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“Non &egrave possibile … non ci posso credere … non può essere …”
Queste parole le vorticavano nella testa, o forse non riusciva neanche a pensare, tanto era sconvolta: quelle foto non potevano essere lì, anzi, non potevano proprio esistere: le avevano buttate via tutte anni prima – era stata proprio lei a strapparle una per una, per essere sicura che neanche dall’immondizia potessero tornare a importunarla. Quell’idiota di suo marito un giorno le aveva sussurrato: “Quanto sei bella? No: quanto sei figa? Lo sai che mi fai impazzire? Dai facciamo una foto? Ti prego …” E lei, stupida, si era fatta pregare un pò, ma era chiaro fin dall’inizio che avrebbe acconsentito. Era innamorata. E poi, quante sua amiche avrebbero fatto ben altro per avere quel ragazzo, il suo ragazzo? Qualche foto ci poteva stare, in fondo, senza esagerare naturalmente. Però alla fine un pò avevano esagerato: nudi integrali, pose provocatorie, anche qualche foto decisamente spinta. Quelle per fortuna erano state distrutte … o forse no? Come poteva esserne certa? Comunque almeno non erano tra queste che ora aveva in mano, e che aveva trovato nella borsa di Luca. Ecco, ecco, questo era il vero problema, anzi, la tragedia: ora le aveva Luca, e Luca era suo figlio!

Ma come faceva ad avere le sue foto, a vent’anni di distanza! E cosa se ne faceva poi … no, no, non voleva pensarci a cosa se ne faceva! Arrossì leggermente, pur essendo sola nella stanza d’albergo, e cominciò a sudare anche se aveva solo addosso il bikini.
Lei l’aveva detto a Claudio, suo marito, qualche tempo prima: “Sai che Luca si masturba?”.
Lui, senza neanche alzare gli occhi dal giornale, le aveva risposto: “No, non lo so. E tu, come lo sai?”
“Mah, vedi un pò tu, come faccio a saperlo?!? Forse perché sono la serva della casa, e lavo le mutande di tutti, e se permetti so ancora distinguere la pipì da qualcos’altro!”
Lui aveva abbassato il giornale giusto quel tanto da far sporgere gli occhi, che come al solito ridevano, e aveva ribattuto: “Dai, non prendertela, dicevo per dire. Comunque, a sedici anni, non mi pare che sia quel gran problema, no?”
“Diciassette, caro, ne ha diciassette, anzi, quasi diciotto. Ma tanto, per voi maschi cosa cambia? Maiali sempre!”
Come al solito: lui minimizzava, aggirava il problema, e in fondo se ne fregava; tanto c’era lei che pensava a tutto. Va bene, un pò di ragione ce l’aveva: non era una tragedia, Luca era solo un ragazzo normale, che faceva quello che fanno più o meno tutti i ragazzi della sua età. Ma non con le foto della loro madre! Non guardandola mentre si mostrava, mentre si accarezzava in mezzo alle gambe, mentre si leccava languidamente un capezzolo … e tutto per colpa sua, di quello stronzo di suo marito, perverso come suo figlio! Ma adesso lei …

– LUCA!?! LUCA !!!!!!

Luca era lì davanti a lei, in piedi, fermo, che la guardava … che ci faceva lì, ora? Come diavolo aveva fatto ad entrare senza farsi sentire? E lei aveva in mano le sue foto, e lui le stava guardando, ma porcaputtana …
Reagì come suo solito: ancora prima di rendersene conto, stava già esplodendo come un vulcano, come una tempesta tropicale, un uragano che si rovesciò addosso al ragazzo. Anche lui reagì come al solito – conosceva sua madre, sapeva come prenderla anche quando si imbestialiva, come ora: piegò il capo, alzò appena le spalle, come per infossarsi maggiormente, e per un pò restò immobile senza dir nulla; poi decise di sedersi sul bordo del suo letto, i gomiti appoggiati sulle gambe, la testa tra le mani, in attesa che passasse. E a poco a poco passò.
E mentre la furia si spegneva, pian piano lei recuperava la lucidità, chiedendosi ad esempio cosa potevano aver sentito i vicini di camera – perché lei in effetti non sapeva neanche cosa aveva strillato fino ad un momento prima -, finché si fermò, e dopo un interminabile silenzio gli domandò: “Perché l’hai fatto?” Ma, a ben pensarci, quale risposta poteva aspettarsi? Non lo sapeva neanche lei; di sicuro, però, non quella che le diede Luca – non era una risposta, in realtà: alzò il viso, la fissò con i suoi occhi blu come il mare, e disse: “Mamma, sei bellissima!”

Fu come una frustata, come uno schiaffo, ma anche come una carezza dolcissima: ed ecco che davanti a lei, rannicchiato sul letto, quasi per magia non c’era più un ragazzone arrapato, ma il suo bimbo, il suo cucciolo; ed era proprio come due anni prima, quando si era rotto un braccio, e per qualche giorno era tornato piccolo, a cercare la dolcezza e la consolazione della sua mamma. Era come il primo giorno delle superiori, quando l’aveva accompagnato davanti al grande cancello in ferro battuto, lei molto più spaventata di lui, e l’aveva saluto trattenendo le lacrime e facendo una faccia scema per non farsi scoprire. Era alle medie, con le prime fidanzatine; era alle elementari, quando usciva correndo e le si precipitava addosso; era all’asilo, e prima, e nella culla … Ed era tutto insieme, ed era lì davanti a lei, con un’espressione ferita ma piena d’amore, che la fissava. Senza neanche pensare, andò da lui, lo abbracciò e se lo stinse forte al petto, accarezzandogli e scompigliando i capelli, senza dire nulla perché in quel momento non c’era nulla da dire.

Anche Luca non disse nulla, anzi, neanche si mosse; o per meglio dire, restò paralizzato! Come un lampo, tornò la consapevolezza: certo, per lei era solo un gesto di tenerezza, come fanno le mamme con i loro piccoli, appunto; solo che lui non era più piccolo, era un uomo, e in quel momento aveva il viso affondato in mezzo al suo seno. Cercò di pensare alla velocità della luce: adesso, come ne esco? Magari era solo lei che stava andando in paranoia, in fondo stavano facendo niente di male, no? E poi, insomma, gli aveva appena fatto una sfuriata galattica (chissà cosa gli aveva detto?), e lui non era mica cretino! Però, non potevano certo star lì tutto il pomeriggio, e magari farsi pure beccare da Claudio – sai che ridere?!? Che poi, capace che neanche si scomponeva; ma difatti, cosa c’era di male, alla fine?

Mentre pensava e ripensava, spostò legermente la testa, e le cadde uno sguardo verso il basso: omioddio! Luca era in piena erezione, il coso gli sbucava dal costume che di certo non avrebbe potuto contenere quel bastone di carne. Si sentì di nuovo avvampare, e d’istinto gli strinse la testa ancora più a fondo, per impedirgli di guardarla – solo che quella non era esattamente la soluzione ai suoi problemi, proprio per niente! No, doveva far qualcosa: suo figlio poteva pensare perfino che lei lo provocasse apposta, che si stesse divertendo, mentre lei avrebbe voluto sprofondare!

Anche se, anche se, in fondo in fondo … ma sì, dai, un pò le faceva piacere! Perché negare che, al di là dell’imbarazzo e della vergogna, questa situazione la lusingava, la faceva sentire ancora bella, desiderata, proprio come quando era giovane? Beh, a trentotto anni non sei esattamente vecchia, ma certo non hai più vent’anni. Ma ora il problema era un altro. Basta, che ci va? &egrave facile, ci vuole niente, con nonchalance …e via, si staccò da lui come se fosse la cosa più naturale del mondo – perché, non lo era? -, fece due passi indietro, e cercò di sorridere come se stessero parlando dell’ultima commedia uscita al cinema. Aveva deciso di far finta di nulla, tenendo gli occhi fissi sul suo viso, per dargli modo di rimediare in qualche modo e di trovare una via di uscita; e così facendo agganciò i suoi occhi, e ne rimase catturata: quello sguardo … sì, l’aveva già visto, se lo ricordava: era alle superiori, e come le sue compagne stava sbocciando.

Erano sempre insieme loro tre, le più sveglie, amiche per la pelle – anche se, in effetti, si erano perse subito dopo la fine della scuola -. Erano terribili: belle, intelligenti, spregiudicate, allegre, affascinanti … appunto, terribili! Gli piaceva da matti fare arrapare i loro compagni, a volte inconsapevolmente, più spesso di proposito; era un modo per dimostrare la loro superiorità – o forse, semplicemente, era la gioia pura della giovinezza e della sensualità, quella vanità di fondo che ogni donna – ogni femmina – si porta dentro, che lo voglia o no.
Spesso si vestivano in maniera provocante, si atteggiavano in pose fintamente innocenti e perciò ancora più eccitanti, e a volte inscenavano veri e propri teatrini facendo finta di non sapere che i loro allupatissimi compagni le stavano guardando.

