Skip to main content

Conobbi Cassio quando avevo 20 anni. Cassio non &egrave il suo vero nome, in realtà l’ho sempre chiamata Cassiopea, come la madre di Andromeda salvata da Perseo. In realtà neppure quello &egrave il suo nome. Cassiopea, la dolce Cassiopea, la violenta Cassiopea, la cinica Cassiopea, la severa e durissima Cassiopea, era in realtà un uomo alla nascita.
Il suo nome? Claudio Armando Herrera Hernandez, classe 1980, poco più piccolo di me. Dubitavo che io e lei avessimo avuto un’infanzia simile, eppure le nostra strade si incontrarono nella terra della pizza, dei santi, dei navigatori e della mafia.

In quel periodo, saranno stati i primi anni del 21′ secolo, ero appena uscito di casa dopo aver mollato l’università e aver litigato coi miei. Ci sentivamo appena per telefono e volevo costruirmi la mia vita.
I primi bisogni erano un tetto sulla testa, un lavoro per avere qualche soldo e un mezzo di trasporto.
Purtroppo non avevo nessuno dei tre.
Attraverso un amico della mia ragazza di allora, Daniela, trovai un posto dove stare in un quartiere popolare di Roma, Centocelle, in una specie di seminterrato d’un vecchio palazzo. Mi dissero che avrei dovuto pagare poco, pochissimo, addirittura nulla, ma avrei dovuto condividere lo stabile con un’altra persona.
Non mi feci problemi. Sono sempre stato un po’ chiuso, introverso, eppure non mi faceva paura coabitare. Avevo venti anni, avevo tutta la vita davanti.
Daniela era impegnata all’università, d’altra parte &egrave sempre stata una studentessa modello, così preparai la mia roba ‘ avevo dormito qualche giorno a casa sua con gran disappunto della madre ‘ e mi recai nel mio nuovo appartamento.
Il primo impatto non fu simpatico: una lunga scala che sprofondava nel buio d’un sottoscala, una lampadina da 50 candele a intervallare le ombre e un lungo corridoio pieno di piccole porte. Ci saranno stati almeno sei appartamenti. Un paio di finestre a bocca di lupo completavano il quadretto insieme al linoleum rosso acceso e le pareti d’intonaco scrostato.
Non un bel posto, ma almeno ero libero e indipendente.
Controllai il numero dell’interno su un foglietto stropicciato che tenevo in tasca nei jeans e mi accostai alla seconda porta a sinistra, un po’ imbarazzato ma pronto.
Bussai, per paura di disturbare col campanello il mio nuovo coinquilino.
Non rispose nessuno. Erano le 11.00 del mattino, che stesse dormendo?
Suonai. Un rumore di passi, tacchi. Mi insospettii non poco ma non ebbi tempo di pormi domande perché sentii una voce femminile, molto femminile, bestemmiare dall’interno, quindi avvicinarsi alla porta.
Che ci fosse una donna? Perché? Come?
Quando la porta si aprì, avvertii un tremito: mi trovai di fronte una donna mulatta, dai lineamenti non particolarmente belli, un po’ mascolini, molto alta, almeno due metri, vestita con lunghi stivali lucidi neri col tacco di almeno dieci cm, un paio di slip che, poi, si rivelarono essere un tanga, un corpetto da cui debordavano due tettone rifatte davvero enormi, sproporzionate; al collo vestiva un collarino nero, il volto era tirato in una maschera d’ira, mentre i capelli erano legati a coda dietro la testa.
‘che voi?’ esordì guardandomi malissimo. ‘chi ti ha fato entrare?’ proseguì con accento sudamericano.
‘sono Fabio.’ replicai inebetito, fissandole con alternanza le tettone, le gambe, gli stivali, il viso.
‘ah, sei l’amigo de Fabrisio.’ aggiunse lei scocciata. Io annuii vagamente, così lei scattò avanti e mi artigliò un braccio costringendomi all’interno.
Era fortissima, rimasi veramente colpito, vendendo anche il bicipite che s’ingrossava sul braccio nudo color caff&egrave.
Mi trascinò all’interno mentre tenevo stretta la borsa con le mie cose, quindi mi ficcò rapidamente nel misero bagno del locale, chiudendomi dentro. La chiave, stranamente, stava fuori dalla porta.
‘aspetta lì.’ sentii dirmi da fuori, attraverso il muro.
Quella fu la prima conoscenza con Cassio.

Le cose iniziarono subito ad andar male. Cassiopea, come diceva di chiamarsi, faceva la puttana. Ero capitato in una casa d’appuntamenti e dovevo sorbirmi tutta la variegata clientela della mia coinquilina. Era antipatica, minacciosa e scurrile oltre ogni pudore.
I primi giorni la vidi poco e niente: appena finito col primo cliente col quale l’avevo beccata, mi mostrò la mia microstanzetta di 4 metri quadrati, mi intimò di non romperle i coglioni e se ne andò lasciandomi solo. Quando suonò il citofono con uno squillo altissimo, lei andò ad aprire e iniziò la samba col secondo cliente. Io entravo e uscivo tra un cliente e un altro. Quando, il secondo giorno, incrociai per caso uno dei clienti dell’appartamento, lei s’incazzò tantissimo: il cliente, per evitare problemi, se ne andò e lei m tirò un manrovescio che mi fece cadere a terra stordito. Sono alto 175 cm e peso 76 kg, non sono proprio una piuma, tuttavia mi gettò a terra con uno schiaffone. L’impressione che ebbi il giorno del mio arrivo si era rivelata esatta. Anzi, non mi resi conto della sua vera forza fisica finché non passò qualche settimana. Era veramente forte e, al principio, non me ne spiegavo perché anche se, il tarlo del sospetto, cominciò a insinuarsi nella mia mente.
In quel momento a terra mi sentii umiliato, impaurito. Lei mi guardava dall’alto in basso quasi aspettasse una mia reazione.
Non ebbi il coraggio e abbassai lo sguardo sui suoi stivali.
Se reagisco &egrave peggio! Pensai. Mi uccide! Non ha niente da perdere, io ho tutto!
Probabilmente era nervosa, faceva un lavoro di merda, dovevo capirla.
Mi lasciò a terra ridendo di me e non la rividi per qualche tempo.
Da allora rimasi molte ore fuori casa rientrando, dopo aver lottato per farmi consegnare un mazzo di chiavi, soltanto la sera tardi. Correvo a destra e sinistra cercando un lavoro, riuscendo a incontrarmi sempre meno con Daniela che, dolce e timida com’era, soffriva terribilmente per quella situazione.
Eppure la volontà di rendermi indipendente superava qualsiasi difficoltà. Ero stanco ma tiravo dritto, non mi piegavo, non perdevo la fiducia. Passai per vari lavori come toelettatore per cani, facchino, volantinaggio e altri, tutti mal pagati e sfruttati da padroni con la pancia piena.
Era un periodo di crisi, l’ennesimo, e, nonostante spingessi al massimo sul lavoro, ne perdevo uno dietro l’altro guadagnando giusto qualche euro per tirare avanti.
In quel periodo, quando uscivamo la sera, giusto nel fine settimana poiché Daniela doveva andare all’università e io a lavoro molto presto, mi offriva da mangiare, il cinema e la disco. Nonostante le difficoltà ci volevamo bene, eravamo giovani, la vita era lunga e non temevamo nulla. Si facevano improbabili progetti di vite future spese insieme: figli, lavoro, interessi e hobby. La verità era che non avevo un soldo, coi miei non parlavo più e gli amici si erano scordati di me.
Daniela era bellissima: alta quanto me, magra con una terza di seno, occhi neri e capelli lunghissimi, sempre lisci, fino al sedere. Aveva un viso veramente bello, ero invidiato da tutti i maschi della città quando giravamo insieme, inoltre aveva un pelle bianchissima, sempre profumata, sempre in tiro, dolcissima e timida. Inoltre era ancora vergine e non l’avevamo mai fatto. Un vero sogno. Tuttavia avevamo vite diverse e ci frequentavamo troppo poco.
Forse &egrave per questo che mi avvicinai, inspiegabilmente, a Cassio.
In fondo era l’essere umano col quale trascorrevo più tempo, anche se indirettamente. Quando dormivo, mangiavo, spesso ero a casa, almeno per un po’ ogni giorno, quindi condividevamo l’appartamento anche se in stanze separate.
Le cose, comunque, cambiarono presto.

Iniziò tutto quando, dopo aver perso l’ultimo lavoro, molto stanco per aver fatto tardi la sera prima, rimasi a letto fino alle nove di mattina. Mi ero appena alzato, così andai a fare una doccia. Il bagno era poco più che uno sgabuzzino con tazza giallastra, piatto doccia annerito e una tendaccia di finta plastica appiccicosa per parare gli schizzi d’acqua. Non ricordo come mai proprio quella mattina, guardandomi intorno, mi chiesi dove Cassio tenesse gli assorbenti. Erano un must per qualsiasi donna e, in quel bagnetto, dove poteva mai averli nascosti?
Mi spogliai del pigiama ‘ portavo solo i pantaloni, mentre sopra indossavo una fruit bianca ‘ visto che eravamo in febbraio e, dopo aver fatto scaldare l’acqua della doccia, entrai sotto lo zampillio sghembo del rubinetto intasato dal calcare.
Avevo cominciato a lavarmi, quando sentii la porta aprirsi e, attraverso la tenda appiccicosa, vidi Cassio avvicinarsi alla tazza e cominciare a pisciare. La prima cosa che mi colpì fu un pensiero bizzarro: perché non si siede? Ma la fa in piedi? Ma si schizzerà tutta! pensai sorridendo in maniera idiota immaginando una donna che piscia in piedi. Poi il sospetto accumulato in tutti quei giorni si fece certezza, quindi scostai leggermente la tenda e vidi che Cassio teneva in mano un lungo cazzo nero ricurvo vero l’alto. Era duro e puntava in su, quindi non riusciva a pisciare. Si sforzava ma niente.
Rimasi pietrificato a fissare quel cazzo enorme, saranno stati almeno 25cm, forse più, che sporgeva dal suo tanga. Mi colpì soprattutto la cappella, molto chiara rispetto la pelle scura del resto del membro, e sproporzionata in grandezza, molto più grossa del resto.
Finalmente zampillò un getto di orina e, in breve, il membro iniziò ad afflosciarsi, mentre io rimanevo sotto la doccia, la tenda appena aperta, a fissare a bocca aperta Cassio e il suo cazzo gigante. Finito di pisciare lei alzò gli occhi e incrociò il mio sguardo. Mi sentii gelare. Abbassai immediatamente lo sguardo facendo finta di insaponarmi.
Avvertii una risatina, quindi lei si avvicinò e aprì la tenda vedendomi nudo. La fissai solo per un momento vergognandomi come un ladro colto sul fatto, temendo quasi che mi picchiasse come il secondo giorno di convivenza, quindi abbassai lo sguardo senza pronunciar parola. Lo sguardo mi cadde sul suo cazzo, enorme anche da floscio, e confrontandolo col mio ‘ un cazzo normalissimo ‘ mi sentii ancor più in soggezione.
‘questo bagno &egrave un cesso.’ esordì. ‘puliscilo. Oggi devo uscire, ho da fare, non ho clienti.’ spiegò allungando un braccio nella doccia per prendere una cuffia di plastica attaccata con una molletta al piattino per il bagnoschiuma. Nel fare questo, mi sfiorò il petto col braccio fissandomi in maniera equivoca e gettando un’occhiata al mio cazzo. ‘sei carino.’ aggiunse. ‘se avessi avuto el cazzo grosso avresti fatto impazzire molte donne.’
Quindi rise di gusto umiliandomi, si voltò e se ne andò verso il lavandino dandomi le spalle. Rimasi bloccato per alcuni minuti col cervello in corto circuito.
Infine, mi accorsi con orrore che, mentre Cassio si lavava velocemente, facendosi anche un lungo bidet, avevo avuto un’erezione.

Il fattaccio accadde un venerdì sera. Daniela aveva litigato col padre che le aveva negato le chiavi dell’auto; di muovermi prendendo due autobus e la metro per arrivare da lei non ne avevo voglia, così decisi di restare a casa e leggermi un libro. A quel tempo non avevo più il Pc, rimasto a casa dei miei, né la tv, di proprietà esclusiva di Cassio.
Quella sera la mia coinquilina non c’era e avevo tirato un sospiro di sollievo.
I miei occhi leggevano le pagine d’un romanzetto fantasy da 4 spiccioli, niente di pretenzioso, la mia mente invece era concentrata su quello che era accaduto due giorni prima nella doccia.
Da allora, io e Cassio c’eravamo soltanto incrociati sul pianerottolo del palazzo senza scambiarci una parola; d’altra parte, lei non mi salutava mai quando ci incontravamo e io avevo adottato lo stesso comportamento.
La mia mente vagava su quella forma femminile eppure estremamente mascolina. Ricordavo lo schiaffo che mi aveva buttato a terra, la forza con cui mi aveva trascinato nell’appartamento il primo giorno, i tratti spigolosi del suo volto, i muscoli e poi’ si, con mia grande vergogna ricordavo bene quel cazzo asinino che teneva in mano mentre pisciava. Ricordavo bene anche la mia erezione.
Subito mi colse un dubbio atroce, un dubbio contro il quale avevo lottato l’intera mia vita: sono gay? Frocio? Un finocchio piglia in culo?
No, non poteva essere vero. A scuola ero tra i meglio quotati rubacuori, avevo addirittura conquistato la seconda ragazza più bella della scuola, almeno a giudicare dalla classifica delle scritte nei cessi del secondo piano.
No, non poteva essere. Abbandonando completamente la lettura, mentre le mani, quasi due automi, giravano pigramente le pagine una a una, sorrisi a me stesso giustificando l’accaduto come causa della mia stanchezza, dello stress, del fatto che, ormai da qualche tempo, da quando stavo con Daniela ‘vergine, dobbiamo ricordarlo! ‘ non avevo più scopato.
Mentre pensavo, sentii la chiave girare nella toppa della serratura. Il tonfo del battente mi segnalò il ritorno di Cassio.
Chissà dov’&egrave stata? &egrave rientrata presto! Domandai a me stesso senza rifletter troppo.
Sentii i suoi tacchi picchiettare il pavimento verde oliva del minuscolo soggiorno, dirigersi verso il bagno e fermarsi di botto.
Quindi sentii imprecare, bestemmiare, frasi sconnesse in spagnolo mentre i passi si dirigevano veloci verso la mia stanza.
Mi colse una piccola onda di terrore che frenai subito promettendo a me stesso che, qualunque cosa volesse, ero io il vero uomo e non mi sarei fatto schiaffeggiare.
Aprì la porta della mia stanzetta d’improvviso, quindi si scagliò su di me. Riuscii appena ad alzarmi gettando il libretto dalle mani, che mi fu addosso.
Non ricordo molto di quei momenti, ricordo solo che sollevò le mani colpendomi più volte al volto. Cercai di abbozzare una difesa ma inciampai sul letto e finii a terra. Mi tirò un calcio sulla testa ma prese male la mira e mi colpì alla spalla mentre cercavo di rialzarmi, quindi accadde una cosa straordinaria che, a differenza del resto, rimase impressa in maniera indelebile nella mia mente fin nei minimi particolari: mi agguantò per una gamba e il torso e mi scagliò contro lo stipite della porta grugnendo per lo sforzo. Pesavo 75kg circa e, mentre volavo, mi chiesi quanta forza avesse Cassio nelle braccia.
Impattando contro lo stipite caddi a terra senza fiato. Cassio si avvicinò bestemmiando e inveendo, quindi mi prese a calci finché non riuscii ad alzarmi, lei però mi tirò per i capelli schiacciandomi a terra, mettendosi sopra di me con tutto il corpo, uniti come due fette di un sandwich.
‘ti avevo detto di pulire, estronzio!’ mi sputò in faccia le sue parole mentre cercava di riprendere il controllo affannata.
Non capivo cosa volesse.
‘esta casa es un merdaio! Te avevo deto de pulire, brutto estronzio!’ continuò tirandomi i capelli.
Quando era incazzata parlava italiano peggio del solito. Non so perché ma in quel momento, con la paura che montava sempre più, feci caso a un dettaglio tanto insignificante.
Mi sbatté la testa sul pavimento un paio di volte mentre io cercavo di scrollarmela di dosso per alzarmi. I miei movimenti erano nervosi, impazziti, la paura mi stava mangiando il cuore e la testa.
Cassio tese i muscoli e mi schiacciò completamente a terra. Avevo ancora un braccio libero ma ero inerme, così mi passò una mano sotto il collo iniziando a strangolarmi mentre mi gridava nell’orecchio che ero un pezzo di merda.
Ero a terra. Lei era più pesante, più alta, più forte e sopra di me. Non avevo speranze.
Improvvisamente mi afflosciai tra le sue braccia e lei capì di aver vinto. Scoppiai a piangere mentre allentava leggermente la presa al collo.
‘ora, estronzio, tu farai quelo che ti dirò. Entiendes?’
Non replicai, rimasi freddo, immobile, col fiatone, mentre lei mi schiacciava sempre più.
‘entiendes?’ gridò lei stringendomi la gola col braccio.
Annuii debolmente.
‘bravo erragasso.’ si complimentò. Rimanemmo qualche minuto così mentre entrambi riprendevamo fiato. Solo allora mi accorsi che il bastone di carne di Cassio puntava contro il mio culo. Cercai di scansarmi ma lei mi teneva fermo senza possibilità di reagire.
‘tu farai quelo che te digo, entiendes?’ ripeté.
Annuii ancora.
‘espoliate!’ mi ordinò.
Io non capivo, rimasi fermo.
‘espoliate perdio!’ gridò ancora colpendomi con la testa sulla nuca e facendomi sbattere la fronte sul pavimento.
Cominciai subito ma provai grosse difficoltà a muovermi con lei sopra.
Lei mi lasciò il collo, si mise in ginocchio sopra di me lasciandomi lo spazio per divincolarmi dai vestiti.
‘tu prova a scherzare e io te mato, entiendes?’ disse in un sussurro che mi gelò ancor di più.
Completamente in preda al terrore mi tolsi la maglia, la canotta, i pantaloni del pigiama.
‘todo.’ ordinò.
Senza replicare, sempre steso prono, tolsi anche le mutande e rimasi nudo sotto di lei.
‘muy bonito.’ disse accarezzandomi il culo con una mano.
‘tu devi pulire questo porcile de cassa. Mi hai rotto el casso. Tu stai qui gratis, tu non paghi niente, basta! Ora mi prendo affitto addietro e poi, da oggi, tu paghi tu parte pulendo cassa, vestiti, lavatrice, fasiendo da mangiare. Entiendes?’
Non replicai mentre la spalla, la schiena, un polso, la testa, cominciavano a pulsare dal dolore: lo scontro era stato duro e avevo perso su tutta la linea.
Cassio, improvvisamente infoiata, si sputò su una mano, mi passò la saliva sul buco del culo provocandomi un brivido, quindi si abbassò i jeans dopo averli sbottonati con una sola mano, e appoggiò la cappella gonfia contro lo spacco delle natiche.
Emisi un gemito terrorizzato. Non avevo il coraggio di muovermi. Mi trovai col pollice in bocca quasi fossi regredito all’infanzia.
‘ora me prendo la mia parte.’ ripeté maliziosa, quindi centrò il buco e iniziò a spingere. Dapprima, complice la paura e la violenza dello scontro, non avvertii nulla. Pian piano però, qualcosa di pesante prese a premere contro le mie visceri e mi accorsi con orrore che, almeno metà della cappella di Cassio, era entrata nel mio culo vergine.
Cercai di scappare in avanti, ma Cassio si lasciò cadere su di me intrappolandomi di nuovo e spingendo, in un sol colpo, la cappella dentro al mio retto.
Mi sfuggì un gemito di dolore mentre avvertii uno strappo profondo nel culo accompagnato da una sensazione di bagnato.
Cassio mi passò un braccio sotto la gola. Cercai di impedirlo ma le bastò spingermi quella verga in culo per un paio di centimetri, per schiacciarmi a terra indifeso.
Mi prese per la gola e mi poggiò le labbra vicino all’orecchio, mentre il suo cazzo enorme, asinino, spaccava il mio culo vergine.
Mi misi a piangere.
‘povero bambino, povero.’ mi canzonava lei in un perfetto italiano, segno del controllo riacquistato.
Intanto la sua verga nera mi frullava l’intestino guadagnando ogni minuto almeno 2-3 cm di profondità.
Devo esserle grato di non avermelo spinto tutto d’un colpo, altrimenti mi avrebbe ucciso.
La scena doveva essere eccitante per lei perché, senza neanche averlo messo tutto dentro, avvertii che aveva iniziato a godere. Dalle labbra le sfuggì un debole sospiro, mentre il corpo le si irrigidiva spruzzandomi nel culo 5 o 6 getti di sborra.
Iniziai a lamentarmi pel dolore.
Lei mi crollò sopra e giacemmo in quello strano abbraccio, violento e malsano, per alcuni minuti, forse un quarto d’ora.
Ero annullato. Mi aveva spazzato via come uomo e come essere umano. Mi aveva annichilito sul piano fisico e su quello sessuale.
Forse fu quello il momento in cui la sua presenza mi entrò nella mente senza mai più andarsene.
Da quel giorno divenni la puttana di Cassio.
‘bravo erragasso.’ disse alzandosi mentre il cazzo, ormai moscio, usciva dal mio culo con un plop!
Si tirò su i jeans e se ne andò al bagno per rassettarsi.
Soltanto molto più tardi ebbi il coraggio, e la forza, di alzarmi anch’io per andare in bagno.
Il mio culo perdeva sangue. Quando camminavo sentivo l’ano tirarmi in mille direzioni diverse. Mi sciacquai lentamente e, mesto e fragile come un bimbo, me ne andai a letto senza cena mentre Cassio, senza prestarmi attenzione, guardava la tv in camera sua mangiando un panino del MacDonald.
‘ricorda di pulire domani.’ mi avvisò prima che chiudessi la porta per sprofondare in un sonno agitato pieno di incubi a forma di cazzo.

