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Racconti Erotici Etero

Una ninfomane e il suo cetriolo

By 4 Maggio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Ci si sveglia così: la testa frastornata da troppe poche ore di sonno, mentre quel rumore elettrico e metallico ti rimbomba nelle orecchie, cancellando la minima eco di quei sogni che stavi facendo. Rumore elettrico, come un ronzio nella testa.
Il campanello suona. Suona ancora. Cazzo. Devo alzarmi. Mi avvolgo nell’accappatoio di spugna ancora bagnaticcio e con quell’odore di bagnato tutt’altro che piacevole, ancor di meno alla mattina.
Che ore sono? L’orologio è oltre la metà, ma non vedo se sono i minuti o le ore.
Fanculo. Mi muovo verso la porta bofonchiando qualcosa senza senso, sperando di far smettere quel dito che preme.
“Fanculo” lo dico, senza rendermi conto che ho appena aperto la porta e quello che esce è la prima parola forbita della giornata e risulta come saluto al mio interlocutore.
Due occhi pieni di lacrime, due occhi castani di cui si vede solamente l’ombra dietro un alone liquido di lacrime e tanti capillari arrossati. Occhi rossi e un viso pieno di lacrime che mi guarda. Chi cazzo è? Non faccio in tempo a farmi la domanda che vedo quella che è poco più di una ragazzina in casa mia. Me la trovo con le braccia al collo, mentre piange ancora, a dirotto. Chi cazzo è? Non capisco cosa possa essere successo. è troppo presto e non capisco nulla. L’unica cosa che riesco a fare è chiudere la porta, come se il fatto di avere quell’essere attaccato addosso fosse la cosa più normale del mondo.
Inizio a sentirne il peso, mentre cerco di muovermi, e allora le prendo la testa, forse le carezzo i capelli, castani, morbidi, lunghi fin oltre le spalle, ma arruffati, umidicci. Rialza di nuovo quegli occhi castani. Li guardo e lei tira su con il naso. Ha un viso da ragazzina, ma ora mostra tutti i suoi anni. è sulla trentina. Avrà la mia età. La faccia da rincoglionito della prima mattina probabilmente la rassicura, tanto che si stacca appena e si siede a terra, nell’atrio di casa mia e mi guarda.
Noto solo ora che è anche vestita come una ragazzina. Soprattutto la lunghezza degli abiti è da ragazzina. Ha un paio di sandali alla schiava, con i lacci che le cingono il polpaccio fino a metà, tornito il giusto. Le cosce sono quasi completamente scoperte e messe in mostra da una gonnellina corta, liscia, nera, aderente alle forme delle sue gambe. Addosso solamente una maglietta, semplice. Questo era l’abbigliamento uscita da casa. Ora la gonnellina era spostata verso il basso, lacera e la maglietta strappata, tanto da mostrare l’assenza del reggiseno, quasi come uno spacco voluto, che mostra il solco di due seni sodi e grossi, nonostante la stazza minima di lei: sarà 1 metro e 60 e poco più di quaranta chili, ma avrà una quarta comoda.
Mi fissa e tira su con il naso. Oltre alla mia elegantissima presentazione non riesco ancora a dire nulla. “Che cazzo’?” riesco a dire finalmente. Non che sia una frase di senso compiuto, ma lascia intendere qualcosa. Oltre che seduta ora tira le gambe ai seni, mostrando anche l’assenza di mutandine e un’umidità inconsueta sul suo sesso.
Tira su con il naso “Mi volevano scopare” dice senza un nesso logico. Non parlo, non faccio in tempo, perché il cervello è ancora spento. Chi? Non lo chiedo, lei mi guarda e chiude con le braccia le sue ginocchia “Quegli stronzi mi volevano scopare” mi dice ancora, mentre ora una sua mano passa verso la gonnellina, verso il suo sesso e lo sfiora, mentre noto ora che le sue mani sono umide come il suo sesso, velate di umori. La guardo e non parlo “Li conosci? Quegli stronzi qua sotto!”. Non collego ancora. Alzo il telefono “Chiamo i carabinieri”. Alza una mano e mi blocca con un gesto. Non avevo ancora digitato nessun numero. “No, no!” dice e io guardo quella mano umida che mi ha bloccato.
