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V-City (01)

By 1 Marzo 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

V-City, 15 giugno 2014, 11.30 pm

Con un suono secco le luci del salone principale del Devil’s Kiss si spensero. Era il momento che tutti gli uomini presenti aspettavano, il momento che rendeva speciali le serate del martedì e del sabato.
-Non ti preoccupare, fa parte dello spettacolo.- Disse Stan Vincenti al suo ospite.
L’uomo che gli sedeva di fianco era rimasto freddo come il ghiaccio, ma aveva sentito la guardia del corpo togliere la sicura alla pistola. Era il difetto degli uomini dell’est: troppa fretta nel far parlare le armi. Non gli piaceva particolarmente il suo interlocutore, ma Valeri Karmakov era il produttore della afrodite, la nuova droga che aveva conquistato il mercato europeo.
Le luci tornarono ad accendersi rivelando una figura immobile al centro del palco proprio di fianco al palo della lap dance. Il volto era rivolto verso il basso, nascosto da un borsalino nero e dal colletto della giacca da uomo che indossava. Poco lontano una strana cassa di legno lunga un paio di metri e alta uno.
Dai tavoli vicino al palco partì un applauso entusiasta. Nonostante il volto nascosto non c’erano dubbi su chi fosse la ballerina che si stava per esibire.
-E’ lei la tua stella?- Chiese Valeri sporgendosi in avanti. Stan sorrise per il tono scettico dell’uomo. Sapeva che si sarebbe presto ricreduto: Hot Maddy era la performer più straordinaria che si fosse mai esibita nel suo locale. Non era solo bellissima. Il suo corpo, il modo in cui ballava o si esibiva sul palco con uomini o donne erano profondamente sensuali. Nonostante avesse solo ventuno anni era disponibile a qualunque tipo di esibizione, davanti all’intera platea o privatamente per i clienti più ricchi e importanti.
-Fidati.- Rispose sedendosi comodo -Ti ricrederai.-
In quel momento partì la musica, Total Eclipse of the heart di Bonnie Tyler. La giovane ballerina inizio a muoversi sensualmente attorno al palo al ritmo della ballata nel silenzio totale del pubblico. Il borsalino fu il primo indumento a volare tra il pubblico rivelando un viso giovane e conturbante e liberando la lunga chioma bionda fino a quel momento trattenuta dal cappello. La giovane danzava con movenze sinuose, a metà tra il felino e il serpente. Le acrobazie sul palo e la sua flessibilità lasciarono a bocca aperta Karmakov tanto quanto il corpo glabro che a tre quarti della canzone era completamente esposto agli sguardi degli spettatori. Il bel viso acqua e sapone avrebbe potuto farla scambiare per una timida liceale, ma il suo corpo diceva il contrario. Non era alta, superava a malapena il metro e sessanta, ed i seni grandi e sodi grazie anche ad un piccolo aiuto chirurgico contrastavano con il fisico minuto e la vita sottile. Le gambe dritte e affusolate partivano da un culo a mandolino poco più largo di una spanna.
-Dove l’hai trovata?- L’ucraino non riusciva a staccare gli occhi dal palco -E’ straordinaria.-
-Piccolo segreto.- Rispose Stan ridendo. -Adesso goditi lo spettacolo, dopo te la farò conoscere. Un piccolo regalo per cementare la nostra amicizia.-
Lo sguardo che gli rivolse l’uomo esprimeva stupore e gratitudine. Stan Vincenti amava studiare gli uomini, e sapeva che ben pochi erano in grado di resistere al fascino di una donna giovane e bella. Fortunatamente Valeri non era tra questi.
La canzone terminò mentre Maddy era stesa sul palco con tre dita infilate profondamente nella vagina perfettamente depilata. Karmakov applaudì con convinzione, sicuramente pregustando il momento in cui l’avrebbe incontrata, ma l’esibizione non era conclusa.
Una seconda ballerina raggiunse Maddy sul palco. Era una bella mulatta di origini caraibiche che indossava solo un minuscolo perizoma. La nuova arrivata fece alzare Maddy in piedi, quindi la condusse al palo della lap dance. La fece posizionare in piedi chinata in avanti con le gambe aperte, quindi la ammanettò al palo e le bloccò le caviglie in due anelli fissati a terra.
La giovane era rivolta verso la platea, esposta in maniera sensuale. Stan sentì il cazzo rizzarsi al pensiero di quello che prevedeva l’esibizione, ed era sicuro che il suo nuovo socio provasse la stessa sensazione. Sorridendo al pubblico la mulatta, che doveva avere una trentina d’anni, raggiunse la cassa togliendo il gancio che la teneva chiusa. Le pareti caddero rumorosamente a terra mostrando in contenuto.
Un mormorio di sorpresa ed eccitazione si sollevò dal pubblico. La scatola nascondeva quella che in gergo era chiamata fuck machine, un marchingegno dotato di un albero a camme con uno o più bracci su cui venivano montati dei dildo. In particolare la macchina che si trovava sul palco aveva due bracci: su quello più in alto era montato un dildo lungo e sottile, mentre su quello più in basso un fallo in gomma quasi largo come un avambraccio.
Valeri si voltò verso Stan con un sorriso stupito e soddisfatto. Anche l’enorme guardia del corpo, un ragazzone biondo che sembrava uscito da un manifesto dell’armata rossa, era concentrato su ciò che stava succedendo sul palco. La mulatta avvicinò la fuck machine al palo della lap dance, quindi si accovacciò tra le cosce di Maddy.
Dopo avere lubrificato abbondantemente la collega con la sua saliva si avvicinò accostando i due falli alle cosce di Maddy. Il dildo più grosso affondò facilmente nella vagina della giovane ballerina, che lo accolse con un’espressione di piacere sul volto.
La mulatta avvicinò il secondo fallo alla bionda, appoggiandolo allo sfintere e spingendolo lentamente dentro, un centimetro dopo l’altro. Quando fu soddisfatta si spostò vicino alla macchina e girò due interruttori. I bracci iniziarono a muoversi lentamente in sincrono: quando uno dei due si ritraeva l’altro si spingeva a fondo, in un massaggio costante. Man mano che Maddy si abituava alla doppia penetrazione e cominciava a gemere per il piacere l’assistente ruotava le manopole aumentando la frequenza dei colpi. Karmakov si voltò verso il socio, stupefatto.
-Può raggiungere i centoventi colpi al minuto, due al secondo.- Spiegò Stan con un sorriso colmo di soddisfazione per avere stupito il socio.
-Come fa a resistere? Sembra quasi che le piaccia.-
-Non sembra. Le piace veramente. Non &egrave l’unica delle mie ragazze ad usare queste macchine, ma &egrave l’unica a godere così con questa.-
-Straordinaria.- Commentò l’uomo.
La musica si era abbassata completamente. Il silenzio nella grande sala era riempito solo dal rumore del motore elettrico e dalle urla di piacere di Maddy. Dopo pochi minuti le gambe della giovane cominciarono a tremare in maniera convulsa, mentre si appendeva al palo gemendo con gli occhi chiusi. La mulatta lasciò che il pubblico si gustasse ogni singolo secondo dell’orgasmo, quindi spense la macchina e si avvicinò all’amica per liberarla.
-Vieni.- Disse Stan al suo nuovo socio -Andiamo nel mio ufficio a parlare di affari. Maddi ci raggiungerà dopo una doccia.-
-Non vedo l’ora.- Commentò l’uomo visibilmente eccitato.

Madison uscì dalla doccia frizionandosi la pelle e i capelli con l’accappatoio.
Sorrise vedendo la sua amica Alyssa che la aspettava con le braccia incrociate. Erano arrivate al Devil’s kiss assieme, due anni prima. Erano tanto simili e tanto diverse allo stesso tempo. Quando era vestita pochi si sarebbero accorti che quella bella ragazza con i capelli corvini alta quasi un metro e ottanta in realtà era un transessuale, ma quando si toglieva i pantaloni i dubbi scomparivano.
-Sei stata straordinaria.- Disse l’amica mimando un battimani -Hai goduto anche questa volta?-
Madison inclinò il capo sorridendo.
-Lo sai che non fingo mai. Quella macchina &egrave fantastica, sembra che un treno mi sia passato dentro.-
Alyssa rise scuotendo il capo.
-Adesso però rimettiti in ordine, il capo di aspetta nel suo ufficio. E ha un ospite.-
-L’ho intravisto. Sai chi &egrave?-
-No.- Rispose l’amica avvicinandosi e facendole l’occhiolino -Ma credo che sia un pezzo grosso. Di sicuro la sua guardia del corpo ha un pezzo grosso tra le gambe.-
Madison rise alla battuta dell’amica. Alyssa era completamente bisessuale. Le piacevano sia gli uomini che le donne, e con gli uomini le piaceva indifferentemente essere attiva e passiva. Naturalmente avevano scopato diverse volte, soprattutto ai primi tempi quando condividevano una stanza. Da quando Madison era andata ad abitare da sola per essere più libera di ricevere i suoi amanti i loro incontri si erano diradati, ma ogni tanto passavano una notte assieme.
-Eviterò di farlo aspettare.- Disse spostando il getto d’aria calda lungo i capelli.
Dieci minuti dopo camminava lungo i corridoi che portavano agli uffici del grande dock in cui era stato costruito il Devil’s Kiss. Stan Vincenti le piaceva. Era un uomo intelligente e l’aveva sempre trattata bene. La maggior parte delle volte le concedeva la scelta sui clienti con cui andare, e quando le chiedeva di fare eccezioni la pagava molto bene. Dopotutto era la migliore in ciò che faceva.
Il suo lavoro non si limitava a fare sesso con gli uomini o le donne che le indicava Stan, era anche e soprattutto raccogliere informazioni. E in questo era veramente la migliore. Molti si sarebbero stupiti della quantità di cose che si riesce a far dire a un uomo mentre gli si regala la migliore scopata della sua vita.
-Ciao Joe.- Disse al grande bodyguard di colore in piedi davanti alla porta. Joe aveva giocato a football americano al college. Sembrava potesse diventare un professionista, ma aveva deciso di entrare nell’esercito. Era stato nei SEAL prima che un brutto infortunio durante una missione di addestramento gli rovinasse una caviglia obbligandolo a ripiegare sul settore della sicurezza privata. In realtà era in grado di fare tutto perfettamente, ma dopo mezz’ora di corsa non riusciva più a muoversi. Non c’era nulla di male: Stan Vincenti sicuramente non lo pagava per fare jogging.
La guardia del corpo di Vincenti la salutò con un sorriso, quindi parlò al microfono che aveva agganciato al colletto dell’elegante giacca che indossava e dopo pochi secondi le aprì la porta.
Ogni volta che entrava nell’ufficio di Stan si diceva che chiamarlo ufficio era una profonda ingiustizia. Era un vero e proprio loft di cinquanta metri quadrati con tanto di mini palestra per i momenti di relax che il suo capo si dedicava in ufficio.
Stan era seduto su una poltrona con un bicchiere in mano, sicuramente Rum cubano se non aveva cambiato gusti negli ultimi due giorni. Il suo ospite era seduto di fronte, con la guardia del corpo appoggiata al muro a un paio di metri di distanza. Dovevano provenire dall’est Europa a giudicare dal loro aspetto. Alyssa non aveva giudicato male la guardia del corpo: era un vero e proprio gigante con un fisico atletico e forgiato da ore di palestra. I capelli biondi erano tagliati a spazzola e gli occhi azzurri avevano un’espressione glaciale, ma Madison lo vide toccarsi la cravatta con aria imbarazzata quando la vide entrare. Probabilmente aveva apprezzato anche lui il suo spettacolino… chissà se avrebbe avuto l’occasione di verificare l’ipotesi dell’amica.
-Entra, Madison.- Le disse l’uomo facendole cenno di avvicinarsi. Madison obbedì salutando con un sorriso l’ospite. Aveva indossato un vestito leggero con una scollatura che metteva in mostra le sue grazie, abbastanza corto da coprire a malapena il perizoma.
-Ti presento il mio nuovo socio, Valeri Karmakov.- Disse alzandosi e indicandole l’uomo.
Come aveva immaginato proveniva dall’Europa dell’est. L’uomo si alzò prendendole la mano e portandosela alle labbra. Il volto rubicondo e sorridente non la ingannò sul carattere dell’uomo: nonostante l’aspetto simpatico e inoffensivo era un uomo abituato a comandare. Sfiorava il metro e ottanta e aveva il fisico degli sportivi che dopo avere abbandonato l’attività si lasciano andare ai piaceri della tavola. Il suo abito elegante era cucito su misura, forse da una sartoria inglese, segno che il denaro non gli mancava.
-Piacere di conoscerla signor Kormakov.- Disse sorridendo mentre lo sguardo dell’uomo percorreva tutto il suo corpo.
-Il piacere &egrave tutto mio, ma chiamami Valeri.- Rispose l’uomo abbandonando la mano -Il tuo spettacolo di questa sera &egrave stato straordinario, sembra strano che una ragazza così giovane possa essere così sensuale e così consapevole del proprio corpo e della propria sensualità.-
-Ti ringrazio Valeri.- Madison sorrise timidamente. Immaginava che Kormakov non si accontentasse dello spettacolo che aveva visto in precedenza. La sua ipotesi fu subito confermata da Stan.
-Valeri &egrave rimasto profondamente colpito da te.- Disse l’uomo avvicinandosi e passandole un braccio attorno al fianco. -Sono sicuro che gradirebbe uno spettacolo privato.-
Madison sorrise rivolgendosi prima al suo capo e poi all’ospite. -I tuoi amici sono anche miei amici. Cosa posso fare per te? Vuoi vedermi ballare o preferisci qualcosa di più interattivo?-
Kormakov si rivolse verso Stan con aria piacevolmente stupita. -Una ragazza che ama andare dritto al sodo.-
-Madison &egrave pragmatica.- Confermò Stan, quindi si rivolse verso di lei. -Valeri ha gusti particolari. Gli piace guardare le donne soddisfare Oleg.-
Madison si voltò verso la guardia del corpo dell’ucraino. Stan le aveva chiesto di andare a letto con uomini molto meno giovani e attraenti di quel giovane bronzo di Riace. Era sempre riuscita a trovare il modo di raggiungere la sua forma di soddisfazione, ma questa volta non sarebbe stata un’impresa difficile.
-Non ho più il vigore di quando ero giovane.- Confermò l’uomo. -E ho scoperto che ci sono molti modi per raggiungere la soddisfazione dei propri desideri.-
-Sarà ancora più un piacere.- Rispose Madison sentendo un familiare calore tra le gambe. -Mi piacciono gli uomini che apprezzano il piacere della condivisione.-
-Ne sono lieto.- Valeri fece un cenno alla sua guardia del corpo, che fino a quel momento era rimasta immobile contro il muro come se non capisse ciò che stavano dicendo. Al cenno del suo capo l’uomo si avvicinò lentamente.
Madison guardò Stan inarcando un sopracciglio. Si aspettava che Valeri volesse spostarsi in un’altra stanza, ma evidentemente non lo disturbava la presenza di Stan. Dal sorriso del padrone del Devil’s Kiss Madison comprese che era stato proprio l’ucraino a chiedergli di rimanere. Poco male, non era la prima volta che scopava davanti a Stan. Anche se l’uomo non lo aveva mai ammesso si eccitava profondamente a vederla scopare con qualcun altro.
Come Oleg la raggiunse allacciò le braccia attorno al suo collo attirandolo a sé. Nonostante stesse indossando i tacchi a spillo l’uomo fu costretto a piegare le ginocchia per baciarla. Madison premette il pube per saggiare la consistenza della sua virilità. Quello che sentì confermò che Alyssa non si era ingannata.
Oleg non aveva intenzione di perdere tempo. Le mani grosse e forti salirono subito sui seni saggiandone la consistenza e strappandole un sospiro. La ragazza si liberò dalla sua stretta ruotando su sé stessa voltando le spalle all’uomo. Premendo le natiche contro il suo sesso si portò le mani sui seni abbassando il vestito e offrendo le grosse mammelle allo sguardo di Valeri, che si era seduto su un divano per guardare lo spettacolo.
L’ucraino sorrise mimando un applauso per invitarla a continuare. Madison continuò a strusciare le natiche contro il pube di Oleg fino a portarlo alla completa erezione. Il giovane bodyguard dal canto suo non rimaneva con le mani in mano. Le dita e le mani accarezzavano i suoi seni giocando con i capezzoli che ormai erano duri come chiodi. Nel frattempo il vestito era ormai sceso fino alle caviglie. Madison era già completamente nuda, fatta eccezione per il piccolo perizoma e le scarpe.

Stan cominciava a eccitarsi. Madison era una ragazza che avrebbe fatto venire fantasie erotiche anche a un santo, e lui non apparteneva certamente a quella categoria di uomini. Oleg stava dimostrando un notevole autocontrollo. Stan pensava che l’avrebbe buttata sul divano e scopata con forza, invece aveva giocato a lungo con i seni di Madison prima di scendere con le mani tra le cosce. Due dita avevano spostato il perizoma entrando nella figa già umida e pronta ad essere penetrata. Si stava chiedendo se Madison si sarebbe lasciata portare all’orgasmo così, quando la ballerina si era voltata con il viso paonazzo sfilando la giacca del bodyguard e iniziando a slacciargli la camicia.

Madison lanciò la camicia di Oleg sul divano. L’uomo ci sapeva fare, non vedeva l’ora di sentirlo dentro di sé. Fissandolo negli occhi si abbassò lentamente. Le sue mani scesero lungo il torace graffiandolo con le unghie da tigre, quindi le dita si concentrarono sulla cintura e sui pantaloni.
Finalmente abbassò le mutande dell’uomo liberando l’oggetto del suo desiderio. Il cazzo vibrò davanti al suo volto, chiaro e con la cappella gonfia. Lo prese in bocca senza aspettare di avere abbassato completamente i pantaloni. Quella sera aveva già goduto una volta, ma un cazzo vero dava sensazioni completamente diverse. Mentre lo succhiava sperava che Oleg fosse resistente. Stava mettendo nel pompino tutto il suo impegno. Non le sarebbe dispiaciuto bere il suo seme, ma probabilmente Valeri sarebbe stato deluso.
Le mani che si appoggiarono sui suoi fianchi la colsero di sorpresa. Evidentemente il capo di Oleg non amava solo guardare. Lasciò andare per un attimo il cazzo che stava succhiando voltandosi a guardare l’ucraino.
-Continua a succhiarglielo.- Le pupille di Valeri erano dilatate per l’eccitazione. Obbedì prontamente all’ordine. Portò le mani sulle natiche di Oleg attirando a sé il suo pube facendo scomparire completamente il cazzo nella sua bocca. Trattenne il cazzo in gola per non gemere mentre Valeri infilava due dita nella vagina e con altre due iniziava a forzarle lo sfintere.

La situazione si stava evolvendo in una maniera per Stan imprevista, ma estremamente eccitante. Madison stava cavalcando Oleg seduto comodamente sul divano. Valeri era in piedi di fianco con un ginocchio sul divano. Con una mano le strizzava un seno mentre due dita dell’altra erano affondate profondamente nel suo culo. Madison ogni tanto lo guardava accennando un sorriso. La ragazza sapeva benissimo che in quel momento il suo cazzo minacciava di strappare i pantaloni, ma non voleva darle la soddisfazione di unirsi al gruppo.

Il cazzo di Valeri era decisamente sotto la media. Non era brutto o storto, era semplicemente più piccolo della maggior parte dei genitali maschili con cui aveva avuto a che fare. Nonostante questo Madison lo prese in bocca senza mostrare alcuna reazione: sapeva che gli uomini erano molto sensibili su questo punto, e oltretutto Valeri le aveva appena procurato un magnifico orgasmo con le sue dita.
-Stan, amico mio. Unisciti a noi.- Se non avesse avuto la bocca impegnata Madison avrebbe sorriso. Nonostante stesse cercando di trattenersi, alla fine il suo capo tutto di un pezzo avrebbe raggiunto la festa. Sentendo la sua presenza alzò una mano trovando subito il suo magnifico cazzo.

Stan non sapeva se ritenersi più soddisfatto per l’accordo ormai raggiunto o per il modo in cui stava andando la serata. Dopotutto la prima cosa era conseguenza della seconda: se l’accordo tra lui e Valeri stava diventando un rapporto di amicizia forse era merito della giovane donna stesa tra loro intenta a succhiare il cazzo di Oleg. Un grugnito della giovane guardia del corpo annunciò l’imminente orgasmo dell’uomo. Lo spettacolo era eccitante: Madison tenne il cazzo dell’uomo tra le labbra muovendo freneticamente la mano sull’asta per spremere ogni singola goccia, che ingoiò immediatamente. Stan incrociò lo sguardo di Valeri, ormai in dirittura d’arrivo. Seguendo l’esempio del nuovo socio accelerò il movimento della mano sul proprio cazzo.
Madison aspettava accarezzandosi le tette con aria soddisfatta. Uno dopo l’altro i due uomini spruzzarono abbondanti getti di sperma sul volto e sui seni della giovane, che lo spalmò come se fosse una crema idratante.
Il giorno dopo Stan avrebbe effettuato un copioso bonifico sul conto di Madison. Se l’era meritato.
decisamente meritato. V-City, 27 giugno 2014, 7 pm

-La corte condanna l’imputato a due ergastoli, da scontare nel carcere di massima sicurezza di Darkpit.-
Jennifer Nichols chiuse gli occhi stringendo il pugno in segno di esultanza. Era il secondo colpo in pochi mesi inflitto alla Cupola, l’organizzazione criminale che raggruppava la maggior parte delle famiglie o dei singoli che gestivano attività criminali, appalti e gioco d’azzardo nella città arricchendosi alle spese della popolazione. V-City contava quindici milioni di abitanti, ma più di due terzi si stavano gradualmente impoverendo a vantaggio di pochi.
-Complimenti Jennifer.-
Si girò sorridente verso il procuratore Sebastian O’Hara, il suo capo e mentore, l’uomo che era riuscito ad ottenere dal sindaco poteri speciali per la lotta alla malavita e l’aveva scelta come sua assistente. -Questa condanna &egrave merito tuo.-
Era vero. Era stata Jennifer a seguire la pista che aveva portato la polizia alla cattura di Joe Maloni. Era sempre stata lei a convincere l’uomo a collaborare con la giustizia e testimoniare contro alcuni degli uomini della cupola.
Jennifer si alzò in piedi abbracciando l’uomo di vent’anni più vecchio.
-E’ merito tuo Seb. Sei tu che mi hai sostenuta e hai creduto in me. Riusciremo a riportare la giustizia in questa città, ne sono sicura.-
-Sei una puttana!- Le urla rabbiose del capo mafia Edward Di Maio la fecero girare. L’uomo cercava di sfuggire alla presa dei due poliziotti che lo stavano portando verso il cellulare destinato a condurlo al carcere di massima sicurezza.
Spostò O’Hara che si era messo tra lei e l’uomo, avvicinandosi al mafioso. Era un uomo di sessant’anni, grasso e con il volto congestionato per la rabbia.
-Che cosa vuoi, Di Maio?- Gli chiese con aria beffarda.
-Brava, ridi! Credi di avere vinto, ragazzina?- Il mafioso calmò la sua furia -Hai vinto questa battaglia, ma questa città &egrave nostra. Sei una puttanella inesperta, non sai un cazzo. Vedrai che sarà tutto inutile!-
Jennifer sorrise. Gli insulti dell’uomo erano balsamo per le sue orecchie.
-Di Maio, spero che ti troverai bene con i topi della tua cella. Portatelo via.-
Gli voltò le spalle e si allontanò ignorando gli insulti che l’uomo continuava a rivolgerle. Una ritorsione era improbabile: la Cupola sapeva che un attacco diretto a lei o a O’Hara avrebbe portato a una lotta senza quartiere. Inoltre avevano altro a cui pensare in quel momento: quella specie di giustiziere mascherato che era comparso in città due settimane prima aveva già fatto bruciare due magazzini di merce di contrabbando e mandato all’ospedale diversi uomini che stavano riscuotendo il pizzo.
Quell’uomo era un altro problema: se volevano rispettare la legalità non potevano accettare l’opera di un vigilante che agiva così palesemente fuori dalla legge e da ogni controllo. C’erano già degli investigatori che stavano indagando, ma nonostante disapprovasse il suo operato era costretta ammettere che le sue azioni li stavano aiutando.
-Stasera festeggi in famiglia?- Chiese a Sebastian O’Hara mentre percorrevano i corridoi verso una delle uscite secondarie del nuovo palazzo di giustizia. Ogni volta gli uomini della scorta sceglievano un’uscita differente in modo da evitare la calca dei giornalisti.
-Sì.- Rispose l’uomo. -Nell’ultimo periodo ho trascurato Greta e i ragazzi. Le ho promesso che questo weekend sarò tutto per loro. E tu? Vuoi venire a cena da noi?-
-Grazie, ma ho già un impegno.-
-Un impegno di nome Ian Stratton?-
Il rossore che si dipinse sul suo volto rese superflua qualunque risposta.
-Mi fa piacere.- Continuò l’uomo sorridendo. -Hai ventinove anni, da quando ci conosciamo non ti ho ancora vista con un uomo. Adesso che sei giovane devi divertirti e farti una famiglia, non rinunciare a tutto per il lavoro.-
-Cercherò di seguire il tuo consiglio. Ma non correre troppo, &egrave solo una cena. Ok, a casa sua, ma &egrave solo per evitare problemi con le scorte. Non ho intenzione di correre troppo.-
Aveva conosciuto Ian Stratton un mese prima a un party di beneficenza a cui era stata invitata assieme al procuratore. Sebastian si trovava a suo agio in queste occasioni mondane: era grazie al suo fascino e al suo carisma che aveva convinto il sindaco ad affidargli i poteri speciali con cui combatteva il crimine. Jennifer, al contrario, odiava queste occasioni in cui doveva sorridere a persone che riteneva responsabili del degrado della sua città. Si trovava molto più a suo agio a parlare davanti a una giuria. Ian condivideva il suo stesso disagio. Avevano iniziato a parlare quasi per caso: Jennifer aveva letto il suo nome quando due mesi prima l’uomo aveva deciso di finanziare riccamente lo studio Fenson & Harald, uno studio legale che si occupava di dare assistenza legale pro bono ai poveracci che erano stati danneggiati dai ricchi speculatori di V-City, decisione che gli aveva procurato diverse minacce di morte.
Ian faceva parte di quella categoria di uomini che si sentiva in dovere di restituire alla comunità parte di quella ricchezza che aveva ereditato. Non era solo animato dal suo stesso desiderio di cambiare la città in cui erano nati i suoi genitori, era anche un uomo affascinante e profondo, timido ma al tempo stesso sicuro di sé. Li separavano otto anni di età, ma per Jennifer quella differenza non era un problema. Fino a quel momento si erano visti solo a pranzo o per dei rapidi brunch: il processo era nel vivo e avevano deciso di comune accordo che non era il caso di aggiungere distrazioni.
Il mese di attesa non aveva fatto altro che convincere Jennifer che Ian fosse veramente la persona giusta con cui provare a costruire qualcosa. Negli ultimi sei mesi erano successe tante cose: la cattura di Maloney, la comparsa del giustiziere mascherato, il ritorno di Logan Sanderton dopo due anni e mezzo in cui era letteralmente scomparso nel nulla senza che famiglia o amici sapessero dove fosse. Logan era l’ultimo uomo con cui aveva avuto una relazione, se così si poteva chiamare. Lei e il figlio maggiore di Peter Sanderton, uno degli uomini più ricchi di V-City, si conoscevano da quando erano bambini. Ancora si chiedeva come avesse fatto a lasciarsi trascinare in quel rapporto senza senso. Logan le aveva detto subito che stava vedendo un’altra donna, ma Jennifer non si era stupita. Era l’affascinante figlio di un milionario, noto soprattutto per le sue conquiste e i suoi comportamenti sopra le righe, ma in quel momento della sua vita a Jennifer andava bene un rapporto di quel tipo.
Quello che non le aveva detto Logan era che l’altra donna con cui si vedeva era Rachel, la cugina di Jennifer. Quando lo aveva scoperto aveva rotto immediatamente, ma Rachel non le aveva parlato per più di un anno.
Aveva rivisto Logan una settimana prima alla festa per il suo ritorno. Si erano finalmente chiariti e Logan si era scusato, ma Jennifer aveva capito che l’incidente non lo aveva cambiato. Sarebbe rimasto sempre un donnaiolo viziato che pensava solo a divertirsi e a scopare. Il suo comportamento irresponsabile non avrebbe cancellato l’affetto che Jennifer provava nei suoi confronti, ma tra loro non ci sarebbe mai più stato altro che un’amicizia.

L’appartamento di Ian Stratton occupava l’ultimo piano di un grattacielo che ne contava cinquanta. L’unica via d’accesso era l’ascensore, che poteva arrivare all’ultimo piano solo se veniva inserito un codice alfanumerico che conosceva solo lui.
L’uomo la accolse sulla soglia porgendole una rosa rossa dal gambo lungo. L’abito blu scuro vestiva perfettamente il fisico atletico e abbronzato. Invece di una camicia indossava una t-shirt a maniche lunghe che gli dava un’aria giovane e sportiva. Jennifer trovava stupendo il suo volto completamente sbarbato: i capelli castani mossi e un po’ lunghi, gli occhi dello stesso colore, il naso elegante, tutto il lui sembrava disegnato da uno scultore.
-Sei bellissima.- Disse baciandola sulle guance. Anche il suo profumo era quello di un prato d’estate, fresco e rassicurante. Jennifer aveva indossato un vestito blu lungo fino al ginocchio, con la scollatura appena accennata Le spalle e le braccia erano coperte con un golf leggero, ma le linee sinuose del suo corpo erano perfettamente visibili.
-Ho visto il servizio ai notiziari.- Anche il suo profumo era quello di un prato d’estate, fresco e rassicurante -Stai riuscendo a fare qualcosa per cambiare questa città.-
-Non vedevo l’ora che il processo finisse.-
Jennifer sospirò seguendolo verso il grande salone che dava sulla baia. Era un enorme stanza che occupava metà del piano, arredata con gusto in stile moderno. La parete più lunga era un’unica lunga vetrata che consentiva la vista della baia e del porto. Il mare alla luce del tramonto era uno spettacolo mozzafiato.
Ian la condusse vicino al tavolo apparecchiato prendendo due calici e riempiendoli con dello Champagne.
-L’ho aperta appena hai suonato.- Jennifer sfiorò il calice di Ian con quello che aveva preso dalle sue mani, quindi sorseggiò lentamente il liquido fresco.
-Desideravi finisse presto perché volevi che Di Maio marcisse in galera o c’era dell’altro?- L’uomo la fissò appoggiando il bicchiere sul tavolo. Forse era l’effetto delle bollicine, ma il suo sguardo profondo le faceva battere il cuore a mille.
-Forse c’era anche dell’altro.- Rispose sorridendo.
-Io non vedevo l’ora che arrivasse questa sera. Scusa se sono sfacciato ma ho sognato questo momento per settimane.-
Prima che potesse rispondere, Ian colmò la differenza che li separava. Le labbra dell’uomo si posarono sulle sue mentre un braccio l’attirava a sé e l’altro teneva la mano che reggeva il calice.
Jennifer fu colta di sorpresa. Fino a quel momento Ian era sempre stato molto discreto, non aveva mai preso l’iniziativa in modo così deciso. Ma in quel momento Jennifer non desiderava altro.
Rispose al bacio portando una mano sulla nuca di Ian e attirandolo a sé. Baciandosi voracemente si avvicinarono al tavolo appoggiando il bicchiere e liberando le mani che lo reggevano. Jennifer prese tra le mani le guance di Ian. Mordicchiò e leccò il labbro inferiore respirando a fatica.
Ian la sollevò per le natiche appoggiandola al tavolo. Le mani di Ian si appoggiarono alle ginocchia salendo verso l’esterno e alzando il vestito fino ai fianchi. Arrivate al bacino si infilarono sotto il bordo delle mutandine tirandolo verso il basso. Jennifer si aggrappò all’uomo sollevando il pube per aiutarlo ad abbassarle fino alle ginocchia. La frenesia di Ian la stava eccitando. Voleva sentirlo dentro di sé. Erano anni che non desiderava così un uomo, erano anni che un uomo non era così sfacciato. Avere un padre predicatore scoraggiava i pretendenti: nonostante fosse sempre stata una ragazza più che attraente la presenza del genitore aveva allontanato molti uomini interessati.
-Ho paura che la cena dovrà aspettare.- Disse Ian facendola stendere sul tavolo.
Jennifer lasciò che l’uomo la liberasse delle mutandine, quindi allargò le gambe offrendogli il sesso nudo. -Non ho molto appetito. Possiamo fare qualcosa per farcelo venire?-
Ian rispose con un sorriso. Sollevò il vestito fino ai seni, quindi si abbassò baciandole il ventre piatto e l’ombelico. La lingua e le labbra la solleticarono scendendo lungo le cosce fino a sfiorare il sesso. Jennifer spalancò la bocca inarcando la schiena. Ian sapeva usare la lingua, eccome se la sapeva usare. Dopo averla penetrata con la punta si spostò sul clitoride, facendo posto a due dita che affondarono come una lama rovente nel burro.
Dopo pochi secondi il ventre esplose in diverse ondate di piacere che si propagarono per tutto il corpo. L’orgasmo era stato improvviso e prepotente, ma era solo un antipasto.
-So che avevi intenzione di cucinare per me.- Disse Jennifer rialzandosi e slacciando la cintura di Ian. -Ma che ne dici se ordiniamo una pizza e usiamo il tempo diversamente?-
Ian sorrise. -Non ti facevo così sfacciata.-
-Mio padre &egrave un procuratore con ambizioni politiche.- Rispose iniziando a slacciare i bottoni dei pantaloni. -Sua figlia in pubblico deve essere casta e pudica.-
-Fortunatamente qui non lo siamo.-
Il sesso di Ian entrò in lei, facendole sentire ogni centimetro della penetrazione. Era un cazzo non bellissimo, leggermente storto verso sinistra, ma diametro e lunghezza erano sopra la media delle sue esperienze precedenti. Si aggrappò a Ian avvolgendo le gambe dietro la sua schiena cercando di sentirlo più a fondo possibile.
Il membro scivolò a lungo nel suo ventre. L’uomo la scopò instancabilmente per minuti che sembrarono ore prima di riempirla con il suo calore che la portò a un nuovo dolcissimo orgasmo.

V-City, 28 giugno 2014, 9 am
Jennifer ruotò su se stessa spostandosi dal lato opposto del letto. Aveva passato gli ultimi minuti a guardare Ian addormentato profondamente. Non era stupita che non si fosse ancora svegliato: la sera prima era stata memorabile, Ian era stato una vera e propria sorpresa scopandola a lungo e svariate volte. Nell’intervallo tra un amplesso e l’altro avevano mangiato una pizza e si erano messi d’accordo per passare assieme il weekend successivo, lontano da scorte e telefoni. Sebastian aveva ragione: negli ultimi due anni si era dedicata anima e corpo al lavoro, ma nella vita c’era anche altro. Forse era presto per dirlo, ma si stava rendendo conto di amare Ian.
Entrò in bagno pensando alle parole del suo capo. Quella stanza da sola era grande come un monolocale: la vasca Jacuzzi poteva ospitare comodamente tre o quattro persone, e la doccia era la più grande che avesse mai visto. Si fermò in piedi davanti al grande specchio a parete guardando l’immagine riflessa. Nonostante negli ultimi due anni si fosse trascurata il suo corpo non ne aveva risentito. Era abbastanza alta per essere una donna, superava tranquillamente il metro e settanta e il fisico snello accentuava la sua altezza. I seni erano sodi e pieni, una taglia 34E. Sfiorò le areole scure del diametro di una moneta da un dollaro e i capezzoli sensibili. Le era sempre piaciuto sentire le mani degli uomini prenderli tra le mani o baciarli, e gli uomini ne erano sempre stati attratti. La vita non era sottilissima, ma gli uomini preferivano avere tra le mani una donna mediterranea piuttosto che una Barbie. In ogni caso era tutt’altro che grassa: l’addome era piatto e liscio, le gambe affusolate ed il sedere alto e sodo.
-Non hai bisogno di guardarti allo specchio, te lo posso dire io che sei la donna più eccitante che abbia mai incontrato.-
Jennifer sorrise voltandosi verso Ian, che la fissava in mezzo alla porta del bagno.
-Non volevo svegliarti.- Disse incrociando le braccia e fissando il corpo splendido completamente nudo. -Come fa ad essere di nuovo duro? Pensavo di averti stancato ieri.-
Ian si avvicinò allargando le braccia. -Non ci posso fare nulla. Quando ti vedo mi fai questo effetto.-
Jennifer lo baciò appoggiandogli le mani sul petto. -Se &egrave colpa mia devo fare qualcosa per farmi perdonare.-
Scivolò con mani e volto verso il basso fino a inginocchiarsi davanti a Ian. Una mano afferrò il cazzo tirando indietro la pelle e guidandolo verso la bocca. Era un gesto che aveva sempre trovato sensuale ed eccitante ma che le aveva sempre causato remore morali tutte le volte che lo aveva praticato. Con Ian però era diverso: con lui poteva lasciarsi andare, voleva farlo godere come nessun’altra donna aveva fatto prima.
Una mano accarezzò i testicoli mentre la bocca e la lingua scorrevano sull’asta e sul glande. La mano dell’uomo appoggiata sulla nuca le dava il ritmo gentilmente e senza forzarla. Del resto non ce n’era bisogno, Jennifer stava mettendo tutta sé stessa in quel pompino. Quando sentì l’uomo irrigidirsi fermò il movimento della bocca tenendo in bocca solo il glande. Iniziò a masturbarlo furiosamente mentre la lingua scorreva sulla cappella, che dopo pochi istanti spruzzò una quantità sorprendente di seme, soprattutto dopo che l’uomo era venuto diverse volte la sera prima.
Jennifer ingoiò continuando a masturbarlo. Avevano ancora un paio d’ore per loro prima di andare a pranzo dai suoi genitori, era sicura che sarebbero state due ore molto piacevoli.