In una rapida escalation, il mese seguente, la mia vita divenne un inferno. Cassio aveva capito che ero totalmente succube della sua volontà. O forse del suo cazzo.
Il mio nome era stato scordato, mi chiamava solo erragasso, ragazzo, quando le faceva comodo, altrimenti puttanella, frocio, culorotto.
Aveva ripreso i suoi incontri e nella nostra casa arrivavano anche 30-40 uomini diversi al giorno.
Non mi dovevo far vedere quando c’erano, tanto che prese la chiave e mi chiuse dentro senza permettermi di uscire per un intero giorno.
Il terzo giorno mi sequestrò anche il cellulare.
Ero in una specie di prigione.
La mattina presto e la sera dopo cena dovevo svolgere tutti quei lavori che non avevo potuto svolgere nel giorno.
Fui costretto a diventare un perfetto casalingo. Fortunatamente la casa era piccola.
Per prima cosa mi toccò il bagno.
Il bagno era poco più grande della mia camera, circa 6 metri quadrati, con un bidet, il piatto doccia con la tenda appiccicosa, un lavandino scuro e basso, uno specchio dinanzi al lavandino e la lavatrice dietro la porta. La lavatrice era piccola e vecchia, mezza arrugginita ma funzionante. Imbarcava solo 3kg, quindi dovevo fare più lavaggi al giorno, almeno due perché Cassio, almeno su questo era precisa, teneva la sua camera pulitissima e non voleva che c’entrassi. Infatti dovevo pulire tutto il resto mentre la sua camera restava inviolabile. Ogni giorno c’erano almeno due paia di lenzuoli da lavare. Erano tutte macchiate di sperma e bava quindi dovevo pretrattare con uno smacchiatore. Poi reggiseno, mutande, calze e tutto il resto.
Il primo giorno fu duro. Impiegai una sera intera a sgrassare il piatto doccia, a disincrostare il cesso e pulire il lavandino.
Inoltre, quando mi piegavo, il culo mi bruciava più del solito mentre Cassio, che ogni tanto veniva per buttarmi un’occhiata, mi guardava con espressione contenta, quasi dolce.
La mattina del terzo giorno, finito di pulire il pavimento del bagno con un vecchio scopettone e uno straccio, Cassio venne a prendermi e, tenendomi per un braccio, mi spedì in camera chiudendomi dentro.
Passai lì l’intero pomeriggio, senza cibo né acqua.
Lessi un po’, quindi mi ritrovai d’improvviso col cazzo duro. Non capivo da cosa fosse causato. Mi incazzai con me stesso, cercai a lungo finché trovai un vecchio manico di spazzolone spezzato nascosto dietro il letto.
Decisi che, quella sera, dopo l’ultimo cliente, avrei affrontato la mia aguzzina e, usando il bastone, avrei ottenuto vendetta.

Venne la sera e, col cuore a mille, attesi che venisse ad aprirmi. Lo fece verso le 21.00; però, al contrario di quanto pensassi, non aprì la porta ma, dopo aver girato la chiave nella toppa, tornò nella sua stanza.
Aspettai qualche minuto indeciso, quindi afferrai l’arma, spalancai l’anta e mi recai da lei.
Appena mi vide armato, era seduta su una vecchia poltrona davanti la tv al plasma da 50 pollici, la sua espressione si incupì.
Era vestita da troia, con un body rosso di pizzo che debordava sulle tette, una culotte di vinile, calze a rete rovinate, e stivali lucidi.
Mi accorsi che, dinanzi quello sguardo deciso, davanti il volto leggermente mascolino, ora arcigno, che mi fissava con cattiveria, rimasi impietrito stringendo il bastone in mano.
‘che vuoi?’ chiese calma ma decisa.
Tentennai per prendere coraggio.
‘dammi il mio telefono.’
‘quale telefono?’ chiese lei toccandosi il cazzo dentro al body. Sembrava fosse barzotto.
‘il cellulare.’ aggiunsi prendendo coraggio.
Lei allungò la mano dentro una borsa di pelle firmata sullo scrittoio vicino la poltrona, quindi mi mostrò l’apparecchio e, intanto, scostò il body di lato, vicino l’inguine, mostrandomi il cazzo che cresceva sempre più.
La mia volontà fece acqua. Non so se fu lo sguardo a immobilizzarmi, la paura delle sevizie, o forse il suo bastone di carne che sorgeva dal basso divenendo sempre più grosso e turgido. Restai come ipnotizzato dalla cappella che assumeva quella strana forma simile a un fungo sferico. Si, forse era quello: simbolo di virilità, di potere’
‘vuoi il cellulare?’ ammiccò lei cominciando a segarsi. ‘devi guadagnartelo, bela puttanela.’ aggiunse indicandomi il cazzo col dito indice della mano in cui teneva il cell.;
‘avanti.’ continuò invitandomi chiaramente a inginocchiarmi dinanzi a lei.
‘no.’ sussurrai cercando di oppormi ma, inspiegabilmente, la mia mano aveva mollato il bastone.
Lei si alzò di scatto, mi afferrò per una mano, e mi tirò giù, in ginocchio, dinanzi alla verga pulsante.
Il mio sguardo era basso. Avvertivo milioni di farfalle nello stomaco e una sensazione di stupore, di dolore diffuso al petto. La mente era vuota, quasi fossi ubriaco; poi, con sorpresa, mi accorsi che, dentro ai pantaloni, anche il mio cazzo era duro e tirato.
Lei allungò la mano col cellulare, toccandomi il cazzo sotto la stoffa. Volevo prendere il telefono con uno scatto e fuggire, ma il corpo non obbedì al comando della mente e rimasi in ginocchio, sconfitto.
Cosa mi stava accadendo?
‘ammore, fai il tuo dovere e ti darò il cellulare per chiamare la tua erragassa.’ promise mentre, con la mano ormai libera, mi prendeva la testa spingendomi sul membro.
Mi trovai con la canna del cazzo schiacciata sulle labbra senza sapere cosa fare.
‘lecca.’ mi aiutò lei.
Tirai fuori la lingua chiudendo gli occhi. Mi faceva schifo quell’arnese. Puzzava di piscio e sborra’
Eppure aprii la bocca e cominciai a leccarne la carne scura.
Lei mi spinse la testa giù fino alle palle, e mi trovai in bocca lo scroto perfettamente depilato. In realtà non ero io a leccare: io avevo solo la lingua fuori dalla bocca, ed era lei a spingermi la testa su e giù, da un lato all’altro, finché le sue palle non furono umide al punto giusto; quindi mi fece staccare dal cazzo mentre un filo di bava legava la mia lingua ai suoi grossi testicoli, mi fissò in volto per un momento con uno sguardo pieno di dominio e lussuria, poi mi costrinse con forza a calare la bocca sulla cappella nuda.
Cercai di oppormi ma fu inutile. Desistetti quasi subito e accolsi il primo cazzo nella mia gola vergine.
Facevo fatica a farlo entrare tutto, mi strozzò quasi con due o tre affondi potenti, tenendomi per i capelli, quindi, come la volta precedente, scaricò la sua sborra dentro di me, stavolta nella gola.
‘engoia.’ ordinò tenendomi la testa con le mani.
Non avevo la forza di oppormi: il sapore, l’odore, erano orrendi. La situazione era spaventosa. Ingoiai i 5-6 spruzzi di sborra densa, quasi solida, cercando di farli sparire quanto prima dalle mie labbra.
Ingoiai quasi tutto.
Restammo così per alcuni minuti finché lei mi staccò dal cazzo moscio che tenevo ancora in bocca, assolutamente annichilito. Mi staccò e, felice come non mai, si chinò a darmi un dolcissimo bacio.
Ne sono sicuro: fu lì che mi innamorai di Cassio, Claudio Armando Herrera Hernandez, classe 1980.

Eravamo in auto. Era sabato sera. Erano quasi due mesi che vivevo con Cassio e, visto il mio buon lavoro come casalingo, mi concedeva ogni tanto di uscire con Daniela. Data la mole di lavoro dentro casa, sia come uomo delle pulizie che come schiavo sessuale, non avevo certo avuto il tempo, né la forza, di cercarmi un lavoro.
Quindi ero senza un soldo.
Eravamo al Gianicolo, sulla salita che dal Bambin Gesù porta alla statua di Garibaldi. Pioveva, era aprile ma faceva ancora freddo. Nonostante tutto Daniela, timida e verginella, portava una minigonna nera, calze velate, camicetta bianca e un leggero filo di trucco che aumentava la sua già notevole bellezza. Portava solo la fedina che le avevo regalato per il fidanzamento e due orecchini semplici di oro bianco. le tette sode e piene riempivano il davanti della camicia; era molto magra, quindi sembravano ancor più grosse. A volte, nei momenti più intimi, quando ero riuscito a strapparle una sega e un mezzo pompino, la chiamavo ‘La Mia Tettona!’
Quei tempi, però, erano finiti per sempre. In quel giorno al Gianicolo, i suoi occhi neri mi fissavano a fondo, scrutando nel mio animo esacerbato e sconfitto.
Ero annichilito. Daniela se ne rese conto, accorgendosi, tra l’altro, dei lividi che Cassio mi procurava picchiandomi regolarmente non appena sbagliassi qualcosa.
‘cosa &egrave successo?’ mi chiese preoccupata abbracciandomi.
Il suo calore mi diede un pizzico di speranza e forza.
‘Cassio mi picchia.’ spiegai semplicemente, cercando d’arrivare dritto al punto.
Lei strabuzzò gli occhi. ‘Cassio? L’inquilino nella casa che ti ha trovato Fabrizio?’ chiese incredula. Sapeva che c’era qualcosa che non andava, ma non pensava fino a quel punto.
Annuii debolmente non riuscendo neppure a fissarla negli occhi. Ero dimagrito e mi ero indebolito molto. Ero stanco di quella storia e parlarne, seppur per poco, mi avrebbe sollevato il morale.
‘ma &egrave un tipo grosso?’ chiese ancora lei, dopo una piccola pausa. Sapeva che non ero uno che si faceva mettere i piedi in testa facilmente.
‘&egrave una’ donna.’ spiegai con vergogna.
‘ti fai picchiare da una donna?’
Vedevo che, su di lei, questa notizia stava creando una spaccatura fra comprensione e gelosia, quindi mi affrettai a chiarire.
‘un trans veramente. Sai, quegli uomini che diventano donne con gli ormoni, la chirurgia”
Lei sospirò di sollievo, impercettibilmente.
‘ma &egrave terribile!’ aggiunse scuotendo la testa pensierosa. ‘devi denunciarlo’ denunciarla.’ si corresse.
Scossi la testa. Pensava che non l’avessi considerato? E l’umiliazione? Cosa avrei potuto dire alle guardie? Un trans mi sottomette, mi fa pulire casa e mi tratta come il suo oggetto sessuale? Mi fa bere la sborra dalla bocca e dal culo?
Alzai lo sguardo e fissai terrorizzato Daniela che tuttavia, in quel momento, guardava fuori dal finestrino incredula, perdendosi la mia espressione impazzita.
No, lei non deve saperlo! Non deve scoprire più di quanto appaia ora! Intuivo il guaio nel quale mi stavo cacciando eppure, forse obnubilato dal cazzo di Cassio, dalle botte o dalla troppa sborra ingurgitata, continuai quell’assurda pantomima.
‘questi sudamericani non hanno niente da perdere.’ cominciai col tono da cane bastonato che, ultimamente, mi riusciva così bene. ‘sono violenti, probabilmente &egrave clandestina, ho visto che porta sempre un coltello con sé.’ aggiunsi ben sapendo di mentire. L’unica arma che Cassio utilizzava era il suo cazzo asinino.
Daniela singhiozzò spaventata: la bocca aperta, una mano a coprire i denti perfetti nell’espressione più vera della paura.
‘non ti preoccupare.’ continuai. ‘appena trovo un posto migliore me ne vado e dimenticherò tutto.’
Lei si protese verso di me. Mi toccò la mano, poi mi attirò a se facendo si che la mia testa poggiasse sul suo petto. Vicino a noi c’erano altre macchine, altre auto piene di coppie innamorate, ma in quel momento niente esisteva per me al di fuori di lei. Eravamo soltanto io e Dany, la mia dolce Dany, la mia tettona, la mia verginella, la madre dei miei futuri figli.
Nonostante le belle parole, però, c’era anche qualcun altro lì con noi, o meglio: qualcos’altro; e quel qualcos’altro era il grosso cazzo di Cassio che, nonostante l’amore che provavo per Dany, nonostante le botte e la paura, non riuscivo a togliermi dalla mente.
Tra una coccola e l’altra promisi a Daniela che avrei lasciato la casa di Cassio quanto prima. Riuscii a convincerla a non dire nulla di quella storiaccia al nostro comune amico Fabrizio. In realtà non volevo che la voce si spargesse e, un po’ ingenuamente, credevo che la situazione si sarebbe risolta da sola.
Quella sera ci coccolammo un po’ in macchina, io le accarezzai le tette, lei mi toccò più volte il cazzo attraverso la stoffa ma non successe alcunché d’altro. Rimasi un po’ stupito dalla cosa ma, lì per lì, pensai fosse il freddo, la situazione triste in cui mi ero ficcato, i mille problemi. Lei, dopo aver visto nessuna reazione sessuale, lasciò perdere e tornò soltanto a coccolarmi. In fondo, per Daniela, il sesso era qualcosa di lontano e sconosciuto. Forse non ne sentiva il bisogno, forse doveva ancora scoprirlo. Mentre ero lì fra le sue braccia, perso finalmente in un bel sogno dopo mesi d’incubo, mi chiesi come avrei potuto soddisfarla, fare dei figli, amarla se il cazzo di Cassio continuava a perseguitarmi.
La serata finì presto. L’atmosfera non era delle migliori.
Parlammo del più e del meno, accantonando l’argomento botte, finché non fummo sotto casa mia. Mia e di Cassio cio&egrave.
‘vuoi che ti accompagni?’ chiese lei innocente.
Io strabuzzai gli occhi alzando le mani.
‘no, no, non c’&egrave bisogno, davvero.’
‘non ho paura, non preoccuparti. Anzi, perché non fai una cosa?’ chiese sorridendo. ‘vattene stasera, vai in albergo.’
‘no, no.’ scossi la testa. ‘non ho soldi Dany, lo sai.’
‘te lo pago io!’ propose prendendo il suo portafoglio rosa.
La bloccai scuotendo la testa. Non sapevo cosa inventarmi.
‘non ti preoccupare, davvero. &egrave questione di pochi giorni poi chiudo questa faccenda. Poi non credere: anche io gliene ho date e per lo più ci evitiamo adesso.’ mentii guardandola negli occhi.
Sembrò sul punto di dire qualcosa, invece annuì e mi sorrise. Mi scoccò un bacio dolce e bagnato sulle labbra, quindi aggiunse: ‘hai ragione, mi fido di te.’
Quando scesi e la vettura ripartì illuminandomi con gli stop rossi, sentii un vuoto nella pancia, quasi fossi stato abbandonato come un cane sul ciglio della strada.
Eppure avvertivo anche altre emozioni farsi strada dal cuore fino al basso ventre.
Mi accorsi di nuovo di avere un’erezione.
Ero terrorizzato eppure l’eccitazione quasi soverchiava la mia paura.
Feci qualche passo entrando nel portone. Era circa mezzanotte e incontrai due abitanti dello stabile. Mi lanciarono una veloce occhiata poi tornarono a parlare dei fatti loro: lavoro, la Roma, il derby’
Avranno sentito? Cassio urla sempre, mi tratta di merda e mi picchia gridando a squarciagola! Sapranno che di sotto abita un piglianculo, schiavo, sfruttato? Pensai abbassando lo sguardo e fiondandomi di corsa nel seminterrato.
Aprii la porta facendo pianissimo.
Cassio sembrava dormire, avvertivo un leggero respirare oltre la porta chiusa della sua camera.
Andai in bagno e sedetti sul bidet dopo aver chiuso lentamente la porta. Mi spalmai un po’ di crema rinfrescante sul buco del culo: in fondo non mi ero ancora abituato al cazzone di Cassio e, prima di uscire con Dany, mi aveva dato una ripassata tanto per farmi capire cosa fossi.
Mi guardai allo specchio e non potei far a meno di immaginare il volto di Cassio mentre, ridendo sguaiata come al solito, mi chiamava Rottainculo.