Una volta erano andate al torrente, come facevano usualmente da quando cominciava il caldo, e si erano tolte prima i vestiti, poi il reggiseno – e fin lì, non era la prima volta. Ma poi erano andate oltre. Arianna, la più spavalda – e anche un pò perversa, secondo lei – aveva lanciato la proposta, sotto forma di sfida (forse per spingere anche Lucia, sempre così restia, a superare i limiti): via tutto, nude! A lei era corso un brivido lungo la schiena, mentre si guardavano l’una l’altra, indecise e vogliose al tempo stesso. Lucia non ce l’aveva fatta: aveva balbettato che aveva le sua cose, ma non era vero, sotto le mutandine l’assorbente non c’era. Allora Arianna si era voltata verso di lei, senza dir nulla, ma con un’espressione di scherno, come a dire: scommetto che neanche tu hai il coraggio! Ah sì? E allora, via! Si era sfilata gli slip senza dire nulla, e senza spostare lo sguardo dagli occhi dell’amica: questa volta aveva vinto lei.

Poi però, come sempre, si era intimorita, e aveva deciso di sdraiarsi, per offrire una prospettiva meno vistosa del suo corpo. Anche Arianna si era sdraiata al suo fianco, nuda; e Lucia dall’altra parte. Erano imbarazzate, ma nel contempo esaltate; sapevano che dietro i cespugli i loro compagni spalancavano tanto d’occhi – averceli i cellulari con la fotocamera, quella volta! – e non stavano nella pelle, per non dire nelle mutande! Però anche le ragazze non riuscivano a spiaccicare parola, così facevano finta di crogiolarsi al sole, gli occhi chiusi, in una specie di dormiveglia. Erano vicinissime, quasi appiccicate; potevano sentire il respiro, l’odore dell’amica, e quando Arianna mosse il braccio, lei ne fu subito consapevole; ma non si sarebbe mai aspettata che la mano dell’amica si appoggiasse delicatamente sulla sua farfallina, quasi a volerla proteggere da sguardi un pò troppo indiscreti. Anche lei, senza sapere bene perché, ripeté lo stesso gesto, e si trovò per la prima volta a toccare l’intimità di una donna che non era la sua. Questo sarebbe già stato abbastanza, ma Arianna aveva altri progetti: la sua mano iniziò a muoversi lentamente ma inesorabilmente, le dita accarezzarono i peli, si insinuarono tra le grandi labbra, ed infine affondarono dentro di lei, in maniera dolcissima e sconvolgente. Non passò che una manciata di secondi, ma a lei parve che durasse un’eternità, e l’orgasmo che la travolse fù uno dei più intensi di tutta la sua vita.

Quando si riebbe, si accorse che i ragazzi non avevano resistito, si erano fatti coraggio ed erano usciti dai loro nascondigli: ora stavano a pochi metri da loro, imbambolati, e le guardavano con uno sguardo incredibile, in vera e propria adorazione; sì, il medesimo sguardo che aveva in quel momento suo figlio. E come allora, spontaneamente, irresistibilmente, iniziò a bagnarsi!

Appena comprese ciò che le stava capitando, piombò di nuovo nel panico: il tessuto del costume si sarebbe sicuramente macchiato, non avrebbe potuto in alcun modo nascondere la sua eccitazione, che peraltro – forse proprio per la situazione incredibile che si era creata – continuava ad aumentare. Di nuovo si domandò: e adesso, che faccio? Non poteva permettere che Luca si rendesse conto che in quel momento sua madre era in preda ad un raptus sessuale; non doveva lasciare che si accorgesse degli umori che stavano cominciando a fuoriuscire dalla vulva. Beh, un modo c’era, per evitare che Luca abbassasse lo sguardo: bastava costringerlo a guardare qualcos’altro! Prima di poter valutare bene tutto quanto, prese la sua decisione, si slacciò il reggiseno e lo lasciò cadere. Le mammelle erano più chiare del torso – non amava prendere il sole in topless – e così si notavano ancora di più; i capezzoli erano turgidi, svettanti, e da soli bastavano a rivelare cosa stava vivendo la donna; ma almeno avevano imprigionato lo sguardo di suo figlio, proprio come voleva lei; ne approfittò per sedersi ed accavallare le gambe, scongiurando definitivamente il rischio di farsi beccare tutta bagnata come una ragazzina al primo appuntamento. Ma sì, forse era andata, forse ce la faceva … no, no, noooooooo: non poteva crederci: Luca stava andando con la mano al suo membro, e prima che lei potesse riprendersi da questo nuovo inaspettato sviluppo, cominciò un lento va e vieni, sempre fissando il seno di sua madre.

Ma certo: cosa poteva pensare? Che lei aveva capito, l’aveva perdonato, e anzi lo incoraggiava e gli andava incontro! Che macello, che casino incredibile … e, ragazzi: che uccello! Il bambino aveva un bel giocattolo da offrire alle sue amiche, poco ma sicuro! Ora era lei che non riusciva a distogliere lo sguardo, e che sentiva i capezzoli indurirsi ancora di più, mentre la vagina stava diventando un lago. Per un istante pensò di mettersi anche lei a masturbarsi, abbandonarsi a quella follia, ma in realtà non ce ne fu bisogno: le bastò serrare le cosce, e un orgasmo liberatore si sprigionò dalla sua vulva risalendo il ventre e facendole mancare per un momento il respiro. Anche suo figlio venne in pochi secondi, con gli occhi socchiusi e un’aria estatica, producendo una quantità impressionante di sperma.

Prima che riaprisse gli occhi lei si alzò in fretta, gli voltò le spalle, si rimise il reggiseno e indossò un copricostume che le arrivava fino alle caviglie. Nel frattempo Luca era andato in bagno a ripulirsi, e quando finì lei era opportunamente uscita sul balconcino, ed aspettava che lui se ne andasse, come difatti ebbe il buon senso di fare; solo allora anche lei si recò in bagno, cercando di rinfrescarsi un pò e soprattutto di non pensare troppo a quello che era successo.

acuaordmhlmapooalamenrnotara I giorni successivi furono simili a quelli precedenti, e la vacanza al mare arrivò al termine senza ulteriori scossoni. Lei tentò in tutti i modi di far finta che non fosse successo nulla, e anche Luca non cambiò il suo modo di fare. All’inizio era terrorizzata dall’idea che suo marito si accorgesse di qualcosa, che ‘scoprisse’ cosa era successo – ma cos’era successo, in fin dei conti? Invece tutto filò liscio. Era lei che non era più la stessa. Era diventata ipersensibile alle occhiate interessate degli uomini che incrociava: le sembrava che tutti puntassero lo sguardo sul suo seno, per quanto lo coprisse e perfino lo nascondesse. Certo, aveva un bel décolleté, per la sua età non poteva lamentarsi, e col costume giusto poteva ancora fare la sua onesta figura. Ma non era così anche prima? Però lei non aveva mai avuto questa sensazione, prima; non si era mai sentita in imbarazzo. Beh, in effetti non si era mai accorta che la guardassero; probabilmente succedeva, ma lei non ci faceva caso. Comunque, tornarono a casa, e ricominciò il solito tran tran quotidiano. Luca dimostrò una delicatezza insospettata: non la mise mai in imbarazzo, non fece mai un gesto, mai neppure un’occhiata fuori posto. All’inizio fu un sollievo, si sentì rassicurata, tranquilla; ma col passare del tempo curiosamente nacque in lei un tarlo, una specie di gelosia – e di chi, poi? Di cosa? – che la spingeva a cercare la sua attenzione, il suo sguardo, il suo desiderio.

Le piaceva l’idea di provocarlo un pochetto, appena appena: non troppo da metterlo in difficoltà, ma abbastanza da creare un’atmosfera di sensualità soffusa. Così si trovò ad indossare vestitini leggeri in casa, a volte anche senza reggiseno, sperando di rivedere un lampo di eccitazione nei suoi occhi; oppure metteva dell’intimo nero o colorato sotto il prendisole bianco. A volte si spingeva anche un pò più in là, come quando si piegava su di lui con qualche scusa per dargli la possibilità di sbirciare la sua scollatura; o gli si strusciava addosso con aria fintamente innocente; oppure si attardava dentro la doccia fino a quando Luca entrava in bagno, e lei si lasciava rimirare attraverso i vetri appannati, uscendo poi tutta nuda e soffermandosi un momento prima di coprirsi con l’accappatoio. Come una ragazzina, lo sapeva, ma in fondo le piaceva tornare ragazzina.

