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Racconti Erotici Etero

UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO

By 6 Aprile 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Prendo il tram oggi. Non mi va di guidare e ho voglia di godermi la vita che scorre dal finestrino. Alla fermata la solita folla distratta, catturo più di uno sguardo, come sempre, piacevole abitudine a volte, insopportabile incapacità di essere invisibile altre. Lo vedo arrivare in lontananza. Si ferma proprio davanti a me. Lo spostamento d’aria dell’apertura a scatto fa ondeggiare il bordo del mio vestito che accarezza le mie gambe e mi regala un brivido seguito da una leggera scossa. Scelgo, senza avere nessuna scelta, un posto in piedi, appoggio il corpo all’asta di metallo più vicina, si incastra fra i miei seni, la superficie liscia e fredda del ferro incontra quella calda e delicata della mia scollatura scoperta. Mi concentro sul paesaggio. Il finestrino è leggermente aperto, l’aria è frizzante, respiro profondamente, mi lascio cullare dal movimento del mezzo. Assorta e distratta. La mente naufraga alla deriva dei sensi. Alla prossima fermata smetto di pensare. Sale tanta gente, il passaggio alla ricerca del posto, promiscuità involontaria, non sempre. Proprio accanto a me si posiziona un uomo. Sposto lo sguardo su di lui. Ha un libro in mano, quella più vicino a me, con l’altra si tiene al sostegno. Indossa jeans e una camicia bianca con le maniche leggermente arrotolate. Ha un profilo interessante e un profumo che ha riempito subito le mie narici stuzzicandole senza disturbarle, speziato e persistente. Sbircio la copertina del libro ‘Non so niente di te’ si intitola, sorrido e comincio a fantasticare su di lui. Dove sta andando e perché. Avrà un appuntamento e se sì con chi, la mia attenzione si sposta sulla sua mano sinistra che tiene il libro aperto, la tensione della posa statica mette in evidenza un fascio di vene, è un attimo, la immagino addosso, come sarebbe la sua carezza, la sua presa, come si insinuerebbero le sue dita. Siamo vicini. Non abbastanza. Complice una frenata più decisa di un’altra accorcio la distanza fra di noi. Ora il mio fianco destro è a contatto con il suo. Il tessuto spesso e grezzo dei jeans contrasta con quello leggero e liscio del mio abito. Il mio corpo si appoggia piano al suo e il suo al mio. Chiude il libro e lascia cadere il braccio lungo il fianco e lo insinua fra di noi. Mi accarezza con il dorso della mano, sento le nocche dure contro le mie gambe. Vorrei guardarlo, interrogarlo con gli occhi, ma le cose non devono precipitare, le voglio alimentare senza fretta, mi piace così. Una curva. Il libro scivola dalla sue mani. Si abbassa per raccoglierlo e nel sollevarlo da terra gli spigoli della copertina sollevano non proprio casualmente la mia gonna senza però scoprire le gambe agli occhi altrui, solo alle sue nocche che nel viaggio indugiano sulla pelle che reagisce con un fremito. Un’altra curva e stavolta sono io a cedere, addosso a lui, benedetto autista. Mi sostiene con il braccio e nello stesso tempo mi attira a sè. Sto per mormorare una scusa per averlo travolto ma i nostri occhi si franano dentro e riesco solo a schiudere le labbra mentre le gambe si piegano.

Non ho nessuna intenzione di ritrovare il mio posto. – Non ho intenzione di lasciarti andare.

Non mi importa chi sei. – Non ti muovere da qui.

Ci studiamo. Parliamo senza dire niente.

Dovrei prenderlo più spesso il tram. – E pensare che oggi non avevo voglia di uscire.

Siamo una di fronte l’altro. Siamo uno addosso all’altra. La tensione sale. In attesa della prossima mossa. Ho una mano libera al contrario di lui e mi viene un istinto irrefrenabile di usarla. E lo faccio. Scivola dietro la sua schiena e lo spingo ancora di più contro di me. Allargo le gambe quasi impercettibilmente per farlo aderire proprio lì, al centro del mio desiderio che coincide con il suo. Non dobbiamo fare molto, ci pensa l’autista a far crescere la voglia, il movimento costante, lento, a tratti brusco, le fermate e ancora gente che sale e che ci costringe a occupare meno spazio possibile fa il resto.

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