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Lirica erotica

about love

By 27 Giugno 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Ora vi racconterò una storia. E’ una storia diversa dalle mie storie solite. Nelle mie storie c’&egrave poco sesso, già normalmente, qui praticamente non ce n’&egrave per nulla.
Però la voglio pubblicare lo stesso su questo sito.
Anche perch&egrave qualcuno mi ha scritto chiedendomi del sesso fatto con amore.
Ed &egrave all’amore che questa storia &egrave dedicata.

Un paese lontano.
Una grande capitale circondata da alte torri.
Al centro della capitale un immenso palazzo.
Il palazzo reale.
Alte mura lo circondavano. Dentro giardini fioriti, fontane musicali, palme.
Vi dimorava la regina.
Era una regina implacabile.
Di una bellezza conturbante. Forte e misteriosa.
Nessuno dei sudditi, neanche le più alte cariche, potevano avvicinarsi a lei.
Solo le vestali sacre potevano rivolgerle le parola. Anche il Primo ministro , davanti a lei doveva tenere uno sguardo basso. Poteva parlare solo se interpellato, e mai, dico mai, contraddirla, neanche su questioni di scarsa importanza.
La regina, viveva nel palazzo.
Talora usciva, in sella ad un cavallo nero (si diceva che fosse un cavallo fatato), con una criniera rosso scarlatto.
Da soli, senza scorta, si avviavano verso le porte della città. Appena fuori si lanciavano in un galoppo sfrenato.
Quando passava tra la folla, al suo ritorno, un brivido attraversava chi la vedeva.
I lunghi capelli rossi scompigliati. Lo sguardo acceso. La fronte sudata.
Rivolgeva lo sguardo su uomini e donne, e tutti, dico tutti coloro su cui si posava, erano attraversati da un brivido.
Paura ed eccitazione.
Eccitazione frenata dal timore.

Si narravano molte storie sulla regina.
Si diceva che amasse giacere con taluni sudditi scelti a caso tra la folla.
Si diceva che, dopo queste uscite, alcune vestali fossero state viste recarsi da un uomo o da una donna incontrata, e ritornare al palazzo con lui o con lei.
Spesso si trattava di forestieri, di cui non si era saputo più nulla.
Si narrava che la regina avesse una spada affilatissima, e che al termine dell’accoppiamento, come una mantide religiosa tagliasse il capo allo sventurato compagno.
Altri dicevano che erano solo rinchiusi in una torre.
Di certo si sapeva che una volta , un giovane del paese era scomparso per tre giorni. Era tornato a casa privo di senno.
Non riusciva a narrare cosa gli era capitato.Emetteva suoni inarticolati. ‘quelle labbra ‘ diceva ogni tanto.
Oppure ‘quella voce’
Poi vergava strani disegni, a forma di farfalla , sulla sabbia, davanti al palazzo reale.

Un giorno si era trovato al passaggio della regina.
Molti giurano che lei gli aveva rivolto uno sguardo particolare. Tenero ed affettuoso.
Altri dicono di non avere visto nulla.
Sta di fatto che si gettò sotto le zampe del cavallo, restandone travolto.
La regina scese. Gli carezzò le tempie. Gli ricompose i bei riccioli scuri, e si avviò a piedi verso il palazzo.

Da allora le sue escursioni furono più rare.
Ma continuava a cavalcare.

Un giorno, in quella città arrivò un mercante.
Aveva un bel sorriso disegnato sul volto ed uno sguardo ironico.
Dopo avere venduto le sue merci, stoffe orientali portate dal sud, se ne andò all’osteria.
Si unì ad una allegra brigata di giovani sbevazzoni.
Ascoltava le storie che narravano.
Qualcuno accennò alla regina. Altri fecero cenno di tacere. Ma la curiosità del mercante era stata svegliata.
Prese il più ubriaco del gruppo ed insistette per accompagnarlo a casa. Nel tragitto si fece narrare tutte le voci e le leggende che correvano sulla regina.
Ci credette?. Questo la storia non lo dice.
Decise però di fermarsi in quella città.

