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Racconti Erotici Etero

Treno Locale

By 13 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

I primi giorni di questo giugno sono gradevolmente splendidi.

 

Lo si vede nella natura oramai con i suoi vestiti sgargianti.

 

Lo si vede nelle fanciulle con i loro vestiti svolazzanti.

 

Lo si sente nell’aria nei suoi aromi inebrianti.

 

Si può quasi percepire, per chi più sensibile, lo sfrigolio sulla pelle dell’estate eccitante, da vivere appieno. La mente volge alla spensieratezza, allo star bene serenamente. I pensieri volgono al desiderio, all’empatia. Si è più propensi verso chiunque, e l’altro appare più addomesticabile.

 

In questo stato d’animo simile ad un giovine virgulto che vuole emergere, sento crescere l’impazienza di andare per due giorni lontano da Milano e staccare dall’alienante lavoro che mi fagocita, che mi spiana.

 

Tra poco sarò alla stazione di Rogoredo, dove incontrerò lei, ovvero colei che ha accettato di condividere assieme due giorni di spensieratezza, di divertimento, di rilassamento.

 

Dovevo assolutamente staccare, il cervello ai minimi della sua carica elettrostatica da giorni mi segnalava il bisogno impellente di una ricarica totale. E nel mio animo, nel mio immaginario, il luogo dove gli elettrodi pescano la corrente per la ricarica generale è la campagna, anzi la tranquillità della campagna.

 

Se in aggiunta a ciò, il tempo trascorso è con colei che da sola elettrizza i miei neuroni con la sua presenza, capirete che botta di energia confluirà nelle mie batterie poi pronte a farmi percorrere parecchio tragitto prima del necessitare di un repeat.

 

La mia impazienza è agli sgoccioli, doveva essere già qui da quindici minuti ed il suo cellulare risponde a vuoto.

 

Avevo riversato tutte le mie aspettative per questi due giorni su di lei ed ora mi dà buca.

 

Sono atterrito, già intravvedo due giorni grigi di solitudine e squallore in quella mia destinazione dal farmi quasi cambiare idea e rinunciarvi, quando inaspettatamente un trillo!

 

Un rapido colpo d’occhio.

 

E’ lei!

 

– Dove sei?

 

– Sono qui!

 

– Arrivo.

 

Il bancone dell’anonimo bar della stazione ci accomuna al gustarci un qualcosa insieme. L’aroma del caffè già stimola le endorfine di entrambi, consapevoli di tutto quanto potenzialmente ci aspetta. Poche parole ci vengono in mente perché dopo la lunga attesa per entrambi, quando finalmente ricongiunti, vi è quella sensazione di appagamento che dimentica tutto il resto. Solo gli occhi parlano tra loro mentre degustiamo il nostro caffè all’unisono.

 

Ed è tutto un :

 

– Quanto tempo!

 

– Non vedevo l’ora.

 

– Finalmente sei qui.

 

– Quanta voglia di vederti.

 

Mentre l’altoparlante diffonde gli annunci, nostra base musicale di quell’inizio di mattinata. Stridii di freni intercalati dalla batteria delle ruote sulle congiunzioni dei binari danno un ritmo rap a quella mezz’ora di attesa del nostro locale. Con difficoltà riesco si e no a trattenere la mia mano così vogliosa di lei dall’appoggiarsi alla sua spalla.

 

La mia mano è più psicologa di me, quel breve tocco, quel lieve contatto già ha tranquillizzato il mio animo in subbuglio.

 

E’ come una precisazione inconscia che mi segnala che lei è effettivamente lì, al mio fianco, così vicina e così accondiscendente. Attimi di sguardi, di occhiate, accompagnati dal sorriso e da un soffio reciproco benevolente, che tutto dice che tutto racconta. E’ un soffio fatto a labbra sorridenti e leggermente dischiuse che sta a significare, sei qui, ora sono in pace, lieto della tua vicinanza, contento della tua presenza, quasi non ci speravo.

 

Poi, lo sguardo un po’ timido si allontana, si guarda cose di cui non ci interessa niente, ma subito ci si ricerca e ci si rincontra.

 

E lì quanto parla!, quante cose racconta!:

 

-Avevo bisogno di rivederti, non ce la facevo più senza di te, ti desideravo, ti desidero, dio quanto mi sei mancata, quanto già mi manchi.

 

L’arrivo rumoreggiante del locale distoglie momentaneamente l’attenzione dai suoi piccoli occhi a mandorla. La puzza di treno, dei freni, ci irrigidisce nell’attesa del salire. Pochissimi altri viaggiatori salgono su quell’anonimo locale che andrà a perdersi nelle campagne della bassa, in posti di oblio.

 

Come volesse già recuperare ritardo, il treno subito si avvia cercando il ritmo del suo viaggio.

