Skip to main content
Orgia

Numero 85

By 7 Gennaio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Sola a Parigi, la vacanza che aspettavo di fare da sempre.
E’ stato per caso, il secondo giorno, che mi sono trovata sul autobus della linea 85, pieno zeppo di pendolari che tornano dal lavoro in centro, alle abitazioni in periferia.
La maggior parte sono di colore, ma ci sono persone di tutte le razze, i ceti sociali e le religioni, Parigi &egrave cosmopolita.
Mi ritrovo completamente circondata da uomini, sento qualcuno che mi si struscia sulle natiche, &egrave la naturale conseguenza all’utilizzo dei servizi pubblici nell’ora di punta, non me né curo ed ignoro la persona che ho incollata alle terga.
Altra gente sale e mio malgrado mi trovo sempre più appiccicata all’uomo dietro di me, l’autobus riparte e gli scossoni ci fanno strusciare con maggior vigore, il tessuto leggero della minigonna a balze che indosso, non cela l’eccitazione che il signore sta provando per il prolungato contatto, forse all’inizio involontario, ma adesso l’uomo si sistema, modifica la propria posizione ed io, avverto il turgore del bozzo, nel solco delle natiche.
La situazione sta diventando spudorata, cerco di muovermi in avanti, ma siamo in una scatola di sardine, decido allora di cambiare tattica, mi giro e guardo l’uomo duramente, lui mi risponde con un sorriso a metà fra il cortese ed il costernato, forse &egrave successo veramente per caso, o forse &egrave dispiaciuto perché pensava di aver trovato qualcuno compiacente.
Però &egrave carino, molto carino, ha due occhi nocciola chiaro che sono tutto un programma, &egrave alto e sembra anche ben messo, oltre che come dotazione, anche fisicamente.
Mentre mi volto cambio lo sguardo, passo dall’indignato al consapevole della situazione che ha portato all’appoggio.
Il nero però non si muove, continua a tenere l’asta dura ben parcheggiata fra le mie natiche ed io non posso avanzare nemmeno di un millimetro.
L’autobus fa un’altra fermata, due persone davanti a me scendono ed io posso respirare un pochino, mi sposto in avanti e mi godo lo spiffero di aria fresca che entra dalla porta aperta.
La nuova condizione dura però pochissimo, sale più gente di quanta ne sia scesa e adesso ho una mano contro la natica sinistra, mi volto di nuovo a guardare l’uomo, mi sorride di nuovo, questa volta il suo sorriso &egrave malizioso, sembra anche più alto, quindi prima, per appoggiarmelo fra le natiche, si era abbassato sulle gambe.
Il mio sguardo questa volta &egrave neutro, sono accaldata e non solo perché mi sento pressata fra tutta quella gente, la spudoratezza dell’uomo mi ha eccitata, mi volto di nuovo in avanti e lascio fare.
La mano mi accarezza gentilmente per qualche minuto, poi palpa decisa, quindi torna ad accarezzare, adesso mi sento decisamente eccitata.
La sento spostarsi in basso, fino all’orlo della gonna, le dita mi accarezzano in punta la pelle nuda del retro coscia, risalgono sotto il leggero tessuto della gonna, carezzano con moto circolare la natica, cercano l’elastico delle slip che non indosso e convergono verso il filo del perizoma, ben piantato nel solco.
Adesso il dito diventa uno solo, percorre il solco delle natiche, dalla metà giù verso il basso, sento la punta che mi carezza l’ano, protetto dal sottilissimo lembo di stoffa, scende e lo supera, mi preme sul perineo ed avverte la mia umida eccitazione, armeggia con il filo del perizoma, lo sposta e si insinua fra le grandi labbra.
Mi sfugge un sospiro di piacere che incoraggia l’uomo, il dito si fa più intraprendente, percorre la fessura fino al clitoride e lo preme deciso, inarco la schiena per porgermi meglio all’uomo, mi attacco con entrambe le mani alla maniglia per sorreggersi e spingo il bacino ancora più indietro.
Adesso mi sto offrendo oscenamente al dito esploratore del nero, la mia eccitazione aumenta a dismisura, mi sto facendo masturbare da uno sconosciuto dentro ad un autobus gremito, ho le gote in fiamme e non solo per il caldo, mentre fra le cosce ho un lago.
Il dito del nero si muove con esperienza, mi sta facendo impazzire, mi devo mordere le labbra per non urlare.
Sento un secondo dito che mi scosta il perizoma, si insinua e mi allarga ancora di più la fessura, mi massaggia all’altezza delle piccole labbra ed entra deciso nella vagina.
