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OrgiaTrio

SE VUOI

By 27 Febbraio 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Tutto era cominciato con un regalo, un innocente regalo che Rossana aveva fatto a Matteo. Una telecamera digitale che a lui non sembrava servisse a nulla, invece… Nonostante le proteste di Rossana, aveva cominciato a filmarla in camera da letto; piano piano il pudore l’aveva abbandonata e lui riusciva a riprendere atteggiamenti che sembravano sempre più intriganti. Ma fu lei che volle essere ripresa mentre facevano l’amore e quel poco che riuscivano a inquadrare le piaceva sempre più. Un giorno arrivò da lui con un altro piccolo pacchetto: conteneva un piccolo cavalletto con cui fermare la telecamera su un mobile, in maniera di essere più liberi nei movimenti. Poi, lei, a casa, amava rivedere quelle scene nel suo computer e quando tornava da lui glielo raccontava e voleva rifare una scena che era troppo corta, una che era stata inquadrata male, una in cui non si vedeva bene.
Insomma, quell’attrezzo era diventato indispensabile; anche a Matteo piaceva rivedere i filmati, assieme a Rossana, in casa, stesi sul letto ma non solo… anche quando era solo li riguardava volentieri. Si vedevano abbastanza raramente, non sempre a casa di Matteo, per via degli impegni e della distanza. Quando andava da lei non sempre riuscivano a far l’amore, lei abitava con la madre e il fratello ed anche la piccola casina nel ghetto spesso non poteva essere usata per via della cantina nella quale la madre o il fratello spesso trafficavano con le loro cianfrusaglie, impedendo l’uso della camera appena sopra. In camera sua lei non voleva farlo, benché la madre sapesse benissimo che passava la notte con Matteo spesso e volentieri. Capitava allora che parlassero di sesso, se non potevano farlo, più di quanto ne facevano quando potevano parlarne. Era lei che lo stuzzicava, che gli raccontava di aver rivisto il filmato più volte, di aver fermato l’immagine, di averle rallentate…
‘… naturalmente nuda, seduta sulla poltroncina e mi facevo le coccole da sola…’
Nuda, sola, nella sua camera… pudore non ne aveva, da che suo padre era andato via di casa, non aveva mai avuto problemi a girare senza nulla addosso.
A casa di Matteo era tutto più semplice: lei arrivava, lui l’aspettava quasi sempre con un chimono nero e nient’altro e lei era sempre stata contenta di trovarlo già nudo, tanto che non vedeva l’ora di spogliarsi anche lei. Proprio a casa di lui, facendo l’amore davanti alla telecamera, gli venne un’idea e, mentre lei era prossima all’apice, volle sentire se l’idea le piaceva:
‘Amore, la telecamera fissa ha un brutto difetto: se mi sposto non si vede più nulla… far l’amore in funzione di quel trabiccolo… pensa che bello se ci riprendesse qualcuno…’
‘Qual… cuno? Vuoi dire… una persona… qui con noi…. mentre…. mentre?’
‘Sì…. ci guarda… ti riprende…. queste tue espressioni non le possiamo perdere…. sei così bella mentre vieni…. ti piacerebbe?’
‘Certo…. che sì! Sarebbe…. sarebbe troppo eccitante… sei una canaglia…’
‘E…. ti piacerebbe di più che fosse un maschio o una femmina?’
‘Un…. Maschio…. un maschio…. assolutamente…. sì….’
Poi, presi più dal fare che dal pensare, si spersero uno dentro l’altra senza finire il discorso che, però, era rimasto impresso nella memoria della telecamera… fu Rossana a ritirarlo fuori, alcune sere dopo, mentre erano a cena perché su quella fantasia aveva fatto frullare le dita molte volte, durante quei giorni.
‘Ma… pensi davvero che sia possibile, farsi riprendere da qualcuno?’
‘Se tu vuoi, lo possiamo fare… preferiresti uno sconosciuto o un amico?’
‘Non saprei… lo sconosciuto mi spaventa… forse &egrave meglio un amico…’
‘Hai in mente qualcuno in particolare?’
Matteo immaginava che lei, fantasticando, già si fosse fatta una figura…
‘Sinceramente… penso che potrei farlo davanti a Dario… gli racconto sempre tante cose che &egrave come se già m’avesse vista….’
Dario? Dario era un amico di Matteo che vedevano spesso, forse il migliore amico di Matteo; s’era appena separato dalla moglie, aveva perso un po’ del suo buonumore, ma era sempre Dario… perché no?
‘Ottima scelta: vedrai, lui non si fa certo dei problemi… l’importante &egrave…’
‘No, aspetta: &egrave solo un’idea… se dovessi farlo, meglio di lui non c’&egrave, ma…’
‘Ecco, appunto: l’importante &egrave che tu sia decisa. Se non lo sei…’
‘Se non lo sono? Ma tu mi ci vedi, a far l’amore davanti a Dario?’
‘Non &egrave che tu sia così pudica… a me l’idea piace molto… ma…’
‘Dipende da me, lo so… eccitare mi eccita molto, son già un lago! Accarezzandomi da sola l’ho anche visto, lì che mi guardava… e se poi, dopo… insomma… ci devo pensare un pochino… nel frattempo… ho una voglia che va su per i muri!’
‘Allora chiedo il conto?’
Passarono altri giorni, giorni normali; lui non le chiese mai nulla, la sentiva bollire forse più forte del solito ma non le chiedeva nulla, aspettava.
Riuscirono a far l’amore anche a casa di lei, fugacemente, sopra la cantina. Lei quasi si decise anche a farlo in casa, nella sua camera, ma suonarono alla porta e s’interruppe l’incantesimo. Lei continuava a guardare sempre lo stesso filmato in cui le chiedeva di farsi guardare da un altro ed ogni volta godeva più forte. Le venne quasi voglia di chiedere a una sua amica se l’avrebbe aiutata lei… se l’avrebbe ripresa mentre… ma no… era sempre più forte l’idea che fosse Dario a maneggiare la telecamera.
Era un tormento, non lo sopportava più: doveva farlo! Quel tarlo continuava a scavare dentro di lei il suo lungo tunnel e lei… lei ci cadeva dentro. Così, una sera, a casa di Matteo, mentre lui la baciava dolcemente lei esplose:
‘Sono pronta: facciamolo, chiamalo, diglielo, lo voglio… non ne posso più!’
‘Devo chiamare Dario? Adesso?’
‘No… non adesso… preparalo… fammelo trovare qui come una sorpresa…’

E così fu fatto: qualche giorno dopo, dopo che altri giorni erano passati senza sorprese, senza più parlarne, senza più sapere, senza che lei abbia mai passato un solo istante senza pensarci, senza che lei abbia mai rinunciato a carezzarsi da sola col suo film, Matteo l’accolse come al solito, nudo col chimono nero, felice di vederla come sempre. Come sempre, lei cominciò a spogliarsi in salotto, lungo i baci di Matteo, cercando svelta la camera da letto e lì, già mezza nuda ed eccitata, si trovò Dario che le sorrideva dalla poltroncina. Il fatto di essere già a metà dell’opera le diede una mano a cancellare le sue inibizioni che, ormai, erano state gettate alle ortiche. Dario l’aveva vista in spiaggia col solo slippino e i seni al vento, Dario aveva raccolto un sacco di sue confidenze, Dario aveva ricevuto talmente tanti dei suoi tributi solitari che… che non la si poteva più fermare. Poi, l’occhio freddo della telecamera, un pochino la schermava, faceva da filtro… certo, lui che parlava, che apprezzava, che filmava e commentava… da una parte l’eccitava molto, ma un qualche freno ancora l’aveva… i baci di Matteo, però, aiutavano… i baci, le carezze, le parole…. insomma, nel giro di pochi minuti non le pareva più nemmeno così strano, starsene nuda davanti a Dario, con le cosce spalancate mentre lui le mangiava il grembo. Il suo primo orgasmo non tardò molto e i commenti di Dario furono un bel carburante per tutta la sua energia. Sconvolta ma con uno splendido sorriso, stese Matteo sulla schiena e cominciò uno dei migliori lavori che avesse mai fatto alla sua sua verga: se la passò sulle labbra, la baciò, la leccò dolcemente poi, con avidità, cominciò a suggerla e mangiarla, andando su e giù con la testa in preda ad un crescendo rossiniano e, sempre, con lo sguardo rivolto all’obiettivo. Uno sguardo famelico, felice, estasiato ed estasiante che avrebbe potuto rivedere milioni di volte nello schermo. Quando lo ritenne sufficiente, senza dir nulla a nessuno ma sempre guardando Dario, si mise a cavalcioni di Matteo e s’infilò l’asta in grembo lentamente, in maniera che tutto restasse ben impresso… lo sapesse, non lo sapesse, non si sa… soltanto che istintivamente cercava con ogni gesto di favorire la ripresa e la… la vista di Dario…. adesso un po’ di più lo sapeva! Quell’uomo che la guardava scopare con il suo fidanzato… era uno stimolo che non avrebbe mai pensato di poter sentire. Matteo era solo concentrato a far bene, Dario commentava senza essergli di peso, Rossana era così eccitata che avrebbe dovuto farla venire almeno altre sei volte, per placarla. Voleva cambiar posizione spesso, voleva sentire la telecamera infilarsi in lei da ogni parte, avrebbe voluto non una ma dieci, cento telecamere… dopo un paio d’ore, svuotata dall’ultimo orgasmo mentre stava in ginocchio sul letto con lui che la pompava violentemente da dietro, s’accasciò e stette quasi morta e ansante per alcuni minuti. Matteo la rovesciò sulla schiena, le cavalcò i fianchi, le strofinò il membro un po’ sul seno e poi fu lei stessa a porsi in attesa, con la lingua guizzante e il sorriso estasiato. Il suo premio non tardò: inondata dallo sperma guardava i suoi uomini soddisfatta e stanca.

Dopo poco Matteo si alzò dal letto, prese la macchina dalle mani di Dario che ancora filmava Rossana che sorrideva e si leccava le labbra.
‘Mettiti accanto a lei che vi riprendo un poco… &egrave giusto che ci sia anche tu!’
‘Ma devo star qui nuda, con lui?’
‘Sei stata nuda fino adesso, mi pare che non ci siano problemi…’
‘Almeno dammi una salvietta che mi pulisco….’
Dario le si stese vicino, la guardava, sorrideva estasiato anche di quel po’ di pudore che le era avanzato: Rossana teneva le gambe sovrapposte a nascondere meglio che poteva il pube ma sentirsi lo sguardo di lui così vicino… era uno sguardo tutto concentrato nei suoi occhi ma… lei lo sentiva spandersi su tutto il corpo, cercare anfratti, pieghe, particolari.
‘Allora: facciamo un po’ d’intervista! Rossana, come &egrave stata questa tua esibizione?’
‘Bellissima, molto più bella di quello che avevo immaginato… Dario &egrave stato grandioso, con tutti i suoi commenti mi ha fatto sentire… sentire protagonista! Mi pareva d’essere in un film.’
‘E tu, Dario, come l’hai vista?’
‘Una meraviglia… quando mi hai detto sta cosa non ci credevo, non pensavo di poter star qui a filmarvi… piacevolissimo!’
‘Ma… lui deve restare vestito? Io nuda e lui vestito mi mette in imbarazzo… magari se resta solo con le mutande…’
‘Posso davvero, non &egrave che scherzi?’
La camicia volò via mentre le faceva la domanda, i pantaloni subito dopo… ridisteso sul letto, le si avvicinò un po’ di più, cercò di farla spostare un po’ sul fianco e si avvicinò ancora di più…
‘Così &egrave meglio, altrimenti si vede troppo che non sono… tranquillo…’
‘Sì ma così, la sento io, la tua erezione… me l’hai messa proprio fra le chiappe… guarda che se non fai il bravo lo dico al mio fidanzato, sai?’
‘Ma più bravo di così? Non &egrave mica colpa mia… pensi che sia facile?’
‘Penso che se mi fai una carezza me ne vengo ancora, ecco cosa penso… e sentire quel coso là dietro non aiuta per niente…’
‘Avresti voglia di farti fare una carezza da lui? Un po’ di coccole per la telecamera? Sarebbe un bel ricordo…’
‘Matteo! Così mi fai diventare matta! Guarda, io continuo a non volermi muovere ma il bacino mi gira per conto suo…’
‘Lo vedo… prova a farti carezzare un seno, vediamo cosa succede, dai…’
‘Lo vuoi davvero? Mi lascio carezzare? Posso?’
Ed anche qui il gesto fu più veloce delle parole: la mano scivolò sul seno, aderì, prese confidenza poi, sempre più audace, afferrò, strapazzò, impastò… lei vorticava assieme alla mano, muoveva il suo bacino, cantava e godeva, spalancava finalmente le cosce a mostrare alla telecamera come fosse agitata quella sua fenditura, quanto fosse bagnata, quanto fosse pronta, a tutto.
Con il bacino sempre più incollato a quello di Dario, riuscì a torcere il busto e il viso fino a trovarsi a pochi millimetri dalla sua bocca e se la ritrovò incollata alla sua… la respinse:
‘Ho ancora il sapore di Matteo, in bocca…’
‘Non importa, non mi da fastidio…’
Senza più remore accolse quel bacio e ci rovesciò dentro un orgasmo potente, assurdo, violento… Matteo continuava a filmare e vederla così lo eccitava tantissimo; avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto fare i commenti che faceva prima Dario ma non ci riusciva… filmava quelle bocche e quelle lingue senza quasi più curarsi delle mani. Quelle di lei erano attorno alla testa di Dario, talvolta sulle spalle, sul collo… quella di lui infilata sotto la schiena non poteva fare tanto ma l’altra aveva abbandonato il seno e, piano piano, aveva raggiunto il pancino, il pube e la vulva, stringendola in un abbraccio rabbioso proprio mentre lei godeva.
Continuò a baciare Dario per alcuni secondi poi, quasi si fosse ripresa da un sogno, si stacco e andò a cercare gli occhi di Matteo…
‘Tranquilla, non sono geloso! Era una delle tante cose che potevano succedere… avevo previsto anche questo…’
‘Adesso devo farlo anche godere, però… non possiamo mica mandarlo via con quel coso nelle mutande… adesso ho voglia di vederlo, di prenderlo fra le mani… magari gli do anche due bacini… posso?’
‘Se lui te lo permette, perché no? In fondo se lo merita…’
Con la stessa velocità del solito, volarono anche le mutande di Dario, rivelando una verga di tutto rispetto, perfettamente eretta.
‘Ma &egrave enorme! Sarà almeno 5 centimetri più lungo del tuo… e poi &egrave più grosso… non so nemmeno se riesco a prenderlo in mano!’
Invece le stava bene anche in bocca, tanto che dopo i primi timidi bacetti mentre lo inguainava e lo massaggiava, si diede con tale adorazione a mangiarselo che lui quasi ne veniva.
‘Guarda, Matteo… guarda quant’&egrave bello! Non &egrave che potrei provare anche a farmelo mettere dentro, per caso? A questo punto, non ci trovo nulla di male…’
‘A me faresti proprio un bel regalo…’
‘Amore… io scherzavo… non penserai davvero che… no… no, adesso lo faccio venire con la mano e poi basta, dai…’
‘Peccato… avrei giurato che ci saresti riuscita. Ma sarà per la prossima volta, dai…’
‘Ma tu mi faresti scopare da lui, così, senza nemmeno provare a fermarmi?’
‘E chi &egrave capace di fermarti?’
Lei scoppiò a ridere e, senza dire più nulla, sempre tenendolo stretto in mano, andò a cercare ancora i suoi baci; poi si distese e lo trascino sopra di lei, abbrancandolo con le cosce, infilandosi da sola l’asta nella figa.
Matteo, ghiotto di quei baci e di quei sospiri non sapeva più dove orientare l’obiettivo; stette un po’ con la camera ancora sui visi stravolti, la diresse fra le gambe di lui, zoomando il più possibile, tornò ai visi, si fermò sul seno di lei tormentato dalla mano e ritornò al viso di lei mentre lui se ne staccava per esprimere tutto il suo piacere… gli occhi di Rossana erano pieni di magia, il suo sorriso catturava, l’espressione che prese mentre lui le estraeva il fallo da dentro era quasi dispiaciuta. Poi Dario eruttò senza ritegno sulla sula pelle sudata, arrivandole molto vicino al viso… la mano di Rossana andò a cercare la verga, lo sperma, lo sparse un poco, lo raccolse, si portò la mano in bocca.
‘Peccato… avrei voluto berti, avrei voluto vederti venire nella mia bocca… buono, però… moooolto buono!’
‘Te ne darà ancora, basta che tu glielo chieda e lui non te lo farà mancare…’
‘Matteo… m’hai fatto un regalo immenso! Io non capisco come fai a stare lì tranquillo ma un regalo così alla tua monella non l’avevi mai fatto! Grazie…’
Qui decise di spegnere la telecamera; l’appoggiò sul mobile e si distese a fianco a loro. Rossana nel mezzo, coccolata e palpeggiata, distribuiva baci a destra e manca senza distinzione. Non ci mise poi più di tanto, considerando che Dario aveva bisogno di riprendersi, ella cercò subito la verga di Matteo, gli propose la schiena e si lasciò trafiggere da dietro, come tanto piaceva a lui, riservando i suoi baci a Dario che le carezzava il seno incrociando spesso la mano del suo amico.
‘Voglio farlo ancora… voglio ancora fare l’amore con te… dimmi che farai ancora l’amore con me, promettilo…’
‘Ma certo, Rossana… appena mi riprendo… mi ci vuole un pochino adesso…’
‘Non solo oggi… anche altre volte, anche altri giorni…. anche…’
‘Ma non vedo l’ora! Appena ti viene voglia, sempre disponibile…’
‘Guardami ancora, dimmi com’&egrave, dimmi le cose che dicevi prima…’
Ci provava, Dario, a essere cronista, come prima ma non gli riusciva più così bene… non riusciva a fare lo stupido… adesso la desiderava. E lei, che smanettava la sua verga con cura, se ne era già accorta… senza preoccuparsi minimamente del fidanzato, si alzò facendolo sgusciare fuori, ribaltò Dario sulla schiena e andò tranquilla a cavalcarlo.
‘…&egrave la mia festa… oggi me la godo fino in fondo!’
Non voleva però lasciare Matteo troppo fuori dal gioco, lo chiamò più vicino e volle la sua verga in bocca, davanti agli occhi del nuovo amante.
Sempre dirigendo tutto lei, si stese supina sul letto in modo che Matteo in piedi la trafiggesse per bene, volle Dario in ginocchio di fianco a lei e riprese a mangiarli il membro, avida e famelica. Li portò entrambi all’apice assieme con Matteo che le spargeva il seme sul pube e Dario che le inondava, finalmente, la bocca spalancata e sorridente con tanto di lingua guizzante.
‘Guardalo Matteo: &egrave bellissimo! Non ne ho mai visto uno così bello’
‘Ma… veramente… a me non &egrave che…’
‘Tu non capisci un cazzo, ecco! Amore… me lo farai fare ancora? Mi farai ancora scopare da Dario?’
‘Ma certo! Tutte le volte che vorrai… che vorrete.’
‘E… mi faresti…. far l’amore…. da sola con….. lui?’
‘ Se lo desideri, perché no? Se te lo impedissi non troveresti il modo per farlo?’
‘Se tu non volessi io non lo farei… credo… ma se tu non hai nulla in contrario… io ne approfitterei volentieri. In tre &egrave bellissimo ma… ma l’idea di far l’amore con lui senza te mi… mi eccita troppo!’
Dopo una doccia veloce, sempre assieme e amoreggiando, si prepararono per uscire, andare a cena…
‘No Rossana… non mettere gli slip… resta senza; per noi sarà più bello saperti nuda… regalali a Dario, i tuoi slip…’
‘Ma la gonna &egrave corta… va a finire che mi si vede tutto!’
Nonostante tutto, guardandolo negli occhi, diede un bacio ai suoi slip e li consegnò a lui… reggiseni non ne portava mai, al massimo una canottiera ma ritenne che poteva anche farne a meno, fuori era già abbastanza caldo. Si sentiva maledettamente nuda e non era la prima volta che lo faceva ma con due maschi che lo sapessero…
‘A Matteo piace molto che io giri senza slip… ogni tanto arrivo anche a casa sua senza… faccio a meno di metterli da casa. Pensa che se n’&egrave accorta anche mia mamma, un paio di volte e ha provato anche a protestare. Ma dove vai senza mutande? Tanto poi le tolgo dopo, no? Solo che adesso, con voi due che lo sapete, con la gonna che &egrave corta… dovrò andare in bagno ad asciugarmi, durante la cena… uno di voi due mi accompagna?’
La cena fu un tormento davvero continuo, per Rossana: si trovava le mani di quei due sempre addosso, si faceva baciare da entrambi anche mentre la guardavano dagli altri tavoli, andò in bagno davvero con Matteo e poi anche con Dario… tornarono presto a casa di Matteo, ritrovarono subito il letto e ricominciarono a far l’amore come non avessero mai fatto altro in vita loro. Ma venne tardi e Dario volle tornarsene a casa; Rossana protestava, voleva che passasse la notte lì con loro ma lui fu irremovibile.

Passarono diverse settimane prima che Rossana si decidesse a mettere in pratica la sua fantasia; nel frattempo si erano incontrati nuovamente in tre, a casa di Matteo. A Casa di lei no, mai… non avrebbe saputo come spiegare, come farlo capire a sua madre, a suo fratello. Ma alla fine si decise. Doveva farlo, lo avrebbe fatto… decise di parlarne con loro, si accordarono per un giorno ma non riuscivano a concepire un posto. Lei in albergo non voleva andare, all’aperto neppure, a casa di Dario non si poteva, Dario non trovava nessuno disposto a prestargli la casa… lei avrebbe tanto voluto farlo a casa di Matteo ma non gli riusciva di dirglielo. Certo, se si fosse offerto lui, di prestarle la casa… ma non lo aveva fatto.
‘Senti, facciamo così: tu vieni su a casa mia, poi in qualche maniera facciamo… c’&egrave sempre la casina sopra la cantina…’
‘E se tua madre vi vede? O tuo fratello?’
‘Chi se ne frega! Un posto devo trovarlo… non ne posso più! Ma… tu sei sicuro di non essere geloso?’
‘Ma figurati! Io sono contento come se ci fossi, non ti preoccupare!’
‘Dopo ti racconto tutto, come t’ho sempre promesso e… probabilmente…. sarà l’unica volta che faccio una cosa del genere…’
Effettivamente, qualche giorno dopo, quando andò a trovarlo, gli raccontò tutto, dall’imbarazzo dell’averlo lì alla confusione di come poterlo presentare ai suoi.
‘Abbiamo cercato di fare in modo che non ci vedesse nessuno; quando &egrave arrivato ci siamo incontrati nel parcheggio sotto, poi con la mia macchina siamo tornati fino alla casina e siamo saliti su. Fortuna che non c’era nessuno in cantina ma il vicino mi ha vista… sbirciava dalla finestra. Finalmente dentro ci siamo baciati a lungo e nemmeno voleva spogliarmi. Avevo preparato tutto per benino: belle lenzuola, candele, qualcosa da bere. Lui &egrave stato dolcissimo, come non mai… ha cominciato a dare in escandescenza solo quando ha capito che ero senza slip. Continuavo a dirgli di far piano, sai come sono sottili i muri di quella casa, no? Ma lui non ci riusciva mica: aveva una foga che faceva un contrasto con i baci di prima! A quel punto, però, ero così eccitata che cominciavo anche io a fregarmene di tutto… eravamo finalmente soli e nudi, con quel suo coso bellissimo… soltanto la porta della cantina mi ha fatto tremare: gli ho turato la bocca e ho cominciato a tendere l’orecchio. Era mia mamma, fortunatamente ha rovistato un po’ e poi se n’&egrave andata. M’&egrave perfino venuto in mente che non avevo richiuso nemmeno la porta… se saliva mi beccava lì con lui… deve aver pensato che eravamo lì io e te, visto che la mia macchina era nel cortile. Una volta tanto, con un po’ di buonsenso, ha deciso di non interferire. Dopo ero più eccitata che mai, mi capisci? Anche la situazione mi aveva agitata. Il resto lo puoi immaginare: abbiamo fatto l’amore con una tale violenza da far venir giù i muri… Dario si &egrave calmato un pochino solo dopo esser venuto… io non so quante volte son venuta, troppe! Dopo mi coccolava, mi parlava… abbiamo anche parlato di te, di noi… siamo riusciti a riprendere a far l’amore soltanto dopo un’ora, prima non ce la faceva mica… poi… ti devo confessare una cosa… mi prometti che non ti arrabbi?’
‘Ma ci mancherebbe altro… non mi arrabbio per nulla e lo sai…’
‘Sì ma questa &egrave grave: gli ho chiesto di mettermelo dietro… gliel’ho chiesto io… a te piace poco e non lo facciamo mai…’
‘Hai ragione… prometto che lo faremo più spesso…’
‘A lui non pareva vero che glielo chiedessi… dice che con altre donne &egrave sempre lui che deve insistere e qualcuna non lo vuole proprio… a me ha fatto impazzire! Un po’ di dolore all’inizio, grosso a quel modo! Ma poi, una cosa… non mi importava nulla neppure del vicino che raschiava la gola… lui sperava che io smettessi, invece il fatto che fosse lì a sentire mi eccitava anche di più… mi &egrave venuto dentro e, mentre lui veniva, mi sono fatta venire anche io… poi abbiamo fatto una doccia, sperando di finire lì, di ricomporci e andare a cena ma… mica ce l’abbiamo fatta! Mentre mi lavava mi baciava, mentre m’asciugava mi ha leccata tutta e… ci siamo ritrovati ancora intrecciati sul letto… la terza &egrave stata lunghissima… molto più dolce perché eravamo molto stanchi, ma molto bella. Insomma, dalle tre del pomeriggio siamo arrivati alle dieci di sera senza nemmeno renderci conto… ci siamo rivestiti senza lavarci e siamo andati a mangiare dove andiamo sempre io e te… l’idea di farmi vedere con lui mi eccitava troppo. Mi son fatta baciare molto anche a cena, mi carezzava, mi scopriva le cosce davanti al cameriere… poi l’ho riportato alla macchina, ci siamo baciati a lungo anche lì e lui avrebbe voluto anche scoparmi ma non ho voluto… mi son lasciata accarezzare fino a venirgli in mano ma niente di più. E non basta… a casa ho dovuto farlo ancora da sola: non riuscivo a prender sonno! Ma pensavo a te, mentre lo facevo, a come son stata crudele a non volerti con noi e a come ti sarebbe piaciuto vederci assieme… adesso avrei proprio bisogno di far l’amore, l’amore con te… ma tu mi ami ancora?’
‘Io ti adoro… sono pieno d’amore per te…’
‘Non sono troppo puttana? Non mi sono comportata troppo male?’
Non le rispose neppure, la rovesciò sul letto, travolgendola con un bacio profondo e lunghissimo mentre, con le mani, ne impastava il corpo già nudo, già pronto, fremente e vibrante di tutto.

Passarono altre settimane durante le quali si incontrarono ancora spesso, tutti e tre, nella casa di Matteo. Non sempre, naturalmente; la presenza di Dario era saltuaria ma sempre ben gradita, soprattutto a Rossana che aveva voluto incontrarlo ancora, almeno un paio di volte, da sola nella sua casina del ghetto, sopra la cantina, col solito vicino che la spiava, che raschiava la gola, che ascoltava… Matteo aveva sempre saputo, avvisato da lei per telefono, delle visite di Dario. Rossana gli aveva sempre raccontato tutto, il giorno dopo, entusiasta di queste sue monellate. Poi, un giorno, un giorno che avevano già programmato di rifarlo assieme, a casa di Matteo, lei gli telefonò disperata:
‘La macchina non parte… non c’&egrave niente da fare… non riesco a venire giù! Vieni tu… vieni qui da me subito e… porta Dario!’
‘Ma come? Porto Dario a casa tua? E poi?’
‘E poi… andiamo nella casina… tutti e tre… portamelo, ti prego! Ho voglia di farlo con lui… davanti a te!’
‘Tu sei tutta matta… ma tua madre… tuo fratello?’
‘E chi se ne frega! Io ne ho bisogno… &egrave tre giorni che non penso ad altro!’
‘Se facessi venire solo lui?’
‘No! Ho detto che voglio anche te… solo lui oggi non basta…’
Non c’era modo di farla ragionare… prese la macchina, andò da Dario e se lo portò su in collina, a casa di Rossana. Lei li aspettava in cortile, giocherellando col cane, chiacchierando con lo zio. Appena parcheggiata la macchina, lei gli volò addosso, baciò Matteo con trasporto e Dario con un po’ più di ritegno, nascondendo allo zio la sua lingua che saettava sulle labbra dell’amante ma la madre, che arrivava alla schiena di Dario, qualcosa deve aver visto…
‘Mamma! Ti presento Dario, un caro amico di Matteo…’
‘Andate a spasso qui, oggi? Vi fermate anche per cena?’
‘Non ti preoccupare per la cena… probabilmente andiamo fuori. La mia macchina non parte, devo farla vedere a un meccanico. Adesso andiamo un po’ nella casina… il tempo non &egrave un gran che, per fare una passeggiata…’
‘Nella casina? Lo sai che c’&egrave il vicino che si lamenta sempre che fate troppo rumore? Fra te e tuo fratello, quella casina… sarebbe meglio venderla!’
‘Il vicino si lamenta apposta, non vede l’ora di poterla comprare… lascialo stare, fai finta di nulla… la casina &egrave mia e io non voglio venderla!’
Quando si mette in testa una cosa, Rossana, non c’&egrave niente che può fermarla… lo sapeva anche sua madre che, con lo sguardo bieco e rancoroso, li abbandonò sul cortile perché facessero quel che gli pareva.
Lei li prese per mano sorridendo, salutò lo zio e li trascinò via verso la casina dove, manco a farlo apposta, il vicino li vide entrare, salire le scalette, aprire per bene le imposte della cucina che dava sul terrazzino, comunicante col suo. Curioso e spietato, tornò subito in casa, prese una sedia e si mise proprio sul terrazzino a sbirciare dentro ma non vedeva nulla: i tre erano già in camera, fuori dalla portata degli sguardi. Le voci invece, si sentivano benissimo e lei lo sapeva! Più spudorata che mai, diede vita forse al migliore incontro che avevano avuto loro tre assieme, esigendo ogni tipo d’attenzione, ogni carezza, ogni leccata. Chiedeva a voce alta ciò che voleva: scopami, leccami, dammelo in bocca, strapazzami le tette mentre lui mi scopa, guardami.. guardami!
‘Dario… presto, vieni qui… dietro… inculami, svelto, prima che venga… mentre Matteo mi scopa, tu… inculami!’
Era la prima volta che si faceva prendere così, assieme… spesso esigeva di poter tenere in bocca la verga libera mentre uno dei due la prendeva… s’era fatta prendere le terga da Dario altre volte, anche in presenza di Matteo… aveva voluto che anche Matteo la prendesse così, mentre Dario la guardava… ma tutti e due assieme era la prima volta.
Non si può dire che questo la placò… effettivamente, poco dopo che Dario era entrato completamente dentro di lei, se ne venne di un orgasmo travolgente che la fece quasi svenire ma, mentre i due suoi amanti la cullavano più dolcemente, ebbe modo di riprendersi e di ritrovare tutta l’energia necessaria a potarli dove voleva: voleva sentirli venire assieme, tutti e due dentro di lei, uno in una via, l’altro nell’altra… voleva essere sommersa dal loro sperma, travolta, inzuppata, riempita come non mai. Avrebbe voluto poterselo bere, avrebbe voluto una pioggia su tutto il corpo, avrebbe voluto vedere gli schizzi bianchi ma li voleva dentro di se, prima di tutto. E li ebbe… forti, profondi, caldi, densi. Immaginando anche la faccia del suo vicino, fu travolta da un altro possente orgasmo che, forse, anche la madre dalla sua cucina pot&egrave sentire.
Stesa sul letto, ansante e felice, distribuiva i suoi baci a l’uno e all’altro come sempre, gustandosi le loro carezze, carezzando i loro corpi sudati, leccando le lingue e accavallando le gambe sulle loro per meglio aprirsi, spalancarsi, squartarsi. Avrebbe voluto che il vicino potesse vederla ma sapeva benissimo che non ci sarebbe riuscito: avrebbe dovuto scavalcare il balconcino, venire fin sull’antro della porta, ma non l’avrebbe mai fatto.
‘M’&egrave venuta sete… ho preparato del vino bianco, in frigor… vado a prenderlo…’
‘Ma ci vado io, no? Non ti muovere…’
‘No… no, vado io… devo controllare una cosa e ci vado io…’
Prese una piccola salvietta con la quale si copriva a malapena il pube e i seni e, mostrando il suo meraviglioso culetto andò verso la porta; si fermò un attimo sul ciglio, li guardò di sbieco roteando il bacino…
‘Dopo si ricomincia… non &egrave mica finita qui… lo sapete, vero?’
Poi guardò dritta davanti a sé, in direzione della finestra della cucina, del balconcino, degli occhi del vicino; lui era lì seduto, come lei s’aspettava di trovarlo. Vedeva il suo sguardo perdersi lungo tutto il suo corpo, lo sentiva piantarsi nel suo con un misto di incredulità e di curiosità, lo avvertiva persino mentre cercava di infilarsi sotto la salvietta per vedere tutto ciò che lei gli nascondeva… aprì il frigor con tranquillità, prese la bottiglia, richiuse e, volgendo le terga nude a quello sguardo se ne tornò lentamente verso la camera.
‘Indovinate un po’… c’&egrave il mio vicino sul terrazzino! Mi si &egrave mangiata con gli occhi, peggio di quando mi vede sul terrazzo di casa mia, con le tette al vento, spettacolo che non gli nego mai, solo che qui era molto più vicino del solito…’
‘Così oggi ti ha vista anche il culetto… uno spettacolo davvero!’
‘Quello gliel’ho lasciato guardare a lungo… non avete notato quanto ci ho messo a tornare qui?’
Corroborati dal vinello fresco, ripresero a far l’amore dopo pochi minuti e, mentre erano indaffarati più che mai, lei sentì distintamente la porta della cantina… ma non si fermò, anzi… si diede da fare con maggiore veemenza. Udì chiaramente la madre che canticchiava per farsi notare, ma la cosa non le apparteneva più di tanto, anzi…
‘C’&egrave mia mamma di sotto… in cantina… &egrave venuta a controllare….’
‘Vuoi che facciamo più piano, che ci fermiamo?’
‘No! Voglio che senta bene… voglio che sappia, voglio farle sentire come sono felice con voi… domani le dico tutto, le racconto come stanno le cose… meglio che si faccia un’idea precisa già da sola…’
E l’idea, sua madre, se l’era già fatta… sentirla distintamente parlare così, poi, le tolse ogni dubbio sulla sua ‘bambina’… dopo poco, si sentì la porta della cantina richiudersi ma non si sentirono tutte le parole che la madre avrebbe voluto poter dire alla figlia…
Il resto del pomeriggio volò via così, senza altri episodi memorabili e si ritrovarono, dopo il tramonto, talmente stravolti da non aver più la forza di nulla… Rossana volle andare a mangiare dove andava spesso con Matteo e dove aveva portato Dario la prima volta che era stato da solo con lei; pretese di andarci così, vestita come quando loro erano arrivati, con una sola maglietta di cotone sui seni nudi e una gonnellina larga a pieghe che le arrivava a metà coscia, senza slip. A cena, seduta sulla punta della sedia, parata in mezzo a loro, le cosce sempre abbastanza aperte, divideva i suoi baci e le sue attenzioni equamente fra i due amanti, soprattutto quando il cameriere le era più vicino…
‘Andrea &egrave amico di mio fratello, lo vedo in casa spessissimo e mi ha vista più di una volta girare nuda… un giorno a l’altro gli faccio un regalo: mi metto nuda accanto a lui e gli faccio vedere il film, così vede come siamo bravi!’
La riaccompagnarono a casa a notte fonda e mentre era in piedi accanto alla macchina, Dario allungò la mano e le prese il pube tutto dentro, l’accarezzo, la penetrò, la strapazzò fino a farla venire ancora una volta proprio mentre suo fratello arrivava con la moto… illuminata dall’orgasmo e dal faro, non poté nascondere nulla, nemmeno il fatto che a farla godere era la mano di Dario, non quella di Matteo. Lei non si perse nemmeno in quella situazione, presentò Dario a suo fratello, salutò con un bacio ciascuno i suoi amanti e si avviò a salire le scale col fratello, senza un’ombra di imbarazzo. Di sopra l’attendeva la madre, con lo stesso sguardo di quando li aveva lasciati andare alla casina:
‘Dì un po’, non hai nulla da raccontarmi?’
‘Non adesso, mamma… ti racconto tutto domani, adesso sono stanca…’
Infatti, il giorno dopo, con grande disinvoltura raccontò tutto a sua madre che, incredula e un po’ sconvolta, ascoltava imprecando in silenzio.
‘Mamma… a me adesso sta bene così! Con loro sono felice, appagata, mi fanno sentire una regina. Magari &egrave una cosa che dura poco, che si disfa da sola, ma finché dura, la voglio avere. Pensa… se Dario trova una morosa gelosa se ne sta solo con lei e non viene più da me… se Matteo si stancasse e mi chiedesse di non vedere più Dario, io lo seguirei. Dario &egrave un regalo che mi ha fatto il mio amore e non voglio buttar via tutto quello che mi dà.’
Cosa poteva mai dirle, una madre? No, quello non glielo disse, lo pensò ma non glielo disse… accettò questa follia della figlia come si accetta una croce qualsiasi, sperando che durasse molto meno di quanto fosse già durata… di Matteo non pensava nulla, pur capendo che era più colpa sua che della figlia, di lui non pensava nulla. Anzi, pensando a suo marito che se ne era andato dopo vent’anni di matrimonio, quasi quasi preferiva Matteo. Rossana, calmata la madre, andò a prendersi un po’ d’aria in cortile e, passeggiando, si allungò fino alla casina… come una furia le si avventò addosso il solito vicino, riempendola di improperi e di insulti.
‘Ma che hai da trattarmi così? Che ti frega di quello che faccio?’
‘Mi frega sì, mi frega… ho una figlia di diciassette anni, io! Con tutto il trambusto che fate, me la fate diventare… una ninfomane come te!’
‘Guarda, che tua figlia ne sa molto più di te e di me messi assieme, a livello di sesso… non sono certo io, quella che può insegnarle qualcosa…’
‘E anche mia moglie si lamenta dei tuoi modi: attraverso il muro si sente tutto!’
‘Tua moglie &egrave stata gentilissima con me: e mi ha anche detto che ti ecciti e che quando sei eccitato lei ci guadagna bene… dice che quando mi guardi le tette sul balcone, rientri in casa e poi te la scopi subito e mi dispiace che non riesci a vedere il resto perché la balaustra &egrave alta!’
‘Che mi eccito &egrave vero… che ti guardo volentieri anche… che vederti il culo, ieri pomeriggio sia stato meraviglioso pure… resta il fatto che sei… sei una… cagna in calore… e che io… vorrei… vorrei…’
‘Vorresti… approfittarne? Ecco cosa! Non avevo mica capito, io… tutto questo per potermi… e se io ti dicessi che puoi farlo, non scappi via?’
Una sfida… non sapeva nemmeno perché lo sfidava, o forse era lui che aveva sfidato lei? Non lo sapeva, non sapeva cosa avrebbe potuto succedere, se avrebbe vinto la sfida cacciandolo o… prendendolo. Non capiva nemmeno perché non lo lasciasse lì, con le sue libidini inespresse, col suo manico inutile e goffo.
‘Hai paura? Se ti invito a salire, ci vieni? Se ti faccio vedere il letto in cui abbiamo scopato tutto ieri scappi via o che?’
‘Non mettermi alla prova… non credo proprio che scapperei via… mi sa tanto che… finirei per violentarti!’
‘Violentarmi? Se non lo voglio io, tu non mi tocchi nemmeno con un dito, vuoi provare?’
Aveva già aperto la porta della casina e lo invitava a salire, senza sapere nemmeno come se ne sarebbe liberata. E lui si intrufolò dentro davvero, salì davanti a lei quegli scalini, raggiunse la cucina, si guardò attorno, guardò quella finestra che dava sul balcone, quel frigorifero, quel pezzo di figliola che lo sfidava.
‘Vieni, vieni, Fulvio… vieni a vedere il letto: te l’ho promesso e te lo faccio vedere… dai!’
Lei nell’antro della porta gli volgeva la schiena, lui troppo eccitato di tutto la cinse forte e le baciò il collo; la sentì irrigidirsi appena, un timido accenno di resistenza, un’indecisione fra il cedere e il non cedere… fu fatale per entrambi. Perché le mani di Fulvio non mollavano, carezzavano, impastavano, stimolavano… la lingua sul collo era tremenda, il letto disfatto pieno d’umori e di sudore, i muri intrisi di grida e di raschi di gola di un vicino guardone e pettegolo che, adesso, era ormai troppo vicino… quasi dentro, per quanto vicino. Poi, va detto per inciso, non l’aveva mica portato lì per turismo… no! Non lo sapeva bene nemmeno lei ma l’aveva portato lì perché quella era la tana e la lupa porta le prede, nella sua tana. S’accorse che lo voleva nel momento stesso in cui lui l’abbrancava… si rese conto che la sfida non avrebbe visto un vincitore, perché non c’era nulla da vincere… che avrebbe visto solo cedere, senza nemmeno che uno perdesse. La sfida non era una sfida, era il compimento di tanti piccoli passi che non potevano che portarla lì, che non potevano tenere fuori dalla sua vita quell’uomo che conosceva da quando era bambina, che il suo farsi vedere, farsi sentire, farsi desiderare non era che il preliminare di un contratto molto più impegnativo… adesso che le sue mani stringevano forte le sue carni, tormentavano i seni, esplodevano come bombe sul sesso e sulle sue natiche, adesso sapeva che l’aveva sempre voluto. Nel turbinio si ritrovò distesa sul letto, baciata da quella bocca, straziata da quelle mani… lo spogliò, lo divorò di baci mentre lui la denudava e quando trovò finalmente la verga non ebbe più attenzioni che per lei. Fulvio, perso nell’eccitazione di quel tutto a cui mai avrebbe potuto sperare, si abbandonò quasi incosciente a tutto quel suo lavorare e, dopo poco più di un attimo, le esplose in bocca tutto il suo entusiasmo. Sorpresa dal primo fiotto che non s’aspettava, pretese gli altri come un tributo, continuando a tenerselo in bocca fino a che non ritornò quasi moscio del tutto.
‘Scusami, se son durato così poco… colpa dell’eccitazione che trattenevo da anni… mi dispiace davvero… non avrei voluto ma non mi aspettavo che… che la tua bocca fosse… fosse così….’
‘Non fa nulla… a me &egrave piaciuto moltissimo. Solo adesso mi rendo conto che… che ti… che ti volevo… da un sacco di tempo…’
‘Mi raccomando… non dire niente a mia moglie… altrimenti…’
‘Altrimenti si eccita come una pazza e non ti lascia più un grammo di roba per me… me l’ha detto tante volte: mi sa tanto che mio marito ti farebbe volentieri la festa e mi dice anche che non le dispiacerebbe per niente, tanto poi ti scopi lei con più entusiasmo!’
‘Vero… però non l’ho mai tradita… questa &egrave la prima volta, sai…’
‘Lo so… lo dice sempre… ma solo perché pensi di farle un torto… forse, anche lei come Matteo, non lo trova un torto, lo trova un… regalo…’
‘Non saprei, non ne abbiamo mai parlato… però le racconto di te e lei si eccita, le parlo dei tuoi seni e… le dico cosa sento dietro il muro e…’
‘Può darsi che sia lì a sentirci anche adesso… dietro al muro come fai tu!’
‘No, &egrave scesa giù in città con Giulia… non c’&egrave nessuno in casa…’
‘Allora scopami forte… può darsi che un po’ di rumori rimangano incollati ai muri…’
La seconda volta durò ben più della prima; riuscirono a passare un paio d’ore senza che lui si tradisse. Certo, i ritmi di Fulvio non erano quelli di Dario, i suoi baci e le sue carezze non erano quelli di Matteo, ma l’insieme era decisamente travolgente. Rossana riuscì a godere almeno sei volte e nemmeno una volta pensò a cosa ne avrebbe detto a Matteo, se sarebbe riuscita a raccontargli anche questo… ci pensò soltanto quando, stravolti e sorridenti, sentirono le voci di mamma e figlia che entravano nella casa a fianco… veloci e in silenzio si rivestirono poi lui le sussurrò che sarebbe uscito per primo, lei avrebbe atteso di sentirlo in casa… la baciò un’ultima volta e se ne andò…
Qualche giorno dopo, presa da un sacco di pensieri, mentre Matteo la spogliava e la baciava, volle dirglielo:
‘Matteo… ho fatto una cosa terribile… non so nemmeno se mi riesce di raccontartela…’
‘Cosa hai fatto di tanto terribile?’
‘Il giorno dopo che siete venuti su… il mio vicino… mi insultava talmente tanto che… non capisco come sia successo… l’ho fatto salire in casa, nella casina… volevo solo dimostrargli che di lui non mi fregava niente, che far l’amore con voi per me era naturale e bello… che non doveva immischiarsi nei miei affari… invece… me lo son ritrovato dietro che mi abbrancava e mi baciava il collo… non so cosa m’&egrave successo… insomma: &egrave finita che ci sono andata a letto! A letto col mio vicino!’
‘E ti &egrave piaciuto tanto?’
‘Sì… ma tu? Non ti arrabbi?’
‘No… me lo aspettavo… più da lui che da te, ma me lo aspettavo…’
‘Allora… mi ami ancora? Non mi cacci via?’

