennellate sostituisco le spinte, dirette, leggere leggere. Sento l’ano aprirsi e accogliermi lentamente, succede tutto da solo e mi meraviglio che funzioni bene pure se non faccio niente. E poi l’ansimo che fa da accompagnamento per tutto l’attraversamento … è meglio che se nel pisello ci avessi colato il cemento. Il respiro di Tina culmina con il soffio voluttuoso “Sssssì. Cosssssì. Tutttttttto.” quando le palle vanno a sbattere sulla fica.
Sono entrato tutto, con i peli che solleticano lo sfintere disteso e le palle che sbattono contro la fica prese e strusciate tra le labbra dalla mano decisa della determinata signora che si titilla e le palleggia, e cosa potrebbe fare altrimenti con le mie palle? pallonate?
Sono ficcato fino in fondo dentro il culo di questa bella donna dai voleri più che chiari e me ne faccio capace con difficoltà mentre costato che tra i nostri due corpi non c’è più nessuna separazione. La accarezzo sulla schiena e sui fianchi, sulle spalle, sulle chiappe e sulle cosce chinandomi per baciarla all’attaccatura del collo. “Che bravo che sei. Proprio bravo. Una sorpresa. Ti sento tutto. Ti sento profondo. Sissì! Proprio bello. Profondo profondo. Muoviti appena un po’. Lento lento. Lento e profondo.”, io obbedisco. Non è che ho altre alternative, né mi sogno di cercarle, adesso non c’è niente che mi interessi tranne che assecondarla. Comincio a muovermi appena un po’ avanti e indietro, qualche millimetro che mi trasmette sensazioni inarrivabili e mi da l’impressione di starmi a muovere per metri, ho l’impressione di tirarla per le anche contro di me quando in realtà mi schiaccio contro il suo culo premendo sulle natiche rilasciate e accoglienti. “Ddddio, quanto ti sento! Piena piena. Fantastico! Tu cosa senti? Ti piace? Lo senti il mio culo?” “Uhm Mh! E’ bello. Intenso.” non ho la lucidità per articolare qualcosa di più intelligente, di sangue in testa adesso ce ne sta veramente poco. Pensa che se mi facessero il tassello in testa adesso mi scambierebbero proprio per un cocomero: ci troverebbero solo acqua, tutti i pensieri liquefatti. Che idee stupide mi vengono in testa in questo momento.
Mi metto a ridere leggermente in silenzio e per fortuna Tina mi da la schiena, altrimenti sarebbe proprio una figuraccia irrecuperabile, non mi pare proprio il tipo che capirebbe in questa situazione. Per riprendermi mi chino e le bacio l’attaccatura del collo, ma lei si è accorta di qualcosa, forse il cambiamento del ritmo, forse un sobbalzo del cazzo piantato dentro di lei. “Sissììì, che mi fai lì dentro? muoviti muoviti. Adesso forte forte. Vengo. Profooondo” e le palle mi vengono schiacciate contro la fica per ficcarcele dentro, il mio movimento viene guidato per le palle. Sento i brividi sulla schiena di Tina e le mani artigliarmi i fianchi e conficcarmi fino all’impossibile. Sta venendo, e anche io non sto messo bene. Mi sembra di avere un dirigibile per cazzo, che da un momento all’altro lo vedo spuntare dalla sua bocca, che la solleva in aria come il muletto del magazzino. La afferro per i fianchi e spingo, spingo, senza cambiare il ritmo e senza allontanarmi mai da lei. L’onda la sento partire dalle palle e attraversarmi tutta l’asta, ma anche salire lungo la colonna vertebrale e scendere fino agli alluci per poi tornare indietro. Non so quant’è, a me pare quanto una mareggiata. Mi riverso dentro Tina e vedo nero di nuovo.
Deve essere stato un attimo, ma sto disteso sul suo dorso e la sento appena un po’ sudata. Veramente tutta questa attività se la sa far piacere. Le physique du r’le c’è, con quel filino di carne in più della femmina fatta, fatta bene, che si gode le tempeste ormonali, altro che le squinzie scrocchiazzeppi di moda. Le dò dei baci tra le spalle e ricomincio a comprendere quello che mi dice: ” …. nessun dubbio. Non mi hai per niente delusa, me lo aspettavo così da te. Sei stato proprio bravo, mi è proprio piaciuto. Questa non sarà l’unica volta, sai. Dobbiamo proprio rifarla questa ginnastica, anche in tanti altri modi. Poi risparmio pure sull’abbonamento in palestra e mi diverto di più! Ah, ah! Magari altrove, mettendoci più comodi mi faccio pure una bella sudata! Ah, ah! Più divertente di quel noioso hop hop uno due. Sono una brava atleta? Li hai sentiti tutti questi muscoli? Hai sentito come sono belli sodi? Sono di quelli che danno gusto.” “Sì. Tanto gusto. Sei notevole.!”.
Lei si alza e il cazzo ormai mollo scivola fuori. E’ una specie di disastro ma pare che non ci faccia caso, si passa sul buco colante un fazzolettino di carta spuntato da chissaddove, si riveste in un attimo e si sistema i vestiti, ogni segno dell’attività appena terminata sono fatti sparire insieme con le mutande dentro la borsetta.
Nel frattempo io sto ancora riprendendo fiato e cercando di capire dove sto e cosa è successo.
Non sto messo tanto bene, mi pulisco con un fazzolettino e comincio a rassettarmi cercando di rientrare nello spirito.
Mi devo ricordare di portare via il sacchetto della spazzatura dalla stanza, non posso farlo trovare alla donna delle pulizie domani, né meno che mai al padrone.
“Sono proprio soddisfatta. Lo sapevo che non mi avresti delusa. Sei stato bravo. Ciao. Nel caso mi faccio sentire.” e senza aspettare una risposta imbocca la porta, scorre lungo il corridoio e lascia la ditta.

