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Orgia

GIOVANNA DAL PENTACOLO, L’INIZIAZIONE: IL SABBA

By 26 Novembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Il cicalino discreto del telefono mi svegliò, ma contrariamente alle mie abitudini, ero lenta, spossata e intorpidita. Alzai la cornetta, ma non riuscii nemmeno a dire pronto: ero in uno stato di dormiveglia che non mi faceva distinguere tra sogno e realtà.
Non connettevo, non sapevo dove mi trovavo …
per fortuna quella sensazione svaporò e, sempre per fortuna, Iside fu delicata, premurosa e comprensiva e quindi non mi mandò ‘affanculo’ dicendomi che alle otto mi aspettava per la colazione … poi, sentendomi più presente, aggiunse: – Anzi no, aspettami, tra poco sarò in camera tua … voglio sapere tutto, ma proprio tutto! ‘ disse allegra.
‘Tutto cosa?’ pensai tra me, ancora stordita.
Ero sola nell’ appartamento e tutto era talmente in ordine e immacolato, che pensai non ci fosse stata alcuna orgia spettacolare, lì dentro, soltanto poche ore prima.
Avevo sognato tutto?
Impossibile, senza nemmeno toccarmi fui certa di non essere più vergine.
Iside mi raggiunse mentre mi lavavo, eccitata e contenta volle sapere come era andata la notte precedente.
Mi disse che alla cena avevo già suscitato folli pettegolezzi e gelosie, e che molte brontolone avevano criticato l’ assenza del ‘signore’.
Lei gongolava di gioia, sapeva dov’ ero, e taceva, mentre le altre avrebbero voluto scorticarla viva … dopotutto ero la ‘sua nipotina’.
Si accorse del cosiddetto ‘ terzo occhio’, il doloroso forellino praticato la sera prima con l’ antico punteruolo, e controllò ciò che rimaneva della piccola ferita, commentando mentre osservava con un ‘ Bene, bene bene … ‘
Intanto ci portarono la colazione ed io mangiai con avidità, ristabilendomi completamente.
La giornata fu dedicata alla conoscenza di molte persone, a dialoghi su tanti, e complicati, argomenti e, incredibile, si tenne anche una conferenza sulle nuove tecnologie, su internet e sui social network, e sull’ uso attento e responsabile di questi nuovi strumenti.
Per me era tutto talmente nuovo, anche ciò che per altre era di normale routine: essendo vissuta in un ambiente chiuso e paesano.
Mi concentrai maggiormente sul conoscere le persone e sulle dritte di mia zia, sulle Streghe, sui Famigli e sulle età rispettive … e poi sul terzo occhio, facoltà di cui non avevo nemmeno sentito parlare … a me sembrava di vederci normalmente e bene, come sempre.
Però mi resi conto di due cose, che sott’ occhi, nella visione laterale, incontrollabile, avevo l’ impressione che molte persone fossero di … come dire … di … una forma diversa da quella che avevano quando le tenevo perfettamente a fuoco, davanti a me.
Inoltre, mentre guardavo la gente intorno a me, mi accorsi che se ci mettevo molta attenzione, la vedevo circondata da una lieve luminescenza. Come se il corpo non finisse nei limiti imposti dalla pelle, ma si espandesse, di più o di meno, con una specie di alone, impalpabile, come un arcobaleno.
Nessuna di queste ‘nuove visioni’, però riuscivo a fissarla bene, né ad usarla con precisione.
Mi insegnarono che dovevo fidarmi molto delle mie, cosiddette, sensazioni ‘a pelle’ e di come analizzarle con attenzione, cambiando completamente la definizione di questo tipo di percezioni: da istintive a Cognitive.
Insomma non erano fenomeni da lasciare al caso, perché inconoscibili ma, al contrario, da studiare, conoscere e approfondire.
Naturalmente queste conoscenze erano riservate ed esclusive, non era possibile di darle a disposizione di tutti, perché sarebbe stato inutile
La Sensitività, la Spiritualità, erano ‘doni’ come l’ altezza o la conformazione. Alcuni ne hanno moltissima, altri ne sono quasi completamente sforniti.
Mi spiegarono per grandi linee come funziona il pensiero della gente, che cosa ha veramente a cuore, senza badare a ciò che dice di desiderare o di detestare.
La potenza dell’ esibizionismo e la fonte delle paure, che sono potentissime e, molte, inconfessate.
Mi diedero indicazioni generali sulla Terra, sulla cosmologia e sugli Astri e sulla radice di tutte le Divinazioni e le Manzie.
Esse hanno in comune la caratteristiche di essere del tutto inutili e di non servire a niente … sono inerti e abbandonate, come strumenti musicali in un museo, finché non vengono adoperate da un vero musicista: più ha talento e meglio suonano, sennonché, se è difficile incontrare un bravo musicista e quasi impossibile incontrare un vero Geomante.
Insomma una infarinatura ‘satanica’ che aveva ben poco di diabolico, al contrario, sarebbe stato molto meglio se tanti professoroni e scienziati, invece di lasciarsi accecare, terrorizzare o corrompere dalle ‘religioni’, avessero potuto affrontare con serenità e spirito aperto lo studio del mondo, della natura e del nostro particolare rapporto dialettico col pianeta che ci ospita.