Ancora passarono le settimane, ancora si rividero tutti e tre a casa di Matteo, ancora Dario tornò a trovarla alla casina, diverse volte e ancora, diverse volte, nella casina, lei ci portò anche Fulvio… sul finire di ottobre, un ottobre molto caldo e pacioso, lei arrivò a casa di Matteo che già l’aspettavano assieme; senza perder tempo inutile, si sfilò l’abito intero che portava senza nulla sotto, tranne un paio di calze che decise di tenere:
‘No, Matteo, non ti spogliare, aspetta… devo parlarti. Tu invece spogliati subito e vieni sul letto accanto a me… devi sapere tutto, Matteo, devi saperlo oggi, subito… Dario &egrave venuto a trovarmi spesso, ultimamente… più spesso del solito… da qualche settimana facciamo anche una cosa che con te non ho mai fatto: lo porto in camera mia e facciamo l’amore in casa.’
‘E tua madre? Non protesta?’
‘All’inizio sì… ora non più… &egrave successo per caso, un giorno che lui veniva su e la casina serviva a mio fratello… non sapevo come sbrigarla, ho provato a protestare ma lui &egrave più cocciuto di un mulo. Dario era già per strada, gli ho detto di salire in casa, tanto mamma lo conosceva e sapeva quel che ci facevo… mi sono spogliata e sono andata ad aspettarlo in terrazza, prendendo un po’ di sole, nuda, come mio solito. Mamma era lì in cucina che sfaccendava e quando ha suonato il campanello ho lasciato che fosse lei ad aprirgli. Lei l’ha fatto entrare e mi ha chiamata; naturalmente gli sono corsa incontro senza coprirmi e la faccia di mia madre era tutto un programma. Poi… stimolata proprio dalla sue espressione, mentre lui mi baciava il collo, le ho detto che andavamo in… camera mia.’
‘In camera tua?’
‘Sì… ha protestato anche lei, naturalmente: e i tuoi zii di sotto? Sentiranno tutto. Le ho detto che non mi fregava nulla e che avevo voglia di… scopare con Dario… che non disturbasse e si facesse gli affari suoi… me lo son portato dietro che era più imbarazzato che eccitato… mi ci &egrave voluta quasi un’ora a renderlo degno.’
‘Sì… va bene… ma questo, cosa cambia?’
‘Questo quasi niente, ma aspetta, non ho finito… da allora Dario mi prende sempre nella mia camera, ha passato perfino qualche notte con me e… mi son fatta prendere perfino sul terrazzo delle cucina, con mio zio di sotto che mi guardava e perfino Fulvio che se ne &egrave accorto…’
‘A proposito di Fulvio…’
‘Gli ho raccontato tutto, anche a Dario… non ne &egrave geloso neppure lui… mi lascia scopare col vicino quando voglio… tornando alla terrazza, Dario mi &egrave venuto sulla schiena arrivandomi quasi al collo e… proprio mentre finiva di venire… abbiamo sentito aprire la porta… lui ha fatto in tempo a ricomporsi quasi del tutto… io ero nuda e con la schiena piena di sperma. Ho tentato di girarmi ma mia madre se n’&egrave accorta lo stesso: girati… fammi vedere la schiena… ma mamma! Dopo, durante la cena, con lui e mio fratello presenti, ha voluto continuare il discorso… Dario non voleva neppure fermarsi a dormire quella sera ma quando mi ha vista piangere si &egrave commosso e non mi ha lasciata sola… quella sera era ieri… abbiamo parlato molto, stanotte… abbiamo deciso di… di vivere insieme… viene a stare con me nella casina ma… ad un patto: che io non… non faccia più l’amore con te. Mai più.’
‘Ma &egrave assurdo… ma lui &egrave geloso di me?’
‘Diglielo tu… sono geloso di lui?’
‘Non credo sia gelosia… penso sia solo per mettermi alla prova… una prova che mi costa molto ma che accetto volentieri. Voglio vivere con lui, anche a costo di rinunciare a te… ed &egrave una cosa che mi costa molto, sappilo.
Adesso ti ho detto tutto… adesso farò l’amore con Dario e lo farò qui, a casa tua… per dimostrare a lui, a te e a me stessa, che riesco a far l’amore con lui anche se non posso più farlo con te. Se vuoi puoi stare a guardarci, puoi anche… farti venire da solo, se vuoi… a me farebbe solo bene, solo piacere…’
Erano già passati diversi mesi da che vivevano assieme nella casina, quasi un anno dalla prima volta che avevano fatto l’amore; ora lo facevano spesso, quasi tutti i giorni, a volte anche due volte al giorno ma Fulvio non si lamentava più. Almeno una volta alla settimana trovavano il modo anche loro, di farlo. Dario lo sapeva, Rossana glielo raccontava sempre, Marisa non era affatto gelosa, anzi, ne andava quasi fiera e Giulia, dalla sua cameretta, spesso li sentiva distintamente. Rossana era perfino riuscita ad incontrare l’ex moglie di Dario e, per fargli una sorpresa, l’aveva fatta venire a cena nella casina… non era stato facile convincerla, ma c’era riuscita. Mentre organizzavano la cosa fu Sabrina stessa che raccontò come era finito il suo matrimonio, come avesse abbandonato Dario per andare a vivere con Viviana e come Dario ne fosse rimasto intristito… ma quella donna l’aveva talmente stregata che non aveva potuto resistere… e non se ne era ancora pentita. L’unica cosa che le dava fastidio era la sua possessività, la sua gelosia e, per poter andare da loro si era fatta aiutare dalla madre e dalla sorella, inventando una scusa alla quale Viviana aveva quasi fatto finta di credere.
Ma la cena andò benissimo, lui arrivò dal lavoro trovandole lì assieme in cucina e ne rimase profondamente colpito. Sapeva che Rossana la conosceva bene, che si erano sentite per telefono qualche volta ma non si sarebbe mai aspettato di trovarla lì. I discorsi della cena, piano piano, andarono a finire sempre più vicini al sesso, tanto che finirono per raccontare a Sabrina tutta la loro storia, condita di particolari e di colori. Quando percepì in Sabrina il giusto grado, Rossana andò decisa fino in fondo:
‘Ma… non ti piacerebbe rifare l’amore con lui, riprenderti un pochino cura di quel bel pezzo di spada di Dario?’
‘E a te non andrebbe di rifar l’amore con Matteo?’
Già, Matteo… era un pezzo che non lo vedeva, non lo aveva più visto, non aveva neppure più guardato il filmato… solo la parte in cui faceva l’amore con Dario, le piaceva…
‘No, non ancora… lui non vorrebbe, io lo so… Dario non &egrave pronto. Ma torniamo a voi due… dimmi…’
‘Io… ne avrei una voglia pazza… soprattutto adesso… prima non ci pensavo molto, ma adesso… se lo scopre Viviana mi ammazza… ma certo che lo farei… anche subito!’
‘E tu, amore, non avresti voglia di lei?’
‘Ma tu? Ci… fai compagnia?’
‘No… no, non se ne parla neppure… io ho da fare, devo riordinare, lavare i piatti… pensare ad altro…’
‘Scherzi… non dici sul serio…’
‘Sono serissima, io. Mai stata così seria… andate in camera, subito, dai!’
‘Beh… in fondo… sei ancora mia moglie… non sarà una cosa strana…’
‘Sono sempre tua moglie… grazie Rossana, io non so cosa dire, ma grazie.’
Ne uscirono, da quella camera, un paio d’ore dopo… di più lei non poteva, doveva tornare da Viviana ad un’ora decente, altrimenti sarebbe successo un casino. Ma promise che appena avrebbe potuto, sarebbe tornata, magari per farlo anche con Rossana…
‘Non ti preoccupare di me, a me ha fatto piacere sapervi felici. Questo pareggia un poco i conti per quello che faccio con Fulvio, ma non era per pareggiare, era per vedervi sorridere.’
Il bacio che le volle dare Sabrina, nonostante le resistenze di Rossana, le trasmise buona parte di tutto quello che era stato per lei quel rifare l’amore col marito, abbandonato per correr dietro ad una donna.
‘Rossana… mi hai fatto un regalo immenso! Non riesco a capire cosa t’ha spinto ma… sono commosso. Naturalmente, questo non cambia nulla…’
‘Lo so, non ti preoccupare, non era per quello che ho pensato di farlo… era solo per rivedervi felici come quando eravate sposati. L’ami ancora tanto vero? L’ami più di quanto ami me…’
‘L’amo… davvero… devo confessare che l’amo ancora e che non mi passerà mai… ma non l’amo più di quanto ami te, non di più…’
‘Bugiardo… io lo so che l’ami tanto. So che ami anche me e se per me questo tuo amore &egrave quasi troppo… mi figuro soltanto cosa sia per lei…’
‘Allora lo sai che ti amo? Che adoro sentirti godere…’
‘Sì… lo so… so che vorresti che tutti mi vedessero, mentre ti godo… lo so…’
‘Anche Sabrina ha goduto molto, l’hai sentita, come cantava?’
‘L’ho sentita e l’ho invidiata, un pochino… spero l’abbia sentita anche Fulvio… domani gli racconto tutto, così si eccita…’
‘Vieni, andiamo a letto… non so se ce la faccio ma… almeno ci provo, al limite, con le mani… basta che riesca a farti felice…’
Il giorno dopo, mentre pranzava da sola, con una vestaglietta aperta addosso al corpo nudo, sentì chiaramente i suoi vicini litigare piuttosto vivacemente: Fulvio urlava a Giulia che non avrebbe nemmeno dovuto pensare a certe cose, la madre cercava di difenderla e Giulia urlava più del padre… si ricompose un attimo, andò al terrazzino e bussò ai vetri…
‘Ecco! Ci mancavi tu a riempire il quadro… adesso stiamo freschi!’
‘Che succede? Qual’&egrave il problema? Non ti ho mai sentito così alterato con Giulia…’
‘C’&egrave che voglio girar per casa come mi pare e lui non vuole, dice che si scandalizza, che sono una bagascia… io voglio solo esser libera di girare nuda, come fai tu, come facevi anche quando eri a casa da tua mamma…’
‘Non mi pare un problema grosso… ti mette tanto in imbarazzo, vederla nuda? Effettivamente, anche io, davanti a mio padre, non lo farei nemmeno adesso, forse… ma mio padre non &egrave te… guarda…’
Aperta la vestaglietta, sorrideva tranquilla davanti a tutti, come nulla fosse, convinta di aver già dato sufficiente spettacolo quando aveva saltato la ringhiera dei balconi per entrare…
‘Lo sapevo che eri nuda, ci avrei giurato… mentre saltavi il balcone ho evitato di guardare apposta… questo non cambia nulla…’
‘Dai, papà… adesso viene il bel tempo… quel bel terrazzo che abbiamo di sopra… mi fa una gola… lì non mi vede nessuno, nemmeno tu… prometto che in giro per casa un qualcosa me lo metto sempre… dai…’
‘Sì… qualcosa… il cappello in testa, ti metti. No, in terrazzo nuda a prendere il sole, no! C’&egrave sempre la possibilità che qualcuno ti vede…’
‘Non mi vede nessuno, là sopra… al limite, ci faccio venire Rossana, così non sono sola… con Rossana va bene?’
‘Basta… hai vinto tu come al solito… però non esagerare… cerca di avere qualcosa per coprirti a portata di mano… magari viene qualcuno e tu gli apri la porta così come sei… Rossana lo faceva, me lo hanno raccontato…’
‘Lo faccio anche adesso, non te ne sei mai accorto che ero nuda?’
‘Basta… mi avete rotto… vado fuori che altrimenti esco di testa…’
Quell’essere difesa a spada tratta da Rossana aveva ridato un gran sorriso a Giulia che le corse accanto e l’abbracciò forte mentre il padre sbatteva la porta.
‘Grazie Rossana, sei stata grande! Adesso verrai davvero a prendere il sole con me, in terrazza?’
‘Non vedo l’ora… ho anche il pomeriggio libero, oggi… se vuoi possiamo cominciare subito… basta che ti spogli!’
La terrazza era accogliente, inondata di sole, incassata nel tetto della casa e abbastanza grande. Stese su un paio di teli cominciarono a crogiolarsi tranquille ma… la curiosità della ragazzina era troppo forte per tacere:
‘Ieri sera ho sentito Dario che faceva l’amore… ma non sentivo te… era un’altra donna… dopo ho sentito anche voi due, ma prima no… chi era?’
‘La moglie di Dario… o meglio, l’ex-moglie di Dario…’
‘E tu? Glielo hai permesso? Li hai lasciati fare?’
‘Io ho organizzato tutto affinché succedesse… sono molto felice di averli resi felici… era tanto tempo che non lo facevano più…’
‘Sei grande! Sei un mito! Già lo sapevo, io… fin da quando ci venivi con tutti e due… mitica! Ma non ti sei unita a loro?’
‘No… ieri era solo per loro due… forse la prossima volta, se ci sarà… anche perché non vedo l’ora di vederlo far l’amore con una donna. Pensa, il primo filmato che ci ha fatto Matteo, la prima volta che ho scopato con Dario, lo riguardo di continuo… mi piace da impazzire… le mie espressioni, le sue… il suo coso enorme e bellissimo…’
‘Hai il filmato della prima volta? Stupendo… potessi averlo io me lo consumerei… noi non eravamo così organizzati…’
‘Dove andate a scopare, tu e il tuo morosino?’
‘Qui in casa, da sempre… o nella mia camera o qui in soffitta…’
‘Ma allora non &egrave così orco il tuo papà… io pensavo che…’
‘No… anzi… mi ha sempre detto: Meglio qui che in giro, con chi vuoi ma qui… e io non gli voglio mica disubbidire… lo faccio qui, l’ho sempre fatto qui, con tutti e tre…’
‘Già tre, ne hai avuti? Non &egrave mica poco per la tua età… io a 18 anni ero molto più indietro… mi sa tanto che diventi monella, tu…’
‘A proposito di 18 anni… io li ho già compiuti…’
‘Lo so… cosa significa?’
‘Che potrei anche vedere quel film, se tu sei d’accordo…’
‘Il mio? Ma sei matta? Non &egrave mica una cosa pubblica…’
‘Nuda ti ho vista, sei qui con me… mi piacerebbe proprio, sai…’
‘Non so… ci devo pensare… forse dovrei dirlo anche a Dario…’
‘Diglielo… non mi mette nessun imbarazzo, che lui sappia…’
‘Poi &egrave tutto assieme… c’&egrave anche la parte di Matteo… non posso dartelo… dovresti vederlo assieme a me…’
‘Magari! Sarebbe il massimo… vederti scopare e vederti accanto a me… una roba da non credere…’
‘Ne riparleremo, dai… l’estate &egrave lunga, io ho molti pomeriggi liberi… mi piace stare qui con te… ne riparleremo…’
‘A proposito della terrazza… se vuoi far venire anche tua cugina…’
‘Meglio di no, che &egrave pettegola, se sente questi discorsi…’

Passarono diverse settimane prima che Rossana si lasciasse convincere a vedere quel video insieme a Giulia, ma la ragazzina insisteva, finiva sempre per andar a parlare di quello, non le dava tregua… con Dario ne aveva parlato ma lui non si era preoccupato più di tanto. A lui piaceva rivederlo ma senza troppo entusiasmo… preferiva farne di nuove, preferiva allontanarsi da quella casa, da quel letto, da quella città. Lo lasciava scorrere sullo schermo senza neppure buttarci l’occhio, gustandosi l’eccitazione di Rossana che, invece, ne era ghiotta come subito dopo averlo fatto. Così, un pomeriggio che pioveva, che non avrebbero potuto stare in terrazza, che Giulia insisteva tanto, lei cedette…
‘Va bene… te lo faccio vedere. Ma dove? Andiamo in camera tua, col PC?’
‘Non &egrave meglio da te? Sulla TV… &egrave più grande, lo schermo…’
‘Hai paura che non ci stia tutto il coso di Dario, sul tuo PC?’
‘Sciocca! Da te stiamo anche meglio… in casa mia non c’&egrave nessuno, ma in casa tua stiamo meglio…’
‘La mia TV &egrave in camera, lo sai… dovremo stare sul letto, non su un divano… sarebbe meglio nel tuo salotto…’
‘No… sul tuo lettone… magari… magari anche nude!’
‘Nude ci stiamo sempre… non mi dirai che la cosa ti eccita…’
‘Un conto &egrave in terrazza, un conto girare per casa mia, un conto diverso &egrave… sul tuo letto… dove lui ti prende… dove anche mio padre…’
‘Sai anche quello? Ma piccola debosciata!’
‘So tutto e mi… piace un casino! Certe volte vi ho anche sentiti, dalla mia camera… sapere che lui era lì con te… ho persino sentito Dario, una volta che vi ha… scoperti… che l’ha cacciato via… che poi ti ha….’
‘Scopata di brutto, come non mai… che uomo strano, il mio Dario…’
‘Me lo fai vedere tutto? Anche la parte con Matteo?’
‘Non se ne parla nemmeno… quella parte non la guardo mai nemmeno io… a volte rivedo solo il filmato dove me lo chiedeva… ma solo pochi attimi, per rivivere l’eccitazione che mi era presa al pensiero di Dario… non insistere, che &egrave peggio!’
Stese nude sul letto, cominciarono a guardare lo schermo che si riempiva delle immagini di quel giorno di ormai un anno prima. Giulia era sempre più eccitata, si muoveva si torceva, non nascondeva proprio nulla.
‘Ma com’era. star lì con lui sul letto?’
‘Era straziante… sentivo il suo sguardo dappertutto, persino dove non poteva entrare, ogni suo alito era come una frustata… ero eccitatissima, bagnata fradicia, la sentivo pulsare e pensavo solo appena se ne va via Dario, appena se ne va via Dario…’
‘Ma non se n’&egrave andato… meno male… altrimenti non lo avresti forse fatto mai…’
‘Non l’avrei mai più fatto, davvero… meno male che &egrave rimasto…’
Quando poi lo schermo si riempì della verga eretta:
‘Che meraviglia! Non ne ho mai visto uno così bello!’
‘Lo dico sempre anche io, tutte le volte che lo rivedo… bello e… buono!’
‘Ti dà fastidio se mi accarezzo? Non resisto più…’
‘Non mi ha dato mai fastidio, vederti accarezzare… mi piace… lo racconto anche a Dario, quando lo fai…’
‘Grazie… raccontagli anche di questo… che… dedico a… quel coso lì!’
Finirono per accarezzarsi da sole, come se fossero state sole, commentando le immagini, commentando le emozioni di Rossana di quel giorno, parlando, volendo sapere, volendo dire, volendo raccontare ma senza quasi toccarsi se non per sbaglio. Ogni tanto cantavano un orgasmo liberatorio senza smettere di prolungare il massaggio, ogni tanto godevano perfino assieme sulla stessa scena ma ognuna del suo, come non era mai successo neppure a Rossana; era un’esperienza che le mancava: in terrazza era quasi solo Giulia che lo faceva, lei per accontentarla, l’aveva fatto un paio di volte mentre la ragazzina la guardava assorta, senza muoversi.
Finito il film, Rossana si alzò dal letto per prendere qualcosa da bere, tornò a distendersi accanto a lei:
‘Ma… a te non piacciono… le… ragazze?’
‘Giulia! Che domande mi fai, adesso?’
‘Niente… io… speravo… che davanti a quello… ma… non fa niente…’
‘Ma sei una ragazzina… io non vorrei…’
‘Ma proprio… non ti… piaccio?’
‘Ma sì che mi piaci… ho avuto perfino una fidanzata, anni fa…’
‘Come una fidanzata? Sei stata con una donna e non mi dici nulla?’
‘Avevo più o meno la tua età… diciotto anni… lei era una mia compagna di scuola; il mio fidanzato di allora mi aveva appena lasciata per una quarantenne sposata, gelosa di me… le piansi addosso un paio d’ore poi, non so come, ci baciammo… fu un fulmine per tutt’e due, quasi più per lei che per me… in camera mia, con mia madre in cucina, nel turbinio dei sensi passammo almeno tre ore a far l’amore senza pensare ad altro. Anche per questo non ho mai permesso a nessuno di far l’amore con me, nella mia cameretta… ho accettato solo Dario, lì dentro…’
‘E poi, come vi siete comportate, dopo?’
‘Dopo, subito dopo… eravamo innamorate: ci vedevamo quasi tutti i giorni, dormivamo assieme spessissimo. Lei era fidanzata ma lo lasciò dopo un mese che era successo il fattaccio… volle dirlo anche ai suoi, volle farlo sapere. Pensa, suo padre ne era entusiasta, riuscì a farlo accettare da sua moglie e perfino da mia madre… se sono felici così, bisogna assecondarle, bisogna stargli più vicino che mai, la situazione non &egrave facile, per loro, diceva. E aveva ragione… facevamo l’ultimo anno di superiori, in classe l’avevano capito tutti, eravamo additate come mostri. Mia madre quasi mi proibiva di vederla, solo dopo che parlò con lui si calmò un pochino ma non le piaceva… mio padre era appena andato via di casa e giravano brutte voci sulle sue amicizie… lui, invece, ci coccolava, ci voleva un bene immenso, ancora me ne vuole… dopo l’esame di maturità stavamo tantissimo assieme, lui volle portarci anche in vacanza, al mare… il mio primo topless l’ho fatto davanti a lui, che insisteva tanto anche con sua figlia… da quel giorno giravamo per casa sempre più nude che vestite… certe volte, uscendo dalla camera lo incrociavo, mi abbracciava e mi baciava le guance e la fronte, anche se ero nuda come adesso. Mi liberavo solo dicendogli che dovevo far pipì e mi scappava forte… non ha mai avuto una pulsione diversa da quella di un padre, nei miei confronti, si &egrave sempre comportato benissimo… a casa loro quasi facevamo l’amore anche in salotto e in cucina, andavamo in bagno assieme, sia per lavarci che per… con le porte sempre aperte e senza un grammo di pudore. Da quel momento ho cominciato a girare nuda anche a casa mia, con mia mamma che mi tirava dietro ogni cosa. Dopo l’estate avevamo pensato di iscriverci all’università assieme, suo padre ci avrebbe perfino comprato l’appartamento ma… io ho incontrato un uomo e mi sono fatta un sacco di domande. Lui non voleva che io la lasciassi ma mi rendevo conto che non era quella la mia strada e neppure la sua, immagino… infatti ha finito per sposarsi col suo ex e adesso hanno anche tre figli.’
‘Non ci hai più fatto l’amore? Non ti manca?’
‘Mancare mi manca… anche tutto il contorno… per il sesso… non ne abbiamo più avuto il coraggio, neppure con l’appoggio di suo padre e di suo marito, comprensivi e dolcissimi. Tranne che con lei, non l’ho fatto mai.’
‘Io… con te… lo farei proprio… io… ho… mi sono…’
‘Non lo dire… non lo pensare… facciamo finta di nulla… se fosse solo una voglia… una voglia come tante… si potrebbe… ma se…’
‘Voglia… tanta voglia… fame… direi fame… fame di te…’
‘Anche io… ho fame di te… troppa fame, per resistere…’
Il bacio fu travolgente, straziante, lunghissimo e narcotizzante. Rossana già lo sapeva, ne aveva esperienza, ma per Giulia, imparare che era tutto più lento, più diluito, come lo scorrere della sabbia nella clessidra, era un’esperienza tutta nuova. Là dove s’aspettava il fuoco e il lampo c’era il soffio leggero dello scirocco; qui dove vedeva solo il dondolio continuo dell’onda del mare calmo c’era il vorticare del gorgo che sprofondava nell’abisso trascinandola dentro senza che mai finisse di trascinare, con la forza della morsa, con il morso di una farfalla. E si perdeva, in questo contrasto di sensazioni, senza capire, senza imparare, senza assorbire nulla, che nulla c’era da sapere. S’era fatti tanti scrupoli di non essere capace, di non essere all’altezza… ora sapeva che non occorreva, che non ce n’era bisogno, che ogni cosa usciva come per incanto, dalle sue mani, dalle sue labbra, dalla sua pelle e dai suoi occhi.

Così le ritrovò Fulvio, al suo ritorno, aggrovigliate sul letto, mentre facevano l’amore… aveva scavalcato il solito balconcino ed era entrato in camera, restando un po’ scioccato da quel che vedeva ma senza scandalizzarsi troppo… un po’ se l’aspettava…
‘Ecco… lo sapevo che finiva così… adesso direte che &egrave normale…’
‘Papà… non te la prendere, dai… &egrave una cosa che mi bolliva dentro anche da prima, perfino da prima di far l’amore con un maschio…’
‘Mi spiace, Fulvio, non &egrave stata colpa mia… volevo anche resistere ma… siamo rimaste travolte senza neppure capirlo…’
‘Non c’&egrave niente di cui scusarsi… l’avete fatto, lo rifarete, non possiamo impedirvelo… ricordo benissimo quando giravi con Tiziana e tua mamma si lamentava con tutti… non c’&egrave stato niente da fare: tu la volevi e l’hai tenuta fino a che ti &egrave piaciuto.’
‘Quella era una storia diversa, e lo sai… eravamo convinte di amarci davvero. Con Giulia &egrave diverso… &egrave poco più di un gioco…’
‘Facciamo che lo resti, un gioco… Giulia ha un bravo fidanzato, non fare in maniera che lo perda…’
‘Papà… io lo amo davvero, non lo lascerei per nulla al mondo, nemmeno per Rossana… lo sa anche lei…’
‘Non era questo… intendeva che non dobbiamo farlo fuggire… il tuo Filippo viene molto prima dei nostri giochi… e sempre sarà!’
‘Ho sentito la macchina di Dario… meglio che squagliamo prima che arrivi in casa, altrimenti son guai di tutti, mi sa…’
Infatti, appena loro due ebbero saltato il balcone, s’aprì la porta e Dario si trovò Rossana nuda, parata a coprire la finestra.
‘Ti fai sempre guardare dal vicino o ci hai scopato fino adesso?’
‘Non ho scopato con lui… ho… ho fatto l’amore con Giulia…’
‘Pure! E me lo dici così, tranquilla?’
‘Ma non ti devi preoccupare… mica tutte le storie del genere finiscono come quella di Sabrina… io non rinuncerei mai a te, per una lei…’
‘Giuralo! Giuralo subito… lo sai che &egrave una cosa che mi ha sconvolto…’
‘Giuro… poi… non volevo neppure ma lei… &egrave così dolce…’
‘Le hai fatto vedere il film, immagino…’
‘Pioveva… lei mi stressava… ha detto di dirti che ti ha dedicato… un orgasmo mentre lo vedeva… sentissi come canta bene… &egrave incantevole!’
‘Son contento… ma mi cambio ed esco… ho appuntamento a cena con dei clienti… non aspettarmi sveglia…’

Passarono altre settimane in cui successe ancora tutto, prima che tutto avesse un senso. Rossana e Giulia facevano l’amore quasi tutti i giorni, in terrazza, sotto al sole. Filippo l’aveva imparato e non riusciva a capire se la cosa gli piacesse o meno… Giulia glielo raccontava mentre facevano l’amore e lui non capiva se la stesse perdendo o guadagnando; certo, pensarla a far l’amore con Rossana era piacevole ma dove andavano a parare? Quella vicina impudica, che aveva già vista tante volte girare per casa nuda appena buttava l’occhio in quella finestra, lo stuzzicava e lo impensieriva… Giulia provò anche a chiedergli se voleva vederle mentre si amavano ma lui si rifiutò… lo riteneva un po’ eccessivo.
‘E se… mi facessi vedere da Dario, mentre lo faccio?’
‘Ma sei matta? Già ti ha beccato tuo padre, mentre lo facevi… no, dai…’
‘Ma tu non sei geloso… hai sempre detto che non c’&egrave ragione… adesso che ragione c’&egrave? Non so nemmeno se mi scoperebbe, Dario…’
‘Ti scoperebbe eccome… ma questo non sarebbe il problema…’
‘E quale sarebbe , se non &egrave questo?’
‘Sarebbe… non lo so… io non vorrei vederti con lei… lui…’
‘Ma se mi capita di… farmi scopare da lui… tu ti arrabbi molto?’
‘Hai già deciso di farlo? Pensi che io possa impedirtelo?’
‘Ma mi ameresti di più o di meno… dopo?’
Ci dovette pensare un poco, Filippo, prima di rispondere… ma le parole uscirono dal più profondo, non da dove avrebbe voluto lui:
‘Di più… ti amerei di più… se torni da me… di più…’
‘Amore mio sei mitico! Ti faccio un monumento, ti faccio!’

