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Orgia

028 Valeria e i guardoni

By 17 Marzo 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Premessa
A quanti avranno la pazienza di leggere per la prima volta le storie ispirate alle nostre esperienze suggerisco di seguire i capitoli nell’ordine progressivo, sia per capire le emozioni e gli avvenimenti dalla prima esperienza agli sviluppi sempre più coinvolgenti ed imprevedibili, sia perché ogni capitolo ha rimandi a quelli che lo precedono. &egrave solo un consiglio, ognuno può leggere la storia come desidera.

Capitolo XXVIII ‘

Cinema paradiso (parte seconda)

Valeria pigramente si svegliò, aveva dormito come un sasso. Si alzò dal letto e sentì la pelle tirare per tutto quello sperma che gli avevano spruzzato addosso tre guardoni la sera prima. Corse in bagno a fare una doccia togliendo il pigiama, che si era impregnato dell’odore inconfondibile di sperma. Sperò che la donna di servizio non notasse quel particolare e buttò l’indumento nel cesto dei panni sporchi. Sotto lo scroscio di acqua calda del doccione centrale si sentì di nuovo molto turbata. Il ricordo dello sconosciuto che nella sala buia del cinema l’aveva prima toccata e poi le aveva parlato si era impadronito della sua mente. Provò a pensare ad altro ma quel ricordo era come un tarlo che scavava nella sua testa. Dal cinema era uscita con il sangue che pulsava nelle vene ed un incontenibile desiderio di fare sesso. Nessun bel ragazzo le aveva mai procurato un eccitazione simile. Inutile negarlo, il sesso ‘normale’ non riusciva a farla entrare in quel particolare ‘stato di grazia’ che viveva in luoghi pubblici in mezzo a degli sconosciuti voyeur. Valeria aveva provato a resistere a questa perversione, per paura di compromettere la sua reputazione, ma si era dimostrata una battaglia persa. Pensò che forse c’era qualcosa di sbagliato in lei e che la sua passione l’avrebbe portata in situazioni sempre più strane. Si sentiva viziata, perversa, amorale, ma anche cosciente di essere profondamente soddisfatta da quelle esperienze erotiche. A pensarci bene nel cinema non era successo quasi nulla, ma ne era uscita talmente eccitata che era dovuta correre in pineta in cerca d’avventura. Si consolò pensando che almeno aveva reso felice Giovanni e tre fortunati voyeur. Commutò il flusso dell’acqua sulla doccia a mano del saliscendi e immaginò di fare la doccia mentre molti uomini la spiavano. Chiuse l’acqua e passò lentamente la spugna imbevuta di doccia schiuma su tutto il corpo, lasciò fasce profumate di schiuma bianca sui fianchi e insaponò le cosce fino alle caviglie. Strinse tra le dita i capezzoli e sollevo le grosse tette tirandole in avanti, poi afferrò la spugna con due mani, come fosse un grosso pene, e la infilò nell’incavo tra i seni. Strofinò la spugna su e giù mimando l’atto sessuale, poi la strizzò torcendola tra le dita. Un grande spruzzo di schiuma bianca uscì dalla spugna. La piccole bolle di sapone le colarono tra le tette rovesciandosi sulla pelle lucida e bagnata. Solo due o tre anni prima avrebbe avuto ribrezzo al solo pensiero che quella ‘cosa viscida’ che gli uomini indecentemente chiamano ‘sborra’ potesse impiastricciarla. Ora invece non provava disgusto, anzi il ricordo di quello che era successo in pineta l’attraeva ed invogliava. Le piaceva ricordare il pulsare degli uccelli nelle sue mani, lo sperma spruzzare sulle tette, la sensazione di bagnato in mezzo alla cosce che colava fino alle caviglie. Aveva percepito lo stato di folle eccitazione degli uomini nel compiere quel gesto animale di colarle lo sperma addosso. Giovanni le aveva confessato che, solo all’idea di ‘sborrare sulle sue tette’ aveva incontrollabili erezioni. Evidentemente non era solo una perversione del suo fidanzato ma un piacere comune a molti uomini e le piaceva. Per la stessa depravazione anche i tre guardoni avevano goduto nel venire sopra il suo corpo. Valeria alla fine aveva consumato un pacchetto intero di fazzolettini di carta per pulirsi dallo sperma, ma più che toglierlo era riuscita a spalmarlo in ogni dove. Ed ora il ricordo di quell’odore inconfondibile di sperma le tornava in mente. Un odore tenue che era divenuto sempre più forte e penetrante man mano che asciugava. Ricordava la sua pelle tirare e diventare appiccicosa sotto i vestiti e tutto questo l’eccitava. Quasi a scacciare quei pensieri si fregò con energia la spugna sul corpo dove si sentiva più appiccicata, poi lasciò che l’acqua calda la pulisse del tutto. Doveva decidersi, o si masturbava da sola nella doccia per calmarsi, o telefonava a Giovanni e gli raccontava cosa era successo al cinema.