Mi venne presentato il mio Maestro: una Strega di nome Silvana che mi avrebbe seguita, visitata e consigliata, con lei, molto poco magicamente, ci scambiammo il numero di cellulare, per sentirci poi e prendere un appuntamento.
Restai un poco delusa, avevo sperato di restare con Iside, ma la mia ava mi disse che era sconveniente e che lei era stanca e aveva bisogno di riposarsi un po’ … finalmente.

Venne la sera ed io ero particolarmente provata per la potente infarinatura che avevo subito e per le vicende turbinose in cui mi ero ritrovata, dopo vent’ anni di inerzia e di atteggiamento pecorile.

Dopo essermi lavata, cambiata e vestita in modo particolare ed elegante, Iside mi raggiunse e mi somministrò una bevanda energetica, estremamente potente, che lei stessa confessò contenere una sostanza naturale, ma molto simile alla cocaina.
– I tempi sono stretti, le cose capitano una sola volta, Giovanna mia ‘ mi disse in confidenza ‘ tienilo presente e sii sempre pronta … anche quando il languore degli anni sembra farti assopire ‘dentro’: sii sempre all’ erta.
Ricorda che pochi attimi possono cambiare una vita … o spezzarla per sempre. ‘
Mi baciò teneramente, ma sentivo che si distaccava sempre di più da me, forse anche suo malgrado.

Ero vestita senza intimo né lingerie, indossavo un abito nero, da sera, fasciante ed elastico, con uno spacco laterale vertiginoso; una incastellatura nascosta e sorretta da bretelle larghe, di pizzo, mi sosteneva il seno in uno stretto ‘balconcino’ che non conteneva completamente le mie grosse tette: ecosì risultavano erette verso il davanti, offerte allo sguardo altrui fin quasi al capezzolo.
Indossavo stivali neri di pelle morbida, senza calze, che superavano di due dita il ginocchio.
Alle dieci di sera scendemmo e raggiungemmo la hall dell’ Hotel Residence.
Fuori piovigginava costantemente quella sera, anche se l’ aria era abbastanza calda.
Ero convinta di uscire … invece …

Il nostro anfitrione efficiente e gongolante, come sempre, ci salutò tutte e tutti in maniera abbastanza ufficiale, ci ricordò che stavamo per partecipare a una ‘festa’ molto particolare, come molte sapevano … mentre per pochi altri ‘giovani elementi’, sarebbe stata la prima volta.
Con orgoglio annunciò che l’ ospite d’ onore, il ‘signore’ che mi aveva deflorata la sera prima, sarebbe arrivato presto e che ‘loro’, o meglio lui, aveva fatto del suo meglio per organizzare una festa indimenticabile.
Poi, invitandoci ufficialmente, chiamò Iside e me presso di lui e aggiunse: – Avete senz’ altro già incrociato la nostra Magistra che questa sera saluterà ufficialmente il nostro gruppo, per sua insindacabile decisione, ma che ha aggiunto un fiore nuovo, Giovanna, alla nostra gloriosa confraternita.
La giovine, porta il suo stesso sanguw e ve la presento ufficialmente: – Giovanna, nonostante la procacità e l’ avvenenza ‘ e fece una risatina idiota, ma poi aggiunse con solennità ‘ è ancora vergine, cosa difficile al giorno d’ oggi ‘ seconda risatina idiota ‘ Lei è questa sera ‘la prescelta’ per onorare la seconda parte della festa, dedicata al nostro importante ospite e, naturalmente, alla nostra Madre spirituale …..’ e qui pronunziò un nome che non posso ripetere.
A quel punto tutti aggiunsero un saluto speciale alla ‘Dea Madre’, per me sconosciuta completamente; poi, con mia grande sorpresa, mi prese per mano e mi portò al centro della sala.
– E adesso, con grande onore prego Giovanna, personificazione per questa notte della nostra Grande Madre e Regine ‘ ancora gli altri convenuti salmodiarono una specie di formuletta di rito in una lingua che non capivo ‘ di inginocchiarsi al cospetto della Madre. ‘
Le luci intorno si oscurarono e due valletti portarono in sala un piccolo tabernacolo argentato, al centro di esso una porticina intarsiata.
In pochi istanti, altri accesero decine di candele e fiaccole, mentre le luci elettriche vennero spente tutte, completamente.
Io assistevo sbigottita a quei preparativi del tutto nuovi, non ero abituata a trovarmi al centro dell’ attenzione e … senza sapere assolutamente cosa fare.
Contavo sulla zia Iside per non fare mosse false e magari, qualche brutta figura.
Ma Iside mi abbandonò …
Mia zia, completamente trasfigurata, ora aveva appena indossato una veste bianca con delle balze, come quelle che indossavano le matrone romane, alcune ancelle l’ avevano vestita in pochi secondi: era bellissima, ma dimostrava una età diversa.
Il suo corpo non era più sottile da ragazza, ma opulento e sostanzioso, da donna adulta, il viso dimostrava una sessantina d’ anni, ma la pelle era bella, tesa, delicatissima.
Gli occhi brillanti e acuti avevano uno sguardo estasiato e senza tempo.
Si avvicinò regalmente al tabernacolo, si guardò intorno come ad abbracciare con lo sguardo quella comunità attonita, poi con un gesto deciso intimò a tutti di mettersi in ginocchio.
Fruscio di abiti e, in pochi momenti, tutti si abbassarono, io mi accinsi a fare lo stesso, ma Armando, il cerimoniere, mi fermò con la mano:
– Non tu, mia regina! ‘ sentenziò.
E mi accompagnò per mano, fino a posizionarmi a sinistra del tabernacolo, proprio di fronte al Tabrnacolo.

