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Tutto quello che desidero

By 25 Dicembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono stato attratto da lei dal primo momento in cui l’ho vista, alta 1 metro e 75, capelli corvini mossi, a coprirle le spalle, una bella quarta di seno tonica, stretta da camicette attillate che ama indossare, dalle quali sovente fa capolino un reggiseno che lotta per contenere tale grazia divina.

Il bel sedere, sodo, ben equilibrato spicca tra il sottile perizoma che lo incornicia ed è avvolto da pantaloni scuri ed attillati o anche spesso da gonne sopra la caviglia che, in questo caso, mettono in mostra gambe affusolate e muscolose, con quadricipiti e polpacci torniti da un’attività fisica costante.

Il suo passo orgoglioso fa muovere in armonia tutte le sue grazie che catturano l’occhio e lasciano che il povero spasimante occasionale resti a bocca aperta, desideroso di avere un qualunque contatto con tale meraviglia.
I Profondi e fieri occhi scuri concludono la figura e le conferiscono la profondità di una donna che sa il fatto suo.

Io sono stato fortunato, non l’ho cercata, ha cercato lei me, è venuta a conoscenza di un mio racconto e mi ha voluto incontrare. Ci siamo visti in un pub della nostra città ed ho dovuto attingere da ogni goccia del mio autocontrollo per evitare di saltarle addosso e strapparle di prepotenza la maglietta scura, che ancora di più metteva in risalto i seni dai caldi capezzoli che maliziosi puntavano verso di me.

Era appassionata, ed era colpita dal mio racconto, nel quale la protagonista, si lasciava completamente gestire dal suo uomo, pendeva totalmente dalle sue labbra e avrebbe fatto di tutto per accontentarlo.
Mentre mi parlava pensai che forse, questa donna così fiera e sicura di se, nascondeva il desiderio di essere controllata, comandata, di essere piegate alle voglie ed hai desideri del suo uomo, mi vennero in mente le più folli idee su come farla mia, prenderla in ogni modo e su come soddisfare ogni mio desiderio con quel sogno morbido che mi stava davanti. La immaginavo ammanettata al letto, bendata sul mio terrazzino con indosso solo le mutandine, inginocchiata davanti a me con il seno libero a ballonzolare ad ogni affondo della sua carnosa bocca sul mio uccello.
E poi infine, una sua domanda mi risvegliò, mi chiese se non mi andasse di scrivere qualcosa per lei, solo per lei.
Io fui più pronto nella risposta di come mi sarei mai aspettato e le dissi che ci potevo pensare, però perché il racconto fosse davvero coinvolgente lei avrebbe dovuto obbedire alle mie richieste, avrei potuto chiederle quello che volevo, decidere di farla vestire come mi pareva. Potevo anche decidere con chi sarebbe dovuta uscire e come si sarebbe dovuta comportare.
Questo al solo fine di creare una storia avvincente, al termine del racconto avrei perso questo privilegio su di lei. Ovviamente non sarebbe stata obbligata a fare quello che le chiedevo, ma questo avrebbe comportato la mancata creazione del racconto che mi chiedeva.

Non mi aspettavo che accettasse, ma volevo avere quella morbida preda tutta per me, ed ero pronto a giocarmi tutte le carme. Inaspettatamente mi disse che ci stava, i capezzoli puntavano sempre più sulla maglietta segno che quella provocazione la eccitava, mi stavo già pregustando il lago che doveva esserci dentro quelle fradice mutandine, mi stavo immaginando il calore delle cosce avvolte da quelle calze che le avrei volentieri tenuto come primo premio della mia eccitante idea.
Ma ancora non volevo correre troppo, ci salutammo con un breve bacio, che mi permise di gustarmi il suo caldo profumo e mi creò all’istante un’erezione che mi avrebbe accompagnato fino casa.