Perfida come sempre, quando si gioca pesante, cominciò lentamente a far capire a Rossana che le sarebbe troppo piaciuto farsi vedere dal suo Dario… ma lo fece velatamente, girando attorno attorno all’argomento, senza quasi farsi scoprire. La cosa finì per piacere più a Rossana che a Giulia, tanto che Dario ne fu coinvolto senza quasi capirlo… così, un altro giorno di pioggia, un sabato pomeriggio, Rossana scavalcò nuda il balcone e raggiunse la famiglia che ancora stavano a tavola:
‘Oggi Filippo non ti viene a trovare, vero?’
‘No, ha il turno… verrà stasera tardi, ma dopo dorme con me…’
‘Allora adesso ti rapisco io…’
‘E dove la porti?’
‘La voglio donare al mio Dario… &egrave un sacco di tempo che ne ho voglia…’
‘Ma siamo impazziti? E tu gli dai nostra figlia così?’
‘Non li lascio mica soli… me li coccolo anche io…’
‘In tre… come al solito… ma che roba…’
‘Zitto papà… non protestare, che &egrave inutile… e Filippo &egrave contento, stasera glielo dico mentre ceniamo, va bene?’
Così s’alzò dal tavolo, Rossana gli tolse di dosso quel poco che aveva e se la portò già nuda via con lei… Dario era in bagno a farsi la doccia, loro ebbero il tempo di mettersi sul letto e di cominciare a baciarsi con grande dolcezza. La sua reazione non fu, però, delle migliori… nonostante ne fosse a conoscenza, vederle lì davvero lo raggelò e lo riportò a pensare a Sabrina. Ci volle tutta la comprensione di Rossana per rimetterlo a suo agio…
‘Vieni, amore… guarda quanto &egrave bella, quanto &egrave dolce… aiutami a farla felice… coccoliamola assieme…’
Pian piano, dolcemente, scopriva che quelle carezze della sua Rossana sul corpo della ragazzina erano tutt’altra cosa di quello che aveva immaginato fossero le zampe di Viviana sul corpo di sua moglie. Senza potersi più tirare indietro, dovette ammettere anche a se stesso che era forse lo spettacolo più bello che avesse mai visto. Il sorriso di Giulia, mentre si tuffava negli occhi di Rossana era trascinante, dolcissimo. Si ritrovava spesso anche nei suoi, gli occhi della ragazzina, emozionata e fremente, occupata più a rubare la lingua di Rossana che a pensare a cosa nascondesse quell’accappatoio giallo che ancora lui aveva addosso. Allora cominciò anche lui a carezzare la pelle abbronzata di Giulia, delicatamente, dall’anca fin quasi all’ascella, quasi a chiederle permesso, quasi si vergognasse d’essere lì con loro. La mano di Rossana cercò quella del suo compagno, delicatamente la forzò verso il pancino, poi verso il seno, trasmettendogli un piacere tutto nuovo.
‘Senti, Dario, come &egrave delicata… com’&egrave sensibile… com’&egrave morbida? Io adoro carezzarle i seni… passerei delle giornate a farlo… dille che ti piace…’
Ma dalla bocca di Dario non uscivano parole… riuscì solo a grugnire e si rese conto che era intollerabile, quel suo verso… si sentiva bestia, orco, cannibale… con la mano di lei che ancora lo guidava, lo torceva, lo devastava di una carezza così delicata e fuggevole che non era la sua. E lei la spostò, quella mano… la guidò giù, verso il basso, verso il pancino, verso il pube coperto di morbido pelo, verso le labbra rasate di fresco, verso il fuoco liquido e tremendo che esplodeva dalla sua figa come lava di vulcano! Ora, solo ora, lei gli libera la mano… adesso ce la può fare, anche da solo, adesso o mai più, perché quel che le doveva raccontare glielo ha già raccontato. Inebetito, le osserva mangiarsi di baci i sorrisi, bersi gli sguardi, godersi a vicenda ma non solo… vede Rossana godere della sua mano sul pube di Giulia, del suo pollice affogato fra le labbra, rivede se stesso che la guarda godere godere godere.
Adesso che le munge il clitoride con le labbra, che le morde la vulva, che le biascica addosso mentre la sente svenire nella bocca di Rossana, adesso la ama… adesso lo sa, prima non la voleva, adesso la ama; adora il suo sobbalzare, il ritmo del suo fremito, l’irrigidirsi deciso, il suo premersi contro, calzare, affogarlo. Poi si rilassa, fremente ma morta, felice.
Cade, l’accappatoio giallo, cade. Nessuno lo raccoglie, nessuno lo rimpiange. Si stende accanto a loro, sul letto, Rossana gliela volge, lui, finalmente, la bacia, la bacia di lei, piena la sua bocca, del sapore di muschio selvaggio e Giulia sorride, con gli occhi velati di lacrime e la lingua che guizza veloce, rallenta, rotea, guizza ancora, ansima, chiama. Non dura abbastanza, un soffio di vento, forse solo un millennio, ma non dura abbastanza… lei si alza, si solleva sul gomito, cerca con lo sguardo più in basso, verso la verga.
‘Ma &egrave magnifico! Enorme, bellissimo, mai visto, un coso così bello!’
‘Te l’avevo detto, io… prendilo, sentilo in mano… &egrave terribile!’
In mano, non solo, si avvicina, si accuccia, lo osserva stupita, rapita; lo prende, con una mano, con due mani, lo gioca, ci gioca, grondante d’umore, senza esser stato baciato. L’avvicina, lo stuzzica con l’unghia, lo lecca, lo bacia… in fondo, dall’altra parte, due bocche s’intrecciano, si dicono cose, si mangiano proprio sotto il suo culo, spalancato, osceno, carezzato da due mani che intrecciano spesso le dita sul suo sesso. Poi le sente, quelle dita, avventurarsi dentro, due diverse, tre diverse, ora quattro che una si &egrave infilata dove non dovrebbe… tre assieme che vanno e che vengono, una insieme ad altre due che le alterna… nonostante l’impegno, non riesce a far nulla, se ne viene ancora e s’accascia sul palo di carne, che le sfiora la guancia. Appena ripresa, col tormento che non cessa, riprende il lavoro, riesce a prenderlo dentro, lo carezza con labbra e lingua, lo stordisce di mano, carezza i gingilli, quasi fossero gatti. Ma anche di questo, ben presto si stanca, si rigira, li bacia, sorride golosa… non sa come chiederlo, non sa cosa fare… Rossana ha capito, forse anche Dario. Lei la posa sul letto, l’accarezza piano, poggia il viso sul suo pube e lo chiama.. lo chiama nella sua bocca, lo bacia prima, lo guarderà poi… lo chiama a sapere una cosa che non sa, ad assaggiare quel frutto sugoso e maturo.
E lui passa nella sua bocca, Giulia lo sente sul pube, sente il peso e la pressione, sente la mano di Rossana che le alza le chiappe dal letto, sente che non &egrave più nella bocca, lo sente che s’apre il suo varco.
Le &egrave tornata vicina, vicina alla bocca ma non riesce a baciarla, sente i suoi baci, sul collo e sul viso, sulle labbra spalancate e ansanti. Appena dopo che l’orgasmo l’ha squassata, la sente sussurrare, dolcemente, sulla bocca:
‘Adesso lo facciamo venire… nella tua bocca, come tanto gli piace…’
‘No… che schifo! Nella bocca non voglio… non posso!’
‘Ma non essere sciocca, &egrave buonissimo, fidati… &egrave la cosa più buona del mondo, dovresti diventarne ghiotta, come me…’
Ma non era convinta… lui era già uscito, sentiva la sua figa abbandonata e fresca, lo vedeva massiccio e imponente che la veniva addosso, cavalcandole il busto, con quel coso grondante e lucido che le si avvicinava ai seni, al collo, agli occhi e lo guardava con disgusto e astio. Sapeva che doveva farlo, l’avrebbero costretta a farlo, si sarebbe imposta di subire quella tortura ma, chiaro? lo faceva solo per la gratitudine.
‘Apri bene la boccuccia, amore mio… tira fuori quella meraviglia di lingua, non farmi dannare, dai… ubbidisci… niente capricci… svelta… dai retta alla tua Rossana che lo sa, che poi sarai più felice.’
Di mala voglia, ma le ubbidì davvero, giusto in tempo per raccogliere il selvaggio grugnito di Dario e la doccia degli schizzi bianchi e densi ad invaderle la lingua, la bocca, il viso e gli occhi. E l’espressione cambiò subito, ritrovandosi a sorridere di tutto il suo spavento, ritrovandosi un sapore nuovo sulla lingua, sul palato, ritrovandosi la lingua di lei che, golosa, la leccava e la baciava, la puliva e la sporcava, la bagnava e l’asciugava, riportandole in bocca ciò che s’era sparso inutilmente in giro.
‘Ho… bevuto Dario… ho bevuto il suo sperma… ho mangiato la tua lingua con lui sparso sopra… quando lo dico a Filippo non ci crede!’
‘Sì… e adesso te lo riprendi in bocca fino a che non l’hai ripulito per bene!’
‘Me lo dovrai togliere con la forza, Rossana… altrimenti ingoio anche il coso e non lo vedi più…’
Rossana lavora per un editore che, da piccolo piccolo, si &egrave fatto un bel nome. Tutto era cominciato in quel paesino di collina, con una piccola libreria e qualche volume stampato. Adesso il grosso del lavoro viene fatto lontano, giù in città ma la sua libreria ‘storica’ il Chiaretti, non l’ha voluta mai abbandonare… ci ha messo Rossana appena diplomata, va a trovarla una o due volte alla settimana, la lascia libera di fare quel che vuole, con tanti pomeriggi liberi. Gliela aveva presentata il suo amante di allora, quello che prese il posto di Tiziana ma neppure quando lui la lasciò, nonostante la fama di dongiovanni, le diede mai spazio per pensieri osceni. E dire che lei, Rossana, un po’ li bramava, ma aveva continuato a dargli del lei, a lavorare con dedizione e a… sperare che lui si decidesse. Erano passati anni, lui nel frattempo si era sposato con una ragazza molto giovane, quattro anni più giovane di Rossana e avevano avuto un bimbo l’anno prima, circa all’inizio della relazione fra Dario e Rossana. Ora, fra le tante attività dell’editore, c’era anche una collana di libri erotici, altamente erotici… quelli che maggiormente davano lustro e guadagni alla Casa; Rossana spesso doveva correggerne le bozze, rileggerli più volte… leggerli e consigliarli ai clienti, sia per telefono, sia dal vivo. Adesso gli ordini arrivavano spesso anche in via telematica e lei li sbrigava con disinvoltura, seguendo le richieste dei clienti, dando recensioni personali, consigliando tanto bene che, ormai, chiedevano di lei anche i clienti più importanti, quelli che normalmente trattavano direttamente con il Chiaretti. Si era spinta perfino a dare indicazioni agli autori, in base a quello che chiedeva il pubblico… e la cosa aveva talmente stupito il Chiaretti che… mi portò da lei… sì, qui intervengo io in prima persona perché sono autore di diversi romanzi e racconti pubblicati da Chiaretti ma, ahim&egrave, ero in fondo alla crisi da foglio bianco… erano quasi due anni che non scrivevo più nulla. Lui era preoccupato più di me: i miei si vendevano ancora bene, ma se non scrivevo cose nuove, avrei finito per esser dimenticato dal pubblico e lui non lo gradiva. Ero stato fra i suoi primi autori di successo, non voleva che mi esaurissi così. Decise di portarmi da lei, da Rossana; io l’avevo sentita varie volte per telefono, ci eravamo scritti qualche email ma nulla di più. Arrivammo verso le nove e mezza che lei manco ci aspettava, ci sedemmo nel salottino della libreria e Chiaretti le disse perché eravamo lì:
‘Tu sei sempre a contatto col pubblico, sai cosa vogliono leggere, i suoi libri li conosci, aiutalo a scriverne uno nuovo!’
‘Ma non saprei da dove cominciare, così su due piedi… i miei consigli glieli ho già dati ma non son serviti a molto…’
Questa ragazza sensuale e semplice, vestita con una maglietta a righe e una gonna lunga e grigia, semplicemente appoggiata sulla punta della poltrona con le gambe un po’ divaricate e il sorriso disarmante mi catturava pian piano… sarei riuscito a scriver qualcosa lo stesso, anche senza i suoi consigli, senza le sue fantasie…
‘Forse… l’unica cosa un po’ intrigante sarebbe… la storia del mio ultimo anno… ma credo che non sia così… erotica.’
‘Prova a raccontare, poi magari ti fermiamo, se non la riteniamo interessante… Luca ha bisogno di stimoli, non possiamo perderlo!’
Accesi il piccolo registratore che mi ero portato e, son molto pentito, non avevo una telecamera… vi assicuro che sentir raccontare da lei la storia, con quell’aria innocente, con quella semplicità e quel garbo &egrave stato un tormento!
‘Rossana! Ma &egrave grandioso! Sei sicura che può scrivere questa storia, che non dà fastidio a Dario o, magari… a Matteo?’
‘Dottor Chiaretti… a Dario lo chiedo stasera ma… per Matteo… non saprei… io… non ne avrei tanta voglia di chiedere qualcosa a lui…’
‘Al limite ci penso io… magari gli prometto una parte del ricavato… a volte funziona… lo conosco poco ma posso provarci. Intanto senti Dario. La storia mi piace troppo, non mi sarei aspettato una vita del genere da te… e… dimmi… giri spesso senza slip, adesso?’
‘Adesso quasi sempre… Dario, a volte, me li fa togliere prima di uscir di casa, se me li trova addosso… ma a me piace, fargli i dispetti, ogni tanto.’
‘Magari sei senza anche adesso, no?’
‘Certo… vuol controllare?’
Torcendosi un poco verso di lui, gli porgeva il fianco, alzando il braccio, con una naturalezza come se chiedesse quanto zucchero mettere nel caff&egrave… e lui, il dottor Chiaretti, visibilmente alterato, non sapeva se osare o meno allungare la mano. Ma l’allungò, quella mano. Si mise a carezzare lieve quell’anca lentamente, risalendo da in cima alla coscia fino alla fine della gonna… poi ridiscese piano, molto piano. E risalì ancora e ridiscese, fin quasi al ginocchio.
‘Quella, dottore, &egrave la balza della calza… le mutandine dovrebbero star più in alto ma non ci sono, nemmeno sotto l’orlo della gonna, vuol vedere?’
‘No… no… ci credo, adesso ci credo… questa &egrave la balza… la calza… sì…’
‘Chiaretti, ci aspetta tua moglie a pranzo, ti ricordi?’
‘Certo! Andiamo subito… ti manca nulla?’
‘Al limite… il numero di telefono di Rossana… se mi sfugge un particolare, se non capisco qualcosa…’
Lo scrisse immediatamente su un foglietto e me lo porse, sorridendo.
‘Per qualsiasi cosa, anche solo per un saluto… &egrave sempre acceso, anche di notte, anche nei giorni di festa… quando lei lavora meglio, lo so…’
Presi le mie cose, trascinai via il Chiaretti che era un mulo frenato, salutammo e via, verso la città. Confesso che non avevo voglia di andarmene da li dentro ma avevo anche la necessità di risentire quel nastro, quella sua voce sensuale e allegra che raccontava, riorganizzare tutti gli episodi narrati che, ora, erano molto confusi nelle mie orecchie e più pensavo a lei che si faceva carezzare la coscia, più mi si confondevano. Poi avevo proprio voglia di provare a scrivere, quella storia, avevo fretta di tornarmene a casa, nel mio caos personale. Anche la moglie di Chiaretti rimase entusiasta dell’idea, enunciata a grandi linee dal marito mentre mangiavamo.
‘Luca, non vedo l’ora di leggere la tua versione dei fatti, lo sai che adoro come scrivi… promettimi che mi mandi le prime bozze anche se non hai ultimato il racconto… anche solo a capitoli…’
‘Promesso… penso che nel giro di dieci giorni riesco a farti avere le prime bozze… per l’intero mi servirà un mesetto…’
‘Stringi, che abbiamo fretta… che se lo fai breve &egrave meglio, si vende più facilmente e ci guadagniamo di più… ma Matteo non lo avverto, io…’
Fuggii via come il lampo appena mi lasciaro partire e, appena arrivato cominciai a lavorare… in capo a una settimana avevo già parecchio materiale, telefonai a Chiaretti e gli dissi che volevo che lo leggesse per prima Rossana, davanti a me… una condizione sciocca… ma non sapevo come fare: volevo rivederla, riascoltare la sua voce, sentire i suoi commenti, senza un briciolo di speranza di… scoparla! Lo so &egrave banale, ma non vedevo che quello, pur capendo che non sarebbe mai successo.
Mi fissò una camera nell’albergo che sta a pochi passi dalla libreria e mi disse di andare là, che avrebbe detto a Rossana di raggiungermi, che in albergo eravamo più tranquilli, senza telefoni, clienti e scocciature. Non mi pareva vero… ma poi, cosa cambiava? Se mi fosse riuscito di sedurla, l’avrei potuto fare anche in libreria… se non ci fossi riuscito, manco l’albergo avrebbe aiutato… ma tanto pagava Chiaretti, andava bene anche così. Arrivai a sera tarda, dopo esser passato a cena da loro, mi diedero la stanza e mi sprofondai nel letto a rileggere il mio racconto.

Alle nove e mezza bussò alla mia porta, andai ad aprire e vidi Rossana con uno splendido sorriso che si tramutava in una smorfia orrenda, come se le avessi aperto le viscere per prendermi la milza…
‘Rossana! Che accade? Che ti prende?’
‘Niente… mi perdoni… pensavo ci fosse il dottor Chiaretti, qui…’
‘Non ti ha detto che ero io, ad aspettarti?’
‘No, mi ha detto solo -vieni su in albergo, chiedi di me- e io… &egrave proprio uno stronzo, ecco!’
‘Spiegati meglio e… dammi del tu, che mi fai sentire vecchio…’
‘Non mi pare il caso… invece sì, se lo merita, ecco! Il giorno dopo che sei venuto in libreria, me lo son visto tornare lì… non viene mai, mi ha sorpreso. Girellava senza meta, non cercava nulla, mi son messa al computer e ho iniziato a lavorare. A un certo punto me lo ritrovo dietro la schiena, mi chiede se ero senza slip anche quel giorno, gli rispondo certo, come sempre… comincia a rifare la scena del giorno prima, su entrambe le gambe, risaliva sempre, riscendeva sempre più… nemmeno il reggiseno? Quelli non li ho messi mai, ne ho un paio che me li hanno regalati ma sono nuovi… mi piglia i seni nelle mani, mi giro, mi bacia, un vortice che mi travolge… aspettavo che lo facesse da quando mi ha assunta, capirai se mi tiro indietro adesso! Lasciamo tutto come sta, porta aperta, telefono, computer… mi porta dietro, nel magazzino, mi alza la gonna e si mette in adorazione. Abbiamo passato due ore a scopare come pazzi, io che non mi capacitavo, che lo ringraziavo, che ero al settimo cielo. Poi ha dovuto scappar via, ma mi ha dato un bacio sulla porta che non lo scorderò mai, lasciandomi intontita con un cliente che voleva entrare e tossicchiava per farci scollare… pensa… appena siete andati via voi due ho dovuto chiudermi in bagno a farmi passare da sola l’eccitazione che mi aveva messo addosso davanti a te… pensa cosa ero il giorno dopo! Fatto sta che dopo tre giorni ritorna, lunedì scorso… lui il lunedì non lo vedo mai! Apre la porta, mi chiama fuori, corro: chiudi tutto che stamattina non lavori! Dove mi porta dottore?’
‘Ma gli dai sempre del lei? Anche dopo…’
‘Sì… mi eccita anche di più… poi… sarà l’abitudine, ma mi piace. Insomma, mi trascina per strada, ma dove andiamo? In albergo! In albergo? Gli era rimasto impresso che non avevo voluto andarci neppure con Dario e che mi metteva in imbarazzo… lo seguivo, ma le gambe tremavano come non mai… ma qui c’&egrave un solo albergo, ci lavora mia cugina, mi vergogno… non c’&egrave stato verso. Poi lo sapeva: la vergogna mi faceva crescere l’eccitazione… siamo arrivati qui, ho dovuto chiedere una camera davanti al sorriso beffardo di mia cugina, lei ha rincarato la dose dicendo di darmi la migliore, la più tranquilla, che avevamo bisogno di star comodi… io ho risposto a tono, dandogli la carta di identità: lui &egrave sposato, io non sono sua moglie… siamo venuti su, mi ha spogliata in un lampo e mi ha stesa sul letto per tre ore di seguito… su quel letto!’
Indicava proprio il letto dove avevo passato la notte più a rileggere la sua storia che a dormire.
‘Sarà una combinazione, un caso…’
‘No! &egrave uno stronzo e basta… ha aspettato anche che la stanza si liberasse, ieri era occupata! E adesso? Che ci faccio qui, davanti a questo letto?’
‘Io ti ho cercata solo per farti leggere la storia, ma se vuoi te la lascio e vai via tranquilla… quando hai letto, ne riparliamo…’
‘No, non scendo giù così… piuttosto faccio la figura della puttana fino in fondo ma non scendo! Dammi da leggere!’
Era una furia selvaggia e la capivo benissimo… quel bel tipo del Chiaretti aveva rovinato a lei e a me una bella situazione, pazienza…
‘Ti andrebbe di leggerlo a voce alta, così mi rendo conto meglio delle impostazioni? &egrave un problema?’
‘Assolutamente no, nessun problema… spero di leggere bene…’
Placata o meno che fosse la sua stizza, lesse buona parte di quel che avevo scritto entusiasmandosi riga dopo riga, quasi fosse una storia tutta nuova per lei.
‘Luca! Hai fatto un capolavoro! &egrave sicuramente la cosa più bella che hai scritto e sai cosa penso delle altre… sentirmi protagonista di un tuo romanzo mi… mi riempie di… orgoglio e di…’
‘E di?’
‘…e di… niente, lasciamo perdere, che &egrave meglio… posso sdraiarmi sul letto?’
‘Puoi fare tutto ciò che vuoi, come vuoi…’
‘Allora mi ci metto nuda, sul letto… ma ti spogli anche tu e vieni lì con me…’
Alcuni mesi dopo, mentre erano già a letto e Dario la baciava dolcemente, Rossana gli sussurrò:
‘Amore, Chiaretti mi vuole portare in Fiera a Torino con lui, alcuni giorni…’
‘Come sarebbe ? Dormirai con lui?’
‘Mi ha chiesto di prenotare LA camera… suppongo di sì… gli ho anche detto che sua moglie controlla la contabilità, se ne accorgerà che la camera &egrave una soltanto; ha detto che troverà una scusa.’
‘E Tu? Hai già prenotato, naturalmente!’
‘No… volevo che tu lo sapessi, prima… francamente, non vedo l’ora!’
‘Si sente… sei un lago peggio del solito! Reggerò questi tuoi vizi?’
‘Anche a te pare facciano un bell’effetto… guardalo, come si impenna!’
‘Dimmi solo che non smetterai mai, di venerarlo…’

Arrivò anche il giorno della partenza, senza ipocrisia alcuna, il dottor Chiaretti si presentò alla porta della casina e Dario lo fece accomodare… ma Rossana aveva un’espressione imbronciata, strana per lei.
‘Dario ha insistito tanto che l’ho dovuto accontentare… ho messo anche gli slip, stamattina. E ho dovuto metterne anche in valigia.’
‘Non mi pare così grave… preferivo senza, ma va bene.’
‘Adesso li puoi togliere, Rossana. Ne volevo solo un paio intrisi di te.’
‘Davvero? Non era una punizione? Posso star senza?’
Già li aveva tolti, era corsa da lui trattenendo alta la gonna e l’aveva baciato attraverso la stoffa delle mutandine… intrise di umori, come Dario aveva previsto. Chiaretti, davanti alla scena, si era visibilmente turbato; seguiva quel bacio sensuale e penetrante, quel suo deretano esposto e impastato dalle mani di lui, come un sogno osceno. Ora l’avrebbe portata via con sé, quella ragazza dal viso innocente e sensuale, l’avrebbe tenuta con sé almeno tre giorni, lontana da tutti ma… invidiava quel bacio. Lui seduto in poltrona, lei con una gamba sul bracciolo, continuava a baciarlo e a farsi tormentare le natiche dalle sue mani, spesso rasenti le labbra, spesso quasi dentro, spesso a spalancarle finché, in un ultimo sospiro profondo, gli venne in bocca, torcendo lo slip contro la sua guancia.
‘Animale adorabile… trovi sempre il modo di farmi sentire così?’
‘Vai adesso, altrimenti fate tardi, dai…’
Il viaggio in treno fu un calvario per entrambi, costretti a contenere le dirompenti necessità; Rossana si offrì volentieri anche di andare in bagno, per risolvere il problema ma il dottore non volle.
‘Avremo una bella camera a nostra disposizione, fra poco”
Vederli baciarsi con passione, sensualità, naturalezza e sentire la ragazza che dava ancora del lei al suo compagno era un contrasto che gli altri non capivano. Lui aveva provato più volte a farsi dare del tu, ma a Rossana piaceva troppo, questo apparente distacco anche nell’intimità più spinta. Quando anche il taxi fu abbandonato ed ebbero raggiunto la reception dell’albergo, lei fu fiera di poter chiedere la loro matrimoniale a quella bellissima ragazza vestita di blu, sottolineando che non era suo marito, quel distinto signore.
Appena chiusa la porta alle loro spalle, lei era già distesa sul letto, chiamava l’amante e cercava di godersi gli ultimi sprazzi di un pomeriggio che le era servito solo ad aumentare le loro voglie. Ma lo volle nudo, prima d’essere spogliata, lo volle accanto a sé soltanto nudo poi si lasciò spogliare da lui mentre s’immergeva nei suoi baci, ad occhi chiusi e sempre dandogli del lei… erano quasi abituati, ormai, a conoscersi profondamente, a rincorrere i piaceri e le lusinghe ma dovevano sempre combattere col tempo, fuggire dall’alcova, respirarsi in fretta gli odori prima che svanissero. Adesso no. Avrebbero avuto tempo, non troppo ma tempo. Si sarebbero potuti quasi saziare anche delle ore passate in treno a tormentarsi le mani a vicenda, sentendo l’eccitazione che saliva fino a vertigini estreme senza possibilità d’essere liberata. S’era fatta baciare anche in treno, anche in taxi, da lui che quasi non voleva, s’era fatta baciare con passione e a lungo, per sé, per lui e per chi li guardava sbigottito. Ora era sua, nuda e languida a nutrirsi di carezze lente e profonde, di baci ardenti, quasi dimenticando di avere sessi da confortare, da placare, da sistemare in qualche maniera. Fuori imbruniva appena, lasciando la stanza alla penombra del tramonto di maggio, nel fresco profumo dell’albergo. Lui non si decideva, lei quasi se n’era dimenticata ma bastò poco per richiamarla alla vita, alla sua vera voglia: incrociò casualmente la verga esplorando il suo ventre, la saggiò a lungo mentre le mani di lui correvano forse più all’ascella che al seno. La trovò invitante, un richiamo sottile… delicatamente si erse sul busto quasi senza staccarsi dalla sua bocca ma poi se ne allontanò per curarsi soltanto del particolare emergente, del suo fallo bramoso, svettante. Anche a questo, lui, era ormai abituato ma così, lentamente, dolcemente, gli pareva tutto più nuovo. L’aveva voluta con sé anche a costo di feroci litigi familiari, l’aveva implorata di accompagnarlo, l’aveva perfino chiesta a Dario; adesso l’aveva, senza limiti e intoppi, senza intrusi e curiosi, l’aveva. La fame era tanta, anche se rotta da frequenti spuntini veloci che si erano già concessi ma non li avevano certo saziati. Si conoscevano, lo facevano spesso, si amavano molto ma sempre di fretta. Ora, il tempo c’era, avrebbero solo dovuto centellinarsi a vicenda, ritardare il morso finale, trascinarsi attraverso una palude insidiosa ma non avrebbero dovuto affogare. Lui, soprattutto. Preoccupato dal gran desiderio, si concentrava sulle sue vibrazioni, aveva concesso al suo corpo di staccarsi dal membro, l’aveva lasciato lì, da solo, dentro la bocca e nelle mani di Rossana affinché ci giocasse, le piacesse. Ma senza cervello. Senza cervello non avrebbe potuto finire, non morire, non venire. Il cervello era concentrato su quel che aveva di Rossana: non la sua bocca, non le sue mani, forse i suoi occhi che sapeva potevano vedere quel che lui faceva. Aveva davanti uno splendore di carne, a cavallo del viso, sapeva le sue mani piene di quella carne e di quella pelle, baciava e mordeva, leccava e suggeva quel nettare come ape nel fiore, delicatamente, senza fretta, ascoltando l’amore che piano sgorgava, assaggiando ogni goccia di miele che cola. Con grande fatica ma ci riuscì, riuscì a trattenersi talmente a lungo in quel suo lavoro che ebbe modo di sentirla gemere del primo magico orgasmo, urlare stravolta dal secondo, cadere tramortita dal terzo, così intenso e profondo da togliere il fiato perfino a lui. La sentì accasciarsi nella sua bocca, quasi potesse entrarci tutta dentro, quasi volesse essere ingoiata, mangiata, digerita; intanto, laggiù molto più lontano dai suoi interessi, sentiva le sue mani stringersi e poi allentarsi del tutto, mollare la presa. La bocca di Rossana già distante aveva svuotato la sua energia in un canto finale e, ora, la sua testa rotolava accanto a quel pene senza poterlo curare… ansimava scomposta, spossata, disorientata, selvaggiamente travolta da se stessa, incapace di muovere un dito. Delicatamente la riversò sul copriletto amaranto e la raggiunse, baciandole dolcemente i sospiri profondi, le labbra socchiuse, gli occhi assenti e felici. Senza fretta, che fretta non c’era, senza meta, che meta non c’era, c’era solo da amarla, venerarla e poi berla. Soltanto quando s’ebbe ripresa per bene, nutrita di baci e lusinghe, sorridente e stanca ma pronta a svegliarsi, frugandole il corpo, frugandole la mente, s’accinse a prenderla davvero, a gettarsi dentro di lei, ad affogare senza la minima voglia di morire. Ancora, ancora concentrato e distolto, cercava di farla godere, di poter mangiare i suoi canti, di baciarle i sospiri, trascinandola lievemente lontano da tutto. Ci volle più tempo, più concentrazione, meno distrazione, un bacio più profondo, le lingue impazzite, i respiri simmetrici e il suo stringerle il seno, torturarle il capezzolo gonfio. La vide sciogliersi ancora, abbandonarsi fremendo al piacere più forte, al canto più bello, senza smettere mai di immergersi in lei. Però s’era torturato anche troppo, aveva trattenuto le gioie fin oltre ogni limite, lo sapeva benissimo… domani, magari, non oggi, adesso… domani promesso, trattengo di più… adesso non posso, adesso mi chiami… come premio ebbe di poterla sentire ancora, ancora una volta, godere con lui, godere di lui, venirle dentro, allagarla d’amore, assorbire anche l’aria, reclamare un diritto, esplodere immenso, in fiotti bollenti.
Stettero morti sul letto, abbracciati e ridenti per lunghi minuti, poi lui cercò di alzarsi, muoversi.
‘Dove va, dottore? Non si lavi da solo, aspetti anche me…’
‘Andavo solo a… far pipì… non a lavarmi…’
‘Aspetti… vengo con lei… voglio stare con lei mentre…’
‘Va bene, non c’&egrave problema…’
‘Venga qui, dottore, non lì…. venga qui da me…’
Rossana s’era messa già ad attenderlo, nella doccia, seduta sui talloni, le cosce spalancate il più possibile, il busto curvato indietro a offrire seni, pancia e pube nella posa più oscena che avrebbe potuto pensare.
‘La faccia addosso a me, la prego… voglio sentirla addosso a me!’
‘Ma Rossana! Non l’ho mai fatto! Mi pare anche umiliante!’
‘Non l’ho mai fatto neppure io, dottore… non &egrave umiliante: &egrave un suo dono, la prego… ne sento proprio il bisogno…’
‘Ma se ti prendo in viso? Che mi fai fare?’
‘Se mi prende in viso, sarà ancora meglio… in viso, in bocca, dove vuole.’
Cercando di dirigerle il getto verso le cosce, al massimo al ventre, le ubbidì senza resistenze ma lei cercava di spostarsi di sentirlo più addosso, quel getto… finì per assecondarla, per colpirle i seni, il collo, il viso. La vide dischiudere le labbra e accogliere almeno qualcosa sulla lingua, gli parve incantevole come mai gli era parsa.
‘Lo rifaremo ancora, dottore? Me lo rifarà?’
‘Se… se a te… piace… lo rifaremo. Io non capisco, non so…’
Ma gli era risorta l’erezione, nel frattempo.
‘Adesso mi sento… marchiata… più sua… davvero!’

Rifecero l’amore, prima di cenare, lo fecero cenando, con lei, mancina, che lasciava la destra nella sua sinistra, appoggiando spesso il capo sulle mani congiunte, godendosi un sussurro d’emozioni ad ogni sua parola. La sera no, non ne ebbero più forza, nemmeno Rossana che gli s’addormentò addosso allungando la gamba sul sesso del dottore, avvolgendone il petto col braccio, invadendolo coi seni, poggiando il viso sull’ascella, abbandonata come quasi mai aveva fatto, dormendo con un uomo. Ma al risveglio del dottore, lei che ancora ronfava beata, gli fu facile possederla ancora, inumidendo appena la soglia con un dito, s’accorse ch’ella era già pronta, calda, invitante. Guidò la verga dentro e lei non si scompose; pian piano, mentre si svegliava, quasi inconsapevole, l’aiutava muovendo piano il bacino. Quando fu sveglia a sufficienza, si erse a cavalcarlo, travolgendolo con un sorriso.
‘Buongiorno, dottor Chiaretti… permette che la scopi io, stamattina?’
E si chinò a baciarlo, profondamente, a lungo mentre il ritmo aumentava, la ritrovava viva. Ebbero il coraggio di vestirsi e lasciare la camera, qualche ora dopo… il lavoro li attendeva davvero. Rossana era quasi meno triste di lui, mentre si vestiva: pensava e sapeva che ci sarebbe tornata, in quella camera, fra non molto, dopo tutto. Pensava e sapeva che avrebbe fatto l’amore con lui anche durante il giorno, anche da vestita, anche da distante. Pensava e sapeva che non era come al solito, non era come con Dario… Al Salone c’era il loro stand, pronto; c’erano un paio di ragazze di una libreria di Torino che li avrebbero aiutati, c’era perfino un autore che presentava il libro. Chiaretti non era lì per il pubblico, a quello ci avrebbero pensato loro; lui era presente per incontrare un collega tedesco a cui avrebbe passato i testi da tradurre. Si erano già sentiti per telefono, mai incontrati; si erano scambiati commenti, quasi confidenze… lo sapeva accompagnato da una traduttrice che ne era anche l’amante, di nascosto pure lui dalla moglie ignara, giovanissima puledra di nobile famiglia. Tante cose in comune col tedesco, forse troppe… mentre l’aspettava ne parlò a Rossana come di coincidenze strane. Anche il tedesco avrebbe passato loro testi di grande erotismo, già diffusi anche in inglese e francese, che vendevano tantissimo. Fortunatamente anche il tedesco, Max, parlava un perfetto italiano, innamorato della Toscana dove aveva una casa da più di vent’anni, aveva anche studiato a Firenze da giovane. Irruppe nello stand con tutta la sua mole, alto grosso e grasso, capelli biondi cortissimi, occhiali d’oro sottili sottili e un vocione baritonale da far tremare. Al suo fianco una creatura divina, dolcissima fanciulla di non più di venticinque anni, mora, capelli cortissimi con taglio asimmetrico, elegante e snella senza esser magra, un orecchino soltanto, a sinistra, lungo pendaglio di catenina d’oro che faceva accordo con una ciocca di capelli che scendeva sulla spalla, un gran bel seno evidentemente libero sotto il maglioncino di cachemire. Dopo i saluti si sedettero nel salottino e chiacchierarono a lungo del progetto di traduzione:
‘Ma sarà lei, Greta, a tradurre i testi? Non la mette in imbarazzo?’
‘Assolutamente no: amo l’erotismo e… sinceramente anche il porno. Non ci trovo nulla di imbarazzante, cerco perfino di riprodurre la stessa atmosfera, anche nella massima crudezza, se non capisco bene un termine, telefono all’autore… lo faccio spesso coi francesi che hanno un loro modo…’
‘Peggio di come fai tu con i nostri, Rossana… lei addirittura suggerisce agli autori ciò che il pubblico vorrebbe leggere… dovresti tagliare i capelli come Greta, lo trovo estremamente erotico, come taglio…’
‘Se a Greta non dispiace, già avevo pensato di copiarlo… le farei una foto, per il parrucchiere.’
‘In genere, mi faccio fotografare solo nuda, ma va bene….’
‘Nuda ti fotografo dopo, in albergo… qui diamo scandalo! Ma se slacci due bottoni del maglioncino… il parrucchiere mi fa lo sconto…’
‘Come lo sconto? A me mi vede sempre nuda e mi fa pagare! Mi fa pagare perché il salone &egrave della moglie, ma quando mi fa inguine e pube poi mi scopa anche…’
‘Ti fai fare quello da un uomo? Non mi era mai venuto in mente… Matteo me lo faceva ma era stata una sua idea… eravate già amanti?’
‘No, me lo chiese per sfida, un anno fa e io, per sfida, accettai… solo che, il porco, per metterci più tempo possibile, me li strappa con le pinzette, uno a uno…’
‘Uno a uno? Ma farà un male bestia!’
‘All’inizio sì, dopo &egrave piacevolissimo… me lo faccio fare ogni settimana!’
‘E la sfida? Chi la vinse?’
‘Lui… alla fine lo pregai di scoparmi, non ne potevo più! Ma mi fa dei lavori stupendi: adesso &egrave a cuoricino, col pelo corto corto e col gel. A Max piace da pazzi, vero?’
‘Verissimo! Greta ha un pelo molto fitto, molto scuro… sembra dipinto!’
Fecero un breve giro del Salone prima di pranzare, uscirono a cercare una trattoria sul Po e lo fecero quasi sempre stando accoppiati maschio maschio e femmina femmina. Le due ragazze lo sfruttarono per conoscersi meglio, i due uomini per parlare d’affari, forse. Seduti a tavola ripresero i discorsi.
‘Comincerei, dottore, con i racconti di Luca, mi pare che siano sempre i migliori.’
‘In effetti, volevo proprio quelli. Max mi ha raccontato dell’ultimo, che parla di te… non vedo l’ora di leggerlo! Una storia stupenda! Stai ancora con Dario?’
‘Sì, certo. Senza di me si perde, quell’uomo.’
‘Dottor Chiaretti… avrei proprio voglia… di far l’amore con lei, se Rossana permette… se lei crede, Max sarà felice di prendersi cura di lei, nel frattempo…’
‘Esplicita ragazza… senza mezzi termini… immagino che il dottor Chiaretti passerà un bel pomeriggio, con te… e io con Max, naturalmente!’
‘Siamo nello stesso albergo, Max, hai notato? Magari allo stesso piano. Non ci siamo incrociati stamattina perché io e Rossana abbiamo indugiato un pochino troppo, fra le lenzuola… deliziosa mattina! Noi siamo al quarto’
‘Anche noi, alla 408… molto comodo anche per rivedersi tutti assieme dopo, così ci scambiamo le opinioni, vero Max?’
‘Benissimo, noi siamo alla 418, dopo ci si vede tutti lì… io chiederei il conto, adesso… un liquorino lo facciamo in camera.’
Sempre accoppiati come prima, raggiunsero l’albergo a piedi anche per meglio prepararsi. Le ragazze erano avanti, le sentivano ridacchiare e parlottare con malizia e complicità, le vedevano voltarsi e sorridere spesso verso di loro, quasi avessero fretta di arrivare in camera. Già a coppie incrociate, con le prime intimità più esplicite, si presentarono alla reception e si fecero dar le chiavi, ordinando champagne in camera. Davanti alla 418 Rossana pretese un bacio da Chiaretti e uno da Greta, prima di lasciarli entrare; Greta ne restò quasi sconvolta, come fosse la prima volta e Rossana se ne rese conto:
‘Ci vediamo fra due ore, fra due ore veniamo qui da voi…’
Allungò la mano, le carezzò il seno e le sorrise mentre Max impastava con energia il suo, guardando Chiaretti che sorrideva.

Il giorno dopo arrivai anch’io al Salone; avrei dovuto star lì tutto il giorno a firmare libri ai passanti, come lo scimpanzé in gabbia… non ne ero entusiasta, ma c’era sempre Rossana e la speranza di qualche minimo contatto. La volli accanto a me, il libro parlava di lei, il pubblico avrebbe gradito. Infatti, appena si sparse la notizia, riempimmo lo stand; c’era chi comprava la copia da regalare perché l’aveva già letto, c’era il curioso che comprava per sapere, c’era perfino chi ne comprava varie copie e me le faceva dedicare… uno ne prese cinque, non indagai troppo. Dopo un paio d’ore non ne potevo già più, resistetti ancora ma era proprio dura:
‘Adesso faccio una pausa! Vado fuori a fumare un sigaro, perdonatemi… Rossana, mi fai compagnia?’
‘Volentieri, Luca, molto volentieri…’
Andammo via abbandonando la piccola folla senza curarci delle proteste; verso l’uscita vidi le toilette…
‘Me lo fai un regalo? Entriamo un attimo?’
‘Me lo chiedi? Non vedo l’ora… tutta quella gente m’ha…’
‘Ma non per quello, non ti voglio dentro al cesso! Voglio solo che tu inumidisca il sigaro… me lo fai?’
‘Ne faccio uno anche per me? Però… anche se veloce, si potrebbe pure…’
‘No, non qui… mi parrebbe sprecato, con te. Fai la brava, un posto migliore lo troviamo, dai…’
Acconsentì, con un po’ di broncio ma acconsentì… per i sigari, naturalmente, non usò la saliva… guardandomi quasi sempre negli occhi, con quel sorriso infantile e osceno, li strofinò a lungo sulle labbra gonfie, se l’infilò un po’ anche dentro, poi me li restituì entrambi.
‘Tienili in bocca un attimo che mi risistemo… con la tua saliva sarà migliore…’
Non era facile resistere, ma lì dentro sarebbe stato davvero squallido, preferivo aspettare, farmi montare la voglia di lei, giungere al limes, al confine; la guardai soltanto, non la sfiorai neppure. Velocemente passavo dagli occhi alla vulva spalancata, tralasciando il resto. Appena fuori ero già meno teso, accesi il sigaro, il suo e poi il mio, passandoglielo già acceso, e le chiesi di raccontarmi un po’ di questi suoi giorni. S’accese di gioia, velocemente mi raccontò di Chiaretti, della doccia e della mattina dopo, dell’incontro con Max e Greta fino alla porta della camera di Chiaretti e:
‘Appena dentro alla camera di Max ero euforica e un poco preoccupata: questo omaccione enorme, alto quasi due metri, grosso e grasso… invece mi ha stupita. Si &egrave seduto, quasi senza guardarmi mi ha detto di denudarmi, appena nuda bussano alla porta e lui mi dice di aprire… pudore non ne ho, lo faccio volentieri. Il cameriere sbianca ma, professionale, porta lo champagne sul tavolo e fugge via, senza mancia. Max versa da bere, ridacchia ma non mi tocca… mi fa stendere sul letto, beve, ridacchia, dice volgarità in tedesco ma non mi tocca! Per farla breve, ci ha messo almeno mezz’ora a decidersi: si &egrave spogliato e si &egrave tolto le mutande voltandomi la schiena. Quando si &egrave girato ho capito: ha un cosino piccolo piccolo, rosa e nudo nemmeno tanto in forma. Dico: va bene, cerco di far del mio meglio. Ma non &egrave mica facile. Riesco a farmi prendere un po’ stando a cavallo di lui, gli do due colpetti di reni e lo vedo arrossire, stringere i denti e godere. Un lampo! Mai visto uno così veloce! Guardo l’orologio: nemmeno un’ora… me ne resta un’altra… che faremo? Abbiamo bevuto, ridacchiato, chiacchierato (anche di te… non vede l’ora di pubblicarti) ma non mi guardava neppure, e pensare che non credo di far schifo, dai… allo scadere delle due ore, forse qualche minuto prima lo faccio rivestire, gli do la macchina fotografica perché voglio una foto a Greta, prendo l’asciugamano più piccolo che trovo in bagno e vado ad aprire la porta.’
‘Nuda con l’asciugamano? E basta?’
‘Sì! Dico: forse gli torna un pelo di voglia e qualcosa succede! Usciamo nel corridoio, deserto, mi copro un pochino il pube e i seni ma l’asciugamano non arriva da nessuna parte. Lui un pochino dietro a me, mi guarda le chiappe. Siamo quasi sulla porta di Chiaretti quando un signore esce dall’ascensore: era il professor Vasina…’
‘Quello dell’arte sacra e della storia della Chiesa?’
‘Proprio lui! Lo saluto con un bel sorrisone, resta allibito, guarda Max, riguarda me e… comincia a sorridere anche lui! Mi passa accanto senza perdersi un centimetro di pelle esposta, continua a guardarmi da dietro e poi mi fa: e io: !’
‘Non vorrai mica farti anche il professore? Quello ti ci muore dentro!’
‘Spero di no ma… c’&egrave un modo migliore, per morire? Insomma, busso alla porta, Chiaretti affannato risponde, gli dico di far presto, che son nuda. Arriva con un cuscino davanti, apre la porta e mi guarda gli racconto la scena e lui si mette a ridere… nel frattempo guardo il letto: un disastro con sopra una dea! Stesa sul fianco, la curva dell’anca dolcissima, le braccia quasi a nascondere il viso stravolto, la gamba piegata per non far vedere il pube. Getto l’asciugamano, prendo la macchina fotografica e comincio a scattare. Dei due maschi non mi importava più nulla, ero tutta concentrata su Greta. Solo che era talmente provata che non era facile: si lasciava toccare, mettere in posa, girare ma quasi come fosse assente. Me l’aveva detto, non amava le donne: aveva avuto un paio di esperienze fatte male e non le piaceva proprio. Mi sono impegnata a fondo, mentre ci guardavano e bevevano, le ho fatto quasi dimenticare che ci fossero, ho aspettato pazientemente che si svegliasse, poi, pian piano, facendo finta di nulla, ho cominciato a stimolare più a fondo. Non ci crederai ma a un certo punto me la sono ritrovata avvinghiata addosso che voleva un bacio! Non le piacevano le ragazze, ma questa le &egrave piaciuta tanto che non voleva più smettere! Chiaretti era in euforia totale, Max più ubriaco che mai… alla fine l’ho ridata a Chiaretti (visto che li avevo interrotti sul più bello…) e mi son messa a guardarli. Dopo però ha voluto solo me, in bagno con lei, abbiamo parlato molto, le ho parlato tanto anche di te: vuole venire a casa tua, durante la traduzione… almeno una settimana. Me la regalerai, ogni tanto?’
‘Una settimana con Greta e con TE? Sarebbe da impazzire! Ma Dario?’
‘Il modo lo trovo… solo che toccherà farla scopare anche a Chiaretti, un paio di volte. Però, mentre loro due… io e te, invece…. pure!’
Proprio in quel mentre vedo arrivare il Chiaretti con un monumento al fianco, una meraviglia di ragazza mora coi capelli corti, alta e slanciata.
‘C’&egrave Chiaretti, ricomponiti… &egrave in buona compagnia…’
‘Dottor Chiaretti! Greta! Siete in giro assieme? Greta… ti presento Luca!’
Insomma… per farla breve, aveva già deciso tutto Greta: approfittando del fatto che il suo Max aveva trovato un paio di amiche che non vedeva da molto, aveva chiesto a Greta di lasciarlo dormire con loro, quell’ultima notte. Lei, entusiasta, era corsa a cercare Chiaretti per farsi accettare in camera, con lui e Rossana, adesso chiedeva a Rossana se le stava bene:
‘Guarda… mi piacerebbe un casino ma… preferirei lasciarvi soli. Luca si ferma qui e ne approfitto anche io di questa faccenda… vi spiace?’
‘Andata! Però, appena prima ci passiamo un’oretta da sole, tu ed io…’
‘Questa &egrave anche meglio… in camera di Chiaretti; li lasciamo soli in salotto, saliamo su e loro ci raggiungono solo dopo un’ora, un’ora precisa e… e domattina vi veniamo a svegliare. Ricominciamo da dove ci hanno interrotto, davanti a loro! Lei, dottore, gradirebbe prendermi davanti a Luca?’
Con tali premesse, firmare libri era meno noioso… il resto della giornata scorse via, senza fretta ma abbastanza bene. Cenammo tutti e quattro assieme dando un po’ di spettacolo: le due ragazze si divertivano un sacco a farsi baciare da me e poi da lui.
Lei non se lo aspettava ma la vera sorpresa l’attendeva a casa. Quando sazia di tutto scese dalla macchina di Chiaretti e salì le scale, era appena tramontato il sole, infilò la chiave nella toppa e s’accorse che non girava… ma si spalancò ugualmente ed i suoi occhi incontrarono quelli di Dario, con uno strano sorriso:
‘Rossana, non puoi entrare… non più! Il marito di Amelia ha scoperto tutto e l’ha sbattuta fuori… adesso vive qui, con me!’
Una coltellata che, in qualche modo, s’aspettava ma… ma non così…
‘Lo sapevi che la vedevo, no? Adesso vai via… tra poco torna!’
Amelia, l’avvocato rampante, rapace… ne avevano parlato a lungo, l’aveva anche vista un paio di volte, l’aveva lasciato solo con lei nella casina perché non sapevano dove andare ma sempre di giorno che lei aveva un marito e dei figli. Guardava l’uscio già chiuso riversandoci sopra tutte quelle memorie… Amelia… quarantatr&egrave anni portati maluccio, nessuna complicità con lei, nessun trasporto per Dario, solo… raccolse il suo bagaglio, scese le scale e s’avviò verso casa della madre, lì, a due passi. Dal vialetto di casa scorse la macchina di Amelia che s’infilava in cortile, ma fu un attimo, non tentò neppure di imporsi di tornare indietro. Peccato… dopo quella straordinaria follia che l’aveva accompagnata a Torino, questa faccenda le rovinava addosso. Aveva sempre saputo che con Dario sarebbe finita presto, forse così, forse in altro modo ma… ma non così presto! Amaramente saliva le scale, cercando di ritrovare un sorriso perduto, un modo per ripresentarsi a sua madre ma… non era triste. Un po’ delusa, ma non triste. Non lo nascose, alla madre, sarebbe stato inutile; si sedette e le raccontò subito cos’era successo, con parole limpide, sincere, tranquille. La madre non voleva che lui restasse lì, in casa di Rossana, con l’altra, non l’accettava ma:
‘A me fa piacere che rimangano lì, mamma… per tutto il tempo che occorre. Io non ho nulla da rimproverargli… &egrave successo solo troppo presto. Avrei voluto raccontargli tutto ciò che ho fatto a Torino, avrei voluto condividere con lui anche questo… ma va bene lo stesso, lo racconto a te’.
‘Io continuo a non capire… lui, lì, in casa tua, con un’altra…’
‘Ma io non sono gelosa! Golosa, forse… ma non gelosa…’
Mentre cenavano le raccontò davvero tutto il viaggio a Torino, tutti i particolari, tutte le emozioni.
‘Ma la moglie di Chiaretti? Non era gelosissima?’
‘Non si &egrave fatta mai sentire, l’ha chiamata lui un paio di volte dicendomi che era tranquilla… ha un poco stupito anche me, in effetti. O si prepara alla bufera oppure… accetta la situazione.’