Mi guardai intorno: il silenzio era totale, e la sensazione di ‘attesa’ tangibile, intravvedevo le auree dei convenuti e, ai bordi della sala, paggi e valletti, alcuni non identificabili e con ben poco di umano … erano figure tremolanti: il mio terzo occhio si stava appena sviluppando.

Iside si inginocchiò davanti alla porticina, Armando, si avvicinò e le porse una piccola chiave che teneva al collo, mi accorsi che, sotto un mantello di seta, era vestito da cavaliere, con corsetto e spadino.
Iside girò la chiave nella serratura e poi la restituì al Mastro di Chiavi.
Armando senza voltarsi, si allontanò deferente e torno in ginocchio, tra le prime file di adepti.

Capii di trovarmi al centro di un vero e proprio rito e mi sentii investita di dignità. Mi sentii importante, non tanto per me stessa, ma per la fede vera e incondizionata che mi perveniva, tangibile, da parte degli adepti.
Capii di essere responsabile del mio ruolo e che dovevo accettarlo con dignità.
Non provai più alcuna preoccupazione né pensai più a come atteggiarmi.
Mi fidavo dei miei amici e mi fidavo di me stessa.
Sapevo che avrei fatto o detto le cose giuste e … mi lasciai andare a quella atmosfera mistica.
La zia Iside aprì il tabernacolo: una statuetta alta poco più di mezzo metro era al suo interno: era di fattura grossolana, quasi preistorica.
Una figura femminile, stilizzata.
Forme essenziali, il volto era appena abbozzato, naso sottile, occhi accennati che fissavano l’ infinito … eppure, nella sua semplicità, era bellissima.
La figura della Dea era ritratta ferma, in piedi, con una mano abbandonata sul corpo che arrivava al pube e l’ altra, sempre abbozzata nella roccia, che posava sullo sterno.
Incredibile quanto ‘comunicasse’ quella piccola statua di pietra, le cui sembianze erano scolpite in maniera tanto grossolana da dover essere intuite, eppure …

Si capiva che era una Madre, e che con le mani proteggeva la sua femminilità, principio attivo, e probabilmente, un figlio che aveva in grembo, pur non mostrandosi incinta.
La sensazione che dava era, nonostante l’ immobilità, quella di un principio dinamico, un moto in avanti, la statua stessa nonostante non vi fosse niente che lo accennasse, sembrava incedere, come una persona fotografata nell’ attimo in cui inizia a camminare.
Ero ipnotizzata da quella misteriosa bellezza, che trasmetteva informazioni come una radio ad alto volume.
– Guardate la Dea, figli, questa notte ci è concesso! ‘
Tutti all’ unisono alzarono la testa e sussurrarono ripetutamente, in preda all’ eccitazione: – Madre! -, -Madre … nostra! ‘
– Oh, nostra madre … ‘ un brusio, che invase la sala come uno sciame di api.

– In piedi! ‘ disse poi Armando.
Iside, aiutata da una giovane, fece scorrere la statuetta in avanti: non mi ero sbagliata, quella statua era qualcosa di speciale che non aveva uguali. Mai avrei potuto vederla altrimenti, in vita mia.
Era chiaro che la somiglianza con un essere umano era relativa, la creatura ritratta, la Dea, non so dire perché, non era umana.
Alle spalle, come un piccolo serpente adagiato tra le natiche che scendeva a metà gambe, aveva una coda.
La pietra era di un bianco che tendeva lievemente al verde acqua ed era, evidentemente … luminescente.
Più che una luce era una fonte di irradiazioni, ondate, lievemente luminose, si spargevano intorno, come una energia, potente, sopita.
I presenti erano in estasi.

– Giovanna, figlia ‘ disse Iside ‘ togli tutto: le vesti e gli stivali! ‘
Due ancelle si dedicarono a me per spogliarmi nuda, io non mi rifiutai.
Intanto Iside e gli altri intonarono una antichissima preghiere:

Oh risplendente, Prima Dea,
a mezzanotte entro nel campo
entro e con me reco: acqua, vino e sale
e reco il mio Talismano.

Gli altri ripeterono: Il Talismano, il Talismano!