Mi squadra. Lo noto solo ora. Mi squadra in quella mia mise mattutina abbastanza inconsueta e nota che anch’io la stavo squadrando. Noto qualcosa di strano in quegli occhi, ma non mi faccio strane domande. è così minuta. La fisso e lei quasi mi supplica. Senza le parole. Poi apre bocca: “Mi volevano'”. Qualcosa blocca quella farsa. Quel qualcosa è un’erezione mattutina, combinata alla visione di quello scricciolo di donna che mi sono trovato in casa. Fissa quel bozzo che ha preso forma sotto all’accappatoio e deglutisce mentre si passa la lingua sulle labbra. “Voglio'” dice senza riuscire a concludere la frase. La vedo chiudere gli occhi e forzare un attimo, spingere. Vedo quel sesso schiudersi e lasciare uscire a poco a poco un cetriolo bitorzoluto, non troppo grosso, ma umido completamente di umori. La mia faccia deve essere stranita, perché le sue lacrime scendono di nuovo copiose.
“Sì, sono una troia, sono una ninfomane, volevo farmi scopare e non hanno voluto. Qua sotto ho provato a battere ma mi hanno solamente guardato mentre mi masturbavo'” dice mentre la sua mano prende quel cetriolo e se lo infila in bocca iniziando a succhiarlo in maniera inconsueta, succhiando come un disidratato che nel deserto trova una fonte d’acqua. Succhia come una necessità e la guardo. Ce l’ho duro e se ne accorge. Ce l’ho duro e quel cetriolo è oramai completamente nella sua bocca.
Mi guarda con quegli occhioni, mentre slaccio l’accappatoio e lascio che il mio sesso si mostri completamente in quell’erezione quasi completa. La cappella è coperta ancora a metà dalla pelle, è umidiccia e vedo i suoi occhi che la puntano. è un attimo, perché si allunga famelica, con le sue labbra e con la stessa intensità posa le labbra, solamente quelle, sulla mia cappella e inizia a succhiare, aspirandomi. La sento, intensa, e lecca. Lecca ora e il cetriolo si posa al suo fianco. Sento il sesso crescere e sento la sua lingua disegnare la sagoma della mia cappella, mentre risucchia. Risucchia e lo gonfia. La guardo, ma lei ha gli occhi fissi sull’asta, che vede irrigidirsi e le cui vene pulsano. è un attimo, lo sento pulsare e avanzo, un passo, due e la spingo contro la parete. Il suo cranio è bloccato e il sesso affonda, lentamente, mentre lei apre le labbra, le allarga oltre la misura. Sento la sua bocca tirare, e ora sento i miei testicoli batterle sul mento. Sono gonfi a dismisura. Sento le sue tonsille che titillano la cappella e, nonostante tutto, la sua lingua mi carezza l’asta. Lo tiro fuori. Almeno l’asta. E la vedo prendere aria, sento il suo naso respirare, e del muco uscire involontariamente, frutto del pianto precedente. Lo pulisce con la lingua e cerca di prenderlo in bocca. Non fa in tempo perché glielo pianto di nuovo in gola. Una nuova botta contro la parete. Un colpo, un altro. Le sto scopando la bocca e tutte le volte la sento contro la parete. La sento gorgheggiare e sento le sue tonsille chiedere pietà, i suoi occhi invece si alzano, ancora rossi, ancora lacrimanti, ma le sue gambe sono larghe, come le mie, e la sua figa rossa, umida, bagnata. Le scopo la bocca, un colpo via l’altro. è un buco e le piace, perché il mio pavimento si bagna. è un buco: lei non sa chi sia io, io non so chi sia lei.