Il Camaleonte sorrise guardando la porta dell’ascensore chiudersi. La sua missione si stava rivelando più facile e piacevole del previsto. La ragazza l’aveva sorpreso. I vestiti che indossava di solito non rendevano onore alle curve del suo corpo. Non c’era un centimetro di quel corpo che non lo eccitasse profondamente. La giovane si era pure rivelata discretamente disinibita: era convinto che l’educazione rigida avesse prodotto una bigotta pudica, ma la ragazza evidentemente non era stata così fedele agli insegnamenti paterni.
Ciò che più lo aveva stupito però era stata la facilità con cui si era lasciata sedurre. Non gli aveva ancora detto che lo amava. Probabilmente lo aveva evitato per paura di farlo scappare, ma glielo leggeva negli occhi. Il suo piano stava procedendo al meglio, il weekend successivo avrebbe portato a termine ciò per cui era stato pagato dagli uomini che lo avevano ingaggiato. I suoi datori di lavoro sarebbero stati soddisfatti. Lo erano sempre: anche se pretendeva di agire di testa sua era il migliore nel suo lavoro. Lo era perché gli piaceva fare quello che faceva, e la distruzione della ragazza e dell’altro uomo sarebbero stati molto soddisfacenti. V-City, 29 giugno. Sanderton Manor

Logan Sanderton odiava le interviste. Quando due mesi prima aveva deciso che sarebbe tornato a V-City sapeva che non avrebbe potuto sottrarsi al martellamento mediatico. Era pur sempre il figlio maggiore di una delle famiglie più ricche e in vista della città, ed era scomparso nel nulla per quasi tre anni.
I suoi genitori erano riusciti a tenere lontana la stampa per quasi un mese con la scusa che aveva bisogno di ricollegarsi con la realtà, ma alla fine aveva dovuto cominciare a concedersi ai media. Diverse riviste e TV locali avevano cominciato a premere per avere un’intervista con il figliol prodigo tornato all’ovile, e i suoi genitori lo avevano caldamente invitato ad accettare. In fondo cominciava a provarci gusto: i giornalisti avevano un fiuto eccezionale per le menzogne, se riusciva a mentire a loro sarebbe riuscito a convincere chiunque.
Quella che si apprestava a sostenere comodamente seduto su una sdraio a bordo piscina era la quinta e senza dubbio era la più interessante. Il merito era tutto dell’unica donna tra i tre giornalisti presenti. Zoe Robbins sedeva di fronte a lui con il taccuino appoggiato su una gamba accavallata, studiandolo dietro gli occhiali da sole a specchio come un felino studia la preda. Era convinto che la carta d’identità della cronista del City Gazette, non dicesse la verità sulla data di nascita dell’affascinante donna che si trovava davanti.
Secondo l’anagrafe doveva avere quarantadue anni, ma ne dimostrava a malapena trentacinque. L’unico segno dell’età era qualche accenno di ruga che rendeva il volto ancora più fine e attraente, il volto deciso e aristocratico di una donna che sa dove vuole arrivare e ci sta arrivando. I capelli neri erano stirati e tirati sul lato sinistro del volto arrivando fino alle guance. Il vestito nero metteva in mostra un corpo sodo e attraente. I seni erano la prima cosa a colpire chi la vedeva. Non erano sproporzionati, ma erano decisamente grandi. A causa delle dimensioni e della gravidanza che aveva sostenuto la donna non potevano essere sodi come quelli di una ventenne, ma Logan aveva abbastanza esperienza da immaginare che fossero piuttosto sodi per l’età. Il vestito lasciava scoperta parte della carnagione morbida delle cosce muscolose e senza un filo di cellulite, segno di vita sana e attività sportiva. I piedi che spuntavano dalle scarpe aperte erano deliziosi. Si chiedeva se Zoe Robbins fosse in grado di usarli per dare piacere a un uomo. Era sicuro di sì, la giornalista aveva l’aria di una donna curiosa che apprezzava i piaceri della vita. Fino a quel momento si era limitata a fissarlo e a prendere appunti, lasciando le domande ai giornalisti di altre testate.
‘Allora signora Robbins.’ Disse Logan appoggiando il bicchiere a terra. ‘Ha intenzione farmi qualche domanda anche lei o si &egrave presentata per fissarmi come una bestia allo zoo?’
La battuta provocò le risatine dei due uomini presenti.
‘La stavo studiando.’ Rispose la donna con un sorriso ‘Cercavo di capire che tipo di persona fosse. Preferisco lasciare ai miei colleghi le domande su quanto sia uno sciupafemmine, su chi sia l’ultima sua conquista e amenità varie.’
‘Se pensa che esagerino la capisco, probabilmente vuol dire che io non sono il suo tipo.’ Rispose Logan ridendo.
‘No, devo ammettere che lei &egrave molto affascinante anche per una donna della mia età.’ Rispose la donna prendendo appunti ‘Ma trovo divertente il cambio di linea da parte dei miei colleghi riguardo ai suoi comportamenti. Prima della sua scomparsa criticavano lei e i suoi amici per il vostro atteggiamento disinvolto, ora che &egrave tornato &egrave diventato un simpatico sciupafemmine’ sembra che a nessuno interessi dove &egrave stato e come &egrave cambiato in questi anni. O perché sia scomparso.’
‘Mi hanno tutti chiesto dove sono stato e perché sono stato lontano due anni.’
‘Due anni e mezzo, senza dare cenno di vita se non qualche lettera indirizzata alla sua sorella minore.’
‘Vedo che conosce la storia meglio di me.’ Il sorriso di Logan era disarmante, ma la donna rispose con un sorriso altrettanto disarmante ‘Ma temo che i vostri lettori preferiscano questo taglio morbosamente scandalistico. Se descriveste il vero Logan Sanderton credo che per i lettori sarebbe piuttosto anonimo.’
‘Credo che lei si sottovaluti signor Sanderton, ma se insiste ho un paio di domande da farle.’
‘La prego.’ Rispose Logan facendo un cenno con la mano.
‘Lei &egrave stato via due anni e mezzo. Sicuramente ha girato il mondo, cosa pensa del controllo da parte della criminalità sulla nostra città?’
Logan la guardò perplesso ‘Credo che rispetto agli anni della mia infanzia la situazione sia molto migliorata. Ho visto in televisione che proprio ieri &egrave stato condannato un importante esponente dei gruppi di malavitosi che sono una piaga per V-City.’
‘Già.’ Rispose la donna annuendo ‘La condanna &egrave dovuta all’assistente procuratore Jennifer Nichols, una sua amica d’infanzia. Forse i suoi amici si aspettano che sia tornato per spendersi in prima persona per il benessere di questa città. E’ questa la sua intenzione?’
‘Non sono bravo con le leggi.’ Rispose Logan ‘Jen &egrave una cara amica, e sono fiero di quanto stia facendo. Ma ognuno deve dedicarsi a ciò che sa far meglio. E io credo di potere essere più utile a questa città gestendo il network di intrattenimento che stiamo per rilevare.’
‘Non metto in dubbio che lei sia portato per l’intrattenimento, le foto sui giornali scandalistici le rendono onore.’ Questa volta fu la battuta della donna a far ridere gli altri giornalisti. Zoe si alzò gli occhiali fissandolo con due occhi grigi che sembravano affondargli nel petto. ‘E cosa dice di questo Cacciatore Nero, questo cosiddetto giustiziere mascherato che ha iniziato a imperversare per la città? Pensa che ci sia bisogno di un vigilante che operi al di fuori delle leggi, o che la cura sia peggiore del male?’
Logan fissò in silenzio la donna negli occhi. Era come se domanda della donna avesse un significato che andava oltre le parole, qualcosa che era solo tra loro due. ‘Penso che i veri eroi siano quelli che operano a volto scoperto nel rispetto della legge.’
‘La ringrazio signor Sanderton.’ Rispose la donna alzandosi. ‘L’intervista &egrave stata molto proficua.’
Logan strinse la mano sottile della donna e quella dei suoi colleghi accompagnandoli al cancello. Il suo umore era improvvisamente peggiorato, non vedeva l’ora di levarseli di torno. Era andato tutto bene finch&egrave Zoe non aveva preso la parola. Le domande della donna erano strane, le sue parole erano su un piano diverso rispetto a quelle che avevano percepito i suoi colleghi. Era come se la donna insinuasse che fosse lui l’uomo che si celava dietro la maschera del Cacciatore Nero. Guardandola allontanarsi sulla sua BMW ultimo modello decise che avrebbe dovuto sapere qualcosa di più su quella donna affascinante. Forse sarebbe stato rischioso muoversi personalmente, aveva bisogno di trovare qualche investigatore abile, discreto e soprattutto affidabile.
‘Com’&egrave andata?’ La voce dolce di Catherine lo riscosse dai suoi pensieri.
Si voltò verso la sorella minore sorridendo. Era la persona che gli era mancata di più nel periodo in cui era stato via. L’aveva lasciata che era una ragazzina di diciannove anni, ora era una giovane donna di ventidue. Una splendida giovane donna. Nel mese che aveva passato a casa non era ancora riuscito a farsi dire chi frequentava. Non aveva dubbi che frequentasse qualche ragazzo, quando le chiedeva dettagli sorrideva con il bel viso acqua e sapone arricciando il piccolo naso alla francese e rispondendo che non erano affari suoi.
In quei due anni e mezzo era diventata ancora più bella. Era piccola, non superava il metro e sessantacinque, ma le curve erano tutte nei punti giusti. I capelli castani scendevano fino alle spalle in riccioli soffici e leggeri. I movimenti che due anni fa erano delicati e leggeri si erano fatti sensuali e provocanti, come se volesse mettere in mostra il suo corpo. Il seno non era particolarmente grande, probabilmente una seconda misura abbondante o forse una terza, ma non era quello il suo punto di forza. Nonostante si trattasse di sua sorella doveva ammettere che Catherine aveva forse il più bel culo che avesse mai visto.
‘Sono un po’ stanco di queste interviste.’ Rispose abbracciando la sorella.
‘Sei un po’ stanco perché esci tutte le sere.’ Rispose lei baciandolo sulla guancia ‘E da come guardavi quella giornalista non sembrava fossi così dispiaciuto. Ti porti a letto anche le donne più grandi di te?’
‘Catyhy!’ Protestò Logan roteando gli occhi ‘Sono un ragazzo serio io.’
‘Certo.’ Catherine tornò verso la casa ‘Ero solo venuta a chiederti di dire a mamma e papà che stasera non vengo a cena, tra un’ora vado con Shawna a una festa della ‘
‘Divertitevi.’ Rispose Logan. Gli sarebbe piaciuto passare più tempo con Catherine, ma era tornato perché c’erano tante cose da fare e non voleva lasciarle in sospeso.
V-City, 29 giugno. Old docks
‘Sei sicura che sia questo il posto?’ Catherine non si trovava a suo agio in quel posto.
Il quartiere degli Old Docks, il vecchio quartiere portuale dismesso trent’anni prima, era una delle zone meno sicure per la città. Soprattutto per due ragazze giovani e attraenti, anche se era il primo pomeriggio. Ma quello era l’unico posto dove potevano trovare l’Afrodite A+, visto che il loro spacciatore non rispondeva al telefono.
‘Certo, sono già stata a casa di Arthur.’ rispose Shawna sorridendo ‘Soprattutto nella sua camera da letto.’
Catherine si fermò di colpo. ‘Stai scherzando, vero?’ Le disse con un sorriso divertito ‘Sei stata con uno spacciatore?’
‘Non ci sono stata assieme, ci ho scopato.’ Rispose l’amica prendendola per la mano ‘Diverse volte a dire il vero. Arthur &egrave decisamente bravo. Penso che ti piacerebbe.’
Catherine non era stupita che l’amica fosse stata a letto con il suo spacciatore. Shawna era ricca quanto lei, ma aveva sempre avuto una passione per gli uomini di ceti sociali inferiori al suo. A dire il vero era stata lei a guidare Catherine verso ogni nuovo livello di trasgressione: dalla droga alle esperienze omosessuali fino allo scambio di coppia o alla condivisione di un ragazzo.
‘In ogni caso siamo arrivati.’ Concluse la giovane fermandosi e indicando un palazzo popolare dall’aria malandata. Era un palazzo di dieci piani dall’aspetto talmente vecchio e rovinato da dare l’idea di potere crollare da un momento all’altro.
‘Arthur abita qui?’ Catherine adesso era veramente incredula ‘L’Afrodite A+ &egrave la droga dei ricchi, la vende a 1000 dollari per pasticca, ed abita in questo palazzo?’
‘Passa qui solo due giorni a settimana, quelli in cui &egrave a disposizione dei clienti.’ rispose l’amica con un sorriso ‘Gli piace dare l’immagine del criminale comune, ma da qualche parte in città ha un appartamento vero e proprio. Però lì non ci porta le sue amanti.’
La porta del palazzo si aprì facendo uscire un’anziana di colore che spingeva una carrozzina sgangherata. Shawna ne approfittò per infilarsi nell’androne seguita da Catherine.
‘Ultimo piano.’ disse incamminandosi per le scale
‘E l’ascensore ovviamente non funziona.’ Catherine si chiedeva come avesse fatto a lasciarsi trascinare in quel posto. In realtà la risposta era semplice: aveva provato l’Afrodite A+ solo una volta, ma era la sostanza più straordinaria che avesse mai assunto. Si era sentita come in paradiso, ogni cellula del suo corpo sembrava sprigionare energia. Quando Shawna le aveva detto che usarla durante un rapporto sessuale era ancora meglio non ci aveva creduto, ma due ore dopo aveva completamente cambiato idea. I due amici di Shawna -due fratelli- con cui l’avevano provata le avevano scopate per due ore. Aveva perso il conto degli orgasmi di quante volte i ragazzi avevano spruzzato il loro sperma. Probabilmente erano venuti tre o quattro volte, senza perdere l’erezione nemmeno per un secondo. Non aveva mai provato orgasmi così forti e duraturi, non vedeva l’ora di avere nuovamente un rapporto sessuale sotto l’influsso di quella sostanza divina.
Quando arrivarono alla fine della decima rampa di scale si appoggiò a un muro ansimando. L’allenamento in palestra con il suo personal trainer era più utile a rassodare i glutei che ad allenarla per dieci piani di scale percorsi rapidamente. Avevano quasi corso, la prospettiva di avere finalmente in mano quelle pasticche era un richiamo troppo forte.
‘Sembra che sia in casa.’ Disse Shawna indicando la luce accesa in una piccola finestra che dava sulla scala. La giovane si attaccò al campanello suonando per una decina di secondi.
Dall’interno non arrivarono risposte o segni di vita.
‘Magari dorme.’ Suggerì Catherine.
‘In tal caso svegliamolo.’ Rispose Shawna ‘Arthur! Muoviti ad aprire! Sono io!’
Catherine temette che le urla dell’amica facessero accorrere tutti i vicini, ma evidentemente in quel palazzo gli inquilini erano abituati a farsi i fatti loro.
Anche quel tentativo non ebbe alcun esito.
‘Magari &egrave uscito e ha lasciato la luce accesa.’ Disse Catherine sedendosi sull’ultimo gradino.
‘Se &egrave così lo aspetteremo in casa.’ Rispose Shawna sorridendo. Aprì la borsa estraendone un mazzo di chiavi ‘Me le ha date quando scopavamo e non me le ha mai chieste indietro.’
‘Non ha paura che gli freghi la roba?’ Chiese Catherine alzandosi e avvicinandosi alla porta.
‘Non &egrave una buona idea rubare a uno spacciatore.’ Spiegò Shawna girando la chiave nella toppa e aprendo la porta.
Catherine seguì subito l’amica nell’appartamento, chiudendosi la porta alle spalle. Si trovarono in un ingresso buio e spoglio, con un arredamento dozzinale e vecchio di una decina di anni. Alla sinistra dell’ingresso si apriva una cucina con un tavolo sporco, mentre il lavello era pieno di piatti ancora da lavare. Di fianco alla cucina si apriva una camera da letto in cui si intravedeva un letto sfatto e un poster di una modella nuda. Sembrava proprio la casa di un balordo o un piccolo delinquente.
Dal lato opposto dell’ingresso una porta chiudeva l’accesso a quello che doveva essere un salotto, almeno a giudicare dal suono del televisore a tutto volume che proveniva da quella stanza.
‘Ecco svelato il mistero.’ Commentò Shawna scuotendo il capo ‘Starà guardando la televisione e non ha sentito nulla.’
Si avviò verso il salotto seguita da Catherine.
‘Arthur, sono Shawna! Sono venuta a rifornirmi!’ Disse ad alta voce prima di aprire la porta.
Lo spacciatore era steso sul divano con la testa reclinata sul petto. Sembrava che dormisse, ma entrambe le ragazze notarono il sangue raggrumato che usciva dal naso.
‘Shawna.’ Sussurrò Catherine trattenendo l’amica per un braccio.
La giovane le fece cenno di non muoversi, quindi si avvicinò lentamente al cadavere dello spacciatore. Era un uomo di colore di una trentina di anni, alto e magro al limite del rachitismo.
Catherine osservò l’amica accovacciarsi per esaminare il corpo per qualche secondo. Shawna studiava medicina, anche se dubitava che avrebbe mai avuto voglia di esercitare un qualunque tipo di professione. La ricchezza della sua famiglia le permetteva di passare tutta la vita nell’ozio, ma quando suo padre aveva insistito che prendesse una laurea aveva scelto la più difficile. Shawna era fatta così: doveva trasgredire in tutto, anche quando si trattava di stupire positivamente chi aveva scarse aspettative nei suoi confronti.
‘Lo hanno ucciso?’ Chiese Catherine avvicinandosi di un paio di metri, ma rimanendo comunque distante dal cadavere.
‘No, non ci sono tracce di ferite né di lotta.’ Rispose Shawna alzandosi.
‘Allora overdose magari.’ Propose Catherine.
‘No, Arthur vendeva la droga ma non la usava.’ Shawna scosse il capo ‘Sembra un aneurisma cerebrale. Una vena del cervello &egrave scoppiata… può succedere anche a quest’età.’
‘Comunque dobbiamo andarcene.’ Disse Catherine guardandosi attorno preoccupata. Non era sconvolta per la morte dell’uomo: era uno spacciatore e prima o poi avrebbe fatto quella fine. Quello che la turbava era la prospettiva che fosse necessario aspettare settimane prima che Shawna trovasse un nuovo fornitore. ‘Se arrivasse qualcuno adesso ci farebbero troppe domande, non voglio essere associata ad uno spacciatore.’
‘Certo, ce ne andremo subito. Ma prima fammi controllare una cosa.’
Catherine seguì l’amica nell’ingresso osservandola scomparire nella camera da letto dello spacciatore. Non sapeva cosa stesse facendo l’amica ma non le interessava, voleva solo andarsene da quel posto. Accostò l’occhio allo spioncino sperando di non vedere movimento sulle scale: se i suoi genitori avessero saputo che si drogava non l’avrebbero più fatta uscire di casa.
‘Eccomi.’ Il tocco della mano di Shawna sulla spalla la fece sobbalzare per il terrore.
‘Sei matta?’ Le chiese appoggiandosi alla porta e cercando di rallentare il respiro ‘Che accidenti sei andata a fare?’
Shawna alzò una mano con un sacchetto di plastica trasparente ‘Sono andata a cercare questo’
Catherine osservò incuriosita il sacchetto, che sembrava contenere decine di piccole capsule colorate di bianco e verde con un ‘+’ nero sopra.
‘E’ quello che penso?’ Chiese sentendo il cuore accelerare i battiti.
‘Esatto.’ Rispose Shawna infilando il sacchetto in borsa ‘Afrodite A+, sono almeno cento dosi… le abbiamo per i prossimi mesi. Tanto il povero Arthur non saprebbe che farsene.’
Catherine la guardò sbalordita. Quel minuscolo sacchetto valeva una fortuna, era una quantità di pastiglie che non avrebbe mai potuto comprare senza insospettire i suoi genitori…
‘Ma… Sei sicura?’ chiese mentre uscivano sul pianerottolo ‘E se qualcuno viene a cercarle?’
‘Arthur le ha già pagate.’ Rispose Shawna scendendo rapidamente le scale ‘Sono nostre, nessuno verrà a chiederci nulla… l’unico problema &egrave dove nasconderle. A casa mia &egrave escluso, i miei mi spedirebbero in un convento se le trovassero.’
‘Stessa cosa per me. Non posso rischiare.’ Catherine prese l’amica per un braccio ‘Ci sarebbe la vecchia sede della confraternita Alfa-Omega. Si &egrave sciolta, ma Alex Cavendish ha ancora le chiavi. So che ci organizza delle feste clandestine.’
‘E ha provato più di una volta a portarmi a letto.’ Continuò Shawna
‘Sì, ci ha provato anche con me.’ Rispose Catherine sorridendo ‘Forse &egrave il momento di dargli quello che vuole, non pensi?’

Nonostante entrambe le ragazze passassero spesso la notte a casa avevano entrambe una stanza nel campus dell’università, a cui quindi avevano libero accesso. Catherine telefonò ad Alex Cavendish mentre si allontanavano dagli Old Docks sulla macchina di Shawna.
Il giovane aveva accettato prontamente l’invito a vederle, soprattutto dopo che Catherine gli aveva promesso una sorpresa che gli sarebbe piaciuta molto. Era eccitata all’idea di ciò che stavano per fare. Alex era un bel ragazzo di colore che da due anni partecipava con successo ai campionati universitari di boxe nella categoria dei pesi massimi. Ciò che aveva spinto le due ragazze a rifiutare le ripetute avances era il suo atteggiamento spavaldo ed eccessivamente sicuro di sé, come se le donne dovessero cadere tutte ai suoi piedi.
Alex le aspettava davanti all’ingresso della sede della confraternita, come gli era stato chiesto da Catherine. Quando le vide arrivare assieme non dimostrò sorpresa, limitandosi a sorridere facendo un cenno con il capo. Catherine sentì i capezzoli inturgidirsi vedendo i bicipiti possenti e i pettorali scolpiti tendere la t-shirt del giovane.
‘Ciao ragazze, a cosa devo questo invito?’ Chiese il giovane baciando sulle guance prima Catherine e poi Shawna.
‘Perch&egrave non ci fai entrare così ci mettiamo un po’ comodi e ne parliamo?’ Rispose Catherine con un sorriso allusivo ‘Meglio se ne parliamo lontano da occhi indiscreti.’
‘Certo.’ Alex prese dalla tasca dei pantaloni un mazzo di chiavi aprendo la porta dell’edificio. Era una piccola villetta a due piani in mezzo a una radura, a un centinaio di metri dagli altri dormitori. Era stata costruita in quel posto sessant’anni prima, così lontana dal resto del campus per permettere ai ricchi membri della confraternita di non disturbare durante le loro feste.
Alex fece passare le due ragazze, quindi entrò a sua volta nell’edificio chiudendo a chiave la porta.
‘Ammetto di essere stupito.’ Disse Alex appoggiandosi al muro ‘Da quando la confraternita si &egrave sciolta ho organizzato una mezza dozzina di feste clandestine qui dentro, ma avete sempre rifiutato i miei inviti. Perch&egrave ora mi cercate?’
Sia Catherine che Shawna sapevano che quelle che Alex chiamava feste in realtà erano serate organizzate da lui e altri tre o quattro ragazzi del suo gruppo, in cui ogni volta venivano invitate un numero di ragazze pari a quello degli uomini presenti. Le serata iniziava con un uso abbondante di alcol e cannabis, talvolta anche cocaina, finendo regolarmente con un’orgia.
‘Forse perch&egrave a noi interessi tu, non i tuoi amici.’ Rispose Shawna abbassando parzialmente la zip della giacca in pelle che indossava. Lo sguardo dell’uomo fu calamitato dalla generosa scollatura che metteva in mostra un seno sontuoso, anche grazie all’intervento del migliore chirurgo plastico della città.
‘Potrei anche far finta di credere che improvvisamente abbiate deciso di venire a letto con me, oltretutto assieme.’ Rispose Alex ‘Ma non mi piace essere preso per il culo. Sicuramente c’&egrave di più, voglio che mi diciate tutto, altrimenti andatevene.’
Shawna e Catherine si guardarono per qualche secondo, quindi Catherine fece un cenno d’assenso.
‘Conosci questa?’ chiese Shawna prendendo dalla borsa una capsula di Afrodite A+ e lanciandola al giovane boxeur.
‘Afrodite?’ Chiese Alex ruotandola tra le dita mentre la guardava ‘Ne ho sentito parlare, ma non l’ho mai provata… non posso permettermela. Dicono che sia una bomba, soprattutto come afrodisiaco. E’ vero?’
‘In realtà &egrave ancora meglio di quello che dicono.’ Rispose Catherine ‘Per un caso fortuito siamo venute in possesso una grande quantità di dosi, ma abbiamo bisogno di un posto dove nasconderle.’
‘Le avete rubate a qualche spacciatore?’ Chiese Alex ‘Se &egrave così non posso aiutarti.’
‘Lo spacciatore che le ha perse &egrave dovuto fuggire all’estero e non tornerà.’ Spiegò Shawna mentendo con disarmante facilità ‘Ce le ha date come ricompensa per averlo aiutato a fuggire. Quando vieni salvato dall’ergastolo diventi molto generoso.’
‘Ok. E io cosa ci guadagno se vi aiuto?’ Chiese Alex facendosi spavaldo
‘La possibilità di usarla con noi ogni volta.’ Rispose Catherine avvicinandosi.
‘E ti ricordo che &egrave davvero potente come afrodisiaco.’ Shawna si accostò al giovane appoggiando una mano sul pacco accarezzandolo. ‘Che ne dici, ci mettiamo più comodi?’
‘Venite.’ Rispose Alex passando tra le due ragazze. Shawna guardò Catherine con un sorriso di soddisfazione, quindi si incamminò dietro il giovane di colore.
Alex le condusse in una stanza al fondo del corridoio, sul retro della villetta. Era un piccolo salotto con tre divani disposti a ferro di cavallo attorno a un caminetto. Le cinque finestre erano tutte sbarrate, la stanza era illuminata da una piccola cupola in vetro che sormontava la parte posteriore della stanza.
‘Qui nessuno ci disturberà.’ Disse Alex chiudendo a chiave anche quella porta. ‘Che dite, festeggiamo il nostro accordo?’
Catherine si accostò al giovane appoggiandogli una mano sul petto e spingendolo seduto sul divano. Il contatto delle dita con i pettorali possenti le mozzò il respiro. Alex doveva essere un vero toro, ma l’Afrodite lo avrebbe trasformato in qualcosa di incredibile. Sicuramente il pomeriggio sarebbe stato indimenticabile per tutti e tre.
‘Aspetta qui.’ Disse tornando verso l’amica che l’attendeva in piedi.
Shawna la attirò a sé baciandola. Catherine si abbandonò al contatto con le labbra e la lingua dell’amica. Shawna era molto più alta di lei, per baciarla doveva abbassare il volto. Il chirurgo che le aveva rifatto i seni aveva fatto un capolavoro: al tocco e allo sguardo sembravano perfettamente naturali, erano solo troppo alti e sodi per le loro dimensioni. La carnagione e i lineamenti di Sahwna rivelavano le sue doppie origini: il padre era bianco, mentre la madre era una bella donna afroamericana. Dalla donna aveva ereditato i fianchi larghi e il naso schiacciato, mentre la forma e il colore azzurro degli occhi rivelavano le ascendenze nordiche del padre. Il mix che ne risultava era esplosivo e rendeva Shawna una delle ragazze più corteggiate della scuola.
Catherine affondò le mani nei capelli neri mossi e lunghi fino a metà schiena dell’amica che a sua volta le appoggiò sui fianchi. Si voltò verso il giovane guardandolo fisso negli occhi mentre Shawna slacciava uno dopo l’altro i bottoni della camicetta. Catherine non portava reggiseno, era uno dei vantaggi di non avere seni enormi. Quando l’amica ebbe sfilato la camicetta lanciandola su una sedia si sfilò le scarpe usando i piedi e rimanendo scalza. Lo sguardo di Alex era fisso sui suoi seni e sui capezzoli eretti.
Le dita di Shawna slacciarono rapidamente il bottone dei jeans facendoli scivolare verso il basso. Catherine alzò prima un piede poi l’altro sfilando l’indumento, quindi si avvicinò al divano accucciandosi di fianco ad Alex.
‘Baciami mentre aspettiamo Shawna.’ Gli disse leccandogli il lobo dell’orecchio.
Alex non aspettava altro. Le labbra del giovane raggiunsero quelle di Catherine, mentre le mani si impossessavano dei seni. Catherine si lasciò andare al bacio accarezzando i pettorali sotto la maglietta del giovane, pregustando ciò che stava per accadere.
‘Posso unirmi a voi?’ Shawna si era spogliata rapidamente. Le sue mammelle nude erano alte e sode come quelle di un’adolescente. Il perizoma bianco aveva una chiazza umida all’altezza delle labbra. Catherine sorrise: anche l’amica era eccitata quanto lei.
Shawna si accovacciò dall’altro lato di Alex porgendo ai due una mano con il palmo rivolto verso l’alto e le dita chiuse in un pugno.
‘Siete pronti?’ Chiese aprendo la mano.
Catherine guardò con desiderio le tre capsule bianche e verdi. Da quando le aveva provate per la prima volta dieci giorni prima non aveva fatto che desiderare il momento in cui le avrebbe avute di nuovo a disposizione. Aveva provato diverse sostanze, ma nessuna l’aveva fatta stare così bene.
‘Sono sempre pronta.’ Disse prendendone una con due dita.
‘Come funziona?’ Chiese Alex prendendo la seconda e tenendola davanti agli occhi.
‘Ingoiala e rilassati.’ Rispose Shawna sorridendo ‘Ci metterà cinque minuti a fare effetto, ma io e Cathy faremo in modo che passino in fretta.’
Shawna ingoiò la sua capsula, quindi prese il volto di Alex tra le mani baciandolo. Le mani delle due ragazze scivolarono sotto la maglietta accarezzando gli addominali scolpiti e i pettorali possenti, mentre le loro due bocche si alternavano su quella del giovane. Tolsero freneticamente la t-shirt di Alex ed i pantaloni, quindi abbassarono assieme i boxer liberando il cazzo.
Il membro di Alex era proporzionato al resto del corpo. Non era un superdotato, ma era sicuramente un cazzo di lunghezza e larghezza notevoli. Catherine avvolse la mano attorno all’asta scura tirando verso il basso la pelle.
Subito Shawna si chinò in avanti prendendo in bocca il cazzo scuro. Catherine osservò con eccitazione crescente la bocca dell’amica far scomparire buona parte dell’asta e muoversi su e giù. Si appoggiò al petto di Alex leccandogli un capezzolo, mentre la mano dell’uomo scivolava tra le sue cosce. Le dita scostarono il perizoma sfiorando le labbra umide, allargandole delicatamente.
Il medio entrò nella vulva strappandole un gemito. I battiti del suo cuore stavano rapidamente aumentando, segno che la droga stava cominciando a fare effetto.
Si lasciò scivolare in ginocchio davanti al divano scendendo con la bocca lungo l’addome fino al pube di Alex. L’odore della sua eccitazione e della saliva di Shawna ebbero l’effetto di un afrodisiaco. Accostò il volto ai testicoli gonfi, leccandoli mentre Shawna continuava il suo pompino. Accarezzò le cosce muscolose e le natiche perfette. Alex aveva un corpo sontuoso degno di un dio greco. Era un fascio di muscoli che in quel momento era tutto per lei e la sua amica.
Man mano che i secondi passavano sentiva la droga fare effetto aumentando il suo desiderio e facendo crollare i freni inibitori e propagando al tempo stesso un senso di benessere in tutto il corpo. Alex doveva provare le stesse sensazioni. Catherine lo fece girare su un fianco, quindi gli allargò le natiche con le due mani e iniziò a sfiorargli lo sfintere con la punta della lingua.
Catherine si sentiva perversa. Stava leccando il culo di un uomo, lo stava facendo godere con la lingua sullo sfintere mentre la sua amica gli leccava il cazzo. Era tentata di spostare una mano sulla figa e masturbarsi, ma Shawna la prevenne.
La giovane mulatta si sfilò il cazzo dalle labbra alzandosi in piedi e togliendosi il perizoma.
‘Fammi sentire come la lecchi.’ Disse facendo stendere Alex supino e inginocchiandosi con il pube sul suo volto dando le spalle a Catherine.
Catherine osservò eccitata l’uomo alzare le mani portandole sui seni dell’amica, mentre con la bocca aperta faceva scorrere la lingua sul sesso. In quella posizione il culo di Alex non era più accessibile, ma il cazzo svettava splendido e libero. Chinandosi in avanti lo prese rapidamente in bocca. Lo succhiò voracemente per un paio di minuti, quindi si alzò e si posizionò a cavalcioni del giovane con le gambe larghe, impalandosi sull’asta scura e calda.
Il cazzo scivolò senza difficoltà nella fessura umida e pronta ad accoglierlo. Catherine appoggiò le mani sui pettorali dell’uomo per puntellarsi mentre iniziava a fottersi con movimenti rapidi del bacino. La droga le dava un’energia eccezionale, non sentiva la fatica. Sapeva che sarebbe durata poco e che anche Alex non avrebbe resistito ancora a lungo.
‘Ti piace, vero?’ La voce di Shawna era roca per il piacere che le stava regalando la lingua del giovane ‘Lasciati andare e sborrale dentro, avrai tempo di dedicarti dopo alla mia figa.’
Le parole della mulatta fecero scattare qualcosa in Alex. Catherine lo sentì fremere e subito dopo un calore familiare invase il suo ventre, facendole superare il limite dell’orgasmo. Continuò a danzare sul suo cazzo cercando di fare uscire più sperma possibile. Lo sentiva spargersi per la sua figa, spinto in profondità dal cazzo che affondava ogni volta che lei si impalava. Era ancora meglio di come lo ricordava, ed erano appena agli inizi.

L’uomo si appoggiò allo schienale della sua poltrona costruita su misura. Le immagini che scorrevano sul suo computer erano eccitanti. Le quattro telecamere ad alta definizione poste ai quattro angoli della stanza gli permettevano una visione perfetta. Doveva ammettere che gli effetti di quella nuova droga erano straordinari. Il giovane Cavendish era già venuto due volte riempendo una volta a testa le sue partner, ma il suo cazzo non aveva perso l’erezione nemmeno per un secondo. L’uomo sorrise compiaciuto: aveva riconosciuto le due ragazze che avevano appena commesso un errore che sarebbe costato molto caro. Catherine Sanderton e Shawna Moore, le figlie di due degli uomini più in vista della città.
Non avrebbe mai creduto che si drogassero, ma era peggio per loro. Doveva solo decidere come utilizzare questa informazione, ma avrebbe avuto tempo di pensarci. Tornò a concentrarsi su quanto succedeva nel salone. Catherine Sanderton era carponi con il volto tra le cosce della Moore, mentre Cavendish la stava inculando con forza. Il culo della giovane Sanderton era magnifico ed eccitante, era un peccato non poter muovere lo zoom in modo da vederlo da vicino.
Pazienza, vecchio mio, bisogna avere pazienza. Si disse l’uomo. Ogni cosa a suo tempo. V-City, 3 luglio 2014, Sanderton Building

