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Orgia

La puttana della caserma.

By 19 Marzo 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono una ragazza che tende a cambiare spesso. Amo cambiare. Solo il mio fidanzato rimane sempre lo stesso. Beh, forse perchè ci vediamo poche volte, lui è a Como, è un militare. Lo vedo solo due o tre volte al mese. Ma ritorniamo a me. Sono una ragazza che ama cambiare, e il lavoro d’ufficio iniziai a non sopportarlo più. In realtà non sopporto il mio capo ufficio, una lesbica di mezza età che ha sempre cercato di portarmi sotto le sue lenzuola, senza riuscirci. E per questo mi tratta uno schifo. Allora mi decido, do un’occhiata ai giornali. Gli annunci di lavoro sono molti, ma uno attira la mia attenzione: “cercasi assistente per la mensa della nuova caserma militare americana. Si richiede bella presenza e carattere socievole”. Beh, bella presenza… non sono una coniglietta di playboy, però posso provarci. E poi potrei lavorare in caserma anche io, come il mio fidanzato. Mi fisso allo specchio del bagno, capelli corti castani e un bel taglio d’occhi, molto misteriosi. Decido di provarci. Prendo le chiavi della macchina e subito raggiungo la caserma americana di nuova costruzione, è gigante, tutta recintata, prima di passare due guardie mi bloccano. Mi chiedono cosa sono venuta a fare.
– Sono qui per il colloquio di lavoro alla mensa – rispondo.
Uno di loro mi consegna un lasciapassare e mi indica la strada per la mensa che sarebbe un edificio piccolo, di fianco alle camerate. Scendo dalla macchina e raggiungo l’interno della mensa. Non vedo nessun militare, saranno via per le esercitazioni probabilmente. La mensa è molto spaziosa, con moltissimi tavoli, e come mi aspettavo è vuota, perchè sono le cinque del pomeriggio. Trovo il capo cuoco nella cucina, che sta iniziando a preparare gli ingredienti per la cena.
– Buonasera – lo saluto.
– Salve.
– Sarei qui per quel posto di assistente alla mensa.
– Ah, benissimo. Fatti vedere, sembri proprio carina.
Il capo cuoco, con la pamcetta da cinquantenne e un paio di bei baffi neri belli grossi, mi si avvicina e mi guarda, girandomi intorno.
– Niente male. Come ti chiami?
– Daniela, signore.
– Daniela. Bel fisico asciutto, occhi misteriosi e un bel taglio di capelli corto. L’unico problema è il tuo modo di vestire, non va bene.
Porto una gonna a quadronilunga fino alle ginocchia e una camicia bianca. Non capisco il capo cuoco cosa voglia intendere.
– Ma non è un problema, in fin dei conti – prende da un armadio dei vestiti e me li consegna. – Vedi, questa è una caserma. Ci sono solo uomini, e a loro fa piacere vedere le donne ben vestite. O meglio, vestite poco.
– Certo – faccio finta di aver capito.
– Vatti a preparare, forza – mi dice dandomi una pacca sul sedere. – Cominci stasera stessa.
Vado verso il camerino del personale, un pò sorpresa da quella pacca sul sedere. Cosa voleva dire? Era un atteggiamento normale del capo cuoco a cui doveva adattarsi? Entro nel camerino e mi spoglio completamente, restando vestita solo del tanga bianco e del mio piccolo orologio da polso femminile, che mi regalò il mio fidanzato. Una volta mi disse che gli piaceva quando lo masturbavo portando quell’orologio al polso. C’è un grande specchio, mi guardo, guardo le mie piccole tette. Non porto mai il reggiseno, credo di non averne bisogno. Poi indosso gli abiti da lavoro: camicia bianca a maniche corte con un papillon nero, un frontino tra i capelli, circondato da un merletto bianco, e… oh Dio, un pantaloncino rosso cortissimo. Avrei dovuto lavorare praticamente con le cosce di fuori. Che imbarazzo. Scarpe con i tacchi a spillo. Oddio, il pantaloncino è anche un pò stresso, mette in evidenza le forme tonde del mio culetto. I soldati mi avrebbero scopata con gli occhi.
Esco dal camerino dopo attimi di esitazione. Mi vergogno da morire e cerco di coprirmi le cosce con le mani, ma è inutile. Intanto non entrati in cucina i due cuochi, anche loro americani, del bronx, neri, uno di loro ha dei piccoli rasta. Sono a dorso nudo, hanno dei fisici statuari. Sono bellissimi, bisogna riconoscerlo.
– Ehi, che bella troietta – dice uno dei due.
– Sì è proprio un’amore – continuò il capo chef, – è la nuova assistente alla mensa. Si chiama Daniela.
I due cuochi mi si avvicinano, e ognuno posa una mano su una mia natica. Si presentano, quello che mi sta accarezzando la natica sinistra è Marcusa, quello che invece si dedica alla natica destra si chiama Biggz.
– Ti triverai bene qui – mi dice Biggz. – L’assistente che c’era prima era una vecchia grassona, che ci faceva sempre diventare moscio il cazzo. Invece adesso non ci saranno più problemi di questo tipo. Io infatti già ce l’ho duro. Vuoi sentire?
Biggz mi prende una mano, e la porta al suo pacco. Dio mio, è veramente duro, e enorme. Sta scoppiando nei pantaloni. Ritiro subito la mano. Sono imbarazzatissima. Forse sono capitata nel posto sbagliato.
