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Racconti Erotici Etero

Vergine

By 20 Febbraio 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

– Siamo a casa! – annunciò la voce di Martina dall’ingresso.
Finalmente, pensai, era uscita di casa da più di un’ora e iniziavo a temere che lei e il nostro ospite fossero stati risucchiati da un buco nero. Mi guardai per un attimo nello specchio appeso dietro la porta della mia camera, l’abitino di lana bianco che indossavo mi donava un’aria angelica, smentita solo in parte dalle gambe che erano lasciate quasi del tutto scoperte.
Lasciai la mia stanza ed andai verso il salottino che condividevo con le mie coinquiline, Martina e Giulia. Giulia era tornata dai suoi per il fine settimana, mentre Martina era lì, che si toglieva il cappotto. Accanto a lei se ne stava immobile il nostro ospite, Eugenio.
– Ciao – li salutai, avvicinandomi ad Eugenio per scoccargli un bacio su una guancia.
Lui e Martina si erano conosciuti online. Nonostante lui fosse ancora vergine le loro conversazioni erano state fin dall’inizio molto intime e Martina mi aveva confessato che tutte le porcate che lui le scriveva la facevano impazzire d’eccitazione… Così, per curiosità, le avevo permesso di passare il mio indirizzo email ad Eugenio.
Lui si era dimostrato da subito molto intraprendente, almeno a parole, e mi aveva fatto virtualmente compagnia per alcune serate regalandomi molti orgasmi. Mi aveva convinta a passargli alcune mie foto, con il risultato che si era letteralmente innamorato delle mie tette.
Eravamo passati presto alle videochiamate e alla fine vedersi per rendere reali quelle fantasie era stato automatico. Così Eugenio ora se ne stava lì, davanti a noi, con un’espressione a metà tra l’eccitato e l’indeciso.
– Possiamo offrirti qualcosa? Birra, vino, – domandò Martina.
– Una birra andrà benissimo – rispose il ragazzo, sfilandosi il giaccone.
Mentre Martina spariva in cucina presi Eugenio per mano, – Vieni a sederti – gli dissi, guidandolo verso il divano. Lasciai che si accomodasse, poi mi misi accanto a lui, con le gambe raccolte, così vicina che le mie ginocchia premevano contro la sua coscia. Scambiammo qualche parola sul suo viaggio e sull’appartamento dove vivevamo, poi Martina tornò e porse la bottiglia di birra ad Eugenio prima di sedersi al suo fianco, anche lei tanto vicina da premergli i seni contro il braccio.
– Siamo molto felici che tu sia venuto a trovarci – disse, – Siamo sicure che questo weekend sarà indimenticabile… – aggiunse, con un sorriso malizioso sulle labbra piene.
Eugenio buttò giù una lunga sorsata di birra poi annuì, – Credo anche io… –
Senza perdere altro tempo, quasi ci fossimo messe d’accordo, io e Martina cominciammo ad accarezzare le cosce di Eugenio, arrivando ben presto a sfiorare il suo cazzo attraverso la stoffa dei jeans e fu subito evidente che il proprietario di quel bel randello gradiva le nostre attenzioni.
Avvicinai il volto a quello di Eugenio e lo baciai, lui rispose al bacio infilandomi la lingua in bocca, avido e determinato. Poteva essere vergine, ma l’istinto lo guidava alla perfezione: posò la birra sul tavolino e poi mi slacciò la cintura che teneva chiuso l’abito, mentre Martina gli slacciava i bottoni dei jeans e abbassava la zip, liberando il membro teso dai boxer.
Sotto il vestitino indossavo un abito a sottoveste bianco, con una scollatura vertiginosa e così corto da coprirmi appena i glutei. Eugenio riconobbe quel vestitino, lo avevo indosso in alcune delle foto che gli avevo inviato e sapevo che lo aveva trovato particolarmente eccitante. Abbassò le spalline con un gesto brusco e si avventò sui miei seni per leccare e succhiare i capezzoli.