Cazzo! è proprio una abituata a comandare! se non me sa fossi goduta così mi sarei incazzato come una scimmia ad essere trattato in questo modo. Ma che modi! Però … che culo! e come lo sa usare! e davanti e didietro. Mi ha pure lasciato come un cretino e trattato come il suo servo. Che suo marito mi paghi è un altro discorso, mi paga per fare il magazziniere, mica il frullatore …. della moglie.
… Ma forse forse è la moglie che fa la frullatrice di maschietti, piuttosto, frullatrice libera molto libera, sbattitrice di ometti: l’ometto sbattuto, piatto forte della casa, della signora esperta in cul-in-aria.

Però la goduta della ripassata compensa abbondantemente l’uscita di scena teatrale, e chissenefrega dell’iniziativa maschile nella scopata, dell’uomo cacciatore e tutte quelle balle sulla faccenda. Tanto se la donna non apre le cosce puoi avere tutte le iniziative che vuoi che finisce inevitabilmente a pippe. Meglio godersi la sensazione piacevole dello svuotamento che rovellarsi sulle puttanate inventate chissà da chi sulla superiorità, la penetrazione, ecc. ecc. ecc. Cazzo! qui ridendo e scherzando di è fatto tardi. Se timbro pure lo straordinario diventa duro spiegarlo al marito e quello mi si incazza davvero, mica gli posso dire che ho fatto tardi perché ero intento a lavorare di trapano, seeeeh a trapanargli la moglie! Beh, però, me lo ha detto lui che dovevo fare tutto quello che mi chiedeva sua moglie; vale pure se senza chiederlo se lo è preso? Fanculo. Gli timbro lo straordinario.

Quatto quatto ritorno nel mio buco al magazzino raccatto le mie cose e me la filo passando per il gabinetto a darmi una lavatina della quale ho proprio bisogno.
Il viaggio a casa non lascia ricordi, la testa è vuota e mi accompagna fino al letto. Salto pure la cena e un sano ristoro mi avvolge.

La sveglia e il viaggio fino al lavoro mi trova con un umore insolito, mi sento mollaccione, forse è l’appagamento?, spero solo che non si veda.
Timbro il cartellino in ditta e a cervello spento mi dirigo verso la macchinetta per il caffè della mattina. Indovinate chi ci trovo lì? esatto, avete indovinato. Ci trovo proprio il padrone che rimesta lo zucchero con la paletta. Un filo di sudore mi conta tutte le vertebre della schiena e mi blocca un attimo il passo, il padrone mi squadra e mi guarda negli occhi e mi fa: “I sedili del bus sono una vera schifezza, stai attento alla schiena e dormi sul duro. Se no la giornata non la finisci. Vedi? stai già cominciando a zoppicare alla tua età; stacci attento in tempo.”
Fiuuuuh! Prendo al balzo l’imbeccata, mi metto la mano sulla schiena e comincio: “Buongiorno! I sedili …”
“Tina mi ha detto ieri che sei stato proprio bravo a fare tutto quello che ti ha detto. Bene, continua così perché lei sa come vanno fatte le cose per bene.” mi interrompe e se ne rientra nella sua stanza. Io faccio capoccetta e occhieggio la scrivania e la sedia, “Grazie.” gli rispondo, anche se non ha nessun senso. Poi recupero il mio caffè e sparisco al magazzino.
Sulla porta ricevo un sms “Ti aspetto h6 parcheggio Tigre dietro. Mi ritrovi. Organizziamo x qualche giorno. Liberati da ora. T.”
Chiaro, preciso e compendioso, come diceva quello scassacazzo del professore di italiano all’istituto. Tutto un programma, dico io, un programma già fatto e deciso nei dettagli, per di più, che ci puoi scommettere. Non c’è bisogno di rispondere, è tutto evidente.
Affronto così la giornata di lavoro, con tutta un’altra prospettiva rispetto ai giorni passati.

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