– Beh, ora che abbiamo fatto conoscenza, ditemi cosa devo fare – gli dico allontanando le loro mani dal mio culetto.
– Devi portare ai tavoli dei militari il piatto del giorno – mi dice Marcus. – Ma se intanto ti va di fare altro, puoi assaggiare questi hot dog caldi.
Marcus e Biggz si abbassaono le zip dei pantaloni facendo venire fuori i loro arnesi enormi, che vengono fuori con un balzo e sbattono sulle mie cosce. Li guardo con gli occhi spalancati. Cerco di mantenere la calma, quindi prendo in mano la grande proboscide di Biggz e la rimetto dentro, e alzo la zip lentamente. Faccio lo stesso con Marcus. Loro ridono, pare che gli piaccia il mio atteggiamento.
– Forse è il caso di iniziare a lavordare, ragazzi – gli dico.
– Sì, però questo culetto non scappa – mi dice Biggz colpendomi il sedere con due schiaffi. – Prima o poi te lo scopiamo come si deve.
– Ehi, maiale, mi fai male con quelle manacce – dico.
Ritornano ai loro fornelli, io vado nella sala della mensa a preparare i tavoli, coprendoli con le tovaglie e le posate. I militari iniziarono ad arrivare alle otto, e occupano tutti i tavoli. Sono centinaia. Il capo chef mi ordina di portare i primi piatti di pasta. Li porto a due alla volta. I militari sono arrapatissimi. Mi guardano, specialmente le cosce. Sono allupati, e sento i loro commenti in sottofondo:
– Guarda che bella porcella.
– Che culo. Me lo scoperei qui, davanti a tutti.
– Chissà come ce l’ha la passera.
E cose di questo tipo. Dopo il sesto piatto che porto ai tavoli, iniziano anche a prendersi delle confidenze. Un militare mi schiaffeggia il culetto. Poi lo fa anche un altro, e poi un altro ancora. Al quarantesimo piatto, mi sento il culo in fiamme. Mi avvicino ad un tavolo e un militare mi accarezza le cosce.
– Sei nuova? – mi chiede. – Stasera ti andrebbe di venire in camerata a divertirti con noi? – i suoi colleghi scoppiano in una sonora risata.
– Sono un assistente della mensa, non una puttana.
Porto via la mano del militare dalle mie cosce e raggiungo la cucina per prendere altri piatti. E ogni volta che ritorno dai soldati, le loro mani raggiungono ogni parte del mio corpo, come dei tentacoli, palpeggiano, accarezzano, schiaffeggiano . So che dir loro di non farlo è completamente inutile, quindi a volte cerco di tenere lontane le loro mani, ma non è sempre possibile. Qualcuno mi prende il polso, mi giro, è un militare che ha tirato fuori il cazzo e si sta masturbando. I compagni appoggiano quello scherzo e ridono. Spalanco gli occhi, questo è veramente troppo.
– Ehi, porcella, togliti quei pantaloncini e cavalca questo stallone, se ci riesci.
Mi libero dalla sua presa e ritorno in cucina. Per fortuna è finita. I militari hanno terminato di mangiare, e sono andati via. Anche il capo chef è tornato a casa. Sono sola in cucina, mi guardo le cosce, che in alcuni punti sono rosse a cause delle innumerevoli palpate e degli schiaffi.
– Com’è andata? – Biggz è appena uscito dallo spogliatoio, e viene verso di me.
– è stato tremendo. Guarda che cosce rosse. Per non parlare del culo, non me lo sento più. Me l’hanno schiaffeggiato per lo meno settanta volte. Adesso sarà rosso da far paura.
– Fammi dare un’occhiata.
Mi si avvicina, e lo lascio fare. Non so perchè. Forse perchè ho bisogno di essere curata il rossore, in qualche modo. Mi sbottona il pantaloncino e mi abbassa la cerniera, e poi tira giù pantaloncino e tanga. Adesso sono nuda dalla vita in giù, e sono anche molto imbarazzata, con la passera al vento e la striscia verticale di peli.
– Che bella patatina depilata – dice sfiorandola con un dito.
Poi mi mette le mani sui fianchi e mi fa girare, adesso lui è alle mie spalle, e si inginocchia. Mi dice che effettivamente il culetto è molto rosso. Me lo accarezza, gli dico di fare piano, perchè mi fa un male boia. Poi sento il calore delle sue labbra sulle mie natiche. Ha iniziato a baciarmi. Con le mani mi allarga le natiche e con la lingua arriva a leccarmi il buchetto umido. Socchiudo gli occhi, è bellissimo. Il caldo della sua lingua contro il buco del mio culetto. Muove la lingua in maniera delicata, con la punta si spinge dentro. Un mugolio di piacere esce dalla mia bocca. Poi si alza dal pavimento, mi gira verso di lui. Ci guardiamo negli occhi, ci desideriamo, e il mio istinto mi dice che devo sbottonargli i pantaloni. Ecco, glieli sbottono e gli abbasso la cerniera. Prendo in mano il suo uccellone e lo faccio venire fuori. Lui mi sbottona la camicia, ma non me la toglie, vuole sono vedere le mie piccole tette. Me le accarezza, mentre io inizio un lento massaggio al suo fantastico cazzo, che in qualche attimo cresce a dismisura tra le mie mani.