Mi scappa un gemito che &egrave quasi un gridolino di piacere, il nero muove la mano con velocità e destrezza, mi porta subito al limite, vorrei che mi toccasse anche le tette, ho i capezzoli che sembrano voler bucare il top attillato che indosso.
La voce registrata annuncia l’imminenza della prossima fermata, ma io non capisco quello che dice, sono partita completamente per la tangente, devo usare una mano per tapparmi la bocca, mentre il mio corpo si contrae in preda ad un intenso orgasmo.
L’uomo finalmente toglie la mano ed io ricompongo la mia postura, ho le gote in fiamme, mi sento paonazza tanto sono rossa, mi giro attorno e vedo che nessuno si &egrave accorto di nulla, o al limite non ci hanno proprio calcolato.
Guardo negli occhi il nero carino che mi ha appena fatto impazzire, gli rivolgo uno sguardo da pesce lesso, lui lo ricambia, ma nei sui occhi si legge la malizia e la voglia di spingersi oltre.
Alza la mano con la quale mi ha appena masturbata e la annusa, mi guarda intensamente mentre si lecca le dita e si gusta i miei umori, il sapore del mio piacere.
La prossima &egrave la mia fermata, sono ancora tutta scossa, il perizoma &egrave fradicio, l’orgasmo non ha spento tutto il fuoco che mi brucia in grembo, ma devo scendere, non vorrei perdermi nella periferia di Parigi.
Chiedo permesso e mi avvicino all’uscita, mi volto solo un istante per sorridere allo sconosciuto, lui ammicca con l’occhiolino, prima che la gente si richiuda alle mie spalle e sparisca dalla mia vista.
La porta si spalanca ed io scendo.
Il pensiero di quanto accaduto poco prima mi martella il cervello, ho trovato la cosa eccezionalmente eccitante e divertente, l’orgasmo che ho provato &egrave stato fenomenale, la paura di essere scoperta mi ha fatto eccitare a dismisura.
Mi allontano dalla fermata dell’autobus sorridente ed appagata, con un pensiero in testa:
‘Domani ci riprovo!’.
Il giorno seguente lo passo in giro per i grandi magazzini di Parigi. Cerco di trovare qualcosa da acquistare, ma la mia mente &egrave distratta, continuo a ripensare a quanto accaduto sull’autobus il giorno prima.
Guardo l’orologio e mi accorgo che l’ora &egrave quella giusta, scatto fuori dal magazzino, battendo sul tempo un gruppo di turisti tedeschi alla porta girevole e mi fiondo verso la fermata dell’autobus. Leggo il cartello per appurare se questa &egrave una fermata della linea 85, dentro di me c’&egrave la segreta speranza di incontrare ancora il tipo di ieri e, magari, replicare la bella esperienza.
Purtroppo fra le linee che fermano li, non leggo il numerino magico, eppure ieri ero nei paraggi, mi incammino verso l’incrocio più vicino, il mio senso dell’orientamento e prossimo allo zero, non so assolutamente dove sto andando, so solo che devo trovare la fermata del 85.
Per due ottimi motivi, il primo &egrave l’eventuale presenza del piacevole nero, il secondo &egrave che non conosco altre linee che mi porterebbero davanti all’ingresso del mio hotel.
All’incrocio svolto l’angolo e trovo un’altra fermata, mi avvicino e leggo, il cuore mi sussulta in petto, urrà, la linea 85 ferma qui.
Mi mescolo in mezzo alle numerose persone ed attendo il mio autobus, quando arriva salgo fra le spallate della gente e mi faccio spazio a fatica all’interno, ma alla fine riesco a raggiungere un buon posto nel centro della vettura.
Mi guardo attorno nella calura che solo un autobus gremito a luglio può far provare, mi sento una sardina sott’olio, ma finalmente comincia a farsi sentire l’aria climatizzata dell’autobus, sebbene non sorta nessun effetto refrigerante, fortuna che sono vestita leggera.
Arrivo nel punto dove il giorno prima sono stata masturbata dal mio amico sconosciuto, ci sono altre persone oggi, le raggiungo a fatica e mi giro di spalle verso la porta d’uscita.
Non ci vuole molto prima che si faccia viva una mano morta, chissà perché la chiameranno ‘mano morta’, a me questa sembra dotata di una straordinaria vitalità, mi palpa con fermezza la natica sinistra, beandosi per il leggero tessuto della mia minigonna a balze, quella del giorno prima, ‘squadra che vince non si cambia!’.
Non oppongo nessuna resistenza, non mi giro nemmeno, questa volta non voglio sapere chi mi sta toccando, lascio fare e spero tanto che il risultato sia quello del giorno precedente.