Giovanni ascoltò il racconto di Valeria con attenzione sempre maggiore. Incredulo all’inizio rimase in silenzio poi, mentre Valeria descriveva l’accaduto con la solita minuzia di particolari, si eccitò terribilmente. Iniziò ad immaginare Valeria nella sala buia del cinema mentre degli sconosciuti si avvicinavano a lei, le toccavano e si facevano toccare.

‘io devo tornare a Roma martedì’ brontolò Giovanni ‘tu vai e poi mi racconti tutto’
‘non ti prometto niente, non so se faccio bene ad andare. Dipende da come mi gira’ rispose Valeria.

Martedì pomeriggio Valeria attraversò a passo svelto la strada fino all’ingresso della multi sala. Prima di entrare esitò un istante di fronte alla grande porta di cristallo e acciaio. Fece un lungo respiro e si disse ‘alea iacta est’ poi entrò. Indossava un soprabito blu di cotone leggero che le arrivava sotto al ginocchio stretto in vita dalla cinta che modellava le sue forme. Sotto si era vestita con una gonna a pieghe a scacchi azzurri. Era tanto corta che appena copriva le calze autoreggenti bianche e le scarpe di pelle blu con i tacchi altissimi. Indossava anche una camicetta bianca di taglio ampio e della biancheria intima di cotone comoda ed elastica. Aveva pensato ad indumenti adatti, non come l’ultima volta quando indossava collant e pantaloni di jeans attillati. Si sentiva agitata e nervosa, meno comunque di quando era andata da sola in pineta con due guardoni. Si diresse decisa alla biglietteria con la testa bassa, camuffata dietro grandi occhiali da sole neri. Il cuore le si fermò quando vide l’uomo che l’aveva abbordata nel buio della sala seduto nel piccolo bar della multi sala. Era elegantissimo, con un doppio petto blu dalle spalle ampie, un bastone da passeggio con l’impugnatura d’argento a forma di testa di levriero e scarpe di pelle nere all’inglese. L’uomo la vide ed il viso gli si illuminò di un ampio sorriso, si alzò e le andò incontro.

‘Ben trovata signorina, per me &egrave un grande piacere vederla. Speravo con tutto il cuore che sarebbe venuta all’appuntamento, ma non ci credevo finché non lo vista’
‘b . . buonasera’ rispose Valeria impacciata ‘passavo di qua per caso e non avevo altro da fare’
‘si capisce, una coincidenza molto fortunata. Le posso offrire qualcosa al bar?’
‘veramente preferirei di no, non vorrei . . farmi notare dai soliti curiosi’
‘&egrave difficile per lei passare inosservata’ rispose il professore lisciandosi i baffetti e squadrandola dall’alto al basso ‘la ricordavo molto bella ma non così alta’
‘ho dodici centimetri di tacchi’ disse Valeria indicando con un cenno del capo le scarpe di pelle blu
‘ma certo, scarpe così lei può metterle, con gambe così belle. Io sono alto un metro e settanta e lei &egrave di un altezza, come posso dire, imbarazzante’
‘mi dispiace . .’ rispose Valeria a disagio
‘Ma cosa dice, &egrave bellissima. Magari potessi passeggiare al Corso con lei per pavoneggiarmi con gli amici. Ma non si può, non dobbiamo farci vedere e la prima regola per non farsi notare &egrave: mai cercare di nascondersi’
‘forse &egrave vero’ rispose Valeria
‘&egrave proprio così, le persone sono meschine, spesso cattive. Come dice il proverbio ‘chi mal fa ma pensa’. Se lei si nasconde la gente pensa subito: qua sotto c’&egrave qualcosa di male e così attira la morbosa curiosità delle persone’
Valeria annui con la testa ‘e un’attenzione che preferisco non avere’
‘si capisce. Io ho una certa esperienza in queste cose’ continuò il professore ‘si sieda un attimo al bar e le spiego casa &egrave meglio fare’
‘e va bene’ rispose Valeria togliendo i grandi occhiali da sole.