 

Il vagone è vuoto, siamo uno di fronte all’altra.

 

– Vorrei dirti…

 

– Vorrei farti…

 

Ma solo i miei occhi, dolorosamente si riempiono di lei, di quel bisogno insensato d’averla come sfondo, come paesaggio, sperduti loro ed io, se non la dovessimo più vedere. Un altro sorriso, un altro sbuffo, come complicità del nostro stare bene insieme.

 

La mia mano che coraggiosamente prende la sua, la manipola come a cercarvi la sua essenza, la sua compagnia. Mi guarda non capendo. Le stringo la mano cercando di farle capire quanto mi è mancata. Mi guarda non capendo. 

 

Lei, la mia piccola orientale preferita, con quel suo italiano striminzito, parlato tutto al presente con delle inflessioni spagnole, chissà come mai, in alcune parole.

 

– Come va? Le chiedo speranzoso.

 

– Io contienta.

 

Ecco è lei Lucy, uno schricciolo alto un metro e quaranta e poco più, con cui mi sono incontrato innumerevoli volte, con cui sono entrato in sintonia. Con cui ricarico le mie batterie esauste. Ed ora che è con me, già sento confluire l’energia vitale che mi infonde forza, speranze. La campagna scorre con pennellate quasi orizzontali aldilà del vetro semichiuso. Fa caldo e l’aria che irrompe dai finestrini aperti crea una freschezza temporanea. 

 

Lodi è già alle nostre spalle che non resistendo più la attiro al mio fianco, impaziente di toccarla di carezzarla sin nel suo più intimo. Nel mentre la bacio forzatamente, la mia mano già le ha fatto scivolare le mutandine Hello Kitty, suo vezzo infantile, togliendogliele poi del tutto.

 

Voglio che si senta nuda, alla mercé di sguardi inquisitori del suo sesso. Senza attesa il mio medio le è tutto dentro mentre un po’ lei si abbandona alla sua sensazione di piacere socchiudendo gli occhi. Il suo Oh! di sorpresa mentre le entravo dentro mi ha fatto capire quanto lo desiderasse pure lei. La sto accarezzando in modo lento internamente quanto giungono passi lungo il corridoio centrale. 

 

Arrivano alle nostre spalle, ma cionondimeno non smetto mentre le sento irrigidirsi. Continuo imperterrito aumentando il ritmo che la fa abbandonarsi ancor più al suo godimento quando ci passano a fianco due ragazze con le loro borse. Appena ci superano una delle ragazze si accorge della nostra presenza e getta una rapida occhiata, seguita subito da un lungo sguardo di sorpresa nel vedermi con la mano fra le cosce di Lucy.

 

Ha un attimo di esitazione mentre la osservo attentamente e colgo un rapido sguardo al viso della cinesina rapita nella sua estasi. Con la sorpresa stampata in faccia subito si rivolge alla sua amica attirandone l’attenzione e dicendole sottovoce  ciò che ha scoperto.

 

Subito si fermano confabulando a bassa voce e quasi all’unisono girano la testa ad osservare attentamente quanto imperterrito sto continuando a fare. Bacio Lucy oscenamente a bocca piena mentre il mio sguardo è fisso sulle due i cui occhi sono fissi sulla mia mano sparita fra le sue cosce. Un’espressione di stupore, quasi di invidia oserei dire si stampa sulle loro facce mentre immobili continuano ad osservare.

 

Muovendo la mano inserisco anche l’anulare che strappa a Lucy un gemito percepito distintamente dalle nostre spettatrici. Aumento nuovamente il ritmo mentre i sospiri di Lucy crescono di intensità tramutandosi quasi subito in gemiti. Le due ragazze sono letteralmente rapite dallo spettacolo, ma non se ne staccano minimamente.

 

Poco dopo tolgo le dita dal sesso fradicio di Lucy e gliele porgo alla sua bocca che rapida li lecca succhiandone la linfa appiccicata. Al termine le affondo la mia lingua gustandoci assieme il suo sapore.

 

Vedo lo stupore aumentare sul volto delle ragazze estasiate da quanto hanno visto. Finalmente le nostre bocche si staccano e dico a Lucy delle due spettatrici. Lei arrossisce ed abbassa la testa nascondendosi, mentre io sorrido loro. 

 

Mentre le ragazze ricambiano il sorriso accingendosi ad andarsene oltre, si girano di tanto in tanto a guadare un ultima volta, colgo al volo l’occasione e le saluto anche con la mano. Stranamente mi rispondono tutt’e due con lo stesso gesto. Quando lentamente il treno riparte dalla stazione di Codogno, sono in piedi a fianco a Lucy appoggiata al finestrino aperto.

