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Orgia

Un campeggio per Nudisti

By 18 Aprile 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Ho finalmente deciso di prendere una vacanza, ma da sola. Decido di partire per il campeggio, con una tenda da tre posti tutta per me, dove dormirò finalmente da sola, per dedicare tutto il tempo a me stessa. Forse il posto non è dei più opportuni per il riposo fisico, visto che si tratta di un camping per nudisti. L’idea la trovai su Internet, e mi attirò non poco a dire il vero. Passare una settimana in sintonia con il mio corpo e con quello degli altri non mi dispiace affatto. Arrivo al campo alle undici del mattino, e non c’è anima nella fitta pineta disseminata di tende di ogni colore e ogni dimensione. Consegno i documenti alla reception e firmo alcune carte, poi mi dirigo verso il posto da me scelto per piantare la tenda. Poso a terra lo zaino, e proprio in quel momento passa a qualche passo di distanza un anziano sulla settantina, con il pene penzolante, ma un fisico in forma. Mi sorride, gli sorrido anche io, salutandolo anche con un cenno della mano. Sono ancora vestita, porto ancora i jeans e la maglietta a maniche corte, a righe rosse e bianche. Toglierò ogni cosa soltanto dopo aver montato la tenda.
La pinete è fresca e profumata, lontano si sente il suono delle onde del mare, vagamente agitato e freddo. Non vedo l’ora di bagnare il mio corpo nudo. Ma il lavoro mi attende e continuo ad estrarre paletti e teli, collocandoli nelle giuste posizioni. Fuori alle altre tende ci sono attaccati dei fili tesi, con dei vestiti lasciati ad asciugare. Vedo in lontananza un uomo fuori dalla sua tenda, che si masturba aiutato da un giornaletto porno. Inizio a pensare che in questo campo non ci sono donne. E che presto diventerò l’unica carne che tutti avrebbero preteso. Al sol pensiero non so se andar via o restare proprio per quest’occasione di essere contesa come un oggetto.
Ormai la tenda è montata. Sono chinata a 9o gradi per sistemare il materassino su cui dormirò, e sento avvicinarsi qualcuno alle mie spalle, talmente vicino che poggia il proprio attrezzo contro il mio culo, ancora coperto dai jeans. Lo sento durissimo, ma resto in quella posizione, sorridendo mentre lui preme il suo pene contro di me, per farmene avvertire la grande erezione.
– Vedo che c’è qualcuno che non vede l’ora di conoscermi – gli dico ironicamente.
– In realtà siamo due – risponde riferendosi al suo pene.
Alzo il busto e mi giro verso di lui. Può avere la mia stessa età, ha un fisico ben messo, con begli addominali, che avrei accarezzato per ore. I tratti del viso molto comuni, una persona come le altre direi. Ci presentiamo, lui mi dice il suo nome, ma ha poca importanza, perchè l’ho già dimenticato.
– Piacere, mi chiamo Daniela. E lui? – gli domando indicando il suo pene mostruosamente eretto, con un glande tondo e lucido.
– Lui è un amico. Moriva dalla voglia di conoscerti.
– Ciao amore – dico rivolto al suo pene , e con una mano lo accarezzo dolcemente. – Muori dalla voglia di conoscere il mio culetto, non è così? Beh, senza preservativo sarà un pò difficile. Ma vedremo più tardi come accontentarti – la mia mano smette di accarezzarlo, e i miei occhi di guardarlo. Poi mi rivolgo al padrone dell’attrezzo: – Adesso vorrei andare in spiaggia.
– Certo, ci rivediamo in giro, magari per conoscerci meglio.
