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Tutte Le Strade Portano In Scozia

By 6 Gennaio 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

“Ci colleghiamo subito in diretta da Ginevra dove c’è il nostro inviato Davide Politani.
Si, grazie per la linea studio. Vi riporto subito l’esito dei sorteggi per le italiane impegnate negli ottavi di Europa League.

Lazio-Benfica

Inter-Dnipro

Sassuolo-Besiktas

Fiorentina-Celtic Glasgow”
-Sorteggio difficile- pensai tra me e me mentre il treno raggiungeva la piccola stazione di Brest, nord della Francia dove ad aspettarmi c’era mia cugina Daniela che mi avrebbe riportato a Le Conquet.
Ogni volta che tornavo in quella piccola cittadina forti emozioni innondavano i miei sensi. Il profumo dell’oceano, il gracchiare dei gabbiani, la salsedine sulle auto, i pescherecci attraccati al porto e il vociare così differente dal mix eterogeneo a cui ormai ero abituato a Parigi riempivano e riaccendevano le mie sinapsi facendo riemergere tanti ricordi ormai passati da ben tre anni.
Sembrava ieri, quando solo e spaesato mi trasferii qui per iniziare una nuova vita ed in pochi mesi ritrovai l’amore per Daniela, quello nuovo per Margot ed infine l’amore vero e limpido per mia moglie Amelie.
Eran quattro mesi che non facevo più visita a mia cugina e alla sua compagna; il nuovo direttivo Kelion mi aveva assegnato il controllo del reparto logistico di Parigi e quindi i miei viaggi a cadenza settimanale verso Brest furono annullati.
Il caso volle però, che il mio vecchio responsabile di zona raggiunse l’ambito traguardo della pensione e con insistenza volle invitarmi alla cena tra ex colleghi; non potei rifiutare e dopo averne parlato con Amelie (che era in dolce attesa di ormai sette mesi) organizzai il finesettimana. Lei non se la sentiva di viaggiare perciò invitò una sua amica per farle compagnia a casa durante la mia assenza.
Era uno splendido venerdì sera di inizio marzo quando fischiarono i freni del treno interregionale; l’altoparlante annunciava l’arrivo a Brest con 5 minuti di ritardo e in quel momento scorsi il viso di Daniela, sempre giocondo e arrossato sulle guance, in mezzo alla folla di pendolari.
Quando scesi dal vagone mi corse incontro abbracciandomi come avrebbe fatto con un figlio. Mi prese il viso tra le sue dolci mani e mi baciò energicamente le guancie continuando a ripetermi:
-Quanto sei bello Luchino, quanto mi sei mancato, allora come va la tua mogliettina? Deciso il nome? Ti trovo bene! Bello che sei!-.
In mezz’ora circa di automobile raggiungemmo Le Conquet e una volta entrati in casa notai che non c’era traccia della compagna di Daniela:
-Ma Margot non c’è?-
-No, mi son dimenticata di dirti che è partita con il suo gruppo di preghiera verso Santiago de Compostela, e sai che quel genere di cose non le tollero, perciò ci facciamo il weekend separate-
-Cavolo, ti sei trovata proprio una fondamentalista cattolica!-
-Ricordo che me l’hai presentata tu caro Luchino!- e ridemmo all’unisono.
Il tempo di una doccia, mangiammo kebab preso d’asporto e dopo l’immancabile caffè ci sedemmo sui grandi cuscini posti alla base della grande finestra che si affacciava sull’oceano.
Ci aggiornammo su come procedevano le nostre vite, mi raccontò aneddoti sui nostri famigliari rimasti a Firenze e mi ragguardò sugli inevitabili problemi di salute che Margot doveva affrontare per via dei suoi 65 anni.
Io le parlai dapprima della serena gravidanza di Amelie, poi delle nuove responsabilità alla Kelion ed infine anche della Fiorentina.
Poi, senza nessun preavviso, Daniela si protese verso di me baciandomi dolcemente le labbra e pian piano le nostre lingue furono pronte per intrecciarsi e roteare all’unisono.
Era la meravigliosa abitudine che si era instaurata tra noi; senza proferir parola sapevamo quanta libido e quanto desiderio provassimo l’un l’altra.
Il cielo terso e stellato ci invitava a scendere in spiaggia così preparammo un thermos di thè caldo e due coperte.
Il buio più profondo che ci circondava era sfidato da qualche timida luce proveniente da Le Conquet e solo le stelle parevano vincerlo.
La solennità dell’atmosfera ci portò a riflettere sul futuro e a dove ci saremmo visti tra dieci anni:
-L’importante è di averti sempre nella mia vita, anche tra trent’anni- le sussurrai dolcemente all’orecchio e per risposta lei mi baciò riprendendo il discorso accantonato prima. Forse involontariamente, la sua mano toccò la patta dei miei jeans trovandovi sotto una ragionevole erezione. Con l’intesa di uno sguardo abbassò la mia cerniera e prese a massaggiarmi il membro; appena constatata la piena turgidità lo sfilò dai boxer iniziando una lenta sega. Poi, con quello sguardo malizioso che la contraddistingue, smise di baciarmi e prese a lapparmi il pene per poi ingoiarne la punta e gran parte dell’asta.
Si posizionò di fronte a me tra le mie gambe riparata dalla coperta: il calore della sua bocca e della sua saliva lungo il mio cazzo sfidava le rigide temperature di quella notte di fine inverno regalandomi alterne sensazioni.
Quando il pompino fu implementato anche da un massaggio ai testicoli, la domanda della cugina fu inevitabile:
-Luchino, ma da quant’è che non ti svuoti?-
-Tre settimane, quattro giorni e forse dieci ore!- spiegai dopo essermi ripreso
-Amore mio, starai esplodendo! Hai le palle gonfie!- e le spiegai che Amelie ultimamente non se la sentiva più di aver rapporti per via della gravidanza.
-Ma tesoro, nemmeno un bocchino o una pugnetta ti fa la ragazza?-
-Diciamo che non sono il suo forte!-
-E allora tu non ti masturbi? Da ragazzino ricordo che eri sempre in bagno!- e ridendo riprese a spompinarmi abilmente.
Non riuscii nemmeno a veder scomparire in lontananza la luce di un peschereccio che la mia eiaculazione esplose dritta in gola alla golosa cugina che con magistrali movimenti di lingua spremette tutto il succo che da settimane conservavo; riuscì a berlo tutto, lasciandone uscire un rivolo dal lato destro della bocca. Ci risistemammo e dopo una romantica passeggiata tornammo verso casa mano nella mano. Mi anticipò salendo le scale davanti a me; col suo lento ondeggiare di glutei mi ravvivò l’erezione così la presi per i fianchi e cominciai a baciarla. 
Non staccandoci nemmeno un secondo entrammo nell’appartamento e ci spostammo sul divano ma nel momento di toglierle il maglioncino Daniela disse:
-Aspetta Lu! Spegni le luci!-
-E da quando fai la timida?-
-Dai scemo! Voglio il buio, sono ingrassata ultimamente, mi vergogno!-
-Ma lo sai che a me piaci da impazzire- e dicendolo levai la copertura di lana che mi mostrò l’effettiva lievitazione delle già abbondanti forme di Daniela.
I due grossi seni vestiti di pizzo nero, si univano ai rotolini di carne che teneramente scolpivano il busto della donna; estasiato le sflilai anche i jeans fascianti scoprendo cosi anche le voluminose coscie, con più di un filo di cellulite che quasi nascondevano il monte di venere impreziosito da un tanga dello stesso tessuto del reggiseno.
Sulle guancie di mia cugina faceva capolino il tanto famigliare rossore che accompagnava tutti i suoi imbarazzi ed anche tutte le sue eccitazioni.
Ancora una volta come in tutti i numerosi precedenti mi trovavo attratto, magnetizzato ed eccitato dinnanzi alla sua figura; non è la sola bellezza canonica ad incantare, ma è l’incredibile quantità di sfaccettature contenuta nella parola “bellezza” che continua a meravigliarmi.
La feci sdraiare sul tavolo e le sfilai lentamente il perizoma, allargò le gambe mostrandomi finalmente la grossa vagina completamente depilata; mi inginocchiai, e con il viso ad altezza del tavolo iniziai un lento e profondo cunnilingus. Il profumo che emanava era forte e pungente, sentivo vagamente pure il detergente intimo usato forse ore prima; le prime leccate furono abbastanza asciutte, poi già alla quinta e alla sesta,le grandi labbra rilasciarono quel succo paradisiaco che tanto aspettavo. Come in ogni precedente il primo assaggio mi innondò col suo sapore, legandomi le papille gustative come quando si assaggia un frutto ancora un po acerbo; poi abituandosi pian piano, tutto divenne più dolce e sempre più abbondante, finendo quasi per berne piccole sorsate.
