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Racconti Erotici Etero

Un urlo nella notte

By 22 Luglio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi avevano spedito in una città davvero di merda e lontana. L’azienda per cui allora lavoravo metteva alla prova i nuovi assunti spedendoli a lavorare in posti disagevoli. Questa volta con me si erano davvero sbizzarriti. Piccola città del nord, estremamente degradata, dove alle sette di sera tutto chiudeva. E in più mi avevano procurato un bilocale a dir poco fatiscente, ai limiti della città, in un palazzo occupato per la maggior parte da extra comunitari e famiglie meridionali. Dal terrazzino potevo ammirare la tangenziale. Beh, mi dissi, è solo per tre mesi. Resisti, fai buon viso a cattivo gioco. In fondo anche quella era una prova da superare se volevo far carriera.

Il lavoro alla filiale era davvero ridicolo. Tanto che non capivo neanche il perché dell’esistenza di quella sede (che di fatto sei mesi dopo venne chiusa!!!). I colleghi erano scorbutici, maleducati e professionalmente impreparati. Ma in fondo dovevo solo resistere tre mesi. Quando non lavoravo, stavo in appartamento, anche se non era il massimo. Le pareti tra appartamenti erano in cartongesso e i rumori, le voci, e anche gli odori, passavano di stanza in stanza. La famiglia che abitava accanto a me era sicuramente di origini campane. Padre, madre e due figli grandi. Il padre e il figlio più grande erano autotrasportatori. Avevano due enormi TIR che parcheggiavano sotto casa. Il figlio più piccolo probabilmente era solo un delinquente. Tutti e tre mi guardavano con odio. Erano rozzi, volgari e quando parlavano tra di loro non capivo neanche che lingua fosse. La moglie dell’uomo era molto più giovane di lui, la giudicavo come una mia coetanea. Era la classica bellezza mediterranea, mora, occhi neri, pelle olivastra, con un seno procace sempre generosamente in vista. Doveva essersi sposata ed aver avuto i figli molto giovane. Anche lei si esprimeva con suoni gutturali incomprensibili. Vestiva sempre con vestine a fiori da casa e passava la maggior parte del tempo a casa a fare i lavori domestici ascoltando, a tutto volume, musica melodica napoletana. A volte usciva per fare la spesa ed indossava jeans attillatissimi che esaltavano il fondoschiena e magliettine leopardate con non nascondevano la generosità del suo petto. Il marito e i figli uscivano prestissimo al mattino e tornavano a notte fonda. A volte, a seconda dei viaggi che dovevano fare col TIR, non tornavano neanche.

Aggiunto a tutto questo, un giorno sì ed un giorno no, la coppia mi regalava a notte fonda, cigolii di letto ed urla inconfondibili. Quell’essere grezzo e volgare si scopava con regolarità la sua bella mogliettina. La bella e la bestia ‘ pensavo.

Passava il tempo. Dopo quasi due mesi che vivevo lì, avevo l’ostilità dei miei colleghi e l’indifferenza totale di chiunque altro. Compresi i miei vicini che neanche mi salutavano. L’unica soddisfazione era quella, ogni tanto, di poter osservare quella bellezza mediterranea, stendere i panni in terrazza. Quando si chinava per compiere l’operazione le tette quasi rischiavano di uscire dal vestitino.

Era estate. Caldo afoso. Il sabato non lavoravo, per fortuna. Avevo deciso di farmi una spettacolare dormita. Quindi dopo aver cenato in una trattoria (ormai la casa dove vivevo era assolutamente inagibile) me ne tornai a casa, accesi il ventilatore e mi sdraiai sul letto. Dopo qualche ora di sonno, nel cuore della notte, cominciarono a sbatacchiare il letto contro la parete. Eccoli che scopano !!! Che palle!!! Con gli occhi sgranati nel buio aspettavo che finissero i loro comodi. Non avevo avuto mai il coraggio di battere sulla parete o dire qualcosa. Con certa gente è meglio evitare. Ma quella sera qualcosa andò storto. Ad un certo punto sentii urlare la donna con rabbia. Cercavo di capire cosa dicesse. Sembrava che stessero leticando. ‘A’ mmamma tua…capito?…a’zzoccola ‘è sorete …a (boh???) dint nu’ culo lo vai a mmettere a lloro….’….e continuò per una mezz’ora buona in una lingua incomprensibile ad infamare il marito che replicava anche lui urlando cose incomprensibili e sbattendo cose. Stanotte non si dorme!!! Finì il casino solo verso le cinque di mattina, quando sentii l’uomo sbattere bestemmiando la porta di casa. Dopo pochi istanti il TIR parcheggiato sotto casa si mise in moto e pesantemente partì. Finalmente il silenzio. Sonno. Gli occhi, finalmente si chiusero.