Ebbe fortuna. Il giorno dopo la regina uscì, in una delle sue, ormai rare, escursioni.
Il mercante rimase folgorato.
C’ &egrave chi dice che anche la regina lo notò tra la folla.
Ad ogni modo attese il ritorno della regina.
Quando lei passò, accaldata e scompigliata come sempre, fece trovare sulla strada un tappeto di fiori rosso fuoco.
Rose, garofani, fiori di campo.
Lui aspettava, fermo, in piedi, accanto al cancello del palazzo.
La regina lo guardò.
Lui la guardò.
E sorrise.

E aspettò.
Aspettò il giorno e la sera.
Aspettò la notte.
Piovve, lui non si mosse.
La mattina lo trovò li davanti.
Coperto dal mantello e dal bel cappello azzurro piumato.
Il giorno seguente passò così.
Calò la seconda notte.
E il mercante non si mosse.
La notte fu più mite.
Qualcuno giura di avere visto una vestale affacciarsi alla porta del palazzo.
Forse la regina aveva saputo del pazzo mercante che stazionava davanti alla sua porta.
Sarebbe stato arrestato?
La mattina dopo, qualcuno lo avvicinò, una vecchina:
‘mercante, sei un uomo fatto, non mi sembri un pazzo, perché vuoi metterti nei guai con la nostra regina, non hai sentito le voci che corrono su di lei?’
‘nonna, so che parli con il cuore’ disse il mercante ‘ma proprio perché sono un uomo fatto, ed ho girato il mondo ti dico che io, stanotte entrerò nel palazzo’
‘mi ero sbagliata, sei proprio pazzo’
‘se anche fosse, &egrave quello che voglio essere, ‘a proposito nonnina, voglio farti una domanda, dimmi tu che sei saggia, hai mai conosciuto una donna che non desiderasse essere baciata?’
‘straparli mercante, tu parli della nostra implacabile e fredda regina’
‘ no , io non parlo di lei, io parlo della donna meravigliosa che ho visto’
‘vaffanculo mercante, peggio per te’

Quella notte. Quella meravigliosa fantastica notte, Venere sorse con un’ora di anticipo. Al tramonto già si vedeva nel cielo.
Si alzò un vento caldo.
Gli animali nitrivano nella stalla.
A mezzanotte. Il cancello si dischiuse, con un semplice tloc.
Il mercante lo spinse ed entrò nel giardino meraviglioso, illuminato da candele a forma di rosa. Non vide nessuno.
Seguì il viale principale, e giunse alle porte del palazzo.
La porta era aperta.
Una enorme sala illuminata a giorno.
Nessuno.
In fondo uno scalone, di marmo rosa.
Un profumo lo stordiva.
Forte, penetrante.
In quel momento, lui, sempre spavaldo, fu colto da sgomento.
E se fosse tutto vero.
E se non uscissi vivo di qui.
Un’ esitazione.
Ripensò la sua vita, in un secondo.
Rivide i luoghi visitati. Rivide le stanze del Topkapi, rivide gli azulejos del Portogallo, rivide la scogliera del mare del nord , dove era rimasto seduto ore, rivide le dune del deserto e le rosse mura di Marrakesh, sotto cui stazionavano grandi cammelli puzzolenti.
Rivide i visi delle persone care scomparse.
Fu attraversato da una fitta di gioia e di dolore.
Sentì il bacio sulle labbra dell’angelo della vita e della morte.
Fu attraversato da una scossa.
E si mosse verso quella scala

Gli sembrò infinita.
I gradini perdevano i loro contorni
Gli sembrava di salire più volte lo stesso gradino.
Saliva e si trovava più in basso.
Alla fine arrivò in cima.
Un corridoio lunghissimo. In fondo una porta socchiusa.
La spinse e si trovò in una camera piena di specchi che riflettevano la sua immagine.
Si guardò , aveva un altro viso. Non si riconosceva.
Provò a parlare.
La stanza amplificò la sua voce.
Un’eco rimbombò nelle stanze del palazzo deserto.
Attraversò il salone a passo rapido.
E spinse la porta in fondo, quasi con rabbia.
Aveva ritrovato se stesso, quando entrò nella sala successiva.
Era completamente immersa nel buio. Non si vedevano i contorni.
Era enorme, sembrava infinita.
Solo al centro un piccolo sentiero illuminato da piccole candele poste in terra.