Ovviamente Daniela non ne fu indifferente e dimenandosi come una tarantolata raggiunse facilmente il primo orgasmo; provò a scansare la mia testa ma io non ne avevo a sufficienza e come un assetato ripresi con foga la lappata e assestai un’altra serie di leccate che le fecero schizzare seme vaginale finendo per bagnarmi viso e t-shirt. Esausta si raggomitolò sul tavolo mentre io approfittai della pausa per chiamare Amelie ed augurarle la buona notte:
-…buona notte amore mio, riposa bene e fai tante coccole al tuo bel pancione…- e terminai la telefonata.
Sempre sdraiata sul tavolo Daniela si sollevò sui gomiti:
-Quanto vorrei essere io il tuo amore e giacere tutte le notti con te- disse con una punta d’invidia:
-Ma vuoi dire che non ti amo? Forse non ti faccio sentire tutto il mio amore?- e denudandomi sotto gli occhi sbarrati, ammiranti e desiderosi di mia cugina mi avvicinai mentre mi massaggiavo il glande già fieramente turgido.
Le presi dolcemente la mano aiutandola a scendere dal tavolo,le sganciai il grosso reggiseno lasciando libere le spendide ed abbondanti mammelle, la girai di spalle inarcandole la schiena e mentre lei diceva -Ma certo Luchino, so che mi ami, solo che….- le piantai, lentamente ma senza sosta, il mio pene nel suo caldo, burroso ed allenato ano; all’istante smise di parlare ed allargandosi con le mani i glutei, mi aiuto a completare la penetrazione.
Una volta entrato per tutta la lunghezza iniziai a scoparla senza sosta facendola tornare in posizione eretta; muovendoci insieme a piccoli passi mi condusse verso una cassiettiera dove le donne tenevano la loro collezione di falli in silicone.
Subito l’occhio mi cadde in direzione dello storico dildo in silicone trasparente con le gobbette, cimelio di Daniela e “chiave” che ci permise di abbattere ogni barriera tra noi. La mia mente ripercorse velocemente gli ultimi cinque anni della mia vita: la scoperta di Daniela, la perdita del lavoro e Chiara che mi scarica, il trasferimento in Francia e tutti gli amici e parenti lasciati in Italia. Non sò quale collegamento logico il mio cervello stava facendo ma improvvisamente si materializzò davanti l’immagine di Flavia, ovvero la sorella minore di Daniela, che fino a qualche anno fa viveva a Glasgow, in Scozia.
Tornai lucido sull’amplesso e vidi che la mia partner si stava titillando la vagina con un piccolo vibratore in acciaio, così mi sfilai dal suo sfintere e sempre con decisione la portai sul divano. Aprendole le gambe indirizzai il vibratore nell’ano dilatato mentre io mi posizionai alla missionaria e, sprofondando la mia verga dentro la sua calda bagnata ed accogliente tana, ricominciai a stantuffarla facendola urlare dal piacere. Per attenuare le sue urla, mia cugina appoggiò la sua bocca al mio petto così da liberarmi la visuale verso la libreria; lo strano gioco di collegamenti che la mia mente stava architettando mi portò ad osservare il libro fotografico realizzato in occasione degli ottant’anni della società Viola; istantaneamente mi tornò in mente Flavia e subito la associai alla partita Celtic Glasgow-Fiorentina in programma quindici giorni dopo.
Se il mio cervello rimbalzava veloce, il mio pene iniziava ad essere sull’orlo di tracimare così accantonai ogni pensiero e iniziai a baciare Daniela, che rossa e sudata non capiva più come la stavo penetrando. Negli ultimi affondi utilizzai tutta la mia forza fino a schizzarle sborra calda dritta in pancia. Quando ci stendemmo uno fianco all’altro sentivo i muscoli addominali tirati e dolenti, sintomo della poca attività sessuale degli ultimi mesi; Daniela non si reggeva sulle gambe:
-Luchino, la tua Dani settimana prossima fa 51 anni, datti una calmata- così prendendo dei biscotti glieli porsi per recuperare energie.
Ci trasferimmo nel letto matrimoniale e prima di darle la buona notte le chiesi solo:
-Dani, ma Flavia vive ancora a Glasgow?-
-Si amore, perchè?- domandò assonnata
-Curiosità! Dormi ora- e spensi la piccola abatjour.
L’indomani mattina l’inconfondibile aroma di caffè mi riempì le narici.
Appena aperti gli occhi trovai Daniela che, seduta sul letto, stava lavorando al portatile; a fianco la mia colazione aspettava solo di essere divorata così salutai mia cugina con un bacio -buongiorno amore- e iniziai a sfamarmi.
Dal nulla Daniela mi domandò:
-Perchè mi hai chiesto di mia sorella?-
-No, così- glissai
-Luca! Perchè mi hai chiesto di Flavia?- l’espressione severa dietro a quegli occhiali da professoressa mi intimidirono così tanto che dissi la verità:
-Ma no Dani, calma, la Fiorentina gioca a Glasgow fra due settimane e visto che è da un po’ che volevo assistere ad una partita.. Beh 2+2..-
-2+2 una sega!- esplose rabbiosa -Luca che cazzo hai in mente?-
-Ma niente! Cosa vuoi che abbia in testa? Mi spieghi perchè sei tanto arrabbiata stamattina?-
-Ho le mie giuste ragioni- tuonò
-Ho una mezza intenzione di farmi la trasferta con un collega. Se vado a Glasgow e non la saluto nemmeno, sarei proprio una merdina, no?-
-No!-
-Dani calmati, è di tua sorella che stiamo parlando-
-Amore sei un adulto vaccinato ed indipendente ma dammi retta, stai lontano da Flavia. Io ti ho avvertito- e così dicendo chiuse il portatile, mi baciò e si diresse in doccia.
Visto che a mezzogiorno sarebbe iniziata la festa di pensionamento dell’ex collega mi affrettai a prepararmi. Ma il richiamo della mia formosa cugina, nuda nella grande doccia, era troppo forte per farmi desistere così mi tolsi i boxer e senza far rumore sgattaiolai dentro approfittando del fatto che lei era indaffarata nel farsi lo shampoo.
Presi il bagnoschiuma e mi insaponai le parti intime poi dolcemente puntai la cappella sulle grandi labbra liscie e bagnate che, senza il minimo attrito, mi fecero scivolare dentro alla vulva di Daniela; ansimando si appoggiò al muro piastrellato della doccia senza avere nemmeno il tempo di sciacquarsi la testa e la faccia. Il forte getto d’acqua rimbalzava sui nostri corpi ancora una volta incastrati tra loro, i grossi seni di mia cugina erano schiacciati contro la fredda parete piastrellata mentre per riflesso il suo sedere sporgeva in fuori spingendosi sempre più contro il mio pube.
Al culmine dell’amplesso ci fermammo, lei si sciacquò via lo shampoo e dopo un lungo bacio si inginocchiò di fronte a me pronta a ricevere, con la bocca spalancata e la lingua protesa, la sborra calda che defluì dal mio pene. Non ne sprecò nemmeno una goccia.
Quando uscimmo dalla doccia non potei far altro che rimanere ancora una volta ammaliato dalle rotondità della mia amante, che lucide e bagnate, raggiungevano il caldo asciugamano posto a due metri di distanza. Lo sbalzo termico le aveva inturgidito i rosei capezzoli che, nonostante la gravita spingesse in basso i grossi seni, puntavano in alto e brillavano alla luce del sole mattutino.
Si asciugò pian piano, facendo scivolare la salvietta lentamente, soffermandosi sui grossi seni e sollevandoli uno alla volta, per togliersi tutta l’acqua di dosso. Prese dal grosso barattolo posto sulla mensola una noce di crema idratante alla vaniglia e sensualmente iniziò a cospargersi braccia, seni, gambe e glutei.
Sapeva che la stavo osservando e sadicamente si soffermava a massaggiarsi le zone più sensuali sottolineando, con dei morsetti sul labbro inferiore, il piacere che si stava donando.
Come una molla mi tornò il membro d’acciaio; saltai fuori dalla doccia pronto ad afferrare ancora quell’abbondante tripudio di carne ma la sua mano tesa stoppò la mia azione:
-No no no no maialino!- ordinò -rimetti a posto il fucile!-
-Ma Dani io ho troppo voglia di te- provai a convincerla per concedersi un’ultima volta -sei la mia dea del sesso, l’eccitazione fatta donna-
-Smettila, paraculo che non sei altro- sentenziò -per oggi le mie mutande chiudono i battenti! Mi hai spaccato in due!- disse mentre inesorabilmente copriva le sue grazie con i vestiti -e poi sbrigati che tra poco devo accompagnarti alla festa-.
Come un bambino rimproverato dalla mamma, orecchie basse e “coda” tra le gambe, mi preparai per uscire.
Mentalmente salutai ancora una volta la tanto amata casa affacciata sull’Oceano Atlantico, con la sicurezza che sarebbero trascorsi parecchi mesi alla mia prossima visita. Presi posto in auto vicino a mia cugina e partimmo.
-Allora Luchino cosa hai deciso per Glasgow?-
-Non lo so Dani, però comunque vada resta serena che non succederà nulla-
-Fai come credi, ma fallo con la testa- e sostando con le quattro frecce dell’automobile vicino al ristorante “Le Maisonette” mi salutò baciandomi appassionatamente.

