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Racconti Erotici Etero

Tramonto sul Bosforo

By 27 Maggio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

La famosa ‘ora che volge al desìo’, dietro i vetri dell’ampio balcone che guarda sul Bosforo.
Una profonda mestizia che, invece, dovrebbe essere contentezza di potermi ritrovare di nuovo qui. Inaspettatamente. Compiacimento, perfino presuntuoso orgoglio, di non essere dimenticato. Ma forse &egrave stata solo pietosa cortesia: non immaginavano che avrei accettato di partecipare.
Non riesco neppure ad essere razionale.
Che c’entra la pietà. Mi sto autocommiserando.
L’invito &egrave di alcuni mesi fa, col quale mi &egrave stato anche proposto un tema. Ho da tempo spedito le cartelle col mio intervento, per farle tradurre. Mi hanno inviato un elenco di alberghi. Ho scelto questo, sempre il solito, anche se, ormai, ce ne sono di più moderni. Ho ricevuto i biglietti d’aereo, business class, della loro compagnia di bandiera. Per me e un accompagnatore. Ho avuto conferma che mi &egrave stata riservata una suite, che all’Ataturk Airport mi avrebbe atteso un auto con autista parlante italiano.
Si &egrave svolto tutto come da programma.
Ero stato tentato, fino all’ultimo momento, di rinunciare.
Alla mia età &egrave facile tirare in ballo un malessere.
Avevo chiesto a Milly, al ricevimento dell’invito, cosa ne pensasse.
Si era mantenuta sul generico, mi aveva detto, però, che non dovevo tagliare i ponti, e che la partecipazione poteva essere più valida di una cura tonificante.
Lei nel precedente viaggio non mi ha potuto accompagnare. Non tanto per la distanza, ma perché non volevo far malignare ‘ed a ragione- gli amici di cui sarei stato ospite. E soprattutto la padrona di casa.
‘Ma tu, Milly, mi accompagneresti? In fondo si tratta di pochissimi giorni, e poi Istanbul &egrave splendida, e mentre sono in corso i lavori del convegno le accompagnatrici hanno un programma tutto per loro: visita della città, shopping”
‘Se vuole che l’accompagni ne sarò felice, ma non la lascio neppure per un istante’ lo sa che ‘sto bene’ con lei’
Solo poche volte Milly mi da il ‘tu’, mai quando siamo nel mio studio, e in tal caso non mi chiama per nome. Riesce sempre a rivolgersi a me impersonalmente.
E’ bello però, sentirmi dire che ‘sta bene’ con me.
Rammollimento senile.
In effetti &egrave così: in tutti i sensi.
Ecco, anche questo era motivo della mia titubanza.
Tre notti con Milly!
A che pro’?
Ormai sono passato dal ‘disappunto’ della prima volta che non sono riuscito a ‘fare la seconda’, allo sgomento della seconda, ed anche altre, che ho fatto cilecca con la ‘prima’.
Ho tirato un lungo respiro.
Ormai sono qua. Siamo qua.
Milly si &egrave stretta a me.
Mi ha guardato con quei suoi splendidi occhini da cerbiatta, e quel suo volto incantevole.
‘E’ meraviglioso stare qui, insieme.’
Ha preso la mia mano, l’ha portata alle sue labbra.
‘Sei stanca Milly?’
‘Non ho fatto nulla.’
‘Si, ma siamo usciti di casa poco dopo mezzogiorno e sono passate le diciannove.’
‘Sto benissimo.’
‘Che ne diresti di un giretto in auto, tanto per un tuo primo incontro con la città?’
‘Benissimo, non &egrave necessario neppure che mi cambi.’
Dopo poco scendemmo, salimmo su un taxi.
Dissi all’autista che desideravo fare una puntata verso il centro della città, poco distante, e poi avviarci lungo il Bogazi’i, il Bosforo, sulla strada che portava verso il Karadenize, in mar Nero.