So solo che sento la mia cappella gonfia grattare contro la sua gola e la sua testa premere contro la parete. La tiro fuori dalla sua bocca, mentre lei resta con le labbra ancora schiuse e un leggero colpo di tosse, che le fa uscire un grumo di saliva che cola sulla maglietta, tra i seni scoperti dalla rottura sulla maglietta. Mi guarda “Lo voglio ancora! Lo voglio ancora!” mi dice senza badare ad asciugarsi la saliva. Deve aver già capito chi comanda, perché fissa solo la sua saliva che cola dalla mia cappella tumida e bagnata, senza toccarla. Le lascio colare addosso la sua stessa saliva, mentre lei porta quel cetriolo, con la destra, verso la sua fighettina scoperta. Lo appoggia sulla fessura, senza penetrarsi “Lo voglio! Lo voglio!” mi dice, guardandomi, come stesse chiedendo il suo gioco, come una necessità poi.
Mi fissa con quegli occhioni e non potrei fare altro se non accucciarmi per un attimo, il tempo di prendere il tessuto elastico della maglietta e tirarlo, strapparlo, liberando completamente quei grossi seni, sproporzionati rispetto alla stazza della ragazza. Mi fissa e la vedo bagnarsi, mentre le mani le strizzano i capezzoli già turgidi, li tiro e leggo una smorfia sul suo viso. Non fa in tempo, perché la bocca aperta per quell’urlo si riempie di nuovo. Un urlo soffocato, e poi lei che inizia a succhiare come un infoiata, di controcanto ai miei colpi. Colpi contro il muro della sua testa e colpi delle sue labbra contro le mie palle. Un colpo via l’altro. Sento il gorgoglio farsi più intenso e la vedo fremere con le mani. “Toccati” le dico, mentre sono teso con le gambe, per poterle scopare la bocca. Le sue mani vanno sulla sua fighetta, la allargano e lascia che tutti i suoi umori scivolino sul mio pavimento, mentre tre dita entrano immediatamente, con facilità. Mi guarda il cazzo, senza alzare gli occhi, che lacrimano, per lo sforzo, lacrimano e fanno colare quel trucco che aveva sul visetto. Continua e continua. Prendo i suoi capelli con le mani, stringo la sua testa, e nella sinistra anche una grossa ciocca dei suoi capelli. La tiro a me, la forzo ulteriormente, ma non ce n’è bisogno, perché lei succhia ancora più forte, ingoia la saliva che esce e vedo tutto quel liquido uscire dai lati delle sue labbra, denso. Ancora devo venire. Sto per venire. Voglio vederla questa troia. Voglio vederla tutta sporca di sborra.
Lo tiro fuori dalla sua bocca e lei capisce tutto. è una porca allucinante e punta di nuovo al mio cazzo con lo sguardo, con gli occhi incrociati che lo guardano e seguono il movimento della mia destra che me lo sega. Le sue mani invece puntano alla sua fighetta, perché lei, con un colpo di reni si mette sulle ginocchia, che poi allarga, a sufficienza da impalarsi su quel cetriolo che si era infilata dentro. Una spaccata e gli occhi che cercano il mio cazzo. Vengo. Un primo fiotto le si piazza sull’occhio sinistro. Ho lei ai miei piedi con la bocca sguaiatamente aperta, mentre aspetta la mia sborra. Un secondo fiotto le va in bocca. Mugola. Un terzo fiotto in bocca. Un mugolio più intenso. Altri fiotti, un quarto e un quinto, sul volto, uno in fronte e uno sul naso. Un altro alto, tra i capelli. Ora il mio sesso cola e basta, cola lo sperma che lei ha già deglutito e che non si toglie dal viso. Lo lascia colare e si allunga con quel tono interrogativo. Le confermo “Succhia”. Lei deglutisce mugolando e muovendosi vibrando se lo reinfila in bocca, succhiandolo completamente, mentre non perde turgore, perché già succhia, perché lei non è assuefatta, perché lo vuole. Aspira.
La guardo, con quell’occhio chiuso con un grumo di sperma sopra. Non la pulisco. Non si pulisce. Strappo completamente la maglietta e le rimane giusto un collarino elastico e qualche pezzo di stoffa. Nient’altro, un pezzo di manica. è completamente nuda.