La mano del uomo si fa subito intraprendente, punta decisa a spostarmi la gonna, mi accarezza la pelle, immagino lo stupore dello sconosciuto mentre sta appurando che oggi, non indosso le mutandine.
La mia nudità lo eccita, avverto il suo stato dal tocco dei polpastrelli, la mano diventa frenetica, mi tocca con foga, mi accarezza, si insinua fra le labbra, tocca la mia eccitazione, mi masturba, io porgo le terga al dito che mi esplora a fondo la vagina.
Godo come una pazza in silenzio, mi mordo le labbra, questa esperienza &egrave fantastica, incredibile quanto piacere provo, ad essere masturbata in mezzo alla gente da uno sconosciuto.
Mi do uno sguardo attorno, di fianco a me un bel mulatto mi guarda con desiderio, &egrave seduto su un sedile singolo, penso che sia lui a darmi piacere, ma ha la mano sinistra appoggiata sulla valigetta che tiene in grembo sulle gambe piegate, la destra vi sparisce sotto, la vedo muoversi impercettibilmente, si sta toccando mentre mi osserva farmi masturbare.
Mi eccito ancora di più, mi sento incredibilmente troia ed esibizionista, rivolgo all’uomo uno sguardo pieno di malizia, prima di trasformarlo in quello ben collaudato da gattina in calore, la mano destra dell’uomo appare di nuovo alla mia vista, stringe la mia e mi tira verso di se.
La sua intenzione &egrave quella di farmi sedere sul suo grembo, lo assecondo, mentre calo le mie terga verso di lui sposto la minigonna, voglio impiastricciargli la bella ventiquattrore di pelle con la mia eccitazione, ma quando sono molto vicina la valigetta si sposta e scende sul pavimento fra le sue gambe.
Qualcosa di morbido e caldo mi tocca le grandi labbra, qualche millimetro dopo ne avverto la durezza che preme il clitoride ed il calore che irradia, mi abbasso spostandomi leggermente in avanti ed instrado con un colpo di reni il glande sulla giusta strada, quando tocca le piccole labbra scendo di colpo.
L’operazione riesce alla prima, &egrave la prima volta che un pene mi penetra, in una posizione difficile come questa, senza essere guidato con la mano, forse il merito e della mia grande eccitazione che mi ha fatto secernere umori in quantità industriale.
Lo sconosciuto ha un bel cazzo, sicuramente &egrave bello largo, mi sento slabbrare e riempire bene, sono infilzata fino all’utero, anzi di più, la situazione che sto vivendo me lo fa sentire direttamente nel cervello, perdo il fiato nella manciata di secondi che impiego a prenderlo tutto, fino ad appoggiarmi sulla stoffa dei suoi pantaloni.
Ancora in apnea sistemo la minigonna a balze attorno alle gambe del uomo, in modo che nessuno veda niente, poi finalmente riesco ad inalare aria ed a sbuffarla fuori, trattenendo a stento il gemito di piacere che faccio morire in gola.
Mi guardo attorno, mi sento il viso in fiamme, ma nessuno ci sta guardando, sembra che nessuno si sia accorto di niente, del resto come potrebbero, tutta l’operazione sarà durata al massimo qualche secondo, siamo immobili e la mia gonna cela quanto sta avvenendo sotto.
L’uomo comincia a contrarre il muscolo ed a farlo pulsare, ogni pulsazione preme sulle mie pareti vaginali e mi fa godere, io rispondo contraendo i muscoli della vagina e premo in contemporanea alle pulsazioni, secerno umori in quantità industriale e godo di brutto, vorrei saltellarci sopra e sfogare subito il mio bisogno di orgasmo, ma non posso e quindi mi trattengo.
Nessuno ci sta calcolando, eppure io immagino su di me lo sguardo di tutti i passeggeri, ho la faccia paonazza, sembra che nessuno se ne sia accorto, malgrado l’odore di sesso che ci aleggia intorno, sudore ed umori vaginali, ma forse lo sento solo io.
Mi sono dimenticata del tipo che mi stava masturbando, lui sa quello che sta succedendo ed infatti, ecco un uomo che guadagna posizione, spostandosi nello spazio che ho liberato io quando mi sono accomodata.
Lui &egrave bianco, sulla quarantina, brizzolato, sembra nel complesso affascinante, non uno di quelli che attirerebbero subito lo sguardo, ma carino.
Si piazza con il pacco davanti alla mia faccia, con una mano si regge alla maniglia, mi avvicina al naso il medio dell’altra, annuso il mio odore, lo ha fatto per farmi capire chi &egrave, poi la mano scende e mi pizzica un capezzolo con discrezione.