– Wow, che mazza – dico con un filo di voce.
In questo momento è uscito dallo spogliatoio anche Marcus, che indossa solo un asciugamano intorno alla vita.
– Che fate, scopate senza di me? – si toglie l’asciugamano e il suo arnese dritto sembra già bello pronto per trombarmi.
– Marcus libera il tavolo grande che adesso ce la scopiamo a turno.
Biggs mi prende in braccio, mentre Marcus libera un grande tavolo di legno dalle numerose pentole.
– No ragazzi, non posso. Sono fidanzata. Non voglio tradire il mio ragazzo.
– Abbiamo gli uccelli troppo duri, ormai devi lasciarti scopare – mi dice Biggz che mi stende sul tavolo. – Dai, alarga le cosce.
Faccio quello che mi dice, tengo le cosce aperte e Biggz mi sale sopra. Mi penetra, con il glande poi con tutto il resto. Urlo di dolore. Ogni tanto si dann o il cambio, e Marcus prende il suo posto. Si divertono, ridono e parlano in americano mentre mi trombano a turno. La mia passera li accoglie prima uno poi l’altro. Spingono i loro arnesi dentro di me, mi lamento, ansimo, sono enormi, non ce la fanno ad arrivare fino in fondo. Marcus esce dalla mia passera, e prende il suo posto Biggz. Marcus sta per venire, mi infila il glande in bocca e si masturba, poi ecco i suoi schizzi di sperma calda, che sono costretta a ingoiare. Mi fa schifo, ma non posso fare altro. Ormai sono un oggetto del piacere nelle loro mani. Poi arriva il momento di Biggz che dopo avermi penetrata per l’ennesima volta, con un urlo di piacere fa venire fuori il suo cazzo e viene sul mio inguine. Un fiume di sborra che copre del tutto la striscia di peli verticale della mia passera. Con la mano me la spalma su tutto il pancino, anche l’ombelico.
– Ciao puttanella – mi dice Marcus. – Noi andiamo via. Ci vediamo domani.
– E ricorda che la prossima volta toccherà al tuo culetto – dice Biggz.
Vanno via, io resto distesa, distrutta e sudata da far schifo, coperta del loro sperma, in faccia e sulla pancia. Con le cosce aperte e con il sapore di sborra di Marcus in bocca. Questo lavoro sembra più difficile di quello che mi aspettavo. Diventerò la puttana della caserma, questo è chiaro. Dopo un pò scendo dal tavolo, mi fa molto male la passera, brucia. Beh, immagino sia normale dopo essere stata trombata da due travi di quelle dimensioni. Mi rivesto e corro a casa, a fare una doccia e a filare subito a letto.

In foto: magari ce l’avessi in mano io quell’arnese!
nynfetta@tiscali.it

Il giorno dopo mi sveglio, mi preparo per ritornare a lavoro. Indosso il solito pantaloncino rosso microscopico e la camicia bianca a maniche corte, il papillon e il cerchietto nei capelli corti. Esco di casa per raggiungere la macchina, e commenti di ogni tipo mi fiondano addosso da parte dei ragazzi e dei ragazzini che scorazzano lungo la strada con i loro motorini. “Guarda quella puttanella com’è vestita”, sento dire tra loro.
– Che culo che tieni – urla qualcuno da un motorino. – Ti tromberei e ti inonderei il culo di sborra.
Lo guardo, oddio è solo un ragazzino! Che imbarazzo, ormai sono una prostituta a tutti gli effetti per loto. Finalmente raggiungo la macchina e arrivo in caserma in pochi attimi. Le sentinelle mi lasciano passare. Parcheggio l’auto e entro nell’edificio della mensa. Oggi in cucina sembra esserci solo il capochef. Lo saluto, e lui ricambia senza neanche guardarmi in faccia. Sembra troppo impegnato a cucinare. Però gli chiedo se posso rendermi utile.
– Oggi hai un compito speciale da svolgere – mi dice.
Declutisco, quel tono di voce non mi piace. Forse Marcus e Biggz gli hanno raccontato del giorno precedente, e adesso il capochef vuole anche lui la sua parte. Mi accarezzo le natiche, mi fanno ancora un pò male. Osservo il capo cuoco, non mi sembra arrapato, forsem non vuole me, non vuole provare anche lui il mio corpo. Mi tranquillizzo.
– Un compito speciale? – gli chiedo.
– Sì, è un’ordine che proviene dall’alto. Ti spiegherà tutto il generale Swartz.
– Chi diavolo è?
– Sono io il generale Swartz – risponde una voce alle mie spalle.
Mi giro di scatto verso quella voce. Vedo una sagoma nella penombra della cucina. L’uomo viene avanti, è in alta uniforme, un uomo di mezza età. Divento rossa di vergogna per il modo in cui ho chiesto di chi si trattava. Il generale è arrivato a pochi metri da me, mi fissa, con aria di superiorità. Io invece lo guardo con occhi impauriti. Cosa vorrà da me? Mi gira intorno, quasi per guardarmi meglio. Io resto ferma, non oso muovermi. Poi ecco che parte il primo schiaffo della giornata, il generale mi schiaffeggia il culetto. Dalla mia bocca parte un mugolio di stupore.