Due giorni dopo il mio incontro con Dany, stavo pulendo il bagno come al solito. Erano stati due giorni particolarmente duri perché il sito internet dove Cassio metteva il numero più grande di annunci, era stato chiuso dalla polizia. I clienti diminuirono drasticamente con due risultati: lei lavorava meno ed era incazzata mentre io avevo molto più tempo per pulire casa e subire i suoi abusi.
Cassio aveva stabilito che, quand’ero in casa, girassi sempre nudo. Dovevo dormire nudo, fare da mangiare nudo, pulire nudo.
Faceva ancora freddo, i termosifoni non si accendevano più, e non era piacevole stare per ore a piedi nudi in casa, quindi cercavo di darmi da fare per scaldarmi.
Mi costrinse a depilarmi petto, gambe, braccia, schiena, scroto e cazzo. Non ero mai stato molto peloso, eppure a lei sembravano dar fastidio i miei pochi peli e mi impose la ceretta integrale. Scaldò lei il prodotto sul fornello da cucina e, grazie al cielo, il fatto che fossi fornito di poco pelame, se non nelle zone genitali, mi risparmiò ulteriore dolore.
Appena finito dovetti farle un lungo pompino nel corso del quale però non venne, stancandosi presto e lasciandomi solo lì, nel bagno, con l’ordine di pulire tutto al meglio. Ero contento perché, quando usciva, non ero costretto a farle il pompino serale con ingoio col quale si liberava dello stress quotidiano. Cassio, infatti, non riusciva mai a venire coi suoi clienti. Neppure con quelli che pagavano il doppio. Poteva fare le peggiori porcherie a letto ma venire no, quello lo riservava a me. Devo ammettere che, nel profondo del mio cuore, la cosa mi dava un po’ di soddisfazione anche se, purtroppo, acuiva il mio senso di frustrazione nel sentirmi la puttana d’un trans sudamericano.
Finito di pulire il bagno, toccò alla cucina, quindi al minuscolo soggiorno, piuttosto un’anticamera, e alla mia stanzetta. Ci misi un paio d’ore in tutto, quindi mandai un sms di buonanotte a Dany e, quando Cassio rientrò, ero già sotto le coperte, nudo e addormentato.
Mi accorsi del suo rientro perché accese la luce della mia camera e si avvicinò. Ero mezzo addormentato e ricordo solo che si tolse le mutande strofinandomi il cazzo in faccia per un minuto, quindi se ne andò farfugliando qualcosa. Forse era ubriaca.
Il giorno seguente mise annunci da altre parti e i clienti ripresero a tornare. La casa era abbastanza pulita e la sera, dopo aver fatto la lavatrice del giorno, mi ordinò di dare una sistemata al bagno dopo essersi fatta la doccia: la tenda appiccicosa non conteneva gli spruzzi d’acqua e, ogni volta, il bagno si allagava.
Ricordo che suonarono la porta. Cassio mi chiuse a chiave nel bagno ordinandomi di punire bene che, altrimenti, quando avesse finito col cliente, mi avrebbe preso a cinghiate.
Ubbidii senza fiatare.
Però accadde qualcosa diverso dal solito. Sentivo che Cassio e il cliente erano rimasti nell’anticamera, proprio davanti la porta del bagno a parlare sottovoce. Io tenevo lo straccio con le mani, lo scopettone mi era stato tolto una settimana prima come punizione per non riuscire a ingoiare il cazzo di Cassio fino alle palle durante il pompino.
‘pulisce a terra. Col tuo faccino bianco sembri proprio un bravo sguattero!’ mi disse quel giorno mentre, mezzo soffocato per aver tentato in tutti i modi di farle un pompino gola profonda, la fissavo impotente. Dal suo cazzo cadevano a terra decine di fili della mia bava.
La mia virilità era ormai sparita. Ero un burattino nelle sue mani.
Comunque, pulendo il pavimento del bagno, mi avvicinai alla porta per sentire meglio. Riuscii a sentire soltanto qualche parola: ‘polizia’ denuncia’ sguattero”
Poi mi accorsi che il cliente non era un cliente, ma una donna. Carpii la voce femminile e, al principio, credei fosse un altro trans amico di Cassio. Divenni bianco come un cencio dal terrore: se Cassio aveva organizzato un festino con un altro trans mi avrebbero veramente spaccato in due. Un cazzo era più che abbastanza, non ne avrei retti due. Stavo quasi per vomitare immaginando la sborra calda che avrei dovuto ingoiare, magari dal cazzo d’un trans brutto e grasso, quando Cassio e l’ospite alzarono un po’ la voce e mi resi conto di chi fosse l’ospite, provando una sensazione così stringente d’impotenza e vergogna, che ancor oggi, dopo anni, ricordo tutto come fosse ieri.

Riuscii a distinguere le due voci e capii che l’ospite era Daniela, la mia Dany. In preda all’orrore i miei sensi si acuirono e, finalmente, sentii oltre la porta cosa stavano dicendo.
‘non c’&egrave bisogno de alguna denunsia, cara, el tu Fabio es qui in bagno. Vienes a mirar, vieni.’
Sentii i passi che si avvicinavano.
Sbiancai.
Ero perduto: che ci faceva Dany lì? Perché era venuta? Cosa voleva? Che dovevo fare?
Impazzito dal terrore mi alzai lasciando straccio e secchio vicino alla porta, quindi, mentre la maniglia si abbassava e l’anta si apriva, mi nascosi dietro la tenda appiccicosa della doccia in un folle tentativo di occultarmi alla vista della mia aguzzina.
Fu tutto inutile. La mia lucidità era scomparsa da tempo o, forse, non l’avevo mai avuta.
Aprendo al porta e trascinando Dany nel bagno, Cassio urtò il secchio che sbandò facendo cadere un po’ acqua sul pavimento bagnato di detersivo.
‘oh, Fabietto es nascosto.’ fischiettò lei maliziosa, mentre Dany cercava di divincolarsi.
Cassio la mollò d’improvviso e indicò la tenda. Potevo vederle da uno spiraglio della plastica bagnata.
Anche Dany m’intravide e strabuzzò gli occhi come aveva fatto in auto due sere prima.
‘forsa Fabietto, esci de là.’ canticchiò ancora Cassio. Dany era immobile accanto a lei.
Vedendo che non uscivo, Cassio puntò verso la doccia, fece due passi, quindi scostò la tenda lasciandomi nudo di fronte la mia ragazza.
Vidi i suoi occhi spalancarsi e un acuto rossore correrle sulle gote.
Mi coprii i genitali con le mani in una parodia di pudico orgoglio, mentre Cassio erompeva in una risata oscena, probabilmente sentita da metà palazzo tanto era forte.
‘el tu Fabio es diventato la mi sguattera.’ cominciò Cassio guardandomi col sorriso sulle labbra. ‘pulisce, cosina, pulisce, pulisce ancora ed es una brava puttanella. Forsa puttanella, pulisce ‘sto casino!’ mi ordinò indicando il pavimento.
Io rimasi bloccato, i miei occhi sprofondati in quelli di Dany. Eravamo due statue.
Lei bella, bellissima, vestita con un paio di pantaloni attillati, stivaletti a punta, un maglioncino non troppo pesante, una giacchetta e i capelli sciolti. Un filo di trucco esaltava la sua bellezza. Poi c’era Cassio con guepiere, reggiseno trasparente sulle tettone rifatte, tanga e stivaloni lucidi da cavallerizza.
Infine io, nudo, depilato, a coprirmi con le mani i genitali, bagnato, rosso di vergogna.
Penso che fu in quel momento che la mia mente si ruppe definitivamente.
‘non vuoi pulire? La tu fidanzatigna, dolce e perbene, vole denunsiarme, ma yo le volio mostrarre cosa tu eres’ forze vermettigno, pulisce! PULISCE!’ gridò vedendo che non mi muovevo.
Dany e io continuavamo a fissarci mentre rabbrividivo dal freddo.
Pian piano, dopo la sorpresa iniziale, vidi comparire il disgusto sul suo volto. Poco alla volta, goccia a goccia.
‘non vuoi pulire?’ riprese Cassio. ‘vedremo” promise allontanandosi con ampie falcate. Forse Dany, con la denuncia, le aveva messo paura. Forse avrei dovuto denunciarla anch’io tanto tempo prima.
Ormai era tardi.
Rimasi lì imbambolato dinanzi la mia ragazza, nudo, a singhiozzare dalla vergogna.
Lei mi squadrava fredda, imbarazzata, nervosa.
Sentii Cassio armeggiare qualche minuto in camera sua.
Dany aprì bocca solo una volta. ‘perché?’ chiese disperata.
Al che non ressi e abbassai lo sguardo. Fissare il pavimento dinanzi le difficoltà stava diventando un’abitudine ormai.
Eppure il peggio doveva ancora venire. Non penso di aver mai raggiunto un grado così basso nella mia autostima, neppure negli anni che seguirono, quando la mia personalità, schiacciata sempre più da Cassio, raggiunse abissi di perdizione e follia.
La metà della mia vita, la mia dolce metà, mi fissava con uno sguardo misto fra schifo, paura, tensione e pietà.
E Cassio tornò armata di due cinture legate assieme, fatte per creare una specie di barbara frusta. Quando la vidi mi ripresi in fretta.
Senza parlare, prese la rincorsa e fece saettare la lingua di cuoio che andò ad abbattersi sul mio fianco sinistro, carezzandomi la schiena e finendo sul culo.
Strillai di dolore saltando in aria mentre un segno rosso mi marchiava la pelle.
Dany mandò un grido strozzato dalla paura.
‘a terra, porco! A terra!’ gridava Cassio indicando il pavimento ai suoi piedi, mentre scoccava un’altra staffilata, mancandomi d’un soffio.
Senza più pensare a Dany, capitombolai a terra fra le sue gambe.
Cassio mi respinse con un piede. Il tacco mi lasciò un segno rosso sul petto, quindi mi beccai altre due staffilate che lasciarono un segno rosso su petto, braccia e cosce.
Rotolai a terra in preda al dolore come stessi eseguendo uno strano balletto.
Dany guardava esterrefatta.
‘e ahora priendi lo stracio e pulisce ‘sto casino!’ ordinò Cassio con un leggero accento romanesco. ‘fai vedere alla tua fidansata cosa facciamo quando siamo soli en casa.’
Mi rialzai in ginocchio cercando di non pensare al dolore. Provavo male dappertutto: ginocchia, braccia, gambe, culo. Ma anche nell’animo. Quell’umiliazione mi stava annientando.
Mi accorsi che avevo cominciato a piangere e non riuscivo a fermarmi.
‘povera Fabietta.’ mi canzonò Cassio alzando la cintura per colpirmi ancora.
Strizzai gli occhi, presi lo straccio e cominciai a pulire l’acqua caduta in terra come fossi nato per far solo quello.
Lei si fermò senza colpirmi.
‘brava Fabietta.’
Dany fissava impietrita e io non avevo più il coraggio di alzare lo sguardo. Tenevo gli occhi bassi sui loro stivali.
‘pulisci lì. Asciuga là.’ ordinava Cassio facendo dondolare la cintura finché, dopo 5 minuti buoni di quell’umiliazione, si accosciò e mi indicò proprio il pavimento ai piedi di Daniela con un dito.
‘ora qui.’ ordinò.
E io ubbidii.
‘ti prego Cassio. Basta ti prego, ti supplico.’ sussurravo, ma non c’era nulla che potessi fare per farla smettere.
‘pulisci qui.’ indicò il pavimento fra le scarpe di Dany con un dito dalla lunga unghia laccata di rosso.
Mi avvicinai e, frignando come una bambino, asciugai il pavimento stando ben attento a non bagnare gli stivali della mia dolce ragazza.
Non osai alzare lo sguardo ma avvertivo i suoi occhi fissarmi.
‘brava puttanella. Visto cara? Fabietto fa tutto quello che yo le dico. Es muy bravo, economico, una vera colf. Y non solo, vero Fabietto? Sapessi cosa facciamo ancora’ non crederai che me tenga un bel pischello come lui solo per pulirmi casa, vero Fabietto?’
Annichilito non replicai, il mio cervello aveva smesso di pensare. Ero lì in ginocchio, lo sguardo basso, senza tentare di coprirmi, senza ribellarmi, senza far nulla.
A quelle parole, però, ebbi una feroce erezione.
‘mira cara? vedi? Basta parlare e subito se eccita. Bene, allora vediamo di soddisfarlo!’ Cassio si abbassò le mutande rivelando il suo cazzo asinino, scuro e piegato verso l’alto, svettante verso di me.
Dany gridò: ‘basta!’ e cercò d’andarsene, ma Cassio la trattenne.
‘e no linda. Vuoi denunciarmi? Y alora mira quant’&egrave frocio el tu uomo.’ replicò Cassio tenendola in bagno, chiudendo la porta e schiacciandola in un angolo.
Io rimasi inerte ad attendere. Sulla lingua avvertivo già il sapore della sborra.
Sempre tenendo la cinghia in mano, Cassio abbassò la tavoletta del water e sedette togliendosi le mutande. Mi fece voltare verso di lei e, senza troppi complimenti, mi spinse la testa in giù.
Dany, dietro di noi, fissava la scena disgustata.
Cominciai leccandole le palle a lungo mentre lei si godeva il trattamento.
‘mugola!’ mi ordinò.
Cominciai a emettere dei piccoli lamenti vergognandomi come un cane. Eppure sentivo d’esser sul punto di godere.
‘o dio, o dio.’ mormorava Dany dietro di me dopo ogni risucchio. Anche lei era rimasta impressionata dalla cappella di Cassio.
Finalmente venne il momento di mettermi in bocca quel mostro e fu allora che cominciò un lunghissimo pompino, nel corso del quale dovetti più volte tentare di ingoiarlo fino alle palle senza mai riuscirci.
Non so quanto durò. Dany piangeva, io piangevo e mugolavo, Cassio rideva godendo.
D’improvviso Dany saettò verso la porta, la spalancò e uscì di corsa.
Cassio non si mosse.
Io, invece, con un barlume di volontà mi alzai per andarle dietro.
‘fermo, troia!’ gridò Cassio. Mi voltai e vidi i suoi occhi fiammeggiare.
In quel momento era bellissima: assisa sul cesso, mezza stravaccata, la pelle mulatta, i muscoli in tensione, il cazzo enorme, dritto e lungo, bagnato dalla mia saliva, la cinghia in mano, pronta a colpire.
Mi bloccai.
‘torna a qui!’ ordinò indicandomi il cazzo in tiro col dito indice.
Fissai fuori dalla porta del bagno e sentii Dany che armeggiava col chiavistello d’ingresso; avevo pochi secondi per scegliere.
‘lei non &egrave più per te. Lei cerca veri maschi, non froci succhia-palle.’ sussurrò Cassio quasi con dolcezza. ‘vieni qui.’ ripeté.
Con le lacrime agli occhi, sentii la porta di casa aprirsi, uno spiffero di freddo, quindi sbattere chiudendosi dietro di lei.
Avevo perso Daniela. Per sempre.
Mesto tornai indietro verso il cesso. M inginocchiai.
‘bravo, bravo.’ sussurrò Cassio carezzandomi teneramente una guancia, per poi mettermi una mano sulla testa e darmi il ritmo della pompata.
Quella notte le cose cambiarono ancora. Cassio si fece succhiare per quasi un’ora di seguito. Alla fine non sentivo più i muscoli della bocca e le ginocchia mi facevano malissimo.
Mi inculò per ore e venne 5 volte in tutto. Dovetti subire in tante posizioni diverse: a pecora, con la testa nella tazza del cesso, a smorza candela, piegato in due come una sdraio.
All’alba ero distrutto nel mio letto. C’erano macchie di sborra dappertutto, sborra di Cassio, non la mia: sul cuscino, le coperte, per terra, su di me; per non parlare di come era ridotto il bagno. Non pensavo che un cazzo di un essere umano potesse sborrare così tanto. L’odore era fortissimo e impiastricciava tutta la stanza. Avevo lividi, striature, graffi e morsi ovunque.
Prima di andare a dormire per godersi il giusto riposo, Cassio mi diede un ultimo ordine: ‘per domani voglio vedere tutto pulito, entiendes troia?’
Senza aspettare la mia risposta se ne andò in camera sua lasciandomi solo.

In seguito tentati di recuperare il rapporto con Daniela. I primi giorni provavo troppa vergogna poi, pian piano, trovai il coraggio. Le mandai decine di sms, arrivando a supplicare Cassio per una ricarica. Rubai persino dei soldi alla mia aguzzina per spedirle un mazzo di rose rosse.
Nulla.
Cosa pensava di me? Oscuri pensieri affollavano la mia mente nelle notti insonni mentre l’odore di sborra mi perseguitava nonostante le molteplici docce, nonostante usassi un forte colluttorio dopo ogni ingoio.
‘&egrave inutile che ti lavi tanto: la sborra ti &egrave entrata in testa.’ mi canzonava Cassio tranquilla carezzandomi la guancia.
Arrivai a chiamare i nostri vecchi conoscenti, addirittura Fabrizio, colui che mi aveva ficcato in quel casino. Fu una dura prova: sapeva qualcosa della mia situazione?
Non importava.
Chiamai tutti, perfino i miei genitori, ma tutti mi diedero la stessa risposta: Daniela non ne voleva saper più nulla di me.
Tra pompe, sborra, inculate e umiliazioni varie che caratterizzavano ormai la mia vita, tentai per settimane di supplicare Dany per un incontro. Mentii, feci false promesse di redenzione, mi prostrai virtualmente per strapparle un incontro, uno solo per vederla un’ultima volta.
Fu tutto inutile. Rispose solo dopo tanto tempo, con un sms freddo e laconico. E lì capii che mai più ci sarebbe stato qualcosa fra noi. Ero morto per lei.
Quando lessi quel messaggio mi sentii male. Cassio mi sentì piangere e accorse. Mi carezzò i capelli e lesse il display del cellulare: Sei un frocio di merda. Dimenticami.