Io ero nuda illuminata dalla luce della statua, mi sentivo importante ed eccitata.
Avevo un piede su uno sgabello alto, la figa in bella mostra davanti a tutti quegli estranei, e invece di provare vergogna mi sentivo trionfante.
Sul mio piedino a cui tutti lanciavano sguardi, si stagliavano netti i piccoli punti, uniti dalla stella, il Pentacolo, più rosso che mai.
Iside mi chiese il Talismano ed io capii che si riferiva al mio pendaglio, l’ unica cosa che ancora avevo indosso.
Poi continuò la preghiera tenendo il Talismano in alto con la mano sinistra.

Ecco il mio Talismano che in memoria di Te
terrò sempre con me, perche esso io indosso,
ma è Tuo.
Con l’ acqua ed il vino mi benedico,
e il salo cospargo dietro di me
per combattere i nostri nemici.

Due ancelle passarono per la stanza con delle larghe coppe piene d’ acqua, di vino, e una coppa di sale scuro.
Tutti presenti si bagnarono attingendo un dito della mano destra e della sinistra, portandolo poi alla fronte, e gettandosi un pizzico di sale alle spalle.
Il Mastro di Chiavi si avvicinò: su un cuscino rosso portava un sottile, elegantissimo diadema. Al centro sorretto da brillanti, uno spezzone di pietra luminescente, dello stesso materiale misterioso con sui era forgiata l’ effige della Dea.
Iside lo prese con sussiego tra le mani lo poggiò sulla mia fronte: calzava perfettamente, ma lo sentii pesante e penoso da portare, durò un attimo … poi, io e il diadema diventammo tutt’ uno.
La Dea era in me.

Non posso spiegare cosa provai, non ci sono parole: d’ improvviso ero là ma nello stesso tempo sentivo tutto l’ universo in me, ne sentivo la presenza, il peso e partecipavo del suo respiro cosmico.
Mi irrigidii e fui sostenuta prontamente dal Mastro e da un ancella.
Iside non si curò di me, anche ella era di certo posseduta, in quei momenti.
Intorno gli altri osservavano la scena con partecipazione e commozione.
La zia ‘ Sacerdotessa, concluse il rito adagiando come un dono ai piedi della Dea di pietra il mio pendaglio dal doppio corno.
– Ora, Giovanna, tu sei nella Madre e la Madre è in te! Tu e la Madre, questa notte siete una sola carne, siete un solo spirito. ‘
Si inginocchiò ai miei piedi e baciò il segno, che rosso come il fuoco, luccicava di luce propria con la sua forma arcana di Pentacolo.
Tutti si inginocchiarono, il tabernacolo venne chiuso, le luci si riaccesero.
Ora il Sabba poteva iniziare.

Contrariamente a quanto avevo immaginato, non uscimmo, ma raggiungemmo invece un piccola porta, che immetteva in uno stanzino nel sottoscala.
Dentro una finta parete era spalancata, un passaggio discreto e segreto, portava ad una scala che scendeva sotto terra.
Dopo le prime due rampe in cemento si giungeva a un pianerottolo ricavato nella pietra viva; un angusto passaggio, anche questo camuffato, portava a una seconda scalinata scavata nella pietra, dai gradini antichi e consunti. Un odore di chiuso mi assalì mentre scendevo, alle spalle di Iside.
Gli altri, portando fiaccole, erano tutti dietro di noi formando un corteo silenzioso, quasi spettrale.
All’ ingresso, sempre ricavato nella roccia, c’ era un grosso segno in bassorilievo, rappresentava una doppia ascia. Non l’ avevo mai visto prima, eppure mi risultò immediatamente familiare.
Dopo un cunicolo arrivammo in una cavità di cui si vedeva solo il soffitto, erosa dall’ acqua, chissà quanti milioni di anni prima.
Non si vedeva altro, davanti a noi si stagliava un paravento di stoffa, che precludeva la vista del resto della grotta.
– Spegnete le faci! – disse una voce.
Eravamo una cinquantina, su un piccolo sbalzo piatto di roccia, e improvvisamente ci trovammo nel buio più totale.
Ma io ‘vedevo’ pur senza usare gli occhi.
Ebbi certezza di trovarmi in una cavità sconfinata, sentii distintamente la presenza dell’ acqua non lontano da noi, sentii anche che … non eravamo soli, laggiù: altri esseri viventi, sotto di noi, si muovevano nel buio in quello spazio sconfinato.
Con passo sicuro e solenne, e con una piccola lampada nella mano, il Mastro di Chiavi, attraversò il gruppo degli astanti, per porsi di fronte a noi; alle sue spalle nel buio fitto, intravvedemmo figure che, veloci, facevano scivolare via il paravento:
– Sorelle, Fratelli, … figli comuni della Grande Madre ‘ fece una pausa per catturare l’ attenzione ‘ Benvenuti al Sabba! Festeggiamo la Dea che stanotte è con noi ‘ e così dicendo mi prese per la mano ‘ e, il grande onore di ospitare il ‘signore’ in persona, dopo tanti anni. ‘
Con un gesto ampio ad effetto, mosse la mano verso le sue spalle, indicando il buio pesto …
– Vi auguro buon divertimento: che la festa abbia inizio! ‘

Immediatamente le luci sfolgorarono e alcuni valletti diedero fuoco a fiaccole estetiche, messe nei punti strategici, uno scenario mozzafiato si era nascosto dietro il paravento appena rimosso.