Stranamente Luca non reagiva, faceva finta di nulla, come se avesse ben altro per la testa. Si era forse fatto una ragazza? Possibilissimo, anzi, glie lo augurava. Ma allo stesso tempo non sopportava il pensiero: con quello che succedeva al giorno d’oggi, con tutte quelle donnacce che c’erano in giro, doveva proteggere il suo bambino! O forse gli era passata quell’infatuazione assurda per l’unica donna che non avrebbe mai potuto avere – sua madre !?! Questa possibilità le dava un senso di sollievo, come ad assicurarle che non era successo nulla di male; per un altro verso però le lasciava un buco allo stomaco, come un senso di vuoto, inspiegabile ma assai reale. E andò avanti così fino alla sera in cui uscì con le sue amiche, e Raffaella raccontò a tutte cosa le era capitato.

Si trovavano regolarmente, e regolarmente finivano per parlare più che tutto di uomini e di sesso. Anche quella volta andò così, ma Raffaella aveva una notizia bomba: in poche parole, era andata a letto con il fratello di suo marito! Tra l’altro, lei il cognato lo conosceva pure, mentre non conosceva il marito. Era sicuramente un bell’uomo, sulla quarantina, separato da poco perché la moglie l’aveva beccato a letto con la baysitter: roba da fotoromanzo di quarta serie! E dopo la baysitter, la cognata! E certo, le faceva tanto pena, poverino, tutto solo e tanto pentito … difatti! Adesso lei chiedeva suggerimenti alle amiche – un tantino tardi, forse? Comunque, loro non si erano certo risparmiate, e ne era venuto fuori il solito diluvio di commenti, battutine, mezze confessioni e storielle variamente istruttive. Anche lei era stata tentata di raccontare ciò che le era successo al mare, ma non si era buttata in tempo, e la vicenda di Raffaella aveva monopolizzato la serata, attirando come una calamita tutti i pensieri e le osservazioni del gruppetto.

La più incredibile l’aveva sparata Flora: “Vuoi vedere che finirete a letto tutti e tre: tu, tuo marito e tuo cognato?!?” E l’aveva detto con un’aria strana, come se sapesse di cosa stava parlando – come se l’avesse già provato! In tutti i casi, questa cosa la intrigava parecchio, perché anche mentre la stava accompagnando a casa era tornata sull’argomento con una battuta: “Dai, tu non te lo faresti il cognatino?”. No, aveva risposto lei, non ne ho; e aveva lasciato cadere il discorso. Però era ben eccitata: chissà come poteva essere, far sesso con due uomini, e magari addirittura con due fratelli. Doveva essere sconvolgente, sentirsi completamente in balia di due maschi arrapati, tutto e solo sesso: da andare fuori di testa. Fantasticava di trovarsi tra suo marito ed un altro uomo, al centro delle loro attenzioni, delle loro carezze, dei loro baci; e poi, farti prendere dappertutto, senza neanche renderti conto di cosa ti stanno facendo. Magari, se glie lo avesse proposto, a Claudio sarebbe pure piaciuto: si sa come sono gli uomini, tutti porci! E in angolino della sua testa, come in risposta: e le donne, invece?

Entrò in casa con una specie di languore, una leggera vertigine, il respiro corto, gli occhi scintillanti; se almeno ci fosse suo marito! Ma era fuori per il lavoro, tanto per cambiare. Forse si stava scopando una puttanella qualunque – ma lei non lo pensava davvero, non ci credeva; comunque in quel momento le pareva che non se la sarebbe neppure presa. Girò lentamente la chiave, aprì piano la porta, e vide la luce bassa e soffusa della lampada in salotto: Luca era ancora sveglio. Stava leggendo qualcosa, mezzo svaccato sul divano, con solo un paio di pantaloncini addosso. Aveva un gran fisico, niente da dire: sembrava un dio greco – il dio dell’amore. Se non fosse stato suo figlio …. Ma quella serata non poteva finire così, ne aveva troppo voglia: questa volta non avrebbe accettato che Luca facesse finta di nulla. Forse se ne sarebbe pentita, ma non voleva pensarci adesso. “Ciao ma’, tutto bene?” Lei non gli rispose, si limitò a guardarlo – chissà come lo stava guardando? -, attraversò la stanza passandogli davanti e si fermò dall’altra parte. Per un attimo si chiese tra sé cosa stava facendo, cosa voleva veramente fare; ma fu solo un attimo. Tirò giù la cerniera sulla schiena, abbassò lentamente le spalline, lasciò cadere il vestito. Aveva Luca alle sue spalle, non poteva sapere cosa lui stesse facendo, non poteva leggergli in volto le emozioni che lei stava regalandogli, e questo la eccitava ancor di più. Slacciò il reggiseno, e lo buttò sulla poltrona di fronte a lei. Uscì dal vestito ammucchiato ai suoi piedi, senza togliere le scarpe – aveva visto nei film erotici che le attrici tengono sempre le scarpe: si vede che ai maschi piace! E alla fine, lo fece: si tolse le mutandine, e le abbandonò a terra. Ora lui la vedeva nuda: le spalle, la schiena, i glutei, le gambe; e sognava – ne era sicura – che lei si girasse, per mangiarsi con gli occhi le sue tette, la sua albicocca. Lo fece, con una lentezza esasperante: si voltò, rimase per un momento in piedi, e infine si accomodò sulla poltrona. Ora toccava a lui.

Ah, niente finta indifferenza, questa volta! Di nuovo quello sguardo adorante, come se stesse vedendo una dea. Finalmente! E di nuovo quel bastone di carne che tendeva il tessuto e che saltava fuori dai pantaloncini. Se l’era sognato, il suo pisellone, avrebbe voluto … Ma quando lui si alzò in piedi, d’un tratto l’assalì la paura: cosa sarebbe successo ora? No, lei voleva solo … Probabilmente Luca se ne accorse, perché si immobilizzò, quasi congelato; poi si riscosse, si tolse i calzoncini con un gesto rapido, e si rimise a sedere, fissandola con ardore ma anche con tanta dolcezza. A lei parve che volesse ringraziarla, come se gli avesse fatto un regalo assolutamente inaspettato e enormemente gradito; come se avesse realizzato i suoi sogni. Ecco, lei era una fatina che concretizzava i sogni del suo tesoro, del suo bambino. Non c’era niente di male, si volevano bene, si guardavano con amore e tenerezza, nudi come quando lui era piccolo, come quando succhiava il latte dal suo seno, beato come se fosse in paradiso. Iniziarono insieme ad accarezzarsi, una di fronte all’altro, e cercarono di farlo durare all’infinito, senza mai dire una parola; fu una delle cose più belle della sua vita. E non se ne pentì.

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Quella volta non fu l’unica, ce ne furono altre, molte altre. A pensarci a mente fredda si trattava di una situazione incredibile, ma in effetti tra loro tutto era molto naturale e spontaneo. Era come se avessero superato un confine, e fosse inconcepibile tornare indietro. Si piacevano, si piacevano tanto, si desideravano reciprocamente, si attiravano, e perché no si divertivano un sacco! La domanda non era: perché?, ma: perché no? In fondo, cosa c’era di male? Era solo un gioco, per quanto molto molto particolare, ma riguardava solo loro, non facevano del male a nessuno. E poi, c’era questa intesa fortissima, tanto più fantastica in quanto del tutto silenziosa: il loro era un gioco muto, non avevano più detto una parola da quel primo episodio in albergo – e anche lì, le parole si erano spente prima che l’avventura iniziasse davvero. Anche di questo lei era enormemente grata a suo figlio: si sentiva profondamente rispettata, mai forzata, mai obbligata. E proprio per questo il gioco poteva proseguire: aveva la sensazione di avere la situazione in mano, di poterla guidare e controllare senza alcun rischio.

Certo, Luca aveva abbandonato la sua finta indifferenza – che l’avesse fatto apposta, per provocare in lei una reazione, per spingerla a prendere l’iniziativa, ad andare oltre? Comunque, ora manifestava tranquillamente il suo desiderio, e in realtà anche lei faceva lo stesso. A volte era proprio lei a cercarlo: poteva capitare che lui fosse davanti alla televisione, in salotto, e lei lo raggiungesse ricreando la situazione della prima volta. Oppure gli portava la colazione a letto – ecco, questo non era bello: stava a letto fino mezzogiorno, a volte! – lasciava che si svegliasse e si riprendesse, che mangiasse qualcosa o si bevesse il caff&egrave, e poi aspettava che si scoprisse – d’estate dormiva nudo – e iniziasse a masturbarsi. In quelle occasioni, a volte lo faceva anche lei, altre volte si limitava a spogliarsi per lui, altre ancora non si svestiva neppure, ma godeva di ammirare quel gran pezzo di ragazzo che andava in estasi per lei. Le piaceva provocarlo quando erano a tavola, quando prendevano il sole nel piccolo giardino, perfino in auto quando andavano in città a fare delle commissioni.

