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Orgia

Rugby che passione

By 1 Febbraio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Premessa: Ero immersa nella vasca da bagno quando ho deciso di scrivere questo racconto, l’acqua calda alleviava l’indolenzimento che provavo su tutto il corpo.
L’ho deciso perché ho pensato che fosse giusto rendere un po’ del piacere che da mesi mi fa provare questo sito.
Perciò questo racconto è dedicato a voi, scrittori di Iomilù.
A Morpheus & Chiara018, che non me la raccontano mica giusta, a Levitra che anche se scrive tanto è sempre interessante, a Ramona di fronte alla quale mi sento una santarellina, A Greco di tufo, che mi tiene sulle spine col suo racconto incompleto…. E a tutti quelli che sto tralasciando per brevità.

Descrizione: Mi descrivo qui perché mi sono accorta di non averlo fatto nel racconto… scusate.
28 anni, Giornalista. 1,74.cm. Capelli neri, ricci, corti. Gambe lunghe e culo sodo (Non certo per dono di Madre natura, mi faccio il mazzo 6 ore la settimana in palestra) muscolatura tonica, seno… lasciamo perdere, quando distribuivano le tette devo essermi distratta perché ho racimolato solo una seconda scarsa (ingiustizia che conto di rettificare prossimamente, appena avrò il tempo per sopportare il dolore e la degenza.) Sono bella, anche se ancora una volta la natura è stata aiutata. Avevo una gobba sul naso, che era anche piuttosto grosso, e così non ero gettonatissima da ragazzina, da ragazza ho sopperito alla mancanza diventando incredibilmente porca e, a diciotto anni e un giorno, il chirurgo mi ha armonizzato il naso con i lineamenti, facendomi venire fuori deliziosa come avevo sempre desiderato essere. E’ rimasto quel mio modo d’essere che adesso è anche molto più facile da soddisfare. :)