Sarà stato quasi mezzogiorno quando sentii suonare il campanello con insistenza. Totalmente in confusione, mi alzai, mi infilai i boxer velocemente ed andai ad aprire. Era lei, la bellezza mediterranea. ‘Mi poteste aiutara che mi è accaduto nu guaie….’ …In mezzo al sonno quelle parole mi sembravano arabo. Cercai di realizzare. Mi stava chiedendo aiuto. Le era caduto l’anello dentro lo scarico del lavandino e non sapeva come fare per recuperarlo. Ero in mutande. Non volevo certo uscire di casa in quelle condizioni. Già le avevo aperto la porta in quello stato!!! Ma la donna non mi mise tempo in mezzo, e nello stato d’agitazione in cui si trovava mi afferrò l’avambraccio e mi trascinò verso casa sua. Non feci neanche in tempo ad accostare la porta di casa. Mi fece vedere dove le era caduto. Guardai sotto il lavabo e per fortuna il sifone era facilmente raggiungibile. Le chiesi degli attrezzi e lei in un battibaleno mi portò una cassettina con tutto quanto l’occorrente. Mentre ero là sotto piegato per eseguire il lavoro non potei fare a meno di osservarle le gambe piacevolmente giovani e tornite ed i piedini graziosi incorniciati da dozzinali ciabatte ad infradito. ‘Caspita ‘ pensai ‘ tanta bellezza andrebbe d’accordo con una maggior raffinatezza’. Smontai il sifone e recuperai l’anello. Lei era al settimo cielo. Mi diceva che se non fosse riuscita a recuperarlo sarebbero state ‘mazzate’. ‘Grazie, grazie o’verament…voi site n’angelo….posso offrirvi nù café?’. Rifiutai cortesemente. Non volevo stare un minuto di più in quella casa e rischiare di trovarmi di fronte il marito oppure uno dei figli. E poi volevo ancora dormire e avevo lasciato la casa aperta. Velocemente la salutai e tornai nel mio appartamento. Letto, ventilatore, buio.

Ma dopo neanche un quarto d’ora riecco suonare il campanello. Era di nuovo lei. Aveva con sé un barattolo di pomarola e una bottiglia di vino (di quelle tappate col tappo metallico…bleah!!!). Si voleva sdebitare. Mi disse che il sugo era freschissimo e lo aveva fatto lei e che il vino veniva dal Sud e che era buonissimo e genuino. ‘Fatevelo subito con li spaghetti che è verament speciale chisto pommodoro a cchà!!!’. Replicai che al momento non avrei mangiato, ma senza neanche aspettare la mia risposta e senza esitare entrò come un lampo e si diresse in cucina. Io rimasi come un ebete sulla porta. ‘Ve lo preparo io un buon pranzo che mi sembrate sciupato assai’. Come vide la baraonda che dominava l’appartamento (e soprattutto la cucina, dove stazionavano da settimane piatti e bicchieri sporchi) esclamò ‘Ma state inguaiato forte…cuss’è stu casino?’….e in automatico la sua natura di domestica partì in quarta e cominciò a rassettare, rigovernare, pulire, sciacquare tutto. Io impotente cercavo di farla desistere dalle operazioni ma quella, ormai in un vortice di attività respingeva ogni mia richiesta di lasciar perdere. ‘Statevene qua bell’assittato. Lasciate fare a me. Ca’ à vuie ce vò nà femmena…’ (effettivamente ci sarebbe voluta proprio…ma non per rassettare casa!!!…era quasi mesi che non scopavo). E così mi rassegnai ad osservarla danzare in quel suo abitino da casa, e nel giro di mezz’ora l’ordine era ristabilito, sul fuoco bolliva l’acqua per la pasta e un buon odore di pulito e di mangiare ne fatto mi entrava nelle narici. Era veramente bella, ed era bello osservarla comodamente seduto al fresco del ventilatore, ancora in boxer. Preparò tavola, aprì la bottiglia di vino e me ne offrì un bicchiere pieno fino all’orlo. ‘Bivite…’ Sembrava la famosa Acqua di Fuoco…a stomaco vuoto, e col caldo che faceva, ebbe l’effetto di una bomba!!! Scolò la pasta, la condii e mi invitò a sedermi per mangiare. Non c’era niente da fare. Quella donna aveva il potere di farmi fare ciò che voleva. Come un bimbo mi sedetti a tavola e mangiai, effettivamente, il miglior pasto degli ultimi due mesi. Lei si mise di fronte a sedere ad osservarmi mangiare e bere, e intanto mi raccontava, come un fiume in piena, della sua vita, dei suoi ragazzi…etc…Io in silenzio trangugiavo tutto e sentivo le forze tornare in me. Ad un certo punto mi chiese: ‘Vi abbiamo svegliato stanotte? Avimmo fatt nà traggedia con mio marito…’ Le risposi di sì…che mi ero svegliato ma che poi mi ero riaddormentato facilmente (non era vero…ma per educazione…). ‘Avete capito di cosa parlavamo?’ disse sforzandosi di parlare più correttamente possibile e con un’aria preoccupata. Le risposi, tranquillizzandola, che mi facevo gli affari miei e che non mi interessava affatto delle vicende altrui. Sembrò sollevata. Allora cominciò a farmi domande sul mio conto, sul perché ‘nù bell guaglione comm’a vuie’ non avesse una fidanzata…etc…etc… Il pranzo era finito, la bottiglia di (pessimo ma fortissimo) vino anche. Stavamo chiaccherando al fresco del ventilatore nella penombra della cucina come due vecchi amici. Lei era davvero bellissima, con quel suo vestitino da casa a fiori, ampiamente scollacciato e che non nascondeva affatto le forma burrose del suo corpo. Anche lei aveva bevuto il famoso vino e sembrava particolarmente euforica e allegra. Saranno state circa le due. Mi stava salendo un sonno post pranzo esagerato.