Qualche giorno dopo, una mattina, mentre lavorava vide entrare una ragazza in libreria ma controluce non la riconobbe nemmeno…
‘Salve Rossana, sono Silvia, la moglie di Chiaretti… posso rubarti qualche minuto?’
Turbata ma non scossa,
‘Certamente… cosa posso fare per lei?’
‘Intanto dammi del tu… volevo solo far due chiacchiere e capire se mi puoi aiutare… penso, sinceramente che tu non voglia prendere il mio posto, diventare la moglie di Chiaretti… mi sbaglio?’
‘Assolutamente no, Silvia… non ci ho mai pensato. Forse all’inizio, tanti anni fa… ora no… mi spiace per ciò che &egrave successo, cercherò…’
‘Non ti sentire in colpa, non era questo, anzi… ti dovrei ringraziare… &egrave molto imbarazzante ma te lo devo dire: io amo molto mio marito, quando mi conobbe ero ancora vergine, ho imparato a far l’amore con lui, ho fatto l’amore solo con lui. Per diversi anni abbiamo fatto l’amore con grande trasporto e mi piaceva moltissimo ma… da quando &egrave nato mio figlio, io… ho rifiutato ogni approccio!’
‘Niente di niente?’
‘Quasi neppure un bacio… mentre prima, fino a poco prima… non sognavo altro! Mi rendo conto di averlo allontanato da me, di averlo costretto a… nel tentativo di recuperare mi son riletta tutti i romanzi erotici che pubblica ma… non son riuscita a ritrovare in me la voglia di lui. Leggendo l’ultimo di Luca, quello che parla di te, un po’ di voglia mi &egrave tornata, mi pare… ma non so come farglielo capire! Mentre eravate a Torino, mentre sapevo che faceva l’amore con te, mentre l’immaginavo di sera, mentre ti vedevo accanto a lui… ne ho avuta talmente voglia che… da sola, capisci?’
No, non era il caso che si turbasse, capiva…
‘Solo che… appena lui &egrave tornato, appena siamo rimasti soli… mi son bloccata di nuovo; qualche bacio glielo concedo ma… va molto meglio da quando con noi c’&egrave Alessandra che si occupa del bambino ma… ma non mi riesce di… di farmi toccare! E… credimi, a volte ne ho come un bisogno… immenso, smisurato! Capisco che anche lui mi vuole ma… mi blocco… &egrave più di un anno che non faccio l’amore, sai?’
‘Penso sia colpa del parto, alcune mie amiche me ne hanno parlato… basta che ti sblocchi un attimo e vedrai, torna tutto come prima…’
‘Ne ho sentito parlare anche io ma… tu mi aiuteresti?’
‘In che maniera, posso aiutarti?’
‘Con Dario? Tutto bene?’
‘No, direi di no… arrivata a casa mi ha detto che a vivere con lui ora c’&egrave Amelia… ma torniamo a te…’
‘Come sarebbe? Angelo non mi ha detto nulla!’
‘Il dottor Chiaretti ancora non lo sa, non gliel’ho detto…’
Prima che potessero tornare al problema, Rossana dovette raccontare tutta la storia di Amelia anche a Silvia che, con occhi sgranati, non si capacitava di tanta tranquillità.
‘E… non hai più visto Dario?’
‘Ieri. E’ venuto a portarmi la mia roba a casa, si &egrave fermato a chiacchierare un poco e poi… abbiamo finito per far l’amore in salotto, con mia madre in cucina…’
‘Allora non &egrave finita! Vedrai che liquida la vecchia e torna da te…’
‘Non credo proprio, ma non &egrave quello il punto… io l’amore con lui lo faccio ogni volta che vuole da qui all’eternità, ma solo se lo vuole anche lui… come sempre! Ci son stati periodi in cui non ha voluto farlo neppure se dormivamo assieme, magari soltanto perché s’era invaghito di un’altra, come subito dopo che fece l’amore con Amelia la prima volta. Mi ci volle una settimana per poterlo riavere! Strano tipo, Dario…’
‘Strano davvero… e tu… lì pronta… e lui niente?’
‘Esatto! A volte mi tratta anche malissimo… ma penso che Chiaretti sia completamente diverso.’
‘Decisamente diverso… continua a corteggiarmi come appena conosciuto… sono io che sono peggio di Dario… ma adesso basta! Non posso continuare a respingerlo… aiutami a cedere, per favore… ne ho bisogno!’
‘Tesoro… farei qualunque cosa ma non so cosa suggerire. Hai provato con un po’ di fantasia, un po’ di ambiente?’
‘Le ho provate tutte: candele, profumi, luci… ho provato ad immaginare situazioni piccanti che mi hanno eccitata fino a due minuti prima ma… ho provato a farmi perfino legare e bendare! Non c’&egrave stato nulla da fare! Con Alessandra in casa va un po’ meglio ma non troppo… alla conclusione non ci arrivo… ho bisogno di te!’
‘E che posso farti, io?’
‘Puoi… potresti… se vuoi… stare con noi?’
‘Con voi? Direttamente?’
‘Sì… penso che solo così…’
‘Ma sei sicura? A me non dà alcun fastidio, ma tu? Hai fatto mai cose del genere?’
‘No, le ho solo lette… viste nei film… però… me le sono immaginate mentre cercavo di… poi mi alzavo e correvo in bagno… a farmi passare le smanie da sola… terribile!’
‘Sì, terribile! Lo lasciavi lì con tutta la voglia e andavi in bagno da sola? Se t’avesse inseguita, almeno…’
‘Non sarei riuscita nemmeno a farlo da sola, se m’avesse inseguita…’
‘Ma così, a freddo… riusciremo a farglielo accettare?’
‘Proprio a freddo io non direi… l’idea mi sta facendo molto bene… potremmo cercare di provare… prima, oggi, subito…’
Ne risero abbondantemente tutt’e due, toccandosi le mani forse per la prima volta; e in quel timido contatto scoprirono messaggi che ancora non si erano rivolte neppure con gli occhi. Si fissavano sbigottite, senza smettere di sorridere, senza smettere di sfiorare delicatamente i dorsi e i palmi delle mani a vicenda, senza una parola, senza il coraggio di baciarsi. Allora Silvia si alzò e tentò di trascinarla nel magazzino ma Rossana non volle.
‘No, nel magazzino no… ci ho fatto l’amore solo con tuo marito, nel magazzino… vieni, troviamo un posto migliore!’
Se la trascinò fino a casa della madre, sbaciucchiandole le dita, il dorso, il polso della mano. Silvia sorrideva in subbuglio, ricambiando i baci col timore di non saperlo fare, di non avere quella naturalezza che vedeva in Rossana.
S’affacciarono assieme alla porta della cucina, sorridendo, tenendosi per mano e guardando la madre di Rossana.
‘Ciao mamma! Lei &egrave Silvia, la moglie del dottor Chiaretti… adesso andiamo in camera mia a far l’amore!’
Fu la prima volta, da che in qualche modo le annunciava che andava a far l’amore in camera sua, che vide chiaro in faccia alla madre un sorriso di complicità, di esplicito benestare, come un arcobaleno dopo tanto temporale. Le fece molto bene, fece bene anche a Silvia, fece bene anche a sua madre… tutte intente a trascinarsi nel più profondo gorgo che potessero trovare, lasciaro anche la porta aperta; Silvia volteggiò attorno a Rossana, si sedette sul letto a gambe larghe e attese il bacio dell’amante del marito senza togliere gli occhi dagli occhi di lei. Ed il bacio arrivò, come un lampo lunghissimo, come un tuono fortissimo, come un cataclisma da dentro. Tanto l’aveva atteso, tanto l’aveva desiderato, se lo godeva nuovo e straordinariamente noto, come fosse nata per quel bacio, come non avesse mai avuto altro che quello, come travolta dal sole di luglio dopo la notte di febbraio. Era lì, quel bacio… dolcissimo, struggente, delizioso e… sincero! Sì, sincero come nessuno prima. Le sue mani avvolte al volto, le sue mani avvolte al volto, in sincronia, in armonia, con gli occhi stravolti ma inchiodati ad altri occhi, socchiusi, beati, estasiati, guardati. Poi le mani si mossero a cercare altri appigli e, senza quasi staccarsi dal bacio, riuscirono a rendersi nude, a vicenda, senza sapere cosa s’erano tolte. Strano che fosse, fu Silvia a volerla esplorare, a cercare i suoi seni, a mangiare la pelle, a fiutare la preda, a volere quel frutto. A Rossana non parve così inesperta, ne sorrise felice. Cercò di lasciarla fare, di non distrarla troppo. Le sue carezze erano delicate, lontane, attente. Vedeva la vulva grondante, sfavillante, con magiche labbra gonfie e rosse di voglie represse ma… ma non le toccava, attendeva. E l’altra bacia, leccava, mangiava e succhiava avida e affamata quasi come nemmeno Tiziana era mai stata. Ne godette così, a lungo, profondamente, mentre tutto d’intorno spariva, si scioglieva in una nebbia bollente, in un sussurro di urla, in un’eruzione di lava! Era Silvia più felice di lei, più felice che mai: l’aveva fatta cantare, l’aveva fatta sciogliere sulla sua lingua, nella sua bocca accompagnando gli ultimi sussulti con un radioso sorriso, grondante di miele; la carezzava col palmo spianato, dai primi peli del pube alle labbra e la guardava. Poi i suoi occhi si mossero piano, verso la porta spalancata. E vide i piedi sulla soglia, le gambe, la gonna, le braccia conserte ed il sorriso tranquillo della madre di Rossana proprio mentre Rossana affondava la lingua decisa nella sua figa e… se ne venne sorridendole, come mai avrebbe potuto pensare. L’antipasto era stato consumato, ma solo l’antipasto. Appena ne ebbe la forza cercò il viso, la bocca, gli occhi di Rossana, sempre certa che la madre fosse ancora lì, che le vedesse. In una fusione di mani e di bocche riuscirono a sciogliersi in altre eruzioni che nessuna volle contare. Quasi senza parole, quasi senza deliri, quasi senza respirare che mica c’&egrave tempo, passarono ore, prima di potersi staccare.
‘Quanto ne avevo bisogno, Rossana…’
‘Anche io… grazie! Avevo bisogno di sentirti con me, non contro di me…’
‘Lo sono… lo sono sempre stata. Sentivo, capivo, senza capire… dalla scena della calza ho capito di più ma lo volevo da prima!’
‘La scena della calza? Ti hanno raccontato anche quella?’
‘Tutto, nei minimi particolari… Angelo ha detto che non riusciva a staccarsi dalla tua coscia… forse cercava di sbloccarmi, forse mi dice sempre tutto senza che io gli dia il giusto peso. Anche quando ha voluto te, a Torino con lui, prima me l’ha chiesto!’
‘Non ti ha detto che prendevamo UNA sola camera, però!’
‘No ma cosa cambia? Dopo quel che avevo letto, ero certa che sarebbe successo se non era già successo…’
‘Era già successo… diverse volte… la prima volta, il giorno dopo, nel magazzino… io non vedevo l’ora, che succedesse!’
‘Ma non sei stata tu a volerlo… ha fatto tutto lui!’
‘Ha fatto tutto lui, ma ho collaborato molto!’
‘Meno male! Io volevo arrivare qui, in questo letto e ci sono… venuta!’
‘Anche copiosamente, direi! Ma non finisce qui, vero?’
‘Non può finire qui… tua madre ci ha viste: siamo fidanzate, ormai…’
‘Come ci ha viste? Non mi sono accorta di nulla!’
‘Dopo il tuo primo orgasmo ho alzato gli occhi e lei era lì che sorrideva sorniona… poi mi hai fatta venire tu… sono venuta sorridendole… dopo sono mezza svenuta, non so cosa sia successo!’
‘Lo prendiamo un caff&egrave, nude… in cucina?’
‘Ma volentieri!’
Tenendosi per mano, sorridendo e baciandosi si presentarono in cucina, si sedettero al tavolo e, nel farlo, Rossana la invitò a sedersi come piaceva a lei: in cima alla sedia, cosce divaricate e sesso esposto.
‘Ce lo faresti un caff&egrave, mamma?’
‘Subito! Ragazze, io provo una grande invidia per voi… per la vostra disinvoltura, per la vostra complicità, per la vostra situazione…’
‘Grazie mamma… non puoi capire il bene che mi fa sentirtelo dire. Silvia sa quasi tutto di Torino, di prima… adesso mentre prendiamo il caff&egrave le racconto il resto, con te presente!’
‘Cos’&egrave successo a Torino, di tanto interessante?’
‘Di tutto, piccola Silvia, di tutto!’
Già che c’era si fermò anche a pranzo. Il fratello di Rossana non venne ma lei l’avrebbe accolto con lo stesso sorriso disinvolto con cui accolse tutto il racconto di Rossana alle prese con suo marito. L’unico appunto lo fece a proposito dell’incontro in albergo con Luca, la prima volta… ma tutto era chiaro: Chiaretti aveva voluto premiare loro due, aveva fatto in modo che fossero quasi costretti a conoscersi, che non avessero ritegno, non avessero remore… e non ne ebbero!
L’idea di Greta fra le braccia di Angelo, il letto disfatto con lei sopra stravolta come l’aveva vista Rossana entrando, il fatto che anch’ella sarebbe presto arrivata in Italia, erano soltanto tesserine d’un mosaico che le ingigantiva il sorriso e le metteva prurito laggiù, più lontano. S’accorse lì, forse non ci aveva mai pensato, forse era sempre stata distratta, che… che pure lei era golosa, non gelosa… golosa di un mondo che non aveva ancora scoperto ma che faceva parte di lei, da sempre, da prima.
Dopo tornarono a letto, non c’era bisogno d’andare altrove, nessun altrove sarebbe bastato. Raccontami ancora, diceva Silvia, raccontami ancora; e Rossana raccontava, baciava, carezzava, lambiva, suggeva.
Verso metà pomeriggio suonò il campanello ma nessuna delle due udì nulla; soltanto la voce della madre le distolse dal vorticare dei loro pensieri…
‘Scusatemi… c’&egrave Dario che ti vuole parlare, Rossana…’
‘Dario? Davvero? Scusami Silvia… vado a sentire cosa vuole… torno prestissimo, però…’
S’alzò nuda dal letto, sorridendo alla madre, senza coprire nemmeno la voglia che aveva ancora di Dario…
‘Con chi eri a letto?’
‘Ti metti a fare il geloso adesso, tu?’
‘Non &egrave gelosia… &egrave curiosità… lo sai!’
‘Con una signora… lo so che a te non piace ma… non posso farci nulla! Di cosa avevi bisogno?’
‘Di te… avevo solo bisogno di te… voglia di te… fame!’
‘Dario! Calmati! Siamo stati assieme anche ieri… Finirai per far ingelosire Amelia, le racconteranno che sali sempre di qua… non credo che…’
‘Non me ne frega niente… ho voglia di te… e vederti così non me la fa passare, sai?’
‘Ma c’&egrave Silvia… vieni, vieni con me… lo chiediamo a lei… Silvia! Copriti un attimo che ti presento Dario… lui… vorrebbe far l’amore con me, ma devo lasciarti qui da sola, non mi piace…’
‘Venite a farlo qui, se non vi do fastidio… io vi sbircio, magari…’
‘Credo che si possa fare, credo che si possa fare… vero Dario? Lei, amore, &egrave la moglie del dottor Chiaretti! Ti spogli da solo o ti devo spogliare io?’
‘Mi posso mettere quella vestaglia, Rossana? Mi sento meno a disagio con qualcosa addosso… poi mi siedo in poltrona.’
‘Certo Silvia, come se fosse casa tua… tu vieni qua, fatti vedere… cosa nascondi qui sotto?’
Come al solito, la svettante erezione di Dario fece il suo effetto scenico. Mentre Silvia se lo mangiava con gli occhi, Rossana se lo mangiava davvero. La presenza di Silvia non fu per nulla turbativa, per Dario. Un poco incerto se chiederne o meno la partecipazione attiva, ogni tanto le lanciava un’occhiata ma ella, composta e assorta, sorrideva senza manifestare altre intenzioni. Vederli era bello, perfino romantico… quasi non s’accorgeva neppure che stavano facendo davvero l’amore. Non aveva voglia di unirsi a loro, non aveva pulsioni erotiche. Forse le tratteneva per regalarle al marito, forse l’era passata del tutto la voglia di maschio, non lo sapeva nemmeno lei… solo le piaceva quel loro fare, quel loro trasportarsi via, quel loro incantesimo.
Neppure la verga di Dario, tanto ammirata appena sguainata, rappresentava, ora, il suo obiettivo… la vedeva, la guardava ma… non la bramava. Certo, da come si torceva Rossana, doveva far bene ma… ma non la bramava. L’insieme era splendido, quello sì; non indagava neppure se fosse più o meno bagnata, seguiva la scena col sorriso complice che, ogni tanto, si affogava negli occhi di Rossana. Neppure veder lei, seduta sui talloni a cosce divaricate, mentre da sola si massaggiava il seno e lui, in piedi sul letto, la verga in mano fino a farsi venire, la lingua di lei fuori dal sorriso a ricevere i fiotti, l’urlo liberatorio… neppure questo le parve strano, solo bello.
‘Ora devo scappare… se torna Amelia e non mi trova, va a capire cosa pensa!’
‘Peccato che tu te ne vada… mi piace guardarvi… mi dispiace anche che ti rivesti…’
Nudo se ne andò in bagno e Rossana si alzò un attimo dopo, raggiunse Silvia sulla poltrona, la baciò intensamente e le riversò in bocca lo sperma raccolto.
‘Un po’ per uno, come brave monelle…’
‘Un po’ per uno… sai sempre come stupirmi! Bellissima la posa che hai preso per farlo venire… mi &egrave piaciuto tantissimo anche perché ci ha messo molto, a farlo da solo.’
‘A Dario piace farlo così… spesso voleva far solo quello, senza toccarmi… soprattutto se era stato con un’altra!’
‘Questo non &egrave giusto, non &egrave corretto…’
‘Magari dopo, dopo mezz’ora, mi prendeva davvero… comunque a me piace, anche solo vederlo…’
‘Non so, ma mi pare un po’… monco!’
‘C’&egrave tanti modi, anche solo uno sguardo, a volte…’
‘Vero! Certi tuoi sguardi mi amano da matti… baciami ancora, col sapore di Dario…’
Però la scostò quasi subito per ammirare Dario che tornava dal bagno, che si infilava le calze, la maglia e poi, non potendone fare più a meno, mutande e jeans; una volta vestito, riprese a baciarla, lasciando ch’ella le scoprisse il seno, che lo facesse vedere a Dario, che il suo sguardo potesse perdersi dentro la stoffa leggera della vestaglia fino ai peli del pube. Lui venne a baciarla guardando tranquillo, le baciò le guance e le labbra e poi portò Rossana fino alla porta. Al ritorno in camera anche Silvia si stava vestendo.
‘E’ ora che torni a casa anche io… tu verresti con me, stasera?’
‘Non so se siamo già pronte… forse…’
‘Non siamo pronte, siamo stracotte… se non lo facciamo oggi, lo facciamo domani… e non sarò io a chiedertelo! Sono quasi sicura che stasera riuscirò a far l’amore con lui ma… se tu mi aiuti mi sento molto più sicura!’
‘Va bene… vengo con te! Facciamo una doccia prima?’
‘No, la facciamo a casa mia… così capisce subito e non lo mettiamo in imbarazzo! Intanto ti regalo queste… torno a casa senza!’
‘Le tue mutandine! Sanno di te! Senti?’
‘Mi hai fatta bagnare troppo, prima di togliermele…’
‘Troppo non &egrave mai abbastanza…’
E, annusandole assieme si ritrovarono a baciarsi, trascinando nel bacio la raffinata stoffa.
‘Lascia la macchina qui, domattina ti riaccompagno io, così magari facciamo ancora l’amore, nel magazzino dove lui t’ha scopata la prima volta… mi fa impazzire l’idea, come se ci fosse ancora appeso ogni sospiro, ogni gemito!’
Le complicità spianano molte vie… anche l’automobile di Silvia si fece complice: col cambio automatico la sua destra era libera di stringere e strapazzare la mano di Rossana, posata in grembo, sul pube, fra le cosce discoste. Rossana, con la destra impegnata, aveva la sinistra che scorreva sul braccio di Silvia dal polso all’ascella, poi volava alla coscia, poi tornava al polso… lievemente torta a cercarne il sorriso, non si curava affatto di ciò che accadeva lì fuori. Ma lì fuori, il mondo, ghiotto e curioso, seguiva questi sprazzi d’amore con occhi sbigottiti. Giù in città, fra semafori e rotonde, gli occhi che si tuffavano increduli dentro al finestrino erano tanti, forse troppi. Ma chi li vedeva? Non certo Rossana, quasi mai Silvia. Silvia s’accorse di una tonaca nera di prete in bicicletta, del suo torcersi, della faccia arcigna, dura e rancorosa… ma solo sorrise. Non c’era tempo per i rancori, i rimproveri, gli inutili affanni… non c’era nemmeno tempo per inventarsi una scusa.
‘Come spiegherai a tuo marito la mia presenza?’
‘Non lo so ancora… ci devo pensare. Di certo la troverà strana… ma mi invento qualcosa. Non abbiamo molto tempo… tu, cosa diresti?’
‘Io direi la verità… ma temo che gli venga un infarto!’
‘Dire che ti ho raccolta per strada con la macchina in panne? No, non mi piace… ti vorrebbe riportare a casa… io ho bisogno che tu resti, stasera… stanotte… domani!’
Ma erano già al cancello della villa, non c’era tempo davvero, non c’era più tempo… e forse non c’era mai stato. La prese per mano, la condusse dentro, incontrarono subito Alessandra col bimbo… si fermarono un poco.
‘Mio marito &egrave già a casa, Alessandra?’
‘Sì, &egrave nello studio… forse al telefono…’
Riprese la mano che aveva lasciata e la trascinò nello studio, davanti a Chiaretti con un sorriso radioso sul viso. Lui era davvero al telefono, parlava e vedeva, guardava e ascoltava, l’occhio vagava dal sorriso radioso, alla mano teneramente avvinta all’altra mano… al braccio, all’ascella, giù al seno poi ancora alle mani, senza il coraggio di guardare negli occhi Rossana… tornava al sorriso di Silvia, non era beffardo, non era di sfida, ascoltava lontano, ma non capiva… non capiva più le parole, non capiva più il sorriso, non capiva le mani, non capiva più nulla.
‘Ora scusami Luca… &egrave arrivata Silvia… mi pare che abbia bisogno di dirmi qualcosa… ti lascio… sì… ci sentiamo… certo, te la saluto… anche Rossana… no… sì… però… ciao!’
Ed ecco la scusa, l’appiglio cercato: attaccato ad un filo, carpito da lontano.
‘Ciao Angelo! Sono andata a prendere Rossana perché voglio parlare con lei del libro di Luca… volevo vedere se si poteva aggiungere qualcosa nella seconda edizione, mi pare che ci sia spazio per altro… qualcosa che &egrave rimasto sospeso…’
‘Il libro di Luca? Siamo già alla quarta edizione… ma non era meglio parlarne con lui? Forse…’
‘No… lei &egrave la protagonista, voglio le sue confessioni… vedrai… magari ne vale la pena davvero… fra donne ci si intende meglio… ho… ho delle idee, magari son buone… posso provare?’
‘Ma certo! Ne sono orgoglioso… Rossana &egrave una donna speciale… non mi aspettavo di vederla con te, ma sono contento…’
‘Si ferma a cena, poi chiacchieriamo… si fermerà anche a dormire, domattina la riporto in libreria…’
‘Anche a… dormire? E Dario?’
‘Dario… dottore, mi ha sbattuta fuori casa. Adesso vive con un’avvocatessa… Amelia… forse la conosce anche lei…’
‘Quell’arpia? La conosco sì! A momenti mi rovina, l’anno scorso! Come ha fatto Dario? Cosa ha fatto, Dario? Come ha potuto?’
‘Sarà sicuramente una cosa breve anche questa, immagino… Dario &egrave semplice e complicato… il marito di Amelia li ha scoperti…’
‘Adesso, amore, andiamo a farci una doccia… prima di cena, che ne abbiamo proprio bisogno… mi dai un bacio?’
Un bacio intenso, pieno, come non ne riceveva più da tempo, ormai, da sua moglie, un bacio che lasciava aperte mille porte di passione e conforto, di trasporto e fiducia, di complice abbandono, di richiesta d’aiuto… gli occhi di Chiaretti si sperdevano in quelli di Rossana, nel suo sorriso, nella sua complicità senza che lui riuscisse a capire cosa diavolo avesse portato la sua amante avvinghiata a sua moglie, nel suo studio, una sera. Non capiva, forse nemmeno voleva capire. Ora, poi, con quel bacio profondo, intenso, pieno, carico di tutta la sensualità di sua moglie, forse perfino più sensuale di quanto sua moglie fosse mai stata, di quanto lui l’avesse mai letta o immaginata… dove portava? Che importava? Portasse pure all’inferno di certo il viaggio valeva… il biglietto lo stava pagando da un anno e passa, ed era un biglietto costoso. Non fosse stato per pagar quel biglietto, forse non avrebbe nemmeno avuto Rossana… &egrave vero! Ma adesso? Adesso che Rossana era lì con Silvia, che lo guardava avvinto alla moglie, che la moglie, sicuramente ignara (ignara?), gli dava se stessa, tutta, intera, quasi come mai prima d’allora… allora sapeva… sapeva di Rossana, marcava il terreno, le diceva ‘in guardia!’… ma non le diceva ‘carogna, cagna, puttana!’ la teneva ancora per mano, quasi a trasmettere un poco del bacio… che cosa diceva, quel bacio di Silvia, dove parava? Non lo sapeva. Le seguì finché poté vederle dentro il vano della porta lasciata spalancata, le seguì con gli occhi perché non poteva seguirle con le gambe, inchiodato alla poltrona dove era ricaduto… le seguì col pensiero per molti secoli ancora, folgorato dalla luce che sprigionavano che, come venisse da un mondo diverso, nasceva dalle loro mani intrecciate e si diffondeva su quei corpi radiosi, formando un alone che aveva una straordinaria armonia col tutto, col nulla, col suo non capire.
La portò nella sua camera, richiuse la porta che non poteva lasciare aperta, l’avvinse di luce, d’amore, d’affetto e la travolse di baci. Era riuscita a trovare una scusa, era riuscita ad espugnare la rocca, aveva creato la breccia nel muro… sarebbe crollato, quel muro! Durante la notte, ogni frammento di quella rocca stregata sarebbe sparito, inghiottito dal fertile humus che colava copioso. Sarebbero esplosi, come dal nulla, miliardi di fiori di ogni colore, al posto dei sassi che c’erano ancora. Ma non aveva tempo, ora, d’amarla sul letto… nuda, nude, spogliate di poco, in fretta in affanno, senza memoria, se la ballò addosso fin dentro al bagno, fin dentro alla doccia. Senza capire, senza sapere, travolta dal fare e del ricevere, se la ritrovò a goderle in viso un attimo prima che godesse anche lei, staccata dal bacio per poter meglio cantare di quel canto corale, di quei fremiti intensi, di quel gioco di mani, di pelli di seni, di cosce, di dita affogate, di lingue intrecciate, di labbra bagnate, di acqua scrosciante e di gambe tremanti. S’accasciarono assieme, sotto il peso dell’acqua. Stettero immobili, ansimanti, sorridenti. Laggiù lontano, nel suo studio, lui avrebbe dovuto sentirle… sapevano che era impossibile, che lui non poteva, che era distante ma, dentro di loro, sapevano che lui le aveva sentite e non c’era bisogno che nemmeno se lo dicessero. Chiuse l’acqua, che tanto non serviva, baciò il suo sorriso, le rise di gioia tentando d’alzarsi ma le game erano molli, dovette restare.
‘Ora dobbiamo alzarci, non possiamo star qui tutta la sera…’
‘Non mi dispiacerebbe farmi trovare qui da lui… speravo salisse!’
‘Non salirà ma non &egrave poi così sconvolto dall’avermi vista con te… forse avevi ragione, siamo stracotti per questa faccenda…’
‘Vederci sorridenti, per mano, devote e sensuali… secondo me ha capito. Durante il bacio guardava solo te, ma rispondeva a tono…’
‘Non guardava me… guardava me che vi guardavo, &egrave diverso!’
‘Penso sia stato il migliore dei nostri baci, almeno fino ad oggi!’
Appena riuscirono a sollevarsi in piedi presero ad asciugarsi a vicenda, continuando a baciarsi e a sorridere. Poche parole infransero quel lavorio di mani e di bocche, poche parole e molti sorrisi. Coi capelli bagnati decisero d’infilarsi soltanto un corto kimono, di seta leggera, da legare in vita… uno nero e uno rosso.
‘Siamo indecenti con questo poco…’
‘Io lo uso spesso, a cena e a colazione… però con sotto le mutande, mica come ora! Qui ci sono abituati, anche Alessandra, anche Paola, la nostra cameriera… anche Angelo… sarà contento di vederti così, come fossi di casa!’
‘Anche la cameriera?’
‘Paola &egrave come se fosse una zia… cucina, pulisce, ci tiene in ordine… quasi non mi permette di fare nulla! Era già qui, accudiva Angelo anche prima… la conobbi la prima volta che venni qui, la prima volta che feci l’amore con lui… discreta, mi aveva accolto lei, che lui era ancora fuori, mi fece compagnia mentre aspettavamo. Mi mise talmente a mio agio che mi lasciai travolgere anche dal suo corteggiamento… non ero ancora convinta di mettermi con lui, la differenza d’età mi spaventava; ero venuta a cena con l’intenzione di capire se e quanto mi piacesse ma… ma non volevo farci l’amore, non subito, non quella sera… ero vergine, diciotto anni e lui vicino ai quaranta! Ci siamo conosciuti tramite mio padre, io vivevo con mia mamma ma nei fine settimana lo vedevo spesso. Una sera mi portò a cena e conobbi Angelo che, tranquillo e beato, mi invitò qui a cena con lui… e io… accettai!’
‘Senza farti sentire da tuo padre, naturalmente…’
‘No, ti sbagli… mio padre quasi mi istigava a venirci… mi descriveva la sua biblioteca, i quadri, la casa… ero convinta che non sarebbe successo nulla. Ma successe! Per fortuna… già a metà cena avevo deciso di farci l’amore e metà del merito era di Paola che ci vorticava attorno con una meravigliosa devozione… una zia! Mi lasciavo baciare davanti a lei, mi lasciavo coccolare, mi sarei quasi fatta scopare sul tavolo… mi portò subito qui, mi spogliò e mi distese sul letto. Quando gli dissi che era la prima volta quasi voleva rinunciare ma… io lo volevo, a quel punto lo pretendevo!’
‘Immagino che sia stata una vera notte d’amore!’
‘Decisamente: già mi aveva fatta impazzire prima che gli dicessi che ero vergine. Aveva cominciato piano a carezzarmi tutta: ero stesa sul letto con le gambe fuori e i piedi a terra… lui s’era inginocchiato era venuto a baciarmi delicatamente le cosce, prima sopra poi, lentamente, in mezzo. Si avvicinava piano, talmente piano che mi pareva d’avere un tornado nella figa! E intanto impastava tutto con le mani e baciava e leccava e lambiva e guardava… tutto tranne quel fuoco enorme! Me l’avevano già fatto, ma svelti, di fretta, senza che io quasi capissi… lui era diverso, sembrava che non capisse la strada, che non sapesse dov’era… io lo sapevo che non era per quello, lo capivo benissimo che più ci girava attorno e più voglia mi veniva, però… non vedevo l’ora! Quando giunse alle labbra ero talmente cotta che esplosi… il mio primo vero orgasmo, mai provata una cosa simile! E lui che non smise! Continuò a leccare, lambire, suggere, strofinare… nel giro di pochi minuti esplosi ancora, forse un poco meno della prima volta ma… solo allora si concesse quasi una pausa, mentre si spogliava da solo… io lo guardavo, sorridevo, in estasi… ma era una pausa del tutto anomala: continuava a correre laggiù appena poteva, mi baciava, mi mordeva, mi tirava i peli coi denti… appena fu nudo mi venne vicino, baciò la mia bocca col sapore del mio sesso, con tutto quel miele attaccato sopra… e io sognavo, non poteva essere vero, non poteva essere così… mi avevano raccontato paure, dolori, fastidi… poco e male avevo anche toccato gli arnesi, quelli dei soliti ragazzi frettolosi, distratti. Ma avevano sempre fretta, fretta di venire… una volta goduto, lo rimettevano via e chiuso il discorso… forse ero stata sfortunata prima, forse ero troppo fortunata allora, non capivo, sapevo solo che stavo bene, troppo bene. Ma lui ancora non mi sentiva pronta, non voleva finire le mie torture; erano torture dolcissime di baci e carezze, di pelle di uomo, di mani sicure… di mani curiose… finalmente s’intinse in me, ma solo col dito, ma s’intinse. Anche quello lo conoscevo ma che tocco diverso! Sarà stato amore, sarà stato per l’eccitazione ma qualunque cosa mi facesse era diecimila volte meglio di ogni altra. Due dita: due dita era già quasi nuovo… col pollice a premere forte in cima, da fuori… e tre, me ne venni ancora, me ne venni baciandolo, come se ci facessi già l’amore. Aspettò ancora, coccolandomi piano, poi… finalmente, si decise e mi prese! Il dolore non lo ricordo, forse ne provai ma l’ho tutto rimosso, ero troppo concentrata a ricavarne piacere, a mangiare tutto questo caldo pranzo e… mi stupiva che lui durasse tanto, che non mi si fosse ancora sciolto in mano.’
‘Il dottor Chiaretti ha una notevole resistenza…’
‘Infatti! Ma io che ne sapevo? Gli altri facevi fatica a prenderli in mano! E lui niente… non riuscivo a pensarci, io godevo di continuo, forse ancora altre tre volte e lui niente!’
‘Una durissima tortura… alla quale mi sottopongo con gioia!’
‘Verso mezzanotte voleva che me ne tornassi a casa ma chiamai mia madre e le dissi che stavo fuori a dormire, con un uomo meraviglioso! Mentre mia mamma brontolava qualcosa, riattaccai… non dormimmo quasi mai, quando non mi penetrava mi coccolava, quando non mi coccolava scendeva a baciarmi. Volli baciarlo anche, veder se mi riusciva ma… nulla! Diceva che forse era l’emozione, la felicità d’avermi; riuscì a venirsene solo al mattino, mentre la luce già entrava da fuori… avevamo passato almeno nove ore su quel letto… indimenticabile!’
Scesero le scale, si avvicinarono alla sala da pranzo sempre tenendosi per mano e si sedettero ai loro posti. Rossana, come sua abitudine, sull’orlo della sedia con le gambe abbastanza dischiuse… e Silvia, che l’aveva fatto solo a casa di lei, l’imitò…
‘Paola, per favore… puoi chiamare gli altri per la cena?’
Ad Alessandra non fece grande effetto quel nuovo modo di sedersi di Silvia… al dottor Chiaretti parve molto strano e fuori luogo. O lo stavano prendendo in giro oppure… oppure cosa? Certo, rendeva la figura di sua moglie più elegante, il busto più eretto, i capelli umidi, il sorriso travolgente… no, il sorriso non derivava dalla postura… no, ma c’era! Spudoratamente sua moglie parlava già con Rossana del libro, dei particolari, delle cose che avrebbe voluto approfondire….
‘Ma Silvia! Paola e Alessandra cosa penseranno di Rossana?’
‘Che &egrave una persona meravigliosa, amore mio… ho fatto leggere il libro ad entrambe e se ne sono innamorate, come me… del libro…’
Per tutta la cena non ci fu verso di farle cambiare argomento. Ogni tanto Chiaretti ci provava ma veniva travolto dal loro coinvolgimento, dalla loro complicità… perfino Paola, a tavola con loro come sempre, schivava i suoi discorsi e si rituffava in quelli di Silvia… non c’era nulla da fare. Finita la cena, Silvia s’accinse ad alzarsi baciando il suo uomo.
‘Adesso andiamo in camera e continuiamo a parlare del libro, Rossana ed io…’
‘Come? In camera? Non state meglio in salotto? Nello studio…’
‘No… sono cose molto intime, quelle che voglio da lei… meglio la camera… ti aspetto di sopra…’
‘Molto intime? Le hai fatto domande così intime a cena che sono sbiancato io… cosa le chiedi di più intimo ancora?’
‘Tu sbianchi ma lei non sbianca mica… si &egrave divertita un sacco a raccontarci quello che non c’&egrave sul libro… ma io son curiosa, lo sai… però &egrave cosa breve… non tardare….’
Che fosse preparata o meno la cosa forse nessuno lo sa, forse sì…. sta di fatto che nell’alzarsi le si sciolse la cintura del kimono e restò aperto, in faccia al marito, raccontando ancora qualcosa di nuovo. Lei non si scompose, sorridendo si riavvicinò lentamente i lembi di seta lasciando allo sguardo del marito l’agio di contarle quasi tutti i peli del pube, riannodò la cinta e dicendo si portò via l’amante al piano di sopra.
Gli aveva chiesto un po’ di tempo ma non molto, ma quanto straziante fosse l’attesa, lo sapeva? E poi… aspettare cosa? Cosa doveva aspettare… più di un anno aveva aspettato! Pazientemente aspettato… va bene, d’accordo… con un delizioso intermezzo ma… aspettato! Nella sua casa, con loro due, con quel che gli era costata ultimamente Silvia… sarebbe andato da lei? E se lo rifiutava ancora, c’era davvero Rossana? O lo avrebbe rifiutato anche lei? Spudorata, &egrave vero… innamorata, forse… ma lì, in casa con Silvia… con Paola… con Alessandra… di Alessandra non sapeva nulla, Rossana… non avrebbe mai immaginato… e allora cosa? Dove? Quando? Perché? Si strinse le spalle… mezz’ora era già passata… se la facessero bastare! Salì le scale, ma piano…
‘Vieni amore mio… ti stavamo aspettando!’
Alla luce d’una candela intravide il suo sogno: nude, incollate, per nulla turbate, attendevano davvero il loro uomo, carezzandosi dolcemente, delicatamente, proprio come s’amassero da cento anni almeno.
‘Ma… come? Io non credevo… io solo pensavo…’
‘Rossana mi aiuterà, ne ero sicura… solo lei può aiutarmi… ridarmi a te, riprendersi noi… solo lei, e lei lo sta facendo, l’ha fatto, adesso ho fame di te…’
Ancora nel semplice bacio, ricaddero… trascinati nel gorgo, lui ancora vestito, lei nuda e distesa, spalancata di voglia, stordita d’amore, come se dentro quel bacio, conosciuto e nuovo, antico di anni, futuro lontano, ci fosse l’oblio di un grande letargo. Non c’era la fretta di un sesso mancato, non c’era l’urgenza di sciogliere il gelo… c’era una viso, una bocca, un sorriso ed ella si ritrovò per la seconda volta in quel giorno a pensare alle mani avvinte al volto, alle mani avvinte al volto… a pensare ai suoi occhi sperduti negli occhi, ai sorrisi smarriti nel vuoto, al suo stesso pensarsi rapita.
E, senza creare disturbo alcuno, le mani di Rossana corsero a svestire quel corpo così familiare, così tanto amato, bramato, sognato, vissuto… lo fecero piano, con gesti da brezza, come potesse una brezza leggera togliergli tutto, lasciarlo ignudo. Ne ebbe il tempo, il bacio era intenso, il profumo prezioso e quando finì le parve che non fosse abbastanza… che ci fosse ancora del tempo. Affondando lo sguardo negli occhi di Silvia, decise che il tempo era giunto, che era maturo. Da sotto cercò l’asta, la verga… la condusse leggera fin dentro la tana, accompagnò il momento, il suo movimento, dolce, profondo, affondo di spada. La vide staccarsi dalla bocca di lui, urlare decisa, sparire in un lampo, travolgersi d’occhi, svanire lontano… l’orgasmo agognato, cercato, ripulso e finalmente trovato… diverso. Diverso dagli altri, diverso da quanti, un culmine alto, immenso e traverso. Lei non sarebbe mai stata capace di cavaglielo uguale, lei non avrebbe potuto sentirla tanto. L’aveva aiutata, aiutata davvero… incredula e fiera, continuava ad imprimere il suo ritmo al marito, che scopava la moglie come da tanto sognava. Altre tre volte, forse con lo stesso intensissimo orgasmo, la vide sparire da sotto il suo corpo, fino quasi a svenirne, fin quasi a morire. Senza mai cambiare neppur posizione, s’erano dati un anno di amore, con tutti gli interessi del caso, per giunta… non ne ebbe per molto… anche lui, dopo poco, rantolando la gioia, si sperse in lei, si fuse in lei, si inabissò nel profondo.
‘Ma che bravi… da non credere… ho goduto di tutti i vostri baci, meglio che se li avessi presi io… Silvia… &egrave la tua festa, &egrave il tuo Uomo, &egrave tutta la gioia che mi hai dato oggi!’
‘Ro… se non fosse per te… non sarei mai riuscita… non ce l’avrei mai fatta… vorrei… vorrei… voglio condividere con te… voglio vederti…’
‘No, non se ne parla neppure: tu ha assistito alla mia festa, oggi, io assisto alla tua, stasera…’
‘Che festa?’
‘Oggi pomeriggio… mentre ero da lei… &egrave venuto Dario… l’ha scopata davanti a me….’
‘Alla faccia della festa! Quel testa di…’
‘Zitto amore… non dire cose… vedessi com’&egrave bella Rossana mentre fa l’amore con lui… da togliere il fiato!’
‘Rossana &egrave sempre bella… &egrave luce pura… mentre fa l’amore &egrave sconvolgente… ma con lui?’
‘Dottor Chiaretti… al cuor non si comanda… sarò stupida ma se lui ha voglia di me, io sono sua… non completamente, non solamente ma… SUA!’
‘Ho imparato a conoscerti, Rossana… lui mi fa rabbia, l’arpia che sta con lui mi dà il voltastomaco, ma… tu sei diversa, lo so…’
‘Angelo… io penso di essere diventata un poco come lei… mi piace che tu l’abbia avuta… ringrazio te, ringrazio lei… perfino mentre eri a Torino con lei, io… ero contenta, più che contenta… pensavo a voi che facevate l’amore e ritrovavo la voglia di far l’amore con te… pensavo a lei senza slip, a tu che ti eccitavi… e riuscivo a godere di tutto questo. Oggi mi ha raccontato anche di Greta…’
‘Di Greta? Ma quella &egrave una cosa diversa… non credo sia… &egrave…’
‘Non fa nulla… sarebbe meglio se tu l’amassi almeno un poco, ma anche se non l’ami… forse ti ama un poco lei…’
‘Silvia ha ragione… se lo si fa, occorre farlo bene… farlo con Max &egrave stato solo buffo; capisco Greta che ne ricava il suo tornaconto ma… io spero di non doverlo rifare…’
‘Eppure… c’&egrave stato gusto, nel cederti a lui… mi son stupito di me ma saperti con lui mi ha stimolato parecchio… ora, a voi, parrà strano ma… più che la valchiria mi stimolava l’idea d’averti ceduta…’
‘Anche con Luca? Anche l’albergo?’
‘No… quello l’ho fatto per allontanarmi da te… per vedere se bastava… non bastava! Ero contento di saperti con lui, speravo scoccasse una scintilla importante ma… la voglia di te non mi &egrave passata…’
‘E per fortuna! Altrimenti da chi diavolo andavo io? Da Luca? Io volevo rifare l’amore con te, come prima, come sempre, come adesso…’
‘Ne ero pienamente convinto… aspettavo, lavoravo, fremevo… non vedevo l’ora… Rossana &egrave capitata a raccogliere un po’ del suo e molto del tuo… Rossana non la volevo infastidire, aveva la sua vita, era mia dipendente… ma temo d’averla amata da subito… resistere ora era impossibile…’
‘E io amo che tu l’ami… prima non lo sapevo, ma temo che l’amassi anche prima… dal racconto, dai tuoi pensieri… da oggi… di più!’
‘Mi aspettavo una tua reazione strana anche per Alessandra… invece l’hai voluta e accettata quasi meglio di me…’
‘Alessandra? Perché?’
‘Lei &egrave stata la fidanzata di Angelo per anni… adesso, lasciata dal marito, senza lavoro, senza nulla… Angelo lo seppe e mi chiese come potevamo aiutarla… fui io a proporle di prendersi cura di mio figlio, stare qui con noi, giorno e notte… lei era titubante ma la convinsi… non sono gelosa, lei si &egrave dimostrata di non esserlo di me… adesso siamo molto legate.’
‘Potevi farti aiutare da lei, allora…’
‘Non ne era all’altezza… &egrave stata lei a dirmi di venire da te!’
‘Mi pare che ci sia un signore che ha bisogno di attenzioni, qui sotto!’
Angelo steso sul letto, la moglie al suo fianco, spalmata addosso a lui, Rossana erta sui talloni, con le solite gambe scosciate, accarezzava distratta la turgida verga. Chiamò Silvia con gli occhi, col sorriso, gliela alzò giusto in bocca e le spinse la nuca. E Silvia sentiva, sempre più profondo, quel gioco di mano, quel costringerla dolce; non c’era mai arrivata, così in fondo da sola… si trovava a pensare a cosa potesse essere quello di Dario, sprofondato fino al cervello, a cosa fosse, sentirselo dentro. Fortuna che aveva avuto fretta, in quel pomeriggio! Se Rossana l’avesse voluto anche dietro? Lei che già sentiva che era tanto quel che aveva da sempre… quell’altro di Dario… allora la guardò, se lo estrasse di bocca, sorrise dolcissima:
‘Un poco anche a te… un poco per uno…’
‘No, questa &egrave la tua festa, te lo ripeto… stasera io sono solo spettatrice… al limite, qualche bacio a te… non di più! Vieni, sali, scopalo tu, ora!’
E la condusse con gesti decisi a salire a cavallo, ad infilarselo dentro, ad immergersi tutta, a stanare la lava che ancora bolliva, che ancora pulsava. L’aiutò a prendere il ritmo, le baciò le labbra già gonfie di sogni, ansanti di afa d’agosto, di fumi di magici alambicchi colorati. Le tolse da dentro, quasi a forza, quasi violenta, l’orgasmo che giunse, che s’abbatté come un lampo, che scosse l’intorno come fosse una bomba. E, mentre veniva urlando di gioia, vide spalancarsi la porta ed entrare Alessandra.
‘Finalmente! Non vedevo l’ora che succedesse… scusate ma ero preoccupata… adesso sto meglio… buonanotte a tutti… domattina mi raccontate, però, intesi?’
Non ci fu molto tempo per dormire, quella notte… Rossana, ogni tanto, si appisolava un poco, sulla spalla di Chiaretti, sul ventre di Silvia, talvolta lontano, da sola, in un angolo del letto libero. Forse anche loro, senza accorgersene quasi, chiusero gli occhi, sognarono un poco. Ma un bacio, strusciato, distratto, errante li svegliava dal torpore per ridarli al presente, per tornare ad amarsi. Una carezza, un bacio, una coccola… non sempre per senso, quasi mai senza senso. Nessuno seppe mai quante volte, nemmeno lo chiesero mai. Silvia, durante la notte, si volle anche Rossana, per sé, per lei, per lui che guardava… ritrosa cercava di sfuggirle, di lasciarla al marito, di far della notte la loro festa… ma cedette, sorridendo al dottore che non poteva bastare, quale piatto di carne, senza un contorno. La luce del mattino li travolse quasi d’improvviso, come strappati da una notte di canti, di gioie e di risa; era ora d’alzarsi, di farsi trovare, di tornare pubblico fra il pubblico dopo essere stati sogni fra i sogni. E lui le baciò, sussurrando , trascinandole insieme dentro la doccia, cullandole piano di carezze e sorrisi. Avrebbero avuto voglia di continuare a godere ma le forze mancavano, le gambe cedevano…
Mentre lui si vestiva, le ragazze si asciugavano… capelli, pelle, carezze, sorrisi.
‘Mi piacerebbe scendere nuda, a far colazione…’
‘Silvia… non mi pare una buona cosa! Anche a me piacerebbe ma non l’hai più fatto da molto… dovresti chiedere a loro, ad Alessandra, a Paola se te lo permettono…’
‘Lo facevi? Davvero?’
‘Sì… ogni tanto, non sempre… a Paola non dispiaceva… ad Alessandra non saprei… ieri sera mi &egrave parso che non abbia… la prima volta non eravamo nemmeno sposati, ricordi?’
‘Certo che ricordo… io ero già disotto, mi avevano chiamato al telefono… e tu scendesti le scale e venisti a sederti in braccio a me, mentre parlavo al telefono, mentre Paola mi versava il caff&egrave.’
‘E Paola sorrideva, serena… mi disse in un orecchio che ero bellissima e avrei dovuto scendere così, nuda e splendente, tutti i giorni… che se avessi avuto freddo mi copriva lei!’
Tornarono ad infilarsi il solo kimono, invertito il colore, sui corpi nudi e a piedi scalzi, mentre lui infilava la giacca, e scesero assieme.
Nella vasta cucina c’erano già Paola e Alessandra, col bimbo fra le braccia. Silvia lo accolse stringendolo al seno, baciandolo molto e il kimono si sciolse, come d’incanto. Nessuno si scosse, nessuno si mosse… poi, piano, da dietro, lo prese Paola:
‘E toglilo, questo coso di dosso! Noi adulti non ci si scandalizza e al bimbo, la pelle della madre fa solo un gran bene, giusto Alessandra?’
‘Verissimo! &egrave il contatto più vivo e più caldo… vi faccio fare il bagno assieme anche per quello… non so dove l’ho letto, ma &egrave vero!’
‘Non abbiamo la stessa confidenza con Rossana ma… se anche lei si togliesse il cappotto, sarebbe meglio!’
‘Paola… io sono abituata a vivere nuda, ormai… &egrave con grande piacere che mi disfo del … volevamo scendere già nude ma il dottor Chiaretti ci ha chiesto di chiedere il permesso a voi…’
‘Il dottor Chiaretti &egrave sempre troppo austero… quando eravamo fidanzati non gli dispiaceva vedermi nuda, sapermi nuda…’
‘Non mi darebbe fastidio neppure adesso, Alessandra…’
‘Lo sai come la penso… non sono più tanto appetibile e mi son passate tutte le smanie… ma se nudi state voi, io son molto contenta… raccontatemi la notte, che son curiosa…’
Così, sedute a tavola sul bordo della sedia, naturalmente nude, felicemente nude, con le gambe dischiuse ed i sessi soddisfatti ma caldi, umidi, deliziosamente dischiusi e pronti, passandosi il bimbo fra le braccia, facendolo godere di tutta quella pelle, raccontarono, un po’ Silvia, un po’ Rossana, tutta una notte, tutta una giornata che aveva sconvolto i loro ruoli, le loro vite, le vite di tutti. Chiaretti sorseggiava il caff&egrave, sbocconcellava un croissant fatto in casa da Paola, sorrideva e ascoltava… ma dovette alzarsi presto dal tavolo, dovette fuggire, abbandonare quel suo harem dove non era sultano, dove non si sentiva padrone divino.
‘No, non te ne andare… ho una domanda per te… ieri sera hai detto che cedere Rossana a Max &egrave stato molto eccitante per te… &egrave vero?’
‘Sì, decisamente… l’ho trovata una cosa particolarmente erotica: vederla seguirlo felice, abbracciarlo, sapere che si sarebbe data a lui con tutta se stessa… sì, molto erotico, meglio di Greta, lo ripeto.’
‘Allora me lo faresti un regalo? Mi cederesti a qualcuno?’
‘Cederti a qualcuno? &egrave sempre stata una mia fantasia importante, una delle tante… con Rossana &egrave stata la prima volta… se ti fa piacere… ti cederò, ti venderò, ti regalerò… non oggi, però!’
‘Amore mio… oggi no, oggi sono solo per Rossana… dopo, più tardi, per TE, ma stamattina per lei… voglio fare l’amore con lei nel magazzino, dove tu l’hai scopata la prima volta… cominceremo come hai cominciato tu, dalla sedia del computer… no, oggi no, ma un giorno, vendimi!’
E non sapeva più se era il caso che andasse, se davvero ero necessario, se solo avesse potuto restare, se fosse riuscito a vedere, raccogliere, continuare a sognare. Scivolò via dalla cucina, dalle sue Regine, dai loro occhi, dai loro sorrisi… quattro donne quattro… quattro Donne che riempivano la sua vita, che erano vita, che erano sogno. Quattro. Numero dopo perfetto.
‘Sarebbe bello, ora che non hai Dario, che ti trasferissi qui, Rossana… posto ce n’&egrave, anche per te… il bimbo ti adora!’
‘Alessandra… mi piacerebbe anche ma… devo parlarne. Non &egrave la distanza, andare in libreria ogni mattina non mi peserebbe, ma…’
‘L’idea mi pare straordinaria: faresti felice me, il dottore, Alessandra, il bimbo e… soprattutto Silvia… innamorata persa!’
‘Me ne rendo conto, Paola… ma devo parlarne… datemi qualche giorno… datemi un po’ di tempo…’
‘Quanto ne vuoi, amore, quanto ne vuoi… ma pensaci… sarebbe la cosa più bella che puoi regalarmi… anche Dario… sarebbe un bel regalo, però!’
‘Maiala! Tutte sconvolte da quel pezzo di ciccia? Basta vederlo e non vi staccate più dal palo?’
‘Non credo sia solo per le dimensioni… il modo che ha, che fa voglia… dopo tanto cullare, un bello scossone… fa gola!’
‘Effettivamente… il suo modo di scopare &egrave travolgente, pur mancando quasi sempre di grazia… alcune volte &egrave delicato anche lui… ma generalmente &egrave un terremoto… il suo terremoto &egrave… meglio!’
‘Anche mio marito era terremoto… non era tanto… dotato? Ma era terremoto… pian piano anche breve… poi più nulla… poi cominciò a fuggire… sparito! Adesso so che sta con una ragazza di vent’anni… bruttina, baffuta, grassoccia, ma giovane… traumatizzata. Mi ha lasciata traumatizzata… nemmeno da sola, mi riesce più. Ma va bene così, a me non manca il sesso, non manca più nemmeno l’amore, da quando sono qui…’
‘Sentirsi amati, donare amore, &egrave già fare sesso, forse del migliore… io ero desolata di non riuscire a donare il mio corpo al mio uomo, a mio marito ma… sentirmi amata, riuscire ad amarlo era già sufficiente, appagava… adesso, ora, dopo ieri e stanotte… non sono appagata, sono affamata, affamata e felice!’
‘Vieni, corri… torniamo a vestirci… andiamo ad aprire, altrimenti tuo marito mi licenzia!’
‘Se ti licenzia lui, io ti rapisco e gli chiedo il riscatto, al Tiranno!’
Salirono di corsa le scale, ridendo. Si vestirono in fretta, di poco, quasi di nulla, quasi uguali, una gonna e una maglietta, i sandali ai piedi, nessun reggiseno, nemmeno uno slip e molti sorrisi, molti baci, tante carezze. Ridiscesero in cucina, salutarono le due donne e il monello e raggiunsero l’auto di Silvia.
Viaggiare fu sempre quello: il tormento di mani, di occhi e di sorrisi concesso a valanga allo sguardo di tutti. Oggi, in più, anche qualche bacio, incastrato fra il rosso ed il verde di alcuni semafori. Silvia non colse, peccato, la tonaca nera in bicicletta… forse l’avevano anche incrociato ma lei non lo vide; ogni tanto, distratta, gettava l’occhio di fuori, ma non lo vedeva…
‘Ti imbarazza che ci vedano?’
‘Ma proprio per niente! &egrave solo che ieri ci guardava un prete e cercavo se lo ritrovavo…’
‘Un prete? Che effetto gli abbiamo fatto?’
‘Maledettamente strano, da come imprecava… avrà buttato la tonaca?’
‘Speriamo di no… ne son rimasti così pochi!’
Aperta la libreria, mentre aspettavano che il computer si settasse, che prendesse vita, si comportarono quasi con distacco: tormentavano le mani, si sfioravano di casti baci sulle labbra, si sussurravano sciocchezze, ne ridacchiavano. Poi Rossana si sedette, controllò la posta, rispose ad alcune email mentre Silvia girava per la libreria, carezzando i libri, sfogliandone alcuni, leggendo una frase, guardando quasi distratta l’amante, la sua amante, l’amante di suo marito, come fosse un segreto, come fosse uno scrigno. Non resistette a lungo, voleva, ma non resistette… quasi di nascosto le giunse da dietro, le cinse le spalle, come doveva aver fatto il marito e le chiese distratta, con voce quasi da uomo:
‘Anche oggi senza slip, Rossana?’
‘Certo, dottore, come sempre…’
Le sue mani, come le sue, lungo le cosce, sopra la gonna, senza trovare la balza di calza (peccato!) che oggi non c’era.
‘E… nemmeno il reggiseno, noto…’
‘Non li porto mai, dottore…’
Con le mani sulle mani di lei, sui suoi seni. Con la bocca di lei fra i capelli a cercarle la nuca, il collo, l’orecchio. Con il corpo di lei, compresso alla sedia, strusciante di seni su ruvide stoffe. Con le gambe tremanti, come tremanti eran le sue.
Commedia simbolica, rito solenne, dovuto, cercato, interpretato fino in fondo come una preghiera, un canto già scritto, deciso, imperante.
Le bocche affamate, trovate, confuse. Le lingue infuocate, ma fresche, precise. Gli occhi socchiusi, un po’ ciechi di tutto, il trasporto iniziato, il volo spiccato, il cuore pulsante e il campanello che suona, la porta che s’apre… ma era sua mamma, non era nessuno, le sorrisero dolci, lei anche sorrise…
‘Volevo solo sapere come &egrave andata ma… mi pare chiaro che sia andata bene…’
‘Benissimo… ho fatto l’amore con mio marito tutta la notte e Rossana ci ha vegliato, &egrave stata lì con noi, mi ha fatto tanti regali… mi ha perfino insegnato a farmelo scendere in gola, profondo, come non avrei mai sognato… a lei posso dirlo, posso dirle tutto, vero?’
‘Ma certo Silvia, non ti fare dei crucci… ho finito per rendermi conto che quella debosciata di mia figlia &egrave straordinaria… l’amo più di quanto l’abbia mai amata, per come le vive, queste sue storie. Adesso che so, me ne vado, così riprendete.’
‘No… non te ne andare, mamma… se entra qualcuno lo fai aspettare, se suona il telefono rispondi… &egrave meglio se resti… noi andiamo in magazzino…’
‘Sarebbe molto bello che lei resti qua, che ci protegge e ci nasconde… dopo quel che ha visto e sentito ieri, la sua presenza mi rende anche più selvaggia, spudorata… riuscirò a non avere alcun freno…’
E riprese tranquilla a baciarle il collo, la gola, la lingua. Le sue mani sui seni di Rossana non si erano mai spostate, mai fermate; aveva torturato quelle carni, quei capezzoli anche mentre parlava a sua madre. Ora voleva di più, la costrinse ad alzarsi, a seguirla, a varcare la soglia. La spogliò quasi nuda mentre camminava, non sapendo dove gettasse la roba. Sentì l’uscio chiudersi, quasi le spiacque, ma certo era meglio, meglio chiuso che aperto. Anche lei si sbarazzò di ciò che portava, veloce, aiutata; frattanto, fra sorrisi baci e morsi, quella scena era già divampata. Non cercava più d’imitare la voce dell’uomo, non cercava più di rivedere la scena… adesso godeva dell’averla lì, fremente, radiosa, luminosa come una stella. Agli occhi di Rossana la cosa non era diversa… non c’era chi dava, non c’era chi prende. Reciproco affanno di fame, simmetrico lume di sguardo, gemelli fremiti di pelle e di mani. Fu tutto più lento, rispetto al giorno prima, ma pieno di complicità che ieri non conoscevano ancora.
Rossana pensava, ripensava perplessa; nella sua mente vorticavano piano Tiziana, Giulia e Greta… non c’era paragone, non c’erano nomi… solo amori diversi, sparsi in maniere diverse. Non c’era un più, non c’era un meno… possibile? Con gli uomini c’era? Matteo dove stava? Colpa di Dario, fragile e ignaro. Colpa anche sua, di non esser stata capace, capace di dire a Dario che non fosse… non fosse geloso? Invidioso? Debole? Matteo c’era ancora, dentro di lei c’era… oggi più che mai era importante che ci fosse: l’avesse potuta vedere! L’avesse potuta sentir cantare, prender per mano! Matteo… tempo passato, sfuggito di mano… ma se fosse tornato!
Le nebbie dei pensieri non confondevano i sensi, riusciva ad amare e a farsi amare, regalava a Matteo ogni canto di Silvia, regalava a Matteo ogni orgasmo che Silvia le strappava di dosso. Omaggio a Matteo, caduto lontano. Lontano. Lontano non &egrave mai abbastanza. L’avrebbe cercato, gli avrebbe parlato. Gli avrebbe detto che nulla era… che nulla poteva… che anche se lui era… cambiato. Cambiato? Che nulla era cambiato, che nulla poteva cambiare, marcata a fuoco come un ciocco di legno. Stordita, inebetita, confusa da orgasmi e pensieri, da odori e pensieri, da sapori e pensieri, stordita da pensieri e pensieri… s’accasciò morta durante quell’apice acuto, quel fremere intenso, urlando di gioia fra le labbra grondanti di Silvia… svanì dai suoi occhi la natica dolce, il sesso dischiuso, il carnoso movimento delle labbra, la meraviglia del suo clitoride, incastrato su in cima, il ciuffo di peli ad ornare quel pube… svanì, come fumo al vento, nell’urlo selvaggio, nel canto pian piano sommesso, nel chiudere gli occhi, di troppo beati.
E Silvia non si mosse, continuò a premerle il mento sul pube, continuò a suggere piano e decisa, continuò a vorticarle dentro tre dita, ma tutto più piano, tutto più dolce… accompagnando fremiti e vibrazioni… finale sfumato… fino all’ultimo flebile spasmo, trasmesso, sentito, intuito, stampato. Poi le scivolò fuori, un dito alla volta, una falange alla volta, un millimetro all’anno. Scoccò un bacio lieve, colpendole i peli. Si intinse le dita, tremanti, in bocca. Le gustò a lungo, chiudendo gli occhi. Sapore di Femmina, sapore d’Amante.
Poi si erse, andò a cercarla, trovandola ansante, felice, sognata. Lambendole piano il miele dalle labbra, tentò di svegliarla, tentò di sognarla, d’un sogno lunghissimo, incantesimo dolce. Fosse stata capace di restare lì in eterno, di restare a mangiare solo quel miele, di restare a sentire sulla guancia il sospiro lieve del sul suo ansimare. Fosse stata capace! Capace di riempirsi gli occhi di quel viso sereno, capace di frenare la mano rapace, capace di lasciarla dormire di sonno. Fosse stata capace! Ma nemmeno Rossana sarebbe stata capace. Lo capì quando vide l’occhio dischiuso, grato, affamato, assetato d’amore. Sazie. Mai sazie. Troppo piene, sempre più capienti. Sfinite, svettanti. Ossimoro vivente del che solo vuol dire . Ma la porta bussava, con voce suadente:
‘Rossana… scusa… ma c’&egrave un sacco di gente… Rossana…’
‘Mamma… arrivo subito… scusami…’
Sorridendole addosso, si sottrasse molto controvoglia a quel fantastico sogno, cercò di stare in piedi, che era già difficile, cercò di vestirsi, che era impossibile, cercò i suoi sandali ma ne trovò uno solo… la maglia sì, l’infilò prima a rovescio, però… la gonna non c’era, c’era quella di Silvia!
‘Mettila… dopo torni a prendermi…’
‘Rossana? Ho delle cose, per te…’
‘Grazie mamma… passamele…’
E dallo spiraglio un occhio lo vide… chi fosse non sa, non avrebbe saputo… un curioso occhio, incastrato lì dentro a godere di nulla, a immaginare che cosa? Nessuna importanza, nessuna vergogna… il Professor Vasina che se ne intende aveva detto , e se lo diceva Vasina… doveva esser vero! Infilata la gonna, infilato il sandalo, sorretta e costretta da Silvia ancora nuda che continuava a baciarla e mangiarla con gli occhi.
‘Sono molto spettinata?’
‘Sei bellissima! Sei l’immagine stessa di tutto quello che abbiamo fatto: ti si legge negli occhi, nei capelli, nel sorriso…’
‘Pazienza… t’invidieranno! Brutta cosa, l’invidia! Rivestiti!’
C’era gente davvero, in libreria… tanta. In genere erano pochi, quelli che andavano lì, una decina al giorno al massimo, da soli, a coppie, pochi gruppetti… sua madre aveva fatto ciò che poteva, qualche scontrino, qualche indicazione… sfollata la massa, restava solo una coppia, giovane, carina… col libro di Luca nelle mani.
‘Ce lo puoi firmare?’
‘Io? Mica l’ho scritto io… l’autore…’
‘Sì, lo sappiamo ma… parla di te… siamo venuti apposta da Bologna! E… ti abbiamo sentita, in magazzino… lui ne ha già una copia, questa &egrave per me!’
Malizie di bimbe… sorrise… firmando le chiese il nome, lo scrisse… e mentre firmava, con la coda dell’occhio, lo vide sbirciare… non lo aveva ancora visto, nascosto fra i libri…
‘Professor Vasina! Quale piacere! Il professore, ragazzi, &egrave un nostro autore: Arte Sacra, Storia della…’
Anche lui con quel libro in mano, lo stesso dei ragazzi…
‘Sì, ma con qualche rimpianto… mi sa che avrei scritto anche questi… adesso me lo compro anche io, Rossana…’
Avrebbe voluto dirgli che la moglie del capo intendeva aggiungere molte cosucce, nella prossima edizione, ma… lasciamo perdere…
‘E’ quasi ora che chiuda, Rossana… posso portarla a pranzo?’
‘No… non oggi… ho da far delle cose, mi fermo qui… ho portato… un panino… deve vedere il dottor Chiaretti, professore?’
‘No… &egrave qui? Se &egrave qui, volentieri…’
‘No! No, non &egrave qui… magari gli telefono, pranzate assieme…’
‘No… ero venuto per questo… m’hanno detto che &egrave bello…’
‘Glielo metto sul conto?’
‘No… lo pago… lo firmi anche a me?’