– Adesso capisco perchè i miei uomini impazziscono per te – mi dice continuando a girarmi intorno. – In effetti fai venir voglia di scoparti, con questa tua aria da misteriosa e questo culetto che parla da solo. Ieri notte, non hanno fatto altro che parlare di te nelle loro camerate. Così ho deciso che tu sarai il premio dei soldati che si distingueranno durante gli allenamenti.
– Premio? – chiedo. – Con tutto il rispetto, ma crede che io sia una puttana?
– Piccola, non ti sto chiedendo di scoparteli. Ma semplicemente di portare ai più valorosi il caffè nelle camerate.
– Tutto qui? Beh, allora ai suoi ordini.
– Sì, ma non con questo abbigliamento.
Il generale Swartz si mette dietro di me, e con le mani mi porta via il papillon. Poi inizia a sbottonarmi la camicia, lentamente. Lo lascio fare senza oppormi. Capisco che è meglio così. Arriva all’ultimo bottone e mi sfila la camicia. Eccomi, adesso sono con le tette al vento, vestita solo del pantaloncino rosso e le scarpe con i tacchi a spillo. Ma ecco le mani del generale che raggiungono anche i pantaloncini, li sbottona e apre la chiusura lampo, poi abbassa pantaloncini e mutandine. Mette via i miei vestiti. Sono tutta nuda, mi rimane solo l’orologio da polso, il frontino tra i capelli e i tacchi a spillo.
– Sei una venere – mi dice il generale. – Una dea del sesso.
– Grazie signore – rispondo con un filo di voce.
A questo punto arriva in aiuto il capochef, che porge al generale un grembiule bianco da cameriera, che mi viene allacciato dietro al collo e alla schiena.
– Ecco, ora sei pronta.
– Cosa?! Ma sono praticamente nuda.
Il grembiule, davanti mi copre quasi tutto il corpo, ma dietro è come se fossi nuda. Si vede chiaramente il culo, le spalle e le cosce. Che imbarazzo. Ma non posso permettermi di rifiutare un ordine del generale.
– Forza, porta questo alla stanza 365 – il generale mi porge il vassoio con una brocca di caffè e le rispettive tazzine. – Ho grandi progetti per te, piccola. Farai carriera. Ma poi ne parliamo. Ora vai.
Con il dito medio di una mano mi accarezza il buchetto del culo, poi cerca di farlo entrare dentro. Con un sussulto scatto in avanti, e mi incammino verso la mia destinazione. Mi vergogno da morire, perchè per arrivare alle camerate devo percorrere tutto il campo, tra soldati che marciano e altri che sono in cortile a fumar sigarette. Tra chi mi chiede il numero di telefono e chi invece mi chiede se mi va di vedere il proprio uccello riesco a filare dritta per la mia strada, giungendo al prefabbricato delle camerate. Percorsso i corridoi in questo stato imbarazzante. Per fortuna non c’è nessuno. Ma poi mi imbatto in un gruppo di quattro soldati, che mi circondano. Quello dietro di me mi accarezza le spalle, fino a scendere al culetto. Un altro lo aiuta a tenermi le natiche aperte, mentre sento che quello che mi stava accarezzando ha inizianto a penetrarmi il culo con un dito, in maniera frenetica.
– Sei venuta a portarci il caffè? – mi chiede il militare che mi sta davanti.
– Ragazzi, lasciatemi stare. Devo andare alla stanza 365, è un’ordine del generale Swartz.
Nominato quel nome smettono di toccarmi, lasciano il mio culo in pace e sbottano in un’esclamazione di insofferenza.
– Merda! Lo sapevo. Quello della 365 si scopano le puttane, e noi come sempre andiamo avanti a pugnette.
– Swartz dice che quelli della 365 sono più valorosi – dico cercando di togliermeli dalle scatole. Proseguo per la mia strada.
– Più valorosi? – urlò uno dei quattro militari. – Vieni qui e spalanca le cosce che ti faccio vedere io chi è più valoroso.
Arrivo alla famosa stanza 365, senza bussare apro la porta e prima di entrare spio i soldati che stanno dentro. Sono quattro anche loro: uno sta sollevando pesi ed è tutto sudato. Il secondo si sta sparando una sega guardando una fotografia, da lontano riesco a vedere che è una foto di una ragazza magrolina, in costume da bagno, in spiaggia. Il terzo e il quarto stanno facendo una gara di braccio di ferro, seduti a tavolino. Decido di entrare proprio nel momento in cui il secondo soldato sta per sborrare, ansima, grida di piacere, ed ecco i primi fiotti di sperma che raggiungono il pavimento.
– Deve essere proprio una bella ragazza quella lì della foto – dico per rompere il ghiaccio.
Oddio, ora ho gli occchi di tutti puntati addosso. Interrompono tutto ciò che stanno facendo e vengono versi di me, ovviamente con un sussulto di complimenti e di porcherie rivolte a me. Cose che neanche riesco a capire, perchè parlano tutti insieme.
– E allora, chi era la ragazza? – chiedo al soldato che ancora si tiene l’uccello in mano, con il glande sgocciolante.
– è la fidanzata di mio fratello – risponde. – Mi ha mandato una lettera e questa foto per farmi vedere la sua nuova ragazza, è una vera porcella, me l’ha fatto diventare duro duro. Ma anche tu non scherzi.