Altre volte era lui che la cercava, sempre con la massima discrezione e delicatezza: capitava che fosse lei a svegliarsi trovandoselo in camera da letto – chissà da quanto era lì? -, seduto su una sedia, nudo e già eccitato. Oppure la raggiungeva in cucina mentre stava preparando un pasto, e lei faceva finta di non accorgersi della sua presenza, ma si spogliava poco a poco per lui e per il suo godimento. Una volta non aveva resistito, sentendolo ansimare alle sue spalle, ed immaginandoselo sull’orlo dell’orgasmo: aveva tra le mani degli zucchini, che stava lavando e pulendo: scelse il più grosso, arretrò con i piedi per potersi appoggiare al lavandino, e se lo portò in mezzo alle gambe, affondandolo lentamente dentro di sé; l’orgasmo che la raggiunse quasi subito fu fulminante: non l’aveva mai fatto prima, ma da quel giorno aggiunsero anche quella pratica ai loro giochi erotici.

E tutto sembrava filare liscio, finché si trasferirono in campagna nella vecchia casa di famiglia, per trascorrere come tutti gli anni il mese di agosto. Era una bella casetta, una volta, ma era vuota da decenni, ed ormai si potevano utilizzare solo la cucina, il salotto ed una camera matrimoniale; così Luca dormiva nel divano letto. Nulla di che, ma un giorno lei si alzò presto, e recandosi in bagno attraversò il salotto, dove Luca stava ancora dormendo. A pensarci dopo, forse faceva solo finta di dormire, e aveva pianificato tutto; o magari ci aveva semplicemente provato, anche solo per scherzo, e chissà, forse gli era andata anche meglio di quanto sperava. Fatto sta che era lì sdraiato in mezzo alle lenzuola disfatte, nudo, bellissimo; ed in piena erezione! Non era certo la prima volta che lo vedeva nudo, anzi, gli spettacolini che si regalavano reciprocamente erano decisamente più spinti; eppure, chissà perché, non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo membro, che quasi in risposta sussultava e vibrava, come se la stesse silenziosamente chiamando. Forse perché Luca aveva gli occhi chiusi, e lei non era intrappolata dal suo sguardo dolcissimo ed ardente; forse perché il suo corpo era seminascosto dalle lenzuola buttate qua e là, e quel pene sembrava un fiore solitario in mezzo ad un prato colorato; o magari, semplicemente, era lei ad essere diversa, quella mattina: in effetti, ricordava vagamente di aver fatto sogni assai irrequieti e conturbanti, e pur avendo dimenticato tutto quando si era svegliata forse l’eccitazione le era rimasta dentro. In ogni caso, si sentiva attratta come da una forza magnetica, che cresceva man mano che gli si avvicinava – come i bambini con la Nutella, pensò; come quando la mamma era fuori, e lei di nascosto andava a mangiarsi una cucchiaiata di miele, e poi si sentiva in pò in colpa, ma pure terribilmente soddisfatta.

Fu così, pensando ad altro, che allungò una mano, e la posò quasi distrattamente su quella carne delicata e palpitante; sentì la vibrazione improvvisa che per un attimo lo attraversò, la pelle setosa sotto i suoi polpastrelli, il calore della carne viva, il sangue che pulsava nelle vene. Provò a premere delicatamente, abbassò la pelle fino a scoprire il glande, e lo sfiorò appena con la punta delle dita. Non aveva intenzione di masturbarlo – non ci aveva neanche pensato, in realtà -, ma esplorare la sua intimità. Buffo: come se non avesse mai preso in mano un membro maschile, come se fosse la sua prima volta! Volle provare ad alzarlo, misurarne la circonferenza con le dita, e poi chiuderlo tra le mani, e ‘ sarebbe ancora andata avanti, se improvvisamente non fosse sopraggiunta l’eiculazione; si ritrovò le mani piene di sperma, e per un attimo rimase sorpresa, trattenne il respiro, ed alzò gli occhi al volto di lui; ma Luca non si era svegliato, oppure aveva avuto ancora una volta la delicatezza di ridurre al minimo l’imbarazzo di sua madre. Lo accarezzo ancora qualche secondo, con un misto di riconoscenza e tenerezza, poi si alzò piano piano e andò verso il bagno, a lavarsi le mani. Peccato, pensò, buttare via il seme di suo figlio; e mentre si domandava da dove le fosse arrivato quel pensiero, alzò una mano per vederlo in controluce, e dopo un momento si portò un dito alle labbra, leccandolo con la punta della lingua.

Quando ne sentì il sapore, cercò di paragonarlo a ciò che già conosceva, ma in realtà non aveva metri di paragone: si era sempre rifiutata di accogliere lo sperma in bocca, anche ‘ già, anche da suo marito! La consapevolezza ritornò all’istante, e come sempre la lasciò sbigottita. Un pensiero sovrastò tutti gli altri: sto tradendo mio marito? Lo sto tradendo con suo figlio – con MIO figlio? Perché non ho mai neppure pensato di assaggiare lo sperma di Claudio, e quello di Luca invece sì? Farei per lui ciò che non ho mai fatto fin’ora? Basta! In quel momento non era in grado di affrontare quelle domande; si disse che era ancora assonnata ed intontita, che non aveva fatto nulla di male, era solo curiosità, stupida ma innocua ‘ e dopo essersi lavata accuratamente le mani – ma dentro di sé non poteva cancellare il ricordo di quel sapore strano ed eccitante – immerse il viso nel lavandino colmo d’acqua, cercando un refrigerio più mentale che fisico, si asciugò lentamente e si diresse in cucina. Mentre attraversava la stanza evitò di guardare Luca, ma con la coda dell’occhio vide ugualmente che non era ancora sveglio – o proseguiva nella sua finzione. Sì, un buon caff&egrave extrastrong l’avrebbe riportata sulla terraferma. Chiuse la porta, accese la radio, preparò la caffettiera, e si lasciò andare sulla sedia. Dalla finestra entrava la luce del sole, il cielo era sereno, lei era in vacanza, e – continuava a ripeterselo – non aveva fatto nulla di male. O no?

Quando Claudio tornò dal bar, lei si era appena vestita, e stava terminando di sistemare dopo la colazione. Luca non era ancora venuto in cucina, ora era sotto la doccia, e ci sarebbe rimasto per la sua solita mezz’ora, probabilmente.

‘Ehilà, già sveglia? Sono appenda le dieci! Dormito bene? Che ne dici di un caffettino?’ Suo marito era così, mezzo travolgente e mezzo maleducato: non aspettava neanche che gli altri rispondessero, andava avanti con le sue idiozie, col suo sorriso sincero ma indisponente. Tra l’altro, si svegliava sempre allegro, mentre lei ci metteva un bel po’ a carburare, e questo aumentava la sua irritazione, e il divertimento di Claudio. Quella mattina, però, anche lui si accorse che c’era qualcosa di diverso, perché dopo poco le domandò: ‘Tutto bene? Qualcosa non va?’
‘No’, le venne da rispondergli, ‘ho solo fatto una sega a tuo figlio, che vuoi che sia? E poi ho assaggiato il suo sperma, e non so neanche se mi piace più del tuo, perché ‘ ‘ già, ma in fondo, perché? Si voltò, e lo guardò con un misto di colpa e di profondo affetto.

Anche lui la fissava, incerto su come proseguire la conversazione. Beh, quante volte era capitato che lei avesse la luna storta? Probabilmente, conveniva tornare al bar, e rientrare un’oretta più tardi; solo che quella volta c’era qualcosa di strano nei suoi occhi, nella bocca che sembrava sorridere ma di un sorriso triste, o forse sarcastico, nelle mani che si intrecciavano con lentezza esasperante. Prima che potesse aggiungere altro, lei si mosse, sempre fissandolo dritto negli occhi, le andò incontrò, le cinse le braccia al collo e iniziò a baciarlo lentamente e profondamente, come faceva da fidanzata. Claudio non sapeva cosa fare, ma di per sé la situazione era piacevole (per quanto inusuale), così ricambiò il bacio, ma quando fece per abbracciarla a sua volta incontrò il suo braccio che stava scendendo, fino ad appoggiare la mano suo suo sesso! Questo lo lasciò davvero stupefatto: non era mai capitato, in tutta la loro storia, né prima né dopo il matrimonio! Rimase letteralmente a bocca aperta, mentre lei continuava a giocare con la lingua e con le sue labbra; e intanto, la sua mano aveva abbassato la cerniera, e si era infilata nelle mutande! Stava forse sognando? Forse era ancora addormentato, anche se tutto sembrava così reale – ma anche così impossibile! Nel giro di pochi secondi si ritrovò con un’erezione pazzesca, da far male perfino; ed intanto lei continuava a baciarlo e ad accarezzarlo, e con l’altra mano sbottonava i pantaloni, che caddero al suolo tra le sue gambe. Che avesse mangiato qualcosa di strano? Era forse drogata? Tentò di guardarla negli occhi, ma lei si stava già abbassando, e prima che lui potesse capire cosa voleva fare, lei ce l’aveva già in bocca. In quell’istante lui smise di pensare, e cominciò a respirare come un mantice.