Continua’
Nei giorni seguenti ebbi tempo per fare il punto della situazione, Sabrina, ventottenne dalle calde forme era disposta ad assecondare le mie richieste in cambio di un racconto che la riguardasse.
Ancora non sapevo dove potevo spingermi e cosa potevo chiederle ma la sola possibilità di farlo mi riempiva di voglia di sperimentare e mi costringeva a darmi ripetute calmate per evitare una vita in continua erezione.
Decisi quindi di cominciare a provare, inventarmi una serie di regole che mi avrebbero fatto capire cosa potevo ottenere da quel tenero corpo, giunsi quindi un primo eccitante risultato.
La sentii al telefono e le dissi che ci saremmo visto ogni Venerdì, momento in cui il marito era occupato nella ricorrente riunione con i suoi responsabili, al locale in cui ci eravamo dati il primo appuntamento, lei avrebbe dovuto raccontarmi esattamente come aveva affrontato le richieste che le avevo fatto e avrebbe dovuto portarmi anche un dono, un pegno relativo alla richiesta di quella settimana, avremmo potuto stabilirlo di volta in volta o avrebbe potuto usare la sua fantasia.
Il locale era tranquillo, offriva una vasta terrazza in cui i clienti potevano, a coppie, sedere su comode poltroncine sorseggiando gustosi cocktail, ogni coppia distava di una sufficiente distanza dalla prossima questo avrebbe consentito la totale assenza di disturbi circostanti.

Lei Mi sembrava prenderci gusto, mi chiese che cosa volevo da lei per cominciare ed io decisi di iniziare il gioco:
‘Sabrina, da questa settimana voglio che dedichi ancor più attenzione alla cura del tuo corpo, devi essere sempre completamente depilata, voglio che solo una leggera strisciolina di peli sia presente al di sopra della tua micina
Voglio che ti masturbi ogni mattina senza venire e con la mano madida dei tuoi umori devi accarezzare tuo marito prima di uscire di casa, augurandogli buona giornata
Devi trovare qualcuno da sedurre, voglio che tu esca di casa priva di mutandine e reggiseno, che ti avvicini con un pretesto qualunque a quella persona e voglio che tu lo faccia impazzire, senza concederti ovviamente .
Pensi di essere pronta a questo?’
Sabrina attese un attimo prima di rispondermi e poi accettò, io ne fui ben lieto.

Quel venerdì ci incontrammo, si sedette vicino a me e mi porse la mano, subito non capii.
‘Mi avevi detto di portarti un pegno ogni venerdì no? E quindi, annusa la mia mano”
Si era ovviamente masturbata prima di raggiungermi, la sua mano ancora umida era piena di fragranza di donna, sensuale, intensa, mi fece sobbalzare sulla poltroncina.
Mi immaginavo la sua micina ancora pulsante, d’altronde se aveva seguito le mie regole non era ancora venuta’
Le mi guardò, calda, e cominciò a raccontarmi:
‘Mi sono depilata completamente, come mi hai chiesto, tranne che per una tenue striscia di peli subito sopra la micina, il mio compagno ha subito apprezzato la cosa e non perde occasione per passare con la lingua in rassegna tutto il mio corpo, ogni tanto ora mi immobilizza a letto e non mi libera finché non sono lucida della sua saliva, è molto eccitante e mi intriga il fatto che ora si soffermi sulle ascelle, all’inizio mi provocava uno strano solletico ma ora mi fa bagnare come mai avevo provato. Quando mi mangia la micia ormai priva di qualunque ostacolo vado in estasi, mi sento esposta e delicata come una ragazzina.
L’idea di masturbarmi ogni mattina per te, mentre mio marito si gusta il suo solito caffè nell’altra stanza mi ha eccitato alla follia, ogni mattina non vedo l’ora di darmi piacere, nel letto, da sola, raggiungo i caldi seni con mano, chiudendo gli occhi e lasciando che le fresche lenzuola lambiscano la mia carne. Con la mano libera, che tu oggi hai potuto assaggiare, raggiungo la mia gattina e la risveglio, prima con un dito e poi, non appena completamente fradicio, ne succhio i delicati succhi: in quel momento mi è venne una nuova idea, misi sotto il sedere il cuscino di mio marito, in modo che ogni goccia della mia micina finisse su quel tessuto e che ogni suo sogno fosse pervaso dai miei umori. Riparto quindi con due dita e poi con tre, finché completamente estasiata comincio a rantolare da sola nel letto, pregando per un palo di carne che lenisca il mio desiderio al più presto. Al limite dell’orgasmo smetto, con la mano gocciolante di caldo succo di passera.
Raggiungo quindi mio marito al termine del caffè e gli accaro il viso, lasciandogli piccole gocce del mio piacere sulle guance, avvicinando le labbra al suo orecchio ed augurandogli buona giornata.
Lo vedevo stupito, i primi giorni, turbato da qualcosa di nuovo che però non capiva fino in fondo, alla fine mi è sembrato abituarsi a questo eccitante trattamento’