– Vi ho portato il caffè. Mi manda il generale Swartz.
– Ehi boys, il generale ci ha mandato il caffè. E anche il dolce, guardate qua che bel bignè – dice uno di loro prendendomi per un braccio e facendomi fare un giro su me stessa.
Quando vedono il mio culetto nudo gridano di gioia, e mi fanno anche un applauso. Uno dei soldati prende il mio vassodio e lo va ad appoggiare su un tavolo. Poi ecco che mi circondano, lo sapevo che sarebbe successo. Ora mi avrebbero scopata tutti e quattro. Ma non ne ho molta voglia di farlo, quindi li fermo, metto le mani avanti. Ho quasi paura. Anzi, ho proprio paura di questi quattro militari.
– Ragazzi, calmatevi. Io sono fidanzata, non posso. Non posso davvero, tenete a freno i vostri cazzi.
– Ma noi non vogliamo scoparti – mi dice uno di loro. – Nei giorni di permesso non facciamo altro. Andiamo a farci tutte le puttane. Con te vogliamo solo un pò giocare.
Il soldato che è alle mie spalle mi sfila i lacci del grembiule, e me lo toglie, buttandolo a terra. Ora sono tutta nuda, davanti a quattro energumeni di cui non ho capito le intenzione. E mi toccano e mi accarezzano ovunque. Sento otto mani che mi palpano e che cercano di penetrare ogni mio buco. Poi qualcuno mi prende in braccio, mi portano sul loro divano spazioso, mi allargano le cosce e iniziano a baciarmi ovunque, anche la passera. C’è qualcuno che ha iniziato a leccarmi le tette, e qualcuno che ha preso la mia mano e l’ha portata al proprio cazzo duro come il ferro. Io mi sto lasciando baciare da uno di loro in bocca, la sua lingua calda si contorce contro la mia. La nostra saliva si fonde. Quattro lingue che mi percorrono ogni parte del corpo. E ci provo molto piacere in questo. La bocca di quello che sta attaccato alla mia passera mi sta facendo impazzire: lecca e succhia, e ormai sono coperta dalla loro saliva. Mi sembra di aver perso i sensi, sono quasi una bambola del sesso, leggera e immobile, afflosciata sul divano, con tutte quelle lingue che mi accarezzano ogni parte del corpo. E ancora il solito soldato che mi sta baciando con una passione da vero amante. Ma non è il mio amante, nemmeno loro, sono solo quattro bei maschioni che si vogliono divertire con il mio corpo. Una lingua mi sta percorrendo una coscia intera, a partire dalle caviglie. Un’altra lingua calda mi sta leccando l’ombelico, poi me lo succhia. Urlo di piacere.
– Oddio! Non ho mai provato queste emozioni così forti.
Con un urlo di piacere arriva il mio orgasmo. Sento le lingue allontanarsi da me, sento tutta la loro saliva sul corpo. Rimando sul divano, con le cosce aperte, gli occhi chiusi, sono esausta. Quando riapro gli occhi, trovo i quattro uomini nudi in piedi, con gli arnesi eretti proprio davanti al mio viso.
– Wow! – esclamo, loro scoppiano a ridere.
Uno di loro mi prende per mano e mi aiuta ad alzarmi, mi metto in piedi. Hanno dei flaconi di olio per le armi, con le mani me lo spalmano sul corpo. In qualche attimo la mia pelle è tutta umida, scivolosa e luccicante. E continuano ad accarezzarmi ogni parte del corpo con quell’olio. Mi colpiscono il culetto con qualche schiaffo, e ovviamente mi si arrosso subito.
– Ora abbassati, tocca il pavimento con le dita.
Eseguo i loro ordini e mi metto a novanta gradi. A questo punto capisco che ora vogliono divertirsi con il mio culetto. Me lo penetrano con qualsiasi cosa: una mazza di una scopa, poi è il momento del cazzo di uno di loro, che mi scopa per pochi attimi, poi mi infilano nel culo una bottiglietta di vetro. Urlo di dolore, ma loro si divertono, ridono. Uno di loro mi accarezza la schiena scivolosa, un’altro le cosce, mentre gli altri due cercano oggetti per penetrare il mio buchetto, che man mano si allarga. Un tubetto di deodorante, poi uno spazzolino da denti, poi i loro arnesi duri, uno alla volta. Fino a quando decidono che è arrivato il momento di una bella sborrata. Allora fanno il loro ultimo giro di scopata e poi mi sborrano tutti e quattro insieme sul culo e sulla schiena, spalmandomela per bene su tutto il corpo. Mi rimetto in piedi, ho quasi perso i sensi per il dolore. E mi mettono fuori alla porta senza neanche il grembiule. Ma io sono talmente distrutta che neanche me ne accorgo. Inizio ad incamminarmi, cammino male per il forte dolore che sento al culetto. Mi ci hanno infilato di tutto. Capisco di non avere niente addosso quando sono a metà corridoio. Decido di scappare in cucina. Che vergogna! Tutta nuda, scappo lungo il cortile fino a raggiungere la mensa. Per fortuna non c’erano soldati in cortile. In cucina c’è il capo cuoco, nota la mia distruzione fisica e il mio corpo pieno di sborra e olio.
– Ti hanno scopata come di deve, eh? Bella porcella che non sei altro. Per oggi hai finito, dai torna a casa a riposare.