Tornato a Parigi, la routine quotidiana mi aveva completamente assorbito ed aveva già cancellato i ricordi del finesettimana a Le Conquet; avevo anche accantonato il progetto “trasferta scozzese” talmente ero oberato di lavoro.

Poi, in un freddo lunedì mattina, dopo la visita ginecologica Amelie mi annunciò che nostra figlia sarebbe nata esattamente tra 3 settimane con un parto cesareo, andando ad annullare le ansie per la data esatta.

Ingenuamente mia moglie disse:

-Papino goditi le ultime libertà, poi saranno solo pannolini e biberon- innescando in me una sindrome da Peter Pan che doveva essere assolutamente esaudita.

Con lo smartphone prenotai subito un volo con hotel per Glasgow e spiegai a mia moglie che si sarebbe trattato di un’ultima partita prima del lieto evento.

Poco prima dell’immancabile avviso delle hostess “siete pregati di spegnere ogni dispositivo o metterlo in -fly mode-” inviai a Daniela un messaggio: “DANI TRA 2 ORE SONO IN SCOZIA.. STAI TRANQUILLA, MI MANCHI”.

La luce rossa indicante le cinture che dovevano essere tassativamente allacciate sancirono la partenza dell’aereo.

Ad attendermi allo scalo scozzese c’era in prima fila Flavia con in mano un foglio con scritto “LUCA”. Portava un’elegante giacca marrone che le arrivava fino al ginocchio, due stivali col tacco ed un cappello in lana bianca abbinata alla sciarpa; se non fosse stato per il cartello difficilmente l’avrei riconosciuta.

I capelli castani appena acconciati sfoggiavano colpi di sole, il trucco molto curato ma non eccessivo e l’occhiale da vista senza montatura la rendevano senz’altro una bella donna.

Anzi lo era sempre stata, soprattutto rispetto a Daniela.

Flavia era la ragazza alla moda, indipendente ed emancipata, di successo, forse snob ma comunque la più amata da tutti; Daniela era quella disponibile, bruttina ed insicura. Quella che ti faceva pensare:”troverà mai un uomo?”.

Ma il tempo è galant’uomo e così il brutto anatroccolo si è trasformata il una manager di successo oltre che una pantera a letto, mentre Flavia dovette scappare in Scozia per riprendersi da un incidente di percorso che ne minò l’immagine.

Era il 2002 quando era impiegata come segretaria di una scuola elementare. Io ero ancora un ragazzino brufoloso, perciò non capii appieno la gravità dell’accaduto. Si era sposata con Guglielmo, il suo storico fidanzato, quando l’assunzione del nuovo maestro di motoria le annebbiò la ragione.

I saluti cordiali diventarono battutine, la cortesia diventò eccessiva gentilezza, le pause caffè motivi per flirtare, le strette di mano si tramutarono in abbracci, finchè diventó una vera e propria storia galeotta. All’inizio erano solo baci ed effusioni, poi l’attrazione e la libido li portó nel magazzino delle attrezzature sportive. Forse una soffiata o forse solo sfortuna, sta di fatto che la vicepreside Marrani, una fervente cattolica e stakanovista, li sorprese nel bel mezzo di un rapporto orale magistralmente condotto da Flavia. Le conseguenze non tardarono ad arrivare ed ovviamente furono devastanti. Denuncia per atti osceni in luogo pubblico e licenziamento immediato. Patteggiarono per evitare la denuncia e rinunciando alla liquidazione persero “solo” lavoro ed i rispettivi compagni. Inoltre quell’amore che sembrava un fiume in piena di passione non duró al di fuori di quelle mura; si lasciarono e Flavia dovette scappare per nascondersi dalla vergogna che aveva arrecato alla sua famiglia.