Il fatto: Ciò che voglio raccontarvi è quello che ho fatto oggi. So che cominciare a raccontarsi partendo dalla fine non è il massimo, ma è questo l’episodio che fremo di condividere con voi, magari poi in futuro potrò raccontare altro di me (e c’e n’è, fidatevi.)
Morivo dalla voglia di realizzare una fantasia e cioè quella di trovarsi dentro un ammucchiata, sola donna in mezzo ad una dozzina di maschi arrapati.
Non è facile come possa sembrare, se non intendete, come me, organizzare una squallida Gang Bang. In effetti volevo provocare e soddisfare un gruppo di ragazzi non consapevoli sin dall’inizio delle mie intenzioni.
L’unica cosa che mi veniva in mente era uno spogliatoio.
Il problema è che reputo i calciatori una forma di vita di poco più evoluta dei topi. (Se ci sono Calciatori a leggere, mandatemi pure una Mail, vi spiego cosa vuol dire “Evoluta”.)
Essendo in buoni rapporti col mio collega della cronaca sportiva. (Buoni rapporti nel senso che me lo scopo. Per cui ottimi rapporti per lui, sufficienti e raramente discreti per me.) Ho saputo che la squadra locale di Rugby stava per vincere il campionato. Farmi portare con lui sotto la protezione del Pass della stampa mi è costato solo un paio di pompini.
Quando sono stata lì, e ho visto 30 ragazzi, belli (gran parte almeno) muscolosissimi e per di più ammucchiati, ho deciso che sarei stata il loro inatteso premio scudetto.
Questa mattina i ragazzi hanno giocato e vinto la partita decisiva. A cinque minuti dalla fine del secondo tempo io ero imboscata negli spogliatoi e mi ero cambiata.
La mia mise era: Baby Doll Nero, calze a rete e stivaletti neri con tacco alto, polsini, orecchie da coniglietta e codino bianco, si esatto, ero vestita da Playmate.
Quando ho sentito un frastuono infernale negli spogliatoi ho capito che i ragazzi erano entrati festeggiando.
Sentivo urla e festeggiamenti ed aspettavo paziente, ero nascosta nelle docce.
Quando il frastuono si è calmato ho ipotizzato che avessero cominciato a spogliarsi. Mi sentivo già un lago, uscire allo scoperto vestita com’ero avrebbe di sicuro provocato una reazione e io non vedevo l’ora di conoscerla. Nello spogliatoio in cui stavo stava più o meno metà squadra, perciò undici maschioni, pieni di testosterone e adrenalina per la partita, eccitati dalla vittoria, sudati come dei lottatori.
Ho fatto un respiro profondo e sono uscita allo scoperto, un passo dopo l’altro, un ticchettio di tacchi dopo l’altro, sculettando come una puttana.
Silenzio.
Tutti i ragazzi sono ammutoliti all’istante, fissandomi. Alcuni con la bocca spalancata, altri col sorriso sulle labbra, sono rimasti tutti immobili a guardarmi. Come speravo la porta dello spogliatoio era chiusa.
Io: Allora ragazzi, avete disputato un campionato strepitoso e ho pensato che meritaste un piccolo premio!
A quel punto si sono scatenati, sono partite urla, fischi e apprezzamenti di ogni genere.
Di sicuro li avevo sorpresi ma si stavano riprendendo in fretta, chi si affrettava a prendere il telefonino per scattarmi un paio di foto, chi finiva di togliersi la casacca per poi sedersi a guardarmi, erano tutti mezzi nudi e io mi godevo tutti quei bicipiti, quei pettorali immensi. Sentivo che stavo per perdere il controllo, ancora un minuto e mi sarei gettata ai loro piedi, supplicandoli di scoparmi.
Io: So che vi danno appena uno striminzito scudetto ma secondo me ci vorrebbe una coppa, anzi un paio di coppe. So che non sono un gran che, ma se vi accontentate…
E dicendo questo ho fatto scendere le coppette del Baby Doll, mostrando a quei ragazzi adesso arrapati le mie tettine.
Una nuova gragnuola di fischi e di applausi, seguiti da apprezzamenti via via più espliciti.
Uno di loro: Che figa sei?
Un altro: Cazzo ragazzi, questa me lo fa indurire per bene!
Un altro ancora: Hei fata, ma chi sei?
Io, camminando in cerchio, passandoli in rassegna: Diciamo che sono una specie di genio della lampada. Sono qui per esaudire tre desideri. Chi è il capitano?
Il Capitano, alzandosi: Sono io!
Il Capitano era un ragazzone di oltre cento chili, distribuiti in un metro e ottanta scarso me, vi giuro, senza un filo di grasso. Il volto squadrato, occhi scuri e capelli biondi cortissimi.
Io: Forza allora, Capitano, chiedi quello che vuoi.
Tutti gli altri si stavano sporgendo in avanti per vedere meglio e per sentire.
Il Capitano: Posso chiedere quello che voglio? Proprio tutto?
Le sua risata è stata imitata da i suoi compagni, che evidentemente non pensavano che facessi sul serio.
Io, prendendo una sua mano e piazzandomela sul seno, causando di nuovo silenzio assoluto: Perché non provi?
Il Capitano: Voglio che mi fai un pompino.
Io, facendo una lenta giravolta per farmi vedere da tutti gli altri: Uh Uh, le cose sono due, o il Capitano non ha capito il giochino o è molto egoista, ragazzi.
Detto questo mi sono abbassata, non in ginocchio ma accovacciandomi sui tacchi, scomoda ma estremamente eccitante come posizione. Ho messo subito una mano sul cavallo dei pantaloni del Capitano, accarezzandolo lentamente e ho sorriso ad uno dei giocatori che correva a chiudere la porta a chiave.
Uno di loro: Cazzo, non ci credo.
Un altro: Nicola (il Capitano) sei un coglione, dovevi dirle di farlo a tutti!
Al che sono seguiti vari insulti al Capitano, mentre io gli avevo già calato i calzoncini e gli slip.