Liberata la strada, tornò in magazzino, dove Silvia non s’era affatto vestita, aspettava… aspettava seduta sui talloni, le gambe scosciate, le mani sulle cosce…
‘Sei uno spettacolo senza paragoni ma… se entrava Vasina, che ti conosce anche bene?’
‘Vasina? Quello dell’Arte Sacra? Quello dell’ascensore?’
‘Proprio lui… a casa tua &egrave di casa, tuo marito me lo dice spesso…’
‘Si sarebbe inginocchiato a contemplare, secondo te?’
‘Temo di no… avrebbe saltato antipasto e primo… solo CARNE! Non abbiamo modo, adesso, &egrave ancora aperto… vieni, vestiti, che usciamo.’
‘Vestimi tu… io non ne ho voglia… uscirei nuda…’
Adesso non so, non credo che sia… non faccio paragoni, no! Vederla spogliare sarebbe meglio, vederla vestirla, però… immaginate la scena: non &egrave mica poi male… prima la maglia, la manica, il seno… poi l’altra manica, ancora il seno… baci sul collo, sulla nuca, sulla guancia, la lingua saetta, sfiora la lingua, sorrisi intensi, complici, dolci… occhi socchiusi poi la testa, la maglia che scende, carezze sui seni, sui fianchi, la natica. Tirala in piedi, vestita a metà, con tutto quel meglio ancora così esposto… alzale un piede, infila la gonna, carezza al polpaccio, al ginocchio da dietro. Alza anche l’altro con le stesse lusinghe, tira la vita, lentamente verso l’alto. Carezzale il pube, che tanto ci passi. Dietro, una chiappa che fa capolino, mica la lasci a lasciarsi vestire? Niente zip, solo l’elastico… fatto! Fatto? Occorre aggiustare, pannellare, sborsare… i sandali poi… un bacio per dito, carezze decise fin oltre la gonna… quanto tempo &egrave passato? Tanto, ma poco…
Corsero a casa, a mangiare da sua mamma, mangiarono ignude che non potevano farne a meno ma non corsero ancora in camera, non ebbero tempo, quel giorno d’amarsi di nuovo… Silvia aveva da fare qualcosa, primo pomeriggio, subito dopo. Rossana doveva pensare un pochino, parlarne con lei, con la madre e con… doveva riaprire, il pomeriggio, quello non era un pomeriggio libero.
Accompagnò Silvia alla macchina, tornò in casa, parlò con sua madre… le parve, alla madre, meno, molto meno strano che lei andasse a vivere con Chiaretti, piuttosto che lei lasciasse la casa a quel tale… l’amore… va bene, ma la casa all’arpia?
Dalla libreria telefonò a Dario… gli accennò di dovergli parlare, lui (mi sbatti fuori di casa?) disse ho da fare, e chiuse veloce. Nel pomeriggio, noioso e contorto, un raggio di luce trafisse la porta. Giulia era venuta a trovarla, Giulia che non la trovava più dietro al muro, che non la vedeva da prima di Torino, che non la sentiva cantare la sera. Le raccontò, senza ombra di offesa, prima la casa, poi Torino e Chiaretti, non ancora di Silvia…
‘Ma che stronzo, Dario! Non poteva farti un tiro del genere!’
‘Ma che dici? Dario ci &egrave stato costretto… Amelia sbattuta in strada, dove la mandava? Io ho mia madre…’
‘Certo che sei strana, anche tu… lo giustifichi pure! Amelia &egrave un’arpia… li sento litigare, lo insulta, lo tratta da schifo… poi, a letto, se lo gode. Non mi piace!’
‘Non piace a nessuno… pare nemmeno ai suoi figli, altrimenti li andrebbe a cercare… chiuso il discorso: c’&egrave una grossa novità, molto bella… indovina chi &egrave venuta a cercarmi ieri?’
‘Tiziana! La tua Tiziana! Finalmente!’
‘No… ancora meglio: la moglie del dottor Chiaretti!’
E lì, nello stupore di Giulia, riversò tutta la storia vissuta, dovendo far pause per servire un cliente, rispondere al telefono e spedire un ordine, una email… mentre le raccontava del mattino, era quasi alla richiesta che le avevano fatto, venne interrotta ancora da una telefonata… la telefonata di Dario:
‘Se &egrave per la casa ho bisogno di tempo… mi sto organizzando, devi avere pazienza… posso mica andare in albergo, no?’
‘Non &egrave per la casa, stai tranquillo… puoi starci dentro quanto ti pare, con chi vuoi… son sempre la stessa io, ti pago anche le bollette, se hai bisogno… non ti arrabbiare… &egrave tutta un’altra cosa… sii buono, passa qui da me in libreria… ti aspetto…’
‘Va bene… scusa… pensavo… fra cinque minuti… allora… ciao.’
‘Imbecille, cazzone, cosa urla? Cinque minuti? Io non voglio vederlo, me ne vado!’
‘Giulia! Calmati! Mi hanno chiesto di andare a vivere da Chiaretti, in villa… voglio il suo consenso…’
‘Il suo consenso? E chi &egrave lui? Che significa? Bastardo! A vivere con loro? Davvero? Sempre? Che cazzo te ne fai delle sue parole? Vado io da Chiaretti al posto tuo?’
‘No, no… ci vado io… adesso fuggi, mia delizia, altrimenti lo incontri… salutami i tuoi…’
‘Nemmeno un bacio?’
‘Mille baci ti darei… uno ma profondo, come quelli di Silvia…’
Fece appena in tempo a risedersi, dopo aver accompagnato alla porta Giulia, che si spalancò la porta per Dario…
‘Allora? Di che devi parlarmi? Oggi niente sesso, oggi no!’
‘No, niente sesso… Chiaretti mi ha chiesto di andare a vivere con lui…’
‘Come? Non &egrave sposato? Sbatte fuori la moglie?’
‘No… me lo ha chiesto assieme alla moglie…’
‘Ecco! Il tuo solito! Triangoli, porcate, donne… che schifo… mi hai stufato…’
‘Non dire così… se lo vuoi, potremo vederci quando vuoi… qui, da mia madre… dove vuoi…’
‘Vuoi che ti dica che mi sta bene? Che mi piace? No, non mi piace, non sono d’accordo… ma &egrave inutile, tanto ci andrai…’
‘Se ce l’hai con Amelia non ti devi sfogare con me… ti capisco ma non devi trattarmi male… ascolta… posso anche aspettare che ti passi, che tu ci ragioni… ho chiesto tempo a loro apposta…’
‘Allora non capisci! Non capisci proprio un cazzo! Semplicemente mi fa schifo che tu vada via da una donna, contenta?’
‘Non vado da una donna… vado da una coppia che sa tutto di te e che mi lascia con te tutte le volte che vuoi…’
‘Non me ne faccio un cazzo, del loro permesso!’
‘Ma se non ci fosse Amelia, capirei ma… così? Che senso ha?’
‘Ha senso… se mi vuoi resti con tua madre!’
‘Le tue ultime parole?’
‘Sì!’
‘Io cerco di starti accanto perché ti ho capito… ma così rischi di perdermi, di perdere tutto di me… oggi pensavo anche a Matteo, al male che gli ho fatto…’
‘Ma che Matteo! Cosa c’entra adesso? Sta con un’altra…’
‘Ho lasciato Matteo perché sentivo che avevi bisogno di me, non per il tuo scettro… tu hai sempre pensato di aver vinto una battaglia, di averlo ucciso dentro me, con quel solo trafiggermi… mi piace, adoro far l’amore con te, mi piace il tuo cazzo… ma non &egrave questo che mi lega a te… sono le tue fragilità…’
‘Le mie cosa? Dove le hai prese, adesso, le mie ?’
‘Le ho qui davanti, tutte… il tuo volermi negare la libertà, il tuo sentirti padrone, il tuo essere maschio, tiranno…’
‘Senti: pensa quel cazzo che ti pare ma io non sono d’accordo su niente… fai quel cazzo che vuoi e addio, ce lo siamo visto!’
‘E il tuo &egrave sempre più grande, più duro, più bello… lo so, ma ci rinuncio volentieri… non era per quello…’
‘Ascolta Rossana… ho passato giorni molto belli con te, ma non funziona più… amo Amelia, voglio Amelia… lasciamo perdere, va bene?’
‘Va bene… se non posso più aiutarti… me ne vado…’
‘No, sono io quello che se ne va! E non chiedermi di rivedermi, che sarebbe un’illusione!’
Sbatté la porta dietro di sé, sbatt&egrave la porta e svanì nel nulla lì di fuori, nel sole che stava per tramontare. Solo quando non lo vide più sentì salirle il pianto in gola. Non era per averlo perso, non era per non esser riuscita a fargli capire… era per non averlo capito abbastanza, per aver immaginato di poterlo cambiare, un pochino, non molto, quel tanto… non esser riuscita a farne un Uomo, nonostante tutto… lacrime di confusione, di sconforto, di sconfitta. Lacrime amare, come mai prima d’ora.
Non ci fu, quella sera, spazio per altro. Lacrime interne, represse, subite; confuse nel sorriso alla madre, contorte nella voce a Silvia. Silvia, al telefono, che le chiedeva di andare, tornare, baciarla… Silvia, al telefono che intuiva le lacrime, vagoni di lacrime, nemmeno pensate. Nel suo parlare serena (serena?) non c’era un accenno, non c’era la piaga, ma Silvia capiva, sentiva, trovava. Parlarono a lungo, come amandosi, come vedendosi, come fondendosi in un unico atomo… ma Silvia capiva, Rossana non diceva, non piangeva, non crollava, restarono così, fuse assieme, anche dopo, telefono chiuso, parole interrotte, occhi socchiusi, diversi contorni, diverse le case, diverse le braccia, diversi i ricordi, diversi gli affanni… ma legate assieme, fuse, colate.
Tempo, sarebbe occorso tempo… lo sapeva Rossana, lo sapeva anche Silvia; sarebbe venuta, sarebbe restata… non oggi, ma sarebbe restata! Cosa c’era di meglio? Tempo, tempo non chiesto, da spendere al meglio, da lasciarla con lui… la fretta non serve, cattiva: pretende! &egrave vero… lasciamole il tempo, mangiamoci il tempo, beviamo i minuti di questa attesa, di questa discesa frenata. Tutto era lucidamente deciso, accettato, voluto… solo del tempo…
Silvia, con tutto questo dentro, con tutto questo a spaccarle il cervello, s’abbandonò fra le braccia dell’uomo senza disperdersi lontano da lei… se la condusse accanto, se la sentì attorno, se la sentì dentro come quasi ci fosse; e l’uomo sentì, come Silvia sentiva, la presenza presente, il pensiero lucente. Come la notte precedente, sorridente e discreta, Rossana era lì, vegliava l’amore. Non era lontana, non era più nascosta dietro un ingombro di meschino pudore… era lì, col sorriso radente, con gli occhi socchiusi, con carezze di fiati, con sussurri e pensieri. Donarono a lei, a lei che non c’era, tutto quel mare d’amor coniugale, già visto, scontato, consumato di tempo, come un mobile antico… rilucidato, rinnovato, profumato di cere, restaurato di fresco, ma caro, caro mobile antico, conosciuto, carezzato per anni, voluto da sempre. Non era mai stato soltanto del sesso, nessuno l’aveva mai fatto solo per quello; l’uomo l’aveva cercata fra tante, la donna l’aveva voluto da sempre… a lei non era nemmeno servito, cercarlo fra tanti. Lei già lo sapeva: era lui che voleva. Voleva il suo odore, il suo respiro, le sue mani, il suo pensiero. E lui lo capiva, l’aveva capito. L’aveva saputo senza nemmeno vederla, al primo frusciare del suo farsi reale, come rapito da arcane alchimie, come inghiottito dal gorgo magnetico. Non cambiava mai, quel loro modo d’amarsi, sentirsi, intuirsi… da anni si sperdevano l’uno nei pensieri dell’altra, fondendoli assieme durate l’orgasmo. Congiunti, incastrati, costretti ad essere un canto corale, adagio, largo, andante, con moto, grave, sostenuto e tenuto. Un vorticare di corpi, carezze, sorrisi. Un affondare di carne nella carne, di dita nella carne, di denti nella carne, di carne contro carne, di fiati sulla carne, di fiotti nella carne. E l’uomo negava, negava il suo piacere per averne ancora di quello di Silvia, mai sazio, negava! Ritardava senza ritegno quel segno da lei tanto agognato… ritardava. Vorticava attorno a lei, dentro di lei, sopra di lei mangiando i suoi sogni, bevendo i sorrisi, palpando deciso con mani rapaci quegli urli acuti, quegli occhi socchiusi. E quando frustata dall’orgasmo più acuto, tentava d’andarsene svenendo dal mondo, allora anche lui, nel momento supremo, esplodeva il suo seme, felice. Poi la baciava, cercando con la destra il monte di Venere, il vello prezioso, intriso d’umori, sudori, colori. Ma non spariva mai via, raccoglieva il suo tornare, ne baciava le labbra e gli occhi come fonte magica a cui abbeverarsi. Cullandola piano la riaccompagnava nel sonno, stavolta profondo, cercato, trovato… la riaccompagnava nei sogni, dolcissimi amplessi di vapori bollenti, infilandosi piano fra le sue cosce, mano sul pube, dita sulle labbra, a volte anche dentro, immerso, annegato, a rapire quel poco, quel fremito, quel calore bramato.
Rossana s’accorse di non essere a casa, ovvero era lì ma l’anima no! Rossana realista, il più delle volte, Rossana sognava, ma mai così forte… le lacrime amare c’erano ancora, sconfitta crudele, ma pesavano meno… la vita di Dario non era la sua, non lo era mai stata, l’aveva sempre saputo. Battaglia perduta prima ancora d’andare, una Troia impossibile, non era l’Ulisse, non aveva Cavallo… lo stesso, piangeva. Senza lacrime ma piangeva. Non era per sesso, anche se era stato importante, no… non era per quello! Bello, invitante, goloso, prezioso, violento… diverso da tanti, da tutti. Ascoltandosi adesso sentiva dell’altro, dei sogni repressi… sogni di dolci effusioni a seguire quegli assalti di toro. Vero! Non era come credeva, non era abbastanza… ogni tanto, ma non abbastanza. Come aveva fatto, a non capirselo prima? Prima c’era Matteo a raccoglierne i sogni, dopo qualcosa le dava anche Fulvio… Giulia aveva riempito dei vuoti ma… fino a Chiaretti… ce n’erano molti! Ci sarebbero stati ancora dei vuoti? Dei vuoti violenti, assalti di tori? Le lacrime amare marcivano piano, non tutte dissolte, non tutte ingoiate… qualcuna le apparve a rigarne il volto ma… ma tanto non c’era, non era lì a casa… era immersa di gente, Paola, Alessandra, Silvia, il dottore… il piccolo Lorenzo spalmato sul seno, ridente, beato. S’addormentò così, in questo tripudio, nell’amplesso amoroso di una coppia sposata, cullandosi al seno il loro frutto prezioso, sorretta e compresa da due zie, da sua madre, da Luca, da Greta e da Giulia, Matteo proiettato, gigante e sereno, oltre quei corpi di Silvia e dell’uomo, come una luce, come uno schermo, cinemascope a chiudere il cielo.
Non che tutto fosse passato, ma la mattina dopo era di certo più bella. Mangiò, che la sera non aveva potuto. Parlò, che la sera non c’era riuscita… la madre comprese, comprese l’angoscia… non per Dario, che tanto era quello, per Rossana, per la sua sconfitta interiore. Ma sorrisero assieme, serene, di un sorriso complicato, ma complice. Fedele scudiero, l’avrebbe scortata ovunque, adesso. Rimorso di quanto le aveva negato, rodersi dentro per non averla capita… adesso no, era tutto diverso. Qualsiasi cosa, l’avrebbe sorretta, ascoltata, capita, seguita. Anche attraverso l’inferno!
Aprì come al solito, la sua libreria, alle nove precise, varcando la soglia che Dario aveva sbattuto… lei l’accompagnò dolce, la chiuse piano, più piano che mai, le chiese perdono…
Seduta al computer rilesse di ieri, più Silvia che Dario, più Giulia che il resto… rilesse. Sorrise, si tuffò nel lavoro, ne ebbe abbastanza… ogni tanto un pensiero, qualche accenno di lacrima amara, rigettati tutti, pensieri e lacrime, dentro un sorriso distratto.
Fu lì, sul far di chiusura, senza preavviso, senza annunci, senza scudieri, che la porta s’aperse di luce accecante di sorrisi di gente, di fragore di festa. Silvia e Angelo, assieme, raggianti, venivano a prenderla, ne avevano abbastanza. Star senza di lei era costata fatica, saperla lontana era crudele condanna, saperla incrostata di lievi tristezze era troppo, oltraggioso, peccato… avessero saputo delle lacrime amare avrebbero ucciso, dilaniato, squartato. No, non poteva restare ancora a pensare, non poteva restare nemmeno lontana, non poteva decidere, non poteva implorare… aveva gli arresti, domicilio coatto. Non erano qui per semplice turismo, l’avrebbero portata via, senza ritegno. Lei, Rossana, lo seppe subito, senza parole, senza domande… non erano venuti a vedere il magazzino, era chiaro. Poche parole, molti sorrisi. Chiaretti seduto, lei in piedi:
‘Devi venire subito con noi, abbiamo bisogno di te… guarda che bisogno ho, io di te…’
E sollevò la gonna a scoprire il ciuffo del pube, le gambe divaricate, lo schiudersi delle labbra dolcemente glabro, le labbra pulsanti.
‘E anche mio marito… ha bisogno di te!’
Ne rise, Rossana…
‘Anche lui senza mutande?’
‘No, Rossana… io le ho ma… se serve a farti venire con noi, le tolgo!’
‘Non occorre, dottore… preferisco togliergliele io…’
‘Se vuoi, portiamo con noi anche tua madre…posto ce n’&egrave!’
‘Non dite sciocchezze, non &egrave per lei… lei vi ama, come ama me…’
‘Allora… &egrave per… Dario?’
‘Ma lui non capisce… ha sbattuto la porta… &egrave finita…’
Una, una delle poche ancora non frantumate, una sola, ma una lacrima le sgorgò rapida, rapidamente baciata, succhiata, asciugata e nascosta dalle labbra di Silvia… ed un bacio, profondo, di quelli che solo da lei aveva mai avuto (diverso in che cosa?) con le solite mani avvinte al volto (questo?) la costrinse (la costrinse?) ad alzarsi, a seguirli, che il suo posto era quello (ecco, forse…) che l’amore (ah!) ha tante sfumature, come un arcobaleno dopo la tempesta, come arcobaleno… doppio… triplo… e anche di più.
Pomeriggio libero, libreria chiusa, sua madre avvisata, sua madre complice, sua madre scudiero, la porta accostata, piano piano a non farla mai più soffrire, mai più sbattere; la macchina accesa, guidata, veloce, lanciata diretta, la grossa berlina con gli otto cilindri felici e lucenti, rombanti di forza come fossero umani, come potessero capire anche loro, la meta del viaggio, il senso del viaggiare. La mattina dopo avrebbe dovuto prendere un autobus od un qualche cosa… la sua macchina al sole, calda di luce, parcheggiata lassù. Pazienza…
Solo una volta arrivata s’accorse… ridendo!
‘Non ho preso nulla… non ho da cambiarmi…’
‘Sai che problema, ti vesti dei miei… meno ne metti e meglio &egrave, però! E adesso nuda, che non sopporto più tutta questa stoffa!’
Camicetta, gonna… lievi come l’alito del vento, ma pesanti addosso come corazze. Adesso, nude, coperte di baci, d’affetto, di coccole dolci, sedevano a tavola mangiandosi addosso. Dopo, lui doveva scappare, l’aspettava qualcuno… fuggiva ma sarebbe tornato, e stavolta le avrebbe trovate, le quattro Regine, un poker da sogno.
Silvia le strinse la mano, la baciò con lo sguardo, ne bevve il sorriso e se la trascinò in giardino.
‘C’&egrave un posto bellissimo, difficilmente ci vedono da fuori… se ci vedono… beati loro! Io ci prendo il sole sempre, prima anche nuda… adesso &egrave molto che non ci vado, senza nulla addosso… adesso non ci andrò mai più, se non sono nuda…’
Paola gli corse dietro con un telo da bagno, enorme, morbido, appena lavato… lo stese sull’erba, lo aggiustò, lo tese. Loro due, in piedi, rapite dal bacio, la sentivano, la capivano, ma non la vedevano… appena fu pronto, quel letto di luce, si sciolsero assieme occupandolo tutto, senza ritegno, senza pudore, sotto al sorriso della zia coccolona. Passarono ore ad amarsi sull’erba, sotto al sole caldo, sotto forse qualche sguardo. La presenza di Alessandra col bimbo le colse in cima al traguardo agognato… non si fermarono, giunsero assieme ma, appena poté, quasi senza fiato, fra mille sospiri:
‘Alessandra! Ma… cosa gli fai vedere… a mio figlio?’
‘Non ti preoccupare… imparasse a trattare le donne come vanno trattate, lo terrei qui a guardarvi per sempre!’
‘Sciagurata… pornografa… ti amo, vi amo, ci amiamo…’
‘Silvia… Silvia! Dovreste vestirvi… &egrave arrivato un ospite che non ho potuto fermare… &egrave arrivato il professor Vasina…’
‘Paola! Il professore? E con che ci vestiamo? &egrave tutto in cucina!’
‘Non son riuscita a portarvi nulla… &egrave già in salotto, ha chiesto di te…’
Arruffate, sudate, cotte dal sole e dal sesso, si alzarono svelte cingendosi addosso quell’unico telo, gemelle siamesi di cui si intuiva, se non proprio leggeva, ogni minuto passato al sole, quasi ogni bacio rubato ed estorto… nessuna finestra del salone dava nell’angolo ma occorreva passarci, in salone, per tornare almeno in cucina! Passare davanti alle finestre spalancate, perlomeno… Rossana, già vista coperta di molto meno, ridacchiava sorniona… Silvia, sempre discreta davanti al professore, davanti al suo austero pizzetto era tutta stranita, preoccupata, disarmata.
‘Non ti devi preoccupare… ieri &egrave venuto in libreria, ricordi? e ha comprato il libro… quel libro! E me lo ha fatto firmare… non &egrave mica di legno… voleva che pranzassi con lui!’
Allora era più tranquilla, spavalda: costrinse Rossana a non passare da fuori, ad entrare in salone, ridendo felice, si presentò in questa veste, allungando la mano, reggendo il telo con l’altra…
‘Professore! Che gradita sorpresa! Rossana la conosce… prendevamo il sole… andiamo a vestirci e torniamo da lei… si ferma per cena?’
‘Sì… grazie… non pensavo… non vorrei… Rossana! Qui? Che piacere… belle… avvolte nel telo… proprio belle! Come dissi tanto tempo fa: Arte, pura arte! O qualcosa così… ma… tanto tempo fa…’
‘Grazie professore… detto da lei &egrave un gran complimento… a Torino l’ho molto gradito… Disse che ero Arte Sacra, a Torino, ricorda?’
‘M… Ma… ma certo che ricordo… come potrei?’
Lo lasciarono in quell’imbarazzo andando in cucina, prendendo abiti e sandali, tornando nell’atrio e salendo in camera. Non avevano alcun interesse a cambiarsi vestiti, volevano solo starsene assieme due minuti ancora… una doccia, magari… mille baci, milioni di dita, miliardi di fiati… tornarono giù rivestite e calzate, l’una con addosso gli abiti dell’altra (mi vesto del tuo profumo, così non mi manchi…). La camicetta di Silvia su Rossana apparve subito un po’ trasparente: i capezzoli scuri, decisi, già turgidi, risaltavano bene, meglio degli altri, di quelli di Silvia, più rosa, più delicati.
‘Quando gli ho detto di Torino &egrave diventato di mille colori… si aspettava tutto, ma che tu sapessi, proprio non lo capisce…’
‘Io so soltanto adesso, mentre eri a Torino speravo… &egrave diverso!’
Tornarono in salotto, accanto a Vasina… chiacchiere rituali, prima di cena; Angelo avrebbe tardato ancora un’oretta, Paola e Alessandra indaffarate dall’ospite e loro tre… a parlare di libri. Rossana non voleva chiedergli nulla, vedeva lo sguardo posarsi sui suoi seni, cercare la macchia, mirare la gobba della stoffa, sentiva aumentare, ad ogni intrusione, il turgore del capezzolo scuro… impossibile calmarlo, impossibile distenderlo. Non aveva pulsioni, non aveva voglie… bell’uomo, maturo, distinto… ricordi, tanti… lei nuda, nel corridoio d’albergo, il piccolo telo (grigio perla, mi pare…) e quel signore che esce dall’ascensore, la guarda, il complimento… e poi Greta… ma così non si cheta, non svanisce l’affanno, non si calma il capezzolo, così si alimenta… il libro, la firma, l’invito a pranzo… ma Silvia in magazzino, seduta sui talloni… non si cheta…
‘Scusatemi un attimo, devo andare in bagno…’
‘Vengo con te che ho… ho dimenticato una cosa…’
Dimenticato una cosa? Le mutande, ha dimenticato! Chiuse nel bagno, fra risa soffocate, baci e carezze, ritrovano tutta l’intimità infranta…
‘Hai visto come ti mangia le tette? Non l’ho mai visto così! Ha una fame enorme!’
‘Stupida! Mi hai dato la tua camicia trasparente apposta! E più lui guarda, più io ricordo… di te, di Greta, di tuo marito!’
‘Amore sei lercia, bagnata come una fonte… fatti bere…’
‘No… devo fare pipì… davvero!’
‘Devo uscire?’
‘No… tienimi la mano, stai con me… qui… vicina, ma buona…’
‘Penso di non averlo mai visto fare a una donna… ad Angelo sì, mi piace… lo guardo…’
‘Anche a me piace vederlo… me lo son fatto fare… anche addosso…’
‘Addosso? A Torino?’
‘Sì… una sorta di marchio… ne sentivo il bisogno… &egrave stato bellissimo… non l’avevo mai fatto…’
‘Lo farai fare anche a me?’
‘Mi vuoi marchiare? Ma certo… sono tua, sono vostra…’
‘No, Sì, anche… ma prima voglio che tu lo induca a marchiare anche me, almeno una volta…’
Non ne uscirono presto da quel piccolo bagno, Rossana c’era andata cercando di farsi passare le smanie da sola, veloce, immediata… Silvia l’aveva seguita… le smanie erano raddoppiate, triplicate, moltiplicate per n… finalmente, un poco tremanti, si lavarono a vicenda sul piccolo bidet (niente doccia, nel bagno di sotto, le pareva di sentire la voce di Matteo a qualche cliente…) s’asciugarono un poco, non troppo… il vello bagnato rinfrescava e faceva uno strano effetto… si sarebbe asciugato di lì a poco ma… fin quando era umido… travolte da baci e carezze, riaprirono la porta, incrociano subito la malizia di Alessandra che, facendo giocare il bimbo lì accanto, aveva tentato di coprire i loro canti. Non era sicura che Vasina non le avesse sentite, ma tanto?
‘E quel libro di ieri, professore, l’ha poi letto?’
‘Quasi tutto, Rossana, quasi tutto! Ben per quello che ero venuto… ero qui per parlarne, che… con Chiaretti, naturalmente… ma intanto v’accenno: non volevo pubblicarlo ma… ne avrei uno anche io, che parla d’amore… fa ridere, alla mia età ma…’
‘Non c’&egrave nulla da ridere… l’amore non ha età… noi siamo fortunate… lei ha trovato un uomo come il dottore a diciotto anni, io ho avuto le mie esperienze e sono giovane ma… non c’&egrave età! Poi, lei &egrave un uomo molto affascinante, immagino che abbia facile accesso a molte fanciulle, volendo…’
‘Ecco… fanciulle… incredibile o no… sempre fanciulle. Io non mi son mai sposato, ho una vita quasi monastica, irreprensibile, fuori… ma dentro, intimamente… diverse. Che poi sposano altri, giustamente, ma non mi dimenticano, non mi scacciano via…’
‘Il suo insegnare all’università aiuta, ne son certa…’
‘Mai prima dell’esame, al limite dopo… una regola…’
‘Buonasera dottore! Finalmente &egrave arrivato, adesso il Professore non ci terrà più sulle spine… ha un romanzo da farci pubblicare!’
‘Un romanzo? Meno male che c’&egrave anche Rossana… senza di lei non deciderò mai più nulla, in questo campo… &egrave diventata… fondamentale, per noi!’
A cena, meno padrone del suo sguardo, raccontò del romanzo, del come e del quando. Aveva preso spunto da una storia recente, più accattivante di tante. Raccontava di come questa ragazza, studentessa modello, l’avesse voluto, cercato; di come lui cercasse di sfuggirle, di come lui le mise i paletti. Niente prima dell’esame, dopo, vedremo… e dopo aveva dovuto cedere, senza quasi volere… troppo bella, troppo esuberante, troppo giovane ormai… tante volte ne aveva avute, in trent’anni di carriera ma ormai… invece cedette, nonostante gli intoppi… che intoppi? Un fidanzato, una casata importante, famiglia nobile, città molto vicina… naturalmente, nel romanzo aveva lasciato spazi per non oscurare, ma lei aveva sempre detto che poteva pure parlarne, che anche in famiglia sapevano tutto… l’aveva invitato a vedere la villa, gli affreschi, la cappella… suo zio (cardinale… ma l’aveva fatto passar da semplice frate) gli fece da cicerone, gli spiegò tutto quanto… ne aveva sentito parlare, di quella villa, non l’aveva mai vista. Poi la storia continuava… lei s’era sposata, lui era andato invitato… continuava a vederla ma il romanzo finiva… appena dopo il matrimonio…
‘Come mai, professore? Non &egrave più successo nulla di eccitante?’
‘No, Rossana, no… non &egrave per quello… anzi. Ma meglio finirlo lì, altrimenti…’
‘Non &egrave felice col marito?’
‘Molto, Silvia, veramente molto… ma diventa scabroso…’
‘Siamo adulti e vaccinati, Umberto… tranne mio figlio ma non ti ascolta…’
‘Angelo… scendiamo in un campo che nemmeno io conoscevo… nella dominazione, nella sottomissione… mi fa fare delle cose…’
‘L’ha sottomessa, professore?’
‘Ecco… non &egrave colpa mia… m’ha implorato di farmi da schiava, io non volevo… si apre un mondo ma non mi convince ancora… certo… da come canta!’
‘Io avevo capito che fosse lei, professore, il sottomesso… invece…’
‘Master, Rossana… non molto capace… sto imparando…’
‘Mi piacerebbe conoscerla, questa ragazza…’
‘La prossima volta, Silvia, la porto…’
‘Troverà anche Rossana, la prossima volta… e anche quella dopo…’
‘Rossana?’
‘Sono la loro amante, professore… mi trasferisco qui!’
‘Tu non sei la nostra amante, sei mia moglie, sei sua moglie…’
‘Rallegramenti! Già a Torino?’
‘No, Umberto, subito dopo… ma forse da sempre, solo che non lo sapevo…’
‘Non sapevi che si amavano? Che si vedevano?’
‘No, non ci vedevamo… ma già ci amavamo…’
‘Vero, capita anche a me con Veronica… l’ho sempre amata… anche quando non c’era, quando non c’era ancora…’
Pochi convenevoli ancora, nessuno stupore, neppure nei lunghi baci che Rossana regalava a Silvia, nell’intreccio di mani che vedeva fra tutti, nel caldo abbraccio di Paola e Alessandra che vegliavano il trio, con delicata presenza. Poi se n’andò, lasciandoli soli. Il manoscritto domani, per via telematica, Rossana corregge, prepara le bozze, la stampa sicura, il successo certo… uno pseudonimo? No, non lo vuole… firmerà col suo nome, accettando ogni scandalo in Vaticano, ogni palese ipocrisia di quel mondo che, in qualche maniera, lo contiene e lo soffoca… lui che ha sempre scritto, vissuto e insegnato di quella materia…
Di sopra, in camera, spogliate veloci, aiutavano Chiaretti a disfarsi di tutto.
‘Certo che, Vasina con la schiava non l’avrei mai creduto…’
‘Anche le storie con le sue allieve, non sono male… mi pareva del tutto privo di sensi…’
‘Qualcosa sapevo, se ne parlava… pensavo fossero solo pettegolezzi, ma aveva ragione qualcuno che mi diceva di tenerlo lontano da Silvia…’
‘Crudele… non devi vendermi?’
‘Ecco… una buona occasione… la schiava due, la vendetta!’
‘Sciocchine! Non credo che Silvia si farebbe frustare…’
‘Non &egrave solo frusta… ho letto molte cose, di quelle che pubblichi tu… qualcuna la farei volentieri, sai?’
‘Ne abbiamo provata, qualcuna, la riproveremo… adesso non fuggi!’
‘Mai più! Non fuggirò più… promesso… vieni, amore, amaci…’
Ci vollero molti minuti, parecchi secondi, prima che si decidesse a fare sul serio… baci, carezze, sguardi profondi… martirio di corpi, di sensi ingordi. Ma rivoleva sua moglie, voleva trafiggerla, essere aiutato, sentirla cantare. Anche Rossana voleva che lui la prendesse, voleva assistere, voleva curare. Ma Silvia pretese, con pochissimo spazio alle faziose opinioni, ch’egli scopasse sua moglie, la loro moglie…
‘Adesso ti scopi Rossana e mentre la scopi io vi sposo, inserendoti al ‘dito’ quell’anello di carne, d’amore, di voglia che mi sono mangiata tutt’oggi, pensando solo a dartela in sposa! E non scherzo! Io te lo infilo dentro e se non sei pronto me lo caccio in gola più profondo dell’altra sera!’
Rossana già pronta, distesa di schiena, sollevò le gambe sulle spalle di lui, inginocchiato là in mezzo, a gustarsi gli occhi estasiati di Rossana, quelli fulminanti della moglie, i loro corpi ovunque, riempivano spazio, erano spazio, universo, memoria. E, nel momento in cui, presa la spada in mano, Silvia stava per infilarla nella tana brumosa, s’aprì la porta e apparve Alessandra.
‘Bene! Avevamo proprio bisogno di un testimone… vieni, vieni avanti… tu, Alessandra sei testimone, io sposo quest’uomo e questa donna e come simbolo del loro matrimonio io infilo la verga di lui nella vulva di lei… e li accompagno per tutto l’amplesso… non te ne andare!’
‘Adesso siete tre mariti, tre mogli, tre amanti…’
Ed Alessandra assistette a tutto l’amplesso, senza mai staccare gli occhi e il sorriso da quel turbinio di membra e di occhi, di bocche e di lingue. Raccolse con cura almeno tre orgasmi di Rossana, un paio di Silvia ed il dirompente esplodere di Angelo dentro quella grotta succosa, luminosa, bollente. La sua mano s’unì a quella di Silvia che carezzava la nuca dell’uomo, stette lì seguendola alcuni minuti, poi si volse e se ne andò nella sua stanza…
‘A proposito di mariti… ne voglio uno anche io… domani andiamo a comprarlo!’
‘A comprare un marito?’
‘No, non esattamente… voglio comprare un attrezzo che mi renda maschio… molto maschio… lo voglio più bello di quello di… e sempre disponibile, sempre pronto, sempre pieno… sarò tuo marito, sarò tua moglie…’
‘Tesoro… compratelo in rete… non c’&egrave bisogno d’andare in negozio…’
‘C’&egrave bisogno eccome! Lo devo vedere, sentire, provare… almeno in mano… mica mi fido di quel che dicono in rete… poi, vuoi mettere? In negozio, noi due, o anche tu, se vieni con noi, la scossa che diamo all’ambiente?’
‘Probabilmente ci sono assuefatti…’
‘Non importa… a me eccita molto l’idea… ci vieni con me, Rossana?’
‘In capo al mondo, vengo con te… vengo spesso, con te… vengo bene con te… mi piace… venire con te… mille volte al giorno!’
‘E tu scansati, adesso, guarda cosa fanno le Regine!’
Scansato il marito dal corpo di Rossana, mentre quasi ancora il membro ne usciva, ne prese il poso, si tuffò sul suo pube, aprì le labbra martoriate con dita rapaci e s’affogò dentro al frutto con tutta la bocca, col mento, col naso. Scavò a fondo, trovò ciò che cercava, anche un canto di lei, di sua moglie, l’amante… no, ti prego… basta! Contorta al lenzuolo, le dita infisse alla schiena di Chiaretti, un urlo acuto, armonia sublime, lungo, trafitto, la schiena inarcata… un fremito, una sferzata come di scudiscio poi… poi morta, offuscata, confusa, distendersi pigra, ansimare di gioia, sorriso da ebete, occhi socchiusi… ritrovò, quasi subito dopo, lo sguardo di lei, il sorriso beffardo, il bacio sublime, il seme che scende assieme alla lingua…
‘Un po’ per uno… da brave monelle!’
‘Io mi rimetto i tuoi vestiti di ieri… sentirti addosso mi manda in estasi!’
‘Io non posso… la tua camicetta, in libreria, me la cavano di dosso!’
Prese una maglietta pulita, meno trasparente, meno attillata… il dottore era già fuggito, loro fuggirono poco dopo…
‘Andiamo nel pomeriggio, a comprare un marito?’
‘Silvia… siamo aperti anche nel pomeriggio, oggi…’
‘Ma uffa! Io devo diventare maschio!’
‘Aspetta… mi pare, ma non sono sicura… chiudono tardi, la sera…’
‘Quindi, quando torniamo… passiamo!’
‘Stai con me tutt’oggi? Non hai da fare? Il bimbo…’
‘Devo controllarti… se fai la cresta sull’incasso? Col bimbo c’&egrave Alessandra, di qualche ora con te, un giorno ne sarà orgoglioso anche lui!’
‘Non potremo far l’amore sempre… ma durante la pausa… a casa, da mia mamma…’
‘Non vedo l’ora! Non vedo l’ora! Baciami, svelta… c’&egrave il prete!’
Scorse via, quella giornata… non come tante ma svelta. Averla accanto, parlare, una carezza, un bacio, far l’amore con gli occhi anche mentre c’&egrave gente, mentre vende i libri… un signore attempato s’era fermato un po’ troppo; forse aveva capito, forse solo cercava un qualcosa e non lo trovava. Si portò a casa una dozzina di volumi, quasi tutti importanti ma le aveva castigate a tre ore di tregua.
‘Ecco, vedi: chiudono alle 22… abbiamo tutto il tempo. &egrave anche vicino a casa vostra… devo cercarne uno più lontano?’
‘Sei matta? Se me lo aprono all’angolo &egrave meglio… scendo così come sono…’
‘Non ti imbarazza nulla, a me ogni tanto qualcosa… ancora…’
‘Diciamo che affogo tutto nel mare di felicità che ci hai donato… fino a poche settimane fa leggevo i libri, quelli di Luca, quasi di nascosto ma l’idea di te e Angelo mi ha scosso, mi ha sferzato la chiappa!’
‘A proposito di sferza… non vedo l’ora di conoscere Schiava Veronica…’
‘A chi lo dici… ci son libri che mi hanno dato un tormento! Non ricordo l’autore, ma forti, davvero…’
‘Andiamo, chiudiamo, che &egrave ora… domani cerchiamo i testi di cui parli. Non amo il genere ma li ho letti più volte tutti… mi dai una traccia, li trovo.’
Scese in città si diressero subito al negozio, parcheggiata l’auto si infilarono dentro la galleria su cui affacciava il negozio.
‘Merda!’
‘Che succede?’
‘Hai visto che &egrave appena entrato uno? Mio cugino! Non ci parliamo quasi ma… bisogna aspettare che esce, esser sicure che sia fuori.’
‘Non ci resta che passeggiare sotto la galleria fino a che non lo vedi uscire…’
‘Fanculo! Entriamo lo stesso! Ciao Enrico! Come sta la zia?’
Proprio un attimo prima di prendere la maniglia, quasi come se Silvia passasse per caso. Più imbarazzato lui, spavalda lei, brevissimo incontro, lui a fuggire; loro, due passi avanti e due indietro e infine dentro al negozio! Al bancone una signora di cinquant’anni, elegante, un po’ stanca. Vendeva quasi tutto per scherzi, burle o così le chiamavano… due femmine giovani a cercare qualcosa, una cosa più rara… sorrise radiosa.
‘Buonasera… avevamo bisogno di… voglio fare l’uomo, insomma!’
Gliene tira fuori una mezza dozzina, con cinghie, mutande, vibranti, con stimolatore…
‘Escludiamo le mutandine che siamo allergiche… con stimolatore?’
E giù a spiegare come lo strap-on indossato da una concederebbe solo all’altra… mentre con lo stimolatore clitorideo (ah!)…
‘Bello grosso… nero… mi piace… Nostro Marito! Lo prendiamo!’
‘Forse anche troppo grosso…’
‘No, Rossana… non troppo… appena di più, se non ricordo male, appena di più…’
Arrivarono a casa per ultime, erano tutti in cucina ad aspettarle e Silvia sfoderò subito, da dentro il sacchetto, da dentro la scatola, tenendolo per una cinghietta, il coso enorme e nero che s’erano comprate.
‘Adesso l’uomo sono io! State tutti molto attenti… anche tu, sai… hai un culetto molto stimolante, dottor Chiaretti!’
‘Non ti permettere, sai? Col coso nero, poi! Non &egrave che hai esagerato? Mi pare un pelino eccessivo…’
‘L’ha detto anche Rossana… ma a me piaceva troppo… se non riusciamo ad usarlo, ne prendo uno più piccolo… ma questo &egrave… bellissimo! Ci sono pile, in casa? Se ci sono, dopo lo metto!’
Estraendo il resto dell’armamentario dalla scatola, stimolatore, piccolo fallo aggiuntivo, telecomando, passava tutto ad Alessandra, un po’ confusa, un po’ incuriosita. La meno sconvolta era Paola, prese le pile, le infilò al loro posto, provò i comandi, inserì la pallina… funzionava perfettamente, era soddisfatta, sorridente, complice più che mai.
Naturalmente cenarono nude, con quella stesa di attrezzi sul tavolo, appena un po’ in disparte, ma ingombranti, lucenti, non certo discreti. Non volle aspettare la camera… il bimbo dormiva, sorvegliato da tanti attrezzi sicuri, non c’era problemi. Occhi indiscreti non potevano nulla, finestre spalancate sul crepuscolo rosso, Silvia si cinse addosso l’attrezzo e sfilò orgogliosa in salotto per tutto il suo harem, se lo provava, se lo muoveva, se lo carezzava, se lo menava, lo strusciava addosso a Rossana, glielo fece ingoiare, profondo, spingendo… lei ridendo se ne ritrasse, stava quasi per star male! Allora diede il telecomando al marito e, sedutasi sui talloni, ginocchia lontane e busto eretto, posò le sue mani lungo le cosce e si pose ad ascoltare tutta la sinfonia che il marito poteva proiettare dentro a quel nuovo giocattolo nero. All’inizio resisteva, parlava tranquilla, raccontava di stimoli, di come sentiva… poi cominciò a stravolgere il viso, il sorriso, lo sguardo, a disconnettere parole e concetti… lui rallentava, le dava fiato, si riprendeva e lui accelerava. Mezz’ora di questa tortura e non più… cedette, come pianta recisa, s’accasciò al suolo al terzo canto vibrata, scopata, sventrata di nulla. Se la raccolse Rossana, sua moglie, baciandole dolce gli ultimi spasmi, i fiati lunghi, i fiati corti, gli occhi stravolti e le guance sudate e rigate di lacrime, lacrime dolci, di forte emozione, fatte sgorgare dal vibrante marito, dall’altro marito che comandava il gioco.
Ci volle del tempo, per tornare in piedi, padrona e maschia, come avrebbe voluto… non pensava a subire così intensamente il suo essere maschio, il suo essere uomo. Aveva creduto di poter essere maschio di dentro e di fuori, per ore, per giorni… si ritrovava Femmina, maschio per finta, con tutto il bisogno che ha un maschio vero per tornare a combattere di quelle battaglie. Femmina, cullata da Femmina, ammirata dal maschio, sorretta da Femmine, felice di esserlo, di poterlo fare, di poterci giocare a questi due ruoli. Non doveva scegliere, non doveva decidere, non doveva provare nulla a nessuno… il ruolo nuovo era quello più antico, sentirsi essere, essere amata. Ma quando riuscì, quando le gambe la ressero, il Maschio vinse e trafisse Rossana. La prese così, quasi toro infuriato, affondando decisa e precisa, quasi ignorando tutto il lavoro del telecomando in mano al marito. La indusse a venire, sconvolgersi e urlare, ancora più forte, ancora più a fondo, sfruttandole tutte, le sue ore di palestra, di ginnastica e nuoto che, fin da bambina, avevano fatto il suo corpo armonioso, danzante, resistente all’usura. Soltanto dopo averla fatta venire tre volte si lasciò godere, godere davvero, da quel vibrare che sentiva dentro, fuori, sul clitoride, fra le labbra martoriate, dentro profondo, poco profondo ma giusto un po’ dentro… troppo provata da tutto non riuscì ad essere moglie di sua moglie, quella sera. Rimandò l’esperienza a giorni migliori. Paola avrebbe lavato e curato quel nuovo marito, riposto comodo dentro un cassetto, pronto a rifarli giocare, tutti assieme o uno soltanto, al giusto momento.
Si trascinarono in camera, esausti e contenti, senza nemmeno pensare a camere singole, ad un posto diverso… in tre in un letto, come avrebbero fatto, da qui a chissà dove. Silvia pensava magari un giorno fuggirà, ma fino a quel giorno, la tengo fra noi; forse se ne andrà, ma io non ci penso. Come la sera prima, lei stessa condusse: prese la verga, già molto contenta, schiuse le labbra e trafisse Rossana, baciata da labbra, cullata da mani, condotta a sognare in un altro universo.
Si svegliarono presto, quel mattino, forse insieme, forse vegliati da occhi sognati. Un po’ per uno, da brave monelle, come sempre; due colpi nel frutto, un affondo deciso, violato anche l’ano, tolto di nuovo, scivolato là dentro, riemerso, baciato, crogiolato di mani, aiutato, infilato, accompagnato, leccato. Quale risveglio migliore? Lo vollero assieme, sedute sui talloni, le tette sorrette, i sorrisi baciati, le lingue fluttuanti in un gioco prezioso e lui che, da solo, in piedi, costretto e incitato, spargeva se stesso sui visi felici.
‘Stamattina ti accompagno ma torno subito via, amore mio… devo tornare a lavorare davvero… ho appuntamenti già presi e rimandati…’
‘Se vuoi mi arrangio volentieri… prendo un autobus…’
‘Mi vuoi negare queste poche carezze? Sei una serpe! Giammai!’
‘Stasera sono ancora da te, sempre con te… dentro di te…’
‘Ecco! Dentro… stasera sei dentro di me! In salotto, per giunta!’
‘Anche in piazza, se vuoi… voglio la tua bocca, voglio la tua figa, voglio il tuo culo!’
‘Maiala! Anche quello! L’ho concesso solo a mio marito, quello!’
‘E io chi sono, non sono tuo marito? E… chi altri ha avuto il resto?’
‘Da che ti conosco, mi hanno avuto tutti i tuoi amanti… un filo diretto!’
‘Anche quelli che non hai mai conosciuto, anche quelli che ho dimenticato…’
Subito dopo pranzo si ritrovò Giulia in casa, se la condusse in camera e le raccontò tutto, mentre ci faceva l’amore… l’amore… non sesso! Se ne accorse, glielo disse, la baciò con più slancio, la mangiò di baci, forse pure repressi prima. Tentò di spiegarle che cosa pensava, che cosa sentiva di questi amori tentacolari, diffusi su mille persone, dentro mille menti, non su mille corpi. Ma lei, Giulia, già sapeva. Lei giovanissima aveva imparato, ben prima di Rossana, che non c’era un metro, che non poteva e non voleva distinguere e scegliere, voleva amare, essere amata.
‘Ti porterò da loro, un giorno, ti porterò con noi, ti donerò…’
‘Vengo giù anche da sola, anche a piedi, anche nuda… mi donerò!’
‘Com’&egrave la situazione nella casina?’
‘Tragica: urlano, litigano, si sbranano e scopano come bestie!’
‘Nulla di nuovo, insomma…’
Più lontana degli altri, raggiunse la villa per ultima. Silvia le passò subito Lorenzo, ne baciò le guance, le tolse la borsa e la gonna. Ripose il bimbo fra le braccia della mamma e, salutando il dottore, si tolse la maglia; finalmente nuda, si tuffò in quella strana famiglia, quel nido lucente che l’aveva esaltata, accolta Regina, resa universo.
‘Dovrei farmi una doccia… ho sudato…’
‘Per me profumi come sempre… il sudore fresco &egrave molto sensuale…’
‘Dottore… lei riesce sempre a mettermi in imbarazzo, cercando di mettermi a mio agio… la prego…’
‘No, ha ragione! Il profumo che fai &egrave frizzante… mi rendo conto che son sempre bagnata, da quando sei qui… ma sentirlo! Pensate, ero tutta bagnata anche in ufficio, tutt’oggi… parlare di conti e contorni, con quelle selvagge delle tue impiegate… e trovarsi un lago tra le gambe lo stesso… magia!’
‘Hai provato a farti passare le voglie da sola?’
‘No caro! Avevo bisogno di una collezione di voglie da portare a casa… una valanga di voglie! Dopo diamo spettacolo, io e mio marito!’
‘Tu e io? O tu e quel coso?’
‘Io e Rossana… travestita da uomo… gli faccio indossare anche un tuo vestito! Mentre lavoro, creo! Mentre creo mi eccito, mentre mi eccito…’
Finita la cena lo fece davvero… la prese, la portò in camera, la vestì con gli abiti di Angelo, dopo averle fatto indossare il fallo di gomma… la vestì… il minimo, per farne un uomo: niente mutande, solo calzoni, niente calze, niente scarpe, pantaloni risvoltati, che lui &egrave più alto; camicia bianca, cravatta e la giacca… tocco finale: il cappello che lui qualche volta indossava, un Borsalino bianco, tesa larga, feltro leggero, estivo che raccolse tutta la chioma bruna di Rossana, non ancora tagliata come quella di Greta. Si rivestì anche lei… niente gonna, pantaloni leggeri, di seta, gonfi, da odalisca, leggerissime pieghe che esaltavano ogni accenno di corpo, elastico in vita, tenuti bassissimi, coi primi peli del pube già fuori; sopra un bolero, aperto sui seni, quasi più nuda di quando era salita.
‘Sei terribilmente bella… non credo di resistere fino a disotto…’
‘Anche tu sei terribilmente bello… non vedo l’ora di farmi sventrare dal tuo enorme nerchione nero… senti che bozzo!’
Arrivarono in soggiorno che erano tutti seduti a chiacchierare fra loro, con disinvolta allegria.
‘Signore e signore, vi presento mio marito Rossano!’
Mancava solo il sigaro in bocca a quel signore a piedi nudi… quasi immediatamente si diede a corteggiare la sua concubina, disinvolto e per nulla intimorito dal pubblico. Infilava le mani nel bolero già aperto, ghermiva i seni, pizzicava i capezzoli chiari ma erti, delicati ma pieni, un po’ meno rosei, dopo quel trattamento… la spogliò a poco a poco, mentre lei fingeva di sottrarsi. Torso nudo, una chiappa di fuori, cercava di proteggere quel poco di pelo ancora coperto. Rossana, o Rossano (chi sa?), riuscì, lottando, a denudarle una gamba… lei ancora copriva, ridendo, un mezzo pube, le labbra frementi, il succo copioso, mieloso, prezioso.
Riuscì a rovesciarla con un bacio, traverso al tappeto, si mosse decisa e sfilò anche il resto del pantalone, poi, con ancora addosso anche il cappello, si tuffò a bere quel miele, diretto, alla fonte.
Allora Silvia cominciò a spogliarla: la giacca, cravatta allentata, camicia. Si era dimenticata di sciogliere i polsini e restava, la camicia, calata di spalle senza poter essere tolta… infine la tolse… cravatta appesa fra quei seni stupendi, abbronzati, superbi di capezzoli forti. Per i pantaloni fece più fatica, forse l’erezione impediva qualcosa, ma infine li scese, Rossano li scalzò via. Cappello in testa, cravatta appesa, si erse a mostrare il suo essere maschio, troppo maschio, troppo nero. Sulla sua pelle abbronzata faceva quasi meno effetto che su Silvia ma era grosso, anche troppo. E, come promesso, volle la sua bocca, per prima. Nessuno aveva il telecomando, nascosto nella tasca della giacca, lì a terra… ma spingerle in bocca quel pezzo di carne, per quanto finta, imitata a dovere, fu impresa notevole. Silvia cercava di infilarsela dentro ma era fatica… ripensava a come aveva fatto Rossana, la sera prima, a farselo entrare quasi tutto in gola… a lei non riusciva! Lo faceva uscire, lo leccava e baciava, se lo rinfilava dentro e quell’altra pompava… non entrava! Rossano (o Rossana?) capì che era dura, che tanto non sarebbe servito… la rovesciò sul tappeto e l’avvicinò alla fessura, con modi gentili trovò quasi un uscio, poi spinse… deciso, forse troppo!
‘Ahhhhhhhh! Fa male! &egrave troppo! Come hai fatto, tu, ieri sera?’
‘Io sono allenata… forse sei solo troppo tesa… rilassati…’
‘Va bene, riprova… lo voglio, a costo di starci male una settimana… per il culo, però… temo che ci dovremo ripensare….’
‘Va bene, sarò delicato… ieri sera sei stato come un toro… speravo…’