Ero incantato, non solo aveva fatto esattamente quello che le avevo chiesto, ma aveva anche aggiunto qualcosa di suo, di stuzzicante, il cuscino intriso del succo della sua passera era un’idea da vera porca, cominciai a pensare che si divertiva a stuzzicare il marito, a farlo eccitare senza che lui neanche si rendesse conto di quello che succedeva e cominciarono così a balenarmi alcune idee’ Ma era ancora presto

‘Ma non è ancora finita ovviamente’ Mi disse lei ‘ Mi avevi anche chiesto di uscire di casa senza mutandine e reggiseno, vestita provocante e di far soffrire qualche povero ometto”
‘Ebbene?’ Le chiesi, consapevole del fatto che mi avrebbe stupito anche questa volta
‘Ebbene, dopo essermi masturbata per bene ed avere infradiciato la federa (ed il viso) del mio uomo sono uscita di casa con un vestitino che a malapena conteneva le mie tette libere dal reggiseno ed arrossate dallo strapazzamento che avevano subito poco prima. Dovevo fare un’attenzione folle perché non balzassero fuori e creassero panico tra i passanti. Inoltre, la passerina non aveva ancora smesso di gocciolare dal trattamento che le avevo appena concesso e sulle cosce di tanto in tanto sentivo il calore del caldo liquido che languido ci scivolava sopra, provocandomi nuovo eccitamento: le immaginavo lucide e mi chiedevo cosa pensassero le persone che mi spiavano da dietro, avrebbero detto che si trattava solo di un sottile velo di sudore? Probabilmente avrebbero voluto leccarmi le cosce muscolose per capire l’entità del succo che le imperlava.
Raggiunsi finalmente il parco, la mia destinazione, ed adocchiai subito un giovane, più o meno della mia età direi, che ascoltava la musica da un ipod e leggeva concentrato un libro.
Mi sedetti vicino a lui e notai subito che, dandomi una sbirciata, cambiò espressione del viso.
Era ora di agire gli sfiorai una gamba e gli chiesi di darmi un parere, gli dissi che dovevo raggiungere il mio uomo per fare pace dopo una brutta litigata ma avevo paura di non essere all’altezza, di non essere abbastanza in tiro.
Lui si perse in complimenti ed io cominciai a fare la maiala, dovevo farlo ammattire no? Aprivo le cosce lentamente, lui non poteva non notare quanto il loro interno fosse umido, capivo che cercare di rubarmi una sbirciata ogni volta che poteva, di capire com era quel tesoro morbido che si celava sotto la poca stoffa del vestito. Gli diedi il colpo di grazia piegandomi verso di lui e lasciando che un capezzolo facesse capolino, lui era violaceo ed a stendo in grado di parlare, mi avrebbe strappato via il vestito ed ingozzato del suo palo di carne fino a riempiermi di bianco sperma se fossimo stati in un luogo più tranquillo, decisi quindi di sferrargli il colpo finale: approfittando di un momento in cui eravamo solo io e lui, passai due dita sulle mie cosce, asciugandole degli umori e, quando furono luccicanti dei miei umori, gliele appoggiai alla bocca, ringraziandolo dei bei complimenti che mi aveva fatto.
Quando lui fece per aprire la bocca e succhiarmi le dita le tolsi, mi alzai e lo salutai con un frettoloso cenno della mano e mi avviai verso casa’