Sì, anche lei ne era consapevole, non l’aveva mai fatto. Ma era proprio ciò di cui aveva voglia in quel momento, e Claudio era suo marito, no? Se poi gli avesse dato fastidio, si sarebbe tirato indietro: mica lo stava violentando! Ma non sembrava proprio che volesse tirarsi indietro, anzi: lei non ricordava un’erezione così rapida e potente, e dagli ansimi sempre più profondi, se mai si poteva temere che gli prendesse un infarto, ma non che fosse infastidito! Ecco, pensò, questo &egrave mio, questo &egrave per me, mi appartiene, e io ne faccio cosa voglio: lo prendo, lo accarezzo, lo mangio ‘ E mentre lasciava vagare la mente, continuava a stimolare con la lingua e con le labbra quella colonna svettante che aveva in pugno.

A volte lo faceva, ma solo per lui, per fargli piacere, e solo per prepararlo al rapporto completo – se no, il più delle volte mica ci arrivava! Ora invece lo stava facendo per sé, o forse per tutti e due, ma comunque le piaceva un sacco. E invece di rallentare, come le altre volte, accelerò, e cominciò ad affondarlo sempre di più in bocca accompagnando il movimento con le mani, pensando tra sé: ‘Adesso ti faccio morire!’ Era talmente presa che non si accorse neanche del momento preciso in cui iniziò ad eiaculare, e forse non se ne accorse nemmeno lui, perché il respiro gli si spezzò qualche attimo dopo. Lei tirò indietro la testa all’improvviso, ma ormai aveva suo seme in bocca, e – ora sì! – poteva paragonarlo all’altro che aveva appena assaggiato. Ora non si sentiva più in colpa, al contrario, era davvero felice, e per dimostrarlo tornò a prenderlo in bocca, mentre lui continuava nel suo interminabile orgasmo; ora gemeva e mugolava come un gattino, con le mani appoggiate alla sua testa in una carezza appena accennata, e quando le pulsazioni cessarono si lasciò letteralmente cadere sul divano, gli occhi chiusi, il respiro spezzato. Lei rimase per un momento in ginocchio, chiedendosi se per caso non l’avesse ucciso! Poi si rialzò, andò al lavandino e sputò quanto le era rimasto in bocca, sciacquandosi alla meglio, ed infine si sedette su una sedia di fronte a lui, che nel frattempo aveva buttato in un angolo sia i pantaloni che la maglietta. Era tutto sudato, rosso come un peperone, ma decisamente in salute, e contento come una pasqua.
‘Ehilà ‘ che roba ‘ porca miseria ‘ pazzesco ‘ incredibile ‘ ‘ continuava a buttar fuori mezze frasi e parole senza senso, come se fosse stato investito da un tir, o cose del genere! Lei intanto se la godeva, e lo guardava sorridendo come si guardano i bambini al parco giochi. Si domandava cosa avrebbe detto quando si fosse ripreso abbastanza da poter spiaccicare qualche parola di senso compiuto; purtroppo la prima cosa che disse, pur sorridendo, fu: ‘Dì, non &egrave che hai qualcosa da farti perdonare?’
Lei distolse lo sguardo, esitò appena, e poi rispose: ‘Sì’

O
CAPITOLO 5

“Ti ricordi le foto che mi avevi fatto da ragazza …”
Sì, avrebbe anche potuto gettare tutta la colpa su di lui, ma non era quello che voleva fare.
“… quando siamo andati al mare …”
Beh, in fondo era meglio così, che anche lui sapesse: non le andava di nascondersi come se avesse l’amante.
“… un’erezione pazzesca, e io lì davanti a lui …”
Curioso, una parte di lei raccontava com’era andata, ma un’altra parte invece ascoltava, come se si fosse sdoppiata; ed osservava le reazioni dell’uomo che aveva di fronte.
“… ho tolto il reggiseno …”
Forse avrebbe dovuto essere meno diretta, meno cruda, meno dettagliata; però, qual’&egrave il modo giusto di raccontare una cosa del genere al proprio marito?
“… ha cominciato a masturbarsi …”
Lui la fissava senza più muovere un muscolo: sembrava paralizzato. Ed anche il sorriso un po’ scemo con cui aveva accompagnato la sua battutona era come cristallizzato sul suo volto, le labbra socchiuse, gli occhi che la fissavano ma guardavano altro, come se la trapassassero. Lei aveva iniziato a raccontare prima di decidere se fosse opportuno farlo – come al solito! -, e non sapeva quale reazione si aspettava; però, proprio nessuna reazione, era difficile da immaginare! Forse, alla fine, a lui non importava un bel nulla – anche perché, insisteva a ripetersi mentalmente, in fondo che c’era di male? Quando però lui si alzò all’improvviso, dopo alcuni secondi dal termine del racconto, lei all’improvviso venne assalita dalla paura, ed il primo pensiero fu: ora mi mena! Solo incidentalmente notò che aveva mantenuto l’erezione iniziale – cose che non capitava più dai tempi del fidanzamento -, o forse ne aveva avuta subito un’altra, ed anche questa era un’eventualità assolutamente straordinaria.

Le si avvicinò, protese la mano, la fece alzare, la afferrò dietro la nuca e la attirò piano e con forza verso il proprio viso, sempre con lo stesso sguardo vitreo ed un pò allucinato; poi la baciò, quasi invadendola con la lingua, mentre l’altro braccio la stringeva sempre più forte dietro la schiena. Lei non si mosse, non fece nulla, né per ostacolare né per incoraggiare: non era ancora sicura di come andava interpretato quel comportamento tanto insolito. Quando le loro labbra si staccarono, lui era ancora più strano, sembrava quasi un alieno; così lei non oppose alcuna resistenza quando la fece girare tra le sua braccia, la spinse due passi più in là contro il tavolo, e la abbracciò con forza da dietro. Sentì le sua mani che scendevano fino all’orlo della gonnellina, poi un unico movimento la fece risalire alla vita, mentre le mani proseguirono fino ad impadronirai delle tette. Rimasero per qualche istante così, le braccia di lui strette al suo petto, le mani piene delle sue mammelle, il membro quasi piantato in mezzo alle chiappe; poi lui si piegò in avanti, forzando anche lei a piegarsi ed appoggiarsi sul tavolo; il pene scivolò e si inclinò finché non trovò l’ingresso della sua intimità, e subito le si introdusse dentro, tutto quanto, fino in fondo!

“Incredibile: non c’&egrave mai riuscito!” Forse Claudio era arrabbiato, e forse no, ma di sicuro non l’avrebbe picchiata: sentiva il suo alito caldo sul collo, le sue labbra che si muovevano sulla pelle come piccoli cuscinetti di velluto, le mani che stingevano con forza ma senza cattiveria il seno; e poi, naturalmente, sentiva il suo membro dentro di lei, durissimo, caldo, grosso. Possibile – si domandò -, possibile che ciò che era successo lo eccitasse? Allora non era geloso? O forse era proprio la gelosia a dominarlo e a muoverlo? Le sembrava quasi di avere addosso non suo marito ma un amante focoso ed arrapato, quasi un animale, o forse un violentatore – insomma, qualcuno travolto irresistibilmente dal desiderio per lei! E questa cosa le piaceva da pazzi, e le ricordava molto le sensazioni che provava con suo figlio quando giocavano a stuzzicarsi ed eccitarsi a vicenda. Istintivamente mosse il bacino, ruotandolo per accogliere meglio il pene dentro di sé, ma contemporaneamente fu colpita da un altro pensiero: quanto sarebbe ancora rimasto sotto la doccia Luca? Stavano rischiando di farsi beccare come due ragazzini! E, per la verità, questa follia la mandava fuori di testa dall’eccitazione! Cosa avrebbe fatto Luca, si sarebbe masturbato guardandoli?

Non ebbe il tempo di andare oltre: Claudio abbassò le mani sui suoi fianchi, si ritrasse da lei con una lentezza esasperante fino quasi ad uscire, quindi rientrò con forza e decisione; poi una seconda volta, fino in fondo, tirandola con le mani verso di sé; ed una terza, fuori e dentro dalla vagina che cominciava a bagnarsi: ma quella spinta fu l’ultima, rimase piantato dentro di lei, le mani che risalivano lentamente fino al seno, gli ansimi che sottolineavano l’orgasmo repentino e travolgente. In quel momento suonò il campanello!