Il salone delle feste della Sanderton-Applegate Foundation risplendeva come una gioielleria. Il ‘New Glories Price’ era uno degli eventi mondani più importanti dell’anno per gli abitanti di V-City. Era l’evento che a V-City dava inizio ai festeggiamenti del 4 luglio, Gli invitati erano selezionati tra gli uomini più influenti della città. Imprenditori, politici, artisti, sportivi, conduttori televisivi, scienziati, rientrare nella lista di ingresso era come uno status symbol.
Era la serata in cui venivano premiati i venti giovani sotto i venticinque anni che più si erano distinti in diversi campi. Sportivi, artisti, fondatori di start-up, laureati di talento. Dieci ragazzi e dieci ragazze che potevano dare lustro alla città ricevevano dalle mani del presidente della Fondazione una targa e vedevano il loro nome inciso sul muro dell’atrio d’ingresso della Fondazione.
Era il trentottesimo anno in cui veniva assegnato il premio. Tra gli uomini e le donne che lo avevano ricevuto negli anni c’erano due futuri premi Nobel, un Pulitzer, una decina di senatori, cinque medaglie olimpiche e un ministro.
Negli anni precedenti Logan Sanderton non si era mai soffermato sull’ipocrisia di quell’evento. Mentre una buona metà dei cittadini di V-City viveva in povertà gli invitati alla serata sfoggiavano abiti di lusso e gioielli vistosi, per tacere del parco automobili che si trovava nel parcheggio. Tra gli invitati c’erano alcuni degli uomini che stavano distruggendo la città. Imprenditori senza scrupoli e giornalisti conniventi, politici corrotti e industriali legati alla criminalità, tutti ammantati da una maschera di rispettabilità che i media non osavano togliere.
I giornali preferivano concentrare i loro attacchi su personaggi come lui e come il suo amico Julian Applegate. Per anni li avevano definiti ‘giovani irresponsabili’, ‘figli di papà egoisti che avevano alcol e sesso come unici obiettivi’, ‘ragazzi destinati a rovinare quanto di buono avevano fatto i loro padri’. Era come se fossero responsabili del degrado di V-City solo perché erano i figli di due degli uomini più ricchi e influenti della città.
In fondo quella fama faceva comodo a Logan. Nessuno avrebbe mai pensato che un giovane noto a tutti per la sua vita sregolata e le sue conquiste seriali potesse essere il Cacciatore Nero, l’uomo che da due mesi riparato dietro un costume e una maschera stava dando la caccia ai criminali di V-City.
Purtroppo dopo la sua scomparsa i toni dei giornali erano cambiati. I suoi difetti erano diventati improvvisamente piccole imperfezioni, come se suo padre avesse unto i media facendoli sentire responsabili della sua scomparsa. Aveva bisogno di essere considerato un giovane immaturo e volubile dall’opinione pubblica se voleva rimanere al di sopra di ogni sospetto.
Logan fece scorrere lo sguardo sulle dieci ragazze che una dopo l’altra stavano transitando davanti a lui con il premio in mano. Aaron Sanderton, suo padre, aveva insistito a lungo perché i suoi due figli fossero presenti sul palco della premiazione. Lo stesso destino era toccato a Julian Applegate, che si trovava alla sua destra con l’aria di un condannato a morte.
-Non fare quella faccia.- Disse Logan accostando la bocca all’orecchio dell’amico dopo avere salutato uno degli ultimi premiati, un ragazzo che a soli diciannove anni aveva fondato un’azienda di web marketing che aveva già oltrepassato il milione di dollari di fatturato. -Non pensi che qui in mezzo ci possano essere le nostre prossime conquiste?-
Il volto di Julian si illuminò in un sorriso complice.
-Non ci ho pensato.- Rispose sottovoce. -In effetti non mi sono mai scopato una New Glory.-
Logan gli fece l’occhiolino. Se avessero sedotto un paio di quelle ragazze, magari coinvolgendole in un’orgia, sicuramente i giornali avrebbero ripreso ad attaccarli. Aveva già adocchiato due possibili obiettivi. La prima era appena transitata davanti a lui. Sora Ayakawa aveva vent’anni ed era una pianista. Il suo secondo album da poco pubblicato era subito schizzato in testa alle classifiche di due continenti. I suoi genitori erano due musicisti di Tokyo che si erano trasferiti negli Stati Uniti trent’anni prima. Nonostante le origini orientali sembrava essersi perfettamente adeguata alla cultura americana. Aveva incrementato le dimensioni del suo seno con un’operazione chirurgica, che aveva candidamente ammesso in un’intervista a un settimanale femminile. La sua eleggibilità per il premio era stata messa in dubbio due settimane prima, dopo l’annuncio che avrebbe posato nuda per Playboy. I membri più conservatori della commissione si erano convinti ad approvare la sua presenza solo perché aveva dichiarato che avrebbe devoluto in beneficenza l’intero compenso per il servizio fotografico. Logan era sicuro che non avrebbe opposto troppa resistenza al corteggiamento di due giovani ricchi e attraenti come lui e Julian. Sembrava una ragazza disinibita e pronta a trasgredire, e sicuramente non sarebbe stata indifferente al suo fisico muscoloso o al fascino dark dell’amico.
La ragazza che stava ricevendo in quel momento il premio dalle mani di Jonah Applegate sarebbe stata sicuramente una sfida maggiore. Patricia Van Djike lo aveva colpito nel momento stesso in cui l’aveva vista prendere posto sul palco delle premiazioni. Il talento della bionda ventiduenne era esploso prepotentemente alle ultime olimpiadi invernali, in cui aveva dominato le gare di biathlon conquistando due ori e due argenti con uno straordinario risultato di zero errori ai poligoni di tiro.
Patricia era la dimostrazione che il fisico di una sportiva può essere atletico e sensuale allo stesso tempo. Indossava un vestito nero con uno spacco laterale che arrivava fino al fianco, mostrando ad ogni passo le lunghe gambe sode. Lo scollo a V lasciava intravedere un seno importante, apparentemente più adatto ad una modella hard che ad un’atleta olimpica, ma era il viso a lasciare Logan senza parole. Il naso sottile e la bocca piccola e carnosa davano al volto un aspetto delicato, ma gli occhi azzurri e grandi esprimevano determinazione e rabbia. Erano gli occhi e il volto di una guerriera. Quando la giovane gli passò davanti le rivolse un sorriso caloroso complimentandosi per i suoi successi. Le mani erano morbide e la stretta forte. Mentre i loro sguardi si incrociarono intravide un lampo di curiosità negli occhi della ragazza, ma subito Patricia si staccò muovendosi verso Julian.
La cerimonia di premiazione durò ancora venti minuti, durante i quali Logan incrociò più di una volta lo sguardo con le due ragazze. Alla fine della premiazione era prevista una cena a buffet, durante la quale le ‘glorie’ di V-City si spargevano per la sala parlando con gli invitati. Era il momento in cui per alcuni di loro poteva iniziare a prendere forma un lavoro interessante, mentre per gli artisti o gli sportivi era semplicemente un momento di gratificazione. Le ragazze e i ragazzi più attraenti venivano spesso presi d’assalto dai giovani e dalle giovani di buona famiglia, interessati più al loro aspetto che ai loro successi.
Logan tuttavia non aveva mai temuto la concorrenza quando si trattava di corteggiare una donna. Attese qualche minuto prima di avvicinarsi al capannello al cui centro si trovava la bionda atleta. In quel momento Patricia era impegnata in una conversazione con i fratelli Ryan. Se Logan era stato per anni attaccato dei giornali, i fratelli Richard e Paul Ryan avrebbero dovuto essere cacciati dalla città. Il maggiore aveva trentadue anni, mentre il secondo era di tre anni più giovane e quindi era coetaneo di Logan. Erano figli di Francis Ryan, che era allo stesso tempo proprietario di un network televisivo che contava dieci canali tematici e manovratore occulto di tutti gli incontri di boxe e di lotta truccati che si svolgevano nella città. I pochi che avevano osato accusarlo apertamente avevano avuto incidenti che li avevano lasciati su una sedia a rotelle o avevano ritirato le accuse e si erano trasferiti in altre città in seguito alle minacce alla famiglia. Francis Ryan era uno dei cancri della città, ed i due figli ne erano i degni eredi. Forse anche una rissa poteva andare bene per riappropriarsi della sua brutta fama.
Passando da uno dei tavoli del buffet afferrò due bicchieri di un cocktail fruttato. Infilandosi tra i due giovani si fermò davanti a Patricia con un sorriso luminoso.
-Patricia, ecco il cocktail che mi avevi chiesto.- Disse ignorando i due giovani. -Ci possiamo spostare per parlare più tranquillamente?-
Logan sentì la mano di Paul appoggiarsi sulla sua spalla.
-Sanderton, che cosa ti salta in mente? Non hai visto che stava parlando con noi?-
Il più giovane dei fratelli Ryan era anche il più attaccabrighe. Logan prese un respiro pronto a scattare, ma venne fermato dalla voce di Patricia.
-Dovresti sapere che sono un’atleta e non bevo alcolici.- Disse la ragazza prendendogli le mani tra le sue. -In ogni caso apprezzo il pensiero. Ragazzi, vi dispiace se parlo un po’ con il padrone di casa?-
Senza aspettare la risposta dei due giovani si voltò trascinando con sé Logan.
-Non avresti dovuto rispondere così.- Le disse Logan fermandola non appena furono lontano dallo sguardo dei due fratelli. -I fratelli Ryan sono persone rancorose, in questo modo potrebbero prendersela con te.-
-Logan Sanderton, forse dovresti ringraziarmi.- Rispose la giovane abbandonando le sue mani. -Ho appena evitato che venissi coinvolto in una rissa.-
-Ci sono abituato, ma non voglio che una ragazza affascinante come te corra dei rischi.-
-Se avessi visto come sparo non ti preoccuperesti.- Il volto serio della ragazza si aprì per la prima volta in un timido sorriso. -In ogni caso grazie per il pensiero. E per il complimento, anche se viene da un noto donnaiolo.-
-Scusa se sono stato sfacciato, ma ero ansioso di conoscerti.-
Logan non aveva sbagliato valutazione sulla ragazza. Aveva lo spirito di una guerriera, e oltre che straordinariamente bella era anche decisamente intelligente.
-Anch’io lo ero. Mia madre mi ha parlato di te mettendomi in guardia, ma volevo conoscerti di persona per sapere se quello che si dice su di te &egrave vero.-
Logan la squadrò con aria perplessa. -Tua madre mi conosce?-
-Se ti giri puoi chiederlo direttamente a lei, visto che sta venendo a strapparmi dalle tue grinfie.-
Logan si voltò seguendo lo sguardo di Patricia.
-Signora Robbins, mi perseguita?- Chiese alla giornalista che si stava avvicinando con passo spedito. La donna si fermò di fronte a lui squadrandolo con aria divertita. In abito da sera era ancora più sensuale e desiderabile di quando si erano conosciuti. Indossava un vestito nero senza spalline che metteva in evidenza il seno prorompente senza bisogno di scollature. I tacchi vertiginosi la facevano sembrare ancora più alta, portando i suoi occhi poco più in basso di quelli di Logan.
-Non &egrave mia intenzione.- Disse la donna sfoderando un sorriso ammaliante. -Sono solo venuta a congratularmi con mia figlia.-
-Ciao mamma. Cosa c’&egrave?- Disse Patricia mentre baciava la donna sulla guancia. Vedendole una accanto all’altra la somiglianza nei lineamenti era riconoscibile, anche se Patricia doveva avere preso molto dal padre. Erano due donne stupende e dallo stile profondamente diverso, ma nel comportamento di entrambe si riconosceva la stessa forza di volontà e determinazione.
-Tuo padre sta andando via, ti stava cercando per salutarti. E anche due giornalisti sportivi che vogliono intervistarti, &egrave il prezzo da pagare quando si &egrave campionessa olimpica. Terrò compagnia io al signor Sanderton.-
-D’accordo.- Rispose Patricia mascherando la delusione. -E’ stato un piacere conoscerti Logan, purtroppo dovremo aspettare un’altra occasione per approfondire la nostra conoscenza.-
-L’aspetterò con ansia.- Rispose Logan baciando la mano che la ragazza gli porgeva.
Osservò la giovane allontanarsi verso la sala principale, quindi spostò lo sguardo verso Zoe Robbins.
-Non sapevo fosse sua figlia. Van Djike non &egrave il cognome del suo attuale compagno.-
-Il padre di Trish &egrave il mio primo marito.- Zoe spostò lo sguardo verso la ragazza. -E’ un colonnello delle forze speciali, nostra figlia &egrave cresciuta venendo sballottata tra V-City e le basi in giro per il mondo dove &egrave di stanza suo padre. Questo l’ha resa un po’ troppo indipendente e ribelle per i miei gusti.-
-E quindi &egrave corsa ai ripari prima che facesse conoscenze poco raccomandabili.- Concluse lui facendo un cenno d’assenso. -Suo padre la cerca veramente o si &egrave inventata tutto?-
-Mi biasimerebbe se fosse così? Ha la fama di un uomo che usa le ragazze a suo piacimento.- Zoe fece una breve pausa. -Ma in realtà avevo bisogno di parlare a tu per tu con lei.-
-Con me?- Logan inarcò un sopracciglio per lo stupore.
-Privatamente.- Ribadì la donna guardandosi attorno con discrezione. -Ti dispiace se ci diamo del tu? I discorsi che affronteremo sono piuttosto personali.-
-Per niente. Pensavo che non approvassi il mio stile di vita, mi ha stupito il tono del tuo articolo.-
-Sembri dispiaciuto per non essere stato descritto come un puttaniere e un immaturo.- La donna si guardò attorno nervosamente. -Conosci qualche posto riservato dove parlare?-
Logan non capiva il cambio di atteggiamento della donna rispetto al loro primo incontro. Sembrava che avesse paura di qualcosa, ma al tempo stesso il modo in cui lo guardava era quello di una donna che stava flirtando. Era comunque l’occasione che cercava per fare qualche domanda a quella giornalista. Non poteva rischiare che l’identità del Cacciatore Nero venisse divulgata. Aveva dedicato troppo tempo alla preparazione del suo ritorno a casa, non poteva rovinare tutto in questo modo.
-Seguimi.- Si avviò verso l’uscita della sala seguito ad un passo di distanza dalla donna. Conosceva a menadito quel palazzo e la tessera magnetica che aveva nel taschino gli consentiva l’accesso al piano riservato in cui si trovava l’ufficio di suo padre. Oltre all’ampio ufficio e a una sala riunioni il piano ospitava tre piccoli appartamenti, piccoli secondo i parametri di un uomo dal patrimonio di diverse centinaia di milioni di dollari.
Erano stati costruiti per consentire la riservatezza agli ospiti di rilievo che arrivavano a V-City per trattare con Peter Sanderton. L’eliporto sul tetto e gli appartamenti consentivano agli uomini e alle donne che desideravano condurre le trattative in maniera riservata di rimanere a V-City anche per diversi giorni senza mai presentarsi in pubblico. Logan aveva approfittato più di una volta di quegli appartamenti per passare una serata in compagnia di qualche sua amante.
L’ascensore privato che conduceva all’ultimo piano dell’alto grattacielo si trovava dietro due porte automatiche. Logan inserì entrambe le volte la chiave magnetica, digitando un codice d’accesso nella prima e appoggiando la mano per la scansione delle impronte digitali nella seconda.
-Ti sembra adeguato come livello di sicurezza?- Chiese Logan entrando nell’ascensore e digitando il codice per l’ultimo piano.
-Sufficiente.- Rispose la donna. -Mi stai portando nella sala delle torture? Ti avviso che urlo molto forte.-
-Dubito che qualcuno ti sentirebbe urlare.- Rispose Logan ridendo per la battuta. -Ma non ho intenzione di farti del male.-
Zoe inclinò la testa guardandolo con uno sguardo in grado di fare sciogliere il ghiaccio.
-Il dolore non &egrave l’unico motivo per cui una donna può urlare, pensavo che un uomo come te lo sapesse.’
Logan rimase a fissarla in silenzio. Perché la donna lo provocava? L’allusione di quell’ultima frase era inequivocabile, sembrava che la giornalista volesse che lui le saltasse addosso. Ma pochi giorni prima durante l’intervista aveva dimostrato ben poca simpatia nei suoi confronti, voleva forse incastrarlo? Era una possibilità, ma Zoe Robbins aveva fama di essere una giornalista onesta e incorruttibile, che non avrebbe mai violato la legge.
La porta dell’ascensore si aprì rompendo il silenzio che si stava facendo imbarazzante. Logan sgusciò nel corridoio su cui si aprivano tre porte. Si diresse verso quella di destra aprendola con la solita chiave.
-Entra.- Disse alla donna. -Qui potremo parlare senza paura di essere ascoltati da orecchie indiscrete. Ho diverse domande da porti.-
-Forse siamo partiti con il piede sbagliato l’altro giorno.- Disse Zoe guardandosi attorno mentre Logan chiudeva la porta. L’ingresso si apriva su una sala rettangolare in cui faceva bella mostra un divano a ferro di cavallo. Sulla parete di fronte al divano un televisore che doveva misurare almeno novanta pollici, mentre di fianco al divano si apriva una piccola veranda che faceva da sala riunioni. Dal salone si aprivano tre porte che dovevano condurre alla camera da letto, alla cucina e al bagno. Logan le indicò il divano.
-Mettiti comoda. Prima di parlare ho bisogno di passare in bagno a’ lavarmi le mani.-
-Sono una donna adulta Logan.- Rispose Zoe ridendo. -So che anche gli uomini ogni tanto urinano, non hai bisogno di girarci attorno.-
Logan entrò in bagno maledicendo l’atteggiamento strafottente della donna. Riusciva sempre a metterlo in imbarazzo, sembrava che si divertisse a spiazzarlo. Si fermò davanti al lavandino guardandosi allo specchio. Doveva calmarsi se non voleva rovinare tutto. Prese lo smartphone dalla tasca facendo partire il software di messaggistica istantanea privata che gli aveva installato Brian Wilson. Era un genio dell’informatica alle dipendenze di suo padre, nonché una delle tre persone a conoscenza della sua identità.
Iniziò a digitare febbrilmente sulla tastiera touch dello smartphone: MANDAMI TUTTE LE INFORMAZIONI CHE RIESCI A TROVARE SUL COLONNELLO VAN DJIKE, EX MARITO DI ZOE ROBBINS.
-Logan, vado a servirmi un bicchiere d’acqua.- La voce di Zoe dietro la porta gli fece quasi cadere il dispositivo a terra.
-Certo, dovrebbe esserci una bottiglia in frigo.- Appoggiò lo smartphone al lavandino avvicinandosi al gabinetto. –Sai una cosa? Prima ho quasi pensato che volessi sedurmi, ma &egrave assurdo. Durante l’intervista hai chiarito molto bene quello che pensi di me.-
La risata che arrivò dalla cucina confermò che la donna si era allontanata.
-Perdonami, forse ti ho mandato segnali equivoci. Cercherò di essere più chiara.-
Logan abbassò pantaloni e boxer iniziando a liberare la vescica. Non riusciva a capire di cosa volesse parlare la donna. Voleva accusarlo di essere il Cacciatore Nero? Non poteva aspettarsi che lo ammettesse, ma forse voleva studiare le sue reazioni. Doveva rimanere calmo. Era preparato a questo momento, si era addestrato a mentire. Ma allora perché era così agitato?
Fu il suo istinto allenato a fargli percepire con la coda dell’occhio la maniglia che girava. Il suo addestramento lo stava per fare scattare per reagire a quella che doveva essere un’aggressione, ma la figura di Zoe vestita solo con le scarpe e la biancheria intima lo bloccò.
Rimase inebetito con il membro in mano lasciando cadere le ultime gocce di urina.
-Cosa’ cosa fai vestita così? E perché non hai bussato?-
-Se vuoi che nessuno entri devi chiudere a chiave, così.- La donna avanzò di un passo e girò la chiave nella serratura. -Sto facendo quello che ti ho promesso, chiarisco gli equivoci.-
Logan non mosse un muscolo mentre la donna si avvicinava. Il suo sguardo era catalizzato dalla biancheria intima di pizzo rosso che mostrava più che coprire le sue grazie. Il reggiseno semi trasparente lasciava intravedere un seno sontuoso con le areole larghe e scure. Il perizoma eccezionalmente sgambato era al limite dell’indecenza: copriva a malapena il sesso ed in trasparenza si intuiva che il pube era coperto solo da una sottile striscia di pelo.
La sua parte razionale sapeva che non doveva lasciarsi coinvolgere, che quella donna rappresentava un potenziale pericolo e che prima di lasciarsi andare doveva interrogarla per capire cosa sapesse e quali fossero i suoi piani. La parte più istintiva però non riusciva a non concentrarsi su quel corpo sensuale e desiderabile e su quello sguardo lascivo e carico di promesse.
Rabbrividì sentendo la mano della donna appoggiarsi sul cazzo. Le dita fecero presa sulla pelle muovendola lentamente su e giù. La donna lo fissò negli occhi ignorando le ultime gocce di urina che cadevano dal glande sulle sue dita.
-Puoi fidarti di me, Logan.- Disse la donna a bassa voce.
-Perché dovrei farlo?- Non si mosse mentre la donna lo masturbava. -Due giorni fa mi trattavi con disprezzo, ora cerchi di sedurmi. Come faccio a credere che tu sia sincera?-
-Dovevo farlo. Non eravamo soli, non potevo parlarti con franchezza davanti ai miei colleghi. Ero sincera quando ho detto di essere attratta da te, controlla se vuoi.-
Logan mosse una mano verso le cosce della donna. La pelle era morbida e liscia, i muscoli sodi. Con due dita scostò il bordo del perizoma raggiungendo le labbra che trovò umide. Mosse lentamente le dita sulla fessura penetrandola con il medio. Era bagnata e ricettiva, l’eccitazione che provava non era finzione. Come il suo dito affondò nella vulva Zoe sospirò stringendo con forza il cazzo, che cominciava a raggiungere la piena erezione. La donna lo eccitava, ma cercò di mantenere un minimo di razionalità.
-Questo &egrave vero, ma sono sicuro che ci sia dell’altro. Non sei venuta a cercarmi solo per una scopata, cosa vuoi da me?-
-Ti prometto che ti spiegherò tutto dopo.-
Prima che Logan potesse ribattere la donna si lasciò cadere in ginocchio. Il tocco umido e delicato delle labbra attorno al suo glande anticiparono quello morbido della lingua. Zoe lo succhiò con avidità e passione ignorando il gusto di urina che sicuramente doveva essere rimasto sul glande. Senza mai smettere di succhiarlo gli abbassò i pantaloni e lo invitò a sbottonarsi la camicia.
Logan abbandonò completamente l’idea di resistere. Buttò la giacca sul lavandino e slacciò freneticamente i bottoni della camicia. Quando finalmente il petto fu nudo Zoe alzò lo sguardo verso di lui guardandolo soddisfatta mentre si spingeva in avanti fino ad arrivare a toccare con il naso il suo pube. La semplicità con cui si era infilata tutto il suo cazzo in gola stupì Logan: sapeva di avere dimensioni ben superiori alla media, soprattutto come lunghezza, ed erano state pochissime le donne in grado di praticargli un gola profonda.
Zoe rimase per diversi secondi in quella posizione senza staccare lo sguardo dai suoi occhi. Portando le mani dietro la schiena slacciò il gancio del reggiseno sfilandoselo e gettandolo lontano, quindi arretrò lasciando uscire il membro dalla bocca. Logan trovava eccitante il viso congestionato dalla mancanza di respiro e dallo sforzo di trattenere i conati di vomito, ma i seni finalmente nudi attirarono il suo sguardo. I quarant’anni di Zoe naturalmente facevano sentire l’effetto della forza di gravità, ma anche se leggermente cadenti erano due seni straordinari.
Zoe inarcò la schiena e si mosse in avanti infilando il membro nel solco tra i seni, che premette uno contro l’altro schiacciandoli con le mani.
-Hai un gran bel cazzo.- Disse la donna invitandolo a muovere il pube. -Non ne ho visti molti come il tuo.-
-Ne hai visti tanti?- Logan si appoggiò con una mano al muro e cominciò a muoversi avanti e indietro.
-Più di quanti tu possa immaginare, non sei l’unico ad avere segreti.-
Logan chiuse gli occhi per non vedere lo sguardo indagatore della donna. Ancora una frase che alludeva ai suoi segreti. Era chiaro che Zoe sapesse. Non capiva come avesse scoperto il suo segreto, ma era sicuro che sapesse. Aveva bisogno di pensare, ma il massaggio delle mammelle sul suo cazzo era troppo piacevole per concentrarsi. Era la migliore spagnola della sua vita, le tette di Zoe erano sode e morbide allo stesso tempo, non avevano nulla da invidiare a quelle di una ragazza di vent’anni più giovane.
Con un enorme sforzo di volontà Logan si fermò. Prese le mani di Zoe facendola alzare e schiacciandola contro il muro, abbassandosi cercando la sua bocca mentre le mani si stringevano sui seni. Sentì Zoe gemere per il dolore, ma la foga con cui la donna rispose al bacio gli confermò quanto gradisse quel tipo di approccio. Si chinò sui seni affondando il volto tra le mammelle. Le sue dita stringevano i capezzoli strappando alla giornalista nuovi gemiti.
Zoe doveva essere abituata a comandare a letto. Era tutt’altro che una bambola docile nelle sue mani, cercava continuamente di riprendere il controllo. Ma Logan era più alto e aveva allenato il suo fisico nei due anni in cui era stato lontano da V-City. Un addestramento più duro di quelli delle forze speciali lo aveva trasformato in una vera e propria macchina da guerra.
Vincendo la resistenza della donna la fece voltare verso il muro schiacciandola con il suo peso. Quando Zoe smise di lottare si inginocchiò abbassandole il perizoma. Zoe rimase immobile mentre le mani di Logan le allargavano le natiche e il viso raggiungeva il suo sesso. L’odore della sua eccitazione era forte e inebriante. Logan passò la lingua dal clitoride all’ano e ritorno per diverse volte, soffermandosi a lungo sul forellino posteriore.
Scivolando seduto tra le gambe della donna concentrò il tocco della lingua sul clitoride, mentre il dito medio si spingeva nell’ano. Zoe reagì alla penetrazione spingendo verso di lui per farlo entrare più a fondo. Il suo culo era stretto ed elastico, sicuramente abituato ad essere penetrato.
Logan la portò a un passo dall’orgasmo prima di fermarsi.
-Sei un bastardo.- Commentò la donna che pregustava il momento in cui avrebbe raggiunto l’apice del piacere. Il suo tentativo di girarsi venne bloccato da una mano di Logan sulla schiena.
-Pensavo che volessi scopare, ma se hai cambiato idea lascio stare.- Disse lui sfregando il glande contro le grandi labbra.
-Saresti DAVVERO un bastardo. Certo che voglio scopare.-
Logan allontanò il cazzo, sempre tenendola ferma con una mano.
-Potrei fermarmi e obbligarti a dirmi tutto quello che voglio sapere.- Rispose Logan allontanando il cazzo.
-Logan, &egrave un discorso lungo.- La voce della donna esprimeva l’urgenza del suo desiderio. -Ti prometto che parleremo di tutto, ma ora scopiamo. Ne abbiamo voglia entrambi, so benissimo che non vedi l’ora di fottermi e di incularmi.-
Era vero. Logan fremeva dal desiderio di possederla, l’attrazione nei confronti di quella donna era stata fortissima fin dall’inizio. Ma non era solo l’attrazione fisica a spingerlo a lasciarsi andare, era come se qualcuno o qualcosa gli stesse dicendo che doveva farlo. Aveva la sensazione che Zoe dovesse ricoprire un ruolo importante nella sua vita.
Piegò le ginocchia e spinse a fondo. Zoe gemette per la sorpresa di quella penetrazione improvvisa e quasi violenta. Logan la prese per i fianchi imprimendo subito al suo pube un movimento regolare e rapido, trasformando in brevissimo tempo i gemiti in urla. Zoe urlò senza trattenersi per il piacere dell’orgasmo, contraendo in maniera convulsa i muscoli vaginali regalando a Logan un piacere estremo. Se fosse stato più vicino al punto di non ritorno sarebbe riuscito difficilmente a resistere, ma fortunatamente era ben lontano da quel momento: sarebbe stato piacevole godere nella figa di Zoe, ma Logan aveva altri progetti.
Continuò a muoversi lentamente prolungando in maniera indefinita l’orgasmo che stava provando Zoe, rallentando asintoticamente la velocità dei suoi movimenti fino a sfilarsi di colpo.
Zoe appoggiò la testa al muro ansimando, le ginocchia molli per il piacere provato. Logan poteva vedere le sue cosce umide per le abbondanti secrezioni vaginali, ma il suo sguardo continuava ad essere attratto dalla piccola rosellina dell’ano. La vita e i fianchi di Zoe non erano perfetti come quelli della figlia ma il culo era sodo e invitante. La giornalista doveva passare diverse ore a settimana in palestra, il suo fisico non era quello di una quarantenne.
Pose le mani sulle natiche allargandole, quindi appoggiò il glande contro lo sfintere. Zoe si irrigidì per un istante, quindi appoggiò la testa contro il muro chinando il busto in avanti per agevolare la penetrazione.
-Non avevi l’aria di una a cui piace farsi inculare contro un muro.- Commentò Logan spingendo. Lo sfintere si dilatò accogliendo il suo glande, seguito da tutta l’asta. La pressione delle pareti intestinali sul suo membro era forte ma estremamente piacevole, persino meglio delle sensazioni che gli aveva regalato la vagina. I muscoli erano allenati ad accogliere quel tipo di penetrazione, ma al tempo stesso opponevano una certa resistenza. -Sembri più una donna a cui piace dominare gli uomini.-
-Credo che ti stupiresti molto se mi conoscessi veramente. Ma non sei lontano dalla verità, non mi lascio trattare così da molti uomini.-
-Dovrei essere lusingato?-
-Non sai quanto…-
Logan prese le tette della donna tra le mani stringendole per darsi la spinta. La inculò con forza, incoraggiato dagli incitamenti della donna. Zoe non aveva esagerato quando aveva scherzato sulle sue urla. Era una donna che si lasciava andare completamente, se quell’appartamento non fosse stato isolato e i due appartamenti vicini avessero avuto ospiti avrebbero rischiato di sentirla. Non avrebbe mai pensato che quella giornalista sofisticata che l’aveva schernito durante l’intervista potesse lasciarsi andare così violentemente. Aveva goduto almeno due volte, con l’aiuto delle sue dita o solo grazie alla stimolazione del cazzo nel suo retto. Logan non riusciva più a trattenersi: accelerò i movimenti spingendo sempre più a fondo, finch&egrave non iniziò a eiaculare nel culo della donna.
-Sì, sborrami nel culo!- Lo incitò lei inarcando la schiena. -Riempimi con la tua sborra calda!-
Logan eseguì gli ordini con piacere. Ormai aveva abbandonato ogni remora, stava solo pensando a scaricarsi nell’intestino della donna. Quando finalmente si sfilò vide un rivolo di sperma uscire dall’ano di Zoe, un’immagine sensuale ed eccitante.
-Devo ammettere che la tua fama &egrave meritata.- Disse la donna voltandosi. Il suo volto era congestionato per il piacere e il respiro corto. -Adesso possiamo parlare, ci mettiamo comodi sul divano?- Zoe mostrava una serenità ammirevole. Era seduta nuda di fronte a lui, incurante dello sperma che le usciva dal culo andando ad imbrattare il divano. Logan prese nota che avrebbe dovuto farlo rifoderare, una spesa trascurabile per la compagnia di cui era erede.
-Allora, per quale motivo volevi parlarmi a tu per tu?- Chiese alla fine rompendo il silenzio per primo. -Hai ammesso che non era solo per farti scopare.-
-Confermo, anche se a posteriori la scopata da sola sarebbe stata un’ottima motivazione.- La donna si interruppe per qualche secondo. -La verità &egrave che ho sempre preso le decisioni sbagliate nei miei rapporti con gli uomini, come intuirai visto che ho avuto tre mariti. Il padre di Trish era un uomo eccezionale, ma non sopportavo che fosse sempre in giro per il mondo e l’ho lasciato. Il secondo non te lo nomino nemmeno: un debole con il vizio del gioco, non so nemmeno che fine abbia fatto. Quando mi sono messa con Paul Randall cinque anni fa ero scettica.-
-Perché era l’editore e il direttore del tuo giornale?-
-Esatto. Ma non era solo per quello che non mi sentivo sicura. Credevo che a trentasei anni non sarei riuscita a trovare un uomo che comprendesse chi ero e assecondasse i miei desideri.-
-E invece?-
-E invece Paul era perfetto.- Zoe si fermò scuotendo la testa. -Peccato che abbia scoperto che ha sempre tradito la mia fiducia nel modo peggiore.-
-Hai scopato con me perch&egrave lui scopa con altre donne?-
-No, non intendevo quello. So benissimo che ha delle amanti e lui sa che io ho degli amanti. Abbiamo un rapporto aperto, che non si limita a chiudere un occhio sui reciproci tradimenti.-
-Capisco. Parlavi di questo quando hai detto che cercavi un uomo che assecondasse i tuoi desideri?-
-Sembri stupito.-
-Non dovrei in effetti. Che un uomo ricco come Randall non si accontenti di un rapporto tradizionale potevo aspettarmelo, ma devo ammettere che non sembravi la donna da scambi di coppia o rapporti a tre.-
-Se &egrave per questo ho fatto ben altro.-
Il sorriso malizioso della donna accese la curiosità di Logan, ma immaginava che non si fosse fatta portare lì per parlare delle sue esperienze sessuali.
-Spero che approfondiremo in un secondo momento. Ma se non si parla di sesso in che modo ha tradito la tua fiducia?-
Zoe chinò il capo in un cenno d’assenso.
-Mi fa piacere che non ti sia distratto. Come sai bene sono una giornalista investigativa, mi occupo di cronaca e cerco di parlare dei veri mali che affliggono questa città.-
-Per alcuni dei tuoi colleghi sono le persone come me e i miei amici i mali di questa città.-
La voce di Logan era carica di amarezza. Zoe annuì, comprensiva.
-Ipocriti, vero? Io parlo di quelli che fanno girare i soldi. Che si arricchiscono alle spalle della povera gente mentre chi dovrebbe fare rispettare la legge guarda dall’altra parte. Pare che io fossi piuttosto brava come cronista investigativa.-
-Dicono che fossi la migliore. Ma so che Randall ti ha vietato di continuare con questo genere di articoli dopo che ti sono state inviate alcune lettere contenenti dei proiettili.-
-Ho smesso di scrivere gli articoli, ma ho continuato con le mie indagini.- Rispose la donna mordendosi nervosamente il labbro. -In segreto, per non mettere in pericolo Randall. Sto compilando un dossier con quello che ho scoperto su personaggi apparentemente insospettabili, persone che sono considerate al di sopra di ogni sospetto ma che mirano a sostituire la cupola che controlla la criminalità organizzata oggi. Il loro obiettivo &egrave un controllo sottotraccia, lontano dai riflettori ma capillare.-
Logan comprese quello a cui voleva arrivare la donna. Si sporse in avanti ascoltando con crescente interesse. Non aveva intenzione di ammettere di essere il Cacciatore Nero, ma quello era il suo campo.
-Hai il sospetto che Randall sia coinvolto?-
-Ne ho la certezza.- Zoe si coprì la bocca con le mani. Probabilmente aveva cercato di convincersi di essersi sbagliata, ammetterlo ad alta voce doveva essere doloroso e liberatorio allo stesso tempo. -Sono sicura che mi menta. Ho le prove di sue frequentazioni abituali con persone che mi ha detto di non conoscere, e nel suo computer ho trovato mail che confermano la mia teoria.-
-Hai spiato il tuo compagno? Se davvero &egrave coinvolto in questa pseudo cospirazione potrebbe essere pericoloso.-
-Sono brava a impersonare la compagna che pende dalle sue labbra e dal suo uccello. Randall mi ha dato la realizzazione sessuale che ho sempre cercato, crede che questo sia sufficiente per controllarmi come una bambolina. Crede di potere disporre totalmente di me in quanto mio capo e amante, &egrave un uomo dall’ego troppo sviluppato per accettare il contrario.-
Logan si abbandonò contro lo schienale della poltrona prendendo un respiro. Era il momento della domanda più pericolosa, se la risposta fosse stata quella sbagliata avrebbe dovuto prendere una decisione fondamentale per il suo futuro.
-E perch&egrave racconti tutto questo a me? Dovresti parlarne alla mia amica Jennifer Nichols. Io mi occupo di feste, non di criminali.-
-Tu no, ma il Cacciatore Nero sì.-
-E io cosa c’entro?- L’aria si era fatta improvvisamente elettrica. Zoe lo fissò a lungo in silenzio prima di parlare.
-Non serve mentire, Logan. Io sono dalla tua parte. Hai detto tu che sono la migliore nel mio lavoro. Se lo sono &egrave perch&egrave ho i contatti giusti e so fare i collegamenti tra fatti apparentemente slegati tra loro. Per esempio ho scoperto che eri in città già tre mesi prima del tuo ritorno ufficiale, esattamente un mese prima della comparsa del Cacciatore.-
-Questo non vuol dire nulla.-
‘Certo. Come da solo non vuol dire nulla il magazzino negli Old Docks che hai acquistato tramite un gioco di scatole cinesi perch&egrave non si risalisse al tuo nome, o l’improvviso trasferimento di due dei tecnici più brillanti che la Sanderton Corporation prestava all’esercito e non si sa per chi lavorino adesso, si sa solo che il loro file &egrave top secret. Potrei andare avanti, Logan… non ci sono prove, nessuna delle persone che mi ha fornito le singole testimonianze lo ripeterebbe in tribunale e nessuna di loro ha la visione d’insieme. Alcuni non sanno nemmeno di avere parlato con te. L’hai studiata bene, nessuno penserebbe a te. Nessuno tranne me.-
Logan prese una penna facendola roteare tra le dita. Dall’indice al mignolo e dal mignolo all’indice, con lentezza esasperata.
-Se veramente fosse come dici saresti in pericolo. Non credi che un uomo come il Cacciatore sarebbe disposto ad uccidere per proteggere la sua identità? Dopotutto &egrave un criminale, hai sentito le dichiarazioni del Procuratore.-
-Quelle del Procuratore sono stronzate. La gente che controlla questa città &egrave al di sopra della legge. O’hara e la tua amica sono onesti e in gamba, ma queste persone godono di troppe protezioni per essere sconfitte giocando secondo le regole. Prima o poi O’hara e la Nichols falliranno o verranno eliminati, puoi esserne sicuro. L’unico modo per eliminare quella gente &egrave operare al di fuori della legge, esattamente quello che stai facendo tu. Hai ragione, potresti uccidermi qui e farmi scomparire, ma non lo farai perché siamo dalla stessa parte. Mi fido di te e sto cercando di convincerti che stiamo combattendo la stessa battaglia.-
-Facciamo finta che io sia veramente il Cacciatore Nero e decida di fidarmi di te. Cosa devo pensare del tuo tentativo di sedurmi? Semplice attrazione o faceva parte di un piano?-
Zoe gli rivolse uno sguardo malizioso.
-Tentativo perfettamente riuscito direi. In ogni caso l’una e l’altra. Sono sincera quando dico che mi attrai sessualmente. Credo che direbbe lo stesso qualunque donna eterosessuale dotata di occhi. Ma perché possiamo collaborare &egrave necessario che diventiamo amanti.-
-Spiegati, non ti seguo.-
-Dobbiamo giustificare i nostri futuri contatti. Non possiamo inventarci un’intervista esclusiva ogni volta che dobbiamo parlare, giusto?-
-Questo &egrave vero.-
-Mio marito sa che anche io ho un paio di amanti più o meno occasionali, così come lui. Dandogli le prove di una nostra relazione sessuale potremmo incontrarci quando vogliamo e anche fornirci alibi reciproci.-
-Per esempio potresti dirgli che sei con me quando vai a parlare con i tuoi informatori.’
-E sarei sicura di non essere tradita da te. E viceversa.-
Logan sorrise, quindi si sporse in avanti.
-Se fossi il Cacciatore accetterei la tua proposta, ma purtroppo non sono lui. Tuttavia forse posso fargli arrivare i tuoi messaggi.-
Zoe lo fissò divertita.
-Mi sembra ottimo, ma a due condizioni.-
-Quali?-
La donna si spostò sedendosi a cavalcioni sulle sue gambe, il suo sesso appoggiato al membro di Logan
-Il punto relativo alla nostra relazione sessuale deve rimanere valido. Pensi che il Cacciatore sarà d’accordo? Non vorrei che fosse invidioso di te, visto che l’accordo lo riguarda.-
La risposta di Logan morì sulle labbra della donna. Furono le mani a rispondere al posto suo. Attirò a sé Zoe muovendole su tutto il corpo, passando dai seni alle natiche e alle cosce per poi tornare ancora ai seni. La donna succhiava e leccava voluttuosamente la sua lingua come se stesse simulando un pompino. Muovendo il bacino come una danzatrice usava la vulva per massaggiargli il cazzo, che presto fu di nuovo eretto.
Zoe si appoggiò con le mani sulle sue spalle sollevandosi di qualche centimetro, sempre senza smettere di baciarlo. Logan la guardò divertito mentre muoveva il bacino cercando di impalarsi sul suo membro senza usare le mani. I tentativi andarono a buon fine dopo pochi secondi: Zoe spalancò gli occhi sospirando mentre il cazzo affondava completamente all’interno del suo corpo.
-Un bel giochetto.- Commentò Logan stringendole i seni.
-Ne ho tanti da farti provare.-
Zoe attirò la testa di Logan verso i suoi seni, affondandola tra le mammelle mentre iniziava a muoversi. Alternava movimenti su e giù a movimenti rotatori, con un controllo del bacino degno di una danzatrice del ventre. Logan lasciò che questa volta fosse lei a condurre il gioco. Leccò e baciò i seni gonfi e sodi a cui era appoggiato, strappando gemiti sempre più forti alla donna.
L’orgasmo arrivò quasi simultaneamente. Sentì le unghie della donna piantarsi nella sua schiena mentre lo sperma le riempiva il ventre. Quando Zoe gli tirò indietro la testa per baciarlo gli occhi della donna erano cerulei. Si baciarono a lungo prima che Zoe si sfilasse abbandonandosi ansimante sul divano.
-Se non fosse tardi ricomincerei anche ora.- Commentò accarezzandogli il membro con un piede.
-Non credo che riuscirei a starti dietro.-
-Non ti sminuire, sono sicura che con qualche minuto di riposo saresti pronto a ricominciare, e poi penso che sarei in grado di fartelo rizzare.-
Logan alzò le mani in segno di resa.
-Immagino di sì, ma come dici tu &egrave tardi. Prima parlavi di due condizioni, qual &egrave la seconda?-
Zoe si alzò andando a recuperare la biancheria intima e l’abito. Era sexy anche mentre si rivestiva.
-Non lo immagini? Voglio che tu stia lontano da mia figlia. Anzi, per essere chiara: non voglio che tu te la scopi. Ho visto come la guardavi e come ti guardava lei.-
-Pensavo avessi smesso di considerarmi un cattivo ragazzo.-
-Se vuoi proteggere il tuo segreto devi continuare ad esserlo. E non voglio che si innamori di un uomo che rischia la vita combattendo i criminali. Hai tante donne da portarti a letto oltre a me. Lei lasciala stare. Non voglio che pianga la morte di sua madre e del suo fidanzato se qualcosa va storto.-
Logan smise per un attimo di allacciarsi la camicia.
-Forse hai ragione. Cercherò di tenerla lontana, ma &egrave un peccato. Non mi sono mai scopato madre e figlia.-
La donna gli rivolse uno sguardo di fuoco, poi scoppiò a ridere.
-Ti ho già detto che sei un bastardo? Comunque scordatelo, dovrai accontentarti della madre. Ti assicuro che non te ne pentirai.-
-Le premesse sono buone.-
Lo erano veramente. Era convinto di avere grattato solo la superficie di quello che era il sesso con Zoe, probabilmente avrebbe potuto scavare a lungo e con soddisfazione. Soprattutto la donna gli aveva lasciato campo libero, non aveva accennato a parole tipo ‘relazione stabile’ o ‘fedeltà’. Era il vantaggio di avere come amante una donna più anziana e che era già stata sposata due volte. Aveva fatto bene a fidarsi. Era sicuro che la giornalista fosse sincera e non avrebbe mai tradito la sua identità, stavano veramente combattendo la stessa battaglia.

V-City, notte tra 1 e 2 luglio 2014
-Parla il procuratore O’Hara.-
Sebastian O’Hara aspettava da settimane la telefonata da quel numero. La polizia sapeva da oltre tre anni che molti dei personaggi più influenti della criminalità organizzata ruotavano attorno a Vincenti. Diversi dei criminali che dopo l’arresto avevano deciso di parlare lo avevano descritto come un’autorità super partes riconosciuta da tutte le fazioni della Cupola.
I suoi locali erano un esempio di trasparenza e di calma. Non erano mai stati sfiorati da indagini relative a spaccio di droga o prostituzione minorile. Anche le leggi sul lavoro e sulla sicurezza erano rispettate scrupolosamente, casi quasi unici a V-City. Allo stesso modo, nonostante alcuni dei locali fossero frequentati da pregiudicati, non si erano mai verificati episodi violenti ad eccezione di qualche rissa tra ubriachi prontamente sedata dai buttafuori. Era come se nel suo territorio esistesse una sorta di tregua delle armi: più di un testimone aveva descritto i suoi locali più esclusivi, ovvero il Devil’s Kiss e il ristorante Chez Maxime, come teatro neutrale di incontri tra fazioni rivali o tra boss. Sebastian sapeva che molti degli uomini nel mirino delle sue indagini erano frequentatori abituali di quei due locali, quindi era molto probabile si incontrassero anche solo occasionalmente. Ciò che rendeva Vincenti particolare era la sua fedina penale immacolata. Nonostante lavorasse in un settore al limite della legalità Vincenti aveva a suo carico solo due multe per divieto di sosta ed una per eccesso di velocità risalente a cinque anni prima. Decisamente poco visto che era considerato l’uomo che gestiva l’importazione delle droghe sintetiche dall’Europa dell’Est, droghe che poi venivano distribuite dalle diverse famiglie a V-City e in tutto il Nord America. I suoi incontri con personaggi legati al traffico internazionale di droga erano noti e documentati, ma al massimo si poteva arrivare a ipotizzare un’attività di intermediazione, nessun movimento di denaro poteva condurre a quel traffico.
O’Hara era convinto che facendo parlare Vincenti avrebbe potuto far crollare tutto il castello su cui si reggeva la criminalità organizzata di V-City. I suoi tentativi di incastrarlo erano però stati fermati sul nascere. Tra i frequentatori del Devil’s Kiss e di Chez Maxime c’erano deputati, direttori di testate giornalistiche e membri di spicco delle forze dell’ordine, tutti uomini che lo consideravano un amico e che avrebbero giurato sulla sua estraneità da ogni reato. O’Hara aveva persino subito pressioni da parte del Governatore, che lo aveva invitato a rivolgere le sue indagini in altre direzioni. Naturalmente anche il Governatore era stato visto tra i frequentatori del Devil’s Kiss. O’Hara aveva distrutto personalmente le foto scattate durante un appostamento, durante il quale il Governatore era stato visto entrare nel locale e uscirne in compagnia di due transessuali. Vincenti aveva capito che il gotha della criminalità organizzata e quello della V-City onesta avevano in comune il desiderio di trasgressione, e lui era l’offerta che rispondeva a quella domanda.
Anche gli uomini e le donne che lavoravano al Devil’s Kiss erano un muro di gomma. Se la polizia li interrogava erano tanto cortesi quanto inutili per le indagini. Aveva dovuto estromettere dalle indagini più di un uomo dopo avere scoperto che aveva iniziato una relazione sessuale con qualche ragazza (o uomo, in un caso) a libro paga di Vincenti. L’uomo era particolarmente attento alla fedeltà di chi lavorava per lui. Gli uomini, le donne e i transessuali che si esibivano nel suo locale erano prostitute di lusso che erano disponibili su richiesta per i suoi clienti più importanti, in uno scambio di favori che lo rendeva uno degli uomini più importanti della città. Chiunque di loro provasse a mettersi in proprio, provando a vendere informazioni o fotografie compromettenti di qualche pezzo grosso, veniva fatto sparire. In nessuno dei casi di sparizione era mai stato ritrovato il corpo, quindi non era mai stata formulata anche una sola accusa di omicidio. Tuttavia non c’erano dubbi che, se non direttamente Vincenti, i boss a cui era legato fossero coinvolti.
Era questo il motivo per cui non aveva detto a nessuno dell’operazione che aveva messo in piedi con la polizia canadese.
-Potete procedere.- Le due parole davano il via all’operazione. In quel momento si stava giocando la carriera: aveva appena dato il via ad un’operazione di forze militari straniere sul territorio americano. Non conosceva né i nomi né i volti dei cinque uomini e donne che avrebbero provato a infiltrarsi al Devil’s Kiss. Sapeva solo che da un anno stavano costruendo la loro copertura e i posti dove avrebbe ritirato le informazioni che eventualmente sarebbero riusciti a recuperare.
-Che Dio assista quei ragazzi.- Mormorò mentre tornava al tavolo sorridendo a Jennifer. Sapeva che per molti quello che stava facendo era immorale: in nome di quello che per i loro superiori era un bene superiore quei giovani avrebbero concesso il proprio corpo a sconosciuti, spesso persone spregevoli. Il suo contatto gli aveva assicurato che erano tutti volontari e che erano psicologicamente preparati, ma si poteva essere preparati a qualcosa che non si conosceva? 5 luglio ‘ Luogo indefinito nei pressi di V-City