Ripercorsi un attimo la scena, ebbi per un attimo pena di quel giovane così vicino ad una figa mozzafiato da sentirne l’odore e così sfortunato da vederla andare via in un attimo, altro che doccia fredda avrebbe dovuto consumarli di seghe per tornare ad una calma accettabile.
Fui orgoglioso di Sabrina, si era comportata addirittura meglio di quello che pensavo, c’era del buon materiare su cui lavorare, aveva superato brillantemente le prime prove, potevo pensare a qualcosa di più, a qualcosa di meglio, qualcosa che le tirasse fuori la vera troia che doveva vivere in quella donna.

Continua’
Mi stavo ancora trastullando al pensiero di quella calda femmina, mi convinsi di come fosse desiderosa almeno quanto me di spingersi oltre, di essere messa alla prova.
Mi sentivo ricco di risorse mi balenò all’istante qualche idea’ Impiegai qualche minuto a chiarirmi come presentargli i miei nuovi ordini e, ad un certo punto, soddisfatto di me, presi il telefono e la chiamai
‘Sabrina, da ora non devi più prendere iniziative, devi seguire i miei ordini alla lettera e basta, voglio che tu sia a mia completa disposizione e non che ti togli qualche sfizio, non sono qui per soddisfare i tuoi bisogni ma perché tu ti comporti da cagnetta servizievole’
La sentii annuire un po’ triste, mi spiaceva in realtà non dare libero sfogo alla sua troiaggine, anche perché aveva dato prova di avere un’eccitante fantasia, ma per ora desideravo più di ogni altra cosa sottometterla ai miei desideri, in seguito magari ci sarebbe stato spazio per altro.

‘Questa settimana voglio che tu faccia impazzire il tuo maritino, devi fargliela solo annusare ma non ti devi concedere. Voglio che tu giri per casa vestita da troietta, voglio che gli sculetti vicino e gli strofini le sode tette sul petto, ma ogni volta che cerca di scoparti devi allontanarlo, non devi farti neanche toccare.
Ho deciso che, visto quanto mi hai raccontato nel nostro precedente incontro, quando la sua voglia di te lo farà veramente disperare, gli concederai solo di leccarti le ascelle.
Infine, il mattino prima del nostro incontro gli darai il colpo di grazia, dopo averlo stuzzicato a dovere devi fargli il pompino più eccitante che tu abbia mai fatto ma non devi farlo venire, quando sentirai le sue palle pronte a riempirti la gola dovrai smetterla, baciarlo appassionatamente ed andartene.
Pensi di essere pronta a questo?’
La sentivo rimuginare, mi disse che avrebbe fatto esattamente come chiedevo.

Passai una settimana strana, mi chiedevo come doveva essere vivere con una bomba del sesso com’era quella donna, e non poterla possedere in tutte le posizioni, in tutte le stanze, farle ingoiare più carne possibile ed impalarla fino a riempirla di sperma. Situazione resa ancora più complicata dal fatto che fino alla settimana prima il maritino sicuramente si divertiva a penetrarla a piacimento e dal fatto che sarebbe stato provocato in tutti i modi.
Comunque, finalmente arrivò il venerdì, la mia curiosità era alle stelle ma cercai comunque di mantenere un atteggiamento distaccato, lei mi salutò con un fugace bacio, mi diede quindi un pacchettino:

‘Questo è il pegno di questa settimana, puoi aprirlo quando vuoi, ma ti consiglio di farlo alla fine del mio racconto’
Non mi piaceva fosse lei a dirmi quello che dovevo fare, ma decisi di starmene buono ad ascoltare e fidarmi di quel consiglio.
‘Questa settimana è stata decisamente più difficile della precedente, ho deciso di lasciare uscire fuori la maiala che c’è in me, per vedere fin dove potevo spingermi con il mio uomo, non ti nascondo che ad un certo punto ho temuto che mi sbattesse sul letto senza tanti complimenti e mi scopasse a suo piacimento, ma sono riuscita a controllare la situazione e questo non è successo.
Giravo per caso vestita con leggere canotte attillate, cercavo di strizzare il più possibile il mio generoso seno in reggiseni che difficilmente lo contenevano, facevo di tutto per far risaltare i capezzoli contro le magliette in modo che il mio uomo se ne innamorasse, volevo che sentisse il mio odore di femmina in calore, mi masturbavo quindi fino ad impazzire, lasciandomi la micina impiastricciata e poi mi sedevo, gattina, sulle sue gambe, gli carezzavo il viso, cercavo di fargli annusare il più possibile del lago che avevo ormai costantemente fra le gambe.
Col passare dei giorni il mio uomo è diventato irrequieto, andavo a letto sempre più tardi di lui e cercavo di svegliarmi prima, limitavo le possibilità di farmi sua allo strenuo, stava impazzendo, si avvicinava a me eccitato come un cavallo mentre, strizzata da un vestito minimale, mi aggiravo per casa e cercava di infilarmi le mani sotto la canotta, di strapparmi di dosso le mutandine e farmi sentire quanto ero troietta. Io riuscivo però a divincolarmi, evitando persino di sfiorargli il pacco che doveva ormai essere paonazzo e dolorante.
L’altro giorno era venuto il momento di andare oltre, eravamo seduti sul divano, intenti a guardarci un film, durante una scena di sesso notai che guardava sempre più insistentemente i miei capezzoli che puntavano sulla camiciola sbracciata, non ne poteva più, me li avrebbe succhiati fino a staccarmeli se avesse potuto: era il momento. Mi misi a cavalcioni sopra di lui, alzò subito le mani ad afferrarmi le tette ma lo respinsi, cercò la mia bocca ma gli accostai due dita alle labbra per farlo aspettare, alzai il braccio destro ed accostai alla sua bocca la mia ascella, completamente depilata. Lui capì al volo e cominciò a leccarla con una passione che mi fece eccitare come una cagna, dedicò un sacco di tempo, poi volle dedicarsi all’altra ascella ma lo fermai, doveva saziarsi solo con quella, l’altra ancora non gliela avrei concessa.
Il suo pacco sotto di me stava esplodendo, lo sentivo puntare sulle mie mutandine e la mia passerina reagì a questo contatto inondandomi le gambe di quel frutto: mi asciugai come potei con una mano con la quale impiastricciai la faccia del mio uomo, era sul punto di esplodere nelle mutande, sentivo addirittura i suoi coglioni gonfi.
Decisi quindi che era il momento di fare la stronza, abbassai il braccio e gli levai la calda ascella dalle fauci, mentre lui cercava spiegazioni con occhi imploranti, gli diedi un casto bacio sulla guancia e mi staccai da lui.’
Il racconto di Sabrina mi aveva scaldato il sangue, non osavo immaginare le sofferenze di quell’uomo, disposto, in un regime di privazione totale, a cibarsi impaziente dell’ascella di quella donna meravigliosa, e poi ridotto a rinunciare anche a quella con un’erezione, manco a dirlo, straziante.

‘Chiaramente non è finita, questa mattina mi sono svegliata, mi sono fatta una lunga doccia calda, ero profumata e morbida, ho indossato il perizoma più da zoccola in mio possesso e sono andata da mio marito, le sue occhiaie erano ben visibili, evidentemente aveva passato una notte a chiedersi come riottenere le mie grazie, come ributtare il suo caldo arnese di carne nella mia stretta passerina. Non gli diedi neanche il tempo di salutarmi, lo spinsi al muro e gli tirai giù pantaloni e mutande, il pene già eretto da giorni di astinenza, lo guardai dritto negli occhi e gli lappai velocemente la punta della cappella, feci roteare con maestria la lingua intorno a quel pezzo di carne infuocato. Ne stringevo la punta fra le labbra carnose guardando gli occhi del mio uomo da gattina, vedevo che era sul punto di riempirmi la bocca col suo succo denso. Me lo infilai in bocca a toccare le tonsille e stetti così per un po’, poi lo liberai e ripetei l’operazione per cinque minuti buoni. I suoi coglioni erano delle palline da tennis, gonfie di una quantità di sborra da inondare tutta la stanza, il pene fremeva e gocciolava nella mia bocca: altre due lappate ed avrebbe svuotato finalmente la sua voglia.
Ma chiaramente non era quello che volevo, lo guardai ancora dritto negli occhi, cambiai espressione, diventai dura e lui, secondo me, capì subito il dramma che stava per accadere, staccai la bocca dal suo pene violaceo, mi alzai, e gli infilai tutta la lingua in gola, in modo che assaporasse il sapore del suo stesso cazzo, quindi, quando ne fui sazia mi staccai da lui, e gli augurai buona giornata.’

