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Racconti Erotici Etero

Vieni a casa mia

By 18 Settembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

&egrave da molto tempo che lo conosco, ma solo di vista. Lo trovo a scartabellare libri e giornali ogni sabato mattina: &egrave un assiduo frequentatore della biblioteca. Ha l’aria di studente un po’ perso, di materie tecnicoscientifiche non meglio definite: quasi mai lo trovo chino sui quaderni pieni di conti quelle volte che passo nel tardo pomeriggio dopo il lavoro di impiegata; quasi sempre &egrave lì a chiacchierare con questo e quello, o a fumare fuori con aria colpevole. Ma mi piace immaginarlo sempre lì a studiare, non so perché. Il sabato non ha zaino, si aggira, &egrave già lì quando arrivo ed &egrave ancora lì quando me ne vado. &egrave qualche anno sopra i venti, affilato e rapato, credo per semplicità. Per semplicità e incuria si fa crescere la barba ma non &egrave così trasandato. Mi affascina. Sono una lettrice ostinata (zitella, piena di genitori anziani e in salute ma comunque molesti a un solo chilometro, piena di canarini di ogni colore) e come lui devo far parte dell’arredamento della biblioteca agli occhi degli altri frequentatori; ma la cosa evidentemente non ci preoccupa. Quando lo incrocio per strada, la sera capita, accenna un saluto rispettoso e timido che evita quando &egrave in compagnia di una ragazza o dei suoi amici o col borsone del basket. Figuratevi se si interessa a me.

Questo sabato giro tra gli scaffali indecisa. Lo vedo riaffannarsi con le dita e poi strabuzzare gli occhi davanti al monitor del computer: guarda i cataloghi e non trova qualcosa. Noi che non siamo abituati a comprare i libri, per avarizia, miseria, o attitudine (provare a leggere di tutto senza impegno, tanto poi se non ti piace o non ce la fai restituisci e via; e ci manca quel feticismo dell’oggetto, tutto nostro, la sottolineatura e la chiosa e il libro del cuore o con dedica) siamo sconvolti quando mancano dai cataloghi libri banali, celebri o letterari o di successo che siano.

Una botta d’istinto: cos’&egrave che non trovi? – Memorie di Adriano. – Strano, come può mancare? Siamo così ben forniti, quasi sproporzionati in questa biblioteca. &egrave un classico immortale. – Non esageri, l’avevo già letto, ma non attentamente, al liceo, un po’ con costrizione. Ma non mi era piaciuto. – E perché lo cerchi? – Perché ora mi serva, corrisponde al mio stato d’animo. – Che intendi? – Che faccio una vita bella, sono contento e sereno come del resto dovrei essere, ma non soddisfatto: e mi sembra che a diciassette anni non fosse così. – Mi sembra di capire l’associazione di idee che fai, anche se non ti sai spiegare. – Non mi so spiegare’ lo ammetto, &egrave questione di cuore e non di testa, e poi non sono un letterato, sono un lettore. – Anch’io sono una lettrice, la cultura generale &egrave buona, liceale e poi coltivata, aiuta a inserire le storie nel contesto, così si godono e capiscono col cuore; &egrave difficile però, aldilà dei fatti raccontati, estrarre e spiegare quel succo psicologico, quel non so che della vita e delle personalità dei personaggi e degli autori stessi che ci raggiunge e un po’ ci cambia, o ci rivela a noi stessi. – Lei &egrave una prof. – No no. – Parla come una prof, davvero, non si vergogni. – No, lavoro in banca. – Ma forse ha qualcosa da insegnare lo stesso. – Guarda, se vuoi leggere quel libro io ce l’ho a casa, te lo presto volentieri. ‘ Non si deve disturbare. ‘ Qualche libro lo compro, e magari sta lì a prendere polvere: raramente rileggo alcuni passi, sempre gli stessi, magari te li dico. Insisto. ‘ Non deve. ‘ Insisto. ‘ Ok. ‘ Vieni adesso, seguimi, sono quattro passi.