Pluc. Pluc. Pluc.
Il rumore della gocce sul vetro si stava facendo sempre più rado e leggero, segno che stava smettendo di piovere. Era stato un tuono a svegliarla pochi minuti prima. Non avrebbe saputo dire quanti, non era nemmeno in grado di dire se fosse giorno o notte, immersa nell’oscurità com’era.
Sapeva solo che aveva un cappuccio sulla testa che le impediva di guardarsi attorno, del nastro adesivo sulla bocca e che si trovava appesa per i polsi come un salame. Era anche nuda, almeno a giudicare dall’aria che ogni tanto le accarezzava i seni o il pube. I piedi erano tenuti larghi da altre catene, era completamente esposta a chiunque entrasse in quel luogo.
Jennifer Nichols sapeva di essere in un bel guaio. Ricordava solo che lei e Ian erano arrivati al cottage dove avevano programmato di passare il weekend, un weekend che avrebbe dovuto essere dedicato a sesso e relax e che invece era evidentemente degenerato. L’ultima cosa che ricordava era il box doccia. Era entrata per lavarsi dopo avere bevuto un bicchiere di champagne, ma da quel momento non ricordava nulla. Sentiva solo un dolore alla nuca, come se fosse stata punta con un lungo ago.
Non c’erano dubbi che fosse stata rapita, ma era l’unica cosa di cui poteva essere sicura. Non sapeva nemmeno se era lei il principale obiettivo dei rapitori: Ian era un uomo facoltoso e in vista, l’ideale per un riscatto. Senza contare i nemici che si era fatto finanziando lo studio Fenson & Harald. In un modo o nell’altro erano entrambi nel mirino di gente molto pericolosa. In realtà non riteneva possibile che gli uomini della Cupola fossero così stupidi da commettere un errore del genere. Se fosse successo qualcosa a lei o O’Hara la polizia avrebbe usato metodi leciti e illeciti per farla pagare ai mandanti. Quindi probabilmente l’obiettivo era Ian, e lei si era trovata in mezzo’ ma che fine aveva fatto il suo uomo? E perché i rapitori l’avevano spogliata e appesa come un salame?
Un rumore a pochi metri da lei interruppe il flusso di pensieri. Sembrava il rumore di una porta automatica a chiusura ermetica, come se si trovasse in una sorta di laboratorio. Trattenne il fiato sentendo i passi di due persone che si avvicinavano.
-Ben svegliata signorina Nichols.- Era una voce maschile, bassa e priva di accento. Non ricordava di averla mai sentita. -Ci dispiace averla dovuta bendare e imbavagliare, ma &egrave necessario per verificare il corretto funzionamento del dispositivo che le abbiamo impiantato.-
Dispositivo? Di cosa stavano parlando?
-Non abbiamo intenzione di fare del male né a lei né al signor Stratton, ma deve restare tranquilla e non reagire. Chloe, proceda pure. Attivo l’EISC al 20%.-
Jennifer non capiva di cosa stesse parlando l’uomo. Non aveva mai sentito parlare di quell’EISC, poteva avere a che fare con il dolore alla testa? Forse le avevano messo qualcosa nel cervello, ma per quale motivo?
Dopo pochi secondi sentì il battito cardiaco accelerare leggermente. Il cuore cominciava a pompare sangue più rapidamente, prima in maniera impercettibile poi più evidente. Era una sensazione tutto sommato piacevole, come se il suo organismo stesse producendo endorfine o fosse stata drogata. Si rese conto che i capezzoli si stavano indurendo in maniera quasi dolorosa. Anche la vulva si stava bagnando e ogni centimetro della sua pelle si faceva più sensibile.
-Sembra funzionare.- Questa volta la voce era femminile, probabilmente della donna chiamata Chloe. Proveniva da pochi centimetri di distanza, come se la donna stesse osservando le reazioni del suo corpo.
-Passo al 30%. Lei proceda con la stimolazione.-
-Con piacere.- La donna accostò le labbra al suo orecchio. -Non agitarti, ti assicuro che sarà estremamente piacevole.-
Jennifer respirava come dopo una corsa. Era eccitata come la prima sera che aveva fatto l’amore con Ian, nonostante si trovasse legata e bendata davanti a sconosciuti. La sua mente continuava a visualizzare le sue fantasie erotiche più nascoste, come se quel dispositivo le stesse liberando. Era veramente quello o le avevano fatto inalare un qualche tipo di afrodisiaco? Le dita della donna si appoggiarono sui suoi fianchi facendola rabbrividire. Era una sensazione quasi dolorosa, voleva che la donna la accarezzasse ma al tempo stesso non poteva restare passiva. Cercò di divincolarsi, ma le catene le consentivano solo minimi movimenti.
-Cerchi di calmarla signor Stratton.-
Jennifer si bloccò. Ian era lì in quella stanza? Era anche lui legato in quel modo o lo costringevano a guardare?
-Jen, calmati. Sto bene, non mi hanno fatto del male e non ne faranno nemmeno a te. Ascolti, se si calma le potete togliere il nastro dalla bocca?-
-Si può fare, ma deve stare tranquilla.-
-Hai sentito Jen? Io non sono bendato, vedo cosa ti stanno facendo’ non vogliono farti del male. Lasciati andare alle sensazioni che provi, non puoi combatterle.-
Erano le parole di cui aveva bisogno. Era sempre più difficile resistere, il suo corpo bramava il contatto con le dita e le mani di quella donna. Non aveva mai provato nulla del genere. Si lasciò andare di colpo rilassandosi e abbassando il capo in segno di resa.
-Brava, non te ne pentirai.- La donna si avvicinò infilando le mani sotto il cappuccio e strappandole delicatamente il nastro. Jennifer prese un profondo respiro. Sentiva la pelle umida per il sudore nonostante la stanza fosse evidentemente climatizzata.
-Ian, stai bene? Ti hanno fatto del male?-
-Io sto bene, ma adesso non parlare. Ti spiegherò tutto dopo.-
Le mani della donna si posarono nuovamente sulla pelle sudata dei suoi fianchi. Jennifer non riusciva più a pensare, l’unica cosa che contava in quel momento erano gli stimoli che le mandavano il suo cervello e le zone erogene. Le dita iniziarono a muoversi lungo il suo corpo come un pennello intento a disegnare un quadro. Prima salirono lungo la pancia fino ad arrivare ai seni, accarezzandoli e soppesandoli per poi giocare con i capezzoli tesi al limite dello spasimo. Ormai Jennifer desiderava solo che la stimolazione raggiungesse il centro del suo piacere. Voleva venire, aveva bisogno di arrivare all’orgasmo per scaricare la tensione che si stava accumulando.
Le dita della donna scesero lentamente fino ad arrivare alle cosce tenute spalancate. Se avesse potuto le avrebbe allargate ancora di più per invitare la donna.
-Sì, ti prego’-
Finalmente le mani sapienti raggiunsero il suo sesso: sfiorarono le labbra allargandole e accarezzandole prima di giocare brevemente con il clitoride. Chloe sapeva come tenerla sulla corda: lasciò il clitoride scendendo lungo la fessura fino a raggiungere l’ano, giocando con il muscolo prima di tornare alla vulva infilando un dito per tutta la sua lunghezza. Il contatto della lingua con le sue grandi labbra le fece lanciare un gemito disperato. Le sue uniche esperienze omosessuali risalivano agli anni del college, ma in quel momento non le importava che fosse un uomo o una donna a darle piacere.
-Continua, non ti fermare’ anche con le dita.-
Non riusciva a credere di avere veramente pronunciato quelle parole. Qualunque cosa le avessero fatto mentre era incosciente, il bisogno che sentiva in quel momento era irresistibile. Le dita della donna allargarono le grandi labbra facendo entrare il medio. Il tocco umido della lingua sul clitoride le mozzò il respiro. Si stava facendo leccare il sesso da una sconosciuta, da una donna che probabilmente era tra i suoi rapitori, ma stava per godere. La donna la portò al limite dell’orgasmo quindi si allontanò.
-No.- La parola uscì dalla sua bocca come una supplica. La donna si era bloccata proprio quando era sul punto di darle ciò di cui aveva bisogno per soddisfare quel bisogno impellente che la tormentava. -Perché ti sei fermata?-
Senza rispondere la donna le sfilò il cappuccio. Jennifer impiegò qualche secondo per abituarsi nuovamente alla luce. Da quando si era svegliata non aveva visto altro che un’oscurità totale, l’illuminazione della stanza in cui si trovava era dolorosa.
Quando finalmente riaprì gli occhi sentì il sangue gelarsi. Quello che si trovava davanti era il volto di Ian, ma non era l’uomo di cui si era innamorata. I suoi capelli erano scomparsi, gli occhi freddi e la bocca aperta in un sorriso di scherno. Comprese immediatamente che si era trattata di una farsa, che era stata ingannata fin dal momento in cui si era svegliata, probabilmente dal momento in cui aveva incontrato Ian.
-Non eri prigioniero anche tu’-
L’uomo si voltò sorridendo verso la donna che aveva masturbato e leccato Jennifer. Era una donna alta, con i capelli biondo platino che scendevano fino a metà schiena e i seni prorompenti, frutto sicuramente della chirurgia plastica. I suoi lineamenti erano decisi ma attraenti, anche se c’era qualcosa di strano in lei.
-Vedi, mia cara? Non &egrave solo bella, &egrave anche intelligente. Sono sicuro che vi divertirete assieme.-
La donna sorrise accarezzandole il volto.
-Certo che non era prigioniero. E’ stato lui a drogarti e a portarti qui.-
-E sono stato io a operarti e infilarti nel cervello quel gioiello della nanotecnologia che hai appena avuto modo di provare. Dalla tua reazione sembra che il mio regalo ti sia piaciuto.-
Lo sforzo per rimanere calma in quella situazione era immane, ma non si poteva permettere di perdere la calma. Non prima di avere raccolto più informazioni possibili su ciò che le stava succedendo.
-Che cosa mi hai fatto? Di che dispositivo parli?-
-L’EISC &egrave un dispositivo che tramite impulsi elettrici &egrave in grado di controllare gli stimoli che il cervello manda al tuo corpo. In poche parole possiamo generare a comando sensazione fame o inappetenza, freddo o caldo, ma soprattutto di controllare il tuo desiderio sessuale.-
Questo spiegava la reazione del suo corpo. E l’effetto era solo al 40%. A questo punto la domanda importante era un’altra. -Perché lo hai fatto? Avresti potuto avermi senza problemi, non credo che tu lo abbia fatto solo per farmi scopare con la tua ragazza.-
Ian si avvicinò accarezzandole il ventre. Il contatto con le dita dell’uomo la face rabbrividire.
-Principalmente mi hanno pagato per farlo. Sembra che tu stia diventando un problema per alcune persone: il mio lavoro &egrave eliminare le persone problematiche.-
-Sei un killer?-
-Anche. Ma non ti preoccupare, chi mi paga non vuole fare di te una martire. Ti spiegherò tutto dopo’ adesso voglio divertirmi con la mia creazione. Chloe, perché non ti spogli?-
Jennifer chiuse gli occhi. Sapeva benissimo di non avere nessuna possibilità di resistere. Il dispositivo era a meno della metà della sua potenza, eppure sentiva il ventre fremere per il desiderio delle dita e della lingua di quella donna. Avrebbe potuto urlare o insultare Ian, ma avrebbe ottenuto l’unico risultato di rendere più umiliante il momento in cui avrebbe ceduto. Soprattutto VOLEVA cedere, il suo corpo non chiedeva altro che lasciarsi andare e assecondare gli stimoli che inviava il cervello.
-Sessanta per cento.-
Aprì gli occhi guardando Ian avvicinarsi a Chloe dopo avere aumentato la potenza del dispositivo. La donna era già a petto nudo mostrando un seno straordinario. Nonostante le dimensioni da maggiorata la sua forma era perfetta, segno di un intervento chirurgico. Portandosi alle spalle della donna Ian le slacciò la gonna facendola cadere a terra. Improvvisamente a Jennifer fu chiaro il motivo per cui Chloe le era sembrata strana. Il rigonfiamento tra le gambe dimostrava che sicuramente Chloe non era il nome che le era stato dato alla nascita. I suoi occhi rimasero fissi sul pube del transessuale mentre Ian sfilava anche il perizoma. Jennifer sentì il suo corpo fremere per il desiderio alla vista del cazzo già quasi eretto. Era un cazzo piuttosto normale, forse poco più lungo e più sottile di quello di Ian, ma in quel momento le sembrava il più bello che avesse mai visto.
Ian cominciò a masturbare Chloe accovacciandosi al suo fianco.
-Ti piace, vero? Scommetto che non vedi l’ora che ti scopi.-
-Sei un bastardo Ian.- Jennifer era completamente sudata, l’incremento di potenza del dispositivo aveva reso il suo bisogno di un amplesso un bisogno vitale come l’aria. -Hai vinto, non ho la forza di oppormi a nulla. Se vuoi farmi scopare dalla tua amichetta fallo, ma non tirarla lunga.-
Ian la fissò con un sorriso malvagio.
-Non ti costringerei mai, mia cara. Pensavo di farti guardare mentre mi diverto con la mia amante, ma se vuoi partecipare chiedimelo gentilmente: sarò ben felice di esaudire le tue preghiere.-
Jennifer avrebbe voluto piangere. Non gli bastava vincere, voleva umiliarla. Voleva che lo pregasse di farla scopare dalla sua complice, la sua amante. Purtroppo sapeva lei stessa che prima o poi avrebbe ceduto. Rimase per qualche decina di secondi in silenzio fissando la bocca di Ian scorrere sul cazzo del transessuale. Non avrebbe mai pensato di eccitarsi guardando una scena del genere, ma in quel momento sentiva la figa pulsare per il desiderio.
-Ian, ti prego.- Odiava il suo corpo per quello che stava per chiedere, ma l’effetto del dispositivo era troppo forte per resistere. -Voglio che Chloe mi scopi, ho bisogno che mi fotta subito.-
L’uomo si alzò appoggiandole due dita sulle labbra. Senza parlare iniziò a far scendere le dita lungo i seni e il ventre fino ad arrivare alla vagina umida.
-Mi fai impazzire quando parli e ti comporti come la troia che sei veramente. Indossi la maschera da santerellina per non dare fastidio a tuo padre, ma in realtà hai solo voglia di cazzo. Se &egrave questo che vuoi te ne darò finch&egrave sarai sazia, non preoccuparti.-
Si avvicinò al muro tirando una leva verso il basso. Il gancio che teneva sollevata Jennifer si aprì di colpo facendola cadere rovinosamente a terra. Si lasciò sollevare di peso e buttare su un grande tavolo. Era chiaro che Ian non aveva nessuna intenzione di toglierle le manette che le legavano i polsi: voleva che l’umiliazione fosse completa. Ma in quel momento non le importava. Allargò le gambe pregando che Chloe non la facesse attendere troppo e che tutto finisse in fretta.
Il transessuale la raggiunse affondando finalmente in lei. Jennifer la accolse con un gemito di soddisfazione: era quello di cui aveva bisogno, lo aveva bramato per gli ultimi minuti ed ora aveva bisogno che durasse a lungo. Incitò Chloe con parole che non aveva mai pronunciato. Non era mai stata volgare a letto, troppo legata alla sua immagine di figlia di un pastore. Non le interessava lo sguardo di Ian, che non si stava perdendo un secondo di quell’amplesso. Sapeva che gli stava dando ragione, che si stava comportando da troia, ma in quel momento aveva solo bisogno di godere e di sentire godere Chloe dentro di lei.
L’orgasmo arrivò quasi subito. Jennifer non aveva mai goduto in quel modo, era come una bombola sotto pressione che finalmente trovava sfogo. Per tutto il tempo incitò Chloe a continuare senza fermarsi. Nel momento stesso in cui aveva sentito il piacere espandersi aveva capito che non sarebbe bastato quell’unico orgasmo per placare la sete indotta dal dispositivo.
Chiuse gli occhi per un istante mentre Chloe non smetteva nemmeno per un attimo di scoparla. Quando li riaprì trovò il cazzo di Ian davanti al volto. Alzò lo sguardo verso l’uomo, che la fissò con un sorriso di scherno.
-So che muori dalla voglia di succhiarmelo. A una troia come te un cazzo non basta, non può bastare.-
Jennifer tornò a fissare il cazzo. Non era mai stata con due uomini, non aveva mai fatto niente del genere’ ma in quel momento, per quanto desiderasse vedere morto Ian, quel cazzo davanti agli occhi era un’attrazione irresistibile. Aprì la bocca spostando la testa in avanti. Ricordava bene la sensazione del cazzo di Ian tra le labbra. Era passata più o meno una settimana da quando lo aveva succhiato dicendosi che forse aveva trovato l’uomo della sua vita. Era stato il gesto di una donna innamorata, ora aveva solo bisogno che l’uomo si scaricasse in fretta.
Non fu così. Sia Ian che Chloe dimostrarono una resistenza eccezionale. La scoparono per quasi mezz’ora prima di riempirle la bocca e figa con il loro seme. Jennifer aveva goduto svariate volte: man mano che gli orgasmi si susseguivano l’urgenza indotta dal dispositivo diminuiva riportandola alla normalità. Quando finalmente l’uomo e il transessuale estrassero i membri dal suo corpo rimase a lungo stesa sul tavolo, gli occhi chiusi e la mente finalmente lucida.
Era stata indubbiamente la scopata più straordinaria della sua vita. Sicuramente le sue reazioni erano state frutto del condizionamento del dispositivo che Ian le aveva impiantato nel cervello, ma aveva ceduto con troppa facilità. Temeva che nel suo subconscio ci fossero desideri che non aveva mai ammesso, desideri di sottomissione e sesso di gruppo che Ian stava facendo emergere.
-Vieni, ti porto alla tua stanza.-
Jennifer alzò la testa verso Ian. L’uomo si era rivestito e le porgeva la mano.
-Alla mia cella, vuoi dire.-
-No.- Ian scosse il capo. -Una stanza con tutte le comodità, anche se non potrai uscire. Come ti ho detto prima, tu ci servi in buona salute. Allora? Vuoi le tue spiegazioni o no?-
Jennifer accostò le mani a quella di Ian. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo, ma si rendeva conto di essere totalmente in balia dell’uomo. Non sapeva né dove si trovava né quanti uomini ci fossero in quella struttura. Inoltre se lo avesse fatto infuriare l’uomo avrebbe potuto attivare nuovamente il dispositivo. Era una prospettiva che l’attraeva e la spaventava al tempo stesso.
-Brava, dimostrati ragionevole e sarà tutto più semplice.- Le prese le mani e aprì le manette. Jennifer si massaggio i polsi per una decina di secondi, quindi alzò lo sguardo verso l’uomo.
-Andiamo.-

Per una volta Ian era stato sincero, almeno in parte. La stanza in cui l’aveva condotta era un’ampia camera con bagno privato dotato di doccia e vasca idromassaggio. La stanza era come un piccolo appartamento. Oltre al letto e a un paio di cassapanche era arredata con un divano, un televisore collegato ad un lettore DVD, una cyclette ed una panca da palestra. Evidentemente aveva intenzione di tenerla in quel posto a lungo, altrimenti non si sarebbe premurato di rendere così confortevole la sua prigione. Che si trattasse di prigione era fuori di dubbio: la porta automatica si apriva solo dall’esterno ed era sorvegliata da una guardia incappucciata.
L’assenza totale di aperture verso l’esterno poteva voler dire solo due cose: o Ian voleva evitarle qualunque contatto con l’esterno oppure si trovavano sotto terra. La sua sensazione era che l’ipotesi più attendibile fosse la seconda: se si escludeva il rumore della pioggia nella sala in cui era stata legata non aveva sentito alcun rumore proveniente dall’esterno, ma in quella stanza aveva intravisto una sorta di cupola in vetro che poteva essere la sorgente di quel rumore.
-Allora, perché mi hai rapita se non intendi uccidermi?- Jennifer aveva preso posto sul divano, mentre Ian era in piedi di fronte a lei appoggiato al tavolino. -Hai detto che chi ti paga non vuole fare di me una martire, ma mi perdonerai se non credo che dopo esserti divertito con me mi lascerai andare.-
-Non &egrave così semplice. Dipende da quanto sei disposta ad essere collaborativa.-
-Cosa intendi per essere collaborativa? Immagino non si tratti delle tue piccole fantasie su di me.-
-No. Quello &egrave un piccolo extra che ho posto come condizione. Le persone che mi pagano vogliono che metta fuori gioco alcune persone che minacciano i loro affari, tra cui te. Non ti nego che per alcuni di loro &egrave prevista l’eliminazione fisica, ma nel tuo caso li ho convinti che non sarebbe una buona idea. Una donna giovane, attraente e in gamba come te sarebbe molto più utile se fosse dalla nostra parte.-
-Vorresti che tradissi le persone con cui ho lavorato? Il mio lavoro &egrave mandare in galera quelli come voi.-
-Potresti comunque continuare a mandare in galera i criminali, Jen. Il potere in città &egrave destinato a cambiare di mano, non &egrave più il tempo del controllo imposto con la paura e gli omicidi. Abbiamo il potere di farti diventare procuratore, e quando lo sarai ti aiuteremo ad eliminare chiunque continui ad essere legato ai vecchi metodi.-
-In pratica vi aiuterei a mettere in galera la concorrenza.-
-Tu aiuti noi e noi aiutiamo te, mi sembra un’offerta equa. L’alternativa &egrave venire completamente distrutta. Che tu accetti o meno la tua vita &egrave cambiata, devi prenderne atto. Come vice procuratore sei finita. Hai visto quanto &egrave potente l’EISC. Pensa se lo usassimo al momento giusto: come minimo verresti internata in un ospedale psichiatrico.-
-Si può sempre rimuovere.- Jennifer aveva la sensazione che non fosse così facile. Ian era troppo sicuro, troppo certo di avere vinto.
-No, non si può.- Ian si avvicinò sedendosi sul bordo del divano. -Si &egrave saldato con il tuo cervello e si alimenta con gli impulsi elettrici che lo attraversano. Se cercassi di rimuoverlo ti invierebbe una scarica che ti friggerebbe il cervello. Moriresti all’istante. E non puoi nemmeno risolvere il problema eliminandomi. Il telecomando controlla le impronte digitali di chi lo utilizza: solo io e un’altra persona possiamo usarlo. Nel caso non venisse toccato da uno di noi due per più di due giorni scatterebbe un dispositivo di sicurezza.-
-Che consiste in cosa?-
-Gli impulsi che regolano la tua libido sarebbero fissati su una potenza del 70%. In pratica ti trasformeresti in una ninfomane che ha bisogno di scopare come dell’acqua. Se non alimentassi il dispositivo con almeno due amplessi al giorno verresti uccisa. E la masturbazione non risolverebbe il problema.-
Jennifer si chiese se fosse possibile una cosa del genere. Le sembrava fantascienza, ma aveva già avuto dimostrazione della potenza di quell’oggetto. Come si era procurato Ian quella tecnologia? Sicuramente non le avrebbe detto chi erano i suoi mandanti finch&egrave non avesse dato prova di essere dalla sua parte, ma non c’erano dubbi che fossero personaggi della Cupola. Chiaramente stava per partire una guerra intestina, gli omicidi di alcuni personaggi scomodi sarebbero ricaduti sui rami da tagliare. Come piano era ingegnoso, non c’erano dubbi.
-O’Hara? Lui verrà ucciso?-
-Forse se passi dalla nostra parte puoi ancora salvarlo. La delegittimazione &egrave meglio della morte, non credi?- Ian si alzò avviandosi verso la porta. -Avrai tempo per riflettere. Starai qui finch&egrave non avrai deciso. Adesso riposati, ci vedremo domani.
Jennifer lasciò che Ian uscisse dalla stanza prima di buttarsi sul letto. Non riusciva nemmeno a piangere: aveva paura che Ian avesse ragione, che non ci fossero vie d’uscita. La sua vita come l’aveva costruita fino a quel momento era solo un lontano ricordo.
V-City, notte tra 5 e il 6 luglio 2014
-Ciao John, ci vediamo giovedì.-
Madison Turner salutò con due baci sulla guancia l’enorme buttafuori che controllava l’uscita posteriore del locale, un ex pugile di colore che lavorava con Stan Vincenti da più di cinque anni.
-Buonanotte Maddy, sei a piedi anche oggi?-
-Già. Mi piace passeggiare in questa stagione. La temperatura &egrave piacevole, e a quest’ora della notte la città addormentata &egrave affascinante.-
-Affascinante ma pericolosa. Non mi piace vederti andare via da sola.-
-So proteggermi.- Rispose Madison allontanandosi agitando una mano in segno di saluto. -E i criminali della zona mi conoscono: sanno che non &egrave sano toccare la prediletta di Stan Vincenti.-
Madison percorreva sempre la stessa strada. La rilassava camminare nel silenzio della notte dopo essersi esibita e magari avere trascorso una o due ore con qualche cliente vip di Vincenti.
Quella sera aveva fatto perdere la verginità al figlio di Fritz Cuslow, un armatore che stava rapidamente incrementando il proprio giro di affari grazie al contrabbando dal Sud America. Il figlio era un ragazzo di diciotto anni dolce e carino, ma terrorizzato dalle ragazze. Lo aveva guidato con dolcezza e pazienza dandogli piacere e insegnandogli a darne. Era soddisfatta della serata: aveva fatto del bene e Jordan si era dimostrato un bravo studente con fantasie erotiche particolarmente creative. Stan era sicuro che presto il giovane l’avrebbe richiesta per qualche festa privata, ed era convinta che sarebbe stato divertente.
Madison percorreva il tragitto dal club al suo appartamento in circa mezz’ora. Sceglieva sempre lo stesso percorso che attraversava quello che era il quartiere più vecchio della città. Le piaceva il contrasto tra i palazzi di inizio millenovecento e le luci sfavillanti delle sale da ballo e dei night. Il sesso era il denominatore comune di quel quartiere: oltre ai locali più o meno lussuosi le vie erano popolate da prostitute e transessuali in cerca di clienti.
Ormai conosceva la maggior parte delle professioniste che incontrava sul suo tragitto. Ogni tanto si fermava a parlare con alcune di loro, un paio erano diventate sue amiche. Per certi versi era come se fossero colleghe, anche se non le piaceva considerarsi una prostituta. Dopotutto a lei piaceva veramente scopare con gli uomini con cui andava. Quasi tutti, almeno. Che poi farlo le portasse anche in tasca un sacco di soldi era un dettaglio. Tuttavia provava simpatia per quelle donne: probabilmente se non avesse conosciuto Stan avrebbe potuto essere anche lei in uno di quegli angoli scuri. Le storie di quelle prostitute erano le più disparate: c’erano clandestine che erano finite in mano a qualche aguzzino, donne indebitate con gli usurai o ragazze disoccupate che in attesa di trovare un lavoro battevano per pagarsi le bollette. Molte sceglievano la strada per non dover pagare l’affitto a qualche proprietario compiacente, che solitamente si trasformava presto in pappone. In fondo la zona era relativamente sicura: l’abbondanza di locali notturni la rendeva molto frequentata, uno spray al peperoncino era sufficiente a tenere a bada i giovani ubriachi. Ma le prostitute di quella strada non portavano a casa molto denaro. La concorrenza dei night era forte, e la maggior parte dei guadagni dovevano lasciarli agli uomini dei racket. Quella sera sembrava che le sue conoscenti abituali avessero avute tutte una serata fortunata. Madison riconobbe solo due donne che conosceva di vista e che salutò con un cenno del capo, quindi scambiò due parole con un transessuale che si prostituiva per pagarsi il cambio di sesso. Svoltando a destra si allontanò dalla grossa arteria principale imboccando la via in salita che conduceva a Gordon’s Hill, il quartiere degli artisti.
Nel quartiere che si sviluppava su quella collina si trovavano gli atelier di moda e gli studi di molti pittori e fotografi. Era questo il posto che aveva scelto quando Stan aveva deciso di comprarle un appartamento. Madison si era subito innamorata di quell’enorme mansarda soppalcata da cui si poteva ammirare tutta la città. L’atmosfera di quel quartiere le dava l’impressione di essere nella Parigi ai tempi dell’impressionismo, la sua corrente artistica preferita. Non trovava nulla di interessante nell’arte moderna: per lei i massimi geni della pittura erano Monet, Manet, Renoir, Van Gogh, Sisley’
Le vetrine dei negozi erano tappezzati di volantini che pubblicizzavano esposizioni di artisti emergenti e gli annunci in cui si richiedevano modelli o modelle professionisti e non. Madison ogni tanto rispondeva a quegli annunci. Le piaceva fare da modella per un’opera d’arte, che forse un giorno sarebbe finita sui libri di scuola. Adorava soprattutto posare nuda: non tutte le modelle erano disposte a farlo, e poche potevano vantare un corpo come il suo. La sua disponibilità a posare nuda e la sua bellezza le avevano fatto guadagnare una certa fama tra gli artisti del quartiere. Era stata a letto con più di uno di loro. Vedere il pittore, lo scultore o il fotografo produrre la sua opera mentre lei era in posa nuda la portava in uno stato di eccitazione profonda.
Si fermò davanti ad una vetrina leggendo la locandina che annunciava la nuova esposizione di uno dei pittori per cui posava. Sarebbe sicuramente andata a vederla, anche perché un’opera era ispirata a lei. Proseguì lungo la strada che risalendo la collina si faceva più stretta. In lontananza i balconi dei palazzi sembravano quasi toccarsi, e nei vicoli laterali arrivavano quasi a farlo. Anche a Gordon’s Hill le prostitute di strada non mancavano, ma erano in minor numero e di livello più alto. Alcuni degli artisti erano ricchi, così come gli uomini che frequentavano le gallerie d’arte e che magari amavano festeggiare l’acquisto di un’opera del futuro Gauguin passando un paio d’ore con una professionista pulita e discreta. Le prostitute della zona potevano arrivare a guadagnare anche qualche migliaio di dollari a notte se erano attraenti e curate.
Il rumore di un vetro che si rompeva attirò la sua attenzione. Si guardò attorno con i sensi all’erta, portando la mano all’interno della borsetta e appoggiandola sul taser. Quell’aggeggio era illegale, ma gliel’aveva procurato un ispettore del V-City Police Department che frequentava abitualmente il club e che era un suo ammiratore. Un gemito femminile soffocato la fece voltare verso il vicolo alla sua sinistra.
Era una stradina buia che finiva contro un muro dopo una svolta a sinistra, rendendo invisibile dalla via principale chi si trovava al fondo. Per questo era utilizzato dalle prostitute con i clienti frettolosi che non avevano tempo di salire in casa, ma Madison era sicura che quello che aveva sentito non fosse un gemito di finto piacere.
Si mosse decisa verso il vicolo, quasi correndo sui suoi tacchi da otto centimetri. Forse si sbagliava, ma non poteva far finta di nulla se c’era un’altra donna in pericolo. Sorrise immaginando i commenti di John quando gli avrebbe raccontato l’accaduto. Il buttafuori sosteneva che Madison avesse un talento spiccato per cacciarsi in situazioni di pericolo. La realtà era che non sopportava le prevaricazioni. Mentre raggiungeva il fondo del vicolo stringeva nervosamente il taser. Sperava che l’aggressore fosse uno solo. Se fossero stati più di uno e fossero stati armati sarebbe stato un problema.
Evidentemente quella era la sua serata fortunata. Sicuramente lo era per la ragazza che si dimenava contro il muro mentre un energumeno pelato cercava di slacciarsi i pantaloni tenendola ferma con un braccio premuto sul collo. Madison non riusciva a distinguere i lineamenti della ragazza. Dall’abbigliamento doveva essere una prostituta, anche se rimaneva poco degli abiti che indossava. Il top era in brandelli e pendeva dalle braccia, mostrando un seno trattenuto a fatica da un reggiseno trasparente. La minigonna inguinale era alzata sopra l’ombelico rivelando il sesso nudo. I suoi tentativi di dimenarsi erano vani, ma almeno stavano servendo a ritardare lo stupro.
-Ehi tu!- Urlò fermandosi a due metri dall’uomo. -Lasciala subito stare.-
L’uomo si voltò con un’espressione rabbiosa, ma come la vide nei suoi occhi si accese la cupidigia. Il vestito che indossava Madison lasciava ben poco all’immaginazione. Era corto e attillato, disegnando ogni curva del suo corpo come se fosse nuda.
-E’ la mia serata fortunata.- Disse l’uomo ridendo. -Due troie al prezzo di una.-
Madison si sentì avvampare per la rabbia vedendo l’uomo colpire la giovane prostituta con uno schiaffo potente. La ragazza cadde su un cumulo di rifiuti lamentandosi, stordita per il colpo. Senza pensare Madison estrasse la mano dalla borsetta puntando il taser contro il petto dell’uomo e premendo il grilletto. I dardi andarono a conficcarsi nella pancia dell’aggressore, che cadde a terra emettendo suoni inarticolati.
Madison corse subito verso la prostituta. Si inginocchio al suo fianco sollevandole delicatamente la testa. I lunghi capelli neri le coprivano i lineamenti del volto.
-Tranquilla, &egrave tutto finito.- Disse scostandole i capelli.
La ragazza era molto giovane, doveva avere circa la sua età anno più anno meno. Il suo volto era particolare ed affascinante: i tratti orientaleggianti degli occhi e degli zigomi rivelavano origini asiatiche.
-Come ti chiami?- Le chiese reggendole la testa. Aveva una guancia arrossata, ma sembrava che il colpo dell’uomo non avesse fatto danni.
-Phuong. Dov’&egrave lui?-
Madison strinse le mani per la rabbia vedendo lo sguardo impaurito della ragazza. Provava il desiderio di prendere a calci l’uomo steso a terra senza sensi per poi piantargli il tacco nella tempia.
-Non ti può più fare del male. Riesci ad alzarti?-
-Ci provo, mi gira solo un po’ la testa.-
La giovane si alzò in piedi con qualche difficoltà. Madison la sostenne per qualche secondo, lasciandola solo quando fu sicura che non sarebbe caduta a terra.
Phuong rimase per mezzo minuto in piedi con la testa bassa come per assicurarsi che fosse tutto a posto, quindi alzò lo sguardo verso Madison.
-Grazie.- Disse sorridendo. Madison l’aveva fissata per tutto il tempo ammirando i suoi lineamenti esotici e il fisico straordinario, reso ancora più eccitante dai vestiti a brandelli. -Cosa gli hai fatto?-
Madison si voltò verso l’uomo che giaceva a terra.
-Ho usato un taser. Lo terrà a bada per un’altra decina di minuti, quindi &egrave meglio che ce ne andiamo. Abiti lontano da qui?-
-Vivo dall’altra parte della città, vicino alla chiesa di Santa Brigida. Non voglio rischiare di essere vista da qualcuno che conosco quando’-
La giovane si fermò arrossendo. Madison comprese che si era fermata per non dire che si prostituiva, probabilmente non voleva ammetterlo nemmeno lei. Probabilmente lo faceva da poco, non ricordava di averla mai vista in quella zona.
-Sei venuta in macchina?-
Phuong scosse la testa.
-Ho preso la metropolitana. Non pensavo che la mia serata finisse così presto.-
Era chiaro che sperava di passare la notte da qualche cliente: a quell’ora la metropolitana era chiusa e non avrebbe riaperto prima di qualche ora. Avrebbe potuto chiamarle un taxi, ma non potevano rischiare che l’uomo si svegliasse prima dell’arrivo del veicolo. E soprattutto un taxista avrebbe potuto rifiutarsi di farla salire in macchina vestita in quel modo. Dallo sguardo preoccupato della giovane era chiaro che non sapeva come cavarsela. Una novellina come lei a Sin City era come una pecora gettata nella gabbia delle tigri. Senza riflettere decise che doveva aiutarla.
-Abito qui vicino. Puoi venire a dormire da me se vuoi.-
-Davvero mi ospiteresti? Non mi conosci nemmeno.-
-Sei una donna in difficoltà, dobbiamo aiutarci tra di noi.-
La ragazza reagì abbracciandola con forza e mormorando ringraziamenti. Madison arrossì cercando di allontanarla, anche se doveva ammettere che il contatto con quel corpo era decisamente eccitante.
-Andiamo adesso.- Disse quando riuscì a fermare la manifestazione di gratitudine. -Non vorrei che quel tizio si svegliasse prima del previsto.-
-Hai ragione. Ma prima devo recuperare una cosa che quel bastardo mi ha preso.-
Phuong si avvicinò con cautela all’uomo. Assicurandosi che non fosse cosciente infilò una mano nella giacca estraendone qualcosa e infilandolo nella borsetta. Madison non riuscì a vedere di cosa si trattasse, ma quando la donna tornò aveva uno sguardo soddisfatto.
-Andiamo, ti spiegherò tutto quando saremo al sicuro.-

Camminarono rapidamente cercando di mantenersi nell’oscurità. Phuong era coperta solo dal reggiseno e dalla minigonna, un immagine eccitante per chiunque le avesse incontrate. Era un quartiere tranquillo, ma qualche giovane teppista avrebbe potuto prendere il loro abbigliamento come un invito e provare a portare a termine ciò che non era riuscito all’uomo steso nel vicolo Solo quando furono finalmente nell’ascensore del condominio dove viveva Madison le due ragazze si rilassarono, appoggiandosi alle porte che si erano chiuse dietro di loro.
-Non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami.-
Lo sguardo intenso degli occhi di Phuong fece rabbrividire Madison. Quella semplicità e innocenza nascondevano un vulcano pronto a esplodere, Madison avrebbe voluto avvicinarsi e baciarla lì contro il portone.
-Madison, anche se gli uomini di solito mi chiamano Maddy.-
-Allora ti chiamerò Madison.- La ragazza si interruppe per alcuni secondi, quindi estrasse dalla borsa un rotolo di banconote. -Questo &egrave quello che ho recuperato prima. E’ il mio incasso della serata. Non &egrave molto ma posso dividerlo con te, per colpa mia la tua serata si &egrave conclusa in anticipo.-
Madison dovette sforzarsi per non scoppiare a ridere.
-Phuong, hai equivocato. Non ero per strada alla ricerca di clienti, stavo semplicemente tornando a casa dal mio lavoro.-
Il volto della giovane orientale si fece paonazzo.
-Oh mio dio. Io pensavo’ Il tuo abbigliamento, e hai detto che dobbiamo aiutarci tra noi, io credevo’ dio mio, spero di non averti offesa.-
Madison le si avvicinò accarezzandole il volto con una mano
-Stai tranquilla. Non mi sono offesa, molte delle prostitute del quartiere sono mie amiche, non ti giudico. A proposito, non ti ho mai vista in giro. Sei qui da poco, vero?-
-Oggi era il terzo giorno. Mark &egrave stato uno dei miei primi clienti: abbiamo scopato a casa sua, &egrave stato gentile. Il giorno dopo &egrave tornato dicendo che una come me aveva bisogno di qualcuno che la proteggesse.-
L’ascensore si fermò al piano interrompendo il suo racconto..
-Possiamo finire di parlare dentro, magari mentre ti fai una doccia.- Suggerì Madison uscendo sul pianerottolo. La mansarda occupava tutto l’ultimo piano di un palazzo che ne contava sei. Tutto l’edificio era di proprietà di Stan Vincenti, che per ricavare quel loft aveva fatto alzare il tetto di quasi due metri in modo da poter soppalcare la mansarda. Ne era uscito un appartamento da più di centoventi metri quadrati in cui Madison godeva di tutte le comodità.
Phuong si fermò sulla soglia guardandosi attorno a bocca aperta.
-Madison, &egrave una casa straordinaria! Cosa fai nella vita? Scommetto che sei un’artista o una designer.-
-No, nessuna delle due cose. Diciamo che il mio capo ha molti soldi e apprezza molto il mio lavoro. Seguimi, ti faccio vedere il bagno.-
-Grazie, ho proprio bisogno di ripulirmi. Devo puzzare come una discarica dopo che mi sono stesa su quei rifiuti.-
Madison sorrise mettendole una mano sulla spalla.
-Non &egrave colpa tua, se quel bastardo non ti avesse colpita non sarebbe successo. Fatti una bella doccia calda, poi voglio che mi racconti tutto. Magari posso aiutarti.-
-Sei veramente gentilissima.-

Il bagno era la stanza che Madison usava per ritemprarsi dopo le serate di lavoro. Era stato ricavato da un terrazzo trasformato in veranda. Chiunque entrasse nel bagno per la prima volta rimaneva spiazzato dalla parete di fondo completamente trasparente con vista sulla collina. In un angolo era stata ricavata un’ampia doccia con idromassaggio anch’essa trasparente, lasciando chi la utilizzava visibile sia all’interno che all’esterno. Phuong girò attorno alla grande vasca a idromassaggio che troneggiava al centro del bagno avvicinandosi ai pannelli della doccia.
-Fai veramente la doccia qui?- Chiese scuotendo la testa. -Credevo di essere esibizionista, ma tu mi batti.-
-Sono vetri a specchio, chi &egrave fuori non ti può vedere. Credo che userei comunque questa doccia, ma l’architetto che ha progettato la veranda ha preferito evitarmi una denuncia per offesa al pudore e atti osceni.-
-E’ saggio. Immagino che una doccia così grande non venga usata solo per lavarsi.-
Madison rispose con un sorriso malizioso. Aprì le ante di un armadio a muro prendendo un accappatoio bianco con ricami rosa.
-Questo &egrave per te. Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo?-
-Se non ti dispiace puoi rimanere qui, così parliamo un po’. Non ho voglia di stare da sola, e credo che tu abbia già visto tutto quello che c’&egrave da vedere.-
-Certo, rimango volentieri se ti fa piacere.-
La giovane si spogliò con naturalezza davanti a lei. Prima le zeppe, poi il reggiseno ed infine la minigonna finirono a terra accanto alla lavatrice. Phuong aveva chiaramente ascendenze miste. La sua carnagione era olivastra come quella di alcune popolazioni del pacifico. I lineamenti del volto non erano né completamente orientali né occidentali, così come la struttura fisica. Aveva preso l’altezza dalla madre, visto che era più bassa di Madison di almeno cinque centimetri. I fianchi e la vita erano sottili come quelli delle ragazze del sud-est asiatico, ma il seno aveva l’opulenza delle bellezze mediterranee. Il pube era completamente depilato mostrando le labbra che sporgevano invitanti. Era un corpo che esprimeva un erotismo e una sensualità che lasciavano Madison senza parole. Era sicura che avrebbe fatto impazzire i clienti del Devil’s Kiss, anche i più importanti ed esigenti.
-I tuoi genitori sono americani?- Chiese mentre la ragazza entrava nella doccia. -Dai lineamenti direi di no.-
-Mia madre &egrave vietnamita, mio padre era canadese. Io ho finito il college e poi sono venuta qui a V-City per studiare all’Accademia di danza. Dicono che sia la migliore del Nord America. Ballo da quando ho sei anni, ma in Canada non c’&egrave nulla di questo livello.-
-E’ anche la più cara, sono diverse migliaia di dollari ogni mese.-
Phuong chiuse gli occhi lasciando che l’acqua scorresse sui suoi seni abbondanti. Madison fissò con desiderio i capezzoli scuri eretti.
-I soldi dell’assicurazione sulla vita di mio padre avrebbero dovuto bastare fino al diploma, ma sei mesi fa mia madre si &egrave ammalata. Preferisco che quei soldi li usi lei per andare in Europa a curarsi.-
-Ed &egrave per questo che hai iniziato?-
Phuong annuì incrociando le braccia sui seni.
-All’inizio ho cercato dei lavoretti. Ho lavorato come cameriera, come hostess, anche come modella, ma non funzionava.-
-Non si guadagna abbastanza così.- Rispose Madison. Era una storia che aveva già sentito, avrebbe potuto essere la sua storia se non avesse conosciuto Stan.
-Già, non era abbastanza, e finivo sempre per scopare con i miei capi. All’inizio dicevo di no, cercavo di resistere, di convincerli e convincermi che non era il caso, ma alla fine cedevo. La verità &egrave che mi piace scopare, mi piace essere trattata come un oggetto.- Phuong fece una pausa. -Ho deciso che forse valeva la pena di esserlo fino in fondo. E fino a questa sera andava pure bene. Ci credi se ti dico che ho goduto con più di un cliente?-
Madison non rispose. Sentiva molte affinità con quella ragazza, forse avrebbe potuto portarla da Stan. Avrebbero potuto lavorare assieme, se era vero quello che diceva era fatta per quel lavoro. Phuong interpretò male il suo sguardo pensieroso.
-Scusa, sono nella doccia da dieci minuti e non mi sono ancora lavata. Rimarrei per ore sotto questo idromassaggio, ma immagino voglia lavarti anche tu. Esco subito.-
-Non ti preoccupare.- Rispose Madison avvicinandosi. -Mi fa piacere che ti rilassi. Se non ti dà fastidio c’&egrave spazio per entrambe.-
Le labbra della mezzosangue si aprirono in un sorriso.
-Nessun fastidio, anzi. Sono dieci minuti che mi guardi, sono curiosa anche io di vederti nuda: sei veramente stupenda. E sono ansiosa di sapere cosa fai tu nella vita, visto che io ti ho raccontato tutto di me.-
Madison si spogliò entrando nella doccia con Phuong, che si spostò per farle spazio sotto il getto d’acqua. Aveva fatto sesso diverse volte lì dentro, la sensazione di essere esposta agli sguardi di chi stava fuori eccitava il suo esibizionismo. Si lasciò bagnare dal getto tiepido davanti agli occhi incuriositi della vietnamita. Era determinata a sedurla, quella sera o in futuro.
-Posso?- Chiese prendendo il tubetto del doccia schiuma, un’essenza profumata particolarmente cara. Senza aspettare la risposta lasciò cadere un po’ del liquido sui seni dell’orientale, quindi iniziò a massaggiarli delicatamente con una spugna.
-Ti guardavo perché penso che una ragazza con un viso e un corpo come il tuo non ha bisogno di andare a battere in strada per qualche centinaio di dollari a settimana. Soprattutto se ti piace veramente fare sesso.-
Phuong si stava lasciando massaggiare dalla spugna insaponata con gli occhi chiusi rivolti verso il getto della doccia e le braccia lungo i fianchi.
-Se parli di fare la escort o dedicarmi alla pornografia non ne avrei mai il coraggio. Non voglio che nessuno sappia quello che faccio, se vuol dire rischiare le botte come questa sera ben venga.-
-Non parlo né dell’una né dell’altra cosa.- Rispose Madison facendola voltare.
La vietnamita si appoggiò al vetro della veranda con i palmi delle mani e il bacino leggermente sporgente all’indietro. Lo sguardo era fisso verso la città illuminata dalle luci della notte. La spugna passò a frizionare la schiena e le spalle.
-Prima mi hai chiesto che lavoro faccio. Conosci il Devil’s Kiss?-
-Ne ho sentito parlare. E’ un club frequentato da gente che conta. Ricconi, politici, persino criminali.-
-Esatto. Lavoro lì come ballerina e performer. Questo vuol dire che faccio spogliarelli e mi esibisco con altre donne o con uomini.-
-Vuoi dire che fai sesso su un palco davanti a decine di uomini? Non ti senti a disagio?-
Madison fece scivolare la spugna sui glutei, quindi scese lungo le gambe fino ai piedi risalendo lentamente. -E’ proprio quello che mi eccita, ti ho già detto che sono esibizionista. Hai detto di esserlo anche tu, non ti sei mai fatta guardare mentre facevi sesso?-
-Al massimo da una persona, e pensava di spiarmi di nascosto.- Phuong la lasciava fare senza reagire. -Ma guadagni abbastanza da permetterti tutto questo?-
-No. I clienti più importanti ogni tanto mi richiedono per esibizioni personali, o per passare un weekend con loro. A casa, per una vacanza in giro per il mondo, per fare buona figura con un socio di affari. Alcuni hanno perversioni interessanti, e sono tutti molto ricchi e molto discreti.-
Risalendo lungo le cosce infilò la spugna tra le natiche, insistendo sull’ano prima di scendere verso il sesso. Una mano di Phuong si appoggiò sulla sua bloccandola con forza.
La giovane vietnamita si voltò con la schiena contro la parete, tirando la spugna finch&egrave Madison non la lasciò andare. Quando finalmente fu nelle sue mani la gettò lontano. Madison non si era allontanata, i loro volti distavano pochi centimetri e i seni dell’una sfioravano quelli dell’altra. Phuong appoggiò le mani sui suoi fianchi regalandole un brivido.
-Pensavo fossi venuta per farti la doccia, non per abusare di me.-
-Mi sono già lavata al club, e pensavo di piacerti’ ma se mi sbaglio fermami, non ho nessuna intenzione di forzarti. Non sono come quell’uomo.-
La vietnamita non la fermò. Le loro labbra si sfiorarono dolcemente. Madison le dischiuse facendo uscire la lingua alla ricerca di quella di Phuong, ma le mani sottili dell’orientale la allontanarono.
-Certo che mi piaci, ma domani mattina ho un’audizione, ho bisogno di dormire. Forse &egrave meglio rimandare e fare tutto con calma, non mi piace fare le cose di fretta’-
Madison fece salire le mani verso i seni sfiorandole i capezzoli con le dita.
-Forse. Oppure potremmo concederci un piccolo assaggio per non andare a dormire con la fame, rimandando il pasto completo a quando avremo più tempo.-
-Potremmo.-
Questa volta Phuong non la respinse, ma la attirò a sé lasciandosi schiacciare contro la vetrata e aprendo la bocca. La lingua di Madison guizzò a cercare quella della vietnamita. Si baciarono in maniera dolce e famelica allo stesso tempo. Le mani schiacciarono i rispettivi seni giocando con i capezzoli, per poi scendere lungo il ventre. Madison si spostò di fianco alla vietnamita portando la mano sul suo sesso. Phuong fece lo stesso, gli occhi fissi sui suoi e la bocca semi aperta. Madison iniziò presto a gemere per il piacere. Le dita della vietnamita si dedicavano alle labbra e al clitoride senza penetrarla, ma la stavano comunque facendo impazzire. Madison cercava di fare venire la vietnamita prima di esplodere, voleva vedere le smorfie dell’orgasmo sul suo bellissimo volto. Si rendeva conto che Phuong stava cercando di fare lo stesso, lo vedeva dallo sguardo di sfida nei suoi occhi e dal modo in cui cercava di trattenersi. La maggiore esperienza di Madison ebbe la meglio: con un urlo acuto Phuong si lasciò andare dimenando i fianchi sulla sua mano e chiudendo gli occhi. Madison si chinò a baciarla abbandonando ogni resistenza e lasciando che il piacere invadesse il suo ventre.