Scelse, memore di una gita scolastica che le era particolarmente rimasta nel cuore, di trasferirsi a Glasgow:

-Luca, Luca, Luca eccomi!! Luca sono qui!!- urlò facendo di tutto per farsi notare.

Con un cenno della mano le feci capire che l’avevo vista, poi con estrema calma la raggiunsi in una zona più tranquilla:

-Luca tesoro mio fatti abbracciare, sei diventato un uomo adesso, devi raccontarmi tutto tutto!- ed uscimmo dal terminal scozzese che a quell’ora pullulava di gente e valigie. Un taxi ci prelevò per condurci al mio hotel visto che non volevo pesare troppo su Flavia ma quando  provai a comunicare al tassista la via del Best Western Hotel mia cugina mi zittì dando un altro indirizzo al conducente:

-No man, please bring us at 6th Winter Garden Avenue- e poi aggiunse – non esiste che il mio cuginetto non sia mio ospite, anzi cancella la prenotazione che ti rimborsano- sapevo quanto potesse essere insistente, perciò ringraziai e iniziai con lo smartphone la procedura di cancellazione gratuita del booking. Immaginai che, se ne fosse venuta a conoscenza, Daniela sarebbe andata su tutte le furie e probabilmente avrebbe fatto telefonate di raccomandazioni e minacce a Flavia.

Ancora non comprendevo i motivi che disturbavano tanto Daniela; forse avevano litigato, forse c’erano vecchie invidie mai sopite o forse Flavia sapeva o sospettava del nostro sentimento.

Provai a non pensarci quando arrivammo nella palazzina dove risiedeva mia cugina.

Al secondo livello di un edificio abbastanza vecchio e squallido con al pianoterra una macelleria c’era la casa rifugio di Flavia; appena entrati nell’androne del palazzo approfittò del mio giaccone aperto per infilare le braccia attorno al mio torace ed abbracciarmi:

-Finalmente sei qui cuginetto, tutto per me per qualche ora.. Bello sei! Ora saliamo e ci mettiamo comodi-.

Entrammo in casa che erano già le 23:

-Benvenuto Luca, voglio che ti senta a tuo agio. La casa è piccola ma so come far sentire a proprio agio i miei ospiti-.

Definirla piccola era un complimento: la metratura non superava i 40 mq, c’era un piccolo cucinino e il bagnetto, un divano che sicuramente si trasformava in letto e una televisione. Il resto della casa era tappezzato da cianfrusaglie, qualche foto e qualche libro sparso nel poco spazio rimasto.

-Flavia non era davvero necessario che ti scomodassi, mi sarebbe bastato l’hotel-

-No no no no Gioia. Non mi sarei fatta scappare l’occasione di passare un po di tempo con te, certo dovremo dividerci il letto ma dai.. Ci divertiremo-.

Chiesi di poter usare il bagno per una doccia e chiudendomi la porta alle spalle ripercorsi mentalmente la prima notte a casa dell’altra cugina, Daniela. In quella fredda notte, bloccato dalla neve, nel suo bagno trovai un vibratore che poi è diventò la chiave di volta per entrare nella sua intimità. Provai istintivamente a frugare nei cassetti e nel mobiletto ma non trovai nulla; sconsolato mi vergognai per la mancanza di rispetto verso la privacy di Flavia e senza indugiare mi lavai via pensieri e stanchezza del viaggio. Pulito e profumato tornai in soggiorno dove Flavia stava aprendo il divano letto; sistemò le lenzuola ed entrai per primo. Senza il minimo problema iniziò a spogliarsi seduta a bordo letto; imbarazzato feci finta di consultare lo smartphone ma non potei non notare il grosso tatuaggio, interrotto solo dal reggiseno, sulla parte bassa della schiena: una fata rannicchiata con mani e caviglie incatenate ma con le ali spiegate. Non potei far finta di nulla, perciò deglutendo, chiesi:

-Wow che bel tatuaggio, da quanto tempo c’è l’hai?- e senza nessun imbarazzo si girò verso di me mostrandomi i grossi e sodi seni fasciati da un intimo in raso nero

-L’ho fatto appena mi sono trasferita qui, è simbolo di libertà incondizionata perché ho pensato che comunque vada nessuno potrà mai limitare ed incatenare il mio spirito- sorrisi con fare comprensivo ma lei incalzò

-Probabilmente eri troppo piccolo quando è successo il guaio ma sicuramente ti saranno arrivate all’orecchio diverse voci, purtroppo le malelingue corrono più veloci di noi e perciò preferii scappare piuttosto che essere motivo di vergogna per i miei genitori. Nessuno mi ha aiutata e nessuno ha preso le difese.Ma ora mi sento decisamente più forte di…- fortunatamente il mio telefono inizió a squillare e scusandomi risposi.

-Aló mon amour [….] ui je t’aime, bon nuit- riattaccai -scusa era Amelie, le ho dato la buonanotte, ti manda i suoi saluti-

-Grazie, quanto è sexy sentir parlare francese; non le hai detto che dormi qui da me, nemmeno mia sorella ne è al corrente, vero?- domandò mentre indossava il pigiama e ricopriva quel meraviglioso seno

-No beh effettivamente mi son dimenticato di dirglielo ma non è sicuramente un problema, credimi-

-E a mia sorella?-

-Ma non devo mica renderle conto dei miei programmi, cosa te lo fa pensare?-

-Sai, è molto strana la vostra relazione, mi ha dato delle curiose sensazioni il vostro rapporto, capisco che tu per lavoro ti sei trasferito in Francia, ma lei? Comunque se vuoi parlarne sappi che io sono una buona ascoltatrice- e sogghignando si infilò sotto le coperte,

-Credimi che non c’è nulla di sospetto o strano, solo un fortissimo affetto- provai a divincolarmi -voi due piuttosto avete ridotto al minimo il rapporto- contrattaccai.

Dopo un interminabile minuto di silenzio lei sbottò:

-È sempre stata gelosa perché io al maschio lo faccio rizzare, lei al limite fa compassione! Ora dormiamo che domani ho in programma una grande giornata per te- e spegnendo la luce si girò dandomi le spalle.

Nel buio totale solo l’insegna luminosa della macelleria faceva filtrare qualche lumen dalle persiane semichiuse; provai e riprovai a prendere sonno ma il mio solito problema di mal adattamento al cuscino mi tormentò per due ore. All’una, nel silenzio intervallato solo dal passaggio di qualche auto in strada, iniziai a percepire dei movimenti leggeri e silenziosi da parte di Flavia. Sentii l’inconfondibile rumore di un cassetto che si apre e richiude e poi, dopo pochi secondi, un leggero ma continuo movimento del braccio e dei gemiti soffocati nel cuscino; si stava sicuramente masturbando, forse con un vibratore o con qualche altro gioco erotico.

Non so perché ma la cosa non mi turbò più di tanto, anzi mi incuriosiva sapere se lei voleva farsi scoprire o meno ma la lasciai fare e dopo pochi minuti la sentii contrarsi e poi rilassarsi. All’improvviso un leggero ma chiarissimo profumo di vagina mi invase le narici dandomi prova certa che aveva raggiunto l’orgasmo. Ripeté il movimento furtivo per riporre l’oggetto del godimento e si addormentò serena. La mattina successiva mi comunicò che era in programma una rigenerante gita al Blythswood Square Spa & Relax esclusivo centro benessere nel cuore della metropoli, perciò dopo aver comprato infradito, costume e accappatoio in un negozio vicino ci recammo nella struttura.