“Mettiti a quattro zampe” le ordino. Lei non ci pensa un attimo e si mette subito come le ho ordinato. La gonnellina è sollevata, madida dei suoi umori. Il cetriolo le scivola fuori, e cade mesto sul pavimento. Mi accovaccio a terra e solo ora tiro via completamente l’accappatoio. La controllo e vedo che il suo buchetto del culo è praticamente vergine. La sua fighetta invece, nonostante sia piccina come conformazione, è notevolmente slabbrata e il buco notevolmente largo. Non faccio fatica infatti a infilare dentro due dita in quell’ispezione veloce. Lei continua a mugolare, senza parlare. Oramai è spiaccicata a terra, con quei seni che vengono modellati dalle piastrelle, e i capelli sporchi del mio sperma si spargono sul pavimento. Una troietta lurida nel mio atrio, con la faccia sporca di sborra e la fighetta bagnata. Le mie dita la frugano e appena accelero la vedo cedere sulle gambe e iniziare a sbrodolare. Viene così, e la cosa non voglio che capisca che mi piace. La masturbo con intensità, violentemente, inserendo un terzo dito e continuando a penetrarla con forza, sbattendo anche contro il suo perineo, quasi prendendole a pugni il sesso. Ma lei gradisce, prosegue in quell’orgasmo urlato. I vicini sentiranno, ma non mi frega un cazzo.
Viene e ora è spalmata a terra, in un bagno di umori. Sento quelle labbra che però stringono ancora le mie dita. Ne vuole ancora. Non le basta. Stesa a terra. Capelli sudati e sporchi di sborra. Viso madido di lacrime, sborra. Appiccicaticcio. Seni completamente modellati dal mio pavimento. Le prendo il culo tra le mani. è completamente bagnato dei suoi umori. Con facilità raccolgo quelli più densi con le dita ancora umide della sua figa e glieli spalmo attorno a quel piccolo foro al centro delle natiche.
“Nooooo”. Un sibilo lungo, silenzioso. Sta ancora venendo, la troietta e non riesce a parlare per bene. Chiede pietà per il suo culo. Trattengo una risata.
Ma non trattengo le dita. Con fermezza, lentamente, indice e medio della mano destra scivolano dentro a quel buco, forzandolo e dilatandolo con estrema fatica.
Apre la bocca, lasciando colare saliva chiazzata di sperma, senza riuscire a parlare. Vibra, colando ancora umori. Gode la troia. Non capisco come faccia a non essere ben sfondata anche in quel buco ma non mi interrogo più di tanto. Spingo, lentamente, mentre lei ansima senza riuscire a parlare. Sono completamente dentro, mentre lei vibra, in pratica penetrandosi da sola. Cerco di tirarle fuori ma lei indietreggia con il culo a cercarle. Le rivuole dentro. Inizio subito a fotterle il culo con le due dita. Il mio braccio vibra tanto è forte il suo impeto e sfacciata la sua voglia.
Le tiro fuori di colpo e lei mugugna disapprovazione.
“Con le dita finché vuoi'” mormora tra sé. “Ma non fottermelo. è l’unica cosa'” piange praticamente, di nuovo, mentre entrambe le sue mani tornano di nuovo tra le cosce. Con la sinistra divarica le grandi labbra e con tre dita della destra torna a masturbarsi. “‘l’unica cosa che voglio’ tenere”. Mormora mentre la scena che ho di fronte è il suo culo che da largo si restringe. Sento il mio cazzo rigido come il marmo di fronte a quell’insieme di buchi da riempire. Non ragiono più di tanto.

Afferro il cetriolo che era caduto poco prima e con un colpo secco cerco di infilarglielo nel culo. Non riesco, ovviamente, perché i muscoli oppongono resistenza. Rimango a spingere, con lei che di nuovo non ha fiato per parlare o urlare, ma resta a bocca aperta a succhiare il pavimento. Raccoglie quegli umori a terra con le labbra dischiuse in modo inquietante. Un colpo secco e il cetriolo finisce completamente nel culo. “Ora tienilo dentro cagna” le urlo contro. Mi alzo in piedi e vado verso la cucina. “E continua a masturbarti”. Le dico mentre me ne vado completamente, di fronte a quegli occhi che si alzano e fissano praticamente solo il mio cazzo duro mentre sparisco dalla sua vista.