In quel preciso momento, capii che forse lei si stava divertendo anche più di me a continuare quel gioco di sensazioni, di ruoli, di privazioni e concessioni. Potevo quindi continuare con serenità.
‘Ora, non vuoi guardare cosa ti ho portato?’
Già, il pacchettino, me ne ero scordato’ Lo aprii in un istante, dentro ci trovai un perizoma molto eccitante, lo toccai, era umido.
‘Sai’ mi disse lei ‘questa mattina mentre lavoravo di bocca il mio uomo indossavo quel pezzettino di tessuto che tu ora tieni in mano, mi sono bagnata come una cagnetta mentre portavo alla follia il povero maritino e quindi ho deciso di regalarti il succo della mia fregna, così che anche tu abbia un ricordo di questa prova.’
Mi resi anche conto che, se non fossi stato abbastanza scaltro, avrebbe probabilmente preso lei il sopravvento ed avrebbe trovato il modo di invertire le parti, sapeva sicuramente il fatto suo. Per non darle soddisfazione rimisi il perizoma nella scatolina e lo diedi al cameriere giunto per prendersi i nostri bicchieri ormai vuoti, gli chiesi di gettarlo via, conteneva un oggetto di scarso valore.
Lei sembrò accettare la cosa, mi guardò con gli occhioni languidi e mi stampò un bacetto.
Mi alzai e me ne andai, avevo ancora molta fantasia, e lei ne sembrava contenta.

Continua’.
Tutto stava diventando molto divertente, sembrava quasi che fosse Sabrina stessa a chiedermi di osare di più, i primi due compitini che le avevo assegnato erano stati portati a termine con una passione ed una volontà che, all’inizio del nostro gioco, avrei fatto fatica ad immaginare.
Era una donna tosta, mi ero ripromesso di rimetterla al suo posto il prima possibile, onde evitare che prendesse la piena consapevolezza del suo stato e si liberasse dai miei desideri. Ma tutto sommato, ritenevo che la situazione fosse ancora sotto controllo, potevo ancora giocare un po’ con lei facendole dominare il rapporto con il maritino, che ritenevo essere ormai giunto al limite di un’umana sopportazione.
Capii quindi in quell’esatto momento quale sarebbe stato il compitino della mia cagnetta questa settimana, le telefonai, dopo un attimo però, dovevo rallentare il flusso del mio sangue, lei rispose al primo squillo:
‘Sabrina, ritengo che la sopportazione del tuo uomo vada ancora messa alla prova, voglio che questa settimana tu gliela faccia ancora annusare, voglio però che verso metà della settimana, quando torna a casa dal lavoro gli svuoti finalmente i coglioni.
Ma stai attenta, non voglio che gli concedi la passera, né devi usare bocca o seno per dargli sollievo, devi trovare un altro modo.
Dopodiché, non devi più neanche considerarlo, come se a casa neanche esistesse’
Le stavo concedendo nuovamente un po’ di libertà, mi eccitava troppo sapere come si sarebbe comportata in questa situazione, neanche a dirlo, lei accettò.
Durante la settimana, dedicai un po’ di tempo ad immaginarmi la situazione cominciai a riflettere sul fatto che l’esasperazione del maritino al fianco di quel pezzo di carne morbida, vogliosa ma ormai inarrivabile stava diventando una componente fondamentale del gioco.
Venerdì finalmente, la vidi arrivare raggiante, splendida, nascosta nei suoi occhiali da sole con il vento che le scompigliava i capelli corvini. Come sempre, cercai di non far trapelare il mio desiderio di possederla lì, in quel momento, riversandola sul tavolino.