Lei lo dovette intuire perché mi chiese: ‘Ma voi non la fate la pennichella?…’ Le risposi che non era mia abitudine ma che in quel giorno, con quel caldo, con quello che avevo mangiato e bevuto, la siesta me la sarei fatta volentieri. Avevo paura di affondare il colpo con lei. La sua famiglia mi inquietava e stavo sempre con l’ansia che qualcuno dei suoi uomini potesse tornare. Ma la vedevo davvero tranquilla. ‘I miei figli sono andati con mio marito fino al Belgio…torneranno lunedì mattina…forse.’ Perché me lo aveva detto? Voleva farmi capire che era sola? Si alzò e si diresse verso la camera da letto e commentò sul fatto che lì ci fosse ‘…più fresco assai’. Mi alzai anche io ed entrando nella stanza da letto semibuia potei notare che si era stesa sul letto rifatto perfettamente (da lei). ‘Non fate la siesta allora?’ disse quasi in tono ironico…Mi avvicinai in silenzio. E mi sdraiai accanto a lei. Solo silenzio. Da lontano solo un po’ di musica etnica e l’incessante traffico della tangenziale. Sentivo il suo respiro accellerare.

Poi il contatto. Non potevamo di certo fare finta di niente. Le slacciai i bottoni e balzarono fuori dal reggipetto due tette meravigliose, sode, con dei capezzoli bruniti in piena erezione. Lei con le mani in un balletto (visto avevo soltanto i boxer) agguantò il mio uccello e ne constatò le dimensioni mugolando qualcosa nella sua lingua a me straniera. Ma doveva essere un apprezzamento visto che si staccò velocemente per poterlo vedere da vicino, attaccando subito un pompino estenuante per lentezza e profondità. Io cercavo di reagire e cercare di liberarla dai vestiti, cercando di raggiungere le sue parti più nascoste…ma si era messa in una posizione tale per cui alla fine ero costretto, mio malgrado, a rivestire il ruolo passivo. Accettai la situazione, godendomi il suo lavoro di bocca. Alla fine si staccò e alzandosi si liberò da sola dei vestiti rimanendo in piedi di fronte a me completamente nuda. Era bellissima. Un bel folto pelo nero incorniciava la sua fica. Mi lanciai col viso nel tentativo di baciarla lì e renderle la pariglia. Ma mi fermò bruscamente e in malo modo mi disse:’Chilla è solo per mio marito….’ Non capivo. Allora mi spiegò che la notte il marito voleva farle la festa al suo culetto. ‘Chillo invece è per gli altri…non per l’omo mio ca me deve purtà rispetto e nun trattà cumm nà zoccola’. Strane visioni del mondo. Capìì soltanto che a me sarebbe stato concesso d’incularla. Beh…pazienza (ah ah ah)… Mi salì sopra, e offrendomi la visione delle sue tette e della sua fica, si impalò sul mio uccello completamente e con estrema facilità. Segno evidente che di ‘altri’ (come li aveva chiamti lei) ne doveva aver avuti diversi. Era morbido come il burro e glielo infilai fino in fondo. Rimase ferma con gli occhi stravolti cominciando una serie di suoni gutturali che esprimevano perfettamente ciò che stava provando. Con le mani si strizzava le tette (che non avevo potuto neanche troppo assaggiare) e la fica cominciando di fatto a bagnarmi la pancia dei suoi umori. Stava già godendo. Era un tremito continuo. E ancora non avevo fatto niente. Bellissimo!!! Dà molta soddisfazione quando succede questo. Dà all’uomo un vantaggio psicologico che fa dire: ‘Ora ti distruggo!!!’ Dopo che aveva aperto la strada e goduto diverse volte presi l’iniziativa e cominciai a rigirarla nelle posizioni che più mi soddisfacevano sempre rispettando la sua volontà di non fotterla davanti. Mi divertivo ad entrare di botto e toglierglielo di scatto facendogli fare degli urletti soffocati. Era bellissimo, largo, accogliente tanto che dopo l’abitudine iniziale, non avevo paura di venire in maniera inconsulta. Riuscivo a gestire il piacere. Avevo la cappella gonfia al massimo e scopandola in profondità mi dilettavo in movimenti rapidi per farle sentire quanto era grossa. Fino a quando, girandola a pancia in su per l’ultima volta, lo estrassi e masturbandomi con efficacia la ricoprii di schizzi di sborra su tutto il corpo. Con la voce sfiancata e un po’ roca mi disse ‘Uèèè….tu ssi n’ommo o’verament…’.