Lo seguì al piccolo bar della multi sala dove il professore ordinò due Campari soda, poi si misero seduti intorno ad un piccolo tavolino rotondo.

‘Signorina Valeria ho molti più anni di lei, posso chiedere di darle del tu?’
‘ma certo’
‘bene’ disse il professore e sfilando un raffinato portafogli di pelle dalla giacca prese un biglietto da visita ‘prego, così potremo contattarci per telefono’
‘grazie’ disse Valeria meccanicamente prendendo il cartoncino
‘posso avere il tuo numero di telefono’
‘veramente . . mi scusi ma di solito preferisco non dare il mio numero’
‘si capisce, può essere imbarazzante’ si scusò il professore ‘per te sarebbe utile comperare un altro cellulare, anche di poco prezzo, puoi tenerlo silenzioso o rispondere solo quando vuoi. La cosa più importante &egrave che chi parla per telefono con te non ha il tuo ‘vero’ numero di telefono ma solo quello secondario che puoi cambiare quando vuoi’
‘non ci avevo pensato’ rispose seria Valeria
‘&egrave una questione di esperienza, tu sei giovane mentre io ho molti più anni e pratica di te. Potrei essere la tua guida nell’affascinante universo del trasgressivo. Mi sembra che l’argomento ti interessa, giusto?’
‘non so bene cosa mi interessa’ rispose Valeria che si sentiva turbata dalla personalità dell’uomo.
‘si, &egrave normale, non &egrave una cosa facile. Ora ti faccio un esempio: tutti noi abbiamo una gabbia fatta di convenzioni e regole morali. La gabbia &egrave immateriale ma non per questo meno resistente ed opprimente. La nostra famiglia o, più in generale, la società nella quale viviamo possiedono la chiave della porta della nostra prigione. Teoricamente ognuno di noi può distruggere la sua gabbia, ma rischia di fare la fine di Sansone e morire sotto le macerie.
‘e allora cosa si può fare?’ chiese Valeria interessata
‘Il segreto &egrave avere una copia della chiave della gabbia ed evadere di nascosto per qualche ora’
‘non &egrave facile’
‘no, ma tu hai delle doti formidabili. Bada bene, non mi riferisco alle tue evidenti attrattive fisiche’ il professore alzò un sopracciglio e il suo sguardo penetrante corse dal viso alla caviglie ‘in fondo in una sala buia di un cinema essere molto bella conta relativamente. Io parlo di testa, perché solo poche persone hanno la magia qui’ e picchietto l’indice ed il medio della mano sinistra sulla tempia.
‘che tipo di magia?’ chiese Valeria
‘tempo al tempo. Non essere impaziente, ti spiegherò tutto’ disse il professore finendo il suo Campari ‘ora pensiamo ad eludere la curiosità della gente, mi sembra che sia importante’
‘&egrave fondamentale’ rispose Valeria
‘giusto. Se dovesse passare qualcuno che ti conosce non sarebbe strano che una studentessa parla al bar con un insegnante. Io del resto mi guadagno la vita con l’insegnamento e tu avresti una perfetta scusa per il tuo fidanzato’
‘il mio fidanzato non &egrave un problema’
‘perch&egrave non &egrave geloso di una bella figliola come te?’
‘Ecco &egrave imbarazzante da dire . . ma . . a lui certe cose . . trasgressive. . piacciono’
Il professore rimase zitto per qualche secondo poi disse ‘una felice circostanza’ con un sorriso si lisciò i baffi ‘una fortuna sfacciata per tutti noi e dimmi, il tuo fidanzato lo sa che sei qui adesso?’
‘si, sa tutto’
‘capisco . . , del resto che a fidanzati e mariti piaccia che le compagne abbiano certe esperienze &egrave cosa molto meno rara di quanto si possa credere. Posso chiederti se lui vuole partecipare o preferisce che poi gli racconti quello che hai fatto?’
‘non lo so . . , voglio dire, oggi &egrave a Roma per lavoro’
‘certo e dimmi questa &egrave la prima volta od avete già avuto delle esperienze?’
Valeria arrossì ‘in auto . . quando andiamo in pineta . . se c’&egrave qualcuno . . lo lasciamo guardare’
‘interessante, immagino che avrai reso felice molti voyeur’
‘la cosa mi imbarazza, preferirei non parlarne’
‘ma certo, ti chiedo scusa per la mia morbosa curiosità. Torniamo a noi, per prima cosa &egrave meglio entrare in sala quando le luci sono spente ed uscire poco prima che si accendano, &egrave una regola da rispettare per mantenere la pryvaci’
‘la pryvaci per me &egrave fondamentale’
‘si capisce, vai alla sala blu le luci ora sono spente ed il film &egrave iniziato, nessuno ti noterà’
‘ma posso entrare con il film iniziato?’
‘Di regola no, ma ti accompagnerà il mio amico Alberto’
‘chi &egrave Alberto?’ chiese Valeria irrigidendosi
‘niente paura, lo conosci già. &egrave l’uomo che fa la maschera di sala, ricordi quando mi ha accompagnato vicino a te?’
‘non &egrave stato per caso?’
‘Cara ragazza, la fortuna va un po’ aiutata. Quando il mio amico vi ha visto, tu e la tua amica così carine, mi ha subito chiamato. Io ero al bar, sono arrivato un poco in ritardo, ricordi?’
‘&egrave vero’ confermò Valeria ‘si ora lo ricordo, ma come potevate sapere che io . .’
‘che ci stavi? Non lo sapevamo. Ci abbiamo provato e siamo stati fortunati . .’ un sorriso gli fece brillare gli occhi ‘ora tu segui Alberto, ti farà sedere in un posto tranquillo. Il cassiere mi ha dato un paio di biglietti omaggio. Io aspetterò qualche minuto e poi ti raggiungerò. &egrave tutto chiaro?’
‘Si, credo di si’