Madison guardava la giovane orientale addormentata accanto a lei. La masturbazione reciproca nella doccia l’aveva soddisfatta solo in parte, ma comprendeva la necessità di Phuong di dormire. Prima di spegnere la luce le aveva accennato alla possibilità di lavorare con lei. Era sicura che Stan l’avrebbe assunta, e un impego al Devil’s Kiss le avrebbe permesso non solo di pagarsi la retta all’Accademia, ma anche di inviare soldi alla madre.
Phuong aveva risposto che ci avrebbe pensato. Sembrava tentata dalla proposta, ma ancora reticente a imboccare ufficialmente quella strada. Madison la capiva: finch&egrave si prostituiva di nascosto come una puttana di strada poteva nascondere ciò che era, mentre se avesse lavorato al Devil’s Kiss tutti i soci del club avrebbero conosciuto il suo lavoro. Tuttavia la discrezione di quegli uomini era totale, Madison glielo aveva garantito. E non poteva rischiare ancora di farsi violentare dal primo balordo intenzionato a diventare un pappone.
Si voltò dall’altra parte. Era da tempo che non si sentiva così attratta e così in sintonia con un’altra persona. Si concentrò sul respiro di Phuong, chiudendo gli occhi. Pochi secondi dopo era addormentata, serena.
Devil’s kiss, 6 luglio 2014
Molti locali prima dell’apertura sembravano luoghi tristi e malinconici, a volte anche anonimi. Questo non era il caso del Devil’s kiss, non secondo Madison. Anche quando era vuoto come in quel momento in ogni sua sala, in ogni sua stanzetta privata, in ogni suo angolo buio si respirava l’aria della trasgressione. Le piaceva pensare che tra meno di tre ore su quei palchi si sarebbero esibite le sue colleghe e i suoi colleghi, che nelle salette private e magari anche nei bagni l’odore e i rumori del sesso avrebbero riempito narici e orecchie di chi si trovava nel locale.
Certo, nella maggior parte dei casi si trattava di sesso a pagamento, ma era sempre sesso. Dopotutto anche lei veniva pagata per farlo nonostante lo facesse per piacere. Si ripeteva spesso che avrebbe lavorato per Stan anche gratis: gli uomini e le donne con cui si esibiva erano dei partner notevoli e persino i clienti meno gradevoli erano in qualche modo interessanti. Era affascinata dal potere. Gli uomini che chiedevano la sua compagnia erano ricchi, in alcuni casi criminali che non si facevano problemi a ordinare di uccidere o gambizzare qualcuno. Le piaceva sentire su di sé l’attenzione di quegli uomini, vederli cercare di dominarla o essere completamente in sua balia. Alcuni la prendevano con forza, quasi con violenza. Altri la adoravano come una dea, probabilmente se mentre si faceva inculare avesse detto di avere un nemico avrebbero ordinato ai loro scagnozzi di pestarlo o ucciderlo pur di compiacerla.
-Sei sicura che la tua nuova amica verrà?-
Madison si voltò verso Stan. L’uomo era seduto comodamente a un tavolino guardando il liquido scuro che riempiva il bicchiere. Era un Porto invecchiato trent’anni preso direttamente dalla sua riserva personale. Stan era talmente affezionato ai suoi liquori pregiati da tenerli nella cassaforte accanto al denaro e ai gioielli. Era vestito in maniera impeccabile e stravagante come suo solito: l’abito bianco di Valentino e la camicia nera dello stesso stilista gli davano un’aria alla Tony Manero. La cravatta era nera come la camicia, bloccata da un fermaglio in diamanti che doveva valere almeno centomila dollari. Le somiglianze con il personaggio di John Travolta si fermavano all’abbigliamento. La testa di Stan era completamente pelata, anche se l’uomo non aveva mai spiegato se si trattasse di calvizie o di una scelta estetica. Il volto liscio e fresco di rasatura era abbronzato e nelle orbite incavate spiccavano due occhi nerissimi e intelligenti. Stan non era oggettivamente attraente, ma tra le sue conquiste spiccavano attrici famose e un paio di cantanti di successo. Probabilmente aveva avuto più donne lui di molti attori di film porno, e Madison doveva ammettere che sapeva come trattare le donne dentro e fuori dal letto.
-Lo spero. Al telefono mi ha detto che ci avrebbe pensato, ma sembrava intenzionata a provare. Ti piacerà subito. A me &egrave piaciuta subito.-
La sveglia del cellulare di Phuong era suonata alle otto del mattino: il tema di Pirati dei Caraibi l’aveva svegliata di colpo causandole un mezzo infarto. Si chiedeva ancora come avesse fatto la ragazza ad alzarsi e vestirsi così in fretta dopo solo quattro ore di sonno. Madison aveva reagito appena quando l’aveva sentita chinarsi a baciarla sulle labbra e uscire di corsa. Quando finalmente si era svegliata del tutto, due ore e mezza dopo, aveva trovato sul comodino un biglietto piegato in due. Su un lato aveva trovato un numero di cellulare e l’impronta di un bacio, sull’altro una scritta.

IL MIGLIOR ‘ASSAGGIO’ DELLA MIA VITA. SE VERAMENTE VUOI RIVEDERMI FINISCO L’AUDIZIONE INTORNO ALLE DUE, SPERO CHE MI CHIAMERAI. PS: LA PROPOSTA A CUI ACCENNAVI IERI SEMBRA INTERESSANTE, DOVE STA LA FREGATURA? SONO DISPOSTA A PARLARNE, MA NON PROMETTO NULLA.

Madison l’aveva chiamata alle due e mezza. Phuong l’aveva riconosciuta subito, era fuori dal teatro in attesa che terminassero i provini e comunicassero i promossi al turno successivo delle selezioni. Aveva ascoltato con attenzione le sue spiegazioni e quando Madison le aveva proposto di trovarsi quella sera alle sette al club per un provino aveva detto che doveva pensarci.
-Non ti ho mai sentita parlare in maniera così entusiasta di un’altra ragazza, sai?-
Madison si avvicinò all’uomo che la fissava con aria divertita, sedendosi sul tavolo. La minigonna risalì mostrando buona parte delle cosce nude. Le piaceva provocare Stan, era un giochino che facevano spesso e che talvolta riusciva pure a vincere. Sarebbe stato divertente se Phuong fosse arrivata mentre Stan la prendeva sul tavolo, chissà come avrebbe reagito.
-E’ bella, &egrave sexy, si muove come una gattina e le piace il sesso. Potrebbe anche diventare più brava di me in questo lavoro.-
-Nessuna &egrave più brava di te.- Rispose Stan scuotendo la testa. Non si lasciava andare spesso a complimenti di quel tipo, quindi Madison sorrise soddisfatta. Il loro non era un semplice rapporto capo-dipendente. Madison sapeva benissimo di essere la sua prediletta. Se non ci avesse scopato svariate volte avrebbe potuto considerarsi quasi una figlia adottiva.
-Scusa capo.- L’arrivo di John allentò la tensione erotica che si stava creando tra i due. .C’&egrave una ragazza che dice di avere un appuntamento.-
Madison si voltò verso il suo datore di lavoro con un sorriso soddisfatto.
-Hai visto? Te l’avevo detto che sarebbe venuta.-

Phuong aspettava in piedi vicino alla porta d’ingresso mordendosi il labbro. Era nervosa, non poteva non esserlo. Tutto quanto le sembrava una follia: la scuola di danza, la scelta di prostituirsi, la sua presenza in quel luogo. Era a V-City da poco più di un anno ma aveva avuto pochissimo tempo per farsi amici. Se fosse scomparsa probabilmente si sarebbero chiesti dove fosse finita per un paio di giorni, poi avrebbero concluso che era tornata a casa. Capitava a tanti ragazzi e tante ragazze: arrivavano a V-City in cerca di fortuna e fuggivano sconfitti. Quelli che riuscivano ad andarsene, quelli che non finivano nel tunnel della droga, della prostituzione o del traffico di esseri umani. Un tunnel in cui si stava gettando a capofitto.
Era ancora in tempo per tornare indietro. Poteva tornare a casa e dire che aveva fallito, nessuno avrebbe saputo ciò che era successo veramente in quella città lontana. Però lei lo avrebbe saputo. Aveva lavorato duramente per un anno nell’attesa di un’occasione, adesso che le era stata offerta non poteva tirarsi indietro.
Alzò lo sguardo sorridendo al buttafuori che stava tornando dall’interno del locale. John, così si chiamava, le piaceva. Era grosso come un armadio a due ante e aveva un’aria minacciosa, ma lo sguardo gentile non poteva mentire sulla sua natura da gigante buono. Aveva talento quando si trattava di giudicare le persone, ed era sicura che John non avrebbe mai fatto del male a un innocente.
-Il capo ti aspetta.- Disse l’uomo arrossendo per il sorriso. -Sei un’amica di Madison?-
Phuong si fermò per un attimo dissimulando un pizzico di imbarazzo.
-In un certo senso’ In realtà non ci conosciamo da molto, però mi ha tolta da un grosso guaio.-
-Strano, di solito &egrave lei quella che finisce nei guai. E’ la stella di questo posto, se ti raccomanda lei puoi andare tranquilla. Il capo &egrave una brava persona e ha un debole per lei, farebbe qualunque cosa gli chiedesse.- John si bloccò arrossendo. -Ovviamente non ti ho mai detto queste cose.-
Phuong gli fece l’occhiolino. -Manterrò il segreto, stai tranquillo.-
Dal modo in cui la spogliava con gli occhi era chiaro che il buttafuori aveva già un debole per lei. Poteva essere utile coltivare quell’interesse. Quel posto e la gente che lo frequentava erano pericolosi, più alleati fosse riuscita ad ottenere più probabilità avrebbe avuto di cavarsela.
L’uomo la guidò lungo a un corridoio lasciandola prima della porta di quella che doveva essere la sala principale del club. La struttura era quella di un teatro barocco, con una platea e diversi palchi sui tre lati del grande palcoscenico che si spingeva fino al centro della sala. L’arredamento e i colori però erano straordinari, sembrava di trovarsi all’interno di un canto dantesco. Le pareti erano ricoperte di dipinti o immagini renderizzate che rappresentavano dannati nudi tormentati da demoni. Attorno alle colonne erano avvinghiate statue di diavoli e diavolesse impegnati in amplessi con esseri umani, anche in due o tre per volta. La platea era un unico grande colonnato, dove le colonne erano cilindri trasparenti che degli effetti speciali facevano sembrare avvolti dalle fiamme. Phuong immaginò che all’interno dovessero esibirsi ballerine e ballerini, probabilmente completamente nudi. Il nome Devil’s kiss era veramente indicato per quel posto.
-Benvenuta all’inferno.-
Phuong era talmente presa dall’incredibile arredamento del locale che non aveva notato le due figure sedute attorno a un tavolo dal lato opposto del palco. Riconobbe senza difficoltà Madison che la guardava sorridendo. L’uomo seduto accanto a lei era Stan Vincenti. Non lo aveva mai visto dal vivo, ma sapeva tutto di lui. Era decisamente eccentrico in quell’abito bianco, ma al tempo stesso emanava un carisma particolare.
-Saluta così tutte le ragazze che si presentano per un provino?- Chiese girando attorno al palcoscenico per avvicinarsi. -Mi stupisce che non abbia ancora chiuso.-
L’uomo si alzò porgendole la mano piena di anelli. Era leggermente in sovrappeso, ma per un uomo di quasi cinquant’anni era in ottima forma.
-Ai miei ospiti piace molto, &egrave la frase che apre ogni serata. Io sono Stan Vincenti, chiamami Stan. Visto che potremmo lavorare assieme &egrave meglio abbandonare i formalismi.-
-Piacere di conoscerti Stan. Io sono Phuong Nguyen-Ducaux.-
-Sono felice che tu abbia deciso di venire.-
Phuong si voltò per salutare Madison che si era alzata e li aveva raggiunti. Indossava una minigonna in jeans che arrivava a malapena a coprirle le natiche e un top scollato. Nonostante l’abbigliamento casual e l’assenza di trucco era persino più bella della sera prima. Phuong arrossì mentre si baciavano sulla guancia: il ricordo di quello che era successo la sera precedente era ancora vivo nella sua mente. Si era lasciata andare in un modo imprevisto, ma era stato incredibilmente piacevole.
-Non ho ancora accettato, ma credo che valga la pena esplorare questa possibilità. Dopo ieri sera la strada ha perso molta attrattiva.-
-E’ per questo che ti sei vestita da puttana?-
Phuong rispose con un sorriso alla battuta dell’amica. Aveva pensato a lungo all’abbigliamento da indossare. Alla fine aveva optato per un paio di stivali alti fino al ginocchio, una minigonna inguinale ed una canottiera scollata. Un perizoma e un push-up che tirava ancora più su i suoi seni già alti e abbondanti avevano completato il look.
-Hai ragione.- Disse guardandola con aria innocente. -Ho pensato per un colloquio di lavoro al Devil’s kiss un tailleur non fosse la scelta più indicata.-
Stan Vincenti scoppiò a ridere.
-Hai pensato bene! Sei bella e hai spirito, mi piaci. Madison mi ha detto di averti già spiegato come funziona il lavoro qui. Ti &egrave tutto chiaro? Non voglio ripensamenti: se decido di farti firmare un contratto devi essere sicura di rispettarlo. Se succede io faccio una figuraccia e tu rischi grosso. I miei clienti non sono tutti dei santi, non voglio doverti portare in ospedale.-
L’uomo faceva il duro, ma Madison le aveva confidato che Stan si affezionava a chi lavorava per lui. Nessuno, donna uomo o transessuale, se ne era mai andato perché scontento di come era trattato. Certo, pretendeva fedeltà assoluta, ma chi sceglieva di lavorare per lui sapeva benissimo a cosa andava incontro. Madison aveva spiegato che chiunque si esibisse nel locale indossava un foulard con un codice colorato, che identificava il livello di prestazioni per cui era disponibile: dal bianco che identificava le spogliarelliste e gli spogliarellisti al rosso che identificava coloro che erano a completa disposizione dei clienti VIP. Ovviamente Madison era una delle pochissime a portare quel foulard.
Per conoscere le persone che potevano darle ciò che cercava avrebbe dovuto indossare anche lei il foulard rosso. Non la spaventava fare sesso con persone che non conosceva: era esattamente ciò che aveva fatto nei giorni in cui aveva lavorato sulla strada, con la differenza che sarebbero state persone ricche e potenti.
-E’ tutto chiaro.- Rispose dopo qualche istante di silenzio. -Sono disposta ad accettare tutte le condizioni e a scegliere il foulard rosso, ma voglio la garanzia che non mi verrà chiesto di fare nulla di illegale. So che alcuni tuoi clienti sono legati alla malavita. Non mi interessa cosa fanno quando non stanno scopando con me, ma non voglio rischiare che la mia fedina penale venga sporcata.-
Stan si girò verso Madison sorridendo. -Una ragazza che sa quello che vuole: mi piace. Puoi stare tranquilla, io seguo la stessa politica: quello che fanno i miei clienti fuori di qui non &egrave affare mio, ma qui dentro o quando usufruiscono dei miei servizi tutto deve essere pulito. Chiaramente prima di assegnarti il foulard rosso avrò bisogno di essere sicuro che tu sia adatta e che tu sia chi dici di essere: non voglio correre il rischio di far scopare i miei clienti con sbirri o giornalisti in cerca di scoop.-
-Mi sembra saggio da parte tua.- Rispose Phuong sorridendo. -Fai pure tutti i controlli che vuoi, se dobbiamo lavorare assieme dobbiamo fidarci l’uno dell’altro.-
Stan Vincenti annuì. -Lo farò, ma come dici tu non abbiamo ancora firmato. Cosa ne dici di andare sul palco e mostrarmi perché dovrei farti lavorare qui?-
Phuong annuì, quindi si chinò per sfilarsi gli stivali. Li aveva scelti per avere un aspetto più aggressivo, ma non erano l’ideale per uno strip tease o una lap dance. Per lo stesso motivo si sfilò la canottiera. Notò con piacere lo sguardo interessato di Stan di fronte ai suoi seni trattenuti a fatica dal push-up. Lo aveva indossato di una misura più piccola per accentuarne le dimensioni già generose.
-Sono pronta.- Disse salendo sulla pista a piedi nudi. -Riesci a farmi avere un po’ di musica o devo lavorare di immaginazione?-
Vincenti fece un cenno con la mano verso una vetrata che si trovava di fronte al palco in posizione rialzata. Era sicuramente la stanza dove si trovavano il mixer e i controlli degli effetti speciali, infatti dopo pochi secondi si spensero tutte le luci mentre un faro veniva puntato su di lei.
Mentre partivano le note di What a feeling cercò gli occhi di Madison, che le sorrise in segno di incoraggiamento. Phuong chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Lasciò che le parole di Irene Cara e la musica di Moroder entrassero nella sua testa iniziando a muoversi sensualmente. La danza era sempre stata nel suo sangue. Le riusciva naturale muoversi al ritmo della musica, anche quando la sentiva per la prima volta. Aveva in mente i passi di Jennifer Beals nel film, ma quello che Vincenti e Madison volevano da lei era un’altra cosa.

Stan si appoggiò allo schienale guardando con interesse la ragazza che iniziava a muoversi sulla pista.
-Ammetto che sulla sua bellezza non hai esagerato.- Disse rivolgendosi a Madison. -E’ una bellezza particolarissima, sensuale e dolce allo stesso tempo, ed ha un fisico pazzesco. Bisogna vedere se si sa anche muovere e se &egrave portata per tutto il resto.-
-Studia danza da quando &egrave una bambina. Magari non si muoverà come me, ma può imparare. E ti assicuro che il sesso le piace.-
-Un conto &egrave scopare in un vicolo buio, un altro su un palcoscenico davanti a cinquanta persone. Se le piace la prima cosa, anche con uno sconosciuto, non &egrave detto che le piaccia la seconda. In ogni caso vedremo.-
I suoi dubbi svanirono in pochi secondi. La danza di Phuong era di una sensualità travolgente. La ragazza si muoveva sul palcoscenico e attorno al palo della lap dance con la naturalezza di una professionista dimostrando agilità e flessibilità da contorsionista, persino superiori a quelle di Madison. Uno dopo l’altro lanciò a terra la minigonna, il reggiseno ed il perizoma. I seni erano straordinari: non eccezionalmente grandi in senso assoluto, ma il confronto con quel corpo minuto li rendeva spettacolari. Stan avrebbe volentieri infilato il suo cazzo tra quei due globi perfetti, magari dopo avere leccato i capezzoli scuri, quasi neri. Phuong era una bambolina magra come un chiodo e piena di curve al tempo stesso. Addome piatto, gambe dritte e sottili e un culo a mandolino da infarto, esteticamente aveva tutto per essere una nuova star del Devil’s Kiss.
Era curioso di vedere se sapeva dimostrare di essere anche abbastanza puttana.

Phuong alzò la testa scostando con una mano i capelli che le erano finiti sul volto. Aveva concluso l’esibizione inginocchiata a gambe larghe davanti al bordo della pista, la schiena inarcata all’indietro e il sesso esposto a poche decine di centimetri da Stan e Madison. Lo sguardo dell’amica la fece avvampare. Madison le stava osservando ostentatamente il sesso, non poteva non essersi accorta della patina lucida che stava ricoprendo la vulva. La danza l’aveva eccitata: era la prima volta che faceva qualcosa del genere, che arrivava a spogliarsi davanti a più persone con l’intento di eccitarle. Mentre si muoveva al ritmo della musica immaginava quanto dovesse essere esaltante farlo con la sala piena.
Vincenti iniziò a battere lentamente le mani annuendo con aria compiaciuta.
-Complimenti. Hai un corpo degno di un demone tentatore e sai come muoverti. C’&egrave qualcosa da limare ma sei decisamente promossa. Vediamo se sei altrettanto brava quando si tratta di scopare.-
Phuong inclinò la testa verso sinistra guardandolo con aria provocante.
-E sarai tu a farmi questo provino? Ammetto di essere curiosa, dicono che tu abbia avuto come amanti anche grandi attrici e cantanti famose.-
-Avrai modo di soddisfare la tua curiosità se lavorerai con me, ma per questo provino ho scelto lui.-
Phuong si girò verso il punto indicato dall’uomo. Uno dei pannelli in mezzo alla pista iniziò a scivolare su sé stesso aprendo un buco da cui spuntò la testa di un uomo con due corna caprine. Doveva esserci una sorta di ascensore studiato per ingressi in scena spettacolari, e l’effetto dell’uomo che stava salendo sulla pista era sicuramente di impatto. La sua carnagione aveva un colore tendente al rosso, i capelli erano neri e gli occhi completamente neri. Sul volto e sul petto nudo erano dipinti simboli esoterici che gli davano un aspetto inquietante. Le corna caprine e il resto del trucco lo facevano sembrare un vero e proprio diavolo.
-Dovrei fuggire spaventata?- Chiese sorridendo rivolta a Stan
-Oppure potresti lasciarti sedurre dal nostro demone.- Rispose l’uomo facendo un cenno con la mano. In risposta al suo gesto l’uomo fece un passo avanti strappandosi di dosso il perizoma nero che costituiva il suo unico indumento.
Phuong fissò con la bocca spalancata il cazzo che penzolava tra le gambe come un battacchio. Era completamente a riposo ma la lunghezza era decisamente fuori scala.
L’uomo si avvicinò avvolgendola tra le sue braccia. Era decisamente alto, Phuong arrivava a malapena all’altezza dei pettorali. Era magrissimo ma muscoloso: non una muscolatura da culturista, sembrava piuttosto quella di un tuffatore. Dai lineamenti non doveva essere molto più vecchio di lei, poteva avere al massimo venticinque anni. Le dita lunghe e forti iniziarono ad esplorare il suo corpo con voracità facendola sospirare. Se la danza aveva cominciato a eccitarla adesso il suo corpo bramava un rapporto sessuale. Portò la mano tra i due corpi avvolgendo il cazzo che cominciava a irrigidirsi. Le dita del ragazzo scesero verso il pube infilandosi nel suo sesso già pronto ad accoglierle. Sentiva due paia di occhi fissi su di sé, una sensazione eccitante ed esaltante. Immaginò il sesso di Vincenti gonfiarsi nei pantaloni, lo immaginò masturbarsi mentre di fianco a lui Madison si toccava fremente per il desiderio. Si piegò sulle gambe accovacciandosi con le ginocchia larghe. Il cazzo del suo partner fremette mentre lo prendeva in bocca senza nemmeno aiutarsi con le mani. Se volevano uno spettacolo indimenticabile lo avrebbero avuto. Dopo avere inumidito la cappella lo lasciò scivolare fuori dalla bocca percorrendolo tutto con la lingua fino a scendere i testicoli. Li leccò a lungo prima di risalire e affondarselo in bocca, questa volta muovendosi su e giù con la testa quasi freneticamente. Il giovane le appoggiò le mani sulle spalle per fermarla: Phuong non voleva che venisse prima di averla scopata, quindi lasciò libero il cazzo alzandosi in piedi.
-Riesci a reggermi?- Chiese al ragazzo mettendosi in punta di piedi per parlagli nell’orecchio.
Il giovane annuì con un sorriso d’intesa, segno che aveva capito quello che Phuong gli stava proponendo.
-Peserai meno di cinquanta chili, certo che ce la faccio’ aiutami a mettermi questo.-
Phuong prese il preservativo che il giovane le porgeva. Non sapeva da dove avesse preso la piccola confezione quadrata, probabilmente da qualche tasca nascosta nel suo travestimento. Lo aprì rapidamente srotolandolo sull’asta fino a ricoprirla completamente, quindi appoggiò le mani dietro la nuca del ragazzo strusciandosi sul cazzo eretto. Per un attimo aveva avuto paura che Vincenti volesse farla scopare senza protezioni, ma questa scelta la rassicurava. Voleva dire che l’attenzione alla salute dei dipendenti era forte: probabilmente tra loro potevano anche non usare le protezioni, ma nel momento in cui scopavano con una sconosciuta usavano ogni precauzione.
Il ragazzo la prese per le natiche sollevandola senza difficoltà. Phuong si aggrappò alle sue spalle lasciando che la impalasse sulla sua verga, spalancando la bocca quando la sentì entrare completamente. Il giovane era più forte di quanto il suo fisico apparisse. Iniziò a muovere il bacino con affondi rapidi e potenti, manovrandola come una bambola di pezza.
Non c’era bisogno di fingere di provare piacere. Il finto demone la stava scopando divinamente e l’eccitazione che le dava l’esibirsi di fronte a Madison e Vincenti faceva il resto. Lasciò andare la schiena all’indietro, sicura che il ragazzo ‘non sapeva nemmeno il suo nome- l’avrebbe tenuta. Voltando la testa incrociò per un attimo lo sguardo di Madison: il suo volto era rosso e i capezzoli premevano contro il tessuto leggero della canottiera. Avrebbe voluto che la ragazza salisse sul palco, voleva passare la lingua su quei seni magnifici e affondare le dita nel suo sesso.
Si abbandonò al piacere chiudendo gli occhi e lasciando scorrere i ricordi della sera precedente. L’orgasmo arrivò immediato. Gemette ad alta voce mentre il giovane continuò a scoparla finch&egrave non la sentì implorarlo di smettere. Il ragazzo si inginocchiò adagiandola a terra e sfilandosi, probabilmente convinto di avere concluso il suo compito, ma Phuong voleva impressionare Vincenti. Facendo uno sforzo di volontà per riprendere il controllo del proprio corpo ruotò su sé stessa mettendosi carponi in modo da dare un’ampia visuale delle sue natiche ai due spettatori.
-Prendimi così.- Disse allargando le natiche con le mani in maniera oscena.
Sapeva di avere un bel culo. La penetrazione anale rientrava costantemente tra le fantasie dei suoi partner, era convinta che quel ragazzo non facesse eccezione. Il giovane affondò nuovamente nella sua vagina pompandola con foga. Phuong portò due dita alla bocca inumidendole, quindi le infilò tra le natiche cercando lo sfintere. Le capitava spesso di masturbarsi infilando due dita o un piccolo vibratore nell’ano. Era una stimolazione diversa da quella vaginale ma per lei altrettanto piacevole. Sentì i colpi farsi più violenti, segno che la visione di quella masturbazione anale stava eccitando il ragazzo. Quando finalmente sfilò le dita il giovane colse il muto invito.
Smise immediatamente di scoparla, uscendo dal ventre e affondando senza difficoltà nel suo retto. Era un cazzo lungo e sottile, perfetto per quel tipo di stimolazione. Phuong appoggiò le mani alla pista concentrandosi sul cazzo che si muoveva nel suo culo. In quella posizione Madison e Vincenti potevano vedere perfettamente il cazzo muoversi nell’ano, avrebbe voluto vedere i loro volti e sentire le loro mani sul suo corpo. Era vicina a un nuovo orgasmo quando sentì un improvviso senso di vuoto tra le natiche. Si voltò appena in tempo per vedere il giovane gettare via il preservativo. Un getto di liquido caldo e appiccicoso la colpì su una guancia. Spalancò la bocca inarcando la schiena in modo da offrire i seni al diavolo. Altri tre, quattro, cinque schizzi di sperma finirono nella sua bocca, sul volto e sui seni. Si chinò in avanti prendendo il cazzo tra le labbra mentre con le mani si spalmava il liquido sul busto e sul volto.