Rabbia! Panico, emozione, urgenza, ansia; ma soprattutto rabbia! Ora ne aveva voglia, ora toccava a lei, non era giusto! E chi cavolo rompeva le scatole proprio adesso? Zia Veronica, ma certo: avevano combinato di pranzare insieme, quel giorno. Avrebbe dato fuoco alla casa, e invece si mosse rapida: si sfilò dal marito, afferrò il rotolone, ne strappò un pezzo e se lo ficcò dentro, tipo assorbente interno; rimise a posto le mutandine, tirò giù la gonna, si sistemò il camiciotto, aprì la finestra – l’odore era inconfondibile! – e si lanciò verso il cancelletto del giardino, con l’intenzione di trattenere fuori la zia il più possibile, e dare anche a Claudio il tempo di risistemarsi.

Però, dentro, rideva.

Fu una giornata strana. Lei era frastornata, cercava di star dietro alle chiacchiere, ma aveva la testa nelle nuvole. Claudio, da parte sua, sembrava assolutamente normale; però, quando lei lo guardava all’improvviso, coglieva per un attimo uno sguardo particolare: occhi ardenti, mezzi divertiti e mezzi arrabbiati. Ecco, sembrava in animale affamato, un lupo che aspetta il momento giusto per azzannare; e intanto sorride, ma sotto si vedono i canini. Beh, lei la sua parte l’aveva fatta, eccome! E si era anche tolta un peso: gli aveva detto tutto – o quasi: diciamo, gli aveva detto come tutto era cominciato. In compenso, lui si era beccato il primo pompino con ingoio della sua vita: non poteva certo lamentarsi. Poteva fissarla quanto voleva. “Ti piacerebbe mangiarmi, eh, brutto lupastro!?!”

Lei invece soddisfatta non lo era per nulla: le era rimasta addosso una gran voglia, e continuava a ripetersi che qui si divertivano tutti, meno lei! Quando, la sera, riuscì ad infilarsi sotto la doccia, provò a godere da sola, come faceva qualche volta: con lo stimolo del getto d’acqua, accarezzandosi il seno, e addirittura infilandosi dentro due dita; ma non ci riuscì: ne aveva troppa voglia, non le bastava qualche carezza più o meno spinta. Così uscì dal bagno decisa a prendersi quello che le spettava, che Claudio ne avesse voglia o no; e se dormiva già, ci avrebbe pensato lei a svegliarlo. In fondo, &egrave così facile prendere un uomo, se ci sai fare un minimo. Però un dubbio ancora la rodeva: alla fine, suo marito cosa pensava di quanto gli aveva raccontato? Passata la botta, passata l’eccitazione del momento, come sarebbero andate le cose tra di loro?

La risposta se la trovò davanti quando entrò nella loro camera: Claudio era sdraiato sul letto, nudo, con un’erezione da primato. Stupefacente! Provò a buttarla sul ridere: “Ti fai di viagra, ultimamente?”. “Sei tu, il mio viagra”; e ancora quello sguardo strano. Bene, pensò lei, questa &egrave la mia volta! Si sfilò l’accappatoio – pensò anche di lasciarlo cadere a terra, come nei film, ma siccome era lei che lavava … – lo appoggio sulla sedia e salì sul letto, in ginocchio. Abbassò la testa ancora avvolta nell’asciugamano, sfiorò con il naso il pene (sperava ardentemente che si fosse lavato), poi lo imboccò tutto. Anche questo non l’aveva mai fatto, ma non le dispiacque. Una sola volta, su e giù, per insalivarlo bene; scavalcò le gambe di Claudio, si abbassò lentamente, e con la mano guidò il suo membro dentro di lei. Piano, piano, quasi immobile; sempre più giù, sempre più dentro, finché non arrivò al fondo. Allora chiuse gli occhi, assaporando quella presenza, quell’intruso che vibrava e palpitava in lei; appoggiò le mani sul suo petto, si inarcò all’indietro, poi tornò in avanti, come per trovare la posizione più comoda. La sua voce, arrochita e inaspettata, parve arrivare da un’altra dimensione, e la fece sussultare: “Raccontamelo di nuovo!”

E lei, muovendosi appena, raccontò; e mentre raccontava, come l’altra volta, si ascoltava, e si immaginava la scena: di come avesse trovato le foto, di Luca che era entrato, e l’aveva abbracciata, e baciata; di lei che si sbottonava la camicetta, di lui che le sganciava il reggiseno, e le sue mani che la carezzavano, che accarezzavano le sue tette; poi lui si sedeva sul bordo del letto, e lei avvolgeva il suo viso col suo seno, ed i suoi baci, la lingua sui capezzoli – ed era la bocca di Claudio che la stava succhiando e baciando, vorace, caldissima. Poi Luca si era alzato, tolto la maglietta mentre lei gli abbassava pantaloni e mutande, ed infine l’aveva preso in mano, caldo, duro, bellissimo! Anche lui aveva portato la sua mano all’inguine di lei, aveva forzato la vulva, aveva spinto dentro un dito – proprio come stava facendo lei ora, aggiungendo due dita al membro di suo marito, dilatando la vagina ed accarezzando la sua virilità. L’aveva accarezzata – come ora stava facendo lei -, e poi di nuovo dentro, fuori e dentro; e baciava le tette, le strizzava, succhiava i suoi capezzoli – proprio come ora, proprio così … così … cosììììììììì …

Alla fine era solo più un soffio, neanche una voce: il respiro del suo godimento.

Quando si riprese, si accorse che aveva le dita impiastricciate, il seno indolenzito, e un gran calore in viso: doveva avere le guance infuocate! Aprì gli occhi, e sorrise, anzi, si mise proprio a ridere: avere una macchina fotografica, per immortalare l’espressione di suo marito! Probabilmente, pensava che lei fosse impazzita. Comunque era piaciuto anche a lui, di sicuro! Si allungò su di lui, poi si sfilò e si lasciò andare sul suo fianco. Appoggiò la testa sul petto di lui, giocò con i peli, ed infine tornò al pene, prendendolo in mano ed accarezzandolo teneramente. Oh, era ancora abbastanza duro! ‘Sta storia, gira gira che finiva bene! Alzò gli occhi per vedere se si era ripreso, e lui ricambiò lo sguardo; si aspettava qualche commento, o almeno che le chiedesse quale delle due versioni era quella vera, invece lui dopo un pò disse: “La cosa &egrave andata avanti?”. Ecco, riusciva sempre a metterla in difficoltà! Mah, sì, in un certo senso … In che senso? Che era capitato che Luca la guardasse … Nuda? In effetti, qualche volta … Forse, alla fine la storia non sarebbe finita bene. Il tono della sua voce era indecifrabile, asettico, come se si fosse trattato del resoconto di una transazione commerciale. Però, però … il pene che ancora teneva in mano stava tornando duro! PAZZESCO!!! Forse prendeva davvero il viagra: non era possibile!

“Faresti anche per me quello che fai per lui?”
“Cosa? NO! Assolutamente no! Ma sei pazzo?!?”
L’aveva detto con un tono scherzoso, ma in realtà era veramente turbata: pensava che lei desse spettacolo su ordinazione, come un’attrice porno? Certo però che poteva essere inteso anche in un altro modo: perché per lui sì, e per me no? Lei lo sapeva, e tentò di dirglielo: “Tu sei mio marito, con Luca &egrave solo un gioco, noi due non abbiamo bisogno di queste cose …”
Lui non disse nulla. Il pene si afflosciò. Lei ritirò la mano, senza sapere più né cosa dire, né cosa fare.
“Allora mi racconterai tutto.”
Non era una richiesta, forse neanche un ordine: era così, e basta. Aveva di nuovo lo sguardo da lupo. Lei rimase in silenzio un momento, poi si scostò da lui, si girò dall’alta parte, tirò su le coperte e spense la luce.
Accidenti, in che razza di ginepraio si era infilata?

In realtà non fu poi così terribile; anzi.
A volte non le andava, e non raccontava in bel nulla. A volte, invece, si divertiva veramente ad eccitare quel maiale di suo marito, così gli raccontava delle prime volte che Luca e lei si guardavano (però non aveva mai parlato di quella famosa serata, in cui anche lei si era lasciata andare), oppure si lanciava in racconti più o meno fantasiosi, sempre con loro due come protagonisti. A Claudio, evidentemente, ‘sta cosa piaceva molto: sembrava un toro, era sempre pronto e sempre voglioso, e di fatto la loro vita sessuale stava attraversando un momento magico; forse meglio ancora di quando erano fidanzati. Lei si sentiva attraente, desiderata, cercata; e le bastava un cenno per trascinare suo marito nel vortice del piacere. Per un altro verso, aveva perso interesse ai giochetti con suo figlio; e anche Luca, ovviamente, se n’era accorto. Lei non si tirava indietro: come dire, restava disponibile anche per lui – nei limiti, chiaramente -, però non c’era più quella complicità, quella carica di prima. E la cosa poco a poco si era spenta.