Apro il frigorifero e tiro fuori il cartone del latte.
La sento mugugnare di la. Ansima. Sempre più forte.
Apro la dispensa e tiro fuori un bicchiere.
Rantola di piacere e sento un rumore sciacquettante fortissimo.
Apro la confezione del latte e inizio a versarlo, quasi fino al bordo.
Forti rumori contro il pavimento. “Cagna, non segni”, borbotto ad alta voce.
Prendo il bicchiere e mi siedo. Lo sorseggio con estrema calma.
Un urlo strozzato, mentre quel suono sciacquettante è diventano quasi continuo, e ora ha rallentato improvvisamente. Ansima.
Sorseggio.
Mugolii sommessi.
Sento che si muove, mentre osservo la porta restando a gambe larghe.

Spunta sulla soglia.
Nuda. Stupenda. Si è spogliata completamente.
Quei seni sodi spiccano su quel corpo esile e quel visetto fanciullesco in modo devastante. Il mio sesso si irrigidisce a tal punto che le vibrazioni colgono gli occhi della cagna.
La vedo avvicinarsi lentamente, puntandolo. Mi fissa.
Sorseggio l’ultimo goccio di latte.
Alzo gli occhi verso i suoi. Mi fissa per un secondo. Il tempo di vedere come un velo appannato di piacere nel suo sguardo. Si volta e mi mostra il suo culo. Si infila tra le mie gambe larghe, indietreggiando di un passo. La vedo spingere, mentre si allarga le chiappe con le mani. Il cetriolo scivola giù, cadendo nuovamente a terra. Non lascia richiudere il buco del culo che si getta di colpo sul mio cazzo. Urla, ora sì. Un urlo forte, straziante, che sembra tagliarle in due la gola. Un colpo solo. Si è voluta impalare il culo sul mio cazzo. In un colpo solo lo fa entrare fino a metà. Lo sento bruciare. Non entra più di tanto. Ha sfruttato l’allargamento del cetriolo ma non è sufficiente. La afferro per i fianchi. Si volta appena, piangendo ancora e ansimando. Sento i suoi umori colarmi sulle cosce. “è il mio regalo”. Mi mormora prima di rilassare i muscoli del culo e iniziare a muoversi praticamente massaggiandomelo e facendo sì che l’asta affondi completamente. Ha di nuovo la bocca aperta senza aria. Sommessa, appoggia per bene i piedi a terra e inizia a pompare.

Le arpiono i fianchi e la sollevo di peso. La getto sul tavolo, schiacciandole il petto contro la superficie e allargandole per bene le chiappe. Le afferro i fianchi e inizio a dettare io il ritmo in quel culo ustionante, completamente lubrificato dai suoi umori. Ad ogni colpo è un urlo più forte. La sento vibrare e la vedo colare umori di continuo. è veramente una ninfomane immensa.
A un certo punto le si piegano le gambe, mentre viene in modo rumorosissimo, con la figa che emette due violenti gorgoglii mentre gli umori escono copiosi. Le labbra sono ancora dischiuse. Cerca di parlarmi con una fatica immensa. “Sborrami dentro” mi chiede prima di tornare con la faccia sul tavolo. Non le mollo i fianchi. Sento il cazzo che brucia, oltre che pulsare. Inizio di nuovo a sentire quei gorgoglii intensi della sua figa.
Vengo. Le sborro direttamente nel culo, continuando a piantarglielo dentro di forza. Sentendola ansimare a bocca aperta, con il fiato strozzato e sentendola di nuovo tremare. Viene insieme a me e bava dalla bocca mentre cerca di parlarmi, sovraeccitata. Non lo tolgo mentre muove la bocca per parlare, senza alzarla.
“Voglio”. Mormora. “Ancora”.

Lee

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