Phuong sarebbe rimasta per ore sotto la doccia, era il luogo in cui riusciva a riflettere meglio. Il suo provino aveva avuto successo. Vincenti si era dichiarato entusiasta, aveva detto che era decisamente sprecata a lavorare come puttana sulla strada. Le aveva dato duemila dollari come acconto, dicendole che avrebbe controllato la sua identità e l’avrebbe richiamata per i controlli medici e per firmare il contratto.
Aveva seguito Madison nello spogliatoio quasi in trance. Finalmente la prima fase della sua missione era conclusa. Aveva dedicato l’ultimo anno e mezzo alla creazione della sua copertura, entro pochi giorni avrebbe saputo se il suo lavoro era servito a qualcosa. Se i mesi passati a rendere credibile la sua nuova identità erano stati utili avrebbe avuto la possibilità di infiltrarsi nella rete criminale che dominava V-City ed era una piaga per tutto il nord America. In caso contrario probabilmente sarebbe scomparsa nel nulla, l’ennesima ragazza in cerca di fortuna che veniva fagocitata dalla pericolosa metropoli. In ogni caso pochissime persone avrebbero pianto la sua scomparsa: forse qualche compagna di corso, sicuramente qualcuno dei suoi numerosi amanti e forse uno o due degli uomini che erano stati suoi clienti negli ultimi giorni. Non ci sarebbero state medaglie o funerali di stato per lei: la vecchia Phuong (aveva chiesto e ottenuto di mantenere il suo nome nella nuova identità) era morta un anno prima in una missione di addestramento, lo testimoniavano una lapide e un’urna nel cimitero di Vancouver. Anche in quel caso c’erano state poche lacrime: era orfana di entrambi i genitori ed era sempre stata una solitaria che aveva dedicato la sua vita allo studio e all’addestramento trascurando i rapporti umani, tanto da essere la prima del suo corso all’accademia in quasi tutti i campi. L’unica eccezione era il sesso, che aveva sempre vissuto cercando di non farsi coinvolgere dai numerosi partner che aveva avuto sia al college che all’accademia. Era stata questa combinazione di fattori ad attirare l’attenzione degli uomini che l’avevano selezionata per quella missione segreta. Aveva accettato subito: l’eccitazione della missione sotto copertura, la possibilità di contribuire alla fine di quell’organizzazione criminale e non ultima la componente sessuale erano motivi per non rifiutare.
Con un sospiro portò la mano alla manopola della doccia interrompendo il flusso d’acqua. Aprì la porta fermandosi davanti al sorriso di Madison, che la aspettava porgendole l’accappatoio.
-Ti preferisco così come sei adesso, ma immagino tu voglia asciugarti.-
Phuong rispose girandosi di spalle e lasciando che la ragazza la aiutasse a coprirsi
-Spero ti sia piaciuto lo spettacolo.-
-Credo che tu non abbia la minima consapevolezza di quanto sai essere eccitante. Avrei voluto salire sul palco e leccarti ovunque.-
Phuong si voltò arrossendo.
-Io stasera non ho impegni. Se tu non lavori potremmo’-
-Mi piacerebbe.- Madison scosse il capo. -Ma &egrave arrivato un cliente importante di Stan, un pezzo grosso di cui non posso farti il nome. Ha saputo che sono qui e ha chiesto di avermi al tavolo con lui nel suo palco. Può darsi che poi mi tocchi anche andare a casa sua, &egrave piuttosto vitale e fantasioso per la sua età.-
-E’ uno di quelli con cui non vorresti andare?-
-Tutt’altro, ma avrei preferito passare la serata con te.-
-Ci saranno altre occasioni.- Rispose Phuong sorridendo. Anche lei era delusa: aveva organizzato l’incontro con Madison nella speranza che la aiutasse ad entrare al Devil’s Kiss, ma quello che avevano fatto la sera prima le era piaciuto veramente.
-Lo spero.- Madison aprì la borsetta prendendone un mazzo di chiavi. -L’offerta di ospitarti &egrave sempre valida. E’ meglio che tu non resti sola in casa tua dopo quello che &egrave successo l’altra sera. Potrebbe sapere dove abiti, quando finisco ti chiamo e andiamo a recuperare la tua roba.-
Phuong sorrise. Era chiaro che si trattava di una scusa, ma era felice dell’offerta di Madison. La bella ballerina era la stella di quel locale, se fossero diventate amiche avrebbe avuto molte più possibilità di accedere a informazioni utili per danneggiare l’organizzazione.
-Continuo ad accumulare debiti nei tuoi confronti, Madison. Accetto, ma farò in modo di sdebitarmi.-
Madison fece un passo avanti baciandola sulle labbra. Un bacio leggero che la fece rabbrividire.
-Non devi sdebitarti, &egrave un piacere. Ci vediamo presto.-
Phuong la guardò uscire dallo spogliatoio. Era una ragazza strana, non riusciva a inquadrarla. Non riusciva a credere che fosse coinvolta in affari loschi, sembrava veramente una brava ragazza. Certo, i benpensanti l’avrebbero chiamata sgualdrina, ma era un atteggiamento bigotto. Perché una persona non poteva avere un atteggiamento libero e disinibito nei confronti del sesso senza essere considerata una poco di buono? Anche Phuong aveva dovuto combattere contro questo pregiudizio al college e all’accademia, aveva persino rischiato diverse volte l’espulsione. Se fosse riuscita avrebbe fatto di tutto per tenere Madison fuori dai guai, sperava veramente di riuscirci.
V-City University, 7 luglio 2014
Catherine appoggiò lo smartphone alla sedia che aveva di fianco, fissando l’orologio e sbuffando rumorosamente. Cominciava a essere nervosa per quella evidente mancanza di rispetto. Era stata convocata dal rettore Carson per la fine delle lezioni, ma era passata già mezz’ora da quando si era presentata nell’anticamera dell’ufficio e ancora l’uomo non si era degnato di riceverla.
Guardò Shawna che passeggiava nervosamente avanti e indietro. La divisa dell’università rendeva l’amica ancora più sexy, non era strano che più di un professore avesse provato a portarsela a letto chiudendo in un cassetto la deontologia professionale. La gonna nera lunga fino al ginocchio, la camicetta bianca e la cravatta a quadretti con i colori dell’università sembravano uscite direttamente da un telefilm per adolescenti, ma da oltre cinquant’anni la divisa faceva parte della storia dell’istituto.
-Mi piacerebbe almeno che quella stronza ci dicesse perché siamo qui.-
La stronza di cui parlava Shawna era la segretaria del rettore, Mary Bennet, un’acida cinquantenne che trattava gli studenti come degli appestati.
-Attenta che ti sente.
-Che mi senta pure, sono stanca di fare anticamera.-
In quel momento la porta dell’ufficio si aprì con un cigolio sinistro. Catherine rabbrividì vedendo il rettore sporgersi. Carson era un uomo alto e dall’aria marziale, che gli studenti tra loro nominavano il nazista per la sua aria severa e il terrore che sapeva incutere ai ragazzi. L’uomo arrivò fino all’ufficio della segretaria sbirciando verso l’anticamera con un’espressione da funerale.
-Signorine, potete venire nel mio ufficio? Miss Bennet, lei può andare a casa.-
Catherine e Shawna si guardarono senza aprire bocca. Per tutto il tempo in cui il rettore aveva passato lo sguardo sulla stanza avevano trattenuto il fiato senza muovere un muscolo. Muovendosi all’unisono raggiunsero la porta dell’ufficio fermandosi in attesa.
-Prego.- Disse l’uomo accompagnando le parole con un cenno del braccio.
Catherine seguì Shawna nella stanza semibuia. Nessuna delle due era mai stata nell’ufficio del rettore. Sembrava di essere state catapultate nell’Inghilterra vittoriana. Tappeti, quadri e mobili sembravano provenire da quell’epoca lontana. Gli unici elementi di modernità erano il personal computer sulla scrivania del rettore ed uno schermo al plasma appeso al muro di fianco alla scrivania.
-Sedetevi, vi prego.-
Presero entrambe posto nelle poltroncine indicate dall’uomo. Carson a sua volta girò attorno alla scrivania accomodandosi al suo posto. Dopo qualche istante si sporse in avanti appoggiando i gomiti alla scrivania e unendo i polpastrelli delle due mani. Catherine sentiva il cuore battere a mille davanti a quello sguardo. Aveva la sensazione che stesse per succedere qualcosa di brutto, ma non riusciva a staccare i suoi occhi da quelli dell’uomo.
-Catherine Sanderton e Shawna Moore.- Sussurrò l’uomo -Vi siete infilate in brutto guaio ragazze, non so se questa volta le vostre famiglie saranno in grado di proteggervi. Non so nemmeno se vorranno farlo.-
Catherine non capiva di cosa stesse parlando l’uomo. Voleva chiedere chiarimenti, ma fu anticipata da Shawna, che era più spigliata &egrave irriverente di lei.
-Di cosa sta parlando?-
-Signore.- La voce dell’uomo era gelida. -Di cosa sta parlando SIGNORE. Non accetto mancanza di rispetto nel mio ufficio.-
Catherine appoggiò la mano su quella dell’amica per farle capire di fare come diceva Carson. Da parte sua quell’uomo emanava un carisma unico, non credeva che avrebbe potuto disobbedire ad un suo ordine.
-Di cosa sta parlando, signore?- Ribadì Shawna accentuando l’ultima parola.
Il sorriso compiaciuto che si disegnò sul volto del rettore era inquietante.
-Immagino che neghereste qualunque addebito, quindi per evitare un’inutile pantomima vi mostrerò subito le prove.-
L’uomo prese un telecomando dalla scrivania puntandolo verso il televisore. Subito iniziarono a scorrere le immagini di una stanza vuota. Catherine impiegò qualche secondo prima di riconoscere la sala della confraternita Alfa-Omega. Mentre scorrevano sullo schermo le immagini di loro due che entravano nella stanza prese la mano di Shawna sentendola gelida. Si chiese per un istante se anche il suo volto fosse diventato bianco come quello dell’amica. Le immagini ad alta definizione ogni tanto cambiavano inquadratura, segno che erano state riprese da diverse telecamere e successivamente montate.
-Signore, forse’-
-Silenzio.- La voce gelida di Carson la interruppe prima che potesse balbettare qualunque giustificazione -Parleremo quando sarà finito il filmato.-
Le immagini proseguirono per oltre venti minuti, segno che l’uomo -o chiunque le avesse visionate e montate- aveva operato dei tagli. Per tutto il tempo le due ragazze fissarono in silenzio le immagini della loro orgia con Alex Cavendish.
-Cosa avete da dire a vostra discolpa?- Chiese l’uomo infine.
-Signore.- Iniziò Shawna che sembrava essersi ripresa -Ha ragione, non abbiamo tenuto un comportamento etico. Siamo pronte a pagare con lavori socialmente utili, ma forse la sua affermazione &egrave un po’ esagerata.-
L’uomo sorrise ancora. Il sorriso soddisfatto di un aguzzino.
-Non &egrave il sesso ad avervi messe nei guai, ma ciò che avete nascosto nella stanza. Signor Nowak, venga dentro.-
Mentre l’uomo parlava Catherine vide aprirsi una porta laterale che fino a quel momento era rimasta chiusa, facendo entrare il signor Nowak, il capo della sicurezza dell’università. Era un ex militare di quarant’anni, basso e tarchiato. I capelli biondi erano tagliati a spazzola e gli occhi azzurri erano gelidi. Più di una volta Catherine lo aveva notato osservare con aria insistente le ragazze che studiavano su qualche prato o si allenavano correndo nel parco del campus.
Ciò che la fece bloccare il cuore fu quello che vide tra le mani di Nowak: il sacchetto con le pasticche di Afrodite A+. Si voltò verso l’amica portandosi una mano alla bocca, ma anche Shawna questa volta era pietrificata.
-Signor Nowak, mi sa dire cos’&egrave il sacchetto che ha in mano e da dove proviene?-
-Proviene dal nascondiglio dove lo hanno infilato queste due ragazze, come mostrato nel video. Ho fatto analizzare una delle pasticche, si tratta di Afrodite A+, una nuova droga per ricchi. Ci sono centotrentasette pasticche nel sacchetto, a quanto dice il mio amico rientriamo abbondantemente nelle quantità definibili traffico di droga e punibili con la galera.-
-Molto bene signor Nowak.- Commentò con tono neutro Carson -Anzi, male. Non mi aspettavo che due studentesse del mio istituto, soprattutto due di famiglie così in vista, fossero due drogate e spacciatrici. Sono indeciso se chiamare subito la polizia o se usare alle vostre famiglie la delicatezza di avvisarle prima che siate portate al distretto.-
Catherine portò le mani al volto scoppiando a piangere. Una delle richieste del nuovo procuratore che si era insediato a V-City era l’inasprimento delle pene per spaccio di droga, se fossero state denunciate avrebbero passato diversi anni in carcere. La stampa avrebbe preteso una condanna esemplare e il giudice l’avrebbe concessa per evitare di essere accusato di concedere favoritismi alle figlie di due delle famiglie più in vista della città.
-Signore.- La voce di Shawna era supplicante -Se ci denuncia ci rovina la vita.-
-E’ la conseguenza delle vostre azioni, non delle mie. Siete due puttanelle drogate e due spacciatrici, non siete minimamente consapevoli della fortuna che avete avuto a nascere nelle vostre famiglie. Qualche anno di galera &egrave quello che vi meritate.-
-Signore, &egrave stato un errore.- Continuò Shawna -Forse ha ragione e siamo due puttanelle drogate, ma quella droga era per noi. Non avevamo intenzione di spacciarla.-
-Volevate consumarla voi? Magari durante qualche altra orgia selvaggia?-
-Sì, signore.-
Carson si alzò girando attorno alla scrivania fino ad arrivare di fianco a Catherine.
-Signorina Sanderton, &egrave vero?-
-Sì signore. Era solo per il sesso, non penseremmo mai a spacciare.-
L’uomo camminò per diversi secondi avanti e indietro. Catherine alzò il viso guardandolo. Le lacrime avevano smesso di scendere, forse c’era la speranza che l’uomo cambiasse idea.
-Sapete? Forse posso credervi, ma dovrete convincermi della vostra sincerità. Lei cosa dice signor Nowak?-
L’uomo sorrise. -Credo che abbiano comunque bisogno di una punizione, e che non basteranno due parole e qualche lacrima per convincerci.-
C’era qualcosa nel modo in cui i due uomini parlavano che non convinceva Catherine. In tutta la situazione c’era qualcosa che non andava. Era come se stessero recitando una parte per arrivare a qualche conclusione, ma dove volevano arrivare? Forse volevano dei soldi dalla loro famiglia? Catherine avrebbe dovuto mentire per procurarseli, ma era in gioco il suo futuro.
-Signore, ci dica cosa vuole che facciamo per convincerla della nostra buona fede.-
-Certo signore. Siamo disposte a sopportare la nostra punizione, ma non ci faccia andare in carcere e non dica nulla alle nostre famiglie.-
Carson prese posto sulla sua poltrona accavallando le gambe. Aprì un cassetto e ne estrasse un sigaro, osservandolo con aria pensierosa.
-Molto bene. Alzatevi in piedi e sfilatevi le mutande. Le voglio qui sulla mia scrivania.-
Catherine spalancò la bocca fissandolo incredulo. Era questo a cui voleva arrivare? Non ci voleva credere, era una situazione troppo ridicola per essere vero.
-Signore, sta scherzando?- Chiese scuotendo la testa incredula.
-Se lo può sognare. Sono disposta ad accettare una punizione, non a dare la mia biancheria intima a un vecchio pervertito.-
La risposta di Shawna sembrò colpire l’uomo.
-D’accordo.- Disse prendendo il telefono e componendo il 911. Catherine si voltò a fissare l’amica che scosse la testa.
-Non lo farà, sta solo facendo scena per impressionarci.-
-Buongiorno agente, sono Paul Carson, rettore dell’università.- Dal brusio che proveniva dalla cornetta era chiaro che la chiamata era reale. Catherine scosse il capo guardando Shawna, che però alzò le spalle sorridendo fiduciosa. -Devo fare una denuncia, due dei miei studenti sono in possesso di un grande quantitativo di droga.-
Il sorriso di Shawna si era spento. Era chiaro che l’uomo non scherzava e sarebbe arrivato fino in fondo.
-Esatto, le chiedo se può mandare una vettura a prenderli. Le comunico i nomi nel caso voglia girarli a chi di dovere. Il primo &egrave Ca’-
Catherine scattò in avanti schiacciando il pulsante che interrompeva la chiamata. E parlando con tono concitato.
-Signore, farò tutto quello che vuole, ma non ci denunci. Ho sbagliato a dirle di no, la sua era una richiesta ragionevole, signore. La prego, mi perdoni.-
L’uomo appoggiò la cornetta al suo posto, quindi fissò le due ragazze una dopo l’altra. Con la coda dell’occhio Catherine poteva vedere il volto ceruleo di Shawna.
-Mi scusi signore.- Balbettò la ragazza -Non sapevo quello che dicevo.-
L’uomo annuì, quindi si alzò in piedi. Il suo volto era paonazzo e la sua voce gelida e rabbiosa esprimeva una furia pronta a scoppiare
-Forse non avete chiara una cosa. Vi siete messe in una brutta situazione e io sono l’unico che può aiutarvi. Potete stare sicure che le detenute e i secondini del carcere sarebbero ben felici di avere tra le loro mani due ragazzine ricche, sarebbe la loro occasione per vendicarsi della vita da falliti che vivono lì dentro. Quando uscirete sarete due persone distrutte, nel corpo e nel fisico. Se non volete che sia così dovete fare tutto quello che vi dico senza obiettare. Oppure la prossima volta che alzerò quella cornetta sarà per farvi buttare nella peggiore delle celle, indipendentemente da quello che possono provare a fare le vostre famiglie. Darmi le mutandine sarà solo l’inizio. Potete stare sicure che la lezione sarà lunga, ma a due puttanelle come voi potrebbe piacere, anzi ne sono sicuro. Potete scegliere. Continuare a frequentare l’università seguendo i miei ordini e facendo una vita normale o finire in galera. A voi la scelta.-
Catherine chiuse gli occhi respirando a fatica. Le parole e l’atteggiamento dell’uomo l’avevano colpita, nessuno l’aveva mai trattata in maniera così dura. Per i suoi genitori era la bambina di casa, la figlia minore diligente e carina da vezzeggiare e coccolare, mentre le ramanzine se le era sempre prese Logan. Quando suo fratello era sparito la situazione era persino peggiorata. I loro genitori per paura di perderla l’avevano riempita di attenzioni dandole tutto e permettendole qualunque cosa. Anche i professori e gli altri adulti con cui parlava giustificavano ogni suo errore con il trauma per la scomparsa del fratello. Nessuno l’aveva mai trattata così. Ma la cosa che la sconvolgeva era che LE PIACEVA essere trattata così. Era una sensazione nuova e inebriante. Non aveva mai sentito un ‘no’, e ora aveva davanti una persona che le urlava in faccia.
Si alzò in piedi girando attorno alla sedia, quindi tenendo gli occhi bassi abbassò le mutandine fino alle caviglie. Poteva sentire su di sé lo sguardo dei due uomini. Si vergognava terribilmente ad essere così esposta, ma allo stesso tempo fremeva per la curiosità: che cosa le avrebbe chiesto adesso quell’uomo? Sollevò un piede per liberarlo dalle mutandine, quindi sollevò l’altra gamba appoggiandola al bordo della poltrona. Si rendeva conto che in quel modo le sue gambe erano quasi completamente esposte allo sguardo dei due uomini, ma era sicura che fosse proprio ciò che volevano. Con un gesto rapido prese l’indumento e lo appoggiò sulla scrivania di fronte all’uomo, quindi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi guardando Shawna in attesa.
La sua amica si alzò sospirando, quindi annuì per farle capire che si era arresa. Dopo meno di cinque secondi il suo perizoma era sulla scrivania di fianco a quello di Catherine.
Carson annuì con aria soddisfatta, quindi aprì un cassetto e vi fece scivolare dentro i due indumenti.
-Perfetto. Cominciamo a ragionare.- L’uomo indicò la grande finestra che si apriva a destra della scrivania mostrando l’ampio cortile tre piani più in basso, quindi aprì il sacchetto e appoggiò sulla scrivania due capsule di Afrodite A+ -Prendetene una e avvicinatevi a quella finestra in modo da guardare fuori.-
Catherine guardò stupita prima lui poi la capsula che sembrava aspettarla invitante. Sarebbe stato più facile sopportare quello che stava per succedere se l’avesse presa, ma poteva essere una trappola.
-Signore, vuole veramente che la prendiamo?-
-Voglio vedere se ha veramente l’effetto di cui voi puttanelle avete parlato. Prendetela, quando ve la do io potete farlo.-
Catherine e Shawna allungarono la mano prendendo ognuna una pastiglia e portandola alla bocca, quindi si avvicinarono alla finestra guardando fuori. Il cortile era vuoto, a quell’ora nell’università non c’era quasi più nessuno.
-Chinatevi in avanti appoggiando le mani al vetro. La schiena deve essere quasi perpendicolare rispetto al muro, diciamo a sessanta gradi. Poi allargate le gambe e alzatevi la gonna, voglio vedere il vostro culo.-
Mentre eseguiva gli ordini dell’uomo Catherine pensò che forse l’uomo le aveva fatto un favore facendole ingerire la droga. Aveva il sospetto che i due uomini non si sarebbero accontentati di mostrare le loro grazie. Stava per subire una violenza e l’Afrodite l’avrebbe resa sopportabile. Il rumore di passi che si avvicinava le fece trattenere il fiato. Sentì una presenza passarle di fianco, quindi con la coda dell’occhio vide Nowak accostarsi a Shawna. Il lamento dell’amica le confermò la sua idea: i due uomini non si sarebbero limitati a guardare.
-Signorina Moore, non si muova. Il signor Nowak vuole valutare chi di voi due abbia il culo più invitante. Sappiate che dovrete a lui la stessa obbedienza che dovrete a me, in ogni caso prima di lasciarvi vi comunicherò le regole che dovrete tassativamente osservare da oggi.-
Catherine chiuse gli occhi sospirando. Nonostante quei due uomini che potevano avere l’età di suo padre la spaventassero e le facessero ribrezzo l’idea di dover sottostare alle loro regole e ai loro ordini stava trasformando la sua vagina in un lago. Si chiese se stesse impazzendo o se fosse semplicemente l’effetto della droga. Essere completamente in balia della depravazione di Carson e Nowak, senza sapere cosa stessero preparando per lei era una sensazione incredibilmente eccitante.
Il contatto della mano sulla natica la fece sussultare. Chiuse gli occhi e trattenne il respiro chiedendosi che cosa avesse intenzione di fare l’uomo. Aveva provato solo una volta a girarsi per vedere cosa stesse facendo, ma un richiamo secco di Carson l’aveva prontamente convinta a continuare a guardare fuori dalla finestra. Le dita di Nowak erano ruvide e calde. L’uomo la palpeggiò in maniera rude, senza preoccuparsi del dolore che eventualmente poteva infliggerle. Dopo avere saggiato a lungo la consistenza delle sue natiche l’uomo spostò la mano verso il sesso. Catherine non riuscì a trattenere un gemito quando sentì indice e medio affondare nel suo ventre.
-O quella droga funziona o queste due sono veramente puttane.- Disse l’uomo ridendo mentre esplorava la vagina di Catherine -Sono entrambe fradicie, facevano la sceneggiata delle lacrime e delle vergini ferite ma non vedevano l’ora di essere trattate come le troie che sono.-
Nowak esplorò a lungo la sua vagina facendola sospirare diverse volte, quindi estrasse le dita puntando il medio contro lo sfintere. Catherine cercò di rilassarsi per non provare dolore. L’afrodite era certamente d’aiuto, infatti il dito dell’uomo entrò senza difficoltà. Il responsabile della sicurezza sfilò il dito per poi infilarlo nuovamente, ripetendo il gioco per diverse volte prima di sfilarlo definitivamente.
-Vince decisamente questa.- Concluse infine l’uomo allontanandosi -La Moore ha soprattutto delle belle tette, ma il culo della Sanderton &egrave fenomenale. Avrebbe dovuto provare come mi succhiava il dito il suo buchetto, deve piacerle proprio prenderlo in culo.-
Catherine avrebbe voluto mettersi a piangere. Avrebbe dovuto sentirsi indignata e umiliata per il modo in cui la stavano violando, invece aveva le gambe che le tremavano per l’eccitazione.
-Potete alzarvi.-
La voce di Carson era soddisfatta e tranquilla. Catherine si alzò e si girò verso il centro della stanza. Shawna teneva gli occhi bassi per la vergogna, ma dal modo in cui i suoi capezzoli puntavano sotto il tessuto della camicia era chiaro che anche lei fosse eccitata. Il rettore era seduto su una delle poltrone su cui le aveva fatte accomodare, voltata verso la finestra.
-Siete state brave.- Disse l’uomo sorridendo -Continuate così e sono sicuro che andremo d’accordo e presto sarete riabilitate. Signor Nowak, faccia vedere alla signorina Sanderton il suo premio.-
Catherine arrossì. I due uomini le avevano fatte mettere in mostra come animali a un concorso. Non riusciva a immaginare cosa le menti depravate di quei due uomini potessero considerare come un premio, ma la sua curiosità venne subito soddisfatta. Nowak appoggiò sulla scrivania un plug anale nero e lucido, guardandola con un sorriso irridente.
-Credo che ti piacerà. Sai cos’&egrave? Immagino che una troia come te lo avrà già usato.-
Le parole di Nowak la colpirono come uno schiaffo. I due uomini non perdevano occasione per offenderle e denigrarle, ma non potevano far altro che accettare di buon grado questo trattamento.
-Lo conosco, signore.- Rispose abbassando il capo -Ma non l’ho mai usato.-
-Bene, questa sarà la prima volta. Lo prenda.- Ordinò Carson -E lo infili dove deve essere infilato.-
Catherine non aveva il coraggio di guardare la sua amica. Si avvicinò alla scrivania prima che l’uomo ripetesse l’ordine, prendendo l’oggetto. Aveva la classica forma a punta, come un cono con la punta arrotondata e un piedistallo circolare. Si voltò in modo di dare le spalle all’uomo e si chinò in avanti appoggiando le mani ad una sedia. Sapeva che i due aguzzini avrebbero voluto vederla mentre lo infilava, tanto valeva dare loro subito ciò che volevano. La cosa peggiore era che sapeva anche che le sarebbe piaciuto. Avrebbe voluto provare dolore, sentirsi spaccare in due e piangere per la violenza che stava subendo, ma sapeva che non sarebbe successo. Portò la mano dietro le gambe appoggiando la punta allo sfintere e iniziando a spingere. Il diametro del plug era maggiore di quello di un cazzo, ma non era eccessivo. Quando sentì il punto più largo superare lo sfintere e il muscolo richiudersi sospirò. Era piacevole, si sentiva piena in una maniera strana, diversa dalle volte in cui aveva fatto sesso anale. Si raddrizzò voltandosi verso i due uomini con le braccia lungo i fianchi.
-Molto bene.- Commentò Carson -Dovrà tenerlo fin quando arriverà a casa, solo allora potrà toglierlo, ha capito?-
-Sì signore.-
Il rettore ruotò le braccia appoggiandole sui braccioli della poltrona in modo da tenere i palmi rivolti verso l’altro. I polsi sporgevano di qualche centimetro oltre la fine dei braccioli.
-Ancora una prova prima di darvi le regole che dovrete seguire e di lasciarvi andare. Avvicinatevi in modo da avere le vostre fighe sopra le mie mani.-
Catherine eseguì l’ordine seguita da Shawna. Le loro dita si cercarono come per darsi forza a vicenda.
-Sfregatevi contro la mia mano cercando di darvi piacere. Potete appoggiarvi a me o alla poltrona e potete usare le mani per modificare la posizione o l’angolazione delle mie mani o dita, ma non potete in alcun modo toccarvi. La prima che verrà avrà vinto, l’altra subirà una punizione. Tutto chiaro?-
-Sì signore.- Risposero all’unisono.
-Bene, allora procedete.-
Catherine non sapeva quale fosse la punizione, ma aveva intenzione di non perdere la prova. Chinò il busto in avanti appoggiando le mani allo schienale mentre fletteva le ginocchia. Iniziò a muovere il bacino avanti e indietro sfregando la vulva contro la mano dell’uomo. Carson restava completamente immobile mentre le due ragazze più giovani di quasi quarant’anni sfregavano i loro sessi contro le sue mani. Catherine sentiva il piacere salire, ma era troppo lento. Non poteva deludere l’uomo e perdere la sfida, non voleva essere punita. Si sollevò leggermente portando una mano tra le gambe. Senza guardare piegò due dita del rettore verso l’alto, quindi si abbassò nuovamente. Indice e medio entrarono agevolmente nella sua vulva. Se le dita di Nowak erano tozze e ruvide quelle di Carson erano lisce e morbide, di una lunghezza quasi sproporzionata. Catherine lasciò che le pareti vaginali si adeguassero alla presenza, quindi si alzò aggiungendo l’anulare alle altre due dita. La penetrazione questa volta fu più difficile e dolorosa. Tre dita erano più larghe di un cazzo, ma Catherine aveva bisogno di qualcosa di estremo. Cominciò a muoversi freneticamente impalandosi sulle dita e sfregando il clitoride contro il palmo della mano. L’orgasmo arrivò improvviso. Inarcò la schiena gettando la testa all’indietro con la bocca spalancata. I suoi gemiti le arrivavano come se non fosse lei a urlare. Fu un orgasmo potente, amplificato dal plug inserito nel suo ano e dall’effetto della droga. Si abbandonò in avanti appoggiando la fronte allo schienale della poltrona, ansimando e cercando di fermare il respiro. Sentiva il cuore pulsarle nelle tempie e sentiva su di sé gli sguardi dei due uomini.
-Ha vinto Catherine Sanderton, notevole.- La voce dell’uomo non rifletteva alcuna emozione, era possibile che non si fosse eccitato? -Alzatevi, &egrave il momento della punizione per la sconfitta.-
Catherine si alzò a fatica guardando Shawna. La sua amica aveva il volto rosso per la fatica e l’eccitazione, ma la sua espressione era preoccupata. Carson si alzò e si posizionò di fianco alla poltrona, indicandola a Shawna.
-Si metta in ginocchio con i gomiti appoggiati allo schienale, quindi tiri su la gonna.-
Shawna eseguì docilmente gli ordini dell’uomo. A Catherine sfuggì un gemito quando lo vide sfilarsi la cintura.
-La punizione sarà leggera: una di voi doveva perdere, non era previsto il pareggio. Mi limiterò a tre frustate sulle natiche, così nei prossimi giorni porterà sul suo corpo i segni del suo peccato. Quando avrò finito potrà usare la sua bocca per dare piacere al signor Nowak. Credo che la consideri una punizione, ma vi assicuro che imparerete a considerarlo un premio.-
Catherine fissò l’amica che guardava Nowak con sguardo perso nel vuoto e gli occhi lucidi. Sembrava stesse combattendo con il suo orgoglio che le suggeriva di ribellarsi a quella ennesima umiliazione, ma alla fine l’orgoglio ebbe la peggio.
-Grazie per la clemenza, signore.-
Carter sorrise soddisfatto. Un passo dopo l’altro le due giovani si stavano piegando alla sua volontà.
-Molto bene, come premio per l’atteggiamento docile consentirò alla sua amica di leccarle la figa mentre lei soddisfa il signor Nowak, così potrà portarla all’orgasmo che le &egrave mancato.-
Catherine si avvicinò a Shawna accarezzandole il volto. Si sentiva in colpa per avere vinto la gara, e una parte di lei avrebbe voluto essere al posto dell’amica.
-Lo farò con piacere signore, grazie.-
Girò attorno alla poltrona tenendo il volto dell’amica tra le mani. Nowak si avvicinò abbassandosi i pantaloni e gli slip con il suo solito sorriso. Il cazzo era già eretto, un cazzo tozzo e storto verso sinistra, con la pelle che copriva completamente la cappella.
Senza alcun tipo di preavviso Carson alzò il braccio sopra la testa calandolo con violenza. Lo schiocco della cintura fu seguito dal rumore dell’impatto con la pelle di Shawna e dal suo urlo di dolore. Catherine osservò con tristezza una striscia rossa disegnarsi sulla pelle dell’amica. Carson lasciò passare qualche secondo, quindi colpì altre due volte la ragazza, che rispose con altrettanti urli. Catherine era sconvolta per l’effetto che quella scena stava avendo sul suo corpo. I capezzoli erano eretti e la vulva nuovamente umida, la visione del corpo dell’amica colpito con violenza la stava eccitando. Shawna aveva le lacrime agli occhi per il dolore, ma la sua punizione non era finita.
Nowak fece un passo in avanti appoggiando il suo cazzo alle labbra della bionda, che dischiuse le labbra facendolo scivolare in bocca. Dall’espressione di Shawna non doveva avere un gusto gradevole. Nowak non aveva l’aria di un uomo particolarmente pulito. Si era sempre chiesta come mai Carson avesse affidato un incarico di così alta responsabilità a un uomo così sgradevole: evidentemente li accomunava la loro perversione. L’uomo doveva essersi sentito osservato. Si voltò verso di lei aprendo le labbra e mostrando i denti gialli.
-Ti conviene andare a leccarla se vuoi che goda prima di me. Poi voglio che voi due troie vi spartiate la mia sborra calda.-
Catherine si scosse dal suo torpore. Le parole dell’uomo la fecero rabbrividire. Nowak le faceva ribrezzo, ma allo stesso tempo il suo cazzo che si muoveva nella bocca di Shawna aveva un effetto ipnotico. Girò attorno alla poltrona inginocchiandosi alle spalle dell’amica.
Avvicinando il volto al sesso sentì chiaramente l’odore della sua eccitazione. Le grandi labbra erano lucide per la lubrificazione, segno che nonostante tutto anche Shawna stava traendo piacere dall’umiliazione che stavano provando. Catherine affondò il volto tra le natiche dell’amica sfiorando le grandi labbra con la sua lingua. Sapeva perfettamente quali punti solleticare per fare esplodere l’amica, era stata Shawna a iniziarla al sesso lesbico e ognuna delle due conosceva a memoria i gusti dell’altra. Le bastarono pochissimi minuti per sentire Shawna fremere e agitarsi emettendo gemiti con la bocca piena. Dopo avere assaporato le copiose secrezioni dell’amica si alzò girando nuovamente attorno alla poltrona e inginocchiandosi di fianco a Nowak.
L’uomo aveva appoggiato le mani sulle orecchie di Shawna e stava letteralmente scopando la bocca dell’amica, che subiva passivamente il trattamento. L’espressione di Nowak era alterata in una smorfia folle. Catherine ebbe la certezza che si trattava di un uomo pericoloso, ma non riusciva a staccare gli occhi dal cazzo che si muoveva nella bocca dell’amica. Vedendola arrivare l’uomo fermò la sua furia, tirandosi indietro e lasciando solo la grossa cappella in bocca a Shawna.
-Fammi venire tu.- Mentre parlava le prese la mano portandola sul cazzo -E non sprecarne nemmeno una goccia, devi condividerla con la tua amica.-
Il movimento frenetico della mano di Shawna diede i suoi frutti dopo pochi secondi. L’uomo lanciò un grugnito degno di un maiale mentre il suo cazzo pulsava nella bocca di Shawna. Catherine vide gli occhi dell’amica spalancarsi mentre cercava di trattenere in bocca tutto il seme dell’uomo.
Quando finalmente Nowak si sfilò dalla bocca dell’amica Catherine prese immediatamente il suo posto. Appoggiò le labbra a quelle di Shawna che si allargarono riversando nella sua bocca il liquido caldo. Si baciarono a lungo passandosi di bocca in bocca lo sperma dell’uomo, continuando anche dopo averlo ingoiato. Il gusto forte del seme era come un afrodisiaco naturale per Catherine, che avrebbe voluto essere al posto dell’amica.
-Adesso basta.-
L’ordine di Carson era imperioso e non ammetteva repliche. Catherine si allontanò da Shawna e le due ragazze presero posto sulle poltrone con le mani in grembo. Così seduta il plug stimolava il suo intestino in maniera dolorosa ed eccitante.
-Sono soddisfatto della vostra obbedienza, per oggi può bastare. Prima di lasciarvi andare però vi fornirò le regole a cui dovrete obbedire: qualunque violazione delle regole porterà ad una punizione. Se vi sottrarrete alla punizione quel video e quella droga finiranno direttamente alla polizia. Chiaro?-
-Sì signore.- Risposero all’unisono le due ragazze. Catherine rabbrividì rendendosi conto del modo in cui l’uomo le aveva già trasformate in due bamboline obbedienti.
-Prima regola. Non dovete mai indossare le mutande a meno che non vi autorizzi io esplicitamente. Sotto i pantaloni o la gonna dovete essere nude. Seconda regola. Niente depilazione del pube. Potete sfoltire i peli, ma non potrete radervi. Terza regola: dovrete sempre rivolgervi a me o al signor Nowak chiamandoci ‘signore’. Vi presenterete in questo ufficio ogni mercoledì dopo la fine delle lezioni. Lei signorina Catherine dovrà avere il plug inserito, gli altri giorni lo lasci a casa. In qualunque altro giorno sarete comunque a nostra disposizione per le nostre eventuali necessità. Chiaro fin qui?-
-Chiaro, signore.-
-Bene, per ora le regole sono finite. In futuro vi comunicherò le altre. Obbeditemi e andremo d’accordo. Ora potete andare.-
-Grazie signore.-
Catherine si alzò abbozzando un inchino con il capo. Uscì frettolosamente dalla stanza seguita da Shawna. Corsero quasi lungo i corridoi, fermandosi solo quando furono finalmente all’aria aperta.
-Scusami Cathy.-
Catherine si voltò verso l’amica guardandola perplessa.
-Per cosa?-
-Per tutto questo. E’ solo colpa mia, sono io che ho voluto portare via la droga. Se l’avessimo lasciata lì non saremmo le schiave di quei due.-
Catherine fece un passo in avanti accarezzandole il volto.
-Non &egrave colpa tua. Lo abbiamo fatto assieme e ne usciremo assieme.-
-Non ne usciremo. Credi che quei due si limiteranno a un pompino? Hai sentito le regole che ci hanno dato?-
-Ho sentito.- Si fermò per un attimo mordendosi il labbro -In realtà non &egrave stato terribile. Adesso che sta scemando l’effetto dell’Afrodite sono più lucida, ma ammetto che mi &egrave piaciuto.-
Shawna abbassò lo sguardo. -Anche a me, ma non possiamo sperare che ce la diano ogni volta.-
-Hai ragione. Però non possiamo farci nulla, dobbiamo fare buon viso a cattivo gioco e sperare che prima o poi ci lascino andare. Da come si comportavano sono convinta che non sia la prima volta che fanno qualcosa del genere, magari tra qualche settimana troveranno qualche altra vittima.-
Catherine non aggiunse che nel frattempo avrebbe cercato di trarre il massimo del piacere da quella terribile esperienza. Pochi minuti prima aveva provato un orgasmo straordinario, qualcosa le diceva che non sarebbe stato l’ultimo in quella stanza.
Shawna scosse il capo abbracciandola.
-Speriamo. Forse hai ragione tu, magari dobbiamo rassegnarci ad essere le loro puttane. Magari prima o poi ci piacerà veramente.-
Catherine rabbrividì a quelle parole.
-Non pensarci. Vai a casa, fatti una doccia e riposati. Al futuro ci penseremo da domani, per ora &egrave comunque meglio che essere in galera.-
Shawna annuì e l’abbracciò, quindi si allontanò in direzione della sua automobile. Catherine la guardò sparire prima di incamminarsi verso la propria vettura.

Quando finalmente arrivò a casa rispose a monosillabe alle domande cariche di preoccupazione dei suoi genitori e di Logan, dicendo di essere rimasta fino a tardi per seguire un progetto con Shawna e di essere stanca. Dopo avere gettato i vestiti sul letto si buttò sotto la doccia. Rimase per diversi secondi sotto il getto caldo prima di portare una mano alle natiche ed estrarre il plug. Appoggiò l’oggetto su un ripiano prendendo il doccia schiuma e cominciando a insaponarsi. La sensazione di vuoto nel retto e il contatto delle proprie mani sui seni le riportarono alla memoria tutte le sensazioni provate meno di due ore prima.
Era stata un’esperienza sconvolgente sotto tutti gli aspetti. Catherine era sempre stata servita e riverita, abituata a vivere nel lusso e accontentata sotto ogni suo aspetto. Il rettore e Nowak erano il contrario di tutto ciò che aveva conosciuto nei primi ventitré anni della sua vita: il primo duro e sprezzante, il secondo irridente e sporco. Fino al giorno prima erano due persone con cui non avrebbe mai voluto avere a che fare: temeva e trovava odioso il primo, disprezzava il secondo.
Tuttavia qualcosa era scattato dentro di lei. Non poteva negare l’eccitazione che provava al ricordo degli ordini secchi, delle offese gratuite, persino l’odore forte del cazzo di Nowak. Aveva cercato di convincersi che il piacere fosse dovuto alla droga, ma adesso l’effetto era svanito e continuava a sentirsi eccitata. Avrebbe dovuto avere paura di tornare a scuola il giorno dopo, invece non ne vedeva l’ora. Chiudendo gli occhi lasciò scivolare una mano lungo il ventre fino ad arrivare al pube. Le labbra e il clitoride erano ancora sensibili e reattive. Spinse lentamente un dito all’interno mentre con l’altra mano sfiorava i capezzoli eretti. Davanti agli occhi le scorrevano le immagini del cazzo di Nowak nella bocca di Shawna. Come poteva invidiare quell’esperienza degradante che aveva vissuto la sua amica? Immaginò le sue labbra su quella cappella grossa e scura mentre le mani sottili di Carter le allargavano le natiche per penetrarla.
Aprì gli occhi. Il flacone del doccia schiuma era davanti a lei, invitante. La forma allungata e sottile ricordava quella di un fallo, forse un po’ più largo di quello di Nowak. Allungò una mano prendendolo e passandolo sulla pelle del volto. Chiudendo gli occhi riusciva a immaginare che fosse un cazzo, forse con la superficie un po’ troppo liscia e fredda. Le dita che accarezzavano il clitoride allargarono le labbra mentre portava il flacone verso il basso. Prese un respiro profondo appoggiandolo alla vulva, quindi spinse con decisione. L’acqua della doccia soffocò il suo gemito. Era più largo di quanto sembrasse, la apriva meravigliosamente. Senza aprire gli occhi lo spinse a fondo con due dita, quindi lasciò che la vagina e la forza di gravità lo spingessero verso il basso. Quando fu quasi fuori lo spinse nuovamente dentro fino a sentire quasi dolore. Nella sua mente era un cazzo durissimo che la stava scopando. Forse era quello di Carson, non lo sapeva: era bendata e non vedeva chi stava abusando di lei, sentiva solo gli insulti e le risate dei due uomini che la circondavano. Si lasciò cadere in ginocchio mentre l’orgasmo esplodeva. Rimase boccheggiante per diversi secondi senza sentire nulla tranne le ondate di piacere che si espandevano dal ventre. Carson aveva ragione: era una puttanella affamata di cazzo e meritava di essere trattata come tale, non meritava di essere trattata in nessun altro modo.
Sun Bay Harbour, notte del 9 luglio 2014
Sonnie Coleman amava il buio e la solitudine. La maggior parte dei suoi colleghi facevano di tutto per evitare i turni notturni di sorveglianza al porto, ma per lui erano i migliori. Ormai il livello di sicurezza era elevatissimo: c’erano sensori ad ogni varco e tutta l’area era coperta dalle telecamere che poteva comodamente controllare dal suo ufficio. Se poi si fosse verificato qualche contrattempo avrebbe potuto mandare le due guardie armate che si occupavano della ronda e che facevano il lavoro impegnativo al posto suo. Il risultato era uno stipendio più elevato e tante notti lontano dalla moglie, notti che impegnava guardando film porno o chiamando qualche prostituta che gli allietasse l’attesa dell’alba.
In fondo i soldi non erano un problema. Gli uomini che lo pagavano per voltare la testa da un’altra parte quando scaricavano determinati containers erano estremamente generosi. Collaborava con loro da più di due anni. Arrivava un carico ogni tre o quattro settimane. Gli veniva comunicato con dieci giorni di anticipo in quale sera avrebbe dovuto essere di turno. Guadagnare quel denaro era un gioco da ragazzi: doveva solo tenere le guardie lontane dai moli dove si trovavano i containers e aprire il varco per fare entrare i camion. L’uomo che lo aveva assoldato gli aveva anche spiegato come attivare il software con cui i suoi scagnozzi manipolavano i video delle telecamere di sicurezza in modo che non risultasse nulla. Un lavoro pulito e semplice che gli fruttava qualche migliaio di dollari ad ogni carico.
Non sapeva cosa scaricassero gli uomini, n&egrave aveva mai pensato di chiederlo. Lavorando con quella gente era meglio tenere per sé la propria curiosità. Quando arrivavano a scaricare si limitava a spegnere i monitor in modo da non vedere per sbaglio qualche faccia che non avrebbe dovuto riconoscere. Si era fatto l’idea che si trattasse di armi o di droga. Più probabilmente di entrambe, a giudicare dalle notizie che apparivano sui giornali regolarmente qualche giorno dopo ogni carico. In ogni caso non era affare suo. Non si sentiva in colpa: dopotutto se non li avesse aiutati lui lo avrebbe fatto qualcun altro’ e quei soldi gli servivano anche per mandare all’università i suoi figli.
Guardò l’orologio che segnava l’una. Sarebbe filato tutto tranquillo, mezz’ora prima aveva applicato la solita procedura per fare entrare i suoi soci. Appena aveva visto i furgoni entrare aveva spento i monitor: ci avrebbero pensato loro a mandargli un messaggio dopo essere usciti. Sarebbe filato tutto liscio, ormai sapeva come funzionava. Si spostò nell’altra stanza dove lo aspettava il suo portatile. Aprì la borsa del computer estraendone la confezione di un DVD anonimo. Era ‘Teen Orgy 14′, l’ultima uscita della sua serie pornografica preferita. Gli piacevano le ragazze più giovani, come per esempio la fidanzata del suo figlio maggiore Brian: una biondina di diciannove anni su cui fantasticava spesso. Era una discreta troietta: aveva visto come succhiava il cazzo di Brian, non avrebbe sfigurato in un video come quello. Sul monitor del suo portatile iniziarono a scorrere le immagini del film. Una brunetta con le tette grosse camminava vicino a un ruscello fino ad arrivare ad una pozza, dove si spogliava per fare il bagno senza accorgersi dell’arrivo di tre uomini di colore. Sonnie iniziò a slacciarsi i pantaloni: la trama lasciava a desiderare, ma come scena prometteva di essere interessante. Come nel più classico dei film del genere la ragazza usciva dalla pozza rendendosi conto che i tre uomini avevano nascosto i suoi vestiti, e naturalmente gli uomini si rifiutavano di restituirli a meno che la ragazza non facesse sesso con loro.
Dopo qualche istante di reticenza la giovane si inginocchiava tra i tre uomini succhiando i loro grossi cazzi. Sonnie iniziò a muovere la mano sul suo uccello: era una lunga notte, si sarebbe masturbato fino a sfiancarsi prima che il container fosse completamente svuotato.
Era talmente concentrato sul film che non vide la figura scura entrare nella stanza e appoggiarsi alla porta. Furono i due colpi contro il vetro a fargli alzare la testa. La figura completamente vestita di nero lo fece impallidire di colpo.
-Chi cazzo sei tu?- Il suo tentativo di alzarsi in piedi fu frustrato dalla velocità della figura incappucciata. Con una rapidità felina colmò la distanza che li separava colpendo con un calcio la sedia e scaraventandolo a terra. Sonnie portò la mano al fianco cercando la pistola: aveva tutte le intenzioni di farla pagare a quel figlio di puttana, era un po’ arrugginito ma non si faceva mettere ko in quel modo.
Vide a malapena il pugnale partire dalla mano del suo aggressore. Si immobilizzò mentre la lama si piantava tra le sue dita sfiorando la carne per un millimetro.
-Fossi in te non mi muoverei, segaiolo.-
Sonnie spalancò la bocca, incredulo. L’aggressore che l’aveva messo al tappeto con una facilità estrema era una donna. Era successo tutto in fretta, troppo in fretta per accorgersi che si trattava di una persona che arrivava a malapena al metro e sessanta. Il suo corpo era completamente fasciato da una tuta nera attillata come quella di un ninja dei film che non riusciva a nascondere le curve sinuose. Quella puttana doveva essere un buon bocconcino, ma al momento non aveva modo di scoprirlo. Anche il capo e il volto erano completamente coperti da un passamontagna e da una maschera per la visione notturna.
-Cosa vuoi da me?- Chiese senza muoversi. -Qui non c’&egrave nulla da rubare.-
La donna lo ignorò. Si voltò verso l’ingresso dell’ufficio facendo un cenno con la mano.
-Aglaia, puoi entrare.-
Un’altra figura vestita nello stesso modo raggiunse la prima senza degnarlo di uno sguardo. Era più alta dell’altra, ma anche le sue forme erano decisamente femminili. Portava una borsa a tracolla da cui estrasse un piccolo portatile che appoggiò sulla scrivania iniziando a collegarlo ai sistemi di sorveglianza. La prima donna si avvicinò accovacciandosi e fissandolo. Sonnie temeva che avesse intenzione di ucciderlo, ma invece di colpirlo portò una mano all’orecchio come per attivare un microfono.
-Calliope, siamo dentro. Il guardiano &egrave sotto controllo e Aglaia si sta già collegando ai sistemi. Tu e Talia siete in posizione?-
Sonnie era confuso. Chi erano queste donne che si muovevano come un commando addestrato? Calliope, Talia, Aglaia’ sicuramente non erano i loro nomi, erano nomi che derivavano dalla mitologia greca. Gli tornarono alla memoria gli studi classici: amava la mitologia da adolescente, gli piaceva fantasticare leggendo i romanzi epici e le storie di dei e umani. Calliope era una musa, ma Talia e Aglaia no. Se non ricordava male erano due delle tre Grazie, ma questo non diceva molto sulle intenzioni delle donne. La ninja prese due manette che teneva in un sacchetto legato alla cintura: evidentemente era decisa a immobilizzarlo.
-Tu sei Eufrosine, vero?-
La donna si fermò per un istante fissandolo incuriosita. Evidentemente pensava di avere a che fare con un ignorante che si era ridotto a fare il guardiano notturno per mancanza di alternative.
-Non ha solo un bel cazzo, ha anche studiato oltre a farsi le seghe. Forse non &egrave proprio scemo.- Sonnie si voltò verso la donna seduta alla scrivania, intenta ad armeggiare con il computer. La voce era dolce e suadente nonostante fosse soffocata dalla maschera e dal passamontagna.
La ninja lo ammanettò con le mani dietro la schiena, fissando quindi le manette a un anello che si trovava a terra. Con quello le possibilità di Sonnie di fuggire erano definitivamente svanite.
-Se fosse intelligente non sarebbe qui.- Disse alzandosi e avvicinandosi alla porta. -Vado a prendere posizione, avvisaci quando sarà tutto pronto. Lui non ti darà nessun fastidio, non può alzarsi.-
-So cavarmela.- Rispose Aglaia. -Vai, sai che Calliope non ama i ritardi.-
Sonnie rimase immobile finch&egrave non fu sicuro che la donna si fosse effettivamente allontanata. Voleva sapere di più di quelle donne. Non gli importava cosa volessero rubare, anche se aveva l’impressione che fossero lì per i suoi soci. Quello che gli importava era capire da dove venissero: il loro modo di muoversi e l’equipaggiamento gli ricordavano i tempi in cui era nelle forze speciali. Vent’anni prima, praticamente una vita. Allora era un uomo diverso, un uomo in gamba. Un uomo che non si vergognava di ciò che faceva. Poi sua moglie lo aveva lasciato per il suo migliore amico, erano arrivati l’alcolismo e il congedo con disonore fino ad arrivare a questo posto e alla sua collaborazione con quei delinquenti.
-Scusa, posso farti una domanda?-
-Non ora.- Disse la donna senza voltarsi. -Però forse se tu aiuti me io posso aiutare te. So che usi un software per far controllare le telecamere ai tuoi soci: voglio che tu mi dica in che cartella o cartelle sono nascosti i file.-
-A cosa ti serve?-
-Tu pensa a farmeli avere. Posso trovarli da sola, non ti illudere. Ma ci metterei più tempo, e li fuori ci sono le mie amiche che rischiano la pelle.-
Sonnie cominciò a riflettere. Probabilmente voleva capire in che modo si collegavano per controllare le telecamere, in modo da poterli spiare e magari accedere ai loro computer. Era possibile se queste ragazze erano in gamba come sembrava.
-Cosa ci guadagno se ti aiuto?-
La donna si avvicinò inginocchiandosi al suo fianco. -Se non mi aiuti farò in modo che i tuoi soci abbiano le prove che sei stato tu a fare la soffiata alla polizia. Se mi aiuti avrai qualche piccolo guaio con la polizia, ma i tuoi soci non sospetteranno nulla.-
Aglaia concluse prendendo tra due dita il suo cazzo che continuava ad essere fuori dai pantaloni. Non aveva fatto in tempo a rimetterlo dentro, e quella specie di ninja che lo aveva aggredito non se ne era preoccupata.
-E se mi aiuti avrai anche un piccolo extra, quello che ho visto prima era piuttosto interessante.-
Concludendo la frase Aglaia si sfilò la maschera e alzò parte del passamontagna per liberare le labbra, che si avvolsero attorno al cazzo di Sonnie. Durò solo pochi secondi, quanto bastava per fargli capire che quella donna ci sapeva fare con i pompini. Impiegò solo qualche secondo in più per prendere la sua decisione.
-Non mi lasci molta scelta. Ti dirò quello che vuoi sapere.-
Non era un esperto di computer, ma i suoi soci gli avevano dato le istruzioni dettagliate per installare il loro cavallo di Troia e per rimuoverne ogni traccia in caso di necessità, quindi sapeva esattamente dove andare a cercare. Aglaia seguì le sue istruzioni, quindi si mise in contatto con le sue compagne via radio.
-Calliope, qui ho tutto. Potete procedere con l’operazione.-
Da quella distanza l’uomo poteva sentire la risposta della donna a capo di quel gruppo.
-Perfetto. Tra due minuti da ora entriamo in azione. Imposta l’allarme per la polizia e sganciati, ci rivedremo nei prossimi giorni. Il guardiano &egrave stato buono?-
-Tranquillo come un agnellino. Mi sgancio Calliope, fate attenzione.-
La donna chiuse la comunicazione e spense il portatile per poi riporlo nella borsa assieme a tutti i cavi.
-Te ne stai andando?- Chiese Sonnie confuso. Di che operazione parlavano le due donne?
-Sì, le mie capacità non possono essere utili per le mie compagne.- La ragazza fece una pausa di un paio di secondi, quindi si accovacciò al suo fianco. -Però tu hai mantenuto la tua parola, io manterrò la mia.-
Questa volta alzò il passamontagna fin sopra al naso. Non era abbastanza per poterla riconoscere se l’avesse rivista, ma aveva la pelle chiara e delicata e le labbra belle e carnose.
-Scusami ma sarà breve, tra mezz’ora qui sarà pieno di polizia.
Senza aspettare la risposta si chinò prendendo in bocca il suo cazzo, masturbandolo con le dita sottili coperte da guanti in pelle, probabilmente per non lasciare impronte. Sonnie cercò di immaginare come fosse il corpo della donna sotto quella tuta aderente, e soprattutto sotto il passamontagna. Si intuiva un corpo da pin up, ma com’era il suo volto? Si domandava se quella che lo stava succhiando era una donna bella e ammirata o un cessetto insignificante, che magari sfogava le sue frustrazioni partecipando a quel commando. In ogni caso quando aveva promesso di essere rapida sapeva cosa diceva. Sonnie cercò di ritardare al massimo il momento del suo orgasmo per prolungare il piacere, ma dopo meno di due minuti cominciò ad eiaculare nella bocca della sconosciuta che bevve tutta la sua sborra calda.
Quando il suo cazzo iniziò a perdere l’erezione Aglaia si alzò coprendosi nuovamente il volto.
-Avrei voluto avere più tempo. Uno come te potrebbe avere di più: eri nei corpi speciali, eri un eroe, dovresti avere più amore per te stesso.-
-Come sai chi sono io? E poi ormai la mia vita &egrave questa.-
La donna scosse il capo.
-So molte cose su di te, ma ne parleremo un’altra volta.- Si accovacciò mettendo una mano nello zaino. -Adesso scusami.-
Prima che Sonnie potesse rispondere, la donna gli pose una mascherina sul volto. Sonnie cercò di urlare, ma tutto divenne buio.

-Eufrosine in posizione.-
Calliope rispose premendo due volte il pulsante del microfono, un doppio click che equivaleva a una conferma. Aveva già visto Eufrosine e Talia appostarsi dove concordato, in attesa del suo ordine. Dalla sua posizione rialzata aveva la visuale aperta su tutto lo scenario, situazione perfetta per colpire con il suo fucile di precisione M200 CheyTac. Aveva scelto di arrampicarsi sulla gru utilizzata per scaricare i containers dalle grandi navi che attraccavano in quel molo. Gli obiettivi erano distanti meno di ottocento metri in linea d’aria, perfettamente visibili con il suo mirino telescopico.
Erano otto, contando i due autisti dei grossi camion. A parte uno che si muoveva da un camion all’altro dando ordini, erano tutti intenti a scaricare il grosso container. Il carico era composto da grosse casse di legno che secondo la dogana dovevano contenere elettrodomestici di produzione russa, ma che in realtà contenevano droga e una mezza dozzina di lanciarazzi che sarebbero stati usati contro i blindati della polizia.
Osservò dal mirino del suo fucile gli uomini che lavoravano senza sosta. Lavoravano con rapidità ed efficienza: erano tutti energumeni dall’aria truce, le magliette che indossavano mettevano in evidenza i loro muscoli. Alcuni di loro erano armati, ma non dovevano essere addestrati. Gli unici pericolosi sembravano essere il capo e i due autisti. Decise che sarebbero stati i primi a finire ko.
Spostò il mirino verso le sue due compagne, nascoste dietro altrettanti containers. Eufrosine era immobile, la mano sull’impugnatura della sua katana. Talia giocava nervosamente con l’arco composito. Erano entrambe nervose per l’imminente azione, una reazione comprensibile visto che era la prima volta che andavano realmente in campo. Si erano addestrate per anni, ancora prima di incontrarsi e di scoprire la missione che avevano in comune. Anche Calliope era nervosa: era cresciuta tra gli uomini più preparati e letali che gli Stati Uniti addestrassero, giocando con loro quando era bambina e poi addestrandosi al loro fianco. Si sentiva pronta per l’azione, ma quello per cui non era stata preparata era la responsabilità delle sue compagne, delle sue amiche. Era lei la leader naturale dell’operazione, la vita di Talia ed Eufrosine dipendeva da lei e dalla sua capacità di guidarle.
Il container era quasi vuoto, lo vedeva dal tempo che impiegavano gli uomini prima di uscire con una cassa. Toccò il pulsante del microfono parlando alle due compagne.
-Hanno quasi finito, tenetevi pronte.-
Le due doppie scariche confermarono che Talia ed Eufrosine avevano capito. Aveva deciso di colpire non appena i due camion si fossero messi in moto, in modo da massimizzare i danni ed evitare vittime inutili. Erano tutte pronte ad uccidere, ma non voleva costringere le sue amiche a farlo se non necessario. Dopotutto quell’operazione era contro la legge. Sapeva bene cosa aveva dichiarato il procuratore sulle azioni del Cacciatore Nero: per lui era un criminale e le sue azioni non potevano essere tollerate. Erano state proprio le azioni del Cacciatore a convincere lei e le sue amiche a mettere in pratica ciò che progettavano da mesi. Prima della sua comparsa continuava a rimandare il giorno in cui avrebbero iniziato la loro battaglia: era convinta che sarebbe stata una lotta contro i mulini a vento, che sarebbe stato tutto inutile. Ma lui le aveva fatto cambiare idea.
Sognava di conoscerlo, di capire chi fosse l’uomo nascosto dietro quella maschera. Aveva sognato già tre volte di incontrarlo e togliergli la maschera, dietro cui si trovava un uomo bello e affascinante’ Arrossendo per quella fantasia adolescenziale tornò a concentrarsi su quanto succedeva poco lontano.
Gli autisti erano saliti sui camion, ognuno con un uomo armato come accompagnatore, mentre i restanti uomini stavano prendendo posto su una berlina con i vetri oscurati. Spostò il mirino verso il primo dei due camion puntando il motore, il dito sul grilletto pronto a esercitare la leggera pressione. Seguì il camion che iniziò a muoversi lentamente, seguito dagli altri due mezzi. Per uscire dal molo dovevano passare da una strettoia, un passaggio obbligato ricavato tra due pile di container largo quanto bastava per far passare un mezzo alla volta.
Muovendosi a passo d’uomo i tre mezzi iniziarono a percorrere il molo fino ad infilarsi nella strettoia uno dopo l’altro. Calliope attese che fossero tutti entrati, quindi premette il grilletto. Il proiettile anticarro uscì dalla canna ad oltre ottocento metri al secondo, impiegandone quasi uno per raggiungere il cofano del camion e oltrepassare la lamiera come se fosse di cartapesta. La piccola carica esplosiva sulla punta si innescò devastando il motore e bloccando il mezzo quasi istantaneamente. Talia era pronta: uscì dal suo nascondiglio incoccando una freccia e scagliandola verso il cassone del camion. La freccia esplosiva gli fece prendere fuoco scaraventando a diversi metri d’altezza la copertura. L’autista e l’altro uomo si catapultarono fuori dalla cabina di guida, trovando sulla loro strada Talia ed Eufrosine. In meno di un secondo erano a terra ammanettati, ancora prima di essersi resi conto di ciò che era successo.
Nel frattempo la berlina e il secondo camion stavano cercando di fare retro marcia per allontanarsi dall’incendio.
-Mi dispiace ragazzi, ma quella roba resta qui.-
Prese la mira e premette nuovamente il grilletto, facendo esplodere il motore del secondo camion. I due uomini si gettarono fuori dal veicolo chiedendo aiuto a quelli sulla berlina, che si fermarono come incerti sul da farsi. Proprio in quel momento si udì il suono di diverse sirene della polizia provenire dal lato nord del porto, segno che Aglaia aveva fatto il suo dovere.
-Talia, dai fuoco al secondo camion e poi sgombrate il campo, qui sta per arrivare la SWAT. Io resto indietro a coprirvi le spalle.-
-Non fare sciocchezze.- La voce di Talia anticipò di un secondo l’esplosione del secondo camion.
A quel punto si scatenò il caos. La berlina partì a tutta velocità nella direzione opposta a quella delle esplosioni, mentre i due uomini del camion la inseguivano di corsa.
Calliope smontò con movimenti rapidi e precisi il fucile infilandolo nella sacca. Era in grado di svolgere l’operazione in meno di quindici secondi, durante i quali osservò le sue amiche allontanarsi di corsa e scomparire verso la recinzione sud. Quando furono fuori dalla sua visuale si caricò in spalla la sacca con il fucile e iniziò a scendere la scaletta della gru.