‘Mi piacciono i tuoi compitini’ mi disse, quasi con aria di sfida ‘ ed ho notato che questa settimana sei stato più generico, ho potuto dare quindi un po’ più sfogo alla mia fantasia. Ti ricordo che pure io non vengo ormai da due settimane, ho la topina costantemente tremante, ad ogni sollecitazione si bagna e sento il bisogno di riempirla con qualcosa di lungo e caldo, un bel pezzo di carne ci starebbe bene, ma su tuo ordine non permetto più al pisello di mio marito di scavare tra le mia carne ed anche le mie dita non arrivano mai a portarmi all’orgasmo, aspetto che sia tu a comandarmelo’
Mi stava seducendo pensai, vuole che io sappia di avere il suo pieno controllo, ma sarà veramente così? Ero impaziente di sentire il resto della storia
‘Il mio uomo ormai si nutre del mio odore, non gli concedo nulla, ogni tanto scopro che riesce ad ottenere una mia mutandina usata e se la passa sul pacco dolorante, quasi i miei umori potessero lenire la sua sofferenza, non sa, poverino, di dormire adagiato su un cuscino impregnato del mio succo di fregna, che quotidianamente provvedo a fargli avere.
Mi avvicino a lui lascio che la vista delle mie tette ben riposte in canotte un po’ più larghe per permettergli qualche fugace sguardo, gli faccia strabuzzare gli occhi. Ogni tanto ho preso ad infilarmi due dita nella passera, aspetto che siano belle fradice e poi gliele faccio annusare, ogni volta che cerca di infilarsele in bocca le ritraggo, facendogli di no con la mano libera.
Non vedo l’ora di constatare quanta roba ormai i suoi coglioni contengono, voglio spremerlo a dovere per il semplice gusto di vedere la mia micetta intoccata che danni può portare, il momento si sta avvicinando.
L’altra sera torna a casa, palesemente sfatto dal lavoro nel quale dedica sempre passione ma con qualche distrazione in più, il suo cervello punta sempre alle mie mutandine fradice, ne sono certa, non aspetto neanche si tolga la giacca, lo spingo verso il bagno e gli ordino di spogliarsi completamente.
Leggo la passione nei suoi occhi, ma ancora non sa cosa aspettarsi, ed io, non vedo l’ora di godermi il momento. E’ nudo davanti a me, il suo fisico ancora muscoloso da un’attività fisica che fortunatamente ama fare mi sta davanti, l’erezione ormai è un’inverosimile parvenza di quella che era fino a qualche tempo fa, il membro è teso a scoppiare, paonazzo, lucido, le palle sono gonfie e, ci giurerei, doloranti.
Comincio a giocare con i coglioni, li accarezzo , le stringo nelle mani ne saggio la consistenza, mi stupisco di non averle mai sentite in questo modo, devono essere veramente piene all’inverosimile, gli accarezzo dolcemente il membro, mi soffermo sulla punta e gli do un veloce bacetto.
Lui non ci vede più, mi afferra la testa per finire il pompino che la settimana prima avevo lasciato in sospeso ma non è quello che voglio, lo blocco e gli faccio segno di no con un dito, lui è deluso mi guarda con occhi imploranti, decido che è ora di proseguire.
Tiro fuori da un cassetto un paio di manette che avevo poco prima comprato e gli ammanetto le mani dietro la schiena, ora non può più neanche sfiorarmi. Lui mi parla, mi chiede che intenzioni ho, gli dico di non preoccuparsene, mi alzo mi sistemo davanti a lui e con una serie di movimenti che avrebbero benissimo potuto farlo esplodere in quel momento mi sfilo il tanga, lo appallottolo e glielo caccio in bocca. Non hai bisogno di parlare, puoi succhiare la mia fregna dalle mie mutandine, se ne hai così voglia, è da ieri sera che ci scolo dentro il mio succo, dovresti dissetarti a sufficienza.