Guidò lentamente e in uno strano miscuglio anglo-italo-francese, ci indicò qualcosa, che io già conoscevo, e ci suggerì di cenare in uno dei tipici ristoranti per gustare i famosi antipasti turchi.
Io sapevo che anche in Hotel c’era una vastissima, eccezionale, varietà di antipasti, i loro mezeler, e già altre volte avevo apprezzato un delizioso shish kebab, spiedino di agnello. Volevo fare una sorpresa Milly, anche perché quella sera, in onore dei partecipanti al convegno, ci sarebbe stato uno spettacolo eccezionale: la danza dei Dervisci.
Dopo poco più di un’ora eravamo di rientro.
C’era appena il tempo di darci una rinfrescatina e poi scendere al restaurant.
Evidentemente la mancia fu bene accetta, perché l’autista scese, aprì lo sportello e si chinò profondamente, rigraziando moltissimo: cok tesserkkur ederim!
Milly si attaccò al mio braccio.
Mi disse che le avevo fatto ammirare cose bellissime (io, cercando di essere spiritoso risposi che aveva visto cose turche!) e non sapeva come ringraziarmi’
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L’atmosfera del salone, dopo la cena, era quella solita di simili occasioni: si cercava di mantenere una tinta locale, con camerieri in costumi del luogo e arredamenti frutto del miglior artigianato turco, ma il tutto nella cornice anonima del grande albergo di lusso fatto, soprattutto, ad uso e consumo degli Yankees.
Il clou doveva essere, e fu, la ‘Danza dei Dervisci’.
Era possibile sedere sui morbidi cuscini turchi, intorno a bassi tavolini con larghi vassoi di metallo damascato, o sulle normali poltroncine occidentali.
Riuscii a sedermi, abbastanza facilmente, e grazie all’impagabile Milly, nell’angolo Bogazi’i, ed eravamo vicinissimi, sentivo la pressione della sua coscia sulla mia, il suo calore.
Ad un tratto si attenuarono le luci. Entrarono nove figure con un mantello nero e dei lunghi copricapi beige: sette danzatori e due Masters of Ceremony che -per così dire- controllano la cerimonia.
Lasciarono cadere i soprabiti scuri e rimasero con una casacca bianca, legata ad una delle estremità, una fascia nera alla vita ed un’ampia gonna bianca sopra i calzoni, anch’essi bianchi.
Ad un cenno del MC iniziarono a ruotare uno dopo l’altro in senso antiorario, circa un giro al secondo, spostandosi lentamente in cerchio. Dopo un po’, il MC batté violentemente il piede per terra e i sette si fermarono, camminarono per un po’ e poi ricominciarono. Cantando. Gradatamente, un po’ alla volta il canto e la rotazione aumentarono di velocità; tenevano una mano con la palma rivolta verso l’alto e l’altra verso il basso. Sembra sia un modo per unire cielo e terra: l’uomo, la persona, il derviscio, si propone come collegamento e come centro. Una sorta di misticismo antropocentrico in cui la cerimonia della rotazione prende il posto delle preghiere e del raccoglimento. Le gonne bianche si alzano per effetto della rotazione. La danza é fatta di interruzioni e riprese che continuano diverse volte; ora il tamburo scandisce il ritmo in modo incisivo, ora il flauto gestisce la ripresa. Quando la velocità aumenta alcuni appaiono stanchi, altri continuano concentrati: sembrano librarsi su un perno. Si ha l’impressione che la forza centrifuga li spinga verso l’alto e che tra un momento li vedremo levitare verso il lampadario. Eravamo tutti coinvolti, ma in particolare gli spettatori turchi. Non riuscivamo a restare fermi, ondeggiavamo seguendo il ritmo.
Dopo alcuni minuti, quasi improvvisamente, i sette si fermarono, si compattarono, si inginocchiarono e uno ricoprì gli altri con i mantelli neri. Quindi se ne andarono.