Cinque minuti dopo era seduta nella sua auto, diretta verso il quartiere di Santa Marta. L’adrenalina della missione le faceva battere il cuore a mille. Si sentiva esaltata, tutto era andato alla perfezione: il carico era distrutto e nessuna delle sue amiche aveva subito un graffio, era tutto stato un successo. Avrebbe voluto premere a fondo l’acceleratore per sentire il vento tra i capelli e il rombo potente dei quasi seimila centimetri cubici del motore della sua Porsche Carrera GT, ma era il caso di trattenersi. Anche se la sacca contenente la tuta e quella con il fucile erano ben nascoste nel doppio fondo del bagagliaio, non sarebbe stata una buona idea farsi arrestare per eccesso di velocità.
Le due luci lampeggianti al centro della strada confermarono la sua idea: la polizia aveva preso sul serio l’allarme lanciato da Aglaia e aveva già posizionato posti di blocco in tutta l’area attorno al porto. Rallentò fino a fermarsi, aspettando immobile che i due agenti si avvicinassero. Quello che si fece avanti dal suo lato tenendo la mano sulla pistola era sui quarant’anni, mentre l’altro doveva essere una recluta. Calliope trattenne a stento un sorriso notando che l’uomo indugiava con lo sguardo sulla sua scollatura profonda. Con la coda dell’occhio vide che il secondo uomo la teneva sotto tiro con la pistola, ma anche lui era più attento al suo corpo che ad eventuali mosse.
-Buonasera agente, cosa succede?-
Il suo sguardo preoccupato doveva essere credibile, visto che l’agente più esperto si rilassò e fece cenno all’altro di mettere via la pistola. L’espressione da bionda svampita le era stata utile in più di un’occasione
-Un semplice controllo, ci sono stati incidenti al porto. Ci può fare vedere i suoi documenti, signorina?-
-Certo agente.- Rovistò per un paio di secondi nella borsetta estraendone la patente porgendola al poliziotto. L’uomo fissò a lungo prima la foto poi lei, approfittandone per dare una nuova sbirciata al seno e alle gambe.
-Patricia Van Djike’ lei &egrave quella delle Olimpiadi invernali, giusto? La figlia del generale?-
-Proprio io agente.-
L’uomo le restituì la patente.
-L’ho vista alla premiazione per le New Glories, facevo parte del servizio d’ordine. Mia figlia l’adora’-
Patricia Van Djike, nome di battaglia Calliope, sfoderò il suo sorriso più radioso.
-Se vuole praticare il biathlon le dica di presentarsi al centro Federale e di fare il mio nome. Sarei felice di aiutarla a provare.-
-Sicuramente’ Mi scusi per il disturbo signorina Van Djike, lei non ha nulla a che fare con la gente che cerchiamo.-
Patricia passò lentamente nel varco lasciato tra i due uomini salutandoli con la mano. Era fatta, ma solo quando il cancello di ingresso della villa di Paul Randall si chiuse alle sue spalle si concesse di rilassarsi.
Era una villetta a due piani circondata da un piccolo parco. Paul Randall l’aveva comprata per avere un appoggio in città quando faceva tardi in ufficio. In realtà Patricia sapeva che era il posto dove incontrava le sue amanti prima di sposare sua madre. Zoe Robbins era stata solo l’ultima di una lunga lista: anche sua madre aveva frequentato quella casa prima di diventare la seconda signora Robbins. Paul e sua madre si fermavano a dormire lì ogni tanto, probabilmente quando avevano bisogno di privacy, e Patricia aveva le chiavi e libero accesso.
Si spogliò ancora prima di entrare in bagno: aveva bisogno di una doccia per lavarsi via la tensione e il sudore. La tuta che aveva indossato era comoda e pratica, ma unita all’umidità del porto l’aveva fatta sudare copiosamente. Uscì dal bagno venti minuti dopo, pulita e rinfrescata ma ancora piena di adrenalina. Conosceva bene quella sensazione di euforia ed eccitazione, era la stessa sensazione in cui si trovava dopo ogni gara. Ricordava perfettamente la notte dopo la sua seconda medaglia d’oro, passata nella stanza di due atleti della squadra di bob tedesca. Purtroppo a quell’ora nessuno dei suoi partner semi occasionali avrebbe risposto al telefono, quindi avrebbe dovuto accontentarsi di un po’ di televisione prima di prendere sonno.
Si buttò sul divano del salotto cercando il telecomando tra i cuscini. Nei canali sportivi forse avrebbe trovato qualcosa di interessante, non era nello stato d’animo di guardare un film. Il suo sedere si posò su qualcosa di quadrato e rigido. Era una custodia nera per DVD, che doveva essere finita sotto i cuscini e dimenticata lì per errore. Patricia la girò su entrambi i lati alla ricerca di un titolo, ma non c’era scritto nulla. Aprì la confezione incuriosita, ma sul DVD c’era solo una sigla scritta a pennarello. Rimase per qualche istante a fissare il DVD quindi si alzò e lo infilò nel lettore accendendo il grosso televisore a LED.
Mentre il filmato iniziava rovistò tra i cuscini fino a trovare il telecomando. Si adagiò sul divano mentre compariva l’immagine di tre uomini di colore seduti su dei divani disposti a ferro di cavallo. Gli uomini erano nudi e si toccavano i cazzi eretti, ma la cosa più strabiliante era che lei conosceva benissimo il posto dove si trovavano, era la stanza in cui si trovava in quel momento.
-Oh cazzo!-
Patricia non poteva credere ai propri occhi. La donna che era appena entrata nella stanza calamitando gli sguardi famelici dei tre uomini era sua madre. Indossava un completo intimo che non poteva che essere definito indecente: un reggiseno praticamente trasparente e un perizoma che copriva a malapena il suo sesso. Sapeva che sua madre non era certo una suora, ma non si immaginava di vederla in una situazione del genere’ soprattutto considerando l’atteggiamento protettivo che si ostinava ad avere nei suoi confronti. Come sua madre fu nel centro della stanza i tre uomini si alzarono circondandola. Patricia osservò a bocca aperta tre paia di mani cercare il corpo di sua madre palpandola e spogliandola in pochi istanti, mentre le mani della donna prendevano due di quei tre cazzi menandoli.
-Ecco cosa fanno quando passano i weekend qui.-
La scena era sconvolgente ed eccitante allo stesso tempo. Aveva già visto film porno, non le dispiaceva usarli per alimentare le sue fantasie, ma non avrebbe mai pensato di vederne uno con protagonista sua madre. Era chiaramente un video amatoriale, ma sua madre stava comunque masturbando e succhiando i cazzi di tre ragazzi di colore. Nel suo stato di eccitazione un video di quel genere era come benzina su un incendio. Una parte della sua mente le diceva che stava violando la privacy di sua madre, ma in quel momento non le importava.
La scena cambiò spostandosi sul grande terrazzo appoggiato al fianco della collina. Patricia riconobbe Paul e un altro uomo che non conosceva seduti sul bordo della Jacuzzi, completamente nudi. Tra le loro gambe erano accovacciate due ragazze che dovevano avere circa la sua stessa età, ognuna intenta a succhiare il cazzo di uno dei due uomini. Patricia sospirò: tra tutti gli uomini che sua madre aveva avuto dopo avere divorziato da suo padre, Paul era senza dubbio il più attraente. Lo aveva sempre considerato un gran figo e aveva fantasticato più di una volta su di lui.
Il suo fisico era ancora straordinario per un uomo di cinquant’anni, ed i suoi occhi azzurri e penetranti incorniciati da un volto con barba e capelli brizzolati la facevano sciogliere ogni volta che la fissava. Il filmato dimostrava che anche il cazzo era stupendo: dritto e lungo, con la cappella viola scura che gonfiava la guancia della giovane ragazza. Quando le due giovani si scambiarono di posto Patricia notò la somiglianza: i capelli, biondi per entrambe, erano acconciati diversamente, ma erano sicuramente gemelle.
Ormai non avrebbe spento il televisore per nessun motivo al mondo. Fece scivolare la mano sinistra tra le cosce, mentre la destra apriva l’accappatoio e si spostava sui seni, lo sguardo fisso sul cazzo di Paul. Immaginava di essere al posto di una di quelle due ragazze, inginocchiata ai suoi piedi intenta a leccargli la cappella accarezzandogli i testicoli. Iniziò ad accarezzare i propri punti erogeni mentre le scene si alternavano mostrando sua madre farsi prima scopare poi inculare dai tre neri e suo padre prendere le due gemelle con l’altro uomo. Quando vide i tre uomini penetrare tutti assieme sua madre portò la mano destra tra le natiche infilandosi un dito nel culo. Era qualcosa che non aveva mai provato se non nelle sue fantasie più perverse: i tre uomini scopavano la figa, il culo e la bocca di sua madre, i cui gemiti soffocati testimoniavano quanto piacere provasse. Venne mentre i tre neri riempivano di sperma la donna che l’aveva generata, masturbandosi freneticamente con due dita nella vagina e due nel culo. Continuò a masturbarsi cercando di prolungare l’orgasmo, immaginandosi al posto delle due gemelle che accoglievano la sborra di Paul e dell’altro uomo scambiandosela. Si fermò solo quando sentì i suoi orifizi bruciare, abbandonandosi sfinita sul divano. Adesso poteva andare a dormire.
V-City ‘ 3 luglio

Patricia avrebbe potuto rimanere in quella posizione per tutto il giorno. Era stesa sul terrazzo a prendere il sole da oltre un’ora, la musica dell’Ipod nelle orecchie e un libro davanti agli occhi. Il sonno era stato agitato e pieno di sogni in cui sesso e azione si erano mischiati senza un senso logico. La colpa era equamente divisa tra la missione che aveva portato a compimento e il filmato che aveva visto.
Era infuriata con sua madre. La trattava ancora come una bambina ‘come se non sapesse che quando era in viaggio per allenamenti o gare poteva fare quello che voleva- cercando di tenerla lontana da qualunque uomo non rispettasse i suoi canoni, come aveva fatto con Logan Sanderton.
Ma il suo comportamento era evidentemente ipocrita, visto che si faceva sbattere da più uomini davanti alla telecamera. A questo punto era sicura che quella dell’intervista fosse solo una scusa per sedurre Sanderton. Ma perché si ostinava a trattarla in quel modo se lei era la prima a scopare con chi voleva? Anche prima di vedere quel DVD Trish sapeva che sua madre aveva avuto diversi amanti. E non avrebbe potuto sposare Paul se fosse stata una donna con una vita sessuale banale: le voci sull’uomo erano molteplici, e parlavano di orge e sesso di gruppo.
Almeno Paul non l’aveva mai trattata in quel modo. Fin dal primo giorno in cui l’aveva conosciuta l’aveva trattata come una donna, prendendo spesso le sue difese nelle discussioni con sua madre. Era stato lui a far capire alla donna quanto fosse folle la richiesta agli allenatori di controllare rigidamente i suoi movimenti durante gli stage e i weekend di gara. Il suo sguardo era quello di un uomo che guarda una bella donna, non una figliastra poco più che adolescente. Forse se non fosse stato sposato con sua madre avrebbe provato a sedurla, dopotutto il filmato dimostrava quanto fosse attratto dalle ragazze più giovani. Trish si sarebbe lasciata sedurre: non poteva immaginare le sensazioni e le esperienze che la avrebbe potuto far provare un uomo esperto come Paul.
Le immagini dei tre cazzi neri che fottevano sua madre e di Paul e l’altro uomo tornarono prepotenti davanti ai suoi occhi. Si vedeva ora nell’una ora nell’altra situazione, come se non sapesse scegliere se immaginarsi coinvolta in quella gang bang o scopata dal marito di sua madre. Aveva già provato un rapporto a tre, ma nonostante rientrasse tra le sue fantasie erotiche più frequenti non aveva mai avuto il coraggio o l’occasione di provare un rapporto con tre o più uomini. Le urla e le smorfie di piacere di sua madre erano la dimostrazione che si stava perdendo qualcosa di eccezionale.
Meccanicamente portò le mani verso i seni nudi, accarezzandoli a lungo prima di scendere lentamente verso il pube. Con due dita scostò il costume iniziando a giocare con le labbra e il clitoride. Immaginò le dita di Paul sul suo sesso, le labbra dell’uomo sui suoi capezzoli, il cazzo che puntava all’imbocco della sua vagina. Si penetrò con due dita immaginando che l’uomo la stesse scopando, gemendo.
-Sì Paul’ scopami!-
-Trish!-
Patricia si alzò seduta di scatto spostando la mano dalle cosce. Non c’era modo di confondere quella voce grave e sensuale, l’aveva sentita centinaia di volte a casa. Si voltò verso la scaletta che conduceva al piano inferiore riconoscendo la figura di Paul. Era proprio lui in carne ed ossa, non se lo stava immaginando. C’era qualche possibilità che non l’avesse vista masturbarsi?
Gettò sul materassino gli auricolari e si coprì i seni cercando le parole giuste, ma l’uomo la anticipò.
-Mi dispiace di averti interrotta. Ho suonato il clacson quando sono entrato dal cancello, ma visto che non rispondevi ho pensato fossi uscita.-
-Avevo la musica alta’- Patricia cercò di calmare il respiro. -Pensavo fossi a Washington con mamma.-
-Sono tornato questa mattina. Mi hanno chiamato a metà della notte per un grave problema di lavoro, Steven Brendstone &egrave venuto a prendermi.’
Patricia si accorse in quel momento dell’uomo seduto di fianco alla balaustra. Anche in questo caso non c’erano possibilità di errore, l’uomo che la fissava dietro un paio di occhiali scuri era quello del filmato che aveva visto la sera precedente.
-E’ un piacere conoscerti Patricia.- Disse l’uomo senza muoversi. -Devo dire che il topless di dona più della tuta da biathlon.-
Patricia si voltò verso Paul. Si rendeva conto di avere il volto paonazzo, si sentiva bruciare fino alla punta delle orecchie.
-Siete qui da molto?-
-Un paio di minuti. Avrei voluto chiamarti prima, ma mi dispiaceva interromperti e quello che stavi facendo era troppo interessante.-
-Mi avete spiata mentre’-
-Mentre ti facevi un ditalino chiamando il mio nome, dopo avere visto il DVD che ho dimenticato in salotto? Sì, confesso di averti guardata.-
Patricia non sapeva cosa rispondere. Rimase immobile con la bocca aperta fissando il marito di sua madre. Si aspettava un attacco di rabbia, ma Paul sembrava tutt’altro che infuriato. Lo sguardo dell’uomo continuava a spostarsi lungo il suo corpo.
-Paul, non credo di dovermi giustificare. Perché mia madre cerca di tenermi lontana dagli uomini se poi &egrave la prima a fare… quello che ho visto, e mi sono limitata a guardare solo il primo filmato del DVD. Non c’&egrave nulla di male se l’ho trovato eccitante: sono una donna e certe cose mi fanno effetto.-
Paul si avvicinò sorridendo sedendosi sul bordo del materassino.
-Certo che non ti devi giustificare. Anche io ti trovo eccitante, ho detto più volte a tua madre che avremmo dovuto parlarti dei nostri passatempi e invitarti a partecipare. Non mi piace la sua scelta di tenerti nascoste le cose.-
Patricia arrossì. Paul aveva appena detto di essere attratto da lei? Le cose non stavano andando come pensava, sembrava che stesse cercando di sedurla.
-Mamma pensa ancora che io sia una bambina.-
Paul le prese una mano tra le sue fissandola negli occhi. Patricia si sentì sciogliere, desiderava quell’uomo da quando lo aveva visto per la prima volta.
-E invece sei una donna.- Paul portò le dita di Patricia alle labbra assaporando il sapore dei suoi succhi vaginali. -Una donna eccitante e con delle fantasie da donna, non &egrave vero?-
Il tocco della lingua di Paul sulle sue dita era come la promessa di qualcosa di molto meno innocente. Patricia rimase immobile mentre anche Steven si avvicinava sedendosi sul bordo del materassino in modo da tenerla in mezzo a loro.
-Paul, sono la figlia di tua moglie.- Desiderava che l’uomo continuasse, ma doveva tentare almeno una minima resistenza. -Cosa direbbe se lo scoprisse?-
-Credevo avessi capito che per lei non &egrave un problema se mi scopo altre donne, come per me non &egrave un problema se lei si scopa altri uomini. Io e tua madre frequentiamo un gruppo di uomini e donne che condividono quelle che i moralisti definirebbero perversioni, ma che in realtà sono solo desideri sessuali che la maggior parte delle persone reprimono. Ne hai visto un assaggio nel filmato: credo che non ci sai niente di più eccitante di vedere Zoe godere con altri uomini, e lo stesso pensa tua madre. Non pensare di farle un torto, so che mi desideri.-
-Lei non si &egrave fatta lo stesso problema l’altra sera con il giovane Sanderton. Da come si baciavano salutandosi devono essersi divertiti parecchio.-
Patricia si voltò verso Steven.
-Ero alla cerimonia per le New Glories.- L’uomo alzò le spalle appoggiandole una mano sulla gamba. Il contatto con le sue dita la fece rabbrividire. -Sono stati almeno un’ora da soli e quando sono usciti il loro atteggiamento era molto intimo.-
Patricia scosse il capo. -La verità &egrave che tra me e Logan non c’&egrave nulla. E’ un ragazzo interessante, ma evidentemente a lui interessa più mia madre.-
Le dita dei due uomini che si muovevano sulla pancia e sulle cosce le impedivano di pensare chiaramente. Si stava eccitando, la tensione accumulata nelle ore precedenti stava esplodendo prepotentemente. Paul avvicinò il volto al suo.
-Credo che nessun uomo vorrebbe trovarsi a dover scegliere tra te e Zoe. Siete diverse ma entrambe sensuali ed eccitanti. Tua madre si ostina a trattarti come una bambina? Falle vedere che sei una donna e vedrai che accetterà il fatto compiuto, tutti i genitori prima o poi devono farlo.-
Patricia sorrise. Aveva lottato abbastanza contro i suoi desideri, le remore morali avevano avuto abbastanza spazio, ma era arrivato il momento di abbandonarle e di essere sé stessa. Sua madre non avrebbe potuto lamentarsi se sua figlia era come lei. Spostò le mani sul pube dei due uomini cercando le loro erezioni.
-Mi piacerebbe molto conoscere il vostro gruppo… non ne vedo l’ora.-
Patricia non vide lo sguardo d’intesa che si scambiarono i due uomini. Le quattro mani si spostarono verso i suoi seni e il pube che reclamavano quel contatto. Inarcò la schiena alzando le natiche per aiutare Paul a sfilarle il costume. Mentre apriva le labbra cercando la lingua di Steven pensava che era completamente nuda in mezzo a due uomini che avevano l’età di suo padre. Non dubitava che fossero ancora pienamente efficienti dal punto di vista sessuale: il filmato dimostrava che potevano ancora dare lezioni a molti suoi coetanei. La lingua di Paul sul suo sesso le strappò un gridolino di piacere. Strinse a sé Steven affondando la lingua nella sua bocca. Sapeva che sarebbe arrivata presto all’apice del piacere: quando era in quello stato di eccitazione bastava poco per farla esplodere, e la lingua e le dita di Paul erano maledettamente abili.
Il suo urlo di piacere fu strozzato dalla bocca di Steven premuta sulla sua. Strinse le mani attorno alle rigonfiature sui pantaloni dei due uomini, tastando i loro cazzi eretti pregustando il momento in cui li avrebbe avuti dentro di sé. Sapeva che quell’orgasmo era solo l’antipasto di una mattinata lunga e piacevole.
Paul e Steven si allontanarono solo per il tempo necessario a spogliarsi. Anche Steven era in forma per i suoi cinquant’anni. Il suo corpo completamente glabro, cranio compreso, era ancora più muscoloso di quello di Paul. L’uomo si avvicinò porgendole il cazzo. Era strano, curvato verso il basso e con la pelle che ricopriva completamente il glande, ma decisamente lungo. Attirò a sé il cazzo tirando indietro la pelle. Il gusto e il sapore acri del glande scatenarono la reazione dei suoi ormoni già in preda a una tempesta violenta. Paul la prese per le natiche attirandola verso il bordo del materassino e facendola stendere sulla schiena. La penetrò senza fretta, affondando completamente prima di cominciare a muoversi dentro di lei con colpi misurati e costanti. I suoi gemiti continui erano soffocati dal cazzo di Steven che le occupava la bocca. La scoparono a lungo in bocca e nella figa alternandosi nei due orifizi. Patricia si lasciò docilmente spostare in una posizione o nell’altra, come un burattino nelle mani del suo manovratore. Steven amava prenderla da dietro, aveva una vera e propria passione per il suo culo che penetrava con un dito o due mentre la scopava. Patricia pensava che l’avrebbe inculata, ma l’uomo si limitò a strofinare un paio di volte la cappella contro il suo sfintere senza andare oltre. Avrebbe desiderato che lo facesse: mentre succhiava il cazzo di Paul continuava a vedere i due cazzi che scorrevano nella figa e nel culo di sua madre e l’espressione di piacere sul suo volto. Non aveva mai avuto il coraggio di proporre ai suoi partner la doppia penetrazione, nonostante fosse al centro delle sue fantasie. Sperava che Paul e Steven decidessero di soddisfare quella fantasia, ma non osava chiederlo. Fino a quel momento era stata completamente in balia dei due uomini: una sensazione inebriante ed eccitante che non voleva rovinare con una richiesta specifica. Era abituata ad essere attiva nei rapporti, ma in quel caso lasciare che i due uomini la possedessero a loro piacimento era incredibilmente eccitante.

Steven si sfilò di colpo dal suo sesso schiaffeggiandole la natica. Con la coda dell’occhio lo vide spostarsi di fianco a Paul porgendole il cazzo bagnato dei suoi umori. Patricia allungò una mano cominciando a segarlo. Sentiva che i due uomini stavano arrivando al capolinea; avevano dimostrato una resistenza eccezionale e l’avevano fatta godere diverse volte, adesso era il momento di farli sfogare. Si spostò in ginocchio tra i due masturbandoli e succhiandoli a turno. Steven era al limite: dopo pochi secondi si irrigidì e uno schizzo di liquido caldo la colpì sulla guancia. Patricia si concentro sul suo cazzo aprendo la bocca e leccandolo mentre lo sperma continuava a schizzarle sul volto, sui seni e nella bocca aperta. Aveva appena finito di ripulirlo quando Paul le prese la testa tra le mani obbligandola a girarsi verso di lui. Era un altro dei suoi sogni erotici inconfessabili: un gruppo di uomini che dopo averla posseduta la riempiva di sborra, obbligandola a spalmarsela sul corpo e ripulire tutti i cazzi. Portò una mano tra le gambe masturbandosi mentre Paul le sborrava in faccia e sul corpo. L’ennesimo orgasmo arrivò mentre i due uomini usavano i loro cazzi come dei pennelli spalmandole addosso il seme.
Patricia si abbandonò sul materassino con le braccia larghe. Era esausta ma finalmente soddisfatta: aveva la pelle del volto e del torace appiccicosa e il gusto dello sperma ancora in bocca, ma l’adrenalina e l’eccitazione avevano momentaneamente lasciato il posto a un senso di benessere diffuso. Sapeva che non sarebbe durato molto: i due uomini avevano lasciato insoddisfatto il suo desiderio di essere sodomizzata ed erano esplose con forza le sue fantasie sul sesso di gruppo.
-Trish, tutto bene? Noi dobbiamo andare.-
Aprì gli occhi guardando verso Paul, intento ad abbottonarsi i pantaloni. Lui e Steven si erano entrambi rivestiti e la fissavano.
-Benissimo. Andate già?-
-Non avremmo nemmeno dovuto passare da casa: come ti ho detto questa notte c’&egrave stato un contrattempo che ha provocato un grave danno ai nostri affari. Ma sono contento di questa deviazione fuori programma.-
Patricia sorrise. -Sono contenta anch’io. Quando mi farete partecipare ai vostri incontri?-
-Ti avviseremo noi. Intanto non dire niente alla mamma, ok?-
Paul si avvicinò baciandola sulle labbra, seguito da Steven.
-Sei proprio figlia di Zoe.- Disse l’uomo sfiorandole un seno. -Sono sicuro che ti divertirai. Ti lasciamo il DVD, così nell’attesa potrai vedere cosa ti aspetta.-
Trish sorrise guardando i due uomini allontanarsi. Quella sera non aveva programmi, sapeva già che l’avrebbe passata davanti al televisore. Scendendo in casa per farsi la doccia si chiese quale grave problema avesse colpito gli affari di Paul e Steven proprio quella notte. Sapeva che entrambi erano immensamente ricchi, che possedevano società immobiliari ed erano soci in una finanziaria. Se non fosse stato assurdo avrebbe pensato che fossero coinvolti nel traffico che aveva colpito con le sue amiche.
‘Ma no, non &egrave possibile’ Steven non farebbe mai cose del genere, mia madre non avrebbe sposato quel genere di uomo.’

V-City University ‘ 3 luglio
La voce del professor Moons era come una cantilena priva di significato. L’uomo era uno degli insegnanti più in gamba e più seguiti di tutta la facoltà, ma quel giorno Catherine non riusciva proprio a seguirlo.
Si era svegliata con la speranza di avere vissuto un incubo, ma era tutto reale. Una realtà che aveva persino trovato perversamente piacevole, anche se si vergognava ad ammetterlo. Era scesa in sala da pranzo con l’intenzione di ritornare a letto: non aveva nessuna voglia di presentarsi all’università rischiando di incontrare il rettore Carson o Nowak. Purtroppo sua madre era stata irremovibile: Catherine era abituata ad essere viziata, ma dal ritorno di Logan le cose erano cambiate.
Si era vestita di malavoglia indossando la divisa dell’istituto. Era già sulla porta di casa quando era tornata di corsa in camera propria sfilandosi le mutante. Odiava obbedire a quei due uomini orribili ma sapeva che se avesse disobbedito le conseguenze sarebbero state molto spiacevoli.
-Catherine, tutto a posto?-
Girò la testa verso Andrew, un suo compagno di corso. Il ragazzo fissava perplesso il suo quaderno, che dopo due ore di lezione era pieno solo di disegni senza senso. Catherine scosse la testa alzandosi.
-Non sto bene, ho bisogno di prendere una boccata d’aria.-
Senza aspettare la risposta dell’amico uscì dall’aula correndo verso l’uscita. Solo quando fu all’aria aperta si fermò respirando a pieni polmoni. Davanti a lei due operai che stavano montando il palco per i festeggiamenti del 4 luglio interruppero il lavoro guardandola stupiti. Catherine si voltò incamminandosi nella direzione opposta. Aveva bisogno di stare da sola, non voleva che qualcuno le facesse domande. Shawna era stata più fortunata di lei: i suoi genitori erano in viaggio, nessuno le aveva impedito di darsi malata e restare a casa.
Si incamminò lungo il viale alberato che conduceva ai campi sportivi, fermandosi sotto una grande quercia e lasciandosi cadere seduta con gli occhi chiusi. Continuava a rivivere l’esperienza del pomeriggio precedente con un miscuglio di emozioni incomprensibile. Avrebbe dovuto provare solo rabbia nei confronti dei due uomini e paura per ciò che le avrebbero riservato, ma c’era altro. I suoi aguzzini in qualche modo la attraevano, un’attrazione perversa e incomprensibile. Sembrava che ci fosse qualcosa di oscuro nella sua mente, come se dopo essere stata viziata per tutta la vita godesse nel sentirsi umiliata e costretta a umiliarsi. Ripensò ancora alla frenesia con cui si era masturbata la sera prima nella doccia, come se l’umiliazione provata poco tempo prima avesse scatenato una tempesta ormonale. Cosa le stava succedendo? Come poteva godere ed eccitarsi per quello che le stavano facendo Carson e Nowak? Anche in quel momento il pensiero di essere senza mutande, il suo sesso coperto solo dalla gonna lunga fino al ginocchio, la stava facendo bagnare.
Un rumore di passi alle sue spalle le fece improvvisamente alzare la testa.
-Ragazza, adesso salti pure le lezioni?-
Catherine si sentì mancare. Era la voce di una delle due persone che avrebbe voluto a tutti i costi evitare. Mentre si girava verso Nowak rimpianse la sua idea di uscire dall’aula.
-No signor Nowak. Avevo solo bisogno di prendere una boccata d’aria. Torno subito a lezione.-
Si alzò muovendosi verso l’edificio, ma l’uomo la fermò prendendola per un braccio e attirandola a sé.
-Non così in fretta Sanderton.- Il suo alito sapeva di alcol, il sorriso dei denti gialli voleva dire che aveva qualcosa in mente. -Visto che sei qui voglio controllare se sei stata obbediente. Sai che io e il rettore ci arrabbieremmo molto se scoprissimo che non hai fatto quello ti abbiamo ordinato.-
-Sono stata obbediente, glielo assicuro.- Catherine non vedeva vie di fuga. Cosa le avrebbe fatto?
-Adesso vedremo.- Nowak le indicò un capanno per gli attrezzi che si trovava a una ventina di metri di distanza. Era una casupola in legno utilizzata dai giardinieri per riporre il materiale necessario alla gestione del parco. -Seguimi lì dentro’ ti conviene fare attenzione a non essere vista.-
Catherine aprì la bocca per protestare, ma lo sguardo dell’uomo la convinse a desistere. Nowak fece un cenno d’assenso, quindi si allontanò dirigendosi verso il capanno. Catherine attese di vedere l’uomo scomparire nella piccola costruzione prima di incamminarsi nella stessa direzione. Avrebbe voluto scappare, ma sapeva che se lo avesse fatto si sarebbe solo attirata contro la sua ira e sicuramente anche quella del rettore Carson.
Entrando nello stanzino avvolto nella penombra un brivido le percorse la schiena. Cosa si sarebbe inventato Nowak? Le sembrava abbastanza chiaro che Carson traesse piacere soprattutto dalla dominazione, Nowak al contrario voleva toccare con mano l’oggetto del suo dominio.
La porta si chiuse improvvisamente facendola piombare per qualche secondo nell’oscurità prima che gli occhi si adattassero all’illuminazione che proveniva da due finestre chiuse in maniera imperfetta.
Restò immobile con le braccia lungo i fianchi mentre l’uomo le girava attorno scrutandola. Poteva sentire l’odore forte del suo sudore e quello alcolico del suo alito.
-Catherine Sanderton’- L’uomo enfatizzò il cognome, con disprezzo. -La figlia dell’uomo che vuole moralizzare la città. Chissà se sa di avere una puttanella drogata come figlia. Dici che lo sa?-
Non aveva nessuna intenzione di dare soddisfazione a quell’uomo. Poteva insultarla finch&egrave voleva, ma non avrebbe mai detto quello che voleva sentirsi dire.
Lo schiaffo la colse di sorpresa facendola girare su sé stessa.
-Quando ti interrogo devi rispondermi, Sanderton. Sai cosa comporta la disobbedienza, vero?-
Catherine si raddrizzò con le lacrime agli occhi. Il suo tentativo di reagire, di conservare un po’ di dignità non aveva fatto altro che peggiorare la situazione.
-Lo so signore.-
-Allora rispondimi.-
-Non sa nulla signore. Mio padre crede di avere una figlia modello signore.-
Sentiva la guancia bruciare, ma nonostante il dolore e l’umiliazione si rese conto di avere i capezzoli eretti. C’era qualcosa di estremamente sbagliato nella sua reazione, ma non poteva farci nulla.
-Una figlia modello?- L’uomo rise. -Una figlia modello non andrebbe mai a lezione senza mutande. Tu le hai?-
Catherine abbassò lo sguardo. -No signore.-
-Fammi controllare. Alza la gonna fino ai fianchi, voglio vedere se sei nuda come ti abbiamo ordinato.-
Non aveva senso opporsi. Sapeva che sarebbe successo nel momento stesso in cui l’uomo l’aveva fatta entrare in quel luogo. Lentamente prese il bordo della gonna arrotolandola sui fianchi fino a esibire il sesso nudo. Cercò di non reagire mentre l’uomo le sfiorava con due dita il monte di Venere per poi salire lungo la camicetta.
-Molto bene.- Nowak sembrava soddisfatto. -Stai iniziando a imparare. Ferma la gonna così e mettiti in ginocchio.-
Catherine eseguì meccanicamente gli ordini. Sapeva cosa stava per chiederle l’uomo. Avrebbe voluto trovare un modo per evitarlo, ma una parte del suo corpo cominciava a reagire. Come era possibile che riuscisse a eccitarsi in una situazione così degradante?
Con gli occhi bassi attese le istruzioni successive. Sentì il rumore della cerniera dei jeans che si abbassava e vide i pantaloni cadere all’altezza delle caviglie dell’uomo.
-Sai cosa devi fare’ &egrave da ieri che mi chiedo se sia meglio tu o la tua amica. Secondo me tu, hai l’aria di una a cui piace veramente succhiare i cazzi.-
Mentre parlava l’uomo avvicinò il cazzo appoggiando il glande alle sue labbra. Catherine si sentì mancare per l’odore forte di urina, come se l’uomo avesse volutamente evitato di lavarsi dopo avere urinato. Trattenendo il respiro aprì la bocca cominciando a leccare la pelle che copriva il glande per poi scendere lungo l’asta.
-Non essere timida. Non mi sono fatto il bid&egrave sperando di incontrare una di voi due, sono sicuro che non vuoi deludermi.-
Era proprio come aveva immaginato. Era l’ennesima umiliazione a cui voleva sottoporla l’uomo, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di protestare. Prese in mano l’asta scoprendo la cappella, quindi fissando l’uomo la prese in bocca. La sua lingua iniziò a massaggiare il glande ripulendolo dai resti di urina. Era un odore forte e acre, ma quell’ennesima schifosa umiliazione stava accendendo qualcosa dentro di lei. Cominciò a incrementare il ritmo del pompino chiedendosi se Nowak si sarebbe accontentato o se avrebbe deciso di scoparla.
-Brava, continua così’ mettiti d’impegno. Più in fretta mi farai sborrare prima potrai tornare alla tua lezione.-
Questo voleva dire che almeno non avrebbe dovuto sentire quel cazzo dentro di sé. Si butto con foga nel pompino cercando di arrivare in fretta alla conclusione. Continuava a ripetersi che era solo il desiderio di liberarsi in fretta, che non era ansiosa di sentire la sborra calda di Nowak riempirle la bocca e scenderle in gola. Chiuse gli occhi prendendo i testicoli in una mano, accarezzandoli mentre con la bocca e le dita non dava tregua al cazzo di Nowak. Un gemito dell’uomo la avvisò che stava arrivando il momento che desiderava. Cercò di tirarsi indietro ma la mano dell’uomo premette con forza sulla nuca obbligandola a tenere più di metà del cazzo in bocca. Il primo schizzo le finì dritto in gola provocandole quasi un conato di vomito. Riuscì a trattenersi con grande sforzo, ingoiando uno dopo l’altro tutti gli schizzi successivi continuando a leccare la cappella di Nowak finch&egrave l’uomo non la lasciò andare.
-Sei stata brava. Molto più brava della tua amica: alzati.-
Catherine si alzò in piedi tenendo lo sguardo basso.
-Devo farti i complimenti, si vede che non vedevi l’ora di bere la mia sborra. Scommetto che ti sei anche eccitata, &egrave così?-
Prima che potesse rispondere si trovò la mano dell’uomo tra le cosce. Le dita le accarezzarono le labbra facendola gemere. Si sentiva morire di vergogna: la sua figa fradicia testimoniava che l’uomo aveva ragione.
-Sei proprio una troia. Ma sei stata una troietta obbediente, meriti un premio.-
Catherine sentì le gambe farsi molli mentre l’uomo infilava indice e medio nella vulva. Le dita entrarono senza la minima difficoltà strappandole un gemito di piacere. L’uomo le alzò il volto costringendola a guardarlp negli occhi. Il sorriso sul suo volto era un’umiliazione insopportabile, ma aveva vinto lui. Catherine si abbandonò contro il torace dell’uomo aggrappandosi alle sue spalle in attesa dell’orgasmo, che arrivò puntuale dopo un paio di minuti. La camicia sudata di Nowak soffocò i gemiti di Catherine, mentre le unghie affondavano nelle spalle forti che la reggevano.
Sapeva che quell’orgasmo era la sua resa definitiva. Era inutile lottare: i due uomini la tenevano in pugno e il suo corpo l’aveva tradita, l’unica scelta era obbedire e diventare la schiava obbediente dei suoi aguzzini. 6 luglio ‘ Luogo indefinito nei pressi di V-City

La prima crisi arrivò poco dopo la cena.
Al mattino Ian era passato a visitarla, chiedendole se avesse riflettuto sulla sua proposta. Jennifer gli aveva risposto che non avrebbe mai collaborato con lui, che avrebbe potuto farle tutto ciò che voleva ma lei non avrebbe ceduto. L’uomo aveva reagito alzando le spalle e sorridendo, dicendole che non aveva intenzione di insistere. Per tutto il giorno non si era più fatto vedere. Le uniche presenze umane erano le due guardie coperte da un passamontagna che stazionavano immobili davanti alla porta della sua stanza. Ogni ora si allontanavano per qualche minuto chiudendo a chiave lo spioncino, per poi ricomparire dopo un paio di minuti. Non le avevano mai rivolto la parola, quindi non era ancora riuscita a capire la frequenza dei cambi. Potevano avvenire ogni ora ed essere sempre guardie diverse, oppure dall’inizio della sua prigionia potevano essersi alternate sempre le stesse due coppie.
Per buona parte della giornata il dispositivo che si trovava installato nel cervello non le aveva creato problemi. Faceva ancora fatica a credere al modo in cui erano riusciti a manipolarla il giorno prima, rendendola senza difficoltà una macchina per il sesso. Da quando si era svegliata non aveva più provato quel bisogno impellente, quasi doloroso, di fare sesso. Era stato più che altro un desiderio latente: immagini delle sue fantasie più recondite che le comparivano davanti agli occhi quando chiudeva gli occhi, come sogni estremamente reali. Aveva sublimato quel desiderio pedalando sulla cyclette per più di due ore, sperando che l’adrenalina la aiutasse a combattere quel dispositivo. La speranza era che il suo corpo si abituasse a quella presenza, che a poco a poco il dispositivo perdesse di efficacia. Di assuefarsi come un fumatore incallito, che deve fumare sempre di più per trovarsi soddisfatto.
Subito dopo avere cenato però senti qualcosa cambiare. I primi segnali arrivarono dallo stomaco. Inizialmente solo un bruciore, come se non avesse digerito la cena. Nello stesso tempo le immagini si facevano più insistenti. Jennifer si rifugiò in bagno cercando invano di vomitare la cena. Provò ad infilarsi nel letto, spegnendo le luci per evitare di essere vista dalle guardie. Sospettava che la stanza fosse sorvegliata da telecamere a infrarossi, ma non voleva che la osservasse facilmente. Portò le coperte fin sopra la testa, come se questo potesse aiutarla a nasconderla dal suo nemico. Mentre respirava freneticamente, come se dovesse partorire, sentiva dal ventre un bisogno impellente. Portò la mano all’interno del pigiama, trovandolo bagnato come se si fosse urinata addosso.
Il liquido che aveva impregnato il suo pigiama però non era urina: erano le sue secrezioni vaginali, mai così copiose.
-Bastardo! Che cosa mi stai facendo?-
Era chiaro che quella reazione del suo corpo era dovuta al dispositivo. Non sapeva se Ian lo avesse azionato a distanza aumentando la potenza o se la sua fosse una reazione alle ventiquattro ore di astinenza. Ricordava ancora ciò che le aveva detto l’uomo, ma sperava che stesse mentendo. Si abbassò di colpo i pantaloni infilando indice e medio nella vulva. Il suo corpo reagì con uno spasmo, portandola subito ad un orgasmo. Iniziò a muovere le dita avanti e indietro come un cazzo, sperando che quella masturbazione la aiutasse a placare quel desiderio.
Dopo essersi regalata tre orgasmi consecutivi riuscì a fermarsi. Sentiva la vagina in fiamme. Si era masturbata con tre dita, infilandosi due dita dell’altra mano nel culo. Sotto il suo sesso le lenzuola erano bagnate la stanza era impregnata dall’odore delle sue secrezioni, ma per il momento aveva superato la crisi. Si rannicchiò in posizione fetale addormentandosi quasi all’istante.