Mi cambiai e aspettai pochi minuti la mia compagna nel piccolo corridoio che separava gli spogliatoi dalla zona termale; quando uscì rimasi basito dallo stato di incredibile forma fisica di Flavia. Innanzitutto una buona abbronzatura su tutto il corpo, i piedi protetti da due infradito leggermente rialzati, due gambe toniche e liscissime che partivano da un bacino stretto è perfetto, le mutandine del costume fucsia erano sottili e lasciavano intravedere leggermente le grandi labbra vaginali; l’addome allenato ma non definito come una culturista era illuminato da un piercing ombelicale con brillante ed infine il seno alto, sodo ed abbondante era sorretto da un reggiseno a fascia senza spalline nero e bianco. Il viso, pur senza trucco e senza occhiali, era bello e armonioso e cozzava col pensiero che quello splendido essere avesse 49 anni.

Senza dir parola, sicura che la stessi ammirando, sfilò di fronte a me anticipandomi all’entrata della spa; non mi restò che ammirare i glutei pregni e perfetti coperti solo in minima parte da uno slip che, per questione di pochi centimetri, non potevo definire tanga.

Entrammo nella sauna finlandese dove la temperatura umida superava gli 80 gradi Celsius e subito iniziai a soffrire:

-Ma come cavolo fanno a star qui dentro gli svedesi? Ho già gli svarioni!-

-Devi rilassare la mente ed il corpo e sentire tutti i pori della tua pelle che si dilatano- disse serenamente, come se non avvertisse il caldo.

Dopo pochi minuti però dovetti uscire, sentivo la testa pesante ed un accentuato malessere:

-Non fa per me, vado nel bagno turco che fa meno caldo-

-Due minuti e ti raggiungo!-rispose.

Appena entrai vidi nella condensa di vapore acqueo, causato dai 50 gradi celsius con il 100% di umidità, un doccino di acqua fredda che serviva per rinfrescarsi; pensai subito ad un piccolo scherzo da fare a Flavia.

Mi nascosi nel punto più lontano nascosto dalla nebbia e appena la vidi entrare la lavai completamente di acqua ghiacciata:

-Guarda che sei proprio stupido!- esclamò mentre io stavo ridendo di gusto -in questo posto ci si dovrebbe rilassare- e con una sensualità disarmante si strizzò seno e costume facendosi colare lungo il corpo l’acqua assorbita. Restai ancora una volta senza fiato poi fortunatamente iniziammo a parlare del più e del meno; ricordi scolastici, concerti visti e prime esperienze:

-Il mio primo bacio a stampo credo di averlo dato a Sara della 1G-

-Ma guarda che a stampo non conta!-

-Come no? È pur sempre qualcosa di intimo!-

-No no, fidati, anzi guarda- ed avvicinandosi fino ad appoggiarsi a me mi diede un bacio sulle labbra  lento, morbido, profumato ma casto.

Frastornato provai a replicare ma lei mi precedette:

-Vedi Luchino- si morse il labbro inferiore -non è un vero bacio- e appoggiando la testa alle fredde piastrelle chiuse gli occhi. Restai ad osservare il suo meraviglioso ed atletico fisico imperlato da sudore e acqua e pensai al corpo giunonico, imperfetto ma altrettanto irresistibile di Daniela; mi chiesi fin dove si sarebbe spinta Flavia e se era proprio questo che temesse sua sorella. Il nostro amore incestuoso era così facilmente intuibile oppure Flavia era stata abile a cogliere i pochi indizi?

Quando entrammo nella vasca con idromassaggio c’era già una coppia di ragazzi che si baciavano appassionatamente ma smisero per non crearsi  disagio e dopo pochi minuti di silenzio imbarazzante salutarono e si trasferirono nella sauna.

Era una magnifica vasca rettangolare con dei lettini sommersi in tubo d’acciaio che sparavano aria in più punti andando a stimolare muscoli e fasce nervose; il soffitto basso e reso simile ad una volta stellata da migliaia di led, le pareti ricoperte di roccia naturale, e l’aroma terapia che prepotentemente librava nell’aria odori di sandalo ed incenso rendevano magica l’atmosfera.

-Wow, è fantastico qui- provai ad argomentare -chi te l’ha fatto scoprire?-

-Qualcuno che non ho baciato a stampo- canzonò mia cugina;

-Ancora con questa storia? Allora ricordo il primo vero bacio, fu orribile perché lei portava l’apparecchio dentale e nel baciarci immaginavo che mi avrebbe tagliato con tutto quel ferro; anche se non successe ero terrorizzato-

-Povero cucciolo!! E invece il miglior bacio ricevuto?-.

La domanda mi fece riflettere, presi un attimo per rispondere e scorsi con la mente gli anni di baci passionali. Mia moglie Amelie era brava e passionale ma non era una gran baciatrice, Daniela era porca e preferiva il sesso ai baci, madame Picard era fuori dalla classifica; altre ragazze non mi ricordavano nessun bacio spaziale, poi di colpo lei. Il dolore sopito da anni, la donna perfetta e metro di giudizio con le altre, insomma Chiara;

-È il bacio più bello che ricordi, ma senza dubbio è il più doloroso da ricordare; con la mia ex fidanzata, a Bora Bora su un molo la sera prima di tornare, le dissi che comunque sarebbero andate le nostre esistenze l’avrei sempre tenuta nel cuore e mi baciò con tutto l’amore possibile- mi immersi fino alle narici per poi riemergere – ma ora basta tristezza- e mi girai a guardare Flavia che sorniona mi puntava.

-E questo bacio a che posizione lo metti?- con un movimento leggero si avvicinò baciandomi prima con le labbra chiuse, poi iniziando a morsicarmi le labbra vinse la mia flebile resistenza e ci baciammo facendo roteare all’unisono le lingue. Non smise un secondo di guardarmi negli occhi, non li chiuse mai mentre le mie mani inevitabilmente accarezzavano quel corpo liscio ed immerso nell’acqua calda.

Quando finì si mise sdraiata ancora in acqua e come se non fosse successo niente mi disse:

-tra dieci minuti abbiamo un massaggio prenotato-.

Ci separarono in due stanze diverse per ricevere il massaggio; una minuta ragazza asiatica molto graziosa mi disse gentilmente di togliere il costume e indossare uno slip di carta molto sottile che andava a coprirmi solo il pube. Disteso sul lettino mi stupii della forza che imprimeva quella massaggiatrice nei suoi movimenti; la stimolazione plantare e cervicale mi misero in uno stato di totale abbandono ed il tempo volò. Mi stupii sentendo che si stavano dando probabilmente il cambio due massaggiatrici, poi una volta ricominciato il lavoro mi rilassai in posizione prona pensando però che la prima ragazza ad avermi coccolato fosse più brava.

La seconda però era più audace e massaggiando l’interno coscia si avvicinava sempre più alla mutanda cartacea dove, dopo un principale sonno, si stava risvegliando il mio organo; quando fu inevitabile nascondere l’erezione dissi: -I’m sorry- e di risposta sentii sussurrato:

-No problem- subito dopo però la situazione precipitò. L’inconfondibile rumore di carta che si rompe mi indicò che ero stato denudato e senza aspettare la ragazza prese la mia asta a due mani calde ed oleose iniziando un lento ma continuo su e giù. Imbarazzato e confuso sperai che il tutto era compreso nel trattamento standard ma quando sentii l’inconfondibile morbidezza delle labbra sulla cappella mi alzai di scatto togliendomi il panno umido sugli occhi :

-Flavia ma cosa ti salta in testa!- dissi quando vidi mia cugina intenta a farmi un pompino.