Speravo che me lo dicesse. Così infilo in fretta e furia i miei vestiti, saluto il capochef e filo alla macchina. Ahi, non riesco neanche a stare seduta. Mi fa un male cane. Ritorno a casa, e finalmente mi infilo nel letto. Il mio corpo puzza della sborra dei soldati, ma non voglio farmi una doccia, sono troppo stanca. Me la farò domattina, prima di ritornare al mio lavoro, quello di puttana della caserma.

In foto: la parte migliore di me, da uno scatto molto recente.
nynfetta@tiscali.it

Rieccomi, sono pronta per ritornare a lavoro. Ma per quanto altro tempo potrò sostenere questo mio ruolo da puttana della caserma? Ho appena finito di fare la doccia, indosso i miei vestiti da lavoro: micro pantaloncini rossi, camicia a mezze maniche bianca, papillon, coroncina tra i capelli e tacchi a spillo. Vado a prendere la macchina, per fortuna questa volta è parcheggiata non lontano come ieri, così mi subisco solo poche provocazioni da parte dei ragazzini che scorazzano sulle moto, che mi urlano “battona”, “zoccola”, “maiala”. Ma è meglio farci l’abitudine. Raggiungo la caserma, le sentinelle mi lasciano passare. Parcheggio l’auto, il cortile è semi-deserto. Raggiungo la mensa, e in cucina c’è tutto il personale al completo: il capo chef e i due cuochi di colore, Biggz e Marcus, che l’altro ieri ho avuto il piacere di conoscerli meglio, lasciandomi trombare da entrambi. Quando si accorgono di me, Marcus e Bissz non indugiano, e vengono da me schiaffeggiandomi il culetto, come di consuetudine ormai.
– Ehi maialina – mi dice Biggz. – Sei pronta per un giro in barca?
– In barca? Ma cosa stai dicendo? – chiedo, e nel mentre i due colleghi hanno iniziato a palparmi cosce e culo. Le loro mani percorrono le mie gambe, che proprio stamattina ho depilato, quindi sono molto lisce e invitanti.
– Sì, ci sono nuovi ordini – dice il capo chef. – Oggi la mensa resta chiusa, perchè i soldati hanno la libera uscita. Voi tre andrete sulla barca del generale Swartz, che avrà degli ospiti, e voi dovete servirgli da bere.
Entrano nella cucina due soldati, il capo chef ci dice che saranno loro a condurci al molo. Marcus e Biggz smettono di toccarmi il culo e seguiamo i due militari, che ci portano ad una macchina di servizio verde. I due soldati si siedono davanti e noi tre dietro, io in mezzo, con le mani dei due cuochi poggiate sulle cosce. Ci mettiamo in movimento, usciamo dalla caserma e prendiamo l’autostrada. Il viaggio sembra abbastanza lungo. Restiamo in silenzio. Ad un certo punto Biggz decide di romperlo quel silenzio, ma forse era meglio che se ne stava zitto.
– Vedrai che ti scoperanno a turno – mi dice. – Che credi che il tuo ruolo sarà solo quello di servire da bere al generale e ai suoi ospiti? Sapete ragazzi – si rivolse ai due soldati. – Daniela qui è davvero una gran porcella. Ed ha anche una passera che fa venir voglia di venirle dentro. Dai, fagliela vedere.
– Cosa?! No, non voglio.
– Dai, non fare la schizzinosa, fagli vedere la passera – mi dice Marcus.
– No ragazzi, non scherzate.
Ma non mi stanno a sentire e con le mani, nonostante cerco di allontanargliele, mi sbottonano i pantaloncini, poi cercano di abbassarmeli. Cerco di fare resistenza, ma loro sono più forti, così me li portano via, insieme alle mutandine. Mi tengono le gambe divaricate, la mia passera ora è completamente nuda, con la mia striscia di peli in verticale. E i due soldati non fanno altro che guardarmi dallo specchietto.
– Guardate qui che passerona – dice Biggz, che con due dita mi tiene aperte le labbra calde della fica. – Non vi viene voglia di succhiarla?
– Basta così, ragazzi – dico liberandomi dalle loro mani che mi tenevano divaricate le cosce. – Non sono la puttana della caserma.
Prendo dalle mani di Marcus i miei pantalocini e le mutandine e mi rivesto in fretta e furia. Intanto arriviamo al molo dove è attraccato la barca del generale Swartz. Una barca grande come un appartamento, ma di quelli di lusso. Bianca, con delle rifiniture d’orate. Bellissima, non c’è che dire. I due soldati ci lasciano a terra e ritornano in caserma. Saliamo uno alla volta sulla barca, lasciando come di consueto le scarpe all’ingresso. Trovo che Biggz e Marcus sono un pò tesi. Forse perchè sanno che qui non potranno permettersi delle maialate nei miei confronti, con il generale d’avanti, sennò rischiano il posto di lavoro. D’ora in avanti il loro atteggiamento sarebbe diventato di sicuro più professionale. Arriviamo sul ponte, dove c’è il generale e i suoi tre ospiti, tra cui una donna sulla quarantina, ma comunque una bella donna. Portano tutti gli occhiali da sole, e le divise estive da militari, quindi shorts e camicie a maniche corte.