La grotta era sconfinata, enorme.
Noi eravamo sbucati su uno spiazzo a circa dieci metri di altezza e potevamo dominare la spettacolare veduta.
Stalattiti e stalagmiti, bianche e immacolate formavano in molti punti vere colonne di alabastro e cattedrali.
In vari punti lontani, la roccia calcarea era stata scolpita nei millenni, in forme strane, dagli infiniti colori.
In molti punti il calcare aveva formato, pareti di quarzo bianco con sfumature ora rosa, ora azzurrine.
Nello scenario stupefacente, sulla spianata del fondo, un laghetto delizioso, era stato circondato con carretti di legno pieni di piante.
Enormi falò, tenuti a bada fino ad allora, vennero fatti riprendere, e le fiamme scoppiettavano gioiose, dipingendo il buio.
Nella spianata erano stati sistemati letti tondi, panche, divani, paraventi, tutto adornato e servito da stoffe damascate o sete pregiatissime.
Tavoli e tavolini ovunque al servizio degli ospiti e …
decine di bancarelle, le tipiche bancarelle delle fiere di paese, tipiche di ogni parte d’ Italia, che offrivano prodotti tipici da Sagra … castagne, carni cotte e crude, salumi, formaggi tipici, carrelli che friggevano frittelle.
Altre postazioni offrivano pesci fritti, frutti di mare crudi, caviale e salmone.

Su un lato era stato improvvisato un tavolaccio di legno dove un energumeno in canottiera e cappello da chef impastava pizze Margherita, al suo fianco uno scalcagnato ragazzo, si preoccupava di infornarle in un forno portatile, costruito apposta su un carrello.

Un altro lato ospitava una piccola, ma valorosa orchestra, che iniziò a intonare una selezione di brani estremamente piacevole e attuale.
Scendendo le scalette che avanzavano comode, come un sentiero, fino a portarci giù, ci trovammo tutti al centro della Sagra ‘di tutte le sagre’.
C’ erano gli artisti di strada, saltimbanchi, mimi, fattucchiere … padiglioni con i tipici giochi da Luna Park: prove di forza, giostra, lancio di anelli, tiro a segno … una festa così, io non l’ avevo vista mai.
Intanto dalla scaletta scavata nella roccia arrivarono altri gruppetti di persone, gente elegante, probabilmente dei VIP estremamente selezionati, che però non avevano partecipato alla Cerimonia precedente.
Come ospite d’ onore arrivò il signore, accompagnato dalle sue inseparabili ancelle … tuttofare.
Come al solito erano stupende. Mi lanciarono uno sguardo di intesa e, impercettibilmente, perché gli altri non se ne accorgessero, abbozzarono con la testa un piccolo inchino deferente.
Il ‘signore’ venne presentato come Sig. Mèndele: parlò poco, ma osservava e ascoltava con interesse le varie conversazioni.
Mi sembrò di capire che venivano presi degli appuntamenti successivi con alcuni dei più importanti degli ospiti intervenuti.
A intessere le presentazioni e le relazioni era il Mastro di Chiavi.

La festa proseguiva, la musica non mancava, mentre si pasteggiava a champagne.
Ad un certo punto le luci si abbassarono quasi completamente e rimanemmo alla luce dei grandi bracieri … io vedevo sempre meglio e sempre di più, con l’ uso del terzo occhio, solo che ero molto confusa tra ciò che vedevo realmente e ciò che cominciavo a intravvedere. Per esempio: alcune persone le vedevo distorte, come vibrassero, e avevano due aspetti uno umano e uno strano, diabolico, ma non mi facevano assolutamente paura, anzi.
Mi sentivo dominante e piena di potere, mi sentivo forte e indomabile.

Il Maestro di Chiavi mi prese ancora per la mano, e mi portò presso un grande divano tondo pieno di cuscini, molto elegante.
Venni presentata in pompa magna, parlava di me come di una prescelta, definì delle mie sconosciute parentele e, alla fine, dichiarò apertamente che quella sera, attraverso me, la Dea stessa, partecipava al Sabba … e questo era un evento eccezionale.
Io non sapevo cosa credere ne pensare, ma effettivamente mi sentivo una regina, mi sentivo superiore a tutti quella sera, e quello era uno stato veramente insolito per me: una povera ragazza di provincia.

Allora, la musica si fece più bassa, ma i tamburi incalzavano con un ritmo sempre più ancestrale, le due ragazze di scorta al ‘padrone’ mi si appropinquarono deferenti e, con una danza sempre più eccitante mimarono una caccia nei miei confronti.
Mi volevano prendere, ma abbozzavano i movimenti senza portare a temine i loro intenti. Mi braccavano come lupi pavidi, meglio: come iene.
Aspettavano di fiaccarmi per avermi alla loro mercé.
Le luci pulsavano, io sudavo e ballavo, ormai non avevo più una volontà mia, ma ero posseduta …
I miei movimenti col bacino e le mie sinuose roteazioni dovevano essere eccitanti a giudicare dai volti arrapati che vedevo nella penombra.
Col favore delle tenebre molti degli astanti avevano indossato delle mascherine nere e, specialmente le donne, cominciavano a risentire del ‘calore’ erotico che si sprigionava dalla nostra danza.
Finalmente le ragazze, mi raggiunsero con le loro mani e iniziarono a spogliarmi ad ogni assalto, mentre io fingevo di schernirmi.