Martina sapeva che Eugenio andava pazzo per le mie tette, così come sapeva che lei con la sua prima non poteva competere, così, mossa forse da gelosia, strinse il cazzo del ragazzo tra le dita e si accucciò per prenderlo tra le labbra.
Quando avvertì il calore della bocca di Martina attorno al suo cazzo Eugenio si lasciò sfuggire un gemito roco contro la pelle dei miei seni, poi abbassò lo sguardo, credo per godere dello spettacolo di quella bocca che saliva e scendeva lungo la sua asta tesa.
Li lasciai fare, ammirando anche io la tecnica della mia coinquilina, la perizia con cui si prendeva cura del cazzo del nostro amico, leccandolo, succhiandolo, ingoiandolo fino a quasi farlo sparire nella propria gola, poi mi alzai dal divano, mi liberai del vestito e mi inginocchiai tra le gambe di Eugenio.
Martina capì cosa stava per accadere e si fece da parte. Eugenio guardò frastornato i miei seni, sodi, bianchi come latte e con le aureole di un rosa chiarissimo, e il suo cazzo ebbe un guizzo.
– Vuoi che ti faccia un lavoretto con queste? – gli domandai, mentre con le mani mi palpavo i seni.
– Oh sì, cazzo se lo voglio… – rispose, quasi senza fiato.
La mia era stata una domanda retorica, nelle email che ci eravamo scambiati Eugenio aveva più volte detto quanto gli sarebbe piaciuto farsi fare una bella spagnola da me, sentire le mie tette attorno al suo cazzo.
– C’&egrave un piccolo prezzo da pagare, per questo – dissi, mentre lasciavo che il suo uccello sfiorasse i mie seni, – Voglio essere la tua prima donna, la mia dovrà essere la prima fica in cui affonderai il cazzo – Non so perché mi eccitasse tanto l’idea di farmi scopare da un vergine, fino a quel momento avevo sempre avuto e voluto uomini con una certa esperienza tra le lenzuola, alcuni dei miei partner avevano l’età di mio padre, qualcuno avrebbe potuto essere persino mio nonno’ lui era forse solo un’eccezione che conferma la regola.
Eugenio annuì senza staccare lo sguardo dalle mie tette, così lasciai che il suo uccello, ancora umido della saliva di Martina, si insinuasse tra i miei seni e lo strinsi.
– Oh, sì, muoviti tesoro, dai – mi incitò, e io non mi feci pregare. Iniziai a scendere e salire, facendo scorrere il suo cazzo tra le mie tette. Martina, che nel frattempo si era liberata dei vestiti e del reggiseno rimanendo in perizoma, si inginocchiò accanto a me e ogni tanto si chinava a leccare il glande di Eugenio che spuntava arrossato tra i miei seni. – Cazzo, così mi fate venire, puttanelle – gemette il ragazzo, artigliando le dita ai cuscini del divano e sollevando ritmicamente i fianchi per spingere il suo uccello tra le mie tette. Aveva il viso stravolto, sembrava incapace di gestire le sensazioni che stava provando e la cosa mi eccitava. – Non resisto, sborro – annunciò poco dopo.
Ed eccoli, uno, due, tre, quattro potenti schizzi di sborra colpirono me e Martina sui seni e sui visi. Lei non perse tempo e si gettò sul cazzo di Eugenio per raccogliere le ultime gocce e per ripulirlo a dovere, mentre io raccoglievo con i polpastrelli tutto il seme che mi era colato sulle tette per poi leccarli e succhiarli.
-Delizioso… – commentai, Martina si voltò verso di me annuendo e notai lo schizzo che le imbrattava la guancia. Senza rifletterci mi avvicinai e glielo leccai via, ma prima che potessi ritrarmi lei mi sfiorò le labbra con le sue e così ci scambiammo un lungo bacio, fatto di lingue e di sborra. Fu Eugenio, tirando per i capelli Martina, a ricordarci della sua presenza, così tornammo a sederci accanto a lui e iniziammo a baciarci come degli adolescenti in piena tempesta ormonale.