– Oh, eccoli i nostri ragazzi – dice il generale Swartz, che come gli altri è seduto su una sedia. Sono tutti seduti a semicerchio, e ci guardano. – Beh, andate a mettervi comodi, nel camerino del personale troverete dei costumi da bagno. Indossateli e vi sentirete più liberi – il generale ha un atteggiamento insolito, quasi servizievole. Inizio a insospettirmi.
Andiamo verso la stanza del personale, quindi entriamo nell’interno della faraonica barca. Il camerino è molto stretto, e c’è molta confusione. Su delle sedioline ci sono i costumi che indosseremo. Mi giro verso i miei due colleghi, che sono già nudi con gli arnesi penzolanti, che sembrano due serpenti. Mi spoglio anche io, prima la camicia, poi il pantaloncino rosso. Siamo tutti e tre nudi, nella stretta cameretta, piccola e stretta. Ma non mi toccano neanche con un dito. Prendono i loro costumi, e nei movimenti i loro arnesi mi sbattono più volte sulle cosce e sul culetto. Poi infilo anche io il mio costume. Oddio, che imbarazzo, il pezzo di sotto è un micro perizoma. Praticamente il mio culetto è coperto solo da un sottile filo di stoffa in verticale. Il costume è tutto nero, e i miei capezzoli sono coperti da due triangoli piccolo, ma non è un problema, in fin dei conti non ho un seno grande.
– Così sei più gnocca che mai – mi dice Biggz sorridendo.
– Finiscila, e andiamo dal generale – usciamo dalla cameretta e ritorniamo sul ponte.
Lì ritorniamo ad essere al centro dell’attenzione, i militari ci guardano. Io sono la più vicina al generale Swartz, che mi accarezza una coscia, poi sale al culo, e me lo colpisce con un leggero schiaffo.
– Ecco i nostri ragazzi – dice. – Potreste iniziare a portarci qualcosa da bere, non credete? Troverete tutto nel frigorifero della cabina dei comandi.
Ci avviamo, come degli schiavetti, e il generale mi colpisce il sedere con un altro schiaffo, ma questa volta più forte. Sento che sta iniziando ad arrossarsi. Mi vergogno da morire con questo costume che mi copre ben poco. Raggiungiamo il frigorifero e subito ci mettiamo a lavoro. Versiamo gli alcolici in alcuni bicchieri di vetro: vodka, rum, gin lemon, il generale si tratta bene, ha proprio tutti gli alcolici. Poi con dei vassoi ritorniamo sul ponte dello yacht e serviamo da bere. Tutto procede in modo normale, voglio dire questo lavoro continua per circa mezz’ora, in cui a parte qualche carezza alle mie cosce e al mio culo, il generale non sembra avere strane intenzioni. Ma poi ci ferma.
– Ragazzi, fermatevi un attimo qui insieme a noi – ci dice con garbo. – State bene? Avete fatto un lavoro ottimo fin’ora, vi meritate qualcosa da bere. Daniela, tu hai sete?
– Non si preoccupi generale Swartz, non mi sembra il caso – con le mani cerco di coprirmi, perchè sono in imbarazzo con tutti quegli occhi addosso.
– Non fare la stupida, te lo sei meritata – poi si rivolge a Biggz e Marcus. – Ragazzi, riempite un bicchiere di sborra alla signorina, che sembra assetata.
– Cosa!? – spalanco occhi e bocca, è assurdo. Forse ho capito male.
– Mettiti comoda, Daniela – mi disse il generale sfilando i lacci del mio costume, che cade a terra in un sol tocco. E in un sol tocco resto completamente nuda agli occhi di tutti. Cerco di coprirmi la mia passera con le mani, ma credo sia inutile. – Siediti, non fare complimenti – il generale mi inedica dove sedermi, su una panca vicino ai bordi dello yacht.
Beh, non posso certo non ubbidire. Vado a sedermi. Oddio, mi guardano tutti. A questo punto cerco di rilassarmi, allargo le cosce, se è questo che vogliono. Il sole mi accarezza il corpo nudo. Biggz e Marcus hanno tirato fuori dai costumi i loro enormi uccelli, e vengono verso di me. Adesso sono proprio davanti a me, in piedi, e si masturbano tenendomi puntate le loro cappelle contro il viso. Sento il loro odore. Marcus ha un bicchiere in mano, probabilmente dove verseranno lo sperma che dovrò bere. Intanto il generale e gli altri militari, compresa la donna, mi guardano con uno strano sorriso. Guardano la scena come guarderebbero un film, molto interessati. Biggz e Marcus cercano di sbrigarsi, infatti ecco che sborrano prima l’uno poi l’altro riversando nel bicchiere tutto il loro seme. Oddio ne hanno riempito metà. E io dovrei berlo tutto?
– Oh! Ecco in arrivo per te un bel bicchiere di caldo nettare. Adesso bevi.
Marcus mi passa il bicchiere, dopo di che si mette in disparte con Biggz e anche loro cominciano a fissarmi. Tengo il bicchiere in mano, il vetro è caldo e quello che c’è dentro puzza da morire. Ma ormai sono coinvolta in questo gioco sadico e non posso rifiutarmi di fare ciò che mi è stato ordinato. Quindi infilo due dita nel bicchiere, affondando le dita nello sperma caldo e raccogliendone un pò, come si fa con la cioccolata. Porto le dita alla bocca, e sento il loro seme sulla mia lingua e sul palato, poi ingoio. Mi disgusta, ma cerco di non metterlo in luce. Poi affondo di nuovo le dita nel caldo seme, portandomelo di nuovo in bocca.
