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“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi arrivata ormai ad una certa età, voglio raccontare cosa mi è capitato quando avevo 19 anni e sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui (anche se sono passati parecchi anni) non farò i nomi. Diciamo solo che la società si occupava di arredamenti di lusso, i suoi clienti erano tra i nomi più altisonanti ed era situata in una delle vie più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni, mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, era sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, aveva una vaga rassomiglianza con l’Avvocato Agnelli e non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. IL più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi ,accompagnata dal nostro autista che le farà da bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti (diversi milioni)..
Così sono salita sulla sua Morgan una spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, mossi, coscia lunga, un bel culetto a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, sostammo in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci alla vista dei passanti. Il signor Gianni mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice, infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? mi pareva poco elegante, poi il suo sperma mi sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo e leccando attentamente la cappella.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei per salvare le apparenze.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo nel pomeriggio, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male”.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata sverginata da un bagnino di Viserbella, che in una cabina mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti…. eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di stargli alla larga, Stop!
Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta, ma ultimamente abbiamo dei seri problemi con le banche e io ho avuto il mio bel da fare per aggiustare le cose”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.

Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita, prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, ormai ero nuda, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Il sig. Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi fece mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante di libidine lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che liba! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione, tanto che mentre venivo per la terza volta non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando…
Era l’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando con aria incazzata.
Quell’imbecille del Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto di nulla e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo strusciava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…”.
Quell’imbecille del Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo trusciava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…”.
Poi finalmente si accorse dell’arrivo dell’Architetto. Si alzò in piedi cercando di rimettere a posto il suo pene ancora sgocciolante sborra. Balbettando come un bambino: “no… ma… io…non…”
L’Architetto lo zittì con un gesto brusco, e disse; – “Ma piantala! Piuttosto spostati, visto che siamo soci al 50% anch’io voglio la mia parte” così dicendo si sbottonò i calzoni e ne estrasse un cazzo esagerato.
IO non sapendo che fare, ero rimasta immobile, nuda, sdraiata sulla scrivania con le gambe spalancate come una troia, la vagina ben esposta e le mie grandi tette che grondavano di sperma.
Senza nessun preliminare, l’uomo si avvicinò e mi infilò subito il cazzo in figa che per fortuna era ancora bagnata, per cui mi scivolò dentro fino in fondo e senza farmi male, sebbene un uccello da negro, così grande e grosso non lo avevo mai preso.
Io dopo due orgasmi già ottenuti scopando col signor Gianni non solo ero ancora appagata, anzi ero veramente in calore la mia fica palpitava e questo cambio ci cazzo mi mandava la libidine alle stelle.
L’Architetto era un vero toro, mi sbatteva alla grandissima, succhiandomi i capezzoli, mi sentivo la figa riempita come non mai, l’eccitazione era salita al massimo, stavo chiavando il signor Conte, il severo architetto dal grande cazzo e la cosa raddoppiava la mia goduria, ma ancora non bastava, il signor Gianni ripresosi dallo sciok mi si avvicinò appoggiandomi il membro tornato durissimo sulle labbra, io ebbra di libidine, lo presi subito in bocca e gli succhiai bene la cappella mentre la pelle del prepuzio andava avanti e indietro con le stesso ritmo del cazzo che mi pompava la figa, era la prima volta che due uomini mi scopavano ed era veramente la fine del mondo.
Godevo come non avevo mai goduto in vita mia, intanto l’Architetto usciva dalla fica per spararmi bordate di sborra bollente sulla pancia e il signor Gianni quasi contemporaneamente mi eruttava tutto il suo dolce sperma in bocca, io fui scossa da un ennesimo violento orgasmo, che quasi mi faceva svenire. Chiusi gli occhi rabbrividendo.
Ero coperta di sborra che colava da tutte le parti, dalle tette, sulla pancia, dalla bocca, quando mi ripresi i miei due scopatori erano scomparsi senza dire una parola.
Andai in bagno nuda com’ero mi feci una bella doccia, non potevo certo presentarmi in quelle condizioni al il mio amore che stava già suonando il clacson.

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