Tra un bacio e l’altro lo aiutammo a liberarsi degli indumenti che gli erano rimasti addosso e non ci volle molto prima che il suo uccello tornasse ad indurirsi.
– Vieni con me – gli dissi, alzandomi dal divano e prendendolo per mano. Lo guidai in camera mia, con Martina che ci seguiva silenziosa, e lo feci sedere sul materasso. Mi fermai accanto al letto, lasciai che la sottoveste mi scivolasse via dal corpo e mi mostrai ad Eugenio, facendo un giro su me stessa per mostrargli anche il mio lato B.
– Sei bellissima – disse sollevando le mani per stringermi i seni, prima di scendere giù sullo stomaco, e poi più giù, sul monte di Venere completamente depilato. Insinuò le dita tra le mie gambe, arrivando a toccarmi le grandi labbra, – E sei anche bagnata, troietta – aggiunse, quasi stupito.
– Questo &egrave nulla – sussurrai, posandogli una mano sul polso e invitandolo ad avanzare, – Infilami due dita dentro – gli chiesi, allargando appena le gambe.
Infilò indice e medio nella mia fichetta e mi masturbò seguendo alla lettera tutte le mie richieste, cercando di stimolarmi il clitoride con il palmo della mano mentre con due dita mi rovistava dentro, le roteava, le spingeva a fondo, portandomi presto ad un orgasmo che mi lasciò senza fiato ma ancora più vogliosa.
– Dopo voglio lo stesso trattamento anche io – disse Martina alle mie spalle. Si era seduta su una poltrona e si stava toccando pigramente in mezzo alle gambe.
Eugenio annuì, mentre io gli succhiavo le dita con cui mi aveva fatta venire, e non avevo nessun dubbio sul fatto che durante quei due giorni ci avrebbe fatto godere molto.
– Mettiti comodo sul letto – gli dissi, sapendo bene quali erano le sue fantasie.
Lui non se lo fece ripetere due volte, si mise al centro del letto con le spalle appoggiate alla testata e il cazzo che svettava alla ricerca di attenzioni.
– Vieni qui, fattelo mettere dentro – disse, ubbidiente mi misi a cavalcioni su di lui, gli afferrai l’arnese e lo guidai verso la mia figa. Il suo glande lucido sfiorò le labbra della mia passerina e poi si fece strada nella mia carne mentre io mi abbassavo per accogliere quel palo fino alla fine. Eugenio mi afferrò le tette, le strinse mentre si lasciava sfuggire un gemito basso. Era la prima volta che assaporava il dolce calore di una figa bagnata attorno al suo cazzo e la cosa, non so perché, mi eccitava da morire.
Iniziai a cavalcarlo, prima con movimenti lenti e profondi, poi sempre più rapidi. Speravo che essersi da poco svuotato le palle avrebbe aiutato Eugenio a durare di più, volevo che quella scopata durasse a lungo, volevo restare impalata su quel cazzo fino a non poterne più.
Intanto Eugenio si prendeva alternativamente cura dei miei seni, che leccava e succhiava, e del mio culetto, che massaggiava e palpava a piene mani. Quando lo sentii esplorare in punta di dita la pelle attorno al mio buchetto posteriore persi il controllo, sentii un altro orgasmo montarmi dentro e fu allora che Eugenio afferrandomi per le spalle mi spinse di lato e mi fece finire con la schiena contro il materasso. Mi sovrastò e mentre mi perdevo nel mio orgasmo riprese a fottermi.
– Prendilo tutto, puttanella – mormorava, spingendomelo dentro con forza, e io lo prendevo fino all’ultimo centimetro, mentre gemevo di piacere. Mi sentivo una cagna, mentre lui mi martellava con colpi disarticolati, come se non sapesse decidere il ritmo, finché non sentì che stava per venire. – Godo, ti sborro tutta – disse, piantandosi nella mia figa e riempiendomi con la sua sborra per la prima, e non ultima, volta.

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