Valeria un po’ imbarazzata si alzò dalla sedia del bar. Alberto, la maschera di sala, con la sua uniforme pretenziosa ad un cenno del professore si avvicinò facendo un cenno di saluto. Valeria lo seguì nella sala blu. Nel buio del cinema poté scorgere le figure di una decina di persone che sedevano sparse tra le file di poltrone. Rispetto al sabato la sala era praticamente vuota. L’uomo l’accompagnò alla penultima fila a destra e con la piccola luce della torcia elettrica gli indicò la seconda poltrona. Valeria mentre l’uomo si allontanava si sfilò il soprabito e si mise a sedere. Era emozionata e con il cuore in tumulto. Nella mente sentiva crescere l’eccitazione e accavallò le gambe per calmare il crescente calore tra le gambe.

Il film scorreva vivace sullo schermo panoramico e Valeria si guardò intorno per vedere da quale parte sarebbe arrivato il professore. Era scuro e riusciva a scorgere solo la figura alta della maschera vicino alla luce rossa di un uscita di sicurezza, poi notò una figura scura attraversare la sala. Era a sei file di poltrone da lei e dopo avere attraversato arrivò alle scale che erano illuminate da una debole luce azzurrina. Riconobbe il professore, che salì le scale con calma e si fermò alla sua destra. Si sedette di fianco a Valeria che senti un onda di eccitazione alzarle la peluria del braccio sinistro mentre l’uomo si sedeva al suo fianco. Il respirò si fece affannato e il cuore aumentò di colpo il ritmo dei battiti. Per fortuna nessuno badava a lei. Le altre persone erano lontane e solo la maschera sembrava guardare ogni tanto. Un panico irrazionale si impadronì di lei quando il gomito dell’uomo con delicatezza tocco il suo avambraccio. Valeria, come paralizzata, restò immobile mentre la mano del professore scivolò sul suo ginocchio carezzandolo. Valeria separò le gambe e subito la mano dell’uomo scivolò nella parte interna della coscia. Valeria istintivamente reagì chiudendo le gambe, mentre tutti i suoi sensi si concentravano su quel contatto. Il professore con calma aspettò che i muscoli si rilassassero per far salire la mano lungo la coscia, verso l’inguine. Indugiò con un sospiro sull’orlo delle calze autoreggenti, giocando con il mignolo sulla morbida pelle nuda e fu la volta di Valeria di sospirare. Il Professore accarezzò con penetrante piacere quei centimetri di pelle nuda, calda e morbidissima alla fine del bordo elastico delle autoreggenti. Le dita agili e curate accarezzarono il sesso sopra la sottile stoffa di cotone delle mutandine, poi il mignolo s’insinuò sotto il bordo dello slip. La mano del Professore si infilò sotto le mutandine e le dita premettero sul monte di Venere, giocando tra la morbida peluria. Il dito medio si fece strada tra le grandi labbra fino al clitoride, sguazzando dentro la vagina tanto il sesso di lei era bagnato.

‘sei vestita in modo intelligente’ gli sussurrò il professore all’orecchio ‘ora togliamo le mutandine’
‘qua in sala? Come faccio?’