– Ti piace? – mi chiede il generale.
– Sì.
– E sai perchè ti piace? Perchè sei una… avanti, continua tu. Sei una…
Sono un pò titubante. Cosa vuole sentirsi dire?
– Avanti, dillo. Sei una…
– … una maiala – risposi raccogliendo ancora sperma con le dita, e portandolo alla lingua.
– Brava. Ma quel bicchiere non basta. Bisogna riempirne un altro – il generale si abbassa la lampo dei pantaloni e fa venir fuori il suo arnese già duro, e inizia a masturbarsi.
La donna soldato abbassa le zip degli altri due alti militari, prendendo con le mani i loro cazzi, e iniziando una lenta masturbazione. E tutti mi guardano. Quanto altro sperma avrei dovuto ingoiare? Intanto finisco quello di Biggz e Marcus. Le mie labbra carnose sono sporche del loro seme giallino. So che se ne ingoio dell’altro vomiterò di sicuro. Poso il bicchiere vuoto a terra, e rimaniamo qualche attimo a guardarci, io loro e loro me. Ho le cosce aperte, e qualcuno guarda le labbra della mia passera. Poi ecco che il generale eiacula, riversando il suo sperma in un altro bicchiere di vetro, che poi passa alla donna soldato, che fa schizzare la sborra dei due militari nello stesso bicchiere. Ma noto che non sono riusciti a riempirlo come Biggz e Marcus. E hanno sicuramente getti più deboli dei miei due colleghi. Poi la donna passa il bicchiere a Marcus, che lo porta a me. Lo prendo in mano. Anche questo è caldo.
– Beh, ti consiglio di berla con le altre labbra, quelle che hai in mezzo alle cosce. Avanti, spalmala sulla tua passera.
Con delicatezza affondo le mie dita nel bicchiere e raccolgo un buon quantitativo di sperma, e avvicino la mano alla mia passera, iniziando un lento massaggio. Le labbra presto si ricoprono di quel denso seme caldo. Raggiungo il clitoride, e ne spalmo anche lì un pò. Le mie carezze sono lente. Ogni tanto faccio rifornimento di sperma, e poi continuo a massaggiare la mia patata. Anche sulla striscia di peli verticale, che copro del tutto, e i peli diventano appiccicosi.
– Brava, Daniela. Avanti, ripeti cosa sei tu…
– … sono una maiala – rispondo continuando il lento massaggio con il seme caldo.
– E poi?
– Una porcella, una puttana. Un’assatanata, una ninfomane.
– Brava.
La mia passera è completamente ricoperta del loro sperma. Infilo due dita dentro, portandomelo anche all’interno. Lo sento sulle mie pareti interne. Caldo da far schfio. E ne sento la puzza. Ne spalmo dell’altro sul mio pancino, nell’ombelico, e pure sulle mie piccole tette. Poi le ultime gocce me le porto sulla lingua e sulle labbra.
– Brava Daniela. Adesso che ti sei dissetata puoi andare a casa, con i tuoi colleghi.
Sono appena saliti sulla barca i due soldati di prima, quelli che ci avevano accompagnati fin qui. Raggiungono il ponte, e mi guardano in quel modo, completamente nuda e ricoperta di cinque tipi di sperma diverso. Praticamente la mia pelle ne è ricoperta per il cinquanta per cento.
– Ecco, vi accompagneranno loro.
Mi alzo dalla panca, e prima di poter ritornare nella stanza del personale a rivestirmi, il generale mi colpisce il culetto con un altro schiaffo. Ci rivestiamo, ma non ho il tempo di ripulirmi. Voglio filare a casa ad ogni costo. Biggz e Marcus salutano il generale e i suoi ospiti, io invece filo dritta nella macchina di servizio. Partiamo, e i miei due colleghi non fanno altro che stuzzicarmi.
– Sei un’ingorda – mi dice Marcus. – Mamma mia, quanto sperma che hai bevuto. E quanto sperma ti sei riversata sul corpo! Ti è piaciuto, dì la verità.
– Allora hanno ragione a dire che sei una maiala – dice uno dei due soldati che ci stanno portando alla caserma. – Sei la puttana della caserma.
– Ma certo – risponde Biggz. – Anzi, se volete divertirvi un pò, Daniela non abita poi tanto distante dalla caserma. Andate a trovarla quando volete.
– Ve lo scordate che mi faccio scopare da voi – rispondo.
Scoppiano tutti e quattro in una sonora risata. Io invece sono seria. Finalmente arriviamo in caserma, e subito entro nella mia auto, e parto a razzo verso casa. Mi spoglio del tutto, mi guardo allo specchio della mia camera. Guardo la mia pelle, è tutta appiccicosa da far schifo. Poi affondo nel letto, mi distendo a pancia all’aria, e mi sfioro la passera, e anche quella è appiccicosa. Faccio schifo. Avrei bisogno di una doccia, ma per il momento non ne ho voglia. Voglio solo rimanere nuda, sul mio grande letto. Ho l’impressione che quella esperienza singolare mi sia piaciuta, infondo. E domani? Cosa mi faranno?

nynfetta@tiscali.it

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