 

Vedo le due ragazze che scese, camminano guardando verso di noi. Subito con una mano alzo la gonna di Lucy mentre con l’altra le cerco la sua fessurina, mentre grido alle ragazze:

 

– Piaciuto?

 

Fanno un cenno di assenso all’unisono con la testa mentre agitano le mani a salutarci. Ci siamo appena seduti che passa il controllo biglietti perdendosi subito dopo alla ricerca dei radi passeggeri. E’ in quel mentre che mi viene l’idea.

 

Riparte il treno nel suo lento dondolio alla ricerca del suo ritmo di viaggio.

 

Passano pochi minuti che dopo un fischio avvisatore, la velocità diminuisce accompagnata dallo stridere del ferro contro ferro dei freni pacificatori.

 

La piccola stazione di Casalpusterlengo accoglie il ferraglioso convoglio che lento nel suo stridio vi si ferma in cerca del suo prossimo slancio. Pochi minuti e riprende la sua corsa, il suo ritmo traballante.

 

E’ a quel punto che prendendo la mano della piccola orientale l’attiro al mio fianco in piedi davanti al finestrino aperto con una tacita scusa d’osservare il paesaggio. 

 

Da qui alla stazione di Cremona vi sono 15 minuti di viaggio che voglio sfruttare per noi due nella loro pienezza del trascorrere lento dei minuti. La osservo di sottecchi sin quando noto che si sta godendo la frescura della brezza data dalla velocità. Abbracciandola le passo dietro appoggiandomi tutto a lei. Si desta dalla sua apatica osservazione e girando la testa mi sorride.

 

La guardo e contraccambio mentre le mie mani sono già passate sotto la maglietta a titillar i capezzoli dei suoi piccolissimi seni. La vedo chiudere gli occhi ed inclinare la testa sulla mia spalla. La sensazione che le piace tanto la sta pervadendo. La sua bocca si apre a favorire il suo respirare che si fa un po’ più affannoso.

 

La mia mano sinistra sollevandole la piccola mini le si infila tra le sue cosce che le obbligo ad allargare. Sentendola assecondarmi nulla più mi ferma ed estratto il mio sesso oramai turgido e voglioso, lo porgo sotto la congiunzione delle sue dolci morbide chiappe. Lei si alza a favorirmi data la sua basa statura. 

 

E’ tenera vederla così accondiscendente, alzata sulle punte delle sue piccole sneakers colorate nell’attesa di ciò che ha intuito. Tra breve entrerò in lei nella nostra congiunzione del reciproco desiderio alla mercé di sguardi bramosi  e potenzialmente presenti. Pochi attimi ed il suo : Ah! di sorpresa, mi conferma che ora se lo sta gustando.

 

 Cerco di prendere lo stesso ritmo scandito dalle ruote sui binari.

 

Sono un’esteta, mi piace fare le cose per bene ed avere un ritmo diverso mi sfalserebbe la sensazione di pienezza che sto per raggiungere.

 

Mi accorgo che sto accennando le parole di una canzone fruite da un’associazione di idea di ritmo-canzone più adeguata:

 

– Sopra un’onda che mi tira su

 

– Rotolando verso sud 

 

E Sussurrando il ritmo della canzone stantuffo a lungo la piccola cinesina che presto giunge al suo dirmi:

 

– Adesso !! Adesso!!

 

E’ giunto il momento della nostra fusione. Non si vedrà di certo il bagliore del fungo atomico, ma l’esplosione dentro noi è almeno pari per i nostri sensi sino a lì repressi. Le nostre lingue aggrovigliate in un lungo bacio fungono da catodi per la ricarica delle nostre energie e del nostro desiderio.

 

Le esplodo dentro mentre lei si accascia sulla mia spalla quando entriamo nella stazione di Cremona dove il treno puntuale arriva. 

 

Anche noi. 

 

Una ventina di minuti più tardi è il turno della stazione di Piadena a far da spettatrice alle nostre effusioni esibizionistiche. Il finestrino, come una tv a luci rosse, trasmette i nostri toccacciamenti osé e le carezze che non lesiniamo per niente agli spettatori esterni più attenti nell’osservazione minuziosa del lento convoglio. 

 

Più tardi, poco prima di arrivare alla meta del nostro viaggio Mantova, dei fortunati lavoratori nei campi colgono sulla virtuale tv che scorre loro davanti, la nostra nuova congiunzione in replica solo per loro. Qualche fischio e gesti della mano accompagnano la nostra congiunzione mentre incito Lucy a salutare educatamente quei potenziali spettatori che neanche hanno pagato il canone.  

 

 Scesi alla stazione di Mantova, poco dopo ci avviamo verso quella dei bus dove prenderemo quello che ci porterà con un nuovo viaggio a destinazione.

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