Pian pianino riuscì, fra mille carezze, a infilarglielo dentro fin quasi all’elsa… non toccava il suo pube, restava lontana, ma dentro ce n’era abbastanza. Silvia mugolava, piangeva, con smorfie di dolore accettava, mangiava… pian piano, un pollice alla volta, quasi fosse stata vergine,ma infine distesa si lasciò scopare prendendoci il ritmo. Il dottor Chiaretti, capito l’arcano, prese la sua giacca da terra e frugò nelle tasche… trovato l’ambito talismano, l’estrasse e cominciò il gioco che aveva già fatto, la sera prima, col telecomando. Più forte, più piano, lentissimo, intenso… le risposte erano immediate, sul viso di una e sul viso dell’altra… anche lui cercò di contarli ma… erano troppi, ne perse il conto… una raffica di orgasmi quasi simmetrici e simultanei… se veniva Silvia, Rossana (evidente, Rossana… un Rossano non poteva mica!) la seguiva a ruota cantando la gioia… se lo stimolo era troppo per il maschio (quale maschio?) la femmina l’aiutava e godeva… ora che non le faceva più tanto male, squassata di volume e d’orgasmi, avrebbe continuato fino al mattino, credeva… ma svenne. Fiera e convinta, la sua amante la seguì dissolversi ma non ne ebbe per molto, crollò anche lei, stravolta dal troppo pulsare di quel fallo nero, allacciato là in mezzo.
Allora lo spense. Andò a carezzarle, a baciarsi quei fiati, quegli occhi sgranati, socchiusi, velati… così stremate non le aveva mai viste, né l’una né l’altra. Per quante battaglie, non aveva mai visto… potenza dei mezzi!
‘Siete conciate male, ragazze… adesso mi faccio aiutare e vi butto nel cassonetto della spazzatura!’
‘A Rossana la metti dove riciclano i metalli preziosi, però… io nel pattume!’
Veramente troppo provate si lasciarono trascinare in camera dai loro spettatori, Rossana sorretta da Paola e Alessandra, Silvia fra le braccia del marito. Stremate ma non abbastanza: quando lui le raggiunse, dopo essere stato in bagno, nudo ma tranquillo, dovette capire che la serata non era finita, che le monelle si erano svegliate. Magari c’era un momento migliore, ma non poteva resistere. Trafitta dal Chiaretti che baciava la moglie, la mano di Silvia spalmata sul suo pube a carezzare e seguire le labbra ed il membro:
‘Ho… promesso a Giulia di portarla qui, di donarvela…’
‘Giulia… la figlia del vicino… c’&egrave posto anche per lei… c’&egrave posto!’
‘Non so quasi nulla di Giulia… racconta… racconta…’
Raccontò, cambiarono posizione, trafisse Silvia, non più dolorante, raccontò ancora mentre baciava, fra un soffio e una carezza, ansimando.
‘Vuole che la porti qui… a casa vostra…’
‘A casa nostra, Rossana, tua quanto mia, quanto sua…’
‘A casa nostra, dottore, grazie…’
‘Non ce la fai proprio a darmi del tu?’
‘No, non mi riesce… e mi piace un casino, darle del lei… lo sa!’
‘Lo trovo molto erotico anche io… dammi del voi, da domani!’
‘Agli ordini, vostra Maestà… venite, adesso… fate sentire che venite, Vostra Maestà!’
A sera, rientrando, trovò già parcheggiata una macchina nuova, mai vista. Scese, passò come al solito dalla finestra della cucina e non vi trovò nessuno, nemmeno Paola… le voci e le luci erano in soggiorno, raggiunse gli altri e vide la scena: il professor Vasina, in piedi, gli altri seduti, non tutti… accanto a lui infatti c’era uno splendore di ragazzona, alta e slanciata, con un fascio di riccioli rossi come il rame già vecchio e due occhioni dolci di un verde intenso. Coperta da uno strano mantello, nero, lucente, evidentemente leggero, bordato di rosso fiammante… ne uscivano solo i polpacci eleganti, le caviglie sottili sui piedi delicati, infilati in sandali dal tacco altissimo, a spillo, rossi! Ma più la colpì, appena lo vide, un collare da cane con tanto di borchie e, appeso a quello, un lungo guinzaglio che il professore teneva in mano.
‘Mia cara Rossana… finalmente! Aspettavamo solo lei! Le presento Veronica!’
‘Che meraviglia, professore! Non pensavo la portasse così presto! La prego, mi dia del tu… mi fa sentire… più… disponibile? Solamente che… dovrei chiedervi il permesso di lavarmi: &egrave stata una giornata molto calda, la mia macchina non ha il condizionatore… ho molto sudato…’
‘Ti prego di non lavarti, avvicinati… fatti sentire… trovo il sudore fresco un odore altamente erotico… spero che a voi non dispiaccia!’
‘Niente affatto, Umberto, lo trovo molto gradevole anche io… quello vecchio, stantio, no… quello &egrave da lavare… ma appena versato! Una delizia! Ci fai questo regalo, Rossana?’
‘Dottore… professore… mi mettete in imbarazzo… io…’
Ma intanto si era davvero avvicinata a Vasina e si lasciava annusare con discreta tranquillità, quasi disinvolta.
‘Ecco, come pensavo, delizioso profumo… si sente ancora distintamente anche il profumo del mattino, fresco fragrante, da uomo, direi…’
‘Non uso profumi da donna… troppo dolci… ma il sudore…’
‘Ci dispiace se hai sentito troppo caldo, Rossana… potresti anche cambiargli la macchina, vecchio tirchio di marito! Anche in libreria, un condizionatore? Ti ci vuole tanto a farlo istallare?’
‘No, lì si sta benissimo Silvia… ci sono i muri grossi, il palazzo vecchio… e la macchina… la macchina no, che c’entra?’
‘Ha ragione Silvia… domani ci pensiamo. Ma domani, adesso cerchiamo di conoscere Veronica, per favore?’
‘Hai ragione Angelo! Rossana, ti prego, aiutami… vedi questo cordino?’
Tirando fuori la mano da dietro la schiena indicò un cordino sul collo di Veronica… lo indicò con un frustino da cavallo, di cuoio nero, piuttosto consunto.
‘Tiralo, Rossana, tiralo!’
Come per magia cadde il lievissimo mantello che la copriva interamente, svelando una nudità sontuosa inguainata di calze di seta fino a metà della coscia, reggicalze rosso e null’altro. Le forme erano molto slanciate, spalle larghe, fianchi stretti, seno deciso ma non invadente con capezzoli scuri, piccoli e turgidi. La cosa che più colpì Rossana fu il pube rasato, completamente.
‘Stupenda, professore… una visione! Peccato il pube rasato… rosso e riccioluto come i capelli sarebbe stupendo!’
‘Hai anche ragione… una prova… &egrave la prima volta che glielo raso del tutto… mi era piaciuta l’idea, portarla qui più nuda che mai… suo marito ne era entusiasta… l’ho rasata oggi pomeriggio, poi ci siamo un po’ pentiti tutti e tre… ricrescerà… un tup&egrave mi pareva volgare!’
Tirando il guinzaglio la invitò a scendere, subito si mosse, andò a sedersi come amava Rossana, sui propri talloni, ginocchia scostate e busto eretto… unica differenza le mani, appoggiate alle cosce, ma coi palmi in alto. Rossana non vedeva meglio, ma il resto della platea, seduta sui divani, colse le labbra squarciarsi da sole, vaste creste, come di gallo, brune e carnose, formavano le piccole labbra, decisamente più grandi del solito, oscene, corpose. Pareva di poter vedere persino il clitoride, piccolo pene appena coperto. Rossana vedeva che tutti guardavano, che concentravano gli occhi in un punto… sbirciava… curiosa, ma non vedeva. Stufa, si chinò proprio vicino e ci tuffò tutto il suo stupore:
‘Tiziana le aveva così! Gliele divoravo per ore! Stupende!’
Raccolse un accenno di sorriso sulle labbra di Veronica ma, immediatamente, sentì un lieve sibilo, un ciack sulla pelle, e quel viso si strinse in una smorfia di dolore.
‘Ma professore! Che ha fatto?’
‘Nulla Rossana… nulla… non deve sorridere, non deve parlare… dopo, a fine serata, le ho promesso di liberarla ma finché fa la schiava ci sono le regole…’
‘Padrone crudele! Siamo sicuri che a lei piace?’
‘Se non le piacesse non sarebbe qui… te lo racconta più tardi, fidati!’
‘Bene… allora andiamo a tavola!’
‘No dottore… se lei &egrave nuda vorrei esserlo anche io…’
‘ Hai ragione amore! Adesso ti spoglio… e tu mi spogli! Vero Angelo, che mi spoglia?’
‘Non vedo l’ora di avervi nude… dovete dirlo voi, quando volete… lo schiavo delle mie Regine sono io, non siete voi…’
‘Alla fin fine anche io sono il suo schiavo più di quanto lei sia la mia… son giochi, che volete? Un po’ di fantasia… che spettacolo divino, che meraviglia! Rossana… avevo visto molto ma non abbastanza! Continuo a vederti in parecchi sogni, sai? Silvia! Di te non ho quasi mai sognato nulla ma… che gran bel corpo, che meraviglia… che invidia, Angelo!’
‘Non invidiarmi… stasera ti scopi mia moglie, se ce la fai anche l’altra mia moglie… dipende da te! Pensavo perfino di fartela portar via, un paio di giorni…’
‘Come sarebbe? Stasera? Ma davanti a voi tutti o…’
‘Come volete… Silvia pretende che io la ceda… la cedo a te, stasera. Un giorno verrai, te la porterai via e me la riporterai appena ti stufa…’
‘Cattivo… mica si stufa di me! E se mi tiene per un anno?’
‘Dopo tre ore ti vengo a cercare… lo sdereniamo e torniamo a casa… promesso!’
Anche a tavola i comportamenti erano quelli, tutti seduti, comprese le zie Paola e Alessandra, meno scioccate di quanto pensasse Vasina, Rossana e Silvia sui bordi di sedia, il dottore e il professore a capotavola… e Veronica ancora seduta sui talloni, imboccata da Vasina, sempre col frustino pronto. Non lo usava, vero… ma spesso lo mostrava minaccioso, quasi senza motivo. Un motivo c’era, ma non lo capivano… difficilmente capivano il senso di quel gioco, lontano dai loro… ma quanto lontano? Il loro gioco quanto era lontano da loro, qualche mese prima, qualche anno prima? Cosa avrebbero pensato, tutti, perfino Rossana, di quei loro giochi, tre anni prima? Si capiva che non erano esperti, Master troppo dolce, delicato, non convinto. La Slave poi, non era affatto il tipo… col solo sguardo fondeva le sbarre, volendo. Ma era piacevole assistere al gioco… e poi la voglia, la voglia di mangiarla, di amarla. Non per il fatto che fosse nuda, che certo incrementava… nemmeno per la postura, che però era d’effetto… saperla offerta? Raggiungibile, facile? No, non era abbastanza… c’era in lei qualcosa di magnetico, di alchemico, una forza occulta. La sentiva Rossana, la sentiva Silvia… ci faceva meno caso Chiaretti, strano… perfino Alessandra, asettica, distaccata, sembrava turbata. Lo leggeva Rossana, quel tiepido barlume, forse lei sola… ma lei lo leggeva. Quella carica erotica era sferzante, come il colpo sulla natica che aveva visto darle. L’avesse incontrata col cappotto, a gennaio, piena di vesti, coperta e distante, l’avrebbe colto ugualmente e, come lei, lo coglieva Alessandra. Perché? Prima o poi glielo avrebbe chiesto, ma lei, glielo avrebbe detto? Tornarono presto in salotto tutti assieme, poi Alessandra e Paola sparirono via, quasi senza farsi vedere.
‘Vieni qui, Silvia… visto che tuo marito ti cede… vediamo davvero se ubbidisci anche tu…’
‘Bene… non &egrave mica così facile… io dicevo per dire… star nuda, davanti a voi &egrave già… ma il resto… non so mica…’
‘Ti aiuto? Vuoi che ti dia una mano?’
‘Qui, davanti a loro? Non sono capace… sono…’
‘Valla a prendere e portala al padrone!’
Appena in piedi, vibrò lo scudiscio, le colpì l’altra chiappa. Non fece molte storie, Silvia… si lasciò condurre all’altro divano, si lasciò mettere in ginocchio davanti al padrone, si lasciò chinare il capo…
‘Vai ora, prenditi cura di Angelo…’
Lei piroettò, tornò sui suoi passi, si inginocchiò e prese immediatamente la cintura dei suoi pantaloni per disfarla, per spogliarlo, decisa… ma sempre chinata, senza guardarlo.
Umberto si spogliò da solo, senza che Silvia ne avesse intenzione… fu nudo in un lampo e si occupò della bocca di Silvia. Nel vederla usata, un po’ rudemente, Angelo si pentì di averla ascoltata… non era ora, non era il caso… fermarla adesso era anche volgare. Sperò che lei, sentendosi offesa, fermasse il gioco, si tirasse indietro… invece non lo faceva, lasciava fare… troppo remissiva, poco convinta, ma lasciava fare… anche lui la usò come Rossana le aveva insegnato, facendolo scendere in gola profondo, tenendole la nuca, spingendo. Glielo fece a lungo, troppo a lungo! Veronica lavorava decisa, concentrata, orgogliosa ma… la sua erezione non arrivava, sentiva precisa l’idea di salciccia, morta smorta, fra quelle labbra carnose. Quando Umberto fu sazio di bocca, tolto l’arnese dalle labbra di Silvia, lei stessa si distese ad attendere docile, sopra al divano… e mentre Umberto la infilava, lo sguardo di Silvia corse agli occhi di Angelo, accompagnato da un sorriso sincero, complice, malandrino… allora sentì, immediato virgulto, il suo fallo ergersi fra le labbra nuove: ecco, adesso sì, adesso possiamo! Anche Rossana era trepidante… guardava le coppie male assortite, cercava un qualcosa per rompere il vetro, costretta da sola, come sentiva, in una gabbia lontana… ma quell’immergersi di Umberto in Silvia aveva fatto scattare un incantesimo nuovo… libera, liberata dai vetri, raggiunse Silvia, le baciò il sorriso, si commosse un pochino di quella sua confusione ma decise che sì, ce l’avrebbe fatta. Allora raggiunse Chiaretti, si pose a vedere l’intenso lavoro delle labbra di Veronica, della sua bocca e dei suoi occhi bassi. Essa stessa la costrinse ad alzarsi, a cavalcarlo. Prima di lasciarcela cadere sopra si assicurò che ne avesse voglia, ghermì quel pube di Barbie, liscio, massiccio, morbido e strano, s’intinse in lei delicatamente ma, subito certa, subito intrisa, condusse la verga ad occupare il suo posto, allargando quelle labbra stupende, con le sue dita. E stette lì, a guardarlo scopato da questa splendida triste ragazza… se non poteva sorridere, se non poteva parlare, come avrebbe potuto lasciarsi amare? Amare… avrebbe potuto amarla anche lei… spazio ce n’era, come nella casa. Ma come si fa ad amare qualcuno che non può sorridere, non può parlare? Istintivamente carezzava quel culo, pizzicato dalla frusta, leniva il dolore che le aveva inflitto, la scudisciata seguita al suo sorriderle… un gioco, no, non era il suo gioco, non era quello!
‘Guarda un po’ qua, Angelo! Adesso mi inculo tua moglie! Ha detto che posso!’
No, non era scosso… Rossana lo guardò, mangiò il suo sorriso. No, non era scosso, stava bene… non occorreva che amasse Veronica, non occorreva che amasse neppure lei… amava sua moglie, amava Silvia, la lasciava giocare coi suoi sogni, l’aiutava a giocare… per lei era quello che contava, vederlo amare davvero. Poi gli occhi di lui si fusero in lei, si sorrisero molto, dentro, profondi… allora ama anche me, allora ama anche me…
La colse quasi di sorpresa il lieve soffio del bacio sulla spalla sinistra, si torse, vide la fronte di Silvia a sfiorarle la spalla, il suo riemergere lento, l’occhio dolcemente sereno, confitto nel suo… allora mi ama anche lei… allora mi ama anche lei…
‘Sei già qui? Sei stata bene?’
‘Molto bene… anche Umberto… sulla mia schiena… poi, mi ha baciata e mi ha detto di venire da te, da lui, da voi…’
Ed ella passò, delicata e immediata, la mano sinistra su quella sua schiena, ne sparse il seme sparso, ne raccolse le gocce, ritrasse la mano e se la portò alle labbra, suggendo ad occhi socchiusi il sapore di maschio, spargendo, con fare distratto, lo sperma sulle labbra, sui baffi, sul mento. Le labbra di Silvia si unirono alle dita e alle labbra, la sua lingua le sfiorò il naso.
‘Amo chi ti ama, Rossana, amo chi ti ama…’
L’altra mano di Rossana stringeva, fra medio e anulare, le grandi piccole labbra di Veronica avvinte al membro del dottore, premendo il palmo sul pube rasato, accogliendo ogni volta il tonfo del dorso sul pube dell’uomo.
‘Guarda Silvia, guarda che incanto! Mi sembrano proprio quelle di Tiziana!’
Ma proprio allora sentirono un sibilo, uno schianto, un urlo acuto e stirato e… uno spasmo alle labbra, ai muscoli interni, al clitoride, a tutti gli affanni… di tutte! Veronica, Silvia e… Rossana, quasi più diretto.
‘Bagascia! Ti piace farti scopare?’
‘Sì, padrone…’
Altro sibilo, altro schianto altro urlo, ancora più acuto… e lo spasmo.
‘No, padrone… solo per il tuo piacere, lo faccio…’
‘Non &egrave vero! Ti piace… lo so che ti piace! Ti piace più del mio?’
‘Sì, padrone…’
E ancora sibilo schianto urlo e spasmo.
‘Di meno, di meno… padrone, di meno…’
‘Bugiarda! Non devi mentire! Vuoi che ti porti ancora qui, a farti scopare da lui?’
‘Sì… sì, padrone… portamici ancora, fammi scopare, fammi inculare…’
Un altro sibilo schianto dolore piacere, quanto piacere?
Con la coda dell’occhio, Rossana colse un’altra figura, dietro il professore, dietro il divano. Volse lo sguardo e vide Alessandra intenta a guardare, scosse Silvia, la fece voltare, le sorrisero assieme, anche lei sorridente…
‘Questa scena volevo proprio vederla… questa scena non volevo perderla…’
Un attimo, dopo l’ultimo urlo più acuto, innescato come bomba dall’ultimo colpo di scudiscio, Veronica crollava sul corpo del Chiaretti, fremente, sudata, squarciata da dentro e da fuori…
‘Brava… bravissima… riposati un attimo… sei stata fantastica… ora, appena ce la fai, senza aspettare troppo, senza farti calmare… sai cosa devi fare!’
Non rispose, non poteva… le energie le riservava tutte a quel che avrebbe fatto poi… scese la gamba, poggiò il ginocchio a terra, si erse appena per farlo sgusciare, scivolò via da lì sopra delicatamente fino a trovarsi di nuovo seduta sui talloni, busto eretto, mani sulle cosce, palme in alto, ansimando e porgendo la lingua di fuori; sembrava pregasse un dio sconosciuto. Gli occhi bassi, ma un accenno di sorriso raccontava qualcosa, diceva molto… i segni rossastri sulle natiche svelte svelavano un segno, un marchio di gioco e di piacere, non di dolore. Piacere trasmesso anche a loro, loro che avevano solo visto, sentito, ascoltato e vissuto, per interposte persone. Alessandra lo prese, lo aiutò a sollevarsi, a sedersi davanti, trovarsela a tiro…
‘Adesso ti aspetta, devi fare da solo… ricordi? Lo abbiamo fatto anche noi…’
E lui lo fece, non senza sforzo, non proprio subito, gli ci volle del tempo. Lo sguardo attento, rapito e congiunto, di Silvia e Rossana, una volta negli occhi, una volta alla mano, alla verga, alla mano sulla verga, alla verga nella mano e poi ancora agli occhi, i loro sorrisi, la lingua di Veronica, il volto, appena abbassato, il suo sorriso intuito… esplose! Non vide, quel seme spargersi, non ebbe il coraggio, la forza, il dominio… occhi chiusi, rapito, costretto. Esplose. Non appena ebbe finito, forse anche un attimo prima, sentì qualche mano che toglieva la mano, una bocca che sostituiva la mano, delle labbra a carezzargli l’asta, una lingua a baciargli il glande.
‘Brava, bravissima… adesso sei libera, adesso sei!’
Ed ella lo guardò, sorrise, s’illuminò di un sorriso di smeraldo, come i suoi occhi. Corsero, assieme, quasi avessero già deciso, già messe d’accordo, Silvia e Rossana a baciare quel sorriso, a leccarle via gli schizzi dal volto, dalle ciglia, dalla fronte, a togliergli il dottore da dentro la bocca, a cercare la bocca, la lingua, l’ardore.
Carezzandole dolcemente le natiche, scendendo anche nel solco, Silvia la baciava vicino all’orecchio, sul collo, la nuca, il lobo.
‘Sei sicura che non ti abbia fatto del male? &egrave splendido vederti frustata ma… quanto costa?’
‘Nessun male, un breve dolore… il piacere rimane… resta sempre con me… a piccole dosi, soltanto a piccole dosi, ma intenso come l’essenza… lui lo sa, non sono frustate, sono carezze un poco più rudi… mi smuovono dentro, non volevo crederci… invece, aveva ragione mia madre!’
‘Tua madre? Tua madre ti ha incitato a provare? Con lui?’
‘Esattamente, Silvia… sembra strano ma così stanno le cose… pensa: mi ha fatto incontrare un master, un vero Master… mi ha dovuto insegnare i rudimenti, ha detto per inciso che non diventerò mai bravo, ma mi ha aiutato… ho dovuto assistere a diverse sue lezioni, con diverse ragazze. Alcune erano già state istruite, altre erano proprio novelle. Nessun pudore, nessuna reticenza… soltanto una a rinunciato a seguirlo. Non mi sono convinto… ho portato anche Veronica, l’ha istruita un pochino, ha continuato ad istruirla fino a che non ha detto che era pronta… il marito non venne mai con noi, volle vederla solo dopo, con me.’
‘Il Master dice che sono molto predisposta, che diventerò brava…’
‘Sei già brava, Veronica… te lo dico non da esperta ma da… appassionata? Quando lessi la prima volta Histoir d’O avevo appena sedici anni, mi sarebbe anche piaciuto provare, qualche sprazzo di dominazione l’abbiamo provato, ma Angelo &egrave troppo buono… dopo ci ho riprovato, ma ho peggiorato la situazione: o erano troppo violenti, oppure non riuscivano ad entrare nell’ordine di idee… altri tempi, adesso &egrave più diffusa. Poi mi son sposata… e adesso mi son passate le voglie!’
‘Alessandra! Lei &egrave ancora una bella donna… volendo…’
‘Professore! Giusto volendo… ma adesso non voglio. Vedervi, però, mi &egrave piaciuto molto, non ha smosso nulla ma… mi ha fatto ricordare molto, soprattutto le prove che ho fatto con Angelo, forse le migliori…’
‘Alessandra! Io ti pensavo molto meno scaltra, molto più riservata, molto più asessuata… quasi bigotta… mi sconvolgi!’
‘In questa casa, Rossana, non c’&egrave posto per sconvolgersi, c’&egrave solo da sorridere, da vivere, da amare e lasciarsi amare…’
‘Amare… siamo stati un anno e passa, senza amarci…’
‘Fisicamente, amore, fisicamente… con gli occhi facevamo l’amore anche allora, ogni volta che incrociavamo gli sguardi!’
‘Sì, ma io fuggivo… non voglio mai più fuggire, voglio essere tua, nostra!’
‘Nostra, di Rossana, di Alessandra, di Paola, mia e del professore, quando ti vuole…’
‘Anche di Umberto, quando mi vuole, quando mi vuole… favolosa scopata, guardandoti scopato…’
‘Solo il tuo sorriso mi ha potuto aiutare… se non sorridevi, non riuscivo a far nulla!’
‘Vero! Ho fatto una fatica a farglielo venire duro! La prima volta in vita mia che fatico tanto! In genere non li devo nemmeno toccare, son subito rocce!’
‘Ero preoccupato per lei… non sapevo se lo voleva davvero o se lo faceva per farmi vedere, per via di quanto aveva detto, per un’idea non capita fino in fondo… da ciò che so io, l’aveva fatto soltanto con me…’
‘Ti giuro, lo giuro… Umberto &egrave il secondo uomo che ho avuto… qualche pompino l’avevo già fatto, però… conta anche quello?’
‘Non direi proprio… qui era l’antipasto del dopo, non la portata…’
‘Giusto Rossana… solo l’antipasto e io volevo mangiare anche mentre lui mi scopava la bocca… rude, violento, un pochino antipatico…’
‘Scusami Silvia… faceva parte del gioco… Veronica ama che io la tratti male, durante le scene… se non tratto male anche le altre ci resta male e si rovina il gioco… in genere sono più dolce… vedrai!’
‘Vedremo, vedremo, Umberto… per adesso mi resti antipatico. La prossima volta voglio che mi corteggi come una principessa… che qui, poi, sono Regina! La prossima volta comincia coi fiori, che dopo vediamo…’
Ma il sorriso malandrino la diceva lunga… non si era offesa affatto, voleva che lui sapesse che c’era già una prossima volta, che la prossima volta sarebbe stata sua, che era già anche sua, senza ombra di dubbio.
‘E Rossana, Umberto… non te la scopi, stasera? Non ti piace mia moglie?’
‘Silvia… stasera non ce la faccio… ho una certa età, sai? Nel pomeriggio non ho resistito: ho preso Veronica dopo averla rasata…’
‘Che bello che &egrave stato… mi dispiace di aver perso il pelo ma… &egrave stata un’esperienza stupenda. Ci hanno messo quasi un’ora a radermi tutta…’
‘Insieme? Tuo marito ed Umberto?’
‘Umberto radeva, mio marito assisteva e consigliava… prima un pochino di pelo, solo attorno… poi rasiamone un altro pochino, asimmetrico… facciamo un disegno? T’&egrave venuto maluccio… cancella! Come faccio? Lo riattacco? Così non va bene… allora radilo tutto! Una tortura! Ero un lago bollente, fuoco liquido! Sentivo benissimo l’odore da laggiù, volevo muovermi… dopo mi hanno leccata a turno, due minuti per uno… un orgasmo al secondo! Poi, finalmente, mio marito se n’&egrave andato via… aveva un impegno… avevo promesso di non farmi scopare ma… non ho saputo resistere!’
‘Pensandoci ora, sarebbe stato bello anche farti rasare da un barbiere…’
‘Basta, d’ora in poi solo attorno alle labbra, come al solito, come Rossana, come Silvia…’
‘Io non sono rasata… il mio &egrave naturale… così da sempre! Angelo rimase scioccato dal mio essere sempre liscia… a me non era mai cresciuto, per me era normale… Rossana si rade, ma con un apparecchietto elettrico… lo lascia più liscio, più naturale…’
‘Scusatemi… non ho molta dimestichezza con le ragazze… forse siete le prime che vedo nude… neppure dal Master mi &egrave capitato… io solo con maschi, mai con le donne… persino gli amici, quasi tutti maschi… i vostri baci… mi hanno turbata…’
‘Ecco, turbata… &egrave ora che metti il turbo anche tu! A me Rossana ha messo un turbo che nemmeno pensavo! Biturbo, come la Maserati!’
La mano di Silvia ghermì quel pube, strinse decisa, infilò dentro tre dita, le mosse alternate, lente e veloci e raccolse la lingua dal sorriso di Veronica, tuffando i suoi occhi in quel verde smeraldo.
‘Abbiamo una fidanzata nuova, Rossana… ti piace?’
Era già metà luglio, quella domenica. Rossana era sempre restata a casa Chiaretti, dove molte cose erano già successe. La piccola Giulia era scesa più volte, spesso accompagnata fin lì dal padre che, nonostante la voglia, non aveva voluto fermarsi nemmeno in disparte, da solo, con Rossana. L’aveva rivista, anche lui, anche a casa; ma non era più come quando abitava lì accanto… forse ferito dalla presenza ingombrante di Amelia che continuava a litigare con Dario, forse costretto a interrompere un sogno, non si immergeva più con tutto se stesso in quel sorriso. Forse anche lei, Rossana, già presa da mille esaltanti pensieri, gli lasciava aperti brevi spiragli, senza malizia, senza rendersi conto. Disponibile, certo, non gli avrebbe negato un un’ora d’amore ma, distratta da tanto, non chiedeva nulla. E lui, schivo e modesto, remissivo e pacioso, spesso portava i suoi sogni alla moglie. La tornava anche a prendere, la figlia; la trovava nuda in cucina, grondante d’amore e di luce, l’aiutava a vestirsi e salutava, cordiale. Altre volte a portarla era la madre, qualche volta Filippo. Ma nessuno di loro si fermava alla villa, nemmeno dietro l’insistere di Paola. Era tornato Vasina, con e senza Veronica, travestita da schiava o solo principessa com’era; lui, Vasina, aveva rubato qualche ora a Silvia, qualche ora anche a Rossana… poteva essere solo sesso, quello. No, non lo era: sia per Rossana, come pure per Silvia era un tributo, una sorta di inno cantato: vado con lui, vi lascio soli, fate l’amore, sono presente! Con Luca era diverso, almeno per Rossana… le piaceva davvero, era farci l’amore. Se a farci l’amore era stata Silvia, la gioia di Rossana si leggeva negli occhi. Anche lei s’era data, attraverso l’amante, mentre amava il marito sapendoli assieme. Il dottore godeva anche di queste trasfusioni d’affetto, mai ombra d’invidia, mai pensieri scontenti… si cibava tranquillo, anche restando solo, anche cedendole assieme. Anche quello era già successo. Neppure sapendo lui da solo, si davano meno; donarsi era, in un qualche modo, donarsi anche a lui. Tornavano, tornavano e raccontavano, con occhi sereni, tuffando gli sguardi negli occhi di lui, curiosi, dolcissimi, pieni d’amore. Il nuovo marito, quello nero, di plastica e pile, veniva svegliato ogni tanto, usato in disparte o mostrato arrogante… qualcuno dei giochi segreti di Vasina era stato già usato, ma non era goloso, non ne avevano tutta la fame che leggevano in Veronica. Anche lei era tornata, da sola. Un paio di volte per stare con lui, con lui da sola… altre volte per loro, ad imparare un linguaggio che non conosceva. Ma era un linguaggio lontano, per lei, non era Giulia, non era nemmeno Greta… Greta era stata, era venuta davvero… Luca l’aveva portata, Rossana l’aveva amata… Silvia di meno, ci aveva giocato, l’aveva ammirata, l’aveva aiutata a far l’amore coi maschi, l’aveva baciata mentre Rossana l’amava ma… non s’era trascinata di sensi. Ne era contenta ugualmente, felice di vederla nuda per casa, ammirata da tanto splendore ma… come fosse qualcosa di cui non sentiva l’odore. Le mancava un senso, magari l’olfatto. Al tatto era buona. Chiedeva a sua moglie, chiedeva al marito… come mai non riesco ad amarla? Che ne fosse gelosa lo escludevano tutti: non era quello. Magari col tempo…
Certo, di strada ne avevano fatta molta, quasi tutta in salita; da una coppia normale era nato un tripudio. A volte Silvia pensava, a tutta questa strada… no, non era partita da una coppia normale, se ci pensava. Era già tutto deciso, fin da prima del prima. Lei stessa era nata con l’idea già dentro, altrimenti non si sarebbe mai incamminata su quella salita. Raccoglieva i ricordi, pensava al marito, a quante volte aveva pensato a lui con un’altra… non le aveva mai dato fastidio. A lui con Rossana, era un pensiero bellissimo, prima ancora che fosse, appena intravisto; dalla carezza raccontata, dalla mano di lui sull’anca di lei, esagerata da schermo infinito, quel giorno, con Luca, appena successo… cercarle lo slip che non c’era! Ogni tanto, per gioco e per gusto, glielo faceva rifare, perfino se erano nude, nudi, appena fatto l’amore. Altre volte anche in pubblico, al ristorante, persino ad una cena di gala. E lui ne rideva, accontentava la moglie, le mogli, senza nessun imbarazzo, giocando con gli occhi, amandole in strada. Le altre, vere o immaginate, erano sogni, ricordi e speranze. Prendendo il sole, nel solito posto, accanto a Rossana, nude sull’erba, stringendo la mano che aveva appena lasciato il suo sesso saziato, aveva visto lui far l’amore con Amelia, che neppure sapeva come fosse fatta… l’aveva vestita da brutta creatura, l’aveva invecchiata, l’aveva ingrassata. Li vedeva in un amplesso brutale, quale il marito non le avrebbe mai imposto. Ma dietro di loro vedeva svettare la mazza di Dario, ingigantita e feroce… sì, se fosse servito a punire Dario, avrebbe aiutato anche in quello, l’amato marito… sì! E s’addormento!
Dario… Dario non s’era più visto, davvero. Qualche voce si sentiva, anche fuori dal ghetto; non solo quello che raccontava Giulia, non solo quello che Rossana sapeva da mamma e da zia. Amelia era nota anche attorno a Chiaretti e qualcuno sapeva di lui e Rossana. Ma lui non le raccontava nulla, non voleva ferire quella roccia di Donna, quella sua Regina. Sapeva di lei, fuggita da casa, non cacciata… del marito sconvolto, ma soltanto dal gesto. Sapeva che lui, il marito di Amelia, l’aveva tanto pregata di tornarsene a casa, che lo scandalo di essere abbandonato dalla moglie non lo sopportava, che l’avrebbe perfino lasciata scopare, ma tornasse. Ma lei, più crudele e avida, aspettava una proposta concreta… lui soldi ne aveva, lei clienti sempre meno… lui tirchio o lungimirante, comprava terreni, non certo pellicce, nemmeno gioielli. Sperava, Amelia, con lo scandalo in mano, di poterlo barattare con qualcosa di molto concreto… ma lui non cedeva, pensava ai suoi figli. Belli, anche quelli! Affetto pochino, ma tifavano Amelia col pensiero di poterle scucire qualcosa, che con il padre era assai più difficile. Ma Chiaretti non ne parlava, talvolta in ufficio, con Silvia, preoccupati entrambi di non farlo sapere, che Rossana non ne fosse ferita. Dario usato come strumento, strumento di letto, denaro e diritti… poveretto anche lui, povero Dario… tanta mazza sprecata. Nemmeno Giulia l’aveva più voluto. Ne aveva gola, ma la disgustava. Povero Dario, prigioniero di Amelia.
Nel pomeriggio assolato, rimasti soli distesi sull’erba, il dottore e Rossana attendevano Silvia che si godeva un po’ il figlio. Ma s’era assopita, tranquilla sul letto, assieme ad Alessandra. Il caldo, i giochi, lui che s’addormentava ridendo, s’erano lasciate scivolare nel sonno.
Fu un attimo, intuizione immediata: Rossana si alza, si siede, tranquilla; incrocia le gambe e volge lo sguardo alla siepe. Non subito, non così presto… se deve pensare lasciale il tempo. La guardò assorto, percepì un mezzo sospiro, ma attese ancora. Poi non poté attendere più. Si sollevò anche lui, l’andò a proteggere, un braccio sulla spalla, lo sguardo sui seni.
‘Cosa succede, Rossana. A cosa pensi? Cosa ti manca?’
Ma non sapeva mentire, Rossana, non avrebbe imparato.
‘Nulla, dottore… un piccolo vuoto, da nulla, davvero…’
‘Ti manca Dario? Vuoi che io ci parli?’
‘No, dottore, non mi manca affatto… non era a lui che pensavo.’
‘Se non a lui… a chi? Me lo puoi dire, lo sai…’
‘Solo un piccolo vuoto… piccolo piccolo… pensavo a Matteo…’
Matteo? Quanto tempo &egrave passato? Secoli, giorni o solo secondi? Dove lo prendo, come le dico, come posso farle capire, quanto ferisco di questa roccia, raccontando come stanno le cose?
‘Matteo… l’ho visto da poco. Gli ho fatto arredare un ufficio.’
Allora si volse, con un sospiro, con occhi ridenti ma con una lacrima appena sgorgata.
‘Solo che… c’&egrave Monica, accanto a lui.’
‘E’ felice con lei, gliene ha parlato?’
‘Penso lo sia… ma non ha importanza…’
‘In che senso, dottore?’
‘Nel senso che se tu hai bisogno di lui, magari lui ha bisogno di te… lo faccio venire qui, arrederemo la stanza di Lorenzo!’
‘No dottore, no… non lo faccia per me, non occorre…’
‘A me pare che sia necessario… evitavo di farlo venire a casa per non turbarti ma se per te &egrave un vuoto, non un peso…’
‘Un vuoto, dottore… un peso non lo &egrave mai stato!’
Gli si rovesciò addosso piangendo, liberata, confortata, sorretta!
‘Brutto animale schifoso! Fai piangere mia moglie? Non posso lasciarvi un momento da soli? Non era meglio che la scopavi? Serpente!’
‘Sciocca… non sono lacrime amare… si sta liberando di un nodo, vuol rivedere Matteo!’
‘Davvero? Matteo! Il nostro Matteo che ci arreda la casa? Lo chiami, lo fai venire? Venire qui, intendo… dopo, a farlo venire meglio, ci pensa Rossana!’
Non si chetava il pianto, ma l’abbraccio si allargò anche a lei, la strinse forte addosso al marito, rideva e piangeva, sussultava e singhiozzava, cercando di vedere, attraverso le lacrime i loro sorrisi. Li amava davvero!
Fu così che tornando una sera dalla libreria, trovò in cortile un’auto che non doveva esserci; ma non era familiare, non era già nota. Poteva essere chiunque, un autore, un collega di Chiaretti, un collezionista. Sapeva soltanto che non poteva cenare nuda o… o magari sì, anche di fronte ad un estraneo, ad un gioco nuovo. Adesso aveva il condizionatore, non si faceva più nemmeno tanti scrupoli del suo sudore. La porta di cucina era aperta, la luce accesa nonostante ce ne fosse ancora. L’accolse radiosa Paola, intenta al suo lavoro.
‘Buonasera Rossana! C’&egrave una bella sorpresa!’
Il sorriso era dolce, ma poteva anche essere un’orgia… se Chiaretti avesse fatto venire quattro o cinque omaccioni per lei e per Silvia, il sorriso di Paola sarebbe stato lo stesso, mica diverso! Lo stesso.. posò la borsa su una sedia e si decise a scoprire quale fosse (qualunque fosse!) la sorpresa in salotto. Ma lui era seduto di spalle, entrando non lo vide neppure. Lo vide emergere lento da dietro lo schienale del divano, guardarla stupito, sorriderle dolce. Matteo! Matteo caduto lontano, abbandonato in trincea! Matteo senza tempo, Matteo ricordato, mai dimenticato, sognato, impresso, marchiato a fuoco come su ciocco di legno! Rideva con gli occhi, tremava di labbra, piangeva dentro, di gioia repressa, con lacrime vere, occhi annebbiati. Le sfuggì un quasi troppo strozzato, tanto che non sapeva nemmeno se lui avesse sentito. Le sue parole, invece, le sentiva bene, come amplificate e corrette da eco, come dentro un teatro, come dentro ad un duomo, la sua voce… la voce più attesa.
‘Rossana… sei splendida! Più bella che mai… stai bene?’
‘Io… io troppo bene! Tu, tu come stai?’
Lui si mosse, andò lì vicino, un attimo prima che la vedesse svenire… fece in tempo a prenderla fra le braccia, a sorreggerla, a stringerla…
Un attimo solo, un solo secondo, un abbandono totale, un volersi dormire, sognare, incantare… poi si riprese, pianse, si scusò, chiese perdono. Lui sussurrava qualcosa, lei non capiva, lei si scusava ancora e lui sussurrava leggero. Lei sentiva soltanto la pelle, le braccia, il fiato sul lobo, le mani di lui, le mani, le sue. Poi sentì le labbra, baciarle la guancia, bere le lacrime, sfiorale l’anima. Raccolse parole sparse tutto attorno, senza preoccuparsi di rimetterle in ordine: c’era tempo, amore, quanto, sognata, mancata, Rossana, sei, lontana, sentita, finalmente, stringerti e tante altre che non riusciva a riconoscere, che ronzavano attorno, dentro di lei, come tante mosche. Ci volle tutta la pazienza di Chiaretti per trattenere Silvia, per impedirle di parlare, per non farla accorrere a loro, per lasciare che s’amassero subito, profondamente, insolentemente lì, davanti a loro. Un amplesso mentale di due corpi immobili, due statue, una statua, un unico blocco di marmo vivo, lucente, pulsante. Sì, un amplesso… altro non poteva essere. Nonostante abiti, posizione e immobilità era un amplesso vero, profondo, sensuale. Chiaretti ne era fiero, sorrideva sornione; Silvia ne era golosa, ne avrebbe mangiato, ci si sarebbe tuffata ma lui la frenava! Non poteva finire diverso, non poteva che accadere: le labbra di lui si scostarono piano, raccolsero il sorriso di lei, la lingua di lei ed il bacio fu subito orgasmo, copioso, intenso, lungo, cercato. Altri baci seguirono, altre carezze, altri pianti; la statua si scioglieva in corpi frementi, l’incantesimo ridava la vita al marmo.
‘Adesso, se non li fermiamo, si mettono a scopare davvero, però!’
‘Mi scusi, dottore… grazie, dottore… grazie Silvia…’
Durante la cena, restando vestita (che strano…) gli raccontò quasi tutto il percorso, quasi tutta la storia. Parlò, &egrave vero, ben poco di Dario… dimenticò d’essere stata scacciata da casa, ma non dimenticò di dirgli che era sposata, sposata alla moglie di suo marito, felice, ubriaca, piena di vita. Non lo fece parlare, non volle sapere. Non diede il tempo a nessuna Monica di intromettersi a tavola… ma non c’era ombra, in quel suo nasconderla, forse un po’ di pudore per lui; lui prima doveva sapere, non poteva ignorare. Lei di lui aveva saputo, intuito, capito nel profondo del bacio. Da lì, da quelle sue labbra a sfiorarle la guancia, aveva raccolto il suo posto nella sua anima: c’era! Che altro? Appena prima che le sue labbra cercassero le sue labbra, aveva visto allargarsi il suo posto: era comodo, accogliente, tappezzato di raso… non capiva il colore, un attimo prima. Ci volle la lingua di lui a cercare la sua, dentro la bocca di lui! Allora fu chiaro anche il colore: rosso, intenso, lievemente più scuro, cangiante negli angoli, ma rosso sicuro. Ora, adesso che lui sapeva, che conosceva la storia che l’aveva portata, quella sera, a sciogliersi fra le sue braccia… ora poteva parlare. Ma non per molto. Vigliacchi! Silvia e il dottore li avevano lasciati soli, da soli in salotto. E adesso? Darsi qui? Spogliarsi, concedersi? Su quel divano l’avevano avuta in molti… uno più o uno meno… no, era diverso! Sarebbe stato diverso. No, non lì, non sul divano… lui parlava, raccontava la vita, il suo lavoro, le sue cose… mai di Monica. Chiederglielo? Poterlo allontanare da sé, dal suo corpo, spalmato sul suo, crogiolato dal suo, col solo nominarne il nome? No, non era. Ascoltava. Ascoltava parole, carezze, baci, la voce e gli occhi, la voce e gli occhi. Sarebbe potuta star lì come adesso per un tempo infinito, senza bisogno di altro… morirgli fra le braccia, svanire, trasfondersi in lui. Ma venne Paola a stravolgere tutto, a dire cose che non voleva sentire, che non voleva venissero dette, non a quel modo, non lì, con lui davanti, che nessuno avrebbe dovuto, che non aspettava altro che qualcuno dicesse, che la obbligasse, finalmente; ossimoro del fuggire, del confondersi, del faccio tutto da sola, dell’obbligo di rendersi schiava, obbediente, sovrana.
‘La vostra stanza &egrave pronta, se volete seguirmi…’
Dormiva lì, lui lo sapeva (vigliacco!). Dormiva? Illuso! Non avrebbe chiuso occhio tutta la notte, no dormiva! Pensava fosse così semplice, tornare a scoparla? Anche più semplice, anche più semplice… già s’era fatta scopare, scopare di brutto! Subito, in piedi, da quella sua voce! Immobile, ferma, da quei suoi fiati. A tavola, sbracata sul tavolo, dai suoi occhi, profondamente, forse anche dietro, non solo davanti. Su quel divano, lasciati soli, tripudio di orgasmi senza che nessuno la stordisse, che aveva da averne subito un altro… adesso la camera, seguendo zia Paola. Monica dove? Dove la metto? La porta con noi, la lascia a casa? L’ha già ceduta a qualche suo amico? La lascia ignorante o la rende edotta? La posso sedurre o mi uccide con gli occhi? Se tu l’ami, come ancora ami me… mi tocca sedurla, amarla a mia volta… io so soltanto che c’&egrave. Dove la metto, stanotte?
Ma la porta si aperse, vicina a quella solita, dove ogni notte dormiva, una stanza mai usata, non c’era mai entrata. C’era stata Silvia, con Vasina, una notte… e la porta si richiuse, Paola di fuori. Lei dentro, lui dentro… il resto che conta? Chi era che doveva venire, qui con noi, questa sera? Nemmeno il nome, ricordava più, nemmeno il nome… si sciolse nel bacio, profondo, sincero, come in ogni suo bacio s’era sciolta ogni volta. Finalmente nuda, finalmente nudo, finalmente la pelle, non solo la voce. Finalmente il sapore, leccato, baciato, succhiato sapore. Finalmente la lingua, non solo la luce, fulminata da scossa appena baciata. Finalmente frustata da mille frustini, scudisci, bacchette. Occhi chiusi illuminati da dentro, appena le labbra hanno sfiorato le labbra, appena la lingua, curiosa, intrigante, s’&egrave aperta la strada, s’&egrave fatta presente. Un canto lungo, infinito, sentendo il naso che sfiora il bocciolo, sentendo il profumo che sente lui, sentendosi piena del suo berla, del suo mangiarla. Ha fame, fame di me! Fame di lui ma non lo trovo… lo cerco, invano… in mano! Lo trova, lo ghermisce, lo porta vicino, lo affonda decisa, ci affoga un altro orgasmo. Ce l’ha, l’ha trovato. Lo cura, lo lecca, &egrave dentro di lei, &egrave piena di lui. Ma non abbastanza. Matteo non vuole, non subito, riempirle la bocca, non ora. Magari dopo, con più calma ma non ora. A malincuore abbandonò quella meraviglia, quel frutto succoso, profumato, così lungamente sognato. La costrinse, con molto sforzo ad abbandonare anche lei, quel suo pasto. Raggiunse le sue labbra, sapori mischiati di cose bramate, sapori antichi, tante volte scambiati. Il sorriso di Rossana era libero, tanto, infisso negli occhi che godevano e facevano godere. Matteo si volle godere a lungo anche questa assenza, questo starle ancora ‘distante’, se distante si può dire di due corpi così fusi assieme… l’unica cosa che mancava… non l’aveva ancora trafitta. E questo voleva, prolungare l’attesa, ancora un attimo, un lampo di luce. Di certo non molto, come avrebbe potuto? Ma un attimo, il tempo di leggere quanto fosse felice, quanto ella bramasse essere sua, lasciarsi prendere, farsi scopare. Un attimo che prolungava, che accompagnava di carezze intese, di baci focosi di… ma Rossana era stufa! Lo prese con forza, lo condusse dentro, ci si incastrò sopra, lo spinse, lo morse, lo aspirò dentro! Ed esplose! Non lui, per fortuna, lei… si dovette staccare dalle sue labbra, urlare lì attorno, farsi sentire, demolire ogni muro. Poteva contarli? Già non ci riusciva… paragonarli? Per quale motivo? Li prendeva, li regalava, come diceva sempre Matteo… regalami un orgasmo, fatti sentire, urla, regalamelo… stavolta non glieli chiedeva, glieli donava da sola. Non riusciva a chiederglieli, arrivavano improvvisi, a raffica, decisi. Mentre lui la baciava, mentre stava così vicino da non vederne gli occhi, vederne soltanto i pensieri. E lei eruttava, come un vulcano, rossa di lava, stravolta di fumi bollenti. Gioiva, dicono alcuni… no, non basta… esplodeva di orgasmi sinceri, troppo tempo sopiti. Sopiti? Con tutto quel che faceva? Sì, ma non con lui… sopiti… mica più vissuti! E adesso se li godeva, non uno per uno…. decimo per decimo, forse anche a frazioni più strette, forse tutti d’un fiato, ingorda, sopraffatta, affamata. Non seppero mai quando, forse neppure s’accorsero di quanto tempo potesse essere passato, ma anche lui dovette, non volle ma dovette… avrebbe voluto farlo lì, lì dov’era ma lei lo colse un attimo prima e lo volle sul suo sorriso, sulla sua lingua, sul suo viso, sui suoi occhi luminosi. Se ne godette ogni grammo, ogni goccia, se ne riempì l’anima del suo venirle in viso, come un premio, come un , e guardandolo dritto con gli occhi, col sorriso soddisfatto e fiero, se lo rinfilò in bocca fino a farlo stremare, diminuire, calmare.
Per lunghi minuti non ci fu che silenzio, ansimi e silenzio. Frusciare di mani sulla pelle, sfioramento di labbra sulla pelle e silenzio. Ma:
‘Da quanto tempo lo sognavo, non puoi capire…’
‘Anche io lo sognavo da un pezzo… lo sai…’
‘Quando Angelo me lo ha detto… non ci credevo…’
‘Il dottore &egrave un Angelo… ma non ci credevo neppure io…’
‘Bisogna che ti dica anche questo… te lo devo dire…’
‘Mi puoi dire tutto, da sempre, lo sai…’
‘Quando me l’ha proposto ho dovuto pensarci… parlarne…’
‘Ma certo, immagino…’
‘Parlarne con Monica, la mia compagna… non viviamo assieme ma…’
‘Certo, &egrave uguale… come viverci assieme…’
‘Non volevo farle alcun torto, le avevo molto parlato di te… sapeva. Le avevo fatto leggere il libro, sapeva che parlava di te, di noi…’
‘Non le avrà fatto un bell’effetto!’
‘Sapere che potevo rivederti? Me l’aspettavo anche io… invece… invece mi spinse, piena di gioia. Sfacciatissima disse a Chiaretti, nel mio studio, ieri che… doveva costringermi a dormire qui!’
‘Monica? Io pensavo… insomma… ma perché, tutti così?’
‘Così aperti? Come te, come me? Non lo so… non me lo chiedo… anche io aspettavo reazioni diverse, del tipo vengo anch’io, al massimo…’
‘Tu l’avresti fermata?’
‘No… non potrei, come non fermai mai te… adesso vorrebbe conoscerti, sapere chi sei davvero…’
‘Soltanto se l’ami davvero, soltanto se l’ami…’
‘Potrei passarci più di un’ora, se non l’amassi?’
‘No, non potresti… lo so. Allora sia, presentamela, portala, incontriamoci…’
‘Non ti ferisce, sei sicura?’
‘Sapere che l’ami &egrave la mia forza, dopo ciò che mi hai dato stasera… non ti divido, ti moltiplico, come mi hai moltiplicata tu quando ne avevo bisogno. Dopo, sono stata stupida… pensavo che Dario avesse più bisogno di te…’
‘Povero Dario… che brutta fine… non ha capito, non ti ha capita…’
‘Povero Dario davvero… posto sotto sequestro dai suoi stessi ideali. Il peggio &egrave che non vuole fuggire, non si chiede il motivo…’
Non certo pensando a Dario, non certo rapiti dalla sua astratta presenza, ma era ora… tornarono a trovarsi incastrati assieme, senza nemmeno pensare a come fare. Non fu come il primo, dirompente, agognato, ma fu un cullarsi più dolce, più pacato. Non era nemmeno più moscio, troppo banale… no, era soltanto un po’ meno agitato. Meravigliosamente, come sapevano già, fu una cosa lunga, dilatata nel tempo. Poi ci furono ancora parole; baci, carezze e parole. Quello che non c’era affatto era la voglia di dormire, di chiudere gli occhi. Il mattino li colse di sorpresa, durante un attimo di pausa… la luce entrava dalle persiane, lei gli prese la mano, lo condusse in terrazza a salutare il sole che si alzava. Nudi, tranquilli, per mano, si lasciarono baciare da quella luce nascente, rossastra. Ma non per molto, dopo poco dovettero cedere… lei appena chinata, lui dietro di lei, si presero ancora in piedi, così. Lei dovette afferrare la ringhiera, darsi sostegno che le gambe cedevano… lui le carezzava la schiena. Dal balcone accanto spuntò Alessandra ma non ebbe effetti su quello spettacolo… stette un poco sorniona a guardarli, poi rientrò quasi cantando un .
Alle otto, dopo una bella doccia assieme sulla quale non indagheremo, si presentarono in cucina… lui vestito, lei, come al solito nuda. Non s’imbarazzò vedendo Silvia in Kimono… sperava fosse nuda anche lei ma…
‘Come mai col cappotto, amore mio?’
‘Era per non sconvolgere Matteo… ma se me lo chiedi, te lo faccio provare…’
‘Ne ho avute già abbastanza, Silvia… meglio che resti vestita…’
Quando li ebbe tutti davanti, Paola col suo solito modo:
‘Due mariti, tre mogli… il lavoro mi aumenta!’
‘Quale sarebbe la terza moglie? Alessandra?’
‘Ma che Alessandra, lei mi aiuta… mi preoccupo di Monica… quando la portate, in questa gabbia di matti?’
‘Paola! Pensavo ti piacesse stare qui!’
‘Io sono la più matta di tutti… non vedo l’ora di averla qui, una nuova nipote, da curare e accudire… ti pare che mi faccia pregare, Silvietta mia?’
‘Al limite, ti prendiamo un aiutante…’
‘Grazie dottore, sarebbe solo un impiccio… ce la facciamo!’