Intanto avevano fatto ritorno in città, ed erano ricominciate le cene con le amiche, con relative confidenze. Le sarebbe piaciuto raccontare anche lei qualcosa della sua vicenda, ma non riusciva a decidersi. In compenso Raffaella continuava ad eletrizzare tutte, con la sua storia assurda: ora col cognato ci andava a letto sistematicamente, poi però si arrovellava nei sensi di colpa! Smettere non riusciva, continuare non poteva … insomma, pareva uno di quei fotoromanzi che leggevano da ragazzine: talmente pazzesco da sembrare inventato. Le amiche erano tutte molto partecipi e preoccupate, meno Flora, che invece sembrava piuttosto divertita e compiaciuta. Possibile che anche lei avesse una storia col cognato? Mentre ritornavano a casa, tentò di scoprirlo.
“L’ultima volta mi hai chiesto se sarei andata a letto con un eventuale cognato, ma io non ne ho; e tu, lo faresti?”
L’altra sorrise, come se si aspettasse la domanda, poi disse: “Sai tenere in segreto?” E lei: “Figurati!” Evvai, &egrave fatta!

Era estate, erano in vacanza insieme, e lei si era appena sposata. Quella sera Deborah, sua cognata, non stava bene – o magari non aveva voglia di sbattersi, aveva pensato lei; o invece, era tutto studiato già dall’inizio. Ma questo l’aveva pensato solo in seguito. Comunque, Deborah aveva detto: “Andate pure voi, e divertitevi!” Così erano partiti loro tre: lei, suo marito, e Roberto; destinazione: una discoteca in spiaggia, famosa per le sue serate scoppiettanti. Fino a mezzanotte passata non &egrave che fosse chissà che: musica, luci, un paio di cocktails – che poi lei era mica abituata, ma sembrava una cosa tirarsi indietro! Poi era iniziata la serata vera e propria, con una coppia che era salita sulla pedana per uno spettacolino. Lui era un figone pauroso: nero in doppio petto bianco, com tanto di cappello, sembrava in dio sceso in terra! E anche lei era da paura: bionda tipo svedese, in completino nero. Insieme facevano veramente un bell’effetto, ed erano anche in gamba, sicuramente professionisti. Avevano iniziato una specie di danza di corteggiamento, che però era diventata uno streap-tease reciproco, finché erano rimasti in intimo. A quel punto, tra le grida della gente, erano scesi dalla pedana, andando alla ricerca di qualcuno da coinvolgere e trascinare sul palco. Ovviamente, il negrone era venuto dritto da lei! Fortuna che era già rossa di suo, capelli e carnagione, così non si era notato troppo l’imbarazzo; e comunque, in fondo la lusingava essere la prescelta da quel pezzo di ragazzo; così tornò con lui sulla pedana.

Quando si voltò verso il pubblico ebbe la prima sorpresa: i riflettori le impedivano la vista, era come essere soli, pur in mezzo alle voci ed alla musica. E quando si voltò verso il suo Adone, seconda sorpresa: se n’era andato! Al posto suo c’era un tipo, che evidentemente aveva raccattato la biondona. Fu un momento di panico: avrebbe voluto scappare, ma si sentiva le gambe di pietra. A scuoterla fu proprio il suo compare di sventura, che fece per avvicinarsi con le braccia aperte, come se volesse stringerla a sé: piuttosto che quello, cominciò a ballare, allontanandosi da lui. Cercò di non pensare a nulla, lasciandosi trasportare dal ritmo della musica; e la cosa incredibilmente funzionò! Dopo qualche minuto, altra sorpresa: al posto del tipo, comparve vicino a lei una bruna super tirata – evidentemente, l’elemento aveva dato forfait. Questa invece ci sapeva fare, e cominciò a ballare sincronizzandosi con lei, tipo veline per capirci. Non era ancora arrivata che pensò bene di spingere sull’acceleratore: si tolse la giacchetta, la fece roteare in aria, e la lanciò al pubblico, che la accolse con una serie di fischi; rimase in shorts e reggiseno a fascia. C’era da dire una cosa: era veramente gnocca!

Ah, ma lei se voleva era anche meglio! Fece per togliersi il top, ma si ricordò all’ultimo che non aveva reggiseno; ma ormai era nel ballo, e le toccava ballare: e allora, ‘fanculo: via la mini – restò col perizoma bianco (di solito metteva gli slip, ma sotto le gonne aderenti le dava fastidio che si vedessero le mutande). Un momento di imbarazzo, poi la guardò con aria di sfida: allora, brunetta del cazzo, chi &egrave la più figa? L’altra non si scompose neanche un pò, anzi, le fece un sorrisone d’intesa, le si avvicinò ballando sinuosamente, le si fece addosso, e facendo la gatta le stampò un bacio sulle labbra (tipo Madonna e quell’altra, in televisione, ma senza la lingua)! Poi, prima che avesse il tempo di riprendersi, la brunetta si scostò appena, e sempre fissandola negli occhi si tolse il reggiseno. Aveva un seno perfetto: né troppo grande né troppo piccolo, le areole appena più scure, i capezzoli bellissimi: era una meraviglia; e continuava a sorridere, come a prenderla in giro. Porcaputtana, vuoi il gioco pesante? Via il top anche lei!

Intanto la sala stava esplodendo, tra fischi, urla e casino. Le venne in mente che lì sotto – invisibile, nascosto dai riflettori che le sparavano negli occhi – c’era suo marito: chissà cosa pensava … E c’era anche suo cognato: già, anche suo cognato … Magari ce l’aveva duro! Magari guardandola si stava eccitando ‘ chissà com’era a letto? Era un salterellino come suo marito, o un maiale? Quando tornò in sé, e riportò la sua attenzione alla sua compagna di giochi, la vide di nuovo avvicinarsi, ma questa volta lo sguardo non era più sorridente e sbarazzino, piuttosto turbato invece. Sempre al ritmo della musica, si stava accostando, quasi in trance, e man mano si inarcava, come se avesse paura ed al tempo stesso desiderio di toccarla; ed infine, in effetti, la toccò. La sfiorò soltanto, dapprima, ma la sconvolse ugualmente, perché a toccarsi erano stati i loro capezzoli. Fu come se una scossa l’avesse attraversata da capo a piedi. Protese un braccio, la avvolse, le accarezzò la schiena e contemporaneamente la trasse verso di sé; i loro seni si incontrarono, prima solo leggermente, poi con maggior forza, quasi volessero compenetrarsi; ed era morbido, caldo, dolcissimo. Ancora le loro bocche si unirono, ma questa volta aprendosi, e scambiandosi un bacio profondo. Scomparve tutto. La stava abbracciando, e con l’altra mano le accarezzava piano il viso, mentre sentiva le mani di lei che passavano lentamente su tutto il suo corpo: le gambe, la testa, la schiena, le braccia, il ventre, i glutei, il ventre, l’inguine, il seno ‘ ed il loro bacio sembrava non dovesse finire mai.

Il mondo tornò ad esistere quando una mano rigida e nervosa le si posò sulla spalla, ed una voce maschile forte ed irritata le disse: ‘Ora basta!’. Anche la sua compagna di giochi aveva un uomo alle spalle, e la stava allontanando da lei. Due del locale, certamente, che le guardavano con un’espressione divertita ed eccitata, ma facevano il muso duro: ‘Ok, vi siete divertite abbastanza, ma se andate avanti rischiamo guai seri: tante grazie, ma adesso basta.’

CAPITOLO 8
Tre &egrave meglio che due

Erano in auto, i due maschi davanti, lei dietro; non avevano neanche acceso l’autoradio. Lei aveva gli occhi chiusi: le sembrava di sentire ancora la pelle setosa della brunetta sotto i polpastrelli, il suo sapore in bocca, le lingue che si incrociavano. Quando era scesa dalla pedana se li era trovati davanti subito, con in mano il suo top e la mini, come se avessero fretta che si rivestisse. Però non sembravano arrabbiati, anzi; piuttosto, pareva che si fossero appena svegliati da un sonno profondissimo, o che viceversa stessero per andare a dormire dopo una notte intera di follie. La guardavano stralunati, ma in maniera diversa: suo marito, con un misto di divertimento e orrore, come se stesse pensando: ma questa &egrave mia moglie? Siamo sicuri che sia proprio lei? Suo fratello, invece, la fissava come se fosse la prima volta che la vedeva; e dallo sguardo, anche se fosse stata la prima volta, le piaceva non poco.

