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Racconti Erotici Etero

Villa mirafiori

By 15 Marzo 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Cavolo come piove.
Era il mio terzo giorno di università, ero iscritto alla facoltà di filosofia di Roma, più precisamente presso Villa Mirafiori: una decadente costruzione con un fascino eterno e circondata da un malinconico parco.
La pioggia aveva reso quell’angolo di mondo ancora più poetico di quanto già non fosse, in più rifletteva il mio stato d’animo. Non mi piaceva quella facoltà, lo avrei capito qualche settimana dopo.
Attraversai l’arco all’ingresso e chiesi indicazioni sulla direzione da prendere per seguire la noiosa lezione di Storia della filosofia orientale, la signora alla banco rispose in maniera garbata ed un occhiolino: ” sei una matricola &egrave? ma vi fanno sempre più alti e belli ? ”
risposi con un sorriso ed incolpando gli omogeneizzati.
Non mi ritengo certo un adone, sono alto più di un metro e ottanta, faccio sport da quando ho memoria e diciamo che la mia parte preferita sono gli occhi, a detta di tante mie ex, uno spicchio di cielo. I capelli li ho castani chiari, spostati su un lato e molto corti ai lati, un taglio moderno si direbbe ora ma che io porto da almeno 10 anni.
Entro nella struttura principale ed incontro poca gente, &egrave ancora presto ed i filosofi sono ancora nel letto a pensare a come va il mondo.
Salgo due piani di scale e già mi distraggo e dimentico il numero dell’aula dove si sarebbe tenuta la lezione.
Cavolo.
Vedo una porta socchiusa, diamine che figuraccia sto per fare, busso.
Non sento risposta però sento qualcosa provenire dall’interno, la mia curiosità da diciannovenne mi spinge ad infilare la testa nello spazio aperto.
C’&egrave una donna seduta su un divanetto dietro alla cattedra, con la testa tra le mani.
Sembra quasi dormire, poi un gemito, un singhiozzo. Sta piangendo.
Non si &egrave accorta che sono entrato, esco e vado per la mia strada e ripenso alla disgrazia che avrà colpito quella povera donna.
Proseguo cercando l’aula fin quando una sorta di bidello mi informa che il professore &egrave malato, ha avvisato poco fa.
Lo ringrazio e maledicendo il mondo torno indietro,ripasso davanti all’aula di prima e la porta &egrave nella stessa posizione di prima, senza pensare lentamente entro.
La donna sembrava una statua, era rimasta cosi nella sua posizione di estrema tristezza, ad intervalli di pochi secondi un singhiozzo la scuoteva. Rimasi ad osservarla forse per un minuto, poi tossendo mi feci notare.
Alzo lo sguardo.
Era bellissima, i capelli corvini e probabilmente lisci erano in disordine dandole un aspetto “casalingo” e dolcissimo, gli occhi di un verde smeraldo erano circondati dal trucco che le lacrime avevano fatto colare. Il naso e la bocca davano a quel viso sofferente una dignità imprevedibile. Avrà avuto 40 anni, ma le lacrime avevano dato una lucidità incredible ai suoi occhi.
Mi guardò e mi chiese, con voce tremolante, se cercavo qualcuno.
Si cerco un professore malato a cui dare il colpo di grazia.
Tra le lacrime sorrise ed io come spinto da una forza invisibile mi sedetti accanto a lei sul divanetto, porgendole un fazzoletto, sedendomi accanto a lei notai che indossava un vestito piuttosto aderente, di un verde che ricordava le fronde degli alberi che circondano la villa, lungo fino al ginocchio, non indossa calze ed era in forma, ai piedi aveva un’elegante scarpa con un tacco mediamente alto, chissà se era una professoressa, se si i suoi studenti erano molto fortunati.
Prese il fazzoletto che le porgevo e nuove lacrime sgorgarono da quegli occhi incredibili, le posi una mano sulla poi fu un lampo.
Con un movimento rapido si girò verso di me e allargando le gambe si mise a cavalcioni, guardandomi negli occhi ad un cm dal mio viso.
“Sono così brutta? sono così vecchia?”
io la guardai, ero scioccato ma allo stesso tempo molto eccitato da quella incredibile situazione.
Le dissi: ” lei &egrave una donna bellissima.”
non avevo ancora finito che mi baciò, le sue labbra umide si posarono sulle mie e dopo un attimo le nostre lingue si toccarono per la mia prima volta.
Era incredibile, stavo vivendo un sogno. Era famelica, la tristezza mista a rabbia che evidentemente provava si stava trasformando in passione, le presi il viso tra le mani accarezzando la sua pelle lisca. Il vestito arrivava fino al collo, dandomi la possibilità di far scorrere le mani su di esso. Ci staccamo e le dissi di nuovo che era bellissima. Ero durissimo. I miei pantaloni erano una prigione infernale, le si spostò leggermente e in pochi istanti mi liberò. Il mio pene era libero.
Lo accarezzò con una mano e lo accostò al vestito mentre con l’altra scansò le mutadine, quanto bastava.
Si sedette su di me e la penetrai. Era calda ed accogliente. Inizio il suo movimento, lentamente, mi baciava e mi portò le mani sui suoi seni, erano proporzioanti al suo fisico minuto ed erano molto sodi. Li accarezzai e li strinsi dispiaciuto dal fatto di non poterli assaporare. Mi stava cavalcando, fantastico.
Era bagnatissima e la sentivo gemere, nonostante lo sforzo di non farsi sentire.
I gemiti si fecero sempre più profondi, il movimento sempre più veloce e convulso, la sua lingua era rigorosamente nella mia bocca , tranne alcune pause concessemi per leccarle e morderle il collo. Improvvisamente la sua bocca si avvicinò al mio orecchio destro, il suo respiro forsennato era veramente troppo. Iniziò a tremare, sussurrando “si..si..si..eccomi” dopo qualche secondo venne…ancora qualche istante e fu il mio turno, uno due tre quattro miei schizzi che corrisposero a quattro suoi gemiti. Mi baciò, un bacio lento, lungo e passionale. Sembravamo due innamorati. Poi si spostò: “non giudicarmi male, non ci vedremo mai più”.
Si ricompose, asciugandosi prima il viso e poi le parti intime.
Si alzò mi accarezzò il viso e mi sussurrò : Grazie!
Non la vidi mai più, fu l’unico bellissimo ricordo di quella facoltà.

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