Lo faccio piegare in avanti con la testa sul lavandino, completamente nudo, ammanettato, con il membro pulsante davanti a me, gli vado dietro e gli separo un po’ le chiappe, lui intuisce quello che voglio fargli cerca di mugugnare qualcosa ma io gli caccio le mutande ancora più in gola, lui si tranquillizza.
Comincio a massaggiargli il buco del culo, non ho voglia di perderci però troppo tempo, gli infilo quindi quasi subito un dito dentro, inizio un avanti ed indietro sempre più profondo, sento che lui sta sudando freddo ma resta con la testa appoggiata al lavandino.
Gli faccio quindi provare due dita dentro, ora la paura prende il sopravvento e cerca di alzarsi, ma lo ricaccio giù con una manata, continuo il lavoretto che gli sto facendo, controllandogli con una mano i coglioni: se possibile sono ancora più gonfi e l’uccello così prepotente non lo è mai stato, non ricordo per la verità nessun uomo in quelle condizioni. Decido di portare avanti il mio esperimento, voglio vedere quanta sborra quell’uomo in totale astinenza, stuzzicato fino alla pazzia, con due dita sinuose che gli allargano il buco del culo riesce a produrre: comincio a massaggiargli i coglioni e dopo un attimo passo ad afferrargli morbidamente il palo di carne, lo scappello per bene e mi ritrovo la mano fradicia e appiccicosa, decido, prima di continuare, di passargliela sul viso, ora sa di uccello eccitato.
Continuo a scappellarlo, fino alla radice, una prima volta a lentezza estenuante, lo sento tremare, la seconda volta un po’ più veloce, sento la sua passione che parte dai coglioni imbizzarriti, gli gonfia la base del cazzo, si fa strada per tutta la lunghezza del randello di carne ed infine schizza fuori una prima ondata di latte caldo, pare uno schizzo infinito, non appena termina ne segue un secondo, lungo come un primo e poi un terzo ed un quarto, il quinto è meno abbondante ed il sesto e settimo rappresentano la quantità di sborra che sono abituata vedere sgorgare dal pezzo del mio uomo, al decimo schizzo finisce di rilasciare seme.
Io ovviamente non mi sono persa neanche una goccia di quella cascata di latte, ho raccolto tutto il prodotto del mio maritino in una caraffa, devo dire che la riempiva per una buona parte, guardo il mio compagno, chiaramente svuotato, la testa ancora svuotata sul lavandino, un’espressione serena segno che comunque il trattamento non l’ha lasciato indifferente. Lo prendo per i capelli e gli tiro la testa indietro, gli rovescio in faccia tutto il contenuto della caraffa: lo sguardo è terrorizzato, più che per lo schifo di essere invaso dal suo stesso sperma secondo me ha timore di affogare ingozzato di seme. L’operazione dura cinque minuti buoni, il mio uomo ha la faccia completamente nascosta dal viscoso liquido bianchiccio, i capelli sporchi, le mie mutandine nella sua bocca sono impregnate a mo di spugna, se ne deve comunque essere bevuta una buona quantità, anche nel naso ne è presente parecchia, penso faccia fatica a respirare ora.
Lo libero delle manette, lo faccio rialzare e gli tolgo le mutande di bocca, queste le puoi tenere gli dico, per un po’ da me non avrai altro, le userai per ricordarti di questa giornata.’

Ce l’ha fatti di nuovo, è riuscita a stupirmi, gli ho concesso una punta di libertà ed ha trasformato il mio ordine in un vero gioco diabolico con il suo uomo.
Prima di andarsene mette sul tavolo un oggetto, mi saluta e mi lascia ad osservarle il culo perfetto mentre si dirige verso l’uscita.
L’oggetto, neanche a dirlo, è una caraffa, di discrete dimensioni, macchiata di una sostanza che a prima vista, pare più vischiosa del latte.

Continua’

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