Il tempo passò e le cose cambiarono lentamente.
Cassio divenne più dolce. Mi picchiava di meno nonostante serbasse un contegno severo, altero ed esigente.
Come cambiava in fretta la mia vita!
Anche la schiavitù ‘ era ormai chiaro com’ero diventato uno schiavo per Cassio ‘ era cambiata. I ritmi si modificarono lentamente e gli stupri, le inculate a sangue, le botte, soprattutto le botte, diminuirono pian piano, forse perché avevo smesso di opporre anche la minima resistenza che avevo opposto in passato o forse perché Cassio aveva ormai capito che del vecchio Fabio era rimasto ben poco.
Ovviamente ero e sarei rimasto sempre sottomesso a Cassio e al suo durissimo cazzo, però in maniera diversa.
Mi resi conto di come le cose stessero cambiando quando Cassio iniziò a picchiarmi soltanto se veramente incazzata. Accadde, per esempio, quando un cliente se ne andò senza pagare, fuggendo lesto quasi fosse una lepre.
Quella sera mi toccò di nuovo la cinghia. Senza motivo.
Ma ormai erano casi sporadici.
Divenne quasi dolce, a volte il cambiamento era così strano per me che, ormai, dopo quasi un anno, iniziavo ad abituarmi all’essere trattato come una merda.
Forse mi stavo auto convincendo di esserlo davvero, una merda.
Di sicuro avevo ormai capito che ero un frocio.
Cassio mi chiamava spesso così in quei tempi: ‘Frocio! Ehi frocio! Frocio vieni qui! Frocietto vai di là! Frocio succhiami le palle! Frocio bevi tutta la sborra! Frocio lecca la tazza del cesso!’
Le cose erano sempre negative, assolutamente negative, eppur migliorarono.
Divenni bravo come casalinga e come puttana. Ormai avevo imparato così bene a succhiargli il cazzo che facevo molta meno fatica. Sapevo fare affondi magistrali con risucchi da oscar.
A volte mi sorprendevo, mentre stiravo i vestiti di Cassio, a fantasticare su come avrei fatto faville nel mercato del porno gay americano.
Il cazzo di Cassio era diventato lo scettro del suo potere su di me e io, da brava troia, lo veneravo senza riserve.
A volte lo sognavo, altre mi masturbavo eccitato al pensiero di quando Cassio me lo avrebbe dato anche perché, mentre le cose cambiavano, cambiava anche il nostro rapporto e le lunghe inculate quotidiane lasciarono spazio a una routine tediosa e Cassio, stanca per il via vai di clienti, spesso non si prendeva più cura di me.
Quello che non colmò più con botte e cazzo, fu colmato però, come dicevo, da una strana dose di dolcezza.
Lo spartiacque nella nostra storia avvenne nell’inverno. Poco dopo aver festeggiato l’anniversario della nostra conoscenza con una lunga inculata in cui però, stranamente, Cassio non mi riempì il culo né tantomeno la bocca di sborra ‘ veramente strano in quel periodo! ‘.
Decise che mi sarei vestito bene e, visto che i soldi in casa li portava soltanto lei, ero infatti recluso e potevo uscire soltanto dietro suo ordine per sbrigare commissioni e quindi non potevo lavorare, mi comprò un ottimo vestito: giacca e cravatta molto eleganti che, in qualche modo, una volta che mi fissai a lungo allo specchio, mi restituirono un grammo delle tonnellate di dignità che avevo perduto.
Ripensavo al passato, mentre mi guardavo nello specchio della sua camera da letto, e mi chiedevo chi fosse quel Fabio che ricordavo. Il Fabio di scuola, dei miei genitori, di Dany’
Adesso alle memorie del passato s’era sovrapposto il Fabio attuale, il frocio, il culorotto, lo schiavo di Cassiopea.
Comunque ero vestito bene e la cosa mi sorprese. In casa, quando faceva freddo, spesso giravo coperto, eccettuato quando Cassio era incazzata per qualche motivo e voleva avere il mio culo nudo all’insù, al freddo, mentre pulivo i pavimenti di casa.
L’estate ero sempre nudo con le palle all’aria.
Vestito in giacca e cravatta, Cassio mi portò a una festa. Non era mai successo prima e mi fece una strana impressione guardare le luci serali della città, il movimento della gente. Mi sembrava di aver passato secoli chiuso nell’appartamento di Cassio e immaginavo di star provando le medesime sensazioni che avvolgono i carcerati durante uno spostamento sul cellulare della polizia.
La festa era privata, organizzata in una discoteca di Roma, nel quartiere Monteverde, poco distante dalla Portuense e dall’ospedale San Camillo.
Non so perché ricordi ancora quei particolari, ma sono impressi nel mio cervello a lettere infuocate.
Come dicevo la festa era privata.
Era una festa delle amiche di Cassio, per lo più brasiliane, per lo più trans.
Ben raramente le avevo viste a casa ma ora mi colpirono per il numero e la mise: minigonne, reggipetto, calze a rete, elaborate crocchie’
Erano tutte vestite come dovessero fare una sfilata. Ce n’erano alcune tanto belle da superare le più belle fra le donne che avevo visto.
Altre tanto brutte da far provare brividi anche al più navigato dei puttanieri.
C’erano assolutamente zero femmine, mentre qualche maschio era presente, per lo più fidanzati delle trans presenti.
Tutti vestiti bene, tutti fieri.
Probabilmente ero l’unico a essere trattato come uno schiavo.
Mi presentò a tutti come suo fidanzato, cosa che mi fece sobbalzare e arrossire, quindi mi baciò appassionatamente strizzandomi le chiappe e facendo battute su come mi avesse educato bene negli ultimi mesi.
C’&egrave da fare una premessa: prima di quella sera, Cassio aveva provveduto a tenermi bene a dieta e, addirittura, farmi fare un corso di ginnastica grazie ad alcuni nastri su vecchie VHS, che mi avevano permesso di avere un discreto fisico.
Mi faceva anche depilare, anzi, ormai il depilarsi insieme era divenuto un rito. Io le radevo il pube le palle, le gambe e lei faceva lo stesso con me.
Questo per dire come molte si complimentarono per la scelta e, nel corso della serata, avvertii molte mani insinuarsi lungo il mio corpo, indugiare soprattutto sul culo e sul pacco. Alcune strizzavano forte, altre con più moderazione.
Cassio se ne accorse ma non fu gelosa, anzi si compiaceva del successo che il suo fidanzatino riscuoteva.
Ballammo per molte ore. Cassio mi fece provare anche una pasticca che scoprii poi essere un derivato dell’ecstasy che mi fece andare su di giri. Bevemmo molto, ballammo ancor di più e, non ricordo bene come, finì che molti si appartarono sui divanetti, tanto che divenne una mini-orgia fra trans e fidanzati.
Io e Cassio non partecipammo però, rimanendo a ballare fino a mattina strusciandoci l’un l’altra e basta.
Alla mattina salutò tutti, prendemmo un taxi e tornammo a casa.
Una volta arrivati, stanchi morti, volle fare una specie di cerimonia e fu lì che il punto di svolta fu compiuto: dalla violenza estrema passammo al bizzarro.
Mi fece spogliare e, mentre io già pregustavo la sborra in gola e il cazzo duro che rimbalzava sul mio palato, lei mi spinse malamente verso il piatto doccia, tirò fuori il suo grosso cazzo moscio ‘ ricordo che le palle erano gonfissime, sembravano quasi dover esplodere ‘ e senza complimenti mi pisciò addosso.
Era la prima volta.
Per poco non scoppiai a ridere tanto era assurda la scena, poi però lei mi centrò la bocca e iniziai a tossire.
Cassio bloccò la pisciata.
‘ammooore, adesso fai il bravo, apri la bocca così te piscio dentro!’ diceva in un italiano quasi perfetto, tutta gaia, con un sorriso idiota stampato sul volto dal trucco slavato.
Io non capivo.
Ma lei, questa volta, non s’arrabbiò.
‘dai ammorre, voglio pisciarti in gola e darte tutto el mio netare. Basta con la sborra, la dieta non &egrave bilanciata!’ rise sguaiata rischiando quasi di cadere a terra quando un tacco le scivolò su una piastrella.
Fissando il suo volto ricordai comunque le botte pesanti di cui mi aveva riempito e il condizionamento fece il resto.
Aprì la bocca senza fiatare e lei me la riempì di piscio.
‘engoia!’ ordinò.
Dovetti forzarmi ma non fu difficile. Fatto com’ero, sia dalla stanchezza che dalla musica, che dalla droga, non avvertii nulla e ingoiai, ingoia, ingoiai.
Ero abituato a ingoiare sborra ma anche la piscia non fu difficile.
‘ebbravo il mio ragasso, il mio cesso!’ si complimentò lei una volta finito.
Si tolse i vestiti e li buttò a terra.
‘pulisci tutto qui, frocetto, poi vieni, stasera dormirai con me, ebbravo il mio ragasso.’
Il mio sguardo s’illuminò alla proposta.
Dormire con Cassio? Potevo lasciare la mia stanzetta e dormire con lei nel letto grande? Mi sentivo come un bambino cui &egrave dato il permesso di dormire coi genitori.
Vidi il cazzo pendulo di Cassio allontanarsi, quindi mi chinai sul pavimento e comincia a pulire la piscia dalle piastrelle, poi raccolsi i vestiti, li gettai in lavatrice, programmai il lavaggio e mi catapultai tra le lenzuola.
Non so cosa mi aspettassi ma erano ormai le nove di mattina e, quando timoroso mi accostai alle coperte del grande letto matrimoniale, Cassio già dormiva.
Scostando le coperte guardai il suo grosso cazzo moscio nascosto fra le lenzuola e mi sorprese la potente erezione che ebbi in quel momento.
Puttana e pisciatoio! pensai mesto accomodandomi vicino la mia aguzzina.

Quindi in qualche modo la nostra storia divenne una normale relazione. Di normale, inteso come media statistica, c’era poco, ma la routine classica di ogni rapporto di coppia si fece strada tra noi, regalandoci comunque scampoli di grande sesso e perversione. Ormai mi era chiaro che Cassio, forse per l’ambiente in cui era cresciuto, avesse sviluppato un comportamento molto particolare verso gli altri esseri umani e, forse a causa del suo lavoro che scoprii cominciò a esercitare assai presto, anche nel sesso.
Nonostante tutto, ero sempre più innamorato di lei. Ormai non potevo vivere senza la mia padrona e il suo cazzo enorme. Non avrei mai creduto possibile che un essere umano raziocinante come me potesse sviluppare un tale attaccamento a un cazzo. Col permesso di Cassio lo avevo anche messo come sfondo del nuovo telefono che mi aveva regalato in un momento di bontà. Ovviamente il telefono era sottoposto al suo più rigido controllo visto che non tollerava alcuno sgarro alla mia fedeltà verso di lei. Non ammetteva che andassi con altri o altre, su questo era stata più volte chiara mostrandomi la cinta intrecciata che aveva usato quella volta davanti a Dany e qualche altra volta ancora. Ovviamente uscivo pochissimo senza di lei e non mi balenava per la testa di trasgredire gli ordini temendo la punizione. Denunciarla o ribellarmi proprio non mi passava per la testa, ormai non potevo più stare senza di lei e il suo cazzo quindi a che scopo lamentarmi? Il telefono, poi, scoprii più tardi che lo aveva dimenticato un suo cliente e fu soltanto formattato prima di essermi regalato, quindi non fu un vero dono eppure, per me, ogni suo regalo, per quanto misero, ogni sua attenzione, per quanto blanda, mi riempivano di felicità. Ero dipendente. Ero un tossico. E la mia droga era il cazzo e la sborra di Cassio. Ogni volta che dovevo fare una telefonata, scrivere un messaggio, la prima cosa che vedevo era quel palo di carne gigante sullo schermo e mi bagnavo come una troietta vergine.
E così cominciò il nostro fidanzamento.
Ora, di cose da dire ce ne sarebbero tantissime. Vivevamo assieme, attaccati, ma gli episodi davvero importanti furono pochi. Uno di questi che mi rimase impresso fu quando mi regalò per la prima volta un vestito da donna. Mi andava un po’ stretto perché era un vero vestito da donna che aveva comprato lei in negozietto a basso costo intorno alla stazione Termini. Erano pantaloni attillati lucidi che mi evidenziavano bene il culo depilato e tonico, poi una magliettina stretta sopra e un paio di orecchini. I buchi andammo a farli qualche tempo prima da un cliente di Cassio che faceva il tatuatore. Quel giorno, dopo avermi fatto truccare come una troia con eyeliner e rossetto rosso fuoco e un po’ di fondotinta mi face sfilare davanti a lei e mi costrinse a fare la femmina, a sculettare bene e a farle la solita pompa in ginocchio affondando il più possibile il suo cazzo nella mia gola. Dopo una mezz’ora ero sfinito ma Cassio non voleva saperne di sborrare.
‘forza Fabietta, continua, deve farme sborrare. Sei la mia fidanzatina!’ diceva gaia, con la voce arrochita dal desiderio.
Io fissavo i filamenti di saliva che collegavano il suo cazzo durissimo alle mie labbra. Avvertivo il sapore di cazzo e la testa era ormai completamente andata. Avrei fatto veramente di tutto per lei.
Continuò così a darmi il ritmo della pompata afferrandomi per i capelli mentre io, sottomesso, emettevo versi animaleschi, mugolii e conati di vomito.
Quella notte decise che avrei dovuto dormire col suo cazzo moscio in bocca, quindi dormii con la etsta fra le sue gambe, vicino alle sue palle. Ero sfinito e mi addormentai subito.
Di fronte agli estranei, di solito, Cassio mi trattava bene, da innamorata. Anche se la gente ci guardava un po’ stranita e in alcuni posti preferivo andare da solo, come all’ufficio postale o in qualche negozio. Diciamo che Cassio attirava l’attenzione. Spesso usciva vestita in maniera molto sexy eppure, nonostante gli accorgimenti, a causa dei muscoli e dell’altezza e anche di alcuni dettagli del volto, era facile intuire come non fosse una vera donna ma un trans. Era anche molto alta eppure metteva sempre tacchi altissimi col risultato che io le arrivavo poco sopra la spalla. Le tette erano quasi sempre in bella mostra con top striminziti mentre sotto, quando non metteva le minigonne che evidenziavano le gambe muscolose, portava leggins attillatissimi che, spesso, lasciavano anche intravedere il voluminoso pacco. Non avevamo auto né moto, quindi spesso si usciva in taxi o autobus. Soprattutto su questi ultimi si verificavano situazioni davvero umilianti, con lei che mi baciava l’orecchio, mi afferrava la bocca e mi tirava a sé per limonarmi, mi palpava l’uccello strizzando con la mano la patta dei jeans. A volte si mise anche a litigare con qualche moralizzatore che ebbe da ridire per la sua mise. Ma in fondo ero contento. Il possesso che esercitava su di me mi mandava su di giri. Mi piaceva appartenerle e, se me lo avesse chiesto, le avrei fatto un pompino sul sedile dell’autobus, davanti a tutti.
Le cose più spinte, però, avvenivano in casa.
Ormai il mio ruolo di serva, sguattera e pompinara era consolidato. Dormivamo sempre assieme, spesso abbracciati. A volte, nella notte, mi prendeva per i capelli e si faceva spompinare un po’. Spesso il suo cazzo sapeva di sudore e piscio ma per me era il sapore più buono del mondo. Qualche volta le leccavo anche i piedi ma non amava particolarmente quella pratica preferendo sempre che leccassi il cazzo e i suoi grossi coglioni. Comunque quella era la routine. Ero anche diventato un bravo cuoco anche se, ormai, cucinavo spesso vestito tranne quando era particolarmente arrapata o qualche volta quando voleva far vedere alle sue amiche quanto fossi troia. Le sue amiche erano trans o comunque prostitute donna, una novità recente visto che, fino a qualche mese prima, di donne non ne frequentava. Soprattutto una di queste, una venezuelana di nome Maria, mi era rimasta particolarmente impressa ma cercavo di dissimulare il mio interesse per paura delle conseguenze. Era alta e bionda tinta, molto femminile. Davanti a Maria cucinai nudo varie volte e Cassio la invitò più volte a colpirmi con la cucchiara di legno sul culo, ma quelli erano giochi divertenti, il dolore quasi nullo. Anche davanti a Juanita, una sua amica trans, mi costrinse a cucinare e poi, mentre loro cenavano, a spompianarle il cazzo moscio sotto al tavolo. Juanita non potevo neppure guardarla: era più giovane e femminile di Cassio e, se avessi mostrato di apprezzarla, Cassio mi avrebbe ucciso.
Dopotutto ero felice. Cassio era solo attiva, completamente attiva, quindi non venivo quasi mai tranne quando, dopo lunghe inculate, non sborravo da solo grazie alla pressione del cazzo asinino di Cassio sulla mia prostata. Ma non mi lamentavo: avevo degli orgasmi anali assurdi. Godevo come un animale, come mai prima di conoscerla, e forse questo aveva contribuito a rendermi così succube di lei. Questa cosa, infatti, mi avrebbe portato dei problemi in futuro quando Cassio avrebbe iniziato ad allontanarsi da me. Ma allora era ancora presto e il nostro rapporto procedeva a gonfie vele: lei la padrona, io la troia sguattera pompinara.
Tutto ciò che apparteneva alla mia vecchia vita: contatti, parenti, amici, era stato cancellato da mesi e poi da anni di relazione con Cassio. Dany non sapevo neppure più che fine avesse fatto. La immaginavo fidanzata con un altro, un vero uomo, magari pure incinta anche se pensavo fosse ancora presto. Ovviamente non avevo alcun lavoro a parte fare la casalinga per Cassio. Passavo le giornate a pulire, fare la spesa, la lavatrice, lucidare i pavimenti in ginocchio subendo il cazzo della mia fidanzata in ogni buco.
Quindi, come detto, mi manteneva lei. Dovevo chiedere per ogni cosa: ricariche del telefono, cibo, vestiti.
Per rompere la routine inventò qualche gioco bizzarro come quello del piscio, oppure farmi preparare piatti semplici da mangiare, come una pasta in bianco, e poi sborrarci sopra per farmela mangiare. La chiamava: Pasta alla Sborra. Questo avveniva anche con la sua amica Juanita e anche altre. Qualche volta mi fece mangiare con la pasta o la carne la sborra di qualche cliente fidato. O una volta mi fece trovare il mio piatto a tavola con 2 preservativi usati e pieni: uno della sua sborra, l’altro quella del cliente.
‘riconoscerei la tua sborra anche solo dall’odore.’ le rivelai in un impeto di amore e lussuria facendola contenta e lei mi scoccò un bacio con la lingua, bellissimo.
L’unico posto dove potevo prendere altri cazzi che non fossero il suo, era a lavoro. Qualche volta, infatti, con clienti particolari, mi aveva permesso di partecipare e fare la pompinara a comando oppure farmi inculare per lei. Mi faceva un po’ schifo la sborra di altri uomini ma per Cassio avrei fatto di tutto. Lei lo sapeva bene e una volta, con un cliente di lungo corso e danaroso, mi costrinse a leccargli i piedi per salire fino alla palle, spompinarlo, farlo venire a terra con una sega, quindi leccare tutto dal pavimento mentre lei mi dava ordini come fossi la peggiore delle troie. Pagò 200 euro. Io ovviamente non vidi nulla di quei soldi. La maggior parte li mandava nel suo paese dove aveva famiglia e qui in Italia, a Roma, spendeva solo il minimo necessario per vivere.
Mi chiamava sempre Fabietta, Culorotto, Rottainculo. Ormai quelli erano i miei nomi, anche quando c’erano le sue amiche che, proprio come lei, si rivolgevano a me con gli stessi appellativi.
‘Culorotto vai a prendere il polpettone.’ mi comandò il mio amore a cena a casa nostra, davanti a Juanita, una sera.
Io mi alzai. Ero vestito da donna e Juanita si era complimentata. Mi mangiava con gli occhi. L’idea di avere uno schiavo, anzi una schiava come me, l’esaltava. Lei non aveva mai avuto un amante tanto devoto quanto me a Cassio e un po’ ci invidiava. Cassio mi metteva così in mostra e, quando portai il polpettone dal forno al piccolo tavolo che avevamo messo in corridoio perché non avevamo una vera sala da pranzo, Juanita mi tastò platealmente il culo. Cassio scoppiò a ridere. Io non dissi niente ovviamente.
‘spogliati, Rottainculo.’
Obbedì immediatamente e gli occhi di Juanita non mi abbandonarono un attimo.
‘mira como te guarda Juanita.’ mi fece notare. ‘forse dovrei venderti a lei.’
Juanita scoppiò a ridere dicendo qualcosa in spagnolo che non capii.
‘ma Cassio”
‘che c’&egrave, troia?’
‘io amo te”
Scoppiarono a ridere entrambe. Io ne fui mortificato e rimasi nudo, la testa china, mentre l’odore di polpettone permeava l’ambiente.
Mi attirò a sé, mi fece inginocchiare vicino alla sua sedia e mi accarezzò la testa dolcemente.
‘bravo il mio erragasso.’
‘ti prego Cassio non vendermi. Io ti amo, farei di tutto per te.’
‘lo senti, Juanita? Che brava schiavetta che ho, brava Fabietta.’
‘non abbandonarmi, farei di tutto per te Cassio.’ continuai a pregarla con le lacrime agli occhi. Quella frase mi aveva sconvolto. In fondo non era così grave ma aveva ferito la mia parte più sensibile. E femminile.
‘shhhh, tranquillo.’ disse poggiandomi un dito dall’unghia laccata di rosso fuoco sulle labbra mentre Juanita mi fissava sorpresa per le lacrime e Cassio, invece, mi guardava curiosa.