‘Semplice, tu appoggiati alla poltrona e solleva un po’ il sedere, le sfilo io’
‘ma se qualcuno ci vede?’
‘&egrave buio, non ci vede nessuno, facciamo in un attimo’
‘e va bene’

Valeria si sollevò puntando le gambe a terra e le braccia sulla poltrona e il professore si chinò verso di lei afferrando con due mani l’elastico dello slip, sfilando le mutandine fino quasi le ginocchia. Valeria si sedette con l’eccitante sensazione di essere nuda mentre con abilità il Professore fece scorrere le mutandine fino alle caviglie. Valeria sollevo un piede, poi l’altro e il Professore strinse l’indumento intimo nella mano portandolo fino al viso per annusarlo con trasporto prima di infilarlo nelle tasche della giacca.

‘te ne compro un paio nuove e queste le prendo io’ disse ‘adesso apri bene le gambe’
‘così va bene?’ chiese Valeria schiudendo le gambe
‘aprile più che puoi’

Valeria scorse il corpo in avanti e divaricò le gambe fino a farle toccare sui braccioli laterali della poltrona. Il Professore portò la mano sul sesso di Valeria e ricominciò il dolce movimento di masturbazione. Valeria dal piacere di riflesso iniziò a contrarre i muscoli della pancia mentre la mano destra del Professore si portava sulla camicetta slacciandole i bottoni. Valeria chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore sentendo l’appagamento invaderle il corpo. Aprì gli occhi e di scatto chiuse le gambe e bloccò il polso del Professore. Alberto, la maschera, si era avvicinato e stava guardando.

‘siamo sicuri di quello?’ chiese Valeria sottovoce al Professore
‘&egrave un amico’ gli rispose il Professore ‘ed ha la mia stessa passione per queste cose’
‘si ma che ruolo ha?’
‘importante. Garantisce che nessuno si avvicini a disturbarci, e per ora guarda’
‘e dopo?’ chiese Valeria
‘dopo dovrai essere carina con lui’
‘carina quanto?’
‘Quello che fai prima con me dopo lo fai anche con lui’
‘ma &egrave necessario?’
‘il patto &egrave questo, senza Alberto non potremmo sfruttare questa sala, almeno non con tranquillità’
‘non voglio rimanere da sola con lui’
‘preferisci che resto seduto vicino a te?’
‘Si &egrave meglio’ sussurrò Valeria
‘allora tanto vale che facciamo subito insieme, va bene?’
‘non gli faccio niente però’
‘stai tranquilla, tu lascia fare a noi due’

Il Professore infilò la mano destra nel reggiseno, godendo di quella carne soda e del capezzolo eretto. La maschera, sfruttando la luce riflessa dello schermo cinematografico, guardava con libidine tutta la scena. Il Professore con grande esperienza masturbò il clitoride e palp&egraveggio il seno portando Valeria vicina all’orgasmo. La sala per lei sembrò sbiadire, le immagini allontanarsi e i suoni ovattarsi. Valeria sentiva solo il suo respiro caldo e affannato ed il profumo delicato di acqua di colonia dell’uomo vicino a lei. Il Professore con le braccia incrociate continuò fino a che sembrò soddisfatto del suo stato di eccitazione. Sfilò la mano dal reggiseno togliendosi da quella incomoda posizione a braccia incrociate.