Non successe subito, ovviamente. Come subito non successe che Matteo tornasse da Chiaretti. Un paio di volte era andato a trovarla in libreria, avevano pranzato assieme e, travolti da tutto, erano finiti a casa di sua madre, della madre di Rossana. Una volta aveva il pomeriggio libero, una volta aveva tardato l’apertura… ma non parlavano mai di Monica.
Una sera lui l’aveva rapita, era venuto da Chiaretti, con alcuni disegni, l’aveva aspettata e… aveva chiesto il permesso di portarla via con lui. Regolare. Nessuno si sarebbe opposto… lei, cercando di trovare scuse, un pochino s’era anche opposta. La casa era accogliente, nessuno avrebbe ostacolato le loro effusioni, pubbliche o private che fossero. Aveva notato che anche per lui, anche per Matteo, non era difficile prenderla mentre qualcuno guardava, non solo vedeva. Perché andar lontano? Ebbe quasi la certezza che l’incontro con Monica fosse la scusa che la conducesse via dalla casa di Chiaretti… allora, se era per conoscerla, andava bene, si poteva fare.
Ma non fu quello, cenarono assieme, piccolo ristorante già visto, già usato altre volte. Parole, carezze e baci. Ma di Monica nulla. Lei non voleva chiedere, voleva fosse lui, loro, a decidere… lo seguì anche a casa, a casa di Matteo… quello un poco le pesò. Aveva dentro molti ricordi, di quella casa. Non aveva più guardato il filmato, ma l’aveva visto talmente tante volte! Nella mente di Rossana non c’era affatto un Matteo e una Monica su quel letto… non c’era Matteo con altre donne, non c’era Matteo da solo, come spesso era stato. C’era lei, su quel letto… lei con Matteo, nei pensieri migliori, lei con Dario davanti a Matteo, in quelli peggiori. Tutti e tre assieme… non erano male, come ricordi… ma lei con Dario, davanti a lui? Volle fermarsi in salotto, non correre in camera. Ma, c’&egrave sempre un che incombe, da qualche universo, parole, sussurri, fiati, baci, carezze… la prima ad alzarsi fu lei, lo prese per mano. Piano. Non subito. Con la scusa della pipì si fece accompagnare in bagno. Ne aveva bisogno davvero, non era una scusa, però… baci e carezze erano più intimi, in bagno. Il lago di fuoco non si poteva nascondere. Vero, lei era sempre un lago di fuoco, quasi mai asciutta, nemmeno lontana, assorta al lavoro, senza pensarci. Ma si rendeva conto anche lei che fra le sue braccia aumentava la lava. Non tornarono in salotto, varcò la porta. Non era poi così drammatica quella stanza. Non così ostile quel letto. Curiosa la telecamera, appoggiata sul vecchio comò come allora, come dimenticata da sempre.
‘La usi ancora? Riprendi anche Monica?’
‘Non spesso, ma accade… lo chiede…’
‘Adesso no… ma dopo… dopo che abbiamo fatto l’amore… vorrei…’
‘Adesso no, ma dopo… dopo che abbiamo fatto l’amore.’
Vuoi che fosse diverso? L’aveva riavuto a casa Chiaretti, l’aveva scopato in camera sua, da sua mamma come mai aveva fatto prima, si era fatta scopare in libreria, nel magazzino, in ginocchio per terra stritolando un cartone di libri (libri di Vasina sulla Storia della Chiesa) strappando anche un po’ di cartone, forse una copertina. Vuoi che fosse diverso? Nemmeno quello si era salvato. A Matteo non piaceva nemmeno tanto ma l’aveva fatto. S’era fatta inculare in casa, in casa di sua madre… in salotto! Vuoi che fosse diverso? Era diverso… tornare a farci l’amore sul suo letto, come la prima volta che l’ebbero fatto… non poteva essere uguale a tutte le altre. E poi, c’era sempre l’ingombrante presenza di Dario… sarebbe servito a cacciarlo lontano? Di questo, di Dario, vedremo… ne riparleremo, domani, magari…
‘Adesso scopami come la prima volta… come la prima volta che mi hai portata qui… come se non sapessi scopare… come se non mi aspettassi di essere presa, scopata, marchiata. Ti ricordi come hai fatto? Mi hai stesa sul letto, baciandomi mi hai spogliata… tu vestito, hai continuato a frugarmi, sei sceso in basso, mi hai… sventrato le gambe. Ti sei messo a baciarmi le cosce, l’interno, l’inguine… piano. Poi hai preso a leccarmi, baciarmi, mordermi, succhiarmi… e io sono svenutaaaaa….’
La regista e l’attore… lei parlava e lui faceva… faceva quel che lei ordinava, ricordava, raccontava. Avrebbe saputo rifarlo da solo, non occorreva. Sì che occorreva, occorreva sapere che anche lei ricordava. Passo per passo, fotogramma per fotogramma, altro che telecamera!
Il fatto che venne nello stesso istante in cui era venuta allora? Coincidenze? Bravura di lui? Tensione di lei? Che importa! Gliene aveva regalato un altro, un altro suo orgasmo, quello contava!
Fu quasi come allora anche dopo… quasi! La prima volta, Matteo, troppo felice di averla portata lì, di aver capito che lei voleva esser portata lì, di aver colto in lei in poche ore l’urgenza di essere sua, di concedergli tutto… si era ritrovato disarmato, e non per la prima volta in vita sua! La prima volta era spesso così, lo ricordava. E più gli faceva gola la preda, più si trovava sdentato. Ma non privo di artigli! Aveva ovviato lavorando di mano, di bocca, di lingua… sussurrando fiati bollenti. L’aveva indotta a godere ancora, ancora, ancora, fino a non poterli contare. Tutti regali, nonostante il suo moscio non essere maschio. Soltanto due ore dopo era riuscito a riscattarsi, a prenderla, a penetrarla, scoparla. Finalmente! Ma per poterle regalare lui un orgasmo era andato avanti fino al mattino. E senza mai dormire, senza mai smettere di farseli regalare da lei, quei canti sovrani.
Fu quasi come allora perché l’emozione era tanta, riportarla in quel letto, lei che ricordava tutto, che sapeva incitarlo, dirigere. Ma a ritrovarsi maschio davvero ci mise di meno. A spandersi in lei, anche. A dormire no, non ci riuscirono ugualmente. Così, sul far del mattino, stanco di sentirselo chiedere, accese il televisore e gli presentò Monica. All’inizio era ancora vestita, mica come Rossana, subito nuda. Parlava, raccontava, assieme a lui. Poi cominciò a denudarsi; era bella anche vestita, sorriso ammaliante, sguardo sensuale. Era logico che piacesse a Matteo, piaceva anche a lei. Ci sperava… se fosse stata una Barbie come tante? Non contava nemmeno il colore dei capelli, per nulla! Ma morettina con occhi azzurri… aiutava. Bella anche la voce, le parve. Bel seno, niente reggiseno, sotto al maglioncino di lana… non se n’era accorta prima, non l’aveva intuito. Via anche la gonna, mutandine e autoreggenti… però, mica male! Per vederla togliersi lo slip ci volle un pochino… parlava! Di chi parlava, adesso? Di Rossana? Perché? Aveva visto i suoi filmati, li descriveva… mica li odiava! Anzi, si sarebbe detto, da come parlava… che… li avesse graditi. Come sarebbe? Che cosa vuol dire ‘non mi sento all’altezza’? E lui che insisteva per farle togliere l’ultimo straccio di stoffa di dosso… lei non si sentiva all’altezza di Rossana, della fidanzata di lui di prima, della ragazza che l’aveva lasciato per quel cazzone di Dario? Ma &egrave scema! Due giri, le poteva dare… non uno… sul piano fisico, anche su quello, Rossana si sentiva sempre inferiore (non lo era affatto, ma &egrave questione di stima…) e lei, Monica, meraviglia, si permetteva di sentirsi non all’altezza? Ma andiamo! Finalmente le tolse, quasi senza far veder nulla. Sì, quello anche lei, la prima volta… nuda da subito ma in una posa che non permetteva all’occhio indiscreto di spingersi oltre. Per Rossana era durato alcuni minuti, poi liberata, aiutata da Matteo, aveva lasciato che l’obiettivo si sperdesse ovunque. A Monica occorse forse un minuto di più. Nella sua condizione, con immagini note di una ragazza ripresa su quello stesso letto… forse avrebbe titubato anche lei… nuda! E poi? Altro giorno, nuda più in fretta, decisa, ma non spavalda. Allegra, nella sua nudità. La macchina posata sul mobile, col treppiedi che lei ben conosce. Finalmente anche lui, vestito, pazienza… Matteo un pochino in tensione, ma Rossana si beve le immagini. Si beve quei baci, quelle carezze, quasi come se fossero sue. Più audace, Matteo indaga. Gelosa? Non lo &egrave mai stata! Golosa davvero? Veramente le piace? Parlano ancora di lei, Monica chiede… lui risponde, sincero, per giunta! Non finge, non finge con Monica, non finge con Rossana, non ha mai finto, con Rossana… Rossana lo sa… anche Monica lo sa! Le piace, a Rossana, questa Monica non ostacolo, complice prima ancora… prima, non ora! Chiaro, i vestiti sono invernali, adesso fa caldo, fine luglio… le carezze di Matteo la distolgono, vorrebbe seguire, non può! Si lascia sedurre, amare trascinare, come le immagini dentro allo schermo. Ogni tanto riemerge, coglie qualche spiraglio, una frase, un lungo bacio. Ma quelli che vive son più coinvolgenti, un turbine, un frastuono, un richiamo. Finiscono per far l’amore di nuovo. Anche sullo schermo lo fanno… da quando? Lo vede, lo sente, lo sogna con lei, con Monica… con se stessa. Confonde realtà, film e sogni… confusione totale, ma non guasta! Non &egrave mai sazia… alla fine anche lui, esplode di nuovo, alla fine son coccole, come al solito. L’attenzione per il filmato riemerge molto tempo dopo, coglie una frase, strana, che non s’aspettava:
‘Oh, Matteo… come vorrei vederti far l’amore con Rossana!’
No, &egrave troppo, non sente la risposta di lui, non sente… lo guarda, sorride…
‘Non &egrave possibile… dove le peschi?’
‘Per caso, per destino, per sincronia… non &egrave colpa mia!’
‘Anche io, voglio vederti far l’amore con lei… e non sullo schermo…’
‘Allora davvero? La vuoi incontrare?’
‘Penso proprio di sì… magari poi fuggo e vi lascio in pace, ma… sì!’
‘Non puoi fuggire: ti ho ritrovata! Non fuggire mai più!’
Ma passò ancora del tempo, forse una settimana intera, e Rossana non sapeva perché. Non l’aveva più visto, ricondotta a casa, a casa Chiaretti, giusto in tempo per riprendere l’auto e salire in libreria. Poi più nulla. Qualche telefonata, un messaggio, una email… poco o nulla. Se li trovò davanti, sulla solita porta, sbattuta da Dario, carezzata da lei, una sera, appena prima che spegnesse il computer.
Se la portarono via, telefonò che non rientrava, disse forse domattina… pensò a come risalire in collina. In qualche modo, che importa! Cenarono in una piccola trattoria, nuova per tutti. Gli imbarazzi erano già superati prima d’entrare… figuriamoci dentro! Parlavano liberi, assiepati da altri; la piccola trattoria era anche affollata. Pazienza! I baci volavano facili, almeno fra Matteo e le due ragazze… loro due no, ogni tanto si stringevano una mano, ma quasi di nascosto, anche a loro stesse. Dopo aver sconvolto la vita di molti altri clienti, si alzarono dal tavolo che erano quasi le dieci. Scivolando a valle, Matteo alla guida, Monica accanto a lui e Rossana dietro, in mezzo appoggiata agli schienali, successe. In mezzo a molte parole semplici e quasi non complici, Monica si volse, guardò Rossana e le avvicinò il viso, il bacio.
Casto, solo di labbra, come anche Rossana sapeva sarebbe avvenuto, ma bacio. Promessa, tranquilla, serena. Casto… eppure! Elettrico, strano, forse mai dato, mai ricevuto. Ne ebbero una tale scossa interiore che nessuna riuscì a definire. Perfino Matteo, lo colse profondo. Era durato un attimo, quasi non dato. Invece era forte, come una saldatura. Negli occhi lo lessero dopo: tuffati profondi, immersi, ridenti. Vero, anche prima. Prima si leggeva la voglia, la disponibilità, il sapere che prima o poi… dopo si leggeva che forse un prima non c’era mai stato.
Non altro, fino a casa di lui… solo gli occhi piantati negli occhi, senza bisogno di altro nutrimento che quello. Parole, discorsi, ma senza percorsi, senza mete… scesi dall’auto, si avviarono a casa. Nemmeno Matteo sapeva per cosa. Lo scoprì quasi subito…
‘Adesso ci lasci sole per qualche minuto? Ci aspetti in salotto?’
‘Certo Monica… leggerò un libro…’
S’aspettava anche quello, anche molto di più… scivolarono via, tranquille, lungo il corridoio, si chiuse la porta, lui si sedette; prese il libro e lesse… e lesse! Le aveva sentite andare in bagno assieme, tornare in camera, ritornare in bagno e ancora in camera… lesse paziente. Poi s’addormentò. Lo svegliarono con un lieve doppio bacio in fronte. Erano nude, si tenevano per mano, sorridevano.
‘Adesso avremmo bisogno di te… tu hai bisogno di noi?’
La mattina dopo fu Monica a portarla in collina, Matteo era corso in cantiere alle otto, senza aver dormito che quel poco, sul libro.
Di certo non poteva dire che fosse uguale a viaggiare con Silvia, forse un poco di complicità ancora mancava e mancava il cambio automatico! Ma il bacio sull’uscio della libreria era sincero, un altro tassello di scuse per quella porta sbattuta. Anche lei volò via troppo presto, un lavoro, un qualcosa, l’attendeva lontano. A Rossana restava attaccato quel pezzo di nulla, quel lieve pensiero… bastava. Dopo pranzo vide Giulia, che ancora non sapeva nulla nemmeno di Matteo. Anche la madre ne sapeva poco… venne a sedersi sul letto con loro, ascoltò, sorrise.
A sera sperava di trovarli da Chiaretti, ma non vennero. Meno male… tornò Vasina con Veronica a riempire la serata! Forse per Monica sarebbe stato troppo, forse nemmeno…
Dovette attendere la domenica, dopo un sabato infernale, condito dalla fiera in paese… aveva fatto anche molto tardi, quel sabato, aveva lasciato quasi soli Silvia e il dottore, quella notte, stremata di sonno.
Ma la domenica, tutti al corrente, la lasciarono dormire fino a tardi, fino a che non giunsero, fino a che non andarono a svegliarla. In tanti! Silenziosi, quasi di soppiatto, lei nuda sul letto, scoperta, sparsa. Il bacio sulla guancia quasi lo riconobbe, il pizzico al culo non lo capiva, la carezza al seno era familiare! Lorenzo, il bimbo, la pizzicava, con piccole mani… la guancia era di Matteo… il seno di Monica. Poi sciamarono, un po’ alla volta… prima Paola, seguita dal dottore, poi Alessandra col bimbo in braccio. Poi anche Silvia, che si trascinò via Matteo, lasciandola sola con Monica.
‘Devo farmi una doccia… anche pipì…’
‘Anche io… la pipì… ma… mi piacerebbe… anche la doccia!’
Scesero assieme, dopo quasi un’ora… doccia lunga, per nulla casta. Il più sorpreso fu Matteo:
‘Nude? Anche Monica? Ti porto più spesso!’
‘Le avevo offerto il kimono, lo avrei messo anche io… ma…’
‘Ecco! Adesso sì che &egrave di casa! Benvenuta nipote Monica!’
‘Ben trovata, zia Paola!’
L’esuberanza di Silvia completò la magia, sciolse ogni residuo di pudore, di timidezza, di insicurezza anche in Monica. Tutti nell’angoletto del giardino non ci sarebbero stati… peccato. Rinunciavano al sole, stavano in soggiorno. Ogni tanto una coppietta si appartava anche nell’angolo del giardino, sperando che qualcuno li seguisse, li guardasse… si unisse. Il concedersi di Monica al dottore, con Matteo che le teneva teneramente la mano, che la baciava, che l’aiutava, avvenne quasi subito, appena scaldata dalle moine delle sue mogli che assistevano deliziate. L’aveva chiesto lei stessa, senza pudore, a voce alta:
‘Matteo… posso farmi scopare dal dottor Chiaretti?’
Silvia aveva pensato perfino di tirar fuori il giocattolo nero, ma Alessandra l’aveva bloccata… troppo, per Monica! Non ci sarebbe stato nessun tipo di problema, nemmeno con quello addosso ma, quando Paola entrò in salone e l’annunciò, Alessandra fu contenta d’averla fermata.
‘C’&egrave il signor Albioni, Silvia!’
‘Papà! Che bella sorpresa! Fatti abbracciare! Forse abbiamo una nuova moglie, sai?’
Nessun trauma per nessuno, nemmeno per Monica, stesa sul basso pouf in pelle, con Chiaretti in ginocchio che la trafiggeva, tenendo sulla spalla un ginocchio di lei e Matteo che la coccolava… lo vedeva male, incombere su di lei da una strana angolatura, con la figlia nuda avvinghiata addosso, Rossana seduta come al solito sui talloni, lì a fianco a lei…
‘Ciao Corrado, che piacere vederti, resti a pranzo?’
Guardandolo negli occhi, che la guardavano:
‘Io sono Monica… la fidanzata di Matteo…’
Gli disse, allungando la mano che lui prese e baciò…
‘Lo so chi sei… son contento di vedervi qui! Matteo, aspetto sempre i tuoi disegni… certo che mi fermo, volentieri! Il piacere &egrave tutto tuo, mi pare…’
‘Decisamente più mio, signor Albioni, decisamente…’
‘Straordinaria Monica! L’ho solo intravista qualche volta con Matteo, la ritrovo qui, in questa splendida posa… spero che mia figlia la faccia felice!’
‘Non adesso, papà… adesso mi occupo di te… come stai?’
Si sedettero lì accanto, senza allontanarsi, si coccolarono davanti a tutto quel che succedeva. Con grande naturalezza parlarono di tutto, anche di Monica, Matteo e Rossana mentre Angelo finiva di scopare, venendo sul pancino di Monica, stravolta dal recente orgasmo che Corrado Albioni le aveva ritardato di alcuni minuti.
Una tavolata strana, quella del pranzo: le zie e gli uomini vestiti, chi più chi meno… e le ragazze, le mogli, nude, sedute tutt’e tre come piaceva a Rossana, sul ciglio della sedia. Monica aveva l’Albioni a destra e Matteo a sinistra e si rese conto che gli sguardi, quelli del padre della sua recente amante, non le davano imbarazzo. Anzi! Gli occhi sui seni le son sempre piaciuti, al mare senza reggiseno, in giro con le giuste trasparenze… sul pube, sul grembo… solo quelli dei fidanzati… ma adesso, avendolo così ben esposto, anche i suoi e non solo! Le mani di Matteo s’insinuano spesso, ma lei non le caccia, si lascia frugare. Anzi! A volte pare che chieda… Se ne rende conto anche Silvia, lo sussurra a Rossana… ne sorridono assieme, si scambiano un bacio.
‘E Alice, dove l’hai messa, papà?’
‘Fuori per un week end, con un amico…’
‘Hai una sorella, Silvia?’
‘No, Monica… Alice non &egrave mia sorella! &egrave la terza moglie di mio padre, ha un paio d’anni meno di me…’
‘Tre mogli, Corrado?’
‘E parecchie fidanzate che non lo dimenticano mai… anche mia mamma &egrave ancora innamorata di lui! Un dongiovanni, il mio papà!’
‘Però! Lascia sua moglie con un amico per un week end?’
‘Spesso, Rossana e non mi son mai pentito di farlo, neppure con Marina, la mamma di Silvia… ma ora, scusatemi, devo proprio lasciarvi.’
‘Appuntamento galante, immagino!’
‘Esatto… ma non chiedetemi con chi! Suo marito &egrave gelosissimo!’