Alla fine fui sopraffatta, mi trascinarono sul divano e mettendomi a quattro zampe, mostrarono a tutti la mia vulva, carezzando e dilatando le mie grandi labbra come fossero un siparietto.
Mi leccavano al figa avvicendandosi. Mi mordevano il sedere come lupi, mi ghermivano i seni, finché non si avvicinò il ‘signore’, ma io non lo temevo più, la notte prima, col suo grosso cazzo mi aveva già deflorata a dovere, anzi … adesso, eccitatissima e bagnata, avevo una gran voglia di farmi fottere, sovreccitata dal mio senso di dominio e dalla mia sfacciataggine a fare in pubblico ciò che, fino a pochi giorni prima non osavo fare nemmeno in privato.
Lo spettacolo di noi tre, ormai completamente nude che litigavamo e lottavamo, le nostre forme giovanili e perfette, la pelle lucida che brillava di sudore … persino la ragazza ermafrodita, che offriva uno spettacolo eccitante e parossistico, col suo pene sottile sulle forme da modella, aveva fatto salire la pressione intorno a noi, e tutti gli occhi erano puntati … in attesa di nuovi ed eccitanti sviluppi.
Non poche donne, anche di gran classe, si erano tolte via gran parte degli abiti, restavano in lingerie e mascherina, esibendosi a loro volta, cercando un plauso alla loro insostenibile voglia di essere troie.
Chi poteva, strusciava le mani o i fianchi sulle patte degli uomini, senza rispettare l’ assortimento iniziale; cercavano i cazzi duri dove capitava.
E i mariti non si ribellavano: anzi, osservavano con libidine quella promessa di promiscuità.
Il sedicente barone satanico, però, non aveva gran voglia di ballare, al contrario, dimenticando l’ eleganza dei gesti precedenti e le buone maniere, si lasciò andare, spogliandosi rapidamente, tanto da strappare i bottoni dagli abiti.
Sott’ occhi mi accorsi che si stava trasfigurando, alle mie spalle non vi era più il ben fornito anziano gentiluomo, ma un essere possente, peloso, molto simile, per molti aspetti a una belva feroce.
Soprattutto dal bacino in giù il suo membro e le sue zampe erano ormai animalesche e lui ansimava a odorava l’ aria cercando l’ odore della mia figa.
Lo vidi e lo sentii talmente infoiato, nel cercarmi senza tregua, che ne ebbi paura.
Vedevo distintamente una coda che frustava l’ aria intorno a lui, mente gli astanti erano impauriti ed eccitati da quella scena arcaica, bestiale.
In un balzo mi fu addosso, mentre le ragazze si allontanarono lestamente per lasciarci da soli.
Lui grugniva, ansava e si spostava continuamente sulle zampe posteriori, mentre con le braccia mi teneva salda e ferma, alla sua mercé.
Finalmente il suo membro spuntato da una guaina pelosa, venne fuori vibrando, come una lunga e spessa lingua di carne viva.
Col la punta di quel glande animalesco trovò la vagina … e colpì a fondo.
Lo sentii come una scossa elettrica, pervadeva la mia spina dorsale.
Appena fu sicuro di essermi dentro, non mi mollò più.
Cominciò a chiavare come un forsennato, ballonzolandomi alle spalle, senza mollare e vibrando colpi all’ impazzata, mentre con le narici soffiava l’ aria gelida sulla mia schiena.
Saltavo in avanti sotto quelle spinte senza tregua, la punta del suo arnese mi picchiava dentro, come un trapano a percussione … mi girava la testa.
Misteriosamente il lungo cazzo roteava in tutte le direzioni ed io lo sentivo dentro come un serpente vivo e vitale.

La gente intorno era folle di goduria: tutti si masturbavano, si toccavano,si lasciavano andare, ma non volevano perdersi un solo istante di quella scena lubrica e volgare.
Il ‘signore’ era ormai belluino anche nei modi. Non parlava, ma grugniva e digrignava i denti.
Speravo che quegli assalti di fuoco nella vagina smettessero presto, non c’ era alcun piacere a sopportare quell’ attrito violento e inarrestabile.
Non potevo sottrarmi, si era incollato letteralmente a me … e non mi rendevo conto di come fosse accaduto.
Ma ispezionandomi con la mano capii…
Mi aveva ancorata al suo lungo cazzo rosso e osceno, perché una grossa palla di pelle si era gonfiata dentro la mia vagina. Alla radice del lungo pene infilzato in me.
Funzionava come un catetere, non potevo toglierlo dal mio buco, se non strappandomi la carne … ebbi paura davvero.
Per fortuna di lì a poco luì sborrò, liquido e freddo seme, a fiumi, dentro me: non finiva mai.
La sborra acquosa continuava a pervadermi e a scorrere dalla figa, mentre lui affannava su di me, restando a sua volta bloccato dalla palla di carne che ci ancorava.
Provammo a districarci per vari minuti, ma sempre eravamo costretti a fermarci, respirando affannosamente, bloccati, incastrati, lui bloccato dentro me, e il pene che non si afflosciava.
Finalmente puntando i piedi per terra per l’ ennesima volta e strappando, il palloncino si sfilò dalla figa, che con una dilatazione improvvisa, da partoriente, lasciò sfuggire il cazzo satanico.
Mi accasciai su un fianco, senza forse e addolorata, cercando di riposare.