Ma il fatto più eclatante di quel lungo periodo accadde una sera. Avevamo appena scopato, o meglio Cassio mi aveva fottuto il culo dopo avermi costretto a spompinarla a lungo mentre guardava una puntata del Grande Fratello in tv, quando le venne un’idea nuova.
‘che ne piensa, Fabietta, si te marchio el culo?’ chiese con un ghigno massaggiandosi il pacco. Le palle le aveva vuote, aveva sborrato almeno due volte con un paio di clienti, poi c’era stato il mio lungo pompino, ero sicuro fosse soddisfatta, eppure l’idea la stava solleticando. E quando mi guardava così sentivo il buco del mio culo diventare umido. Strani scherzi mi faceva l’immaginazione. Effettivamente, pensandoci bene, senza che me ne rendessi conto, ultimamente Cassio aveva cambiato le proprie abitudini e aveva cominciato a sborrare anche coi clienti, non riservando più a me solo questo piacere. Cosa stava succedendo?
Visto che non rispondevo perso in quei pensieri lei si prese il cazzo in mano e, sebbene fosse moscio, me lo sbatté davanti al viso come a mimare una strana danza.
‘no Cassio dai”
‘si invece, puttanella!’ decise. E più mi opponevo più diventava irremovibile dalla sua decisione di marchiarmi.
Ovviamente non avevo voce in capitolo e, per farmi capire bene il mio posto, decise intanto di farsi infilare la mia lingua nel culo mentre pensava ai particolari. Così mentre si smanettava il cazzo moscio e io le infilavo la lingua più che potevo nello sfintere, lei prese il telefono e chiamò l’amico tatuatore che già avevo conosciuto.
‘hola Marco que tal? &egrave tardi, si, tutto ok? Sai pensavo di marchiare Fabietta. Si, Fabietta, la mia troia, el mio ragazzo, te lo ricordi?’
Ascoltavo con interesse anche se avevo paura. Dentro di me sapevo che qualcosa del genere sarebbe successo prima o poi. Mi aspettavo però un tatuaggio piuttosto che un marchio. Qualche volta ne avevamo anche parlato di farmi fare un tattoo. Avrebbe voluto farmi scrivere -Proprietà di Cassiopea- poco sopra al cazzo depilato, oppure ‘troia- sul culo, ma poi avevamo lasciato cadere il discorso. Stavolta mi era apparsa più determinata quindi, qualche giorno dopo, quando il negozio era chiuso, mi portò da Marco il tatuatore.
Non ricordo molto, mi misero a pecora su una poltrona e non vidi granché. Mi prepararono bene una chiappa e notai soltanto il disegno che assomigliava a una specie di grossa C. frignavo un po’ ma lo sguardo di Cassio mi teneva incollato alla poltrona.
‘poi te pago di là con una bella spagnoleta e t’inculo pure!’promise lei all’amico e lui fu tutto contento per la transazione.
Il dolore fu forte ma non così terribile come mi sarei aspettato.
‘adesso tu eres de mia proprietà erragasso!’ mi sussurrò dopo aver riempito il culo di Marco.
Quella notte fu particolarmente eccitante per lei e mi scopò come non faceva da tempo. Mi faceva male la bruciatura e avevo un po’ di febbre ma a lei non importava. Mi scopò forte e mi venne nel retto impedendomi di andare a scaricarmi. Volle dormire tutte la sera abbracciata e, la mattina dopo, mentre le preparavo la colazione nudo con un grosso cerotto sul culo, mi diede una delle peggiori notizie della mia vita.
‘amorre mio, fra una settimana yo parto.’
Mi crollò il mondo addosso.

La mattina della partenza Cassio era pronta. Si guardava nello specchio del bagno tirato a lucido. Era vestita alla grande. per me una vera Dea. Non l’avevo mai vista così ma forse era solo la consapevolezza della sua imminente partenza a farmela apparire tanto desiderabile.
Vestiva una minigonna nera strettissima che le arrivava appena sotto i glutei. Se non avesse avuto gli slip a tenere fermo il cazzo asinino probabilmente la cappella le sarebbe uscita da sotto l’orlo.
Portava dei sandali col tacco alto a spillo e un top che la lasciava scoperto l’ombelico e metteva in risalto le tette, anche merito di un reggiseno di pizzo fin troppo piccolo. I capelli erano piastrati e lunghi, dando un tocco femminile al volto appena mascolino. Trucco per occhi e bocca volgare e pesante completavano l’opera.
Nonostante la tristezza per la partenza ero eccitatissimo a guardarla così.
In fondo era la mia fidanzata, ero fiero di essere la sua troia anche se ero cosciente che ci fosse qualcosa di sbagliato nella mia sottomissione estrema.
La sera prima era uscita con le amiche per festeggiare la partenza. Non mi aveva voluto tra i piedi. Quando Juanita, Maria e le altre erano arrivate a prenderla a casa, mi guardò severa e mi indicò il bagno.
‘pulisci el bagno, amorre. Se torno e lo trovo sporco ti prendo a calci nel culo.’ minacciò scandendo bene le parole. ‘noi usciamo a fare un po’ le troiette.’ aggiunse poi ridendo e facendo ridere tutte le altre.
Umiliato abbassai lo sguardo e non dissi nulla.
Juanita, ultima a uscire, non vista mi scoccò un bacio mentre Maria, l’unica donna biologica del gruppo, mi disprezzava talmente tanto da far finta di non vedermi.
Ero rimasto quindi dentro casa a guardare la tv dopo aver pulito tutto. Avevo dovuto anche fare la sua valigia e controllare che biglietti e documenti fossero pronti.
Era trascorsa così la mia ultima notte con lei.
Quella mattina aspettammo il taxi in strada dove tutti gli uomini si girarono a guardarla. Le donne che ci passavano vicino, invece, guardavano prima lei e poi me con aria disgustata.
Io facevo finta di nulla.
Sul taxi fu durissima con me. Incurante del tassista che ascoltava, mentre l’auto imboccava la tangenziale est, cominciò a sciorinare i miei doveri.
‘non deve lasciare casa sporca o combinare qualche casino. Se torno e trovo che non hai pulito bene te prendo a frustate sul tu culo, Fabietta.’
Il tassista mi lanciò un’occhiata dallo specchietto retrovisore.
‘se si rompe qualcosa ricomprala.’
‘ma Cassio’ mi hai lasciato senza soldi, come faccio?’
‘cazzi tuoi, Fabietta. Trovate un lavoro. Sei rimasto con migo due anni senza fare un cazo, &egrave tiempo che te dai da fare, troia.’
Ero davvero umiliato. Era parecchio che non mi trattava così. Ci soffrivo. Mi venne quasi da piangere. Allungai una mano per toccare la sua ma lei me l’allontanò con un colpo.
‘ho pulito, ti ho fatto da schiava” cercai di dire a bassa voce ma lei mi fece cenno di fare silenzio.
‘hai fatto la mia troia, Fabietta. Niente di melio di quello che dovevi fare.’ mi disse chiedendo al tassista se poteva fumare. Quello rispose di sì ma che avrebbe dovuto abbassare il finestrino. Parlava un italiano quasi perfetto quel giorno. Si accese una sigaretta mentre il vento le scompigliava i capelli.
‘e non farte venire in mente de tradirmi. Mira me bene negli occhi!’ ordinò avvicinandosi col viso al mio. ‘si scopro che te sei scopato qualche altra putana come te, te mato, entiendes?’
Si accostò il dito alla gola e mimò il gesto di tagliarla.
Rabbrividii.
‘ma Cassio lo sai che amo solo te.’ dissi sottovoce.
‘cosa?’
‘amo solo”
‘più forte, Culorotto!’ gridò facendo sghignazzare il tassista che aveva capito bene come stavano le cose fra noi.
‘amo solo te Cassio!’ gridai.
‘e poi?’
‘no scoperò con altre troie come’. Come me.’ aggiunsi ancora diventando rosso mentre dallo specchietto potevo vedere l’uomo che mi fissava divertito.
‘brava Fabietta. Si me fai incazare te costringo a fare un pompino al signore, quindi ahora chiude la bocca e non romperme il cazzo!’
Così passai il resto del viaggio in silenzio.
Arrivati all’aeroporto portai la valigia fino al desk e poi verso i controlli mentre tutti ci guardavano.
Quando arrivò alla fila per i controlli, si girò verso di me e, senza guardarmi direttamente, mi diede due baci sulla guancia e fece per andarsene.
‘Cassio? Ma’ ma’ almeno i soldi per il taxi”
‘vaffanculo puttana, tornatene a piedi. Poi ci sentiamo. Ciao amorre.’ disse dura, durissima, a voce alta, attirando su di noi l’attenzione di tutti quelli intorno.
Mi sentivo annientato come non accadeva da tempo. Dov’era finita tutta la dolcezza? L’amore? Era ancora la mia fidanzata o solo la mia padrona, la mia tiranna?
Guardandola andar via, assieme alla malinconia di vederla partire, provai l’ennesima erezione guardando quel culo, quelle gambe muscolose, quelle tette muoversi con così tanta forza e potenza.
Ma più di tutto immaginavo il suo grosso cazzo a riposo sotto la minigonna.
Cercai un bagno e mi segai. Venni immediatamente.
Era ricominciata la mia vita da single.

Tornato a casa due ore dopo, facendo un giro assurdo tra trenino, metro e autobus, la trovai stranamente vuota e triste. Mi mancava Cassio eppure una parte di me era contenta: finalmente riacquistavo la mia libertà. Niente più botte, pompini infiniti, umiliazioni’ anche se, negli ultimi mesi, era stata incredibilmente dolce per i suoi standard. E poi, a pensarci bene, mi piaceva tutto quello che Cassio mi aveva fatto. Forse in quel momento, ciò che rimpiangevo di più era proprio l’inizio della nostra storia, quando era più spietata, un po’ come lo era stata quella mattina in taxi.
Non resistevo più: al pensiero di Cassio e della sua autorevolezza su di me, mi venne un’altra erezione prodigiosa, quindi presi dal cassetto una delle sue mutande che aveva lasciato e mi masturbai fino a inzupparle.
Cassio mi perseguitava anche quando non c’era. Anzi col passare dei giorni divenne peggio. All’inizio pensavo di godere della nuova libertà ma presto mi fu stretta. Passavo le giornate senza far nulla. Non avevo però soldi e dovevo rimediare in qualche modo, così cercai di darmi da fare. Non avevo studiato e non sapevo fare nulla, solo pompini e farmi inculare e leccare un buco di culo, quindi di competenze ne avevo poche. Mi trovai qualche lavoretto ma i soldi non bastavano mai. Lasciai andare casa in malora senza più pulire ma, nonostante tutto, non ce la facevo coi soldi. Per sentirmi meno solo, visto che non avevo più amici, decisi di mettere internet a casa: un’altra spesa.
Almeno potei cominciare a chattare.
E poi mi serviva per contattare Cassio in Sudamerica.
Quando una mattina si presentò un tizio alla porta che voleva l’affitto della casa per conto della società gestore del condominio, mi venne un colpo. Quei soldi proprio non li avevo. Sapevo che non potevano buttarmi fuori subito ma se Cassio fosse tornata e avesse trovato quel problema, mi avrebbe massacrato e, probabilmente, sbattuto fuori. Dissi al signore di avere pazienza e mi diedi da fare.
Coi lavoretti che trovavo non guadagnavo abbastanza per pagare tutto. Anche se era uno scannatoio, volevano tanto di affitto visto che sapevano bene come lei ci battesse dentro. Poi dovevo pagare bollette, spesa, telefono’
Un po’ per solitudine, un po’ per soldi, decisi di riprovare a contattare tutti quelli che frequentavo fino a due anni prima. Anche i miei genitori, Fabrizio e persino Daniela.
I miei genitori mi invitarono a pranzo ma fu un incontro freddo, inutile. Chiesi loro dei soldi e mi diedero cento euro dopo una lunga discussione. Inoltre avevano saputo che vivevo con una trans e mi disprezzavano per quello. Mio padre non riusciva più a guardarmi in faccia e mia madre era proprio incazzata. Decisi di sparire ancora una volta.
Fabrizio, il responsabile del mio incontro con Cassio, scoprii da vecchi amici in comune che si era trasferito, colmo di tutti i colmi, proprio in Sudamerica.
Il passo più difficile fu Daniela.
Come ci eravamo lasciati quasi due anni prima mi faceva ancora malissimo. Avevo ancora il suo sms memorizzato sul vecchio cellulare che usavo.
Sei un frocio di merda. Dimenticami.
Quelle frasi mi provocavano un dolore sordo al petto.
Eppure mi eccitavano anche.
Si ero un frocio schiavo di Cassio. Anzi schiavo del cazzo di Cassio. Avevo ancora lo sfondo del telefono col suo scettro in evidenza.
Le mandai un primo sms, poi altri. Dopo qualche giorno si decise a rispondermi.
Che vuoi?
Ciao Dany, grazie di avermi risposto, come stai allora?
Te n’&egrave mai fregato qualcosa? Bene comunque.
Non mi dici altro?
Cosa vuoi sapere?
Cassio &egrave partita.
Non rispose per un po’.
Ti prego rispondi.
Ti prego Dany.
Lasciami in pace.
Ti prego dammi una possibilità.
Cos’&egrave questa foto?
Ti ho mandato un mms.
Sei inginocchiato? Piantala. Stare con quel trans ti ha fatto qualcosa. Non scocciarmi più.
Non abbandonarmi, non ho nessun altro. Faccio tutto quello che vuoi. Ti prego.
Non si può parlare per sms di queste cose. Vediamoci domani al solito bar dove andavamo, quello in via dei colli portuensi. Ora ho da fare.
Non possiamo fare lungo la metro A?
No.
Ok Grazie Dany, ci sarò.
Ti voglio bene, Dany.
Dany posso dirti una cosa?
Dany?
Dany rispondi ti prego.
Dany?

Passai una notte molto agitata. Non c’era più Cassio quindi avevo le palle gonfie di sborra. Non ero più abituato a masturbarmi perché Cassio mi sfaceva spurgare inculandomi, quindi ero sempre eccitato. Mi sfogai masturbandomi sul video di qualche trans ma dopo un po’ il cazzo mi diventò floscio. Me ne sorpresi, strano, ero eccitato fino a poco prima. Provai con altri video ma niente. Provai anche guardando video di donne ma nulla. Solo pensando a Cassio mi venne duro di nuovo. Questa cosa mi inquietò tantissimo.
Comunque sborrai copiosamente schizzando a terra pensando alle grosse palle di Cassio, a come sembravano enormi e lisce quando, succhiandogli il cazzo, facevo dei golaprofonda magistrali dei quali andava molto fiera. In quei momenti mi sentivo la gola scoppiare, la mascella farmi male e il fiato sparire ma ero felice. Mi sentivo pieno, forse anche più di quando mi inculava.
‘sono veramente una troia.’ dissi a me stesso. Poi mi venne un’idea: mi inginocchiai e leccai la mia sborra dal pavimento come la mia fidanzata mi aveva insegnato a fare qualche volta. Immaginavo che stesse lì sulla porta, a fissarmi compiaciuta, massaggiandosi il cazzo moscio’
Il pomeriggio arrivai presto al bar, prima di Dany. Presi una bottiglietta d’acqua coi pochi soldi che avevo e aspettai.
Quando arrivò mi mancò il fiato.
Era bellissima.
Quando stavamo assieme aveva ancora la bellezza acerba dell’adolescenza ma, adesso, era diventata una bellissima donna.
Pensai subito di essere stato uno stupido a farmi lasciare. Provai un’invidia fortissima per chiunque fosse il suo fidanzato o anche solo per quello che poteva scoparsela. Perché ero sicuro che ormai avesse scopato con qualcuno.
Era vestita in maniera molto sexi ma non volgare, aveva un vestitino chiaro che le arriva a metà coscia, le gambe erano coperte da un paio di calze velate e ai piedi portava un paio di scarpe col tacco, nere e lucide. Appena le vidi mi venne voglia di metterci la lingua. Con quei tacchi era molto più alta di me. I capelli erano più chiari e un po’ più corti di come la ricordavo. Soprattutto il suo seno sembrava scoppiare. Non mi ricordavo le avesse così grosse. La magrezza era sempre quella invece.
Appena si avvicinò, tolse gli occhiali neri e mi lanciò una lunga occhiata, come a volermi pesare l’anima. Io rimasi un attimo a fissarla estasiato da tanta bellezza, abituato com’ero ai lineamenti pesanti di Cassio e delle sue amiche.
‘ciao.’ le dissi.
Lei mi salutò con un gesto della mano e si sedette di fronte a me, su uno dei tavolini del locale. Faceva abbastanza caldo, l’estate si stava avvicinando.
‘come stai?’ le chiesi ancora mentre lei chiamava un cameriere.
‘saltiamo tutte queste sciocchezze, Fabio, dimmi cosa vuoi da me?’
Appena dopo aver ordinato, riprendemmo a parlare.
‘ti trovo bene, Dany”
‘non chiamarmi così.’
‘ma dai Dany, come devo chiamarti?’
‘Daniela.’
‘e devo darti del lei?’ scherzai ridendo ma, dentro di me, quasi ci speravo mi dicesse sì. Anzi avrei desiderato chiamarla Signora Daniela. Per un istante pensai che la convivenza con Cassio mi avesse completamente annientato il cervello.
‘no, Daniela e basta.’ rispose.
Era fredda e distaccata. Evitava di guardarmi negli occhi.
‘allora cosa vuoi?’ chiese fissandomi per un lungo istante. Mi sentii penetrare da quello sguardo magnetico. Abbassai lo sguardo e incollai gli occhi sul rigonfiamento delle mammelle.
‘ho bisogno di’ soldi, Dany’Daniela.’ dissi vergognoso. Speravo che intorno a me nessuno sentisse.
‘trovati un lavoro, chiedi ai tuoi.’
‘i miei non ne vogliono più sapere di me dopo’ Cassio.’
‘Cassio? Il trans che ti scopi? Anzi che ti scopa?’ aggiunse maligna.
Mi guardai intorno per vedere se qualcuno avesse sentito. Fortunatamente c’era poca gente e i tavoli non erano vicini al nostro.
‘si”
Arrossi violentemente, avrei voluto sprofondare. Ricordi della nostra storia, delle esperienze vissute, dei baci, delle speranze che avevamo nel nostro rapporto, mi tornarono alla mente, spazzate però subito via dall’immagine indecente del cazzo asinino di Cassio.
‘ho provato ma non riesco a trovare niente di buono”
‘facevi anche il toelettatore per cani, no?’ proseguì sorseggiando un cappuccino.
‘non pagano abbastanza, devo anche sistemare l’affitto, se perdo casa Cassio mi ammazza.’
Alzando lo sguardo sul suo volto vidi un’espressione di disgusto vero.
‘a te come vanno le cose?’ chiesi per distrarre un attimo la sua attenzione da me.
‘mi sono fidanzata.’ rispose con una punta di rabbia, quasi a volermi ferire con quelle parole. E ci riuscì in pieno visto che avvertii un colpo al cuore e un vuoto allo stomaco. Però ebbi un principio di erezione. Strano!
‘ah’ mi fa piacere. Chi &egrave lui?’
‘e chi l’ha detto sia un lui? Tu ti fai sbattere nel culo da un trans no?’
Strabuzzai gli occhi: quel linguaggio non era proprio da Dany.
‘ma che c’entra”
‘c’entra che sei un frocio di merda e mi fai schifo!’ disse a voce più alta. Qualcuno degli avventori del locale si voltò verso di noi.
‘Dany’ Daniela non dire così, io ti voglio ancora bene!’
‘bene? mi hai tradito con un frocio trans col cazzo grosso come il mio braccio! Ancora parli? Hai davvero il coraggio di parlare ancora, brutta checca? Io ti amavo, lo capisci? E tu mi hai tradita con un sudamericano col cazzo grosso!’
Lo sfogo era stato un crescendo, tanto che lei si era alzata gridando e tutti avevano sentito le sue parole. Avrei preferito morire. Mi ero schiacciato contro la sedia sperando che gli altri non si accorgessero di me. Lo sguardo basso, ero di nuovo annientato.
Daniela si sedette di nuovo e si mise gli occhiali da sole: anche lei si vergognava per lo sfogo.
‘sai cosa ho dovuto dire ai miei? Ai nostri amici? Ho dovuto spiegare a tutti quello che facevi, con chi ti eri messo. Sono dovuta andare da uno psicologo. Pure lui si &egrave stranito quando gli ho raccontato di cosa facevi con Cassio. Mi ha anche detto di andarlo a denunciare ma come potevo? Tu eri lì che succhiavi e succhiavi, di me non ti importava niente. Hai preferito quel frocio dal cazzo enorme a me.’
Daniela, a quel punto, si mise a piangere. Lunghe lacrime scendevano da sotto gli occhiali a rigare i suoi zigomi e le guance perfette. Avrei voluto lappargliele via ma, dentro di me, sapevo bene come avrei preferito mille volte strisciare sotto il tavolo a leccarle le scarpe.
‘Fabrizio non ci credeva che ti fossi messo a far quelle cose.’ piagnucolò. Poi, dopo essersi soffiata il naso, riprese un minimo di compostezza.
‘quanto ti serve?’
Rimasi sorpreso un istante, perso in elucubrazioni su cosa avrei voluto fare per lei, quindi le dissi almeno 2000 euro.
Lei non fece una piega.
‘non posso darteli così. Io non sono indipendente, devo chiederli a Sergio.’
‘il tuo fidanzato?’
‘si lui, fa il chirurgo plastico. Però devo giustificare questi soldi in qualche modo, quindi potresti venire a casa qualche volta per fare un lavoretto o due.’
‘ma Dany’ Daniela, così non troverò i soldi necessari comunque”
‘cercherò di aiutarti e ti farò avere quanto ti serve. In memoria dell’amore che abbiamo avuto e che tu hai gettato via per succhiare il pene a un trans.’ proseguì disgustata.
Mi diede un biglietto da visita con indirizzo e il nome del suo fidanzato, quindi mi salutò con una fredda stretta di mano e se ne andò. Pagò lei il conto del bar.
La osservai andar via sculettando su quei tacchi altissimi. Le fissai il culo e immaginai di infilarci la lingua dentro. Provai una leggera erezione ma niente di così forte.
Iniziavo a preoccuparmi.