Arrivarono in albergo, entrarono in camera, chiusero la porta. Lei si voltò verso di loro, sorrise, disse: ‘Allora?’. Bastò quell’unica parola: si mossero contemporaneamente, come se avessero ricevuto un impulso elettronico; ed ella si ritrovò in mezzo a due uomini, con quattro mani che percorrevano il suo corpo, con due bocche che la baciavano dappertutto. Se ebbe un’esitazione, fu solo un attimo; poi si lasciò andare completamente, alla lingua che cercava la sua, all’altra che leccava il suo capezzolo, alle dita che le carezzavano il clitoride, che penetravano la vulva, che si spingevano dentro il suo ano. Ed anche le sue, di mani, percorrevano i muscoli, i capelli, la barba, la pelle dei due uomini che la stavano facendo impazzire; e stringevano i due peni – due, tutti per sé! Venne mentre uno (suo marito? Oppure suo cognato?) la abbracciava da dietro, aggrappato alle sue mammelle piene ed abbondanti, baciandole il collo; e l’altro la leccava in mezzo alle gambe. Poi la portano in braccio in camera da letto, e si ritrovò a quattro zampe, con Michele dietro, dentro di lei, e Roberto sdraiato davanti a lei, col membro ad un soffio dalle sue labbra. Chiuse gli occhi, abbassò la testa, e lo accolse in bocca, prima titubante, poi con sempre maggiore ardore. Li aveva tutti e due dentro, suo marito dietro, ed il fratello davanti; e trovava tutto questo fantastico! Si immaginò di essere una dea africana dell’amore, o un personaggio dei templi indù, o ancora una matrona romana durante un’orgia. Quante donne prima di lei avevano vissuto un’esperienza simile? Tante? Poche? Le venne da ridere: lei voleva solo dire: ‘Allora? Sei sconvolto? Vuoi chiedere il divorzio?’ e a Roberto: ‘Allora, cosa pensi adesso di me? Ti vergogni di avere una zoccola come me per cognata?’ Sì, pensava di averla fatta grossa, e che non l’avrebbe passata liscia; e invece ‘

Suo marito venne con un grugnito, mentre Roberto ansimava al ritmo che lei gli imponeva con la lingua: anche lui non sarebbe durato molto; non voleva che finisse così. Non aveva mai fatto l’amore con un altro uomo – non da quando stava con Michele – e non intendeva tradire suo marito, però ‘ in fondo, arrivati a qual punto ‘ si fece avanti, si portò sopra il pene del cognato, si calò su di lui lentamente – come se aspettasse ancora che Michele la fermasse, proprio all’ultimo -, ed infine lo sentì dentro di sé. Ora era troppo tardi, suo marito poteva solo più accompagnarla verso l’orgasmo: si voltò indietro verso di lui, le offrì le labbra, la bocca; e lui rispose baciandola con trasporto, mentre il fratello si muoveva dentro di lei e le succhiava i capezzoli fino a farle male.

‘Cavolo! Vacanza bollente, quell’estate, eh?’
Non sapeva proprio cosa dire, era imbarazzatissima, ed anche eccitata – doveva avere le guance infiammate, come suo solito; avrebbe preferito tacere, ma Flora si era fermata, e sembrava attendere un suo commento.
‘No. Fu un episodio unico, una follia, un trip ‘ non so come spiegarti. E nessuno di noi ne parlò mai, né allora, né dopo’.
‘Quindi non hai più fatto l’amore con tuo cognato dopo quella volta?’
‘Beh, non durante quella vacanza ” e si voltò a guardarla, sorridendo sorniona. Poi ricominciò.

Erano tornati nello stesso posto, stessa pensione, sempre loro quattro; ma lei era incinta, di sette mesi ormai. Sua cognata l’aveva accompagnata in camera, dopo pranzo, per riposare un po’, mentre gli uomini guardavano il gran premio – ma come fanno a ‘ a essere così, gli uomini ?!?
Mentre si sdraiava sul letto, Elisa si era seduta sulla sedia, e le aveva detto come se niente fosse: ‘Sai che Roberto impazzisce dal desiderio di far l’amore con te?’
L’aveva guardata come se avesse parlato in un’altra lingua; e prima che potesse riprendersi, sua cognata aveva ripreso a parlare, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
‘Sai, nei maschi c’&egrave qualcosa di morboso, come se fare semplicemente l’amore con la por donna non fosse abbastanza; e così sono sempre alla ricerca della novità, della stranezza. Comunque, Roberto &egrave affascinato dalle donne incinte, e da quando ha saputo che aspetti non ci sta più dentro ‘ di testa, ma soprattutto nelle mutande! E da quando siamo arrivati qua al mare non pensa più ad altro. Non &egrave buffo, che invece tuo marito non riesca più a far l’amore con te, mentre suo fratello farebbe pazzie per averti?’

Era vero: Michele era felicissimo, quando aveva saputo che sarebbe diventato padre si era veramente esaltato, e andato in giro a dirlo a tutti – come se fosse il primo uomo della storia a cui capitava una cosa simile! Però, però ‘ subito non tanto, ma col passare del tempo (e man mano che cresceva la pancia) il suo desiderio era diminuito fino a spegnersi. Lui diceva che lo faceva per lei, che era per rispetto nei suoi confronti, per non far male al bambino ‘ tutte storie! O forse aveva davvero paura, va a sapere cosa passa per quelle testacce degli uomini! Comunque, erano settimane che non si batteva chiodo. All’inizio non le pesava, anche perché i primi mesi erano stati poco ‘ piacevoli, diciamo così; poi però le nausee erano passate, aveva anche smesso di vomitare, e adesso stava tutto sommato benissimo. D’accordo, prima era meno stanca, più reattiva, e aveva un altro fisico, ok; però ‘ Ad esempio, le tette erano cresciute: difatti con quelle Michele ogni tanto si dilettava ancora; ma per il resto ‘ E Roberto, invece, si ammazzava di seghe pensando a lei – beh, questo se l’immaginava lei, ma era pronta a scommetterci: in fondo non sono tutti un po’ maiali?

Deborah, che la stava fissando, con un’espressione enigmatica, interruppe il flusso dei suoi pensieri: ‘Credo che il tuo sorriso voglia dire che ti va bene’. Stava sorridendo? Non se n’era accorta! E, no, non voleva dire quello ‘ non ci aveva ancora pensato veramente .. cio&egrave, non che le dispiacesse poi tanto, anzi; però ‘ Infatti, quando se l’era trovato davanti, pochi minuti dopo, non era stato facile: era venuto fuori tutto l’imbarazzo che non aveva con suo marito: la paura di non piacergli, che la trovasse sformata, che all’ultimo se ne andasse lasciandola lì come ‘ uno scarto, ecco. Non era andata proprio così: al contrario, lui sembrava in delirio: l’aveva spogliata in un istante, e subito l’aveva penetrata girata di schiena, con le mani appoggiate sul suo pancione. Era venuto in un amen. Poi però l’aveva leccata a lungo, quasi a scusarsi di non averla fatta godere, e quando le aveva messo dentro le dita – prima uno, poi due, poi tre – era venuta anche lei. Dopo cena era andata ancora meglio: avevano fatto l’amore a lungo, lui sdraiato e lei sopra, lentamente come piaceva a lei, mentre le accarezzava e le baciava il seno. E poi la mattina; e poi prima di pranzo; e dopo pranzo; e prima di cena ‘

‘Ma come cavolo hai fatto, a reggere quel ritmo? Io sarei morta!’
‘Anch’io!’ e scoppio a ridere ‘Cio&egrave, subito era grandioso: sai, avevo un po’ di arretrati da recuperare! Poi però, dopo un paio di giorni, ho cominciato a sentirmi un tantino ‘ sazia? Lui invece non mollava, l’avrebbe fatto anche in spiaggia!’
‘E come hai fatto a calmarlo?’
‘Beh, lo sai come sono fatti gli uomini: qual’&egrave la cosa che gli piace di più in assoluto?’
‘Un pompino?’
‘Ok, hai ragione; ma voglio dire: ciò che sognano giorno e notte, che desiderano più di tutto, che venderebbero la madre”
‘Sesso anale!’
‘Esatto!’
‘E tu ”
‘Gli ho proposto un patto: una volta al giorno, come piaceva a lui, e una come volevo io’
Cavolo! Si faceva mancare niente, la principessa! ‘E ha funzionato?’
‘Sì. Quando ci svegliavamo, prima di andare in spiaggia, si toglieva la voglia col mio culetto – e ti assicuro che se la godeva proprio! La sera, prima di nanna, coccole a volontà e sesso come si deve. Va beh, un paio di volte c’&egrave scappata anche la scopata pomeridiana, magari sotto la doccia, e quando era proprio in crisi qualche pompino al volo, giusto perché sono buona!’

‘Beh, mica male ‘ sempre così le tue vacanze?’ Battuta scemissima, d’accordo, ma era veramente un po’ scossa: prima la serata di fuoco in discoteca, poi la cosa a tre, poi la vacanza tutto sesso ‘ ehi, un momento: ” e tuo marito?!?’
‘Brava! Esattamente quello che avevo detto anch’io a Deborah: e mio marito? Lei aveva abbassato gli occhi, e dopo un attimo di esitazione mi aveva risposto: ‘Penso che sia tempo che tu sappia una cosa”

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