Quella danza era entrata in noi.
Ci aveva preso, come nel Bolero di Ravel.
E’ finita improvvisamente.
E vorremmo che cominciasse di nuovo.
Hanno servito il ‘Raki’, il loro liquore aromatico.
Milly mi guarda.
‘Sei stanca?’
‘Andiamo a letto?’
Ha detto andiamo! Mi accorgo che sorrido, scuotendo la testa.
Si alza, non sa se allungarmi la mano per aiutarmi ad alzarmi a mia volta. La tende timidamente. La prendo, mi tiro su con minor difficoltà di quanto credessi.
Nella hall, si stacca un momento da me, va a prendere le chiavi della suite. Entriamo in ascensore, saliamo, entriamo nel nostro piccolo regno. Solo ora mi accorgo che la nostra suite ha un nome: ‘Divani’.
Milly mi chiede se desidero fare una doccia.
‘No, grazie, mi darò una semplice rinfrescata. E tu?’
‘Farò lo stesso.’
Ci sono due toilettes, ognuno ne ha una a disposizione.
E ci sono anche due letti, in due camere adiacenti, collegate dal salotto-studio.
Vedo che sul letto del vano più grande c’&egrave il suo pigiama, ancora nella sua busta. Di solito Milly lo dispiega. La guardo interrogativamente.
‘Ho un po’ freddo, spero di essere riscaldata’ Nel bagno c’é la vestaglia”
Quando rientro in camera Milly &egrave già nel letto, con la coperta fino a sotto il mento, e segue con i suoi occhi ogni mio minimo movimento.
Seggo sul letto, sfilo la vestaglia, resto nudo. Come lei.
Ma lo spettacolo &egrave ben diverso.
Lo splendore dell’aulentissima rosa (divagazioni classiche) accanto alla quercia abbattuta, (c’&egrave sempre comunque, un po’ di presunzione, anche se riferita al passato).
Milly viene a rincantucciarsi tra le mie braccia.
Il contatto col velluto tiepido della sua pelle &egrave incantevole, inebriante. Sento il suo meraviglioso sederino sulle mie ginocchia, le mani le stringono il petto, la carezzano. E’ meraviglioso, da non capire più niente.
La testa &egrave in tumulto, il cervello sembra impazzire’
Sono attratto dal suo grembo serico, desidero carezzarlo, sentire l’umido tepore del suo sesso’
E poi?
Milly, sono certo, lo comprende.
Prende la mia mano e, delicatamente, la porta tra le sue gambe leggermente dischiuse, muove il bacino per accoglierla. Quando incontro il suo piccolo clitoride sento irrigidirsi i suoi glutei, stringere’.
Incredibile, mi viene da ridere’ penso ai dirigibili’
C’erano quelli classificati ‘semirigidi’.
Il pensiero vaga’ semirigido’ semifreddo..
Ma le dita, però, seguitano la loro licenziosa esplorazione’
Milly si agita, sobbalza’ geme’ viene travolta da un lungo e fremente orgasmo’
La mia eccitazione &egrave tale che dal mio fallo fuoriesce qualcosa di appiccicaticcio che si spande tra le palpitanti natiche di Milly.
Si stringe ancora di più a me.
Si volta, mi abbraccia, pone la sua testolina sul mio petto, mi copre coi suoi capelli.
Mi carezza dolcemente, con tanti piccoli baci’ sempre più lentamente’ si addormenta.
Io non ci riesco.
E’ incantevole sentirla così. Non mi muovo per non svegliarla.
Poi, senza accorgermene, mi assopisco anche io.
Quanto ho dormito?
Pochissimo.
La sveglia digitale mi dice che non sono ancora le tre.
Milly &egrave sempre abbracciata a me, come prima.
Le lunghe ore della notte mi sembrano brevissime.
Vedo entrare le prime luci dell’alba.
Per me continua il tramonto.
Anche se sul Bosforo.
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