Intanto che aspettavo, qualche vecchio cliente di Cassio si fece vivo. Io spiegavo che lei non c’era e se ne andavano. Giusto un paio insistettero per restare. Uno era un tizio alto e magro, sembrava un classico impiegato italiano nel vestire. L’altro era un mezzo marocchino italianizzato di seconda generazione. Dovetti insistere molto e non se andarono comunque. Alla fine trovammo un accordo dopo molte insistenze:
‘senti, ti faccio una sega e te ne vai!’
‘eh ma una sega gratis ok?’
‘si, si, ma poi te ne vai ok?’
‘certo, certo.’
Feci queste due seghe veloci. Non tenevo cazzi in mano da un po’ ma non avevo perso la tecnica. Vennero subito impiastricciandomi le mani e se ne andarono imbarazzati. Non avevo provato nulla. Mi mancava il cazzo di Cassio e di quei cazzetti lì non sapevo che farmene.
Inoltre cominciavo a sentire l’esigenza di scopare, essere scopato, masturbarmi almeno, ma non trovavo stimoli. Solo pensando a Cassio e alle nostre scopate, alle sue violenze, riuscivo a eccitarmi abbastanza per venire.
Una sera mi recai con l’autobus in una zona famosa per le prostitute sulla Togliatti. Le donne non le guardai neppure e andai dai trans. Ce n’erano di tutti i tipi. Cercai quella più economica, una specie di incrocio fra un uomo e una bestia, altissimo e volgare. Pensavo che mi sarei eccitato. Contrattai dieci euro per succhiarglielo dietro un cespuglio ma non ci fu storia. Non mi si alzò neppure.
Tornai a casa con un senso di vuoto e disperazione dentro. Cosa mi era successo? Ero diventato impotente? Eppure ripensando a Cassio mi si alzava.
Dovevo trovare una soluzione.
Intanto telefonai al fidanzato di Daniela.
‘si, si, sono io, Fabio. Ah ti ha parlato di me? Sai già tutto? Tutto cosa? Ah si. Beh &egrave capitato. Un lavoro? Si magari, appunto. Sai i soldi non bastano mai. Si Daniela’ per me la Signora Daniela ormai. Ahah si, infatti. Va bene a martedì allora. Si grazie Sergio, grazie ciao.’ dissi durante la telefonata.
Che avessi trovato davvero un lavoro ben pagato?
Chiamare Daniela signora mi aveva eccitato un po’. Provai a toccarmi ma l’erezione andò via presto. &egrave come se il divieto di tradire Cassio mi avesse influenzato fino al punto da rendermi impotente o quasi.
Intanto qualche volta la sentivo per mail o telefono ma sempre poco e, quelle poche volte, nonostante le mie suppliche, lei mi rifiutava anche il sesso telefonico su skype, non mi mandava foto e mi trattava in maniera molto distaccata.
Stavo letteralmente impazzendo, avrei fatto di tutto per avere di nuovo Cassio vicino e succhiare il suo meraviglioso uccello.
Poi commisi un errore: pensai di chiamare al telefono le amiche di Cassio.
Avevo trovato il numero su delle rubriche che aveva lasciato in casa.
Maria non ci provai neppure: le aveva sempre fatto schifo la mia dedizione al cazzo di Cassio quindi lasciai perdere. Chiamai però Juanita e non fu una mossa intelligente.
Fu contenta della mai telefonata e mi chiese di passare da lei se avevo bisogno di soldi. Non capii subito il suo intento ma, in fondo, lo sapevo che a Juanita ero sempre piaciuto. Avrei dovuto far sesso con lei? A giudicare dal tono della voce sembrava di sì ma la paura che Cassio lo venisse a sapere al suo ritorno mi bloccava completamente. Se si fosse venuto a sapere, visto che Cassio e Juanita erano amiche, per me sarebbero stati problemi seri: Cassio mi avrebbe spezzato in due. O forse, ancora peggio, mi avrebbe abbandonato. E io senza il suo cazzo cos’ero ormai? Pensando al cazzo di Cassio un’immagine del suo scettro s’impresse così vivida nella mia mente, che ebbi subito un’erezione. Iniziai a toccarmi e venni subito in un orgasmo sconquassante.
Rimasi steso per un momento col fiatone mentre mi riprendevo.
Ero davvero diventato frocio fino a quel punto?
Comunque Juanita mi aveva detto di passare da lei presto, io le avevo detto che avevo un appuntamento di lavoro, quello con Sergio e Daniela, quindi rimandai promettendole che ci saremmo visti il prima possibile.

Sergio, come mi aveva detto Daniela, faceva il chirurgo plastico e aveva una villetta in zona Camilluccia. Si vedeva subito come fosse davvero uno con la grana. Porsche nel vialetto, giardino enorme, vestiti firmati.
Daniela si era sistemata proprio bene.
Provavo un’invidia pazzesca: quel tizio aveva una vita da sogno e si era pure preso la mia donna. L’invidia rientrò in parte quando lo vidi però: in piedi, di fianco a Daniela, bellissima come sempre in un paio di jeans di pelle e con una magliettina a collo alto che metteva in mostra il seno generosissimo che, a questo punto ero sicuro, il fidanzato le aveva regalato e ‘installato’ personalmente, Sergio sfigurava: era un tipo bassino, panciuto, senza capelli e neanche particolarmente bello di lineamenti.
Pensai che fossero vere le voci che giravano su un certo tipo di donne, eppure non capivo come Dany, la mia Dany, la donna che neppure avevo scopato per rispetto, fosse finita con un tipo come quello là.
Ci presentammo e facemmo due chiacchiere.
‘so che hai avuto difficoltà, Dany mi ha parlato molto bene di te.’ mi spiegò Sergio con un tono mellifluo, da affabulatore. Quel Dany usato nella sua bocca mi dava però fastidio. Era il soprannome che io le avevo dato, cazzo!
‘Dany saprà trovarti un incarico, abbiamo bisogno di un factotum.’
Dopo i convenevoli, si salutarono con un bacio a stampo e lui andò a lavoro. Era mattina, verso le dieci.
‘Dany’ Signora Daniela.’ mi corressi ma facendo ben attenzione a darle della Signora. ‘ma cosa dovrei fare qui? Avete anche la servitù, io che c’entro?’
Lei sembrava meno fredda rispetto all’incontro al bar.
‘Fabio voglio aiutarti, qualcosa da farti fare lo troviamo. Stai tranquillo.’
Quindi ci perdemmo in chiacchiere sugli amici in comune, sulla vita che conducevamo. Cassio rimase ai margini della discussione anche se, il suo cazzo asinino, era come un potente simbolo, una barriera, sospesa fra le nostre due realtà.
Così mi trovai a gironzolare per quella casa enorme mentre Daniela mi mostrava stanze, bagni, box auto, giardino, palestra interna ecc.
Non mi era ancora chiaro come avrei dovuto guadagnarmi i soldi che mi erano stati promessi, quando lei mi lasciò solo per una mezz’ora pregandomi poi di raggiungerla in camera da letto più tardi.
Mi fu offerta una bibita dalla cameriera filippina, quindi attesi seduto su un divano di pelle scura. Mi guardavo intorno e vedevo quadri, una pendola preziosa in un angolo, tappeti, statuette di pregio in una vetrinetta e mille altre cose: era una casa piena di tanti oggetti preziosi.
Quando entrai nella loro camera da letto, uno stile fin troppo classico ma, soprattutto, fin troppo lussuoso rispetto a ciò cui ero abituato, Daniela mi chiamò dal bagno padronale.
Titubante entrai e, in un tripudio di rubinetti d’oro e jacuzzi, vidi Daniela completamente immersa nella vasca da bagno piena di schiuma. Rimasi stordito un istante. Daniela faceva il bagno completamente truccata, con uno chignon sulla nuca, unghie delle mani e dei piedi pitturate in maniera impeccabile d’un rosso amaranto.
‘avvicinati.’ mi fece lei con uno sguardo strano.
Mi avvicinai alla vasca alternando sguardi dai suoi occhi ai suoi piedi perfetti. In quel momento avrei voluto tanto leccarglieli. Avvertivo come un inturgidimento nel basso ventre ma non avevo ancora un’erezione.
‘ho pensato che, visto quello che &egrave successo e mi hai raccontato, tu possa lavorare per me, essere il mio’ schiavo.’ disse alzando la gamba in alto, tanto da arrivare quasi alle mie labbra.
‘sch’schiavo?’ balbettai.
‘hai sentito Sergio no? Factotum. Sai che significa? &egrave latino! Significa tuttofare!’
‘sì certo.’
‘sì cosa?’
‘in che senso?’
‘devi dire sì, Signora Daniela. Ti piace chiamarmi signora vero?’
Dicendo così si alzo e una cascata di acqua saponata le ruscellò lungo il corpo mostrandomi però la sua nudità. Era perfetta. A parte il seno un po’ troppo grosso, ma comunque perfetta. Una ragazza così bella l’avevo vista solo in tv o su internet.
‘si, signora.’ sussurrai.
‘mi sei mancato tanto, Fabio!’ disse d’improvviso stringendomi forte. I miei vestiti si bagnarono ma il suo seno contro il mio petto era una bella sensazione anche se,improvvisamente, il cazzo aveva smesso di funzionare.
Lei non se ne accorse.
‘ti ho pensato tanto da quando ci siamo incontrati. Non mi interessa cosa hai fatto con quel frocio, ho letto un libro di psicologia e ho capito che sei un feticista o uno a cui piace farsi dominare. Sergio non &egrave un uomo geloso, lo sa che sono giovane e che desidero i miei coetanei. Leccami i piedi.’ comandò d’improvviso. Mi guardava in modo strano.
Mise il piede sul bordo della vasca. Io mi inginocchiai senza guardarla e le baciai il piede bagnato.
‘succhia l’alluce alla tua Signora Daniela.’ disse indicandomi l’alluce con l’unghia lunga dell’indice.
Incerto mi accostai all’alluce e lo infilai in bocca fingendo di farle un pompino. Era molto più piccolo rispetto al cazzo di Cassio ovviamente e la scena mi sembrava un po’ ridicola: lei era una figa, ma in quel momento mi sentivo imbarazzato.
‘vieni seguimi!’ ordinò poi.
Imbambolato mi trascinò nella camera da letto e mi fece sdraiare saltandomi sopra. Avvertii sopra di me numerose gocce d’acqua colpirmi in viso direttamente dai suoi capelli.
‘non possiamo più essere fidanzati, io devo sposarmi con Sergio ma possiamo essere amanti’ anzi no, io la tua padrona e tu il mio schiavo. Farai tutto quello che ti chiedo, mi pulirai il bagno come facevi con quel frocio vero?’ continuava lei mentre mi si strofinava addosso.
Cerco d’infilarmi la mano nei pantaloni ma riuscii a sottrarmi.
‘asp’ aspetta Dany’ Signora Daniela. Un attimo.’
‘cosa c’&egrave non mi desideri?’
‘si certo, aspetta.’
Mi svincolai e le finii tra le gambe iniziando a leccarla.
Non avevo leccato molte fiche nella mai vita. Non ero proprio capace. Ero specializzato in cazzo ormai e la fica mi sembrava abbastanza molle come esperienza.
Mi impegnai ma Dany non gradiva.
Dopo un po’ mi costrinse a risalire, mi baciò a forza spingendomi la lingua in bocca.
‘ti pagherò per essere il mio schiavo sessuale.’ mi sussurrò con voce roca all’orecchio. Quindi mi spinse giù supino e mi slacciò i pantaloni. Cercai di fermarla ma non ci fu verso, mi tirò giù le mutande e si bloccò sorpresa a fissarmi il cazzo completamente moscio.
Ci fu un lungo momento di silenzio.
Lei si alzò d’improvviso e corse via in bagno singhiozzando e chiudendosi la porta alle spalle.
Io restai disteso per un istante indeciso sul da farsi.
Il mio cazzo era morto.
Dall’interno del bagno sentivo Daniela che piangeva.
Mesto e triste mi rivestii e me ne andai.
La filippina mi diede un po’ di succo d’arancia prima che uscissi.
Non sentii Daniela per un bel pezzo.

Con Juanita le cose andarono diversamente. Per cominciare volle vedermi a cena in un ristorante dei Parioli. Ero un po’ nervoso perché l’esperienza con Daniela mi aveva sotterrato moralmente. Ormai il mio cazzo era flaccido a meno che non pensassi a Cassiopea. Solo con l’immagine di lei, del suo sguardo, del suo corpo, del suo cazzo duro, dell’odore’. Solo così riuscivo a godere. Le immagini porno su internet, anche quelle di altri trans, uomini, cazzi vari e di varie dimensioni non sortivano alcun effetto. L’interrogativo che mi perseguitava era però questo: se avesse voluto far sesso con me che sarebbe successo? Con Juanita c’era l’aggravante che, se avesse voluto, avrebbe potuto sputtanarmi con Cassio e sarebbero stati guai veri. Però avevo anche bisogno di soldi. E comunque avrebbe potuto raccontarle qualunque cosa, anche se non l’avevamo fatta, Cassio avrebbe creduto a lei, mai a me. Quindi ero incastrato. Dovevo ubbidire e sperare nel meglio.
La cosa mi eccitava anche se non abbastanza da farmi diventare duro il cazzo.
Mi venne a prendere lei con una bella mercedes classe A grigia. Al ristorante un po’ mi rilassai perché Juanita era molto femminile e ben difficilmente gli altri clienti si sarebbero accorti del fatto che fosse trans. Fu una serata piacevole. Dissi a Juanita che non avevo soldi ma si offrì di pagare lei. Quindi bevemmo, scherzammo rievocando alcune situazioni vissute insieme a Cassio, e infine mi caricò in macchina portandomi a casa sua, un elegante attichetto in zona Montemario.
Sapevo già che saremmo finiti là e il mio nervosismo tornò a tormentarmi quando varcai la porta di casa sua.
Allora, d’improvviso, le dissi che dovevo rivelarle una cosa importante.
‘cosa c’&egrave di così importante? Guarda che faccia che hai!’
‘Juanita’ ecco’ non so come dirtelo’ tu sai che Cassio &egrave molto gelosa ecco”
Lei rise mettendosi comoda sul divano e fissandomi curiosa con uno sguardo malizioso.
‘ecco’ io’ forse &egrave per questo’. Però’ ecco”
‘dai Fabio, arriva al punto.’ aggiunse invitandomi a fare presto con un gesto eloquente della mano.
‘forse, ecco’ ti sembrerà strano ma’. Posso spogliarmi?’ lo chiesi arrossendo dalla vergogna. &egrave vero che mi aveva già visto nudo fare delle cose da gran troia, ma in quella situazione, a casa sua, soli. Mi imbarazzai molto.
‘certo.’ mi disse sorridendo senza scomporsi.
Mi spogliai lentamente.
Lei si godeva lo spettacolo, sapevo bene di piacerle. Comunque mi vergognavo troppo. Rimasi con gli slip neri addosso.
‘e quelli?’ chiese indicandoli.
‘mi vergogno.’
‘ma Fabio ti ho visto nudo succhiare il cazzone di Cassiopea, di che ti vergogni? Lo so bene che sei una troietta, ahahahah.’ e scoppiò in una forte risata.
Con lo sguardo basso mi abbassai gli slip.
‘gettali via che stanotte non ti serviranno.’
Sapevo le intenzioni di Juanita ma sentirmelo dire così mi fece sentire davvero una troia. In fondo ero lì perché sapevo che dirle di no poteva mettermi nei guai. Anche dirle sì in realtà ma non avevo molta scelta.
‘cosa dovevi dirmi quindi nudo così?’
‘ecco vedi.’
Le indicai il mio cazzo completamente moscio.
‘voglio’ dirtelo per evitare malintesi. Da quando Cassio &egrave partita non mi si’ alza più.’
Il suo sguardo correva dal mio volto al mio cazzetto moscio ma non sembrava molto colpita.
‘ahah, tranquillo Fabietto. Se volevo un cazzone per farmi sfondare non cercavo mica te. Sei carino, lo sai, ma se il tipo di frocetta che serve per svuotarsi le palle. Non per essere scopate. Cassio si &egrave mai fatta scopare da te? No! Vedi? So bene cosa fate, mi racconta tutto quando ci vediamo, forse lo sospettavi. Comunque sei buono per essere scopata e riempita, mica per essere attivo. E visto che hai voluto mettere le cose in chiaro, allora ti dico bene quello che voglio da te: ho sempre invidiato la disponibilità che hai con Cassio, quindi adesso l’avrai con me. No, non guardarmi così, non pensare che verrai a stare qui. Ma ti chiamerò quando mi servirai e verrai qui a fare tutto quello che voglio. Capito bene?’
‘ma dai, mi tratti come una troia”
‘ma tu lo sei, Fabietto! Anzi Fabietta, come ti chiama Cassiopea. Se non sei una troia tu non so chi lo sia. Sei uno sborratoio, lo sai. E adesso, mentre Cassio non c’&egrave, diventerai il mio. Semplice.’
‘ma Juanita”
‘niente ma. Se non ubbidisci dico a Cassio che hai fatto lo stronzo e sai che ti succede. Poi si vede bene che sbavi sempre sul suo cazzone. Sei innamorata di quel cazzo, non credere che lei non lo abbia capito. Per ora si diverte con te, siete compatibili, ma appena le cose cambieranno si stuferà e ti lascerà. Ha bisogno di un vero uomo lei, come me, come tutte, non di una frocetto succhia cazzi. Quelli come te sono buoni per essere usati e abusati senza limite. A me la sua violenza non piace, preferisco farmi ubbidire in altri modi e non credo ci saranno problemi, vero Fabietta?’
Annientato di nuovo, come ormai mi succedeva sempre, chinai semplicemente la testa. Tutto quello che aveva detto sapevo essere la verità eppure il fatto di essere semplicemente usato da Cassio, senza essere considerato, senza essere niente più che uno’ sborratoio, mi aveva ferito. Cosa avrei fatto quando Cassio si fosse stancata di me? Dove avrei trovato un altro cazzo come il suo? Chi mi avrebbe spaccato così? Chi mi avrebbe riempito di botte e sborra ogni giorno del resto della mia vita?
Domande senza risposta anche perché Juanita mi aveva fatto cenno di avvicinarmi e io, come un automa, aveva ubbidito. Mi prese una mano, mi fece inginocchiare, quindi mi afferrò la testa e me la spinse sul suo pacco.
Poco dopo si liberò dei vestiti ed ebbi subito il suo cazzo in bocca.
Non era grandissimo e l’odore era assai diverso da quello di Cassio. Non mi dispiaceva succhiarne uno dopo tutto quel tempo, ma avevo il cuore spezzato.
‘succhia bene Fabietta, sennò ti faccio ammazzare da Cassio quando torna. Fai la brava pompinara, dai’ siiii, ooohhhh.’
Mi arrivò in gola. E pompai, pompai al meglio delle mie capacità. Usai lingua, labbra, saliva, tutto.
Cassio non doveva sapere niente di quello. Avrei tenuto buona Juanita facendo tutto quello che voleva. Col tempo, magari, Cassio si sarebbe davvero innamorata di me.
Continuai a succhiare quel cazzo fino in gola mentre le lacrime mi bagnavano il viso.