Lo attraversò un inquietudine. Che c’&egrave fuori da quel sentiero?
Cercò di muoversi velocemente verso la fine del sentiero, ed arrivò ad una grande porta di rame.
La spinse, ed entrò in una piccola stanza, con un tavolino in mezzo. Sul tavolo un pezzo di pane ed un bicchiere di vino rosso.
Una piccola stanza senza porte.
Senza porte?
Non &egrave vero, pensò, una porta c’&egrave.
E’ quella da cui sono entrato.
Riaprì la porta.
Adesso il piccolo sentiero aveva assunto un colorito rossastro.
Ho capito, pensò.
Invece di percorrere il sentiero illuminato, si spinse , non privo di paura, lungo il muro.
Teneva una mano sul muro, e camminava nel buio.
Dopo poco non vide più neanche la fioca luce delle candele che illuminavano il sentiero centrale.
‘come &egrave possibile, ho percorso solo pochi metri’ o ne ho percorsi di più?’.. o non mi sono mosso?’.
Poi una porta.
Si aprì.
Il cuore a mille,
Una piccola stanza.
Un letto
E Lei era lì.
La regina era li.
Con un sorriso sul viso che illuminava la stanza.
Nuda, incoronata dai rossi capelli.
‘sei arrivato, mercante,ti aspettavo’
Il mercante non disse una parola.
Si avvicinò.
Lei aprì le gambe.
Un vento violento entrò nella stanza e la regina fu sollevata. Iniziò a fluttuare a mezza aria.
D’improvviso i capelli di lei presero fuoco.
Flash.
La stanza si illuminò di un bagliore rossastro.
Anche la fica della regina bruciava.
La fica si aprì. Il clitoride rovente e giallo, brillava, come il metallo quando esce dal forno, pronto per essere battuto sull’incudine.
Il mercante sentì la sua lingua farsi di ghiaccio.
Si avvicinò alla regina, sempre fluttuante.
Lei aprì le gambe.
Lui appoggiò la punta della sua lingua di ghiaccio sul clitoride della regina.
Sfrzzzzzz
Uno sfrigolio assordante riempì l’ambiente, ed un getto di vapore, flufffff.

Ondeggiando come una piuma la regina si spense ed atterrò sul letto.
Il mercante si immerse dentro di lei.
Si perse dentro di lei.
E perse il senso del tempo , di sé stesso, dello spazio che li circondava.
Ad un certo punto si guardò intorno.
Lo spazio intorno a loro era mutato.
Si trovavano su un letto di fuoco e fiamme, fiamme che bruciavano silenziosamente.
Delle strane figure di elfi ballavano attorno a loro.
Chiuse gli occhi.
Li riaprì.
Ora si trovavano su una zattera di legno in mezzo al mare, piatto e azzurro. Sentiva il rumore delle onde.
Chiuse ancora gli occhi.
Quando li aprì erano su un tappeto di neve fresca, in mezzo ad un bosco di abeti secolari.
Il vento passava sulla sua schiena.
Chiuse gli occhi.
Quando li aprì di nuovo vide il viso di lei.
Vicino , caldo.
Sentì l’alto di lei
Rovente.
E lei parlò.
Aveva un’altra voce.
Una voce che proveniva dalla sua anima.
Improvvisamente capì che era tutto vero.
Capì il giovane impazzito.
Ma non impazzì.
‘Io di fronte al bello, all’assoluto, non impazzisco. Io vengo dalle terre del dolore puro. Io sono giunto ai confini dell’esistenza, io non impazzisco. Ti bacio’
E la baciò.
E la sta ancora baciando.

ombra-rossa@hotmail.it

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