&egrave molto tempo che un uomo non entra con me da sola, a casa mia. Io ed Enrico, così scopro che si chiama, o forse già lo sapevo ma mi sembra lo stesso nuovo, scambiamo due parole per strada, non mi affianca, mi segue come un cagnolino, imbarazzato, stupendosi di tutto ‘ Non passi di là col rosso, abita così vicino, questo portone nasconde un cortile interno, chi l’avrebbe detto, che bella voliera e che bei fiori. Tutte frasi di cortesia, per riempire il silenzio; oppure sincera manifestazione di curiosità per la vita della signora zitella della biblioteca? Mezza età, spalle grosse, occhiali e biondastra, quasi sempre gonna e tailleur in tinte poco allegre, proprio da banca, tacco alto perché tappa e non perché vacca. Ma la casa &egrave fatta di colori. ‘ Ecco, la libreria &egrave grande, per di qua, seguimi pure, non preoccuparti. Il letto &egrave ancora sfatto, che brutta figura: ma stamattina non ho avuto voglia e ho rimandato. Ma avevo aperto la finestra e quindi l’aria &egrave buona, la brutta figura non &egrave totale. Ora riapro per fare luce, lui segue osservando tutto, stampe, quadretti, oggetti, il tutto spero abbastanza spolverato. Si affaccia dalla finsetra e gurda giù a voliera: &egrave disinvolto e mi fa piacere. Solite frasi di circostanza, non lo ascolto, solite risposte di circostanza. Io ora penso all’ultima volta che ho fatto l’amore qui, due anni fa, o meglio provato a farlo; non andò molto bene, chissà perché, che umiliazione quella notte di luglio. Da allora niente, quel tipo intellettuale era un imbroglio, adesso magari chissà che puttanelle si fa, magari con loro non &egrave stressato e stanco. Ora si &egrave rigirato e seguendomi butta rapido l’occhio su un tanga nero che fa bella mostra di sé fra le lenzuola e una cascatella di peli ricciuti, la figura non &egrave brutta, &egrave pessima ma tant’&egrave, questi ragazzi non li immagino molto ordinati a casa loro, chissà le mamme se sono peggio o meglio di me.

Siamo arrivati nello studio. – Siediti lì che te lo trovo. Lì che stai comodo, quel sedile di legno col cuscino, &egrave quasi antiquariato. Ti sconsiglio la poltrona, lì affondi e non torni più su; lì leggo d’inverno.
Ora ce l’ho di spalle: cerco il libro, chissà dov’&egrave, tutta roba vecchia qui, compro sempre meno. Lui tace, immagino che si guardi intorno.

Ancora una botta d’istinto. ‘ Anche la tua ragazza legge? ‘ Non ho la ragazza. La risposta &egrave stata esitante. ‘ Come, un giovanotto come te? ‘ Sfortuna. Ora davanti ai miei occhi ballano le coste dei libri, alcune col titolo verso sinistra, altre verso destra, sembrano tutte uguali e illeggibili eppure c’&egrave luce. Chiudo gli occhi e ripenso il letto sfatto, quel fiotto improvviso di sperma in una notte di luglio, sul lenzuolo e sulla mia schiena, chissà perché e poi non gli si rizzava più, mamma mia che pena. ‘ Forse oggi io potrei essere più fortunata. ‘ Come? ‘ Scusa, ho un po’ di confusione in testa. Potresti aiutarmi? ‘ Certo, si figuri, anzi grazie, proprio non doveva, le ripeto, le invado la casa. Lo lascio a frugare i libri, faccio due passi, sistemo due cose sul vecchio scrittoio, lettere e cartoline dell’estate, l’agenda, batterie. Sposto a caso, mi gira la testa. Ora lui &egrave chinato per cercare nello scaffale sotto. Gli vado dietro, barcollo, gli ultimi due passi mi &egrave parso di affondarli in una nuvola: gli piazzo una mano sul fianco e porto l’altra, la destra, più avanti, sotto, ma non faccio in tempo che a sfiorarlo.

Lui fa un un balzo, mi afferra i polsi e mi stacca. ‘ Che fai? &egrave un fulmineo ritorno alla realtà. Una realtà mai immaginata. Percepisco un guizzo di tremito della sua mascella. ‘ Sei matta? Il lei &egrave sparito, ora sono una matta. Sì, ho proprio fatto qualcosa, se questo &egrave l’effetto. ‘ Scusa. Ma lasciami ora. Mi stringe ancora e fa un po’ male, sono ancora dietro di lui. ‘ Sì. Tira il fiato, finalmente mi lascia, si gira verso di me e mi guarda. Non sono più in trance, e questo sguardo mi uccide. Non c’&egrave rabbia, c’&egrave pietà in questo sguardo. E qui mi scateno: non posso non sciogliere in un pianto la pietra che mi si &egrave formata in gola dopo quel lasciami ora. Scoppio, sono precipitata in un inferno e posso solo piangere per salvarmi, non pensarci più, anestetizzarmi. Non piango così rumorosamente da anni, non ricordo quanti. Sbatto le mani nell’aria, poi sullo scrittoio, spargendo le carte. Non so Enrico cosa faccia, per me non c’&egrave più, veramente non ricordo più nemmeno il nome, so solo che la mia vita fa schifo, sono sola e faccio schifo. Con due scatti sfilo e lancio via i miei lunghi tacchi verso la scrivania, non ne posso più di quei trampoli ridicoli, mentre mi scarmiglio e mi butto a sedere. Si &egrave fatto buio da un po’.