‘ora ho bisogno dell’aiuto di Alberto’ gli sussurrò il Professore all’orecchio
‘per fare cosa?’
‘per farti godere’
‘si, ma senza ‘.’ Valeria strozzò la frase con un gemito

Il professore senza preavviso la penetrò a fondo con due dita e prese a muoverle velocemente dentro di lei. Valeria strinse con forza i braccioli della poltrona mentre la gonna a pieghe salì fino alla vita. Il Professore con la destra fece cenno ad Alberto di avvicinarsi. L’uomo acconsentì con un cenno del capo. Guardò verso la sala per controllare che tutti gli altri spettatori fossero al loro posto occupati nella visione del film e si avvicinò. Accese la piccola torcia elettrica e contemplò soddisfatto le cosce di Valeria e le mani del Professore che la masturbavano

‘che devo fare?’ bisbigliò Alberto
‘le tette’ gli indicò il Professore

Alberto con la gola secca per l’emozione deglutì rumorosamente. Indirizzo la piccola luce della torcia elettrica sulla generosa scollatura della camicetta sbottonata ed emise un leggero fischio d’ammirazione. Si infilò nell’ultima fila delle poltrone, dietro Valeria. Era in piedi e poggio le grosse mani sulle spalle di Valeria, poi le fece scivolare verso i seni infilandole sotto la camicetta. Scostò le spalline del reggiseno e lo fece scivolare in basso, liberando le tette. Valeria immobile ebbe un brivido di piacere al contatto delle grosse mani un po’ fredde dell’uomo. Il Professore continuò alacremente a masturbare il clitoride infilando di continuo il medio della mano destra nella vagina bollente e zuppa di umori. Alberto si sporse in avanti poggiandosi contro la poltroncina. Valeria si morse il labbro inferiore che le tremava e gemette dal godimento mentre l’uomo alle sue spalle le spingeva contro la nuca il pene eretto sotto i pantaloni. Valeria sentiva quel volume duro, grosso e caldissimo. L’uomo con fare lascivo fregava il pene contro la sua testa, godendo della sua indecente eccitazione mentre la palpeggiava. Il Professore senti l’onda di piacere attraversare il corpo di Valeria fino alla vagina ed iniziò a rigirare prima due e poi tre dita nella vulva che si lasciava aprire e penetrare.

‘ha due tettone fantastiche’ borbottò Alberto accarezzandole con forza
‘si &egrave la fica &egrave così bagnata che potrebbe entrarci tutta la mano’ disse il Professore
‘fammi sentire’ disse Alberto chinandosi da dietro sopra Valeria.

Mentre con la destra continuava a strizzarle una tetta si chinò e allungo una mano tra le sue gambe. Il professore gli lasciò spazio e Alberto infilò senza tanti complimenti nella vagina fradicia di umori due grosse dita della mano sinistra. Alberto sfilò le dita e le portò alla bocca leccandole con un grugnito di piacere mentre il Professore la infilava di nuovo. I due uomini ubriachi di eccitazione continuarono a tastare le tette, masturbare il clitoride e penetrarla. Valeria si respirava forte fissava le scene del film senza vederle, stava per godere in un cinema tra decine di spettatori ignari e sconosciuti. Quando i due uomini decisero di penetrarla infilandole nella vagina quattro dita insieme non resistette. Serrò le cosce come una morsa intorno alle mani che la martoriavano e fu scossa da un fortissimo orgasmo. L’orgasmo la fece lamentare forte e solo l’alto volume del sorraund coprì il suo lungo gemito di piacere nel buio. . . . . .

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