Facendo schioccare le labbra si tolse il pene dalla bocca e disse:

-Luca rilassati adesso, ci pensa la tua cuginetta a sgonfiarti queste belle palle- e riprese a leccare la cappella.

Non ce la feci a rispondere o a divincolarmi, probabilmente non ci provai nemmeno; non potei far altro che godere dello spettacolo appoggiato sugli avambracci. Flavia leccava e mi masturbava con lenta maestria, avvolta in un morbido asciugamano bianco e con uno più piccolo avvolto come un turbante per asciugarle i capelli. Quando raggiunsi il limite sussurrai -sto venendo- e lei si staccò con la bocca e con un lento movimento della mano mi fece sborrare placido sulla mia pancia. Mentre mi guardò per interminabili istanti, con quei profondi occhi castani giocherellava con le dita, usando lo sperma come il vischio creando filamenti che poi tornava ad impastare col resto. Mi porse della carta per pulirmi, mi diede un bacio in fronte, portò ed assaggiò il dito intriso del mio seme e se ne andò sculettando in direzione degli spogliatoi.

Usciti dalla Spa ci fermammo per mangiare un panino e bere una birra, poi mi fece visitare abbastanza velocemente lo Science Center, ovvero un museo planetario, e la George Square di Glasgow. La città oggi può essere considerata una specie di miracolo. Solo 20 anni fa, era considerata un miscuglio senza speranza di povertà, disoccupazione e violenza urbana. In pochi anni l’Europa ha assistito, in alcuni casi incredula, al passaggio da città malfamata a capitale del design e della cultura. Il forte contrasto tra il barocco e il moderno sicuramente la rendono una dei migliori esponenti del rinnovamento urbano europeo.
Giravamo mano nella mano come due fidanzati ma non ci furono effusioni e altri baci; quando fu il momento di andare allo stadio mi informò che aveva comprato il biglietto per passare ancora qualche ora insieme.

Così armati di sciarpa viola ci recammo insieme a diverse centinaia di tifosi italiani nel settore ospiti del Glasgow Park.
I cori, i tamburi e le emozioni della partita facevano vibrare i nostri corpi infreddoliti che saltando e cantando provavano a scaldarsi. A poche manciate di secondi dalla fine, con le squadre sempre sullo 0-0 un pallone recuperato dal nostro portiere e lanciato in campo aperto stesero una prateria davanti al nostro golden boy:

.

Più l’attaccante si avvicinava al gol è più ci stringevamo l’un l’altro esplodendo poi in un urlo travolgente culminato con un bacio sulla bocca a suggello della grande vittoria. All’uscita dello stadio si sentivano solo cori viola e dall’euforia ci fermammo in un chiosco per comprare una bottiglia di scotch.

Iniziammo a berlo in taxi mentre le urla e la festa riecheggiava nelle nostre orecchie. Appena entrati nell’appartamento Flavia si buttò tra le mie braccia e riprese a baciarmi con foga, mi tolse la giacca ed il maglione con la maglietta; iniziò a premere sul mio petto con le unghie smaltate di nero e a spingersi col bacino contro il mio. Il sapore dei suoi baci era forte come l’alcolico appena bevuto e morbido come le sue labbra; il suo seno appoggiato al mio busto chiedeva solo di essere palpeggiato e ogni fibra del mio corpo desiderava Flavia. Sicuramente voleva scopare ma non potevo permettermelo perché il rapporto con Daniela era estremamente confidenziale e avrei dovuto confessarle la tresca con sua sorella; non volevo perdere il suo amore, la sua fiducia e forse anche di più.

Provai ad allontanarla gentilmente e a spiegarle:

-Flavia stiamo sbagliando tutto, ti voglio bene, sei una donna bellissima ma sei pur sempre mia cugina!- dissi falsamente come se gli anni di passione con sua sorella non ci fossero mai stati -dobbiamo cancellare gli avvenimenti di oggi è recuperare un rapporto più sano-

-Fanculo Luca! Fanculo tu e quella stronza di mia sorella! Lo so che te la sbatti da anni! Lo so che ogni volta che vi vedete la scopi in ogni buco. Credi che lei non me l’abbia mai rinfacciato indirettamente? Credi che sia una santarellina o che non mi vuole umiliare ancora di più? Sono 15 anni che sono esiliata da tutto e da tutti e per cosa? Un pompino! Io sono più bella, porca e disponibile di quella vacca di Daniela e tu mi dici queste cazzate?- ed iniziò a spogliarsi.

Via la giacca, i jeans e gli stivali, il maglioncino ed il dolcevita; calò lentamente il tanga mostrando la vagina con una piccola striscia di pelo castano è la zona leggermente più bianca rispetto al corpo abbronzato; poi il reggiseno sganciato e sfilato da sotto il braccio che reggeva i grossi seni. Quando li liberò dalla presa notai come la natura avesse donato un seno prosperoso ad entrambe le sorelle ma rispetto a Daniela, quello di Flavia era più sodo e sostenuto.

-Sei certo di voler rinunciare a questo?- domandò certa che avrei ceduto:

-Flavia tu sei bellissima ma credimi che con Daniela non c’è nien…-

-Shhhhh- mi zittì e sedendosi sul letto di fronte a me iniziò a sgrillettarsi la vagina che dopo qualche istante rispondeva alle stimolazioni diventando più morbida. Con la mano libera stappò la bottiglia di scotch e se ne versò la poca quantità rimasta in bocca, per poi spruzzarlo e in parte sul seno e poi giù, prima nell’ombelico e infine sulla figa. Aiutata e forse stuzzicata dall’alcool aumento il ritmo della masturbazione, raggiungendo l’orgasmo tanto agognato; con le mani si sollevò un seno bagnato dal liquore e leccò la parte superiore, non riuscendo a raggiungere il capezzolo.

Con grazia ed estremo erotismo utilizzò la bottiglia per una leggera penetrazione che la condusse in breve tempo ad un secondo orgasmo accompagnato dallo spasmo dei muscoli addominali e un rantolo di piacere. Si alzò e ancheggiando mi raggiunse, mi spinse a sedere su una sedia poi con fare materno mi porse i seni lavati di scotch e li baciai e leccai via tutto il liquore andando a ripulire anche l’ombelico col piercing. Con una granitica erezione non mi capacitai di come riuscii a resistere a cotanta bellezza e abbondanza di eros, ma c’è la feci, e avvicinandomi al suo viso la baciai e  le dissi:

-Vorrei ma non posso- facendola indietreggiare e stizzita corse in bagno a ricomporsi per la notte.

Sentii che sommessamente pianse ed io con la stessa autostima di un verme non chiusi occhio.

Arrivammo in aeroporto dopo un silenzioso e imbarazzante viaggio in taxi; avevo ferito ed umiliato una donna che probabilmente aveva riservato lo stesso trattamento a chi amavo, ma comunque mi sentivo male. Dopo aver effettuato il check-in mi abbracciò freddamente e ci salutammo finché il metal detector non si frappose tra noi impedendoci la vista. Sull’aereo mandai un ultimo messaggio a Flavia:

.