A quel punto, di soldi, non si parlò più.
Juanita mi chiamava una, due massimo tre volte a settimana per scoparmi, farmi dormire con lei, farsi massaggiare i piedi e il corpo con olio profumato, farsi fare qualche coccola e tanti pompini. La prima notte mi scopò a lungo, era infoiata. Le piacevo parecchio come passivo. Ma anche in seguito mi riempì spesso di sborra. Qualche volta andavamo fuori e pagava sempre lei, al ristorante o in discoteca, ma per il resto non vedevo il becco d’un quattrino. Cosa peggiore di tutte, coinvolse anche Maria in questo. Lei, però, di far sesso con me non aveva alcuna voglia, ma le serviva uno sguattero e un autista, così mi trovai a fare lo schiavo-troia per Juanita e lo schiavo-facchino per Maria che mi disprezzava. Probabilmente non mi vedeva neppure come un uomo ma come un oggetto.
‘verme pulisci il pavimento. Portami lì. Prendi i bagagli. Verme vai a fare la spesa. Verme pulisci il bagno. Fammi da mangiare.’ e così via.
Non avevo tempo per lavorare e non potevo neppure dir loro di no. Dovevo esser sempre pronto perché avevano capito bene che potevano ricattarmi raccontando tutto a Cassio. Per essere sicura di esser ubbidita Juanita mi fece anche delle foto mentre glielo succhiavo minacciandomi che le avrebbe mostrate a Cassio. Mi aveva in pugno.
In tutto quel tempo, inoltre, Cassiopea mi aveva solo mandato qualche laconica mail e qualche foto sulla quale avevo sbavato ma niente di che alla fine. Soldi non ne avevo così feci l’unica cosa possibile: misi anche io un annuncio su bakeka.
Ebbi anche più successo del previsto, d’altronde misi foto molto esplicite del mio culo allargato.
Mentre ero piegato a 90 sul letto a farmi inculare da un cinquantenne con la pancia e pelato, mi chiedevo come fossi potuto arrivare così in basso. Tutti i sogni della mia adolescenza si erano infranti. Lavoro, fidanzamento, futuro. Tutto sbriciolato sull’altare del cazzo di Cassiopea e del suo dominio su di me.
‘voglio che me lo succhi.’
‘no amore. Pompini non ne faccio.’
‘perché troia?’
‘Sono fidanzato, li faccio solo al mio partner.’ spiegai mentre quello accelerava il movimento nel mio sfintere fin troppo abituato ormai. Il cazzo del tizio non lo sentivo quasi abituato com’ero a quello di Cassio. E anche a quello di Juanita ormai.
‘che troia.’ commentò quello mentre veniva nel preservativo.
Più tardi mi trovavo a contemplare quel goldone pieno di sborra gettato sul pavimento assieme ai 20 euro lasciati sul comodino. Avevo provato a chiedere 50 ma senza pompini nessuno me li aveva dati.
20 euro non erano tanti ma facendomi inculare dieci e anche venti volte al giorno potevo racimolare una bella cifra.
‘spero solo che Cassio non lo scopra mai.’ mi augurai ad alta voce.
Mi guardai allo specchio e mi feci schifo.

‘ciao troia, si non ti bagnare tutta! Hai fatto il bravo?’
‘si Cassio, non vedo l’ora che torni.’
‘e bravo il mio rrragasso! Lunedì prossimo sarò a casa, fammi trovare tutto pulito sennò te mato, entiendes?’
‘certo Cassio. Tutto pulito. Mi troverai ad aspettarti in ginocchio.’
‘e bravo il rragasso. Prepara il culo che sono un po’ piena, aqui devo andare dala mia familia e non scoperò per un po’ quindi sarò bella carica per te.’
‘per un po’? hai scopato con qualcuno?’
‘seguro troia, pensavi che fossi in castità? Lo so che sei gelosa ma avevo bisogno di scaricarme, ho conosciuto un bel tipo qui, ha il cazzo grosso quasi como el mio.’
”’
‘basta capricci Fabietta. Aspettami a casa lunedì. Per il resto todo bien? trovati i soldi?’
‘si Cassio, ho avuto un prestito.’
‘e bravo il mio errrragasso. Ah, voglio farti un regalo.’
‘davvero Cassio?’
‘si vero, non piscerò per tuto il viaggio, volio affogarte di piscia appena arrivo, quindi fatti trovare dietro la porta nudo, in ginocchio, con l’imbuto in bocca. Adesso toglite dal cazzo. Ciao amorre.’
”’

PARTE QUINTA

Il tempo passava veloce. Quello che per mesi e i primi anni fu novità, divenne routine. Avevo ormai il culo aperto, la gola ancora più aperta e avevo ingoiato ettolitri di sborra. Potevo considerarmi una troia fatta e finita. Cassio, pian piano, si disinteressò a me e io potei avere maggiore libertà anche se non l’avevo certo chiesta né desiderata. Essere il suo schiavo, la sua puttana, il suo sborratoio mi riempiva la vita al di là di ciò che possa essere spiegato razionalmente. Ogni volta che mi stuprava una parte selvaggia di me, preda della lussuria più sfrenata, gioiva. Se non ricevevo cazzo o se non assumevo sborra da lei per qualche tempo, cominciavo a diventare intrattabile.
Lei lo sapeva bene ma, nonostante tutto, il tempo iniziò a cancellare anche questo nostro rapporto così speciale, proprio come cancella ogni altra cosa.
Io ci soffrivo, la supplicavo, mi degradavo a livelli sempre più estremi ma, ormai, lei aveva un po’ mollato la presa.
E iniziò a fare viaggi sempre più frequenti in Sudamerica. Frequenti ma soprattutto lunghi.
Restavo solo per settimane, ma più spesso per mesi interi.
Ogni volta che partiva mi affidava dei compiti ma per lo più erano cose noiose e cercavo di farle al meglio soltanto per evitare le botte più dure.
Quando non mi dava sborra per un po’ mi ritrovavo nudo a supplicarla.
‘ti prego, Cassio, sono due settimane che non mi dai sborra, ti prego. Fammelo succhiare un po’, lo sai che non so starci senza. Non mi torturare.’ la supplicavo vestito da donna in ginocchio, ma lei, al contrario di prima, non era più così libidinosa. Spesso la trovavo col cazzo floscio a fissarmi con disgusto. Ero diventato talmente zerbino e troia che avevo schifato anche lei.
Eppure ricordavo i primi mesi, quando quel suo palo enorme era sempre dritto e puntava verso il mio culo. O la mia bocca. E tutta la sborra che mi aveva dato, tutte le volte che mi aveva riempito. Ormai ricordavo con nostalgia anche gli episodi più duri e umilianti come l’episodio nel bagno quando mi scoprì Dany oppure la prima volta che mi violentò.
D’altronde mi eccitavo solo con lei. Mi accorsi che con altri, chiunque fossero, uomini, donne o trans, ero diventato completamente impotente. Solo con Cassio avevo delle erezioni prodigiose. Potevo restare col cazzo duro per ore in sua presenza. E cercavo di girare sempre nudo o magari indossando una gonnellina da ragazzina senza slip sotto, in modo che vedesse bene quanto mi eccitava.
Colto dalla disperazione per l’assenza di attenzioni, quando era a Roma, facevo di tutto per farla eccitare e farmi notare. Pulivo i pavimenti nudo col culo in alto, la faccia quasi schiacciata a terra, così quando passava poteva vedere bene il mio ano slabbrato. Oppure le pulivo adorante le mutande lavandole a mano nel lavandino del bagno mentre lei cagava leggendo qualcosa sul cellulare.
Cercavo di convincerla ad andare al centro commerciale assieme, così che potevo troieggiare un po’ con lei. Per esempio chiamandola padrona davanti a tutti mentre eravamo in coda alla cassa del supermercato. Oppure chiedendo ad alta voce se avesse voluto comprare anche a me quei bei tanga femminili nel negozio di intimo.
All’inizio le faceva piacere, anche se non più come un tempo, infine le venne a noia.
Dormendo insieme cercavo di farle ogni mattina un pompino lungo e completo, ma spesso lei non riusciva a venire e, anzi, a volte mi diventava floscio in bocca oppure non le si alzava più.
No, ero sicuro che lei non stesse diventando impotente come me, visto che coi clienti scopava sempre come prima. Anzi meglio, visto che nei primi tempi del nostro rapporto, dava la sua sborra solo a me, adesso invece la dava sempre a loro e a me quasi nulla. Mi mancava quel sapore acidulo, un po’ dolce, un po’ salato, corposo’
Ah la sborra di Cassio’
Comunque avevo più libertà.
A volte facevo marchette a domicilio anche quando c’era lei a Roma. Ormai mi controllava sempre meno e le bastava che tenessi casa pulita e il frigo pieno. Per quello non c’era problema visto che ormai ero diventata una perfetta massaia, sguattera e pure cuoca. Quindi nel tempo libero potevo fare qualche soldo. Ne facevo molti di più quando lei partiva, a volte lavorando a casa anche tutto il giorno. I soldi li misi in un conto corrente intestato a me solo, senza operatività online. I documenti li avevo nascosti bene a casa e sapevo bene che nessuno doveva venire a sapere della sua esistenza. Ci potevo giurare che se Cassio l’avesse scoperto, oltre a darmi un sacco di botte e negarmi il suo cazzo, me li avrebbe anche confiscati tutti. Era aberrante a pensarci eppure non ce l’avevo con lei. L’amavo e avrei accettato ogni sopruso pur di tenermela vicino. Sapevo bene che una come lei non l’avrei mai più trovata in vita mia. Non facevo pompini ai miei clienti, solo qualche volta a quelli di Cassio, e usavo sempre il preservativo. Certo qualche volta si erano rotti e un po’ di paura ce l’avevo. Ero ancora perseguitato da uno spot pubblicitario della mia infanzia, quella celebre dell’HIV con la musichetta inquietante e l’alone violetto che copriva gli infettati. Mi feci delle analisi in ospedale e, per fortuna, risultai negativo. Il rischio, anche se relativo, persisteva comunque. Ma che dovevo fare? Solo quello ero capace a fare e, comunque, andare a lavorare per poche centinaia di euro non mi avrebbe permesso di mantenermi né avrebbe avuto senso avendo la possibilità di guadagnare molto di più vendendo il culo. Mi mantenevo in forma con un po’ di esercizi e ginnastica a casa anche se Cassio, ormai, non pretendeva più che li facessi.
Ma oltre le marchette, dovevo sempre assolvere i miei doveri verso Juanita e Maria.
Meno spesso rispetto a quando Cassio partiva, ma comunque dovevo ubbidire alle loro chiamate. Non capii mai se Cassio sapesse o no, ma comunque mi lasciava fare. La sborra che non mi dava più Cassio me la dava Juanita. Che anzi, mi presentò anche a qualche suo fidanzato del tempo. Li cambiava con una velocità assurda e io li conobbi tutti penso. Persi il conto comunque. Quando ne conoscevo uno nuovo dovevo subito fargli un pompino. Ero riuscito, supplicandola in ginocchio con la faccia schiacciata contro i suoi piedi smaltati, a concedermi di sputare invece di ingoiarla. Ma per lo più dovevo infilare loro la lingua nel culo oppure leccare i piedi di entrambi mentre scopavano. Spesso scopavano anche me, o magari dovevo preparare loro da mangiare mentre facevano sesso. A livello mentale mi piaceva pure quella vita, ma fisicamente non riuscivo a eccitarmi. A volte Juanita pretendeva che venissi anche io, quindi immaginavamo assieme delle scene con Cassio protagonista e subito mi si drizzava e sborravo copiosamente.
Maria, invece, si era sposata con un italiano prendendosi la cittadinanza. Il matrimonio era di comodo, lei trattava male tutti, pure il marito, e pensavo avrebbero divorziato presto, giusto il tempo di far passare il minimo di legge per acquisire i documenti. Comunque aveva meno tempo per me da quando si era sposata ma non lesinava farmi cucinare per lei qualche volta, oppure accompagnarla a fare compere coi soldi del compagno, o ancora farle d facchino o stare ore ad ascoltare le sue lamentele sul mondo e gli uomini. Avevo supplicato Juanita di convincerla a darmi qualche soddisfazione, così mossa a pietà m concedeva di leccarle un paio di scarpe usate col tacco mentre non le indossava, o mi sputava in bocca come ricompensa dopo ogni servizio. Una volta mi riempì addirittura una bottiglia da mezzo litro di piscio e me la diede per un servizio svolto.
‘bevitela con calma, poi mi mandi un mms con la bottiglia vuota.’ comandò Maria e io eseguii ovviamente. Me la scolai nel cesso di un bar visto che non potevo certo tornare a casa e rischiare che la vedesse Cassiopea.
Non c’era nulla da fare: ormai ero un drogato di sottomissione eppure non mi eccitavo fisicamente se non con Cassio.
Mantenni anche i rapporti con Dany. La sua relazione con Sergio non andava per il meglio ma continuavano a stare insieme anche se, piangendo, mi disse che era sicura che lui la tradisse. Aveva un po’ il mio stesso problema: ormai scopavano pochissimo e l’aveva visto a volte parlare con ragazzine giovanissime dai fisici scultorei che, magari, lui stesso aveva contribuito a creare con la sua abilità come chirurgo estetico. Ne parlava con me perché credeva che una di queste tizie, una certa Sharon, una ragazzina italiana poco più che 18enne, pensava che facesse qualche gioco di dominazione con Sergio e, ormai, mi riteneva un esperto in quelle cose. Quando vidi le foto di Sharon capii perché Dany fosse preoccupata: aveva qualcosa di finto effettivamente, visti i numerosi interventi chirurgici, eppure era veramente figa e arrapante: non tanto alta ma fisico palestrato, tette esplosive, trucco da troia e sguardo da assassina. Mi fece quasi paura. In quei momenti fui contento di essere dipendente dal cazzo perché da etero, una così, mi avrebbe veramente ammazzato psicologicamente, altro che Cassio. Io la consolavo e cercavo di distrarla narrandole la mia vita sessuale. Ormai la divertiva più che farla infuriare anche se, a volte, rimpiangeva il passato e anche io con lei. Chissà come saremmo diventati se non avessi conosciuto il cazzo di Cassio’ forse avremmo avuto dei figli, una casa, una famiglia’
Sergio comunque la convinse a sottoporsi ad altri interventi quindi la sua bellezza, da naturale e perfetta, divenne artificiale ed eccessiva. Le tette di Dany divennero sempre più grosse. Come anche le sue labbra, sempre più simili a canotti ormai. Il naso divenne fine e all’insù, fece addirittura uno sbiancamento anale, epilazione totale laser in ogni punto del corpo, e tanta, tanta palestra per esser sempre tonica. Lui pretendeva la perfezione da lei anche se, secondo me, era molto meglio al naturale. Comunque, per distrarla appunto, mi ordinò di tener nota di ogni cazzo che prendevo e di tutto quello che facevo con Cassio e le altre, compresi i clienti. Quindi scrissi il mio Diario Sessuale e, quando ci vedevamo, glielo davo da leggere.
Credo anche avesse iniziato a far uso di droghe. Io non volli neanche pensarci, mi bastavano le mie dipendenze dal cazzo di Cassio e dalle umiliazioni.
Come dicevo, le partenze di Cassio divennero più frequenti e, alla fine, mi cacciò via dal suo letto preferendo dormire sola. Io tornai così nella stanzetta dove lei mi aveva iniziato all’amore e alla sborra.

In una di queste partenze, Cassio tornò a essere per un po’ ciò che era stata. Forse era una prova, forse era semplicemente annoiata, non lo seppi mai.
Arrivò a casa con un pacchettino, mi ordinò di spogliarmi nudo immediatamente mentre mi fissava con uno sguardo che non ammetteva repliche. Lo ricordo bene quel giorno anche se &egrave passato ormai tanto tempo: era bellissima. Indossava una minigonna di finta pelle giro-palle. Era appena rientrata, quindi il minitanga che aveva sotto riusciva a contenerle il pacco ma, non appena si tolse quelle micro-mutande, l’enorme cazzo asinino e le palle enormi, fecero capolino dal bordo della gonna per la delizia dei miei occhi.
Sopra portava una maglia scollatissima con un reggipetto strettissimo che le tirava su le tette fino al mento quasi. Sembravano scoppiare e sembravano molto più grosse di quanto fossero, anche se erano già molto grosse di loro. In faccia era super truccata. Sembrava una vera trans-mignotta. Mi faceva impazzire. Spesso eravamo usciti con lei conciata così e tutti ci guardavano con un misto di schifo e divertimento. Ma ormai la mia dignità non esisteva più da tempo. Nel quartiere tutti sapevano che ero la cagna di Cassio, probabilmente lo sapevano ormai anche i miei genitori che abitavano da tutt’altra parte a Roma.
Mi fece cenno di seguirla in bagno e, col cazzo barzotto, si fece una lunghissima pisciata guadandomi bene negli occhi.
Sapeva bene che a un suo ordine sarei corso in ginocchio per succhiarglielo’ anzi per bere direttamente da quella canna tutto il piscio, eppure non mi diede alcun ordine. Si sgrullò il cazzo, senza pulirlo, facendo cadere alcune gocce a terra dove avevo lavato poche ore prima, abbassò la tavoletta e si mise seduta tenendo sempre il pacchettino in una delle mani.
Mi fece cenno di avvicinarmi e io sgattaiolai fin da lei. Mi inginocchiai mentre Cassio, con l’unghia smaltata rosso fuoco, mi indicava il pavimento ai suoi piedi, quindi scartò il pacchetto e mi mostrò il contenuto: un regalo per me? Forse. Era comunque una cintura di castità di quelle che, proprio in quel periodo, iniziavano a diffondersi. L’avevo vista in qualche video o nei sexy shop dove Cassio mi mandava a prendergli del materiale per lavoro. Oppure in quei negozietti vicino alla stazione Termini in cui si trovavano parrucche e scatole con centinaia di preservativi di bassa qualità.
Non avevo capito bene cosa volesse farci ma lei non si perse in chiacchiere, si fece baciare l’uccello quindi disse che, dovendo partire presto, stavolta voleva lasciarmi un ricordo di sé.
Mi costrinse in piedi e, con qualche difficoltà, mi montò la gabbietta sull’uccello, bloccandola con un lucchettino, quindi mi costrinse a inginocchiarmi di nuovo.
La sentivo stretta attorno al cazzo e scomoda.
‘stavolta sei in gabbia, erragasso. Non mi va che te giri todo el quartiere, no, toda Roma a fare la troia. Tu eres mio! Entiende? Me porto via le chiavi e si quando torno non trovo el luchetto intecro te mato, capito, rotta in culo?’
Mi aveva tirato un po’ i capelli e schiaffeggiato col cazzo mentre parlava, guardandomi come un macellaio allo scannatoio pronto al suo lavoro.
‘come vuoi, Cassio.’ avevo risposto completamente sottomesso. Ero un po’ eccitato e la gabbia stringeva attorno all’uccello. ‘ma come farò a”
Mi diede uno schiaffo azzittendomi, quindi mi tirò la testa sul suo cazzo che, intanto, come ai vecchi tempi, era diventato duro, anzi durissimo, e puntava dritto verso di me.
Le feci uno dei miei migliori pompini riuscendo a ficcarmi tutta l’asta in bocca mentre spruzzavo saliva e poi sborra dalle narici. Ci misi tantissimo a farla venire. Una volta finito lei mi lasciò in gabbia, il volto sporco di sborra e saliva, devastato, e mi salutò andandosene a dormire. Sbatté la porta dietro di sé lasciandomi solo.
Mi sentii davvero una merda.