Dopo un attimo di smarrimento &egrave corso infatti a sbarrare la finestra, per evitare che il mio baccano si senta. Raccolta la faccia tra le braccia, sopra le mie carte bagnate di lacrime, sto ancora singhiozzando. Ora penso – Perché? Anch’io merito qualcosa. Lui mi guarda, mi massaggia le spalle, – Non preoccuparti, non fa niente, non sono arrabbiato, figurati, dovrebbe piuttosto farmi piacere. Non scherzo, non fai schifo, non &egrave vero. Forse non era il modo giusto, non me l’aspettavo’ Ascolto e non ascolto, ho già smesso i miei pensieri di rivalsa.

Quand’ecco che le mie mani me le butto proprio sulle spalle, sulle sue mani, reazione improvvisa a quel suo gesto d’intimità che finora mi arrivava solo attutito: – Per favore, fai qualcosa per me, toccami. Sono io che parlo? E così lui forza le mie ascelle, porta le mani verso le mie mammelle, le cerca, sono cascate con gli anni, ma le trova, lì sono grandi come noci di cocco, e le raccoglie, &egrave alle mie spalle ancora, le massaggia prima piano, poi con un regolare furore, premendo con movimenti circolari via via più rapidi. Percepisco dietro la nuca qualcosa che pulsa, che mi chiama. La porta del paradiso si riapre per me: sono ancora in grado di piacere, di eccitare, donna matura e imbolsita, bionda pera abbronzata su gambe ancora dritte e belle ma affaticate, che non gode più da tempo assieme a qualcuno ma solo tra prevedibili masturbazioni e sogni scemi, effetti speciali del vibratore sempre scarico. Il mescolamento delle mie mammelle &egrave come un mescolamento del mio cervello. Da ragazzina depressa e piagnucolona a troia. O solo e semplicemente donna. Ora non mi faccio più paura.

Voglio sentire il tuo fiato nel mio fiato, baciamoci, scambiamoci le lingue i denti e l’anima.

Ora il sedile &egrave spostato da una parte, con due bracciate ho liberato tutto il piano, carte tagliacarte matite volano cadono rotolano si perdono e non ce ne frega più nulla delle lettere, come stai come non stai sei serena, tu mi stai calando gonna e mutande, io mi sfilo la camicia e mi libero di tutto e ti libero dei tuoi vestiti, via la mutanda e il tuo membro ti guizza elastico verso l’alto, &egrave tozzo e spesso, già &egrave lucido con la sua goccia di vetro in cima e quando lo stringo e spremo verso di me erutta un po’ della materia bianca che risalirà tutta e di cui sarà fatto il mio piacere fra poco. Qui dentro chiuso, con la luce accesa, &egrave un gran caldo e mi sento bagnata tutta, dentro e fuori, una statua lucida di osceno sudore, anche i capelli ormai. Siamo nudi né belli né brutti ma vivi, già punti verso il mio inguine peloso con la testa del tuo cazzo, viola e pulsante, sembra una testa di serpente con la narice colante il migliore dei veleni, infuriata va su e giù. Preme e si piega contro la mia pancia mentre mi baci mi stringi mi abbracci e smanazzi tutta (sei più alto di me), e dobbiamo ora accontantarlo, lecca ancora un po’ le mie rughe, mordimi il collo dove vuoi, succhiami il mento e le guance e il naso con la bocca a trombetta e la lingua dentro ad agitarsi per strinare tutto il mio sudore’ Per terra, uno sull’altra, strisciamo verso il letto, allunga il braccio per buttare giù la tapparella, sdraiami sul letto sfatto tra le lenzuola. Tirami a te sul bordo, porta le mie gambe sulle tue spalle e le tue mani alle mie caviglie e penetrami la vagina, sprofonda nelle mie liquidità, nel mio pozzo di carne, stretto ma morbido come il burro, avanti e indietro con le alette del tuo fungo lunare violami, usami come un’oscena carriola, le mie cosce come una leva per stritolarmi, con violenza impatta contro di me con continui colpi di bacino. Dì che mi ami, che sono la tua puttana, la tua carne, farciscimi e gonfiami del tuo sperma, se una mammella cade a a destra e una a sinistra che fa?, &egrave carne anche lei e ti piace. Stringi le chiappe e sbattimi ancora con forza, finch&egrave non vieni, il tuo sperma mi si inietta nell’anima e scotta, si allarga caldo come una forza aliena. Io ansimo, soffro, sto per morire’ ma ti sto amando. Sei ancora duro, sei come una protesi dinamica e ribelle del mio corpo, non vuoi più usicre, arrivi a mezza canna e rispingi dentro, tiri il fiato ti tremano le gambe e ci risei, ma ora no, datti alla mia bocca, esci, io mi giro, ora mi sei sopra a cavallo e devo mungerti con la bocca, i tuoi lunghi peli mi pungono nel naso vedo i tuoi coglioni di pietra e ho un conato di vomito coi denti ti faccio male hai un sussulto ed &egrave così che un’eruzione di bava e saliva mi fascia la bocca e il disgusto si fa gusto, quando vieni spalanco e tiri su, mi cola dritto in gola e mi piace sentirmi il tuo pisciatoio, forse il meno brutto fra i tanti cessi che hanno accolto lo sperma delle tue masturbazioni. Poi tu mi entri con la lingua nel cratere dilatato e impiastrato, non ci credo che lo fai, mentre ti aggrappi ai miei fianchi larghi con le mani come per paura di precipitare dentro di me, dentro il mio sapore, l’impasto di liquidi corporei che ha traboccato da me e che hai smosso e portato fuori col tuo cazzo, ora dov’&egrave a proposito, si starà seccando, si fa quella pellicola bianca, lo rivoglio dentro in qualche buco trivella a sondare il limite estremo e più profondo dei miei sensi. Ora vorrei ubriacarmi e drogarmi come venticinque anni fa, oppure cos’altro facevo per stare meglio? Ma si può meglio di così? Quando a poco più di vent’anni tu non sembri avere limiti, sei ancora duro e dritto, ad ogni battito del cuore oscilli paurosamente davanti ai miei occhi, ciucciami sculacciami abbevera il tuo essere ai miei pozzi nutrilo delle mie frattaglie. Questo letto &egrave ormai un campo di battaglia, la terza, quarta volta vieni ancora, forse una quinta, mi fa male tutto. Piantami le dita nella vagina fradicia e stirata, tirale fuori e leccale. &egrave telepatia, lo fai davvero. Pazzesco. Abbiamo finito e dormiamo in questi forni di stanze. Con le luci accese, non ce la facciamo più ad alzarci. Attorcigliati con vari pezzi di noi.