Dopo di che ci accasciammo sul letto nudi e ci addormentammo. Quando ci svegliammo era quasi ora di cena. Si rivestì velocemente. I suoi avrebbero chiamato al telefono e dopo cena dei parenti sarebbero venuti a farle visita. Beh…avevo mangiato bene, bevuto (male), avevo la casa pulita, e mi ero inculato una bella donna (un po’ grezza ma bellissima!!!). Tutto sommato quel periodo di merda stava per avere un epilogo niente male.

La domenica lei non era in casa. Tutte le finestre chiuse. Probabilmente era andata da parenti. Ne approfittai per dormire e godermi la casa in ordine. All’ora di cena un leggero bussare alla porta. Come aprii, lei entrò velocemente in casa richiudendo cercando di non fare rumore la porta. Mi si attaccò alle labbra con un impeto focoso, mentre con le mani già stava razzolando intorno al mio uccello. Si chinò velocemente e se lo ingoiò in un ritmo vorticoso utile in tempi brevi a provocarmi un’erezione di marmo. Trascinandomi per l’uccello in cucina, si stese sul tavolo (per fortuna sgombro) si alzò il vestitino nero a tubo che indossava.

‘Fottimi…’ Stavo per penetrarla nel culo quando lei con mossa velocissima prese il mio uccello e lo guidò dentro la passera mentre con le gambe mi abbrancò dietro la schiena, imponendo mi il ritmo di penetrazione. Era folle….pazza….le tette le balzarono fuori dal vestito e finalmente mi ci potei divertire a mio piacimento. ‘Dai…futteme…ca fra dieci minuti mi chiamano al telefono a mmio marito…’ Accelerai, su sua richiesta. Un ritmo folle che avrebbe ammazzato un cavallo. Entravo ed uscivo con una cadenza impressionante. Il tavolo scricchiolava sotto il peso e i colpi che davo. Stavo per venire. Se ne accorse, scese velocemente dal tavolo ed ingoiò completamente il cazzo facendo si sborrare in bocca. Non ne uscì neanche una goccia. Rimasi tremante in piedi in mezzo alla stanza che lei si era già ricomposta e stava per uscire silenziosamente così com’era entrata. ‘Tu mè fa pazzià…o’mio ammore grande’ e mi lanciò un bacio da lontano.

Dovevo rimanere lì un’altra settimana. La vidi poche altre volte, affacciandomi al terrazzo. Giusto qualche scambio di sguardi e qualche sorriso strozzato. I suoi uomini erano tornati. E si sentiva!!! Quando lasciai l’appartamento con le valigie per l’ultima volta non si affacciò neanche per salutare. Sentivo le voci dei suoi uomini che urlavano cose incomprensibili. Arrivato alla macchina vidi sul tergicristallo un fogliettino. Lo aprii.

C’era un bacio dato col rossetto con scritto ‘Tu 6 l’ammore de la vita mia.’

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