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Lirica erotica

Lorna e Marco

By 10 Gennaio 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Lorna guardava i buchi della cornetta del suo telefono grigio e quasi vedeva le parole uscire fuori, lettera per lettera.
‘Mi dispiace, io non ce la faccio.’ le stava dicendo Marco.
Sapeva esattamente cosa stava cercando di dirle. Aveva già vissuto quella scena, ascoltato quelle parole, portato il peso di quei silenzi.
Lorna era a casa, quel pomeriggio. Stava male, la tosse le premeva sul petto. No, non era dolore, ma solo tosse. Per un attimo sperò che l’emozione dell’addio le togliesse il fiato ma invece sentì solo i suoi polmoni contrarsi e la fitta di dolore che per un istante l’avvolse fu per la consapevolezza che anche quella storia era finita.
Finita come le altre.
Finita perché lei era una persona straordinaria, con la quale si stava bene, tanto bene, troppo bene. ‘Bene” pensò Lorna.
Furono interrotti o almeno questo fece credere a Marco.
Riagganciò in fretta e si sedette di fronte al camino. Raccolse le gambe al petto e aspetto che il dolore arrivasse. Il dolore di una perdita.
Silenzio. Il silenzio a volte &egrave sinonimo di vuoto. Vuoto dunque. Un vuoto freddo. Un vuoto da sempre presente.
Chiuse gli occhi. Si ritrovò a quel pomeriggio. Erano a casa sua.
Come in un film si rivide mentre chiudeva la porta, il mondo fuori e le mani di lui sul suo seno. Guardarlo per scoprire i suoi occhi pieni di desiderio. Quel desiderio le sarebbe mancato. Un desiderio pieno di stupore.
Poi nella sua camera. Mai Lorna aveva condiviso la sua casa e la sua stanza con un altro uomo. Ma con Marco accadde. Perché tanto con lui era come stare a casa, ovunque lo facessero.
Si rivide mentre di fretta si liberavano dei vestiti.
‘Come eravamo banali’, pensava ora Lorna.
Eppure in quel momento nulla lo era. Nemmeno accoglierlo dentro di sé un istante dopo.
Nemmeno percorrere la sua schiena con il pollice, afferrarlo con le mani, spingerlo a sé.
Era solo semplice e’ maledettamente vero.
Era anche maledettamente vero scoprirsi bagnata come mai prima dall’ora.
‘Ma se per avere un orgasmo dovevi saltargli addosso!’ osservando la punta dei suoi piedi, davanti al camino Lorna sapeva che la voce dentro di lei, quella voce così brutale, era vera.
Marco non era attento. Non era in sintonia con i tempi di Lorna. Quando lei sentiva il piacere arrivare al culmine lui la voltava, la guardava, le parlava. Si interrompeva e Lorna impazziva.
‘ Ne hai avuti di migliori’. ‘Forse, ma finora con nessuno mi sono sentita così serena’.
Strano dialogo teneva Lorna dentro di se.
Per la prima volta, quando ormai nulla era da fare se non prendere atto che lui non c’era più, Lorna si chiedeva cosa fosse a renderlo così speciale.
Vide il suo profilo sul suo seno. Il suo modo di riempirsi la bocca di un capezzolo. La sensazione di piacere che le dava. Il suono della voce. Eppoi volare giù ed affondare le labbra su quel membro rosa. Grande ed umido. Percorrerlo con la lingua, non le sembrava mai abbastanza. Sentirlo premere sulle guance. Sfiorare la gola. Succhiarlo come la più succosa delle caramelle.
Quelle caramelle che poi all’improvviso ti riempiono la bocca del loro succo. Un succo che Lorna amava assaporare fino all’ultima goccia.
‘Banale’ si ripeteva Lorna davanti al camino, dondolando un po’.
Talmente banale che non ha funzionato.
‘Avresti dovuto tirare la corda, essere più sensuale e meno accondiscendente. Perché con lui non hai saputo farlo?’
Già. Perché?
Perché con lui mi sentivo serena. Perché per una volta volevo avere una storia, banale anche, ma una e una sola, come tante altre. Una storia. Non solo una passione, ne solo un desiderio. Non solo un fuoco né un amore. Ma una storia.
Magari con dell’affetto e perfino della fiducia. Così’ per cambiare.
‘Eccoti qua, cosa &egrave cambiato? Dov’&egrave il suo affetto? Che ne &egrave della fiducia?’
Erano solo nella mia mente.
Con la manica del pigiama Lorna si asciugò una lacrima solitaria che scivolando le moriva sulle labbra.
Sentiva la febbre batterle le tempie. Andò in cucina e prese una pasticca.
Il vuoto la seguiva. Ma a Lorna non faceva paura. Era cresciuta con il suo vuoto.
L’unico che non avesse paura di viverla.
L’unico che la conoscesse davvero.
Un vuoto che Lorna riempiva inutilmente di volti, di mani, di pelle.
Sorrise amara appoggiando il bicchiere nel lavandino.
Poi si volse verso la finestra. Appoggiò la fronte al vetro freddo.
Chiuse gli occhi.
Il vuoto era dentro di lei ora e soffiava lo stesso freddo del vetro sulle sue emozioni.
Emozioni che Lorna non sentiva più.
Nulla era cambiato.
L’ennesima conferma era giunta.
Nulla poteva cambiare.
Si voltò e lasciò la cucina.
La mente e il corpo altrove.

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