Allo scalo parigino mi fece una grande sorpresa Amelie, che nonostante un pancione sempre più ingombrante, era venuta a prendermi:

-Cherì, mi sei mancato- disse, poi vedendomi un po abbattuto aggiunse -ha vinto Fiorentina no? Perché quel faccino triste?-

-Si sì amore mio, ho avuto solo un volo un po’ traballante- mentii e rincuorato dall’amore di mia moglie l’abbracciai.

Rientrando verso casa Amelie mi avvisò entusiasta che l’indomani sarebbero arrivate sua madre, Madame Picard, e Daniela per aiutarla a scegliere il vestito di nozze.

Avevamo deciso di sposarci in estate per garantire al futuro nascituro il meglio; Amelie adorava la fase organizzativa e la curava in ogni minimo dettaglio.

Incontrare così presto Daniela però mi lasciò spiazzato; una conto era renderle atto di cosa era accaduto con sua sorella al telefono, ma quando mi guardava dritto negli occhi, col suo sguardo profondo de interrogatorio, poteva carpire ogni mia più piccola bugia.

Quando arrivarono fu come sempre un momento di festa, i baci e gli abbracci si sprecavano, le previsioni sul sesso del bimbo ormai non le contavamo più.

Dopo un leggero pranzo al Bistrot Vivienne, Margot, mamma di Amelie, prese parola:

-Mi piacerebbe condividere il momento della scelta dell’abito con mia figlia e se per te non è un problema Danì, ti direi di aiutare Lùc nello shopping-;

Daniela mi guardò, per la prima volta enigmatica, poi rispose:

-Tutto quello che desideri amore mio, bell’idea- e dopo i saluti ci dividemmo.

Dopo pochi minuti di passeggiata provai per la prima volta imbarazzo a restare solo con Daniela; non sapevo cosa dirle, come dirle e quando dirle del soggiorno a Glasgow:

-A dirla tutta Dani, ho già pensato a ordinare le scarpe ed il vestito da una sartoria a Firenze. Mi consegneranno tutto fra un mese- sorrise;

-Lo immaginavo, sei troppo previdente e comunque non avrei sprecato le poche ore a nostra disposizione in un negozio- disse sicura del fatto suo -Qui vicino c’è un hotel a ore, allunghiamo il passo-.

Entrammo al motel Metró che erano le 13 dove nella hall semi deserta ci attendeva l’inserviente, una ragazza mulatta molto carina e cortese di chiare origini indiane; controllò i documenti, ci diede le chiavi ed arrivammo nella stanza 407. Temevo una discussione e temevo ancor di più di averla delusa, ma appena chiusi la porta della stanza mi iniziò a baciare e ricambiai l’effusione soddisfatto e sollevato; l’impeto che Daniela ci metteva ci fece cadere sul letto e iniziando a spogliarmi mi causò subito un erezione.

Una volta nudo e con l’asta in pieno vigore Daniela si posizionò tra le mie gambe e leccò per tutta la turgida lunghezza il mio membro; pensai di godermi un meraviglioso pompino dalla mia dea del sesso ma appena chiusi gli occhi lei parlò:

-Allora bello mio, raccontami qualcosa! Com’è la Scozia? Che mi dici della mia “amata” sorellina Flavia?- e continuando a segarmi lentamente ma costante lesse nei miei occhi la paura di una risposta.

Come potevo iniziare il racconto? Come potevo raggirarla con le parole ed uscire indenne? Decisi di prenderla alla larga e darle una verità ovattata di piccole bugie:

-Senza dubbio Glasgow è una città che merita di essere visitata, ma lo sai che vent’anni fa era considerata tra le più malfamate d’Europa? Abbiamo anche vinto perciò è stato ancora più bello; Flavia è stata fin troppo cortese e mi ha ospitato a casa sua. La mattina siamo stati alle terme mentre il pomeriggio sono stato al planetario, sai che è veramente meraviglioso?

Il mangiare non è poi così malvagio come credevo mentre tu e tua sorella avreste bisogno di un bel chiarimento faccia a faccia; nonostante tutto è stata una bella esperienza- e con un forte sospiro di sollievo pensai di averla scampata.

Senza aggiungere parola ricominciò a succhiare e a masturbarmi per un paio di minuti poi, come in precedenza, si fermò e chiese con naturalezza:

-Avete fatto sesso? Ti ha sedotto o ci ha provato con te? Quante volte vi siete baciati?-

-Ma no Dani che dici?- provai a glissare;

-Luca sembri un bambino con le mani sporche di marmellata,sii sincero e vedrai che non mi arrabbio-.

Vedendola così serena e tranquilla nel massaggiarmi il pene non potei far a meno di cedere e raccontai la verità:

-Ci ha provato dal primo minuto in cui mi ha visto. Mi ha baciato a tradimento ma non sono riuscito e forse non ho voluto oppormi. Quando ero disteso dalla massaggiatrice si è sostituita a lei e mi ha fatto un pompino; infine ieri sera si è denudata e masturbata di fronte a me. Ho resistito alla tentazione ma credimi che è stato difficile, è una donna bellissima e curata in ogni particolare; sospetta di noi, anzi ne è certa di quello che facciamo ma soprattutto è gelosa di te. Probabilmente impazzisce all’idea che tu mi puoi avere mentre lei non ci è riuscita; capisco che in passato ti ha trattato male ma non riesco a serbarle rancore, anzi mi ha fatto pena-.

I secondi che passarono dopo la mia confessione furono interminabili, Daniela mi osservava dal basso con il mio cazzo stretto in mano; scrutava e riscrutava cercando di capire se le avessi detto la verità.

-Ti sei comportato bene, vedo sui social network quanto bella e provocante è restata nonostante gli anni- ammise -sapevo che avrebbe fatto di tutto per portarti a letto, proprio per far sfregio a me. Dovrei ricompensarti per come hai agito, non credi?- con spirito rinnovato e la certezza di avere il mio cuore ricominciò per il terzo tempo a leccare ma questa volta non si fermò. Continuò aumentando il ritmo e ingoiando sempre più l’asta fino ad arrivare alla base; la sua salivazione aveva raggiunto apici mai toccati e il rumore dell’ingoio sembrava sempre più vicino a quando si fanno i gargarismi. Sembrava volesse dimostrarmi di essere lei tutto quello che potevo sognare, più pompava, più ingoiava e più le lacrimavano gli occhi, ogni tanto tossiva per evitare di rigurgitare finché, non l’avvisai del l’imminente eiaculazione; con esperti colpi di lingua e mano mi condusse al godimento e scaricai un potente flotto di seme caldo dritto in gola che ubbidiente ingoiò.

Le ci vollero un paio di minuti per riprendersi poi con la solita faccia da porca disse:

-Mi hai scopato la gola!-.

Le spogliai il cardigan e bottone dopo bottone le slacciai la camicetta che con fatica tratteneva il grosso e bianco seno; liberata dai vestiti si sfilò la gonna fin sotto al ginocchio e le mutandine restando con delle improbabili calze autoreggenti che le nascondevano la cellulite e le scarpe di vernice nera con un tacco appena accennato.