Arrivò il giorno della partenza.
Ero disperato.
Cassio mi aveva lasciato in gabbia per giorni costringendomi a succhiargli cazzo, palle e culo, qualche volta anche i piedi.
Stavo scoppiando, non ne potevo più.
Ero diventato, se possibile, ancora più zerbino.
E mi piaceva.
Sembrava che la gabbietta avesse riacceso la passione di Cassio per me.
Mi mostrava ingabbiato alle amiche e ai clienti. Lei non mi inculava più ma i suoi clienti sì. Negli ultimi tempi era diventato comune dar loro il mio culo mentre Cassio intascava i soldi.
Almeno, dopo che fosse partita, quei soldi li avrei presi io.
Anche Juanita e Maria mi videro con la cintura. Juanita se ne fregò fintanto che potevo usare la bocca su di lei e i suoi fidanzati oltre che il culo, anzi ne era blandamente felice. Maria quasi non ci fece caso, ordinandomi solo di portarla al centro commerciale mentre si lamentava degli uomini che frequentava e che, a quanto diceva lei, volevano solo scoparla mentre lei voleva formare una vera famiglia.
Anche Dany, ovviamente, la vide. Mi derise a lungo ma la situazione con Sergio andava sempre peggio e non aveva troppa voglia di scherzare. In breve, in poco tempo, quella gabbia divenne normale. Fortunatamente riuscivo a godere mentre i clienti di Cassio mi penetravano, altrimenti sarei impazzito.
Il giorno della partenza mi costrinse ad accompagnarla di nuovo all’aeroporto in taxi ma stavolta non mi umiliò. Anzi fu fredda, silenziosa e distante. Cercai di farla ridere ma non c’era verso: io l’amavo mentre per lei ero solo un giocattolo da usare per noi o da sfruttare, magari per evitare la solitudine che la vita da prostituta-trans la costringeva a fare.
Ci salutammo freddamente con un bacio sulla guancia, quindi lei strinse con la mano il mio pacco imprigionato e se ne andò.
Tornai mesto a casa. Non sapevo neppure quanto sarei rimasto solo. Le mandai un messaggio al numero straniero ma non mi rispose mai. Come non mi rispose alle mail.
In quel momento dovevo scegliere: seguire i suoi ordini e stare tanti mesi con quell’aggeggio montato sul cazzo, oppure trovare il modo di rompere il lucchetto e disubbidirle. Il lucchettino era numerato, non sapevo se avesse appuntato il numero, ma avrei davvero rischiato? Ero sicuro che, se mi avesse trovato senza mi avrebbe riempito di botte ma, poi, un dubbio ancora più atroce mi percorse: e se, una volta tornata, mi avesse trovato senza e non le fosse importato nulla? Quale sarebbe stata la cosa peggiore? Preferivo davvero le botte all’indifferenza?
Quel giorno rimasi senza far niente ma dal giorno dopo avrei dovuto ricominciare a lavorare in proprio. Almeno il mio culo avrebbe fruttato qualcosa. Ormai ero abituato a prendere cazzi dentro e il mio lavoro era diventato ufficialmente quello.
Solo che prenderli senza Cassio che mi guardava e che adoravo era un po’ deprimente.
Dormii presto e sognai Cassio, la sognai tutta la notte. La cintura mi fece svegliare nel cuore della notte: sudavo freddo e volevo il cazzo di Cassio. Fortunatamente riuscii a riprendere sonno.
Mi calmai solo al primo cliente della giornata a cui regalai due ore del mio tempo per la misera cifra di 50 euro. Venne 3 volte nel preservativo e, fortunatamente, alla terza lunga inculata, venni anche io con un grido liberatorio. Il cliente era così entusiasta che mi chiese di uscire insieme tipo fidanzatini, attirato dalla mia gabbietta stretta, ma declinai l’invito cercando solo un po’ di tranquillità.
Fu infatti un vero inferno.
E così continuò la mia vita da prostituta. Il culo lo vendevo bene, i clienti impazzivano quando vedevano la gabbietta, però spesso diventavano violenti. Vedere quella gabbia, il mio cazzo depilato, la mia arrendevolezza, suscitava in molti un atteggiamento prevaricatore e prepotente. Finivo quindi per prendere botte, essere preso a sputi in faccia da perfetti sconosciuti. I vicini ormai fingevano di non conoscermi e io facevo altrettanto.
Le entrate erano buone ma avevo il culo in fiamme. Ne parlai anche con Dany e si mise a ridere mentre mi guardava impomatarmi l’ano che bruciava. Eravamo diventati ottimi amici anche se credo le servissi soprattutto per scaricare la tristezza e la delusione del suo rapporto amoroso.
Infine decisi di darmi al 100% verso la prostituzione e sdoganai definitivamente i pompini con ingoio, la mia grande dote imparata grazie ai lunghi e pesantissimi insegnamenti di Cassio. Raramente infatti trovavo cazzi di quella portava, uno su cento, quindi me la cavavo benissimo e con meno problemi. Un bel pompino con ingoio mi toglieva tanti problemi: i clienti godevano, erano scarichi, meno invasivi. Anche quelli che non si accontentavano erano poi più malleabili e riuscivo a soddisfarli senza difficoltà. Tutto sommato, a eccezione della gabbietta, dalla quale però riuscivo a fuggire godendo con un cazzo che m’inculava, le cose andavano benino. Riuscivo a mettere parecchi soldi da parte e guardavo al futuro con un po’ più di ottimismo anche se l’amore non corrisposto di Cassio mi lasciava con un senso d’angoscia sotterranea pervasiva che a volte mi scatenava incontrollabili attacchi di panico.
Una volta spompinai un negro dal cazzo enorme, anche più di Cassio, davanti a Dany. Durante una delle sue crisi con Sergio, che ormai sembrava succube della sua nuova fiamma, e la invitai a dormire qualche giorno da me.
Era bellissima nonostante ormai avesse perso quel sembiante virginale che aveva ai tempi della nostra relazione. Inoltre a quel tempo era vergine mentre adesso, da quello che diceva e da come si comportava, sembrava esser diventata una vera puttana. Continuava a chiedermi del mio diario ma voleva di più.
Pretese di guardarmi con un cliente.
Io timidamente chiedevo a tutti e parecchi rifiutavano sospettando chissà cosa, ma il negro acconsentì e mi stuprò la bocca. Mi diede un brivido succhiare quel cazzo enorme, più nero di quello di Cassio, mentre Dany mi fissava divertito. Mentre quello mi spingeva il cazzo in gola quasi a soffocarmi, mentre sputavo saliva dagli angoli della bocca, Dany mi fissava esaltata. Le piaceva vedere come succhiavo, come il negro mi dominava. Quante cose erano cambiate rispetto al giorno nel cesso di Cassio, quand’era scappata via in lacrime.
Il negro voleva scoparsi anche lei a un certo punto ma lo dissuasi offrendogli il culo mentre gli ciucciavo l’alluce del piedone. Per una volta il mio cazzo ebbe quasi un guizzo ma la gabbietta smorzò ogni eccitazione.
Riuscii a farmi dare 70 euro per quell’esperienza. Niente male ma la gola e la mascella mi facevano male e anche il culo: non ero più abituato a certi calibri. La giornata finì con me in ginocchio sul pavimento, le mani sul cesso, mentre Dany mi spalmava un po’ di crema emolliente sull’ano.
‘mi piace quella gabbietta. Ti fa sembrare molto troia, Fabietta.’
E rise.
Io la fissai negli occhi, occhi cerchiati da occhiaie profonde, labbra gonfie come canotti, tette che sembravano esplodere e, nonostante tutto mi accorsi che le volevo bene. si drogava ma non m’importava, in fondo era sempre la mia Dany.
‘posso leccartela se vuoi.’
‘fai la brava, Fabietta, o lo dico a Cassio.’ rispose con uno sguardo maligno.

E fu così che Dany litigò con Sergio. Una volta lo sorprese a casa mentre la procace Sharon, vestita in tuta di latex attillatissima, giocava a fare la padrona. Non erano giochi veramente cruenti, solo un ‘farlo strano’. Dany arrivò da me piangente, il trucco sfatto. Fortunatamente non avevo un cliente, l’ultimo era uscito mezz’ora prima riempendomi la gola di sborra calda.
Me la trovai così, davanti, con un trolley e le lacrime agli occhi. La feci entrare e non ricevetti nessuno quel giorno. Era vestita come una vera troia comunque. Ormai della vecchia Dany, un po’ come me del resto, era rimasto nulla: faceva abbastanza caldo e aveva una canotta stretta con reggiseno di una taglia inferiore che le faceva esplodere le tette fino al mento. Mi ricordava Cassio in un certo modo ma, ovviamente, era assai più femminile.
‘quel porco mi ha lasciato!’ si lamentò mettendosi a piangere.
Era disperata, veramente.
‘adesso come faccio? Non ho niente, tutti i conti, i soldi, i vestiti, gestiva tutto lui. Mi ha detto che regalerà tutto a quella troia ma ti rendi conto? E io chi sono? Cosa sono? Ho fatto tutto quello che voleva, guarda come mi sono ridotta per lui! Non l’ho mai tradito, &egrave stato il primo e unico uomo della mia vita, in fondo io e te non scopavamo, vero? E poi a te piace il cazzo no? Ecco adesso come mi resta? Aiutami Fabio, che devo fare? Che posso fare? Dimmi qualcosa. Ma mi trovi bella? Ti eccito un pochino almeno?’
Era completamente impazzita. Alternava momenti di tensione massima in cui non riusciva a star ferma a momenti di depressione totale.
Si mise anche in testa di sedurmi, per dimostrare che era ancora una donna affascinante.
Si spogliò davanti a me e vidi di nuovo il corpo di Dany nudo. Quelle tette gonfie e artificiali, un tatuaggio sul ventre che prima non aveva avuto, addirittura i piercing ai capezzoli!
‘ti prego scopami!’
Ma io avevo la gabbietta, non mi tirava neppure il cazzo. Cio&egrave lei era affascinante, le volevo bene, alla fine ero anche eccitato ma il cazzo era morto.
Si spogliò nuda, mi tirò giù i pantaloni, mi spompinò la gabbietta ma il cazzo era morto.
‘dai togliti questa cosa! Io so che non sei un frocio, che mi ami ancora! Perché non ci rimettiamo assieme?’
Io cercavo di allontanarla ma non c’era verso, andò in soggiorno e prese un paio di pinze dalla cassettina degli attrezzi, capii cosa volesse fare e tentai di scappare ma non ci fu verso. Piangendo e strattonandomi, dopo mezz’ora di mie resistenze, riuscì a piegare il lucchettino di gomma.
E fui libero.
Mi sentivo strano senza quella cosa addosso dopo tanti giorni ma non ebbi il tempo di rifletterci.
Lei buttò via l’aggeggio puzzolente e si mise a succhiare come un’idrovora.
Non era particolarmente abile a dire il vero ma la lasciai fare.
Il cazzo, però, restava morto.
‘ti prego scopami!’ mi supplicò con le lacrime agli occhi, lo sguardo quasi assente, il viso arrossato, il moccio che le colava dal naso. Era una scena pietosa.
Ma il mio cazzo era morto.
Stava per interrompere il pompino tra le lacrime e i singulti della tosse quando le venne un’idea. Potei vedere il suo volto mutare dalla disperazione all’enigmatica visione di una trovata incarnata.
Il volto dal naso perfetto, le labbra gonfie, il trucco sfatto, cominciò a fissarmi con cipiglio severo. Sembrava il joker di batman ma era comunque la mia Dany. O almeno l’era stata.
‘troia!’ esordì spiazzandomi.
‘sei la troia di Cassio! La troia di un trans! Frocio!’
Mi prese le palle tra le mani stringendole fino a farmi male.
Trascinandomi per le palle andò in cerca del mio telefono e lo trovò. Mi mostrò il cazzo prodigioso di Cassio che usavo come sfondo e il mio cazzo iniziò a palpitare seguendo i battiti del cuore.
‘troia di Cassio!’ urlò strattonandomi le palle.
‘Dany, scusa, mi fai male, smettila, ti prego!’
Adesso ero io a supplicare ma lei era scatenata.
‘sei una troia! Eravamo fidanzati ma sei diventato un rotto nel culo! Fammi vedere le foto che ti fa Cassio! Ricordo bene quel giorno nel bagno come succhiavi! Troia! Rotta in culo! Fabietta! So io come prendere le troie come te, puttana! Succhia cazzi! Dovresti battere per me! Troia! Troia! Troia! Devi solo obbedire! Se non mi obbedisci dico tutto a Cassio!’
Davanti quella cascata di infamie e insulti il mio cazzo svettò finalmente altissimo.
‘sìììì!’ gridò lei mentre mi insultava. Mi salì sopra come un’amazzone e si impalò sul mio cazzo finalmente libero.
‘zitto troia! Sei una troia!’
‘sì sono la troia di Cassio, Padrona.’
‘chiamami amore, troia!’
‘amore sono la troia di Cassio!’
‘sono il tuo amore, troia?’
‘sì sei il mio amore ma io sono la troia del cazzo di Cassio!’
‘hai detto che neanche lei sa più che farsene di una merda come te!’ gridava e intanto mi cavalcava godendo. Vedevo il suo volto come trasfigurato, i lineamenti ormai luciferini dare al suo volto rifatto una luce maligna. Era la mia Dany ma era anche qualcosa di più.
‘dimmi che sono la tua Padrona, merda!’
‘sei la mia Padrona! Ma io amo Cassio!’
‘tu ami me!’
‘Cassio!’
‘me!
‘Cassio!’
E venimmo assieme. Le sborrai dentro quantità assurde di sperma.
Lei perse quasi i sensi, mi lasciò i segni delle unghie sul petto, mi tirò i capelli, mi sputò in faccia e, infine, mi crollò addosso.
Si addormentò subito
Non osai toccarla. Restai lì col fiato corto, il cazzo che andava afflosciandosi dentro di lei e la consapevolezza di esser sceso un altro gradino verso l’umiliazione più nera.
Ma in fondo era stato bello.

Da quel momento si trasferì da me per un po’ e pretese che le insegnassi a battere. Riuscì in qualche modo a tenere buone le amiche di Cassio. Ogni tanto facevo qualche favore a Maria e spampinavo Juanita, quindi riuscì a tenerle calme.
Intanto dovetti insegnare a Dany tutti i trucchi del mestiere.
Chiaro come le nostre performance fossero diverse, eppure la base era la stessa: preservativi da discount, fazzolettini bagnati, creme varie, depilazioni, pulizia del culo, anche se lei, inizialmente, non voleva darlo.
Si comprò coi miei soldi qualche vestitino da vera troia che evidenziava subito le sue forme e si lanciò negli affari. Comprò anche tanti dildo e vibratori coi quali le insegnai a succhiare bene cazzi fino in gola. Fu duro all’inizio ma ci mise tutto l’impegno del mondo e, dopo qualche giorno in cui profanò la sua gola in ogni modo, era pronta per gli affari.
Quando riceveva i suoi clienti io ero nascosto nell’altra stanza e lei idem per i miei ma presto i suoi divennero innumerevoli. Dopo i primi giorni in cui non era a suo agio, divenne una mignotta incredibile. Tutta la sua sessualità repressa uscì fuori in una volta sola.
Di notte mi costringeva a scoparla ricordandomi di Cassio con le nostre foto, i filmati o anche solo con l’immaginazione, di giorno scopava con gli altri facendo carrettate di soldi.
Vestiva con mise davvero eccitanti: body di pizzo, giarrettiere, reggicalze, scarpe con tacchi altissimi.
Io però non riuscivo quasi più a battere e Dany non ci pensava proprio a pagare i miei conti.
Dovetti iniziare a battere altrui, a domicilio, ma le cose non giravano allo stesso modo.
Cassio stava per tornare. Non mi aveva quasi mai chiamato o scritto dal Sudamerica ma ormai il tempo era agli sgoccioli. Supplicandola in ginocchio riuscì a convincere Dany a prendersi in affitto una appartamentino sullo stesso piano del mio.
‘anche perché se ci beccano mi arrestano per sfruttamento, dai Dany, ti prego, così non può continuare.’
Ovviamente rimediai un altro lucchettino per la gabbietta e, quando il giorno del ritorno di Cassio si stava avvicinando, la rimisi pregando non ricordasse il numeretto.
Infine il grande giorno arrivò.

Avevo avuto un’idea che definivo geniale.
La sera prima del suo ritorno mi ero infilato uno dei dildo di Dany nel culo per spurgare la sborra che avevo accumulato da quando avevo rimesso la gabbietta. Pensavo a Cassio e a come mi avrebbe inculato e spruzzai seme ovunque.
La mattina dopo, quando sentii la chiave girare nella serratura, mi spogliai immediatamente e mi feci trovare nudo di fronte all’entrata.
Appena la vidi il mio cuore perse un battito.
Era altissima, un fiore, rilassata ed eccitante. Vestiva una tutina leggera, attillata, che metteva in evidenza le tettone e il cazzo, portato senza mutande.
Era davvero oscena.
Per me una dea insuperabile.
Dimenticai subito Dany e tutti i clienti.
Iniziai a piangere senza controllo mentre lei mi guardava un po’ sorpresa.
Mi avvicinai in ginocchio con la porta ancora aperta, la valigia fuori dall’appartamento, incurante che qualcuno dei vicini potesse vedermi. Mi accucciai ai suoi piedi e le baciai le scarpe.
Lei mi fissò severa. Io le strinsi una gamba piangendo platealmente, tirando su col naso, chiamandola amore.
Fu allora che mi diede uno spintone con la sua forza erculea, portò dentro la valigia e sbatté la porta.
‘Cassio’ padrona’ ti amo.’ dissi strisciando verso di lei.
Cassio non aggiunse nulla. Mi fissò in maniera fredda e distante.
Era stupenda: altissima, i muscoli grossi e in tensione sotto il tessuto elasticizzato della tutina. Il cazzo barzotto, riuscivo quasi a intuire il profilo della cappella enorme che avevo tante volte succhiato attraverso il tessuto elasticizzato’
Poi si volse e chiuse la porta della camera dietro di sé.
Non si era neppure accorta della cintura che ancora portavo per lei, probabilmente l’aveva scordata.
Cassio non mi amava più e di me non voleva più saperne.
Entrai in depressione.

Leave a Reply