Introno a me, l’ orgia era ormai scoppiata, ogni donna cercava il cazzo di un estraneo, e si divertiva a guardare con occhi di sfida e atteggiamento da puttana, il proprio partner che doveva subire l’ affronto.
Molti si consolavano mettendolo in bocca alla prima che capitava. Qualcuno lo metteva in bocca anche ad un altro uomo, che lo succhiava di gusto, spesso sorprendendo la sua stessa donna: non avrebbe mai immaginato il marito, che si divertiva a fare pompini.
Le ancelle mi diedero un poco di tregua, ma capii che le mie prestazioni ‘divine’ non erano finite.
Proprio molti di quelli che avevo intuito essere VIP, come una benedizione e un augurio, si presero e ottennero, mio malgrado, il diritto di inzupparsi in me.
Ordinati e in fila, erano uomini di ogni età, forse più di venti …
per mia comodità venni distesa sul divano con le gambe divaricate e i polpacci tenuti dalle ragazze, che collaboravano a farmi possedere al meglio da quegli estranei.
Il primo lo ricordo bene, era elegante e vestito solo con la giacca e la camicia, sotto era nudo e arrivò con il cazzo già in tiro, volle il mio culo e lo prese rapidamente.
Le ragazze mi lubrificarono e lui lo infilò, senza cerimonie, estasiato dal contatto con la Dea.
Dalla mia figa, ogni tanto ancora fiottava dello sperma della precedente copula satanica, il liquido colava freddo. Nemmeno la lunga permanenza nella mia vulva era riuscita a dare calore a quel seme guasto.
Il primo ad avermi inculata aveva un atteggiamento estatico e mi possedette con molta decisione, aprendomi l’ ano con forza e decisione, feci del mio meglio per collaborare e soffrire di meno, ma come sempre, i primi affondo nello sfintere mi lasciavano indolenzita.
Mentre mi rilassavo al punto di far viaggiare quel cazzo con disinvoltura tra le natiche, un altro uomo, questa volta anziano e panciuto, girò intono al divano e me lo mise in bocca.
Il suo membro non era molto duro, ma premeva tanto da gonfiarsi dentro la mia bocca, entrambi si servirono per poco dei miei buchi e senza goderne completamente.
Era ovvio che erano posseduti da qualche droga o da qualche pensiero fisso, perché facevano ben poco caso alla parte erotica di quei rapporti; invece si accostavano all’ atto con me, come si trattasse di un rituale, religioso e pregnante.
I primi educatamente si fecero da parte per permettere anche agli altri di darmi dei colpi col cazzo.
Mi si avvicinavano e penetravano i miei buchi metodicamente, senza ancora provare particolare piacere.
Le donne guardavano gelose e si sfogavano con i cazzi di chi non poteva accostarsi a me non avendone il diritto … almeno credo.
Dea o non dea, quella situazione mi coinvolgeva sempre di più, tutti si occupavano di me, ero guardata, osservata, preparata e goduta.
Intorno a me, che ero distesa con le gambe aperte e le ginocchia divaricate, era un via vai di uomini, con i membri più o meno eretti.
Guardando dal basso la visone era integrale: vedevo i membri, grandi o piccoli, spessi o sottili, e le sacche dei coglioni, alcune piccole e serrate altre, specialmente quella dei maschi più anziani, grosse e gonfie, spesso ballonzolanti.
I lunghi peni mi circondavano, vedevo praticamente solo cazzi, che ad ogni più piccolo moto, ondeggiavano liberi come una foresta di canne al vento … mai più in vita mia ne ho visti tanti e tutti insieme.
Benché il rapporto sessuale avesse perso ogni intimità, inizia a provare piacere proprio dal distacco, a volte addirittura distratto, con cui mi chiavavano.
Qualcuno arrivò persino mentre reggeva una coppa, e, appena si presentava l’ occasione, me lo infilava completamente, magari in bocca.
Le ragazze intorno andavano e venivano, carezzandomi, incoraggiandomi, spalmandomi di creme antinfiammatorie e analgesiche, così anche nel prenderli quasi tutti anche nel culo, non sentivo più alcun dolore, solo il piacere della dilatazione anale.