Ammiravo Daniela nel suo dolce sovrappeso, più simile alla Venere di Willendorf piuttosto che a quella callipigia, ma comunque in grado di suscitarmi eccitazione come forse nessun’altra; paonazza e visibilmente vogliosa cercava, con le mani e le braccia, di apparir ancora più erotica e al tempo stesso coprire le sue eccessivo rotondità.

Steso sul letto la feci sedere sul mio viso andando a scaricare il peso sulle ginocchia poste ai lati della mia testa; leccai quel passerone glabro, morbido e allenato, fino a farla bagnare mentre con indice e medio le stuzzicavo l’ano. Continuai fino all’orgasmo che col suo sapore amarognolo e mai banale mi inondò la bocca, quindi riacquistato vigore la feci mettere in posizione di smorza candela. La sua fisicità le imponeva movimenti lenti e poco sinuosi anche in camera da letto ma sopperiva col trasporto ed il coinvolgimento la mancanza di agilità; una volta impalata fino a farla poggiare sulle palle presi a stantuffare facendola godere e rimbalzare al mio stesso ritmo. La complicità e il feeling che si era creato tra noi rendevano automatici certi comportamenti, sapeva che doveva assecondare il movimento ondulatorio piuttosto che contrastarlo così da trarre maggior godimento dal mio sforzo; le grosse tette, profumate e velatamente sudate, mi sbattevano in faccia come forti carezze facendomi eccitare ulteriormente.

La mente ancora una volta riprese a fare salti logici e paragonò il seno prosperoso, albicante e abbastanza cadente di Daniela a quello comunque florido ma sodo, sostenuto ed abbronzato di sua sorella Flavia; pensai a cosa sarebbe accaduto se mi fossi fatto convincere da quella ninfa dell’eros assetata di rivalsa e vendetta, provai ad immaginare le reazioni che avrebbe causato ma non arrivai a nessuna conclusione.

Lo sfregamento dovuto alla penetrazione ci faceva sudare e rendevano il corpo di Daniela una tela con zone arrossate; le natiche burrose venivano schiaffeggiate fino a renderle porpora mentre i capezzoli turgidi erano preda di miei continui risucchi come a cercare un latte nutriente. Dopo diversi minuti mi chiese di cambiare posizione e messa a pecorina iniziò il suo show: tenendosi i glutei divaricati contraeva e rilassava il suo bell’orifizio anale che , già lubrificato dal liquido vaginale colato, “miracolosamente” restava sempre più dilatato spasmo dopo spasmo; quando lo penetrai era praticamente privo d’attrito ma appena le toccai la parete dello sfintere si contrasse fino a far forte presa sul mio cazzo gonfio e fiero. Gridava, ululava e godeva come una pazza noncurante di esser sentita dalle stanze limitrofe; forse il suo scopo era proprio quello di far capire a tutti che era in grado di rendere pazzo d’amore e desiderio un uomo di 22 anni più giovane. Allo stremo della resistenza mi supplicò di sborrare ma sentivo ancora di essere lontano dall’obiettivo:

-Coraggio amore, dai dai inondami il buco del culo, dai dai! Riempimi la pancia di sborra! Dai dai!- diceva ormai piangendo per lo sforzo; l’amaro troppo e non potevo portarla oltre perciò la feci stendere sulla schiena e vicino alla sua faccia iniziai a segarmelo.

Era paonazza, col trucco colato e spettinata; i grossi seni cadevano ai lati e le cosce erano arrossate e bagnate di umori:

-Luca bravo, sborrami in faccia, sulle tette, ovunque tu voglia. Sono la tua troia, dai dai, siii!- e vedendo che stavo per raggiungere l’apice, strinse i seni con le mani e raccolse il seme che generoso uscì dal mio pene innaffiandole il petto. Ci ripulimmo con dei fazzoletti di carta e in pochi istanti crollammo addormentati.

Ma il mio sonno fu subito tormentato dalla visione di Flavia che si sostituiva alla sorella; la sognai nuda e meravigliosa mentre la scopavo tenendola in braccio oppure a pecorina, come la sorella, ma con un culetto più sodo e senza cellulite; stavo per venirle sul viso quando sempre in sogno mi sussurrò:

-Non hai bisogno di Daniela, sono io la tua puttana! Vieni, torna da me!- e di colpo mi svegliai.

Mia cugina dormiva supina accanto a me, russava fievolmente esausta dall’intensa attività; purtroppo per lei il sonno agitato mi aveva fatto tornare granitico il membro che, violaceo, chiedeva ancora gloria. Le sollevai gentilmente le coscione, le feci appoggiare sul mio petto e con ulteriore cura la penetrai dolcemente così non si svegliò ma con qualche smorfia accettò il mio gesto.

La sua vagina era veramente bollente, bagnata ancora da prima e sempre ospitale; stando fermo dentro di lei ritrovai la pace e pian piano provai a scoparla cercando di non disturbarla. Nonostante dormisse emetteva soffocati gemiti e stringeva con le mani il cuscino e le lenzuola; andai avanti per 10 minuti finché, contraendo i muscoli addominali riuscii ad eiaculare direttamente nella figa.

Daniela si svegliò mentre io ero in doccia, si sentì piena di liquidi e pensando di essere venuta nel sonno si portò due dita dalla vagina al naso, ma vedendo che era seme maschile urlò divertita:

-Luchino, maiale che non sei altro! Che mi hai fatto? Mi hai scopata nel sonno?-

-Eri troppo carina mentre dormivi e non volevo svegliarti!-

-Sei un paraculo, ma ti amo- e mi raggiunse nel bagno.

Mi regalò l’ultimo spettacolo mentre si insaponava e lavava ogni centimetro di pelle, ballava e scuoteva quel bel sederone, felice di piacermi e di essere ammirata; purtroppo si fece l’ora di tornare a casa perché non volevamo insospettire le altre due donne.

Arrivammo quasi contemporaneamente e appena entrati in casa fummo sommersi dal racconto di Amelie riguardo pizzi, diademi, perle e corsetti da applicare agli abiti; pure sua madre era al settimo cielo per la giornata passata in compagnia della figlia ma soprattutto perché capì al volo che Daniela aveva goduto.

La particolarità di mia cugina era che quando faceva l’amore diventava paonazza, e quel rossore sulle gote restava presente per qualche ora. Chi, come Margot ed io, la conosce bene sa che quello è il suo specchio rivelatore ed infatti alla prima pausa pipì di Amelie, chiese sorniona:

-Cherì, come stai? È stato buono con te?-

-Mi ha distrutto, altroché! Non ce la faccio più a soddisfarlo da sola!- e risero di gusto mentre stava rientrando Amelie:

-Di cosa ridete?- chiese ingenua e sopraffatta da tutte le emozioni del periodo che stava vivendo;

-Prendiamo in giro tuo marito!-  esclamò Daniela -E’ un disastro nello scegliere i vestiti!- e ricominciarono a ridere di gusto coinvolgendo anche quell’angelo di mia moglie.

Non ricevetti nessuna risposta da Flavia, e nemmeno Daniela ne ebbe notizie; spesso la notte sogno di far l’amore con lei e al risveglio me ne vergogno quasi sapendo quanto scorretta sia stata con la persona che amo quanto Amelie.

Non saprò mai come si sarebbe evoluta la situazione con Daniela se avessi ceduto alle lusinghe e ai corteggiamenti di Flavia.

Chissà se un giorno la Fiorentina tornerà a giocare in Scozia?

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