Vorrei aprire la patta dei leggeri pantaloni in fresco di lana che costringono il grosso bozzo davanti al mio viso, tirarlo fuori e succhiarlo, ma sarebbe forse troppo sfacciato da fare e sicuramente questo non passerebbe inosservato, faccio finta di niente e mi ci accarezzo una guancia sopra.
Adesso si che mi sento veramente troia, completamente in balia di due sconosciuti che mi si stanno facendo su un autobus di linea, pieno zeppo di pendolari, con un cazzo che mi infilza come un pollo allo spiedo ed una mano che mi martoria i capezzoli.
Gli scossoni dell’autobus mi fanno saltellare sul membro, sto godendo come una matta e vengo mordendomi il labbro, infilzo le unghie nelle ginocchia del nero che mi fotte e contraggo con forza i muscoli della vagina, un orgasmo incredibile, se lo avessi provato in un luogo un po’ più discreto avrei sicuramente urlato a squarciagola tutto il mio piacere.
Ci metto qualche secondo a riprendermi, la voce meccanica annuncia la fermata prima della mia, ho giusto il tempo di scendere dalla divertente giostra su cui sono seduta, lo dico all’uomo dalla valigetta e mi sollevo con lentezza, per dargli il tempo di coprirsi e risistemarsi, sento il grosso membro che si sfila lasciando un vuoto incolmabile nella mia figa.
Nel mettermi in piedi struscio di nuovo impercettibilmente il viso sul pacco del uomo davanti e, quando finalmente mi ritrovo eretta, gli do una palpata discreta per saggiarne la consistenza.
Mi incammino raggiante verso la porta dell’autobus, ma questa volta non sono sola, i due mi seguono come la coda di una cometa.
L’autobus si ferma e scendiamo assieme.
Il bianco &egrave il primo ad avvicinarsi, mi porge la mano e si presenta: ‘Bon jour’ Marcel!’.
‘Bon jour’ Ilaria!’, rispondo, lasciandomi stringere la mano e sorridendo.
L’altro sembra un po’ più timido, sicuramente &egrave più giovane del bianco, tentenna qualche secondo, ma alla fine rompe gli indugi e si avvicina, ‘Bon jour’ Jean!’.
Spiego ai miei amici che sono a Parigi in vacanza, parlo abbastanza bene francese, anche se spesso mi devo interrompere e ripetere qualcosa, le lingue imparate a scuola non sono mai come quelle parlate e, oltre tutto, credo che la mia pronuncia non sia tanto buona.
Marcel ci dice che abita vicino, a due passi da li, mentre Jean &egrave lontano, sei fermate prima della sua, il bianco ci invita a casa sua e noi accettiamo, anche se io ho un po’ di paura, non per essere in procinto di mettermi nelle mani di due sconosciuti che vogliono sbattermi, quando sono eccitata, stupidamente non penso mai a quel tipo di conseguenze, la mia paura &egrave quella di perdermi.
Marcel mi propone di accompagnarmi dopo e questo mi basta, mi incammino con loro, Jean mi prende a braccetto e l’altro fa strada.
Arriviamo davanti all’ingresso di un enorme palazzo, entriamo e prendiamo l’ascensore fino al decimo piano, entriamo nel mini appartamento di Marcel, soggiorno con angolo cottura, una camera ed un bagno, dalla finestra una splendida vista di Mont-Matre e del Sacro Cuore.
Pensavo che i due mi sarebbero subito saltati addosso, invece esitano, sono molto meno spavaldi di prima, sembrano un po’ timidi, forse per loro &egrave la prima volta che si trovano in una situazione del genere.
Il padrone di casa ci chiede se vogliamo qualcosa da bere, io declino l’invito e Jean fa lo stesso, ci invita ad accomodarci e, quasi mangiandosi le parole, mi invita a mettermi comoda, ho già capito che devo essere io a prendere in mano la situazione ed iniziare il gioco.
Sono eccitata a dismisura, mi sudano un po’ le mani per il nervosismo, forse sono l’unica che non &egrave alla prima orgia, ma non ho mai dovuto essere io a prendere in mano il pallino del gioco, effettivamente &egrave abbastanza inconsueto per me.
Capisco che i due hanno bisogno di incoraggiamento e che, una volta partiti, poi tutto tornerà alla normalità, vado verso il piccolo divano a due posti ed appoggio la borsetta sul tavolino da fumo, sfilo il top aderente e lo appoggio sulla borsetta, rimango con le tette al vento e faccio sussultare i due uomini.