Alcune donne, troppo eccitate per restarne fuori, si avvicinarono di più … guardavano invidiose, sia me che tutti quei fortunati, muniti dell’ attrezzo giusto per fottermi.
Molte signore si accostarono per baciarmi, sia la bocca, che la figa e i’ ano.
Molte ancora mi succhiavano i capezzoli, sussurrandomi parole dolci, complimenti osceni e frasi piene di desiderio.
Altre si abbassavano sui cazzi di quelli che aspettavano per infilarmelo e glieli prendevano in bocca, per mantenerli duri e in tiro.
Tutti, indistintamente erano nudi, dalla cintola in giù.
Quando ormai non mi chiedevo più quando sarebbe finita quella manfrina, cominciarono le sborrate: la prima, quella di un uomo sulla quarantina, bello ed elegante, venne dal basso.
Toccava a lui di fottermi, ma mi accorsi che già era entrato in me col cazzo teso oltre ogni misura. Dopo una ventina di chiavate violente è profonde, ancora non si staccava, muggiva e mi teneva stretta, come se mi volesse come una preda, tutta per se.
Poi tremando di intenso piacere tirò fuori il membro dalla mia vagina e lo prese in mano, in ginocchio troneggiava davanti a me: sussultando convulsamente iniziò a sborrare.
Per alcuni secondi i fiotti partirono con una forza mai vista, passandomi sul corpo e arrivandomi fino ai capelli. Poi sborrò ancora, sulla pancia e sui miei seni.
Non contento, si infilò ancora in me e spremette le ultime gocce in fondo alla mia fessa, adagiandosi, felice sul mio corpo…
Ma subito venne tirato via in malo modo: un altro uomo, pronto a venire, si stava facendo la sega e non si conteneva più.
Entro in me in un sol colpo e, senza più muoversi, ma solo tremando e spingendo, colò in me il suo sperma, caldo e appiccicoso.

La vista della sborra eccitò tutti e l’ orgia prese un ritmo più sguaiato e discinto, tutti chiavavano e si inculavano intorno a noi.
Quello che me lo teneva in bocca in quel momento, ne approfittò per sborrarmi in gola, soffocandomi di sperma, anche lui venne tirato fuori improvvisamente, per permettere ad altri due, che proprio non ce la facevano più, di infilare insieme i due glandi tre le mie labbra, spruzzando sborra, contemporaneamente.
Mentre cercavo di non affogare nello sperma odoroso, un altro me lo mise nel culo e contando estasiato: – E uno … e due …. eeee, eee TREEEE !!! ‘ mi venne in culo, con solo tre botte del cazzo.
L’ eccitazione prese tutti intorno e molti non ce la facevano ad aspettare che un mio orifizio si liberasse, così trovavano un po’ di spazio tra i corpi e sborravano da lontano, pur di farmi piovere addosso il loro seme.
Infatti, ormai ero sommersa da una pioggia di sperma: schizzi salati mi irroravano, un odore indicibile si impadroniva delle mie narici … il mio culo era un lago in cui almeno sei sborrata si erano fuse in un solo fiume bianco, lattiginoso.
La figa era più a portata di mano e tutti ne approfittavano, molti non chiavavano nemmeno più in me, arrivavano masturbandosi e spremevano lo sperma dentro, come si spreme il limone, premendosi il cazzo con le mani, mentre dal glande, introdotto come una pompa, emettevano il liquido seminale.
Nella mia bocca, molti vennero senza entrare, ma schizzando da qualche centimetro, non trovando spazio, perche avevo già dei cazzi tra le labbra.
Molti vennero almeno due volte, tra i più giovani; molti eccitati come bestie cominciarono a cercare dove fottere anche intorno a se, infilando il proprio pene voglioso, dove gli capitava.
Io non potevo muovermi e a un certo punto, approfittando di un attimo di libertà, pisciai senza controllarmi; il maschio di turno, che era pronto a sborrare, non si fece scrupolo di abbassarsi per ricevere l’ orina sul viso e in bocca, tuffandosi sulla figa: intanto si venne in mano per l’ eccitazione incontenibile.
Pur restando in piedi, nessuno si tirava indietro dal ricevere il cazzo di un altro: mi accorgevo che alcuni di quelli vicino a me, lo stavano prendendo nel culo, perché si abbassavano in avanti per favorire l’ introduzione del cazzo di quello dietro di loro.
Le donne intorno iniziarono ad abbassarsi sul mio corpo per leccare me e la sborra di cui ero pregna, come belve carnivore al pasto, anche loro lo prendevano in culo, ma non avevano il tempo, ne la forza di ribellarsi.
Io, appena potevo, giravo la testa di fianco per sputare parte dello sperma che mi riempiva la bocca, ne avevo ingoiato troppo davvero, infatti eruttavo spesso, spruzzando intorno bollicine bianche di spaccio e saliva.
Le sborrata continuarono … per tutta la notte.
Io ero in uno stato di eterno godimento, e venivo, venivo, in una serie infinita di orgasmi, carezzata da mani, bocche e glandi, in numero spropositato.
Tutti volevano bagnare la dea o leccarla, almeno un volta.
Cercai di alzarmi, ma non avevo le forze, il divano, il pavimento erano scivolosi, imbrattati di sborra a litri, ormai…

Mentre le ancelle mi portavano via, mi venne in mente Messalina, avevo letto da qualche parte che in una sola notte aveva soddisfatto non so quanti uomini …
– Peccato non averli contati … ‘ pensai, convinta di avere stabilito un nuovo record.

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