Ora Enrico si confessa. – Quante seghe pensando a te. Vestiti sempre atoni al massimo a fiori, leggeri, scollati, sempre tacchi, belle gambe affusolate, e poi occhiali e caschetto biondo e frangetta da secchiona troietta invecchiata tirandosela e poi pentita, grosso culo e fianchi larghi e grosse tette a palla ma basse, ma insomma, ti fasciavi a volte che me lo facevi rizzare lo stesso, chissà perché, infatti sei così morbida, accogliente, senza spigoli nel corpo, solo roba. Poi quando oltre al tacco e al passo da troia con tutto che ti sobbalzava avevi quel piedino nudo, da leccare, le dita perfette da egiziana e unghie laccate di un assurdo blu mai stinto mai screziato. Le lunghe dita delle mani, che ti ho già succhiato e baciato. Portavi un afrore animale, volevo averti, impastarti con le mani come un pane, entrarti dentro e perdermi, non uscire più. E questo vale ancora. Altro che libri e quaderni, leggevo il tuo corpo, ogni sbaffo del contorno occhi, ogni poro sotto il trucco e ogni pelo tirato via, ogni pelo trasparente controluce rimasto sopra le labbra, ogni neo, ogni crepa nelle labbra grandi e striate bardate di rossetto scuro, ogni piega e ogni nuovo pendente al collo, li imparavo a memoria come poesie per ripetermeli a casa a letto o sulla tazza del cesso, e chiudere gli occhi e venire sussurrandoti. Disegnavo il tuo profilo, la tua piccola mole, e giù con tanga reggicalze, figa slabbrata e sguardo assassino. Culo meno sfatto del tuo, che ha qualche punto debole sui chiapponi, ma insomma, che vuoi che sia. E poi le gambe sono perfette’ te le farai leccare ancora? Te le vernicerei di sperma.

Dico ‘ Certo’ Così si ama. Torna a scoparmi, usami come vuoi, pisciami addosso, non avere pietà dei miei 44 anni portati così così. Bisogna osare. La voglia di sesso delle donne sole come me, tutt’altro che da buttare a quanto sembra, viste le infinite vie della sensualità: perché non si deve incontrare con la voglia di sesso dei giovani puledri come te, con le palle gonfie di sperma ed energia da vendere? Innamoriamoci, scopiamo’

– Ok Carla. Amiamoci.

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