Tolgo anche la minigonna e la getto sopra al top, adesso sono completamente nuda, a parte le scarpe, mi inginocchio sul divano ed allargo leggermente le gambe, mi accarezzo i seni e con la destra scendo a carezzarmi la fessura fradicia.
Muovo i fianchi sinuosamente e mi accarezzo le labbra con la lingua, cerco di essere il più sexy ed invitante possibile, a quanto pare mi riesce bene.
I due hanno un impeto immediato, Jean appoggia a terra la valigetta e si toglie la giacca, si sbottona frenetico i pantaloni seguito da Marcel, in tre secondi appaiono due bei cazzi davanti al mio sguardo da troia.
Stranamente il cazzo più lungo &egrave quello bianco, quello nero &egrave più largo, non me ne curo, l’importante &egrave che sono belli duri ed io nel mio intimo spero che durino anche, vorrei che mi soddisfino ben bene.
Si avvicinano al mio viso, imbocco prima il nero e lo succhio con foga, il gusto dei miei umori mi piace da morire, lo gusto bene fino a quando sa solo di saliva, quindi mi alterno sul bianco, i due mi mettono le mani in testa e si contendono la mia bocca, mi palpano le tette con forza, avevo ragione, bastava iniziare e tutto sarebbe tornato alla consuetudine.
Concentro la mia attenzione su Marcel e Jean si inginocchia a leccarmi, mi apre con forza le labbra, mi lecca e mi penetra con le dita, sono già partita per la tangente, godo da morire, sto per arrivare al culmine quando Marcel mi mette in piedi con irruenza, mi gira con forza e mi spinge la testa verso il basso, mi penetra da dietro con foga e mi scopa con forti colpi.
Il cazzo di Marcel finisce, in pochi secondi, quello che aveva cominciato la lingua di Jean, urlo il mio piacere sulla cappella del nero che, nel frattempo, me lo ha infilato in gola, mentre il bianco da qualche altro profondo colpo e mi eiacula sulla schiena.
Sono alla seconda ma non mi sento affatto stanca, almeno non ancora, Jean mi tira verso di se, mi metto cavalcioni sul suo grembo e mi impalo con la sua verga, Marcel si affanna subito a pulirmi la schiena con un kleenex, per evitare che il suo sperma coli a sporcargli il divano.
Il cazzo di Jean dentro di me &egrave una scarica elettrica continua, sono appena venuta e sembra che stia prolungandomi il piacere all’infinito, il bianco intanto mi gira la testa e mi infila il cazzo quasi moscio e impiastricciato in bocca, lo succhio gustandomi ancora i miei umori, mentre saltello veloce sul nero.
Marcel riprende vigore quasi immediatamente, mentre Jean &egrave al limite della resistenza.
Mi alzo di scatto e porgo le terga di nuovo all’altro, finisco il nero di mano e di bocca, il primo schizzo esce con forza dal glande rosa e gli si stampa sul petto, gli altri me li prendo in bocca ed ingoio tutto, mentre Marcel ricomincia a stantufarmi la figa e continua ad estendere l’infinito orgasmo che sto provando.
Quando anche lui giunge all’acme, mi gira e mi mette in ginocchio, schizza indirizzando il getto nella mia bocca spalancata, con la lingua di fuori ad attendere, io ingoio di nuovo, alla fine lo ripulisco con la bocca e lecco dal petto di Jean il residuo che non avevo fatto in tempo a ripulire.
Finalmente l’infinito orgasmo che mi hanno fatto provare sta scemando ed io mi sento abbastanza esausta, Jean guarda l’orologio e si riveste di corsa, ci dice che &egrave molto tardi e scappa dall’appartamento di Marcel, porgendoci un rapido saluto ed un sentito ringraziamento.
Rimango sola con il bianco e gli chiedo se posso usare il bagno, mi risponde che se voglio posso farmi anche la doccia, inizialmente declino l’invito, ma poi mi ricordo che i francesi non hanno il bidet, quindi accetto.
Una doccia fresca &egrave quello che mi ci vuole, quando esco dal bagno Marcel ha preparato un veloce spuntino, ci rifocilliamo e chiacchieriamo, dopo il caffé ci rivestiamo e chiedo al mio ospite di accompagnarmi, lui mantiene la promessa e ci incamminiamo verso il mio albergo, ci scambiamo i numeri di telefono e ci salutiamo con tre baci, alla francese.
Entro in hotel contenta, la vacanza sta diventando ancora più bella del previsto, mi sono fatta un nuovo amico ed ho ancora quasi tutto il pomeriggio per andare a visitare il Sacro Cuore.

Leave a Reply