Per essere il primo che vedevo ero decisamente soddisfatta, il ragazzo era dotato di un arnese niente male e già quasi eretto. Anche se odorava di sudore l’ho imboccato subito, facendolo diventare in un istante duro come piace a me.
Nel frattempo gli altri si erano avvicinati e alcuni di loro scattavano foto.
Avevo dieci paia di occhi bramosi addosso e un cazzo meraviglioso da succhiare, non ho resistito ed ho scostato lo slip, cominciando a masturbarmi oscenamente, mentre succhiavo metà del cazzo del capitano, muovendo la mano sulla restante metà.
Non so come mai ma nessuno di loro ha pensato di fregarsene del gioco dei desideri e di fottermi a dovere ma fattosta che mi hanno lasciato finire il pompino.
Con maestria mi dedicavo al ragazzo, mettendomi a favore di foto, lappando l’enorme cappella con sguardo da porca, ogni volta che si avvicinava un fotografo improvvisato.
Quando il Capitano ha cominciato a grugnire ho ficcato tutto il suo considerevole pisellone giù per la gola, per farlo venire senza sporcare, era ancora troppo presto per farmi riempire di sborra.
Finito con lui mi sono rialzata raggiante ed eccitata come mai, ho guardato il più vicino dei giocatori e ho detto: Allora, il secondo desiderio?
Quello: Voglio che fai tutto quello che vogliamo noi, che ci fai godere tutti.
Sorridendo faccio un altra rassegna dei ragazzi e dico: OH Questo sì che è un desiderio.
Da li in poi è stato incredibile.
Mi hanno circondata ed avevo mani dappertutto.
Prima ancora che mi rimettessero in accosciata ero stretta tra quatto di loro, quello dietro mi reggeva tenendomi per le tette, uno mi masturbava e un altro mi palpava il culo, il quarto era il capitano che aveva voluto baciarmi con la lingua, assaggiando il suo sapore.
Poco dopo ero a pecorina, con davanti al viso tre cazzi di diverse dimensioni e consistenza e dietro di me uno che aveva capito perfettamente come volevo essere trattata, dopo appena cinque o sei secondi di preparazione e una sputatina, il bastardo aveva spinto il suo attrezzo su per il mio sedere, non certo virgineo, ma pur sempre non lubrificato.
Io: Heeeiiiii, Piaaaaano!
Lui: Zitta! non vedi che hai un sacco di lavoro?
In effetti avevo da fare e il mio culetto si stava già abituando all’intrusione. Mentre quello prendeva a scoparmi con foga la mia boccuccia si dedicava ai compagni.
Un quarto d’ora, venti minuti al massimo, ed ero presa in doppia penetrazione, mentre altri si alternavano a farsi succhiare.
Godevo a ripetizione, mugolando dato che non avevo mai la bocca libera. Nel frattempo la porta era stata aperta, uno era uscito e otto erano rientrati.
Mano a mano che venivano dentro, fuori ed addosso a me, sentivo anche le docce andare, ormai ero un accessorio dello spogliatoio e loro mi usavano a piacimento, continuavo a godere come mai prima di allora. Ognuno di loro era perfettamente in grado di sollevarmi di peso e sbattermi come una bambola, senza che io dovessi fare altro che godere.
Cominciavo a sentirmi spaccata ed avevo figa e ano talmente stimolati che ad ogni colpo erano contrazioni di piacere fortissime e da li ad arrivare al dolore non c’è passato moltissimo.
Come una bambola gonfiabile ormai non facevo altro che tenere la bocca aperta, e figa e culo rilassati, al resto pensavano loro, passandosi il mio corpo da un gruppetto all’altro, non avevo mai meno di due di loro dentro, quasi sempre tre e, ad un certo punto, quattro. Per fortuna era stata la bocca il buco scelto per prenderne due.
Ad un certo punto ero coperta di sborra e quasi esanime
Uno di loro: Dio che pasticcio, fai schifo. Aspetta, ci penso io.
Mi ha sollevata di peso e sbattuta sotto la doccia. Mani rudi avevano strappato i pochi vestiti che ancora indossavo e mentre io mi reggevo alle piastrelle, sporgendo indietro i fianchi, a turno loro mi scopavano a piacimento, in figa o in culo, senza fare troppe cerimonie.
A quel punto, confesso, ero pentita della mia sfrontatezza. Ok avevo goduto come desideravo, ma l’ultima ora era stata parecchio complicata.
Dopo non so più quanto tempo, uno di loro: Che cazzo, ma perché devo sempre essere l’ultimo a sapere le cose?
La parola “Ultimo” aveva catturato la mia attenzione e, mentre quello affondava senza fatica il cazzo nel mio intestino, avevo notato che ormai i rumori erano quasi nulli nello spogliatoio.
Mentre l’ultimo veniva con un gemito, da una delle docce una voce: Hei Giò (L’ultimo) Portala qua la troia, che ho ancora un colpo da sparare!
Così Giò, obbediente, mi ha condotta sotto un’altra doccia, dove uno di loro si stava lavando, era il Capitano.
Mi ha presa e reggendomi con le mani sotto al culo ha preso a scoparmi, velocemente.
Ormai ero quasi priva di sensi e solo il getto d’acqua sul viso mi teneva sveglia.
Il Capitano era durato un bel po ma per me non faceva più molta differenza.
Mentre veniva, la sua bocca vicino al mio orecchio sussurrava: Terzo desiderio, genietto, voglio che diventi la nostra puttana da oggi in poi.
Hai capito il Capitano, non era poi così coglione.
Con l’ultimo lumicino di forza ho afferrato il cellulare dalla borsa e ho inviato un sms al mio collega, pregandolo di venirmi a raccattare e così mi sono trovata nella sua vasca da bagno e il silenzio per tutta questa storia mi costerà di certo più di qualche pompino.

Scrivetemi per commenti, risponderò a chi sarà civile, ma sappiate che non sono interessata a conoscere nessuno.
Oh mi chiamo Barbara.

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