La seconda crisi arrivò a notte fonda. Si svegliò di colpo, il corpo scosso da brividi di freddo. Sembravano i sintomi di una crisi d’astinenza, la reazione del corpo alla mancanza di una droga. Peccato che nel suo caso la droga si chiamasse sesso. Appoggiò due dita al polso cercando di sentire il battito. Non aveva bisogno dell’orologio per rendersi conto che doveva essere sopra i centosessanta battiti al minuto. Le immagini di cazzi mostruosi ballavano davanti ai suoi occhi, a ricordarle ciò di cui aveva bisogno per placare la crisi. Portò ancora una volta la mano tra le cosce. Infilò tre dita di colpo, spingendole dentro fino alle nocche. Questa volta però fu inutile: per quanto si masturbasse sentiva i sintomi peggiorare.
Per un attimo fu presa dal panico. Ian le aveva detto che il suo corpo non avrebbe retto a quelle crisi, forse il suo ex amante aveva deciso di farla morire in quel modo? No, non avrebbe avuto nessun senso. Gli serviva viva per i suoi scopi, se avesse voluto ucciderla lo avrebbe fatto subito. Voleva semplicemente darle una lezione per ridurla all’obbedienza.
Sapeva bene cosa doveva fare. Odiava ammetterlo, ma avrebbe dovuto ancora una volta cedere al suo rapitore. Si trascinò a fatica fuori dal letto e camminò al buio fino alla porta colpendola con la mano aperta.
-Ehi voi! Apritemi!-
La porta si aprì di colpo. Jennifer cadde in avanti nel corridoio, notando con la coda dell’occhio le due guardie armate vestite completamente in nero. Accanto a loro vide uno schermo, che confermava la sua ipotesi: per tutto il tempo l’avevano spiata, godendosi i suoi tentativi di resistere al dispositivo.
Si girò sulla schiena notando l’erezione che tendeva i loro pantaloni. Quella vista fece fremere il suo sesso: quei due uomini erano eccitati e pronti a darle ciò che voleva.
-Il capo ci ha detto che avresti bussato. Che cosa vuoi? Non ti sei stancata di masturbarti?-
La voce era sarcastica. Si stavano prendendo gioco di lei, sapendo che era in loro potere.
-Aiutatemi, vi prego.-
Cercò di mettersi a sedere, ma uno dei due uomini le appoggiò un piede sul petto schiacciandola a terra.
-Se vuoi che ti aiutiamo devi implorarci. E devi lasciare che riprendiamo tutto.-
-Tutto quello che volete. Fate presto però, non resisto’-
Le due guardie si guardarono, quindi la sollevarono prendendola sotto le ascelle e la riportarono nella stanza gettandola seduta sul letto. Uno dei due uomini accese la luce e premette un pulsante accanto alla porta, quindi raggiunse l’altro che la aspettava in piedi davanti al letto.
-Dicci cosa vuoi.-
Jennifer comprese che ciò che stava per fare sarebbe stato registrato. Era questo forse il piano di Ian: sarebbe stata ripresa mentre faceva sesso selvaggio e consenziente con i suoi rapitori. Anzi, non solo consenziente: sarebbe stata lei ad implorarli. Nonostante fosse consapevole delle conseguenze non aveva modo di evitarlo. Il bisogno era troppo forte, entro poche ore il suo cuore avrebbe ceduto.
-Voglio che mi fottiate. Fatemi tutto quello che volete, ma datemi i vostri cazzi. Scopatemi, inculatemi, godetemi dentro’ ma fatelo ora!-
Le parole erano uscite dalla sua bocca con una naturalezza che non avrebbe mai immaginato. Dalla sua voce si percepiva l’urgenza di quell’amplesso. Chiunque avesse visto quel filmato l’avrebbe presa per una ninfomane che non esitava a farsi scopare da due sconosciuti, due delinquenti che potevano avere commesso chissà quali reati. Era chiaro cosa volesse dire Ian quando aveva sostenuto di volerla distruggere: se quel filmato fosse stato reso di dominio pubblico la sua carriera sarebbe finita, ma non aveva alternative.
Con gesti frenetici si sfilò il pigiama, rimanendo davanti ai due uomini completamente nuda.
-Visto che sei tu a chiedercelo’ abbiamo avuto ordine di soddisfare qualunque tuo desiderio durante la tua permanenza con noi.-
L’uomo che aveva parlato armeggiò con i pantaloni scuri, aprendo la cintura e liberando un cazzo di colore già in piena erezione. Jennifer sentì un tuffo al cuore. Era un cazzo lungo, anche se non larghissimo. Immaginandolo dentro di sé sentì il ventre contrarsi. Il secondo uomo lo tirò fuori a sua volta. Questo era un bianco, non dotato come il collega ma comunque nella media dei suoi partner passati.
-Che ne dici di succhiarcelo un po’ prima?-
Quella del guardiano di colore non era una richiesta, ma un ordine. Ordine a cui Jennifer era ben lieta da obbedire, nonostante trovasse la situazione assurda. Non era mai stata con due uomini e non pensava le sarebbe mai successo, ma adesso stava per farsi scopare da due delinquenti. Scese dal letto inginocchiandosi ai loro piedi. I volti dei due uomini erano ancora coperti dai passamontagna. Ignorare il volto degli uomini che stavano per fotterla non faceva altro che aumentare la sua eccitazione.
Allungò le mani chiudendole sui due membri. Cominciò a muoverle avanti e indietro, quindi si spostò verso quello di colore. Leccò la cappella inumidendola con la sua lingua morbida, prima di passare all’asta e ai testicoli. Aprì la bocca e lo accolse tra le sue labbra, quindi riservò lo stesso trattamento all’altra guardia.
Quando tornò sul cazzo della guardia di colore, l’altro uomo si spostò alle sue spalle. Le sue mani le spostarono le ginocchia all’indietro e le allargarono le natiche. Quando la cappella si appoggiò alle sue labbra era già pronta. Percepì che l’uomo stava per scoparla senza preservativo, ma in quel momento voleva solo sentirlo dentro. Spinse all’indietro facendolo scivolare nel suo corpo come una lama rovente nel burro.
-Ehi, questa troia non ce la faceva più’ me l’ha risucchiato dentro come un’aspirapolvere.-
-Davvero? Mi sa che invece della polvere vuole aspirare la tua sborra!-
Jennifer chiuse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime. Le parole volgari e offensive dei due uomini le facevano male. Aveva combattuto tutta la vita contro uomini come quelli, e adesso stava lasciando che le mettessero le mani addosso. Ma la notizia peggiore era che tutto questo le piaceva, che bramava i loro corpi e i loro cazzi. Si spinse in avanti facendo affondare il cazzo del nero in fondo alla sua gola, soffocando i propri gemiti. Il bianco l’aveva presa per i fianchi e la stava scopando con rabbia. Spingeva a fondo con forza, poi tornava indietro lentamente e ripartiva con colpi secchi. Uno, due, tre, sei’ poteva contare i colpi, e ad ogni numero sentiva l’orgasmo avvicinarsi. Era arrivata a malapena a dieci quando sentì il ventre esplodere per il piacere. Abbandonò il cazzo che aveva in bocca e urlò tutto il suo godimento.
-Sì, scopami così! Più forte, più forte ti prego!-
Le sue urla scatenarono la guardia. Stringendole i fianchi con forza accelerò i movimenti del suo pube. Jennifer spalancò la bocca, che venne subito riempita dal cazzo nero. Lo succhiò istintivamente mentre l’altra guardia stantuffava insultandola. Non avrebbe mai saputo dire per quanto tempo durò. Passò da un orgasmo all’altro, concentrata totalmente sul proprio piacere e sul cazzo che stava succhiando. Alla fine sentì la guardia venire dentro di lei e sfilarsi, salutandola con uno schiaffo sul culo.
-Cazzo che scopata! Fratello, adesso &egrave il tuo turno. Con tutta la sborra che le ho buttato dentro sarà facile entrare, ma questa troia &egrave comunque bella stretta.-
Il nero uscì dalla sua bocca e la fissò attraverso il passamontagna.
-Grazie per l’offerta, ma preferisco provare il suo culo. E’ questo che vuoi, vero?-
Jennifer annuì. Aveva provato solo una manciata di volte il sesso anale e lo aveva sempre trovato doloroso, ma in quel momento voleva farsi fare tutto. Sentiva che gli orgasmi appena provati avevano avuto l’effetto di placare il suo corpo. Evidentemente il dispositivo si alimentava tramite la scarica ormonale prodotta durante l’apice del piacere. Non capiva come mai la masturbazione non ottenesse lo stesso effetto, ma in fondo non era importante.
Guardò la guardia di colore stendersi sul letto. Il cazzo svettava verso l’alto come l’albero di una barca a vela.
-Che cosa aspetti? Vieni qui e impalati. Mi hai chiesto tu di incularti, no?-
Le parole le provocarono un brivido di paura e di eccitazione. Visualizzò nella sua mente quel cazzo nero che entrava completamente nel suo culo. L’immagine le fece contrarre il sesso. Sapeva che avrebbe provato dolore, ma anche che avrebbe goduto. Non poteva farne a meno, ne aveva bisogno. Si spostò sul letto e salì a cavalcioni sull’uomo dandogli le spalle.
-Appoggiati alle mie mani, ti reggo.-
Si lasciò andare all’indietro. Le mani grosse e forti della guardia la tenevano. Allargò le gambe e si posizionò sopra il suo cazzo. Era il primo uomo di colore con cui andava, bastava l’odore di quel corpo per farle perdere il controllo. Si infilò due dita nel sesso bagnandole con lo sperma che la prima guardia le aveva riversato dentro. Cosparse con lo sperma il suo ano, quindi spinse le dita dentro usando la sborra come lubrificante. Le dita forzarono con qualche difficoltà la resistenza dello sfintere, ma alla fine entrarono. Le fece ruotare per qualche istante, quindi le sfilò e guidò la cappella scura al loro posto. Trattenne il respiro, quindi si lasciò cadere verso il basso.
Il dolore improvviso la fece urlare. Il cazzo era entrato completamente dentro di lei, si sentiva come se le avesse sfondato il culo. Bruciava come il fuoco, ma al tempo stesso le piaceva. Nessuno dei suoi partner precedenti era stato così profondamente nel suo intestino, nessuno l’aveva inculata così a fondo.
Cominciò a muovere il pube verso l’alto e verso il basso facendo scivolare il grosso cazzo. In quella posizione spettava a lei guidare ritmo e profondità della penetrazione. Era una posizione faticosa, ma era troppo eccitata per sentire la fatica. Ignorò la guardia bianca, che aveva preso da una tasca una fotocamera compatta e la stava fotografando. Sapeva che stava distruggendo la propria immagine, ma in quel momento voleva solo godere.
Il suo pube si mosse freneticamente sul cazzo della guardia, che la attirò a sé stringendole i seni. Il cazzo scivolava avanti e indietro senza difficoltà nonostante la lubrificazione praticamente inesistente. Sapeva che più tardi avrebbe patito le conseguenze: il giorno dopo avrebbe camminato a fatica, ma in fondo che impegni aveva?
Le mani dell’uomo le strizzarono le tette facendola urlare. Dolore e piacere si fusero facendo esplodere un orgasmo devastante. Urlò a squarciagola, senza preoccuparsi che i complici dei due uomini la sentissero.
Potevano anche unirsi a loro, potevano scoparla per tutta la notte. Il calore che si espandeva nel suo intestino annunciò l’orgasmo della guardia.
-Brava troia! Prenditi un bel clistere di sborra!-
Continuò a muoversi cercando di spremere tutto il seme. Ogni getto caldo che si propagava nel suo intestino provocava una nuova ondata di piacere, più lunga e intensa della precedente.
Quando finalmente si lasciò andare sul corpo del suo aguzzino era stremata. La sua pelle era completamente bagnata e puzzava di sesso, ma non sentiva più quel bisogno che l’aveva quasi uccisa.
La guardia la rovesciò su un lato e si alzò dal letto.
-Soddisfatta, troia? Non ti preoccupare, tra poco ci sarà il cambio della guardia. Puoi stare sicura che i nostri soci saranno ben felici di darti un’altra ripassata. Avrai tutti i cazzi che vorrai qui dentro.-
Questa volta Jennifer lasciò scorrere le lacrime. Si coprì la testa con il cuscino e scoppiò a piangere. Adesso sapeva cosa la attendeva durante quella prigionia. Non l’avrebbero uccisa e non l’avrebbero violentata: sarebbe stata lei a pregare i suoi rapitori di farla diventare il loro gioco sessuale, una troia a loro completa disposizione. E sapeva che cadendo in quell’abisso avrebbe provato un piacere mai provato prima. I suoi nemici avevano vinto, nessuno poteva salvarla ormai.

-Scomparsa? Che cazzo vuol dire che &egrave scomparsa?-
Logan si alzò dal letto, posando sul comodino il libro di Victor Hugo che stava leggendo. Quando lo smartphone aveva iniziato a squillare e aveva visto il nome di Zoe aveva immaginato che volesse dirgli qualcosa di importante. Tuttavia non avrebbe mai pensato che si trattasse di qualcosa di COSI’ importante.
-Vuol dire che non si sa dove sia finita. Me l’ha appena detto un mio informatore alla polizia: pare che la Nichols e Stratton stessero trascorrendo un fine settimana al cottage di montagna di lui. La donna che si occupa delle pulizie oggi si &egrave recata al cottage e ha trovato la porta aperta. Le stanze erano in disordine, come se ci fosse stata una colluttazione. Hanno trovato anche tracce di sangue, ma niente corpi.-
Il pugno di Logan quasi frantumò la parete dell’armadio che si trovava di fronte.
-Logan’-
-Il sangue era di Jennifer?-
-La polizia &egrave arrivata da poche ore, lo stanno ancora analizzando. Logan, so che tra voi c’&egrave stato qualcosa’ ma devi essere razionale. Lei e Stratton sono personaggi in vista, &egrave probabile che siano stati rapiti per ottenere qualcosa. Inoltre i criminali sanno che se uccidessero il vice procuratore sarebbe come una dichiarazione di guerra nei confronti della polizia. Ogni singolo agente di questo schifo di città sarebbe chiamato agli straordinari finch&egrave i responsabili non fossero assicurati alla giustizia. O sottoterra, più probabilmente.-
Zoe aveva ragione. Il ruolo di Jennifer probabilmente la metteva al riparo dal rischio di essere uccisa. E poi Stratton era un uomo molto ricco. Forse era lui l’obiettivo del rapimento, Jen era stata solo un effetto collaterale.
-Perdonami Zoe, e grazie per avermi chiamato.-
-Figurati, ho pensato che volessi essere avvisato subito’-
-Infatti. Quello che dici &egrave vero, ma non posso restare con le mani in mano ad aspettare che venga ritrovata. Devo fare qualcosa. LUI deve fare qualcosa.-
Non c’era bisogno che specificasse di chi stava parlando. La possibilità che il telefono fosse intercettato era remota, ma Zoe sapeva benissimo chi fosse LUI.
-Lo immaginavo. C’&egrave una persona a cui ci possiamo rivolgere. E’ pericoloso per lei e per noi, perché se venisse scoperta salterebbe la mia copertura con mio marito.-
-Possiamo parlare adesso con questa persona?- A Logan non interessava quanto fosse pericoloso, voleva solo salvare Jennifer. Alle conseguenze avrebbe pensato dopo.
-Tra quanto tempo puoi essere qui?-
Logan guardò l’orologio.
-A mezzanotte sono da te.-
-Bene. Vestiti elegante, nel posto dove ti porto si entra solo con l’abito.-
9 luglio ‘ Casa di Zoe Robbins

La donna che uscì dal palazzo non ricordava per nulla la giornalista d’assalto che aveva incontrato nel parco di Villa Sanderton. Zoe indossava un abito nero lungo fino al ginocchio, con le spalle scoperte e una scollatura che arrivava fino allo sterno. Il pendaglio della collana che portava al collo aveva incastonato al centro un vistoso diamante, mentre due più piccoli facevano brillare gli orecchini.
Logan scese dall’auto e le aprì la portiera della Pagani Zonda nera come la notte. La donna lo baciò sulle labbra e si infilò nell’auto senza commenti, sorridendo per il suo sguardo stupito.
-Ho l’impressione che ciò che hai addosso valga più della mia auto.- Commentò lui mettendo il moto.
-Nel posto in cui stiamo andando mi considerano la bella e focosa moglie di Paul Randall, troppo occupata a rimirare i suoi gioielli e a scopare con chiunque mi vada per riprendere la mia vita da giornalista d’assalto. Come sai non sei l’unico a lavorare nell’ombra.-
Logan annuì. Sicuramente la maggior parte degli uomini si sarebbero persi a guardare la scollatura o il culo di Zoe, pensando al modo di portarsela a letto piuttosto che badare a ciò che diceva o faceva.
-Adesso mi dici dove stiamo andando?-
-Certo. Conosci il Devil’s Kiss?-
-Ne ho sentito parlare, ma non ci sono mai stato. So che &egrave un locale di spogliarelli e spettacoli hard, e che &egrave frequentato sia da boss della criminalità che da membri della classe dirigente.-
-E’ tutto questo, ma allo stesso tempo &egrave anche qualcosa di più. Prima di tutto al Devil’s Kiss si trova il meglio del meglio per quanto riguarda la prostituzione di altissimo livello. Gli uomini e le donne che vi lavorano hanno tre caratteristiche. La prima &egrave che sono belli come divi di Hollywood, e in alcuni casi &egrave letterale: alcuni sono proprio sosia di attori, sportivi o cantanti, destinati a soddisfare particolari fantasie dei clienti. Può capitare che il boss di turno abbia la fantasia di scoparsi Scarlett Johansson, o che l’assessore Taldeitali voglia vedere la sua amante prenderlo nel culo da Tyson. Il secondo &egrave che alcuni sono disposti a qualunque pratica. E quando dico ‘qualunque’ lo intendo nel senso letterale. Se una pratica non &egrave espressamente proibita dalla legge può essere comprata al Devil’s Kiss. Terzo punto, non vedono e non sentono nulla. Chiunque scopi con uno dei dipendenti di Vincenti sa che non si verrà mai a sapere. Inoltre, e questo forse &egrave l’aspetto più importante, Stan Vincenti &egrave come la Svizzera. E’ al tempo stesso amico di tutti e di nessuno. Non importa cosa fai fuori: che tu sia un mafioso, un trafficante di armi, uno sbirro o un politico di professione. Nel suo locale tutti sono uguali, tutti possono essere amici e sedersi allo stesso tavolo a parlare di affari. Nel locale ci sono due sale meeting costruite apposta per riunioni che necessitano di un luogo neutrale.-
-Da come ne parli sembra che quel posto sia il vero centro di potere di questa città.-
-Per certi versi lo &egrave.- Zoe gli rivolse un sorriso ironico. ‘Strano che il Cacciatore Nero non lo sappia.-
Logan incassò la critica. Sapeva ancora troppo poco della città che si era ripromesso di ripulire’ si rese conto che fino a quel momento si era limitato a malmenare criminali di basso livello come un bulletto di quartiere. Se voleva veramente ripulire la città doveva cominciare ad occuparsi di chi manovrava i burattini nascosto dietro le quinte.
-Il Cacciatore Nero &egrave tornato da poco in città. Forse ha bisogno di qualcuno che gli mostri come funzionano le cose.-
-Sembra che questo qualcuno sia finalmente arrivato.-

Mentre aspettavano l’arrivo di Stan Vincenti si concentrò sull’enorme buttafuori che li aveva accompagnati nell’ufficio dell’uomo. John ‘così l’aveva chiamato Zoe, che sembrava conoscerlo bene- era un armadio di due metri, ma non sembrava il classico culturista lento come un autocarro. Sembrava un uomo ben addestrato sia con le armi che a mani nude, in grado di ridurre a miti consigli anche il cliente più agitato.
Da come lo fissava sembrava che il buttafuori pensasse la stessa cosa di lui. L’abito su misura, cucito da un sarto inglese che serviva anche la famiglia reale, nascondeva solo in parte il fisico allenato di Logan. Più correttamente era in grado di nasconderlo a un occhio inesperto, ma quel John sembrava essere un vero professionista.
‘Chissà quanto ci metterei a stenderlo a mani nude?’
Logan stimò di pesare venti chili in meno, ma l’addestramento a cui si era sottoposto negli anni in cui era stato via lo aveva reso letale come un predatore.
Era immerso in quelle elucubrazioni quando la porta si aprì e Stan Vincenti fece il suo ingresso. Era completamente diverso da come si immaginava uno degli uomini più rispettati e potenti della città. Completamente calvo, un abito di alta sartoria di un azzurro sgargiante, cravatta rossa e fermacravatta in oro e diamanti, sembrava piuttosto un uomo di spettacolo. Vincenti salutò Zoe baciandola tre volte sulle guance alla maniera francese, quindi si voltò verso di lui.
-Logan Sanderton, ho sentito parlare molto di te.-
Mentre si stringevano la mano i loro sguardi si incrociarono, e Logan si rese conto che il suo primo giudizio sull’uomo era sbagliato. Quelli di Vincenti erano occhi calcolatori, intelligenti, spietati. Gli occhi di un uomo abituato a osservare, a considerare tutte le variabili prima di agire. Non si stupì che la sua fedina penale fosse immacolata: uno come Vincenti sapeva perfettamente come muoversi ai limiti della legge senza mai oltrepassare quella linea sottile. O come fare in modo che le sue trasgressioni venissero cancellate.
-Oh, non deve fidarsi di tutto quello che legge sui giornali!-
-Ah no?- L’imprenditore gli rivolse un sorriso ironico. ‘E io che ero così onorato di avere nel mio locale il grande seduttore, nonché figlio di uno degli uomini più importanti della città. Non mi dire che sei qui come futuro concorrente’ ho letto che ti stai buttando nell’industria dell’intrattenimento.-
-No, puoi stare tranquillo. I locali che penso di aprire sono più’ convenzionali, possiamo dire?-
-Molto bene!- Vincenti gli batté la mano sulla spalla. ‘In tal caso sei il benvenuto. Se sei amico di Zoe sei amico mio.-
Dal tono con cui aveva detto la parola ‘amico’ era chiaro che non aveva dubbi sulla natura della loro relazione.
-Credo che Zoe ti abbia detto le regole di questo posto, vero?-
-Certo. Nulla di quanto succede qui dentro deve uscire da questo posto. Non si importunano le ragazze né gli altri clienti. Regole piuttosto semplici, anche per un cattivo ragazzo come me.-
-Molto bene.- Vincenti prese dalla scrivania un foglio, quindi glielo porse assieme a una penna stilografica con intarsi dorati. ‘Firma questo ed entriamo. Visto che &egrave la prima volta stasera sarai mio ospite, in fondo sei un personaggio di riguardo.-
Logan diede un’occhiata al foglio, leggendolo rapidamente. Era un contratto con cui il nuovo socio si impegnava a non divulgare né informazioni né tantomeno immagini relative a ciò che succedeva all’interno del locale. Si impegnava a non filmare, registrare o fotografare se non dopo previa autorizzazione della direzione. Quando lesse la cifra della penale inarcò un sopracciglio.
-E’ legale?-
Vincenti gli rivolse un sorriso enigmatico.
-Il miglior studio di legali della città dice di sì.- Logan non dubitava che i soci dello studio fossero tra i suoi clienti, e che probabilmente fossero in grado di vincere qualunque causa. ‘In ogni caso nessuno dei soci ha interesse che quanto succede qui dentro venga divulgato. Tutti hanno una moglie convinta della fedeltà, un marito geloso, una famiglia bigotta o una reputazione da difendere’ mi capisci?-
Logan firmò, quindi restituì foglio e penna con un sorriso.
-In tal caso sono un pessimo cliente. Sono felicemente single, e la mia famiglia sa bene che sono un cattivo ragazzo.-
Vincenti scoppiò a ridere.
-Allora spero proprio che Zoe sappia come convincerti a fare il bravo, Logan! Venite, vi porto al mio tavolo privato. E’ quello con la migliore visuale sul palco, naturalmente.-

Dall’ufficio di Vincenti si accedeva direttamente al palco privato tramite un corridoio. Il palco era separato dal resto del locale da vetri a specchio che garantivano la riservatezza ai suoi ospiti VIP.
Logan sapeva di fare parte di una famiglia importante, in fondo suo padre era uno degli uomini più ricchi della città e non faceva mistero di voler concorrere per la poltrona di Governatore nelle elezioni che avrebbero avuto luogo tre anni dopo, tuttavia tutta quella considerazione era sorprendente.
Presero posto al tavolo, da cui effettivamente si godeva di una vista perfetta sul palco. In quel momento si stavano esibendo due ragazze, impegnate a regalare un doppio pompino a un uomo dall’aspetto di un nativo americano. Una delle due ragazze lo colpì per il suo aspetto e per l’impegno che metteva nello spettacolo: la sua carnagione era olivastra ed i lineamenti tradivano le sue origini orientali. Doveva raggiungere a malapena il metro e cinquanta e aveva un seno straordinario. Vedendola ingoiare completamente il membro del performer si stupì di quanto potesse essere profonda la gola di una donna così minuta.
-Asia &egrave nuova.- Disse Stan notando il suo stupore. ‘Ma farà strada’ naturalmente Asia &egrave il nome che usa sul palco.-
-E’ una ragazza notevole.-
Una giovane in topless si avvicinò portando tre calici di Champagne. Mentre prendeva il bicchiere Logan si accorse degli sguardi insistenti che gli rivolgeva la ragazza, evidentemente interessata.
-Stan, sai se Alyssa &egrave libera questa sera?-
Zoe aveva accavallato le gambe mostrando buona parte delle sue cosce. Logan si chiese se si fosse mai fatta scopare da Vincenti. Sarebbe stato pronto a scommettere che l’aveva fatto.
-Sei fortunata. Ha appena finito un numero e per il resto della serata &egrave libera. Volete fare una cosa a tre?-
La donna scosse il capo rivolgendogli un sorriso malizioso.
-No. La voglio tutta per me. Stasera ho voglia di qualcosa di piccante’ Ho portato Logan con me perché ormai avevamo appuntamento, e perché credo che possa essere un buon cliente per il Devil’s Kiss. Ti dispiace tenergli compagnia mentre io mi assento? Sono sicura che riuscirai a proporgli qualcosa di interessante per ingannare l’attesa.-
-Ti hanno mai detto che sei una donna straordinaria, Zoe?- Vincenti scoppiò a ridere. ‘Avrei del lavoro d’ufficio da sbrigare, ma a te &egrave impossibile dire di no’ E va bene, terrò compagnia al buon Logan. Sono sicuro che ci intenderemo, mi piace questo ragazzo.-
Logan si chiese che intenzioni avesse Zoe. Per un attimo aveva pensato che l’informatore fosse proprio Vincenti, ma si era presto reso conto che era impossibile. Era più plausibile che la fonte fosse quella Alyssa. In fondo le ragazze che lavoravano in quel locale dovevano sentire molte cose interessanti.
Continuò a guardare lo spettacolo che si stava avviando verso la conclusione. La giovane orientale si era impalata sull’uomo, mentre leccava la figa dell’altra performer. A Logan non era mai piaciuto quel genere di spettacoli: trovava il sesso e il piacere simulati profondamente tristi, forse perché fin da quando aveva quattordici anni il suo aspetto e soprattutto la ricchezza della sua famiglia ‘su questo non si faceva illusioni- avevano spinto le ragazze a fare a gara ad infilarsi nel suo letto. Tuttavia quella Asia sembrava veramente darci dentro con un entusiasmo genuino. I suoi gemiti e il modo di muoversi sembravano testimoniare un reale coinvolgimento, come se non stesse semplicemente interpretando una scena studiata a tavolino.
Lo spettacolo era quasi finito quando nel palco comparve una donna altissima, dai lunghi capelli corvini raccolti in una coda di cavallo. Le labbra sensuali erano evidenziate da un rossetto vermiglio, e un velo di trucco accentuava i lineamenti esotici. La nuova arrivata ebbe appena il tempo di salutare Vincenti, poi si trovò Zoe tra le braccia. Le due donne si baciarono a lungo con la bocca spalancata, i corpi avvinghiati l’uno all’altro mentre le lingue guizzavano tra i loro volti.
Solo quando si separarono Logan si rese conto del rigonfiamento che tendeva tra le gambe il vestito attillato di Alyssa. “Un transessuale, avrei dovuto capirlo’ però non ne ho mai visto uno così femminile e così bello.’
-Zoe, non mi presenti il tuo amico?-
La voce era roca e sensuale, di un’ottava più bassa rispetto a quella di Zoe.
-Logan, ti presento Alyssa. Alyssa, lui &egrave Logan Sanderton. Se però vorrai approfondire la sua conoscenza dovrai aspettare, questa sera ti voglio solo per me’ Ah, un’altra cosa. Non lo conosco da molto, ma temo proprio che sia esclusivamente attivo.-
Il transessuale inarcò un sopracciglio.
-Su questo &egrave sempre in tempo per cambiare idea, non sarebbe il primo.- Si volse verso di lui porgendogli la mano fissandolo negli occhi. ‘Piacere di conoscerti, Logan. Sei una persona famosa in città’ Se la prossima volta che passi da queste parti vuoi provare qualcosa di nuovo chiedi di me.-
Logan si sentì avvampare. Si era sempre sentito un eterosessuale convinto, ma si rendeva conto di essere attratto da Alyssa.
-Chissà? Grazie per l’offerta.-
La trans rise per la risposta goffa, quindi sussurrò qualcosa nell’orecchio di Zoe che a sua volta scoppiò a ridere.
-Allora vi lasciamo, uomini.- Disse la giornalista mentre si allontanavano a braccetto.
-Con quella lì ti sei messo in un brutto guaio, ragazzo.- La voce di Stan era bassa, come se temesse che le due donne potessero sentirlo. ‘Non ho mai incontrato una donna come lei. Insaziabile a letto e intelligente come il diavolo.-
-Sì, me ne sono accorto.-

Salendo al primo piano e percorrendo il corridoio Zoe non disse nulla. Le dispiaceva avere lasciato Logan da solo, ma doveva imparare a muoversi in quell’ambiente. Sicuramente come combattente sapeva il fatto suo, ma non aveva la minima esperienza per quel che riguardava i giochi di potere e gli intrecci sotterranei che si sviluppavano in quella città.
Prima o poi avrebbe anche dovuto dirgli la verità sulla sua famiglia, ma non era ancora il momento. No, prima avrebbe dovuto legarlo a sé, costruire il rapporto di fiducia indispensabile per realizzare i suoi piani.
Entrando nella stanza sentì il suo corpo prepararsi a ciò che stava per succedere. Alyssa era un’informatrice, ma l’attrazione tra loro era reale. Era stato Paul a farle provare per la prima volta il sesso con un transessuale, ed era stata una sorpresa sconvolgente.
‘Quel figlio di puttana per quanto riguarda il sesso mi ha dato tanto’ peccato che sia marcio fino al midollo.’
Sentendo la chiave girare nella toppa si voltò, facendo scivolare a terra il vestito. Sotto portava solo un perizoma minuscolo, e Alyssa notò sicuramente che i suoi capezzoli erano ritti come obelischi per l’eccitazione.
-Vedo che non perdi tempo.- La transessuale si avvicinò, fissandola con un sorriso. ‘Devo dedurre che oggi &egrave solo piacere?-
-No, anche dovere. Ma prima piacere’ Togliti quel vestito, voglio vederti nuda.-
Alyssa aveva già sciolto il laccio che reggeva il vestito. Ancheggiando lo fece scivolare fino alle caviglie, quindi si spostò di lato. Il cazzo tendeva il perizoma minacciando di romperlo. Zoe sospirò, ansiosa di sentirlo dentro di sé. Sapeva però che non sarebbe stata lei a guidare il gioco. Era questo il loro patto, se voleva ottenere le informazioni di cui aveva bisogno.
Attese che Alyssa si avvicinasse, sobbalzando quando sentì le mani chiudersi sui suoi seni. Subito portò una mano tra le gambe del transessuale, liberando il cazzo e masturbandolo mentre le loro labbra si sfioravano.
-Sei una vera cagnetta in calore’ Non ti basta il tuo nuovo amante? Non scopa bene?-
-Scopa come un dio.- Rispose lei muovendo su e giù la mano.
-Però tu ritorni sempre da me, chissà come mai’- Le mani di Alyssa scivolarono dai seni alle spalle.
Zoe non rispose. Obbedendo al comando implicito si abbassò inginocchiandosi, fino a trovarsi il membro sontuoso davanti al volto. La cappella violacea aveva un fascino irresistibile. Reggendo i testicoli con una mano schiuse le labbra e si abbassò sul cazzo, gustando il contatto del glande con la lingua e con il palato.

Quando le luci si erano spente e il pubblico era ammutolito Logan aveva capito che quello che si preparava era il pezzo forte della serata. Scrutando Vincenti con la coda dell’occhio vide che sul suo volto si era disegnato il sorriso di chi sta per stupire l’interlocutore e pregusta il momento.
Le luci si erano riaccese improvvisamente, mostrando una ragazza da sola sul palco. Era volta di schiena, il corpo coperto da una divisa della polizia formata da camicia e gonnellino lungo fino al ginocchio. Il viso era rivolto verso il basso, semi nascosto dalla spalla e dal cappello da poliziotto.
Logan si era chiesto ironicamente se le scarpe con il tacco dodici facessero parte della divisa delle poliziotte di V-City. Quando la musica era partita aveva impiegato pochi secondi per capire come mai il pubblico fosse così entusiasta per un semplice spogliarello. Quella che si muoveva sul palco non era una donna. Anzi, biologicamente lo era sicuramente, ma la sua anima era quella di una gatto o di un serpente incantatore.
Si muoveva con una sensualità incredibile. I passi di danza talmente fluidi da sembrare un unico lunghissimo movimento. Quando si era volta verso di loro e aveva gettato via il cappello si era reso conto che doveva avere poco più di vent’anni. Man mano che i vestiti scivolavano a terra Logan aveva cambiato idea mille volte su quale fosse la parte più sensuale del suo corpo. Il volto acqua e sapone con le labbra carnose e sensuali. I seni tondi e alti come quelli di un’adolescente. La schiena dalla vita sottile. Il ventre in cui gli addominali si intravedevano come disegnati da uno scultore. Il culo sontuoso.
Alla fine però ciò che lo avevano rapito maggiormente erano i suoi occhi. I loro sguardi si erano incrociati mentre si sfilava la camicia. L’aveva vista esitare per un istante, un unico impercettibile istante che era sfuggito a chiunque non avesse l’istinto del cacciatore. Da quel momento in poi si erano cercati altre mille volte.
-Si chiama Hot Maddy, &egrave la star del locale. I clienti più importanti arrivano a spendere cifre a quattro zeri per passare una notte con lei.-
-Non stento a crederlo.- Aveva risposto senza distogliere lo sguardo da quell’angelo biondo.
Solo quando la musica si era spenta e l’aveva vista allontanarsi dietro le quinte Logan si era riscosso dall’incantesimo. Hot Maddy aveva concluso il numero guardandolo direttamente, come se esistesse solo lui. Era sicuro che fosse una prassi consolidata, nelle occasioni in cui il padrone del locale aveva ospiti. Eppure c’era qualcosa nel modo in cui l’aveva guardato’
-Allora, Logan. Non mi hai ancora detto cosa ti piace’-
-In che senso?-
-Che tipo di ragazze. Bionde o rosse. Asiatiche o nere. Giovani o mature. Qui puoi trovare qualunque cosa ti interessi. Ti piace farlo con due gemelle? Vuoi solo maggiorate? Cerchi una ragazza che ti calpesti e ti faccia assaggiare la sua pioggia dorata?-
‘Voglio Hot Maddy’ avrebbe voluto dire. Eppure aveva la sensazione che fosse un piatto ad esclusivo beneficio dei clienti più importanti.
-Ammetto di non avere un gusto particolare. Sono onnivoro da quel punto di vista.-
Vincenti scoppiò a ridere, ma Logan ebbe l’impressione che l’uomo avesse fretta di liberarsi di lui.
-A mio parere essere onnivori &egrave la scelta migliore, ragazzo. La varietà femminile &egrave una ricchezza, &egrave un peccato fossilizzarsi su una sola tipologia. Molto bene, allora se ti va puoi guardare ancora qualche numero e vedere se qualcuna delle ragazze ti fa scattare la scintilla.-
Logan stava per chiedergli di Asia quando sentì la porta alle loro spalle aprirsi.
Voltandosi rimase di sasso, vedendo entrare Madison. Doveva essere appena uscita dalla doccia: il petto e il pube erano coperti da un asciugamani avvolto attorno alla vita, e i lunghi capelli biondi erano ancora bagnati.
-Vi dispiace se mi unisco a voi?- Chiese rivolgendo un sorriso a Stan, che alzò le spalle.
-Maddy, lui &egrave Logan Sanderton. E”-
-Il figlio di Peter Sanderton, il milionario e nostro futuro Governatore.- Si voltò verso Logan, porgendogli una mano. ‘Ho visto le tue foto sulle riviste scandalistiche. Sei davvero così cattivo come dicono?-
Sorridendo mostrò i denti bianchi e perfetti. Logan si rese conto che alzandosi aveva reso evidente l’erezione che durava da quando Maddy aveva iniziato a spogliarsi.
-Purtroppo le riviste esagerano. Ammetto di avere fatto la metà delle cose che mi attribuiscono, e di avere avuto meno della metà delle donne con cui sono stato secondo i tabloid.-
-Forse non ti sei impegnato abbastanza.- Rispose lei inarcando il sopracciglio. Appoggiò una mano sulla spalla di Vincenti, inclinando la testa in un modo che Logan trovò incredibilmente sensuale. ‘Stan, so che avevi degli affari da sbrigare. Vuoi che tenga compagnia io al tuo ospite?-
Stan si voltò verso Logan, guardandolo con un’espressione dubbiosa.
-So che &egrave volgare parlare di denaro, ma non credo che Logan intendesse spendere’-
-La mia carta di credito ha un plafond piuttosto ampio.- Rispose subito lui. ‘E sarei scortese a rifiutare la compagnia di una ragazza così straordinaria.-
Madison sorrise al suo capo.
-Hai visto? E’ un vero cavaliere.-
Il padrone del locale esitò per un attimo. Logan era sicuro che per qualche motivo non fosse sicuro di quella scelta, ma alla fine sembrò rassegnarsi.
-Va bene.- Disse alzandosi. ‘E’ stato un piacere conoscerti, Logan. Passa a salutarmi prima di andare via.-
-Il piacere &egrave stato mio, signor Vincenti.-
-Stan.-
-Ok, Stan.-
Logan guardò l’uomo allontanarsi, quindi si rivolse verso Madison.
-Sembra che l’idea che passi del tempo con te non lo entusiasmi. Non gli piaccio?-
La ragazza si appoggiò al tavolo, rivolgendogli un sorriso malizioso.
-Credo che tu gli piaccia, e gli piacciono anche i tuoi soldi. Però trova che tu sia poco interessante.-
-Poco interessante?-
Madison prese il bicchiere mezzo pieno che Vincenti aveva lasciato sul tavolo e lo vuotò lentamente, senza distogliere lo sguardo da Logan.
-Se pensi che il mio lavoro sia solo ballare e aprire le gambe per i clienti di Stan sei ingenuo. Gli uomini potenti sono narcisisti, amano dire quanto sono in gamba per impressionare le donne con cui vanno a letto’ come se raccontandole quanto sono in gamba riuscissero a farla godere, a farla innamorare di loro. Il mio lavoro &egrave farli parlare, e riferire a Stan le informazioni più interessanti. Informazioni che in molti casi si trasformano in denaro che finisce nelle tasche di Stan.-
-Capisco. Un donnaiolo che passa il suo tempo tra feste ed auto sportive non deve essere molto interessante da questo punto di vista.-
-Allora non sei così ingenuo.- Ancora una volta inclinò la testa in quel modo che lo faceva impazzire.
-E allora perché hai deciso di sprecare il tuo tempo con me?-
-Chissà. Forse le informazioni che interessano a me non sono le stesse che interessano a Stan.-
Logan svuotò a sua volta il bicchiere.
-C’&egrave solo un problema. Rivelandomi la tua tattica non hai più possibilità di vincere a questo gioco.-
-Può darsi.- Madison si voltò e si avvicinò alla porta. La aprì e con un gesto studiato gli porse la mano. ‘O forse ho voluto solo rendere il gioco più interessante.-
Logan prese la mano e imboccò il corridoio con lei.

Zoe tossì e inspirò profondamente. Il suo volto era congestionato per la mancanza di ossigeno, gli occhi arrossati e pieni di lacrime. Alyssa lasciò che si riempisse i polmoni, quindi spinse nuovamente il grosso sesso in fondo alla sua gola. Immediatamente Zoe cominciò a muovere la lingua sull’asta, spingendola fuori dalle labbra a solleticare i testicoli.
-Cazzo quanto mi piace quando fai così’ Sei proprio una troia succhiacazzi, e dire che dovrei essere io la puttana.-
Reprimendo un conato di vomito portò le mani dietro la schiena del transessuale. Le strinse i glutei, quindi fece scivolare le dita nel solco tra le natiche andando a solleticare lo sfintere.
-Sì, accarezzami il buchetto’ Prima o poi mi farò scopare dal tuo nuovo amante, sono sicuro che non si &egrave mai fatto un culo come il mio. Il tuo culo gliel’hai già dato?-
Le tirò indietro la testa costringendola a guardarla.
-Sì.-
-Brava troia’ e come ti ha presa?-
-In piedi contro un muro, da dietro. Poi mi ha sborrato nel culo.-
-Ma che brava’ ti sei fatta fare un bel clistere di sborra’ E’ per questo che sei venuta da me? Per farti riempire il culo con la mia crema?-
Zoe non riuscì a rispondere, troppo eccitata da quel gioco. Incurante della mano che le teneva i capelli spinse il volto in avanti, riuscendo a prendere il glande tra le labbra e succhiandolo con forza. Quel gesto improvviso sorprese Alyssa, che gemette prima di tirarsi indietro.
-Basta, &egrave il momento di fare sul serio.-
Si spostò verso il letto e si stese supina. Il cazzo era perfettamente perpendicolare al corpo, diritto verso il soffitto come un razzo pronto al decollo. Appoggiando le mani dietro la nuca si voltò a guardare la giornalista.
-Vieni. Fottiti tu’ fammi vedere come mi desideri.
Zoe salì a sua volta sul letto, accarezzandosi tra le gambe e spalmando i suoi umori sullo sfintere per lubrificarsi. Si accovacciò sul corpo del transessuale sporgendo il busto in avanti per offrirgli i seni.
Con una mano cercò il membro, menandolo un paio di volte prima di accostare la punta allo sfintere. Chiuse gli occhi e iniziò a scivolare all’indietro, facendo entrare il membro centimetro dopo centimetro.
-Guardami mentre ti fai fottere.-
Aprì gli occhi, appoggiando le mani sul petto di Alyssa e sfiorandole i capezzoli. Questa volta la stimolazione fece reagire il transessuale, che spinse i fianchi verso l’alto sprofondando nel suo retto.
-Oh sì’- Zoe strinse con forza i capezzoli tra le dita, sorridendo quando sentì Alyssa urlare.
-Sì, cazzo! Così, strizzami i capezzoli come il tuo culo stringe il mio cazzo.-
Zoe contrasse i muscoli rettali. Il dolore per poco non la fece svenire, ma comprese che anche Alyssa aveva provato lo stesso dolore. Cominciò a muoversi furiosamente, stingendo sempre con forza i capezzoli del transessuale. A poco a poco sentì il corpo sotto di lei adeguarsi al suo ritmo, spingere quando lei scendeva per penetrarla ancora più a fondo.
Si morse le labbra per non urlare, ma quando le mani di Alyssa le afferrarono i seni non riuscì più a trattenersi.
-Vengo, Aly! Vengo, cazzo, vengo’ vengo!-
Sapeva che anche il trans era al limite. Le contrazioni del suo retto furono il corpo decisivo. Sentì le dita affondare nelle sue mammelle, mentre il suo retto veniva invaso dal liquido caldo. Le urla di piacere si fusero come i rispettivi corpi, che presero a muoversi perdendo ogni sincronismo.
Finalmente Zoe si lasciò andare sul petto del trans, il volto appoggiato al petto che si alzava ed abbassava rapidamente.
-Cosa vuoi sapere questa volta?-
La voce di Alyssa era strozzata. Zoe credeva di capire come si sentisse: si sentiva usata, ma al tempo stesso non poteva negarle nulla. Si voltò in modo da guardarla negli occhi, il naso a pochi centimetri dalle sue labbra.
-Logan &egrave molto amico di Jennifer Nichols, il vice procuratore. Dobbiamo sapere chi l’ha rapita.-
Le pupille di Alyssa si dilatarono, mentre il petto sotto di lei smetteva di muoversi. Era una reazione che aveva già visto il altre persone, e che aveva un solo nome: terrore.
-Zoe, non chiedermi questo’ Se scoprono che gli sbirri hanno avuto l’informazione da me io’-
-Logan non &egrave uno sbirro.- Le disse interrompendola. ‘Puoi fidarti, l’informazione rimarrà tra noi due.-
Alyssa si guardò attorno cercando una scappatoia, ma alla fine annuì.
-Va bene, anche se non so molto.- Esitò ancora un istante, prima di riprendere parlando direttamente nel suo orecchio. ‘E’ stato alcuni mesi fa, quando sono iniziati gli arresti’ dicevano che Nichols e O’Hara sono diventati troppo fastidiosi, che era il momento di metterli fuori gioco.-
-Stai dicendo che hanno pianificato di ucciderli?-
Alyssa scosse il capo.
-Hanno detto che era troppo pericoloso, che c’erano altri modi.- La sua voce si abbassò ulteriormente. ‘Che era un lavoro per il Camaleonte. L’ho sentito nominare spesso, &egrave un killer. Un professionista, uno che viene dall’Europa.-
La prostituta si morse le labbra, come se avesse detto troppo.
-Non so che uso possa fare il tuo amico di questa informazione’-
Zoe la baciò, un bacio che durò molti secondi.
-Per ora gli basterà sapere che resterà in vita. Ti devo un favore, Alyssa. La prossima volta puoi chiedermi quello che vuoi.-
Sul volto terrorizzato del transessuale comparve un sorriso incerto.
-Se sarò ancora viva la prossima volta.-

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