‘Per l’anno prossimo facciamo fare una piscina a Matteo… altrimenti ci neghiamo un sacco di sole…’
‘Grande, ben protetta da sguardi, con tanto posto attorno… altrimenti ci mandano la polizia in casa!’
‘Qualche traffico dalla finestra all’angolino lo avranno notato, non credi?’
‘Non mi dispiace mica, se mi vedono il culo! Far l’amore con le mie mogli e coi miei mariti &egrave una cosa un poco più intima… forse!’
‘Silvia! Non eri così quando t’ho sposata! No, non &egrave vero, eri proprio così! Penso anche da prima, da sempre!’
‘Spudorata! Ma se non mi raccoglievi tu, appassivo… fatti un’idea di come potevo essere con un marito geloso, musone, di quelli da trenta secondi di sesso alla settimana… impazzivo!’
‘Avresti trovato mille amanti, e lui mille corna… che miseria!’
‘Fortuna che papà mi ha capita e ci ha fatti incontrare!’

Nell’angolino del giardino, distese al sole, Silvia e Rossana aspettavano di veder tornare Monica e Angelo. Avevano chiesto, aveva chiesto Monica, per l’esattezza, un minimo di privacy. Silvia li aveva portati in camera e aveva richiuso la porta. Matteo s’era concesso una bella cavalcata con Rossana, Silvia li aveva assistiti quasi in disparte… ma s’era quasi subito dopo addormentato, stremato da molto. Baci e carezze, coccole, confidenze… ma nemmeno loro riuscivano a fare altro.
‘Certo che, tre ragazze e due maschi… &egrave sbilanciato!’
‘Cosa pretendi? Non ne hai avute abbastanza?’
‘Non sono mai abbastanza, lo sai… andrei a cercare il marito nero, ma &egrave in camera! Non si scandalizzano mica, se entro! Ma preferisco lasciare che facciano in pace… mi piace, Monica, molto!’
‘Piace anche a tuo padre, pare…’
‘Gliela dovrei legare addosso, perché ci faccia qualcosa… no, non &egrave il caso.’
‘Non pensavo fosse così… tranquillo. L’ho visto solo quando eravamo tutti vestiti… trovarlo lì, con quella scenetta davanti, e tu che gli salti addosso!’
‘Ho sempre girato nuda per casa, anche a casa sua… anche con le altre sue fidanzate e mogli… la mattina gli portavo il caff&egrave in camera e se scopavano, tanto meglio!’
‘Io con mio padre no… solo quando se n’&egrave andato… nemmeno adesso, ci riuscirei… o forse sì, ma non me lo chiedo…’
‘Sai chi ci vorrebbe? Per tirar su il morale ci vorrebbe Luca!’
‘Lo sai che non mi dispiace mai, la sua presenza ma…’
‘Adesso gli telefono… vediamo se riesce a venire…’
‘Lascialo stare… di domenica scrive! Stai ferma qui, ti coccolo io, dai…’
‘Ragazze, ci sarebbe un gradito ospite… lo faccio entrare?’
‘Paola! Se &egrave Vasina fuggo via…’
‘No tesoro… &egrave Luca, sta parcheggiando!’
‘Luca! Tre pari… adesso sì che mi diverto!’
Si trovarono assieme, il dottor Chiaretti e Monica che scendevano da sopra, nudi e Luca che entrava da fuori!
‘Caspita Angelo! Chi &egrave questa meraviglia?’
‘Ciao Luca! Questa &egrave Monica, la fidanzata di Matteo!’
‘E la mia Fidanzata… e di mia moglie Rossana! Ti volevo telefonare!’
‘Silvia! Mi dovevi telefonare… sarei arrivato prima! Matteo? E lui?’
‘Dormicchia ancora, credo… ciao Luca!’
‘Rossana! Sempre più bella… abbronzatissima!’
Recuperarono anche Matteo dal divano, Paola portò un bel caff&egrave, Silvia e Rossana spogliarono Luca e Alessandra venne a far fare un giro al bimbo…
Appena gli ebbero raccontato tutto, Silvia lanciò un’occhiata di fuoco al marito:
‘Angelo, amore mio… lo sai cosa faccio adesso? Una cosa che non ho mai fatto e che mi frulla nella testa da un sacco di tempo: mi faccio scopare assieme da Luca e Matteo, davanti ai tuoi occhi… mi guardi?’
‘Se le altre mie mogli acconsentono, se mi tengono compagnia… una per lato, buone buone che io ho già dato, per oggi!’
‘Monica non te l’ho ancora data in sposa! &egrave solo fidanzata… compromessa, ma solo fidanzata… l’hai scopata davanti a mio padre!’
‘Irrimediabilmente compromessa! I miei mi cacciano di casa, quando glielo racconto…’
‘E tu… glielo racconti subito, immagino?’
‘Certo! Sanno già di Rossana! Vuoi che non racconti di questo?’
Ed anche quello, come tanti altri, non era poi uno spettacolo strano. Luca l’aveva avuta già qualche volta, Matteo durante la mattinata, assieme soltanto Rossana vestita da uomo e suo marito Chiaretti, ma era diverso. Seduto sul divano, con Rossana a destra e Monica a sinistra, le gambe invase da una loro coscia per parte, le mani piene di un seno per lato, guardava la moglie far l’amore, l’amore davvero, con due maschi diversi, amici da sempre. E lo trovava bello, uno spettacolo vero, in cui nessuno si fingeva qualcuno, semplicemente c’era il darsi, il perdersi, l’amarsi. Davvero, se avesse avuto un marito banale… sarebbe finita a far questo lo stesso ma… ma senza trasporto, con la sola voglia di farlo cornuto. Non sempre le riusciva, ma appena poteva, appena era in grado di farlo, correva a piantare gli occhi negli occhi di Angelo, e sorrideva, felice, malandrina. Colse, nel volgergli lo sguardo, le mani delle sue mogli a rapirgli la verga svettante. La volta dopo capì che tratteneva i loro busti, le spalle: non voleva bocche, soltanto le mani. Quando si pose, come era solita ormai, ad accogliere il seme, i semi, sulla lingua, poggiata sui talloni, col busto eretto e le mani sotto i seni, lo vide esplodere al primo fiotto che ricevette, simultaneo, immediato, con gli occhi di lui piantati negli occhi di lei. Sorrisero, complici.

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