Mi spoglio del tutto, come gli altri, e lascio guardare il mio corpo in maniera integrale. Arrivo in spiaggia, vestita solo di un cinturino dorato, all’altezza dei fianchi. Ci sono solo uomini. Mi fissano la maggior parte di loro, qualcuno ci tiene a mostrarmi la propria erezione allargando per bene le gambe. Mi avvio verso riva, leggera e in sintonia con il mio corpo. Gioco con le dita dei piedi tracciando delle linee sulla sabbia bagnata dalle onde. La spiaggia è lunga, ma ci sono solo i campeggiatori del campo nudisti. Mi faccio desiderare, dandno loro le spalle, mettendo in mostra il mio culetto, e il mio corpo coperto esclusivamente da quel cinturino dorato. Gli uomini si distinguevano per le loro maestose dotazioni. Non avevo mai visto tanti uccelli così grossi insieme. La mia contemplazione è interrotta dall’arrivo di un uomo. E’ anziano, dall’età di sessant’anni, basso, tozzo e abbronzato. Quando i miei occhi guardano tra le sue gambe mi si presenta uno spettacolo mostruoso. Un arnese enorme. Spalanco occhi e bocca dallo stupore, e lui è divertito dalla mia reazione nel vedere il suo pene.
– Non ti impressionare – mi dice. – Non voglio farti niente, sai? Come ti chiami?
– Mi chiamo Daniela, signore.
– Io mi chiamo Mario.
Sono esterrefatta, e mi batte il cuore molto forte. E lui probabilmente se n’è accorto. Qualcuno inizia a tornare al campo, è ora di pranzo. Invece altri, ma pochi, rimangono li, come se volessero spiare ogni attimo della conversazione che sarebbe avvenuta tra me e l’anziano uomo.
– Come mai tutta sola, il fidanzato non ce l’hai?
– No.
– Forse è meglio, così invece di un uomo, puoi renderne felice più di uno, con questo corpo così caldo – con una mano mi sfiora i fianchi. Gli sorrido maliziosamente.
Il signor Mario mi parla a lungo del campo, dicendomi che è poco frequentato dalle donne. Capitava che qualche attrice porno con il rispettivo marito decidesse di passare lì le vacanze, ma quest’anno a quanto pare, io sono l’unica ragazza, da quello che dice Mario. Camminiamo sulla riva del mare, la sua mano spesso e volentieri, mi accarezza la schiena, fino a scendere al culetto. Rivolge continui apprezzamenti al mio corpo, che definisce fresco come una rosa. Poi ci fermiamo, e guarda come incantato la mia passera al naturale, pelosa.
– Poche ragazze vengono qui al campo senza radersi la passera – mi dice, e con due dita della mano sfiora i peli sul mio inguine.
– Vedo che gli uomini, invece… – gli rispondo, e scherzando gli accarezzo il pene, mostruosamente eretto e senza peli. Ma allontano la mano quasi subito.
– Certo. Ma se vuoi, conosco un amico qui al campo che potrebbe farti un bel lavoro – mi dice, e questa volta con le dita cerca le labbra della mia passera, le tocca, la sente bagnata.
– Che lavoro? – gli chiedo imbarazzata, e prendendogli la mano che mi sta toccando. La allontano.
– Vieni, ti faccio vedere – mi prende la mano e mi porta con se, di nuovo nel campo, tra le tende e i vestiti attaccati ai fili che vanno da un albero all’altro.
Mi guida verso un’area con delle tende in cerchio, un tavolino e alcune sedie di legno, con degli uomini anziani come lui, anche loro nudi, con i cazzi penzolanti. Alcuni hanno gli occhiali da sole in viso e fumano il sigaro. Con Mario, sono cinque uomini. Sono molto imbarazzata, mi copro l’inguine e il sesso con entrambe le mani, ma loro bloccano la loro discussione sportiva per concentrarsi su di me. Mi guardano tutti e cinque, sono rossa dalla vergogna e con le braccia e le mani cerco di coprirmi. Tutto d’un tratto mi sento più nuda di prima, anche se continuo ad avere soltanto il cinturino dorato sui fianchi.
– Bella – dice qualcuno di loro a bassa voce.
Uno di questi sta leggendo il giornale dello sport, e appena mi nota lo mette via, si alza dalla sedia, come se volesse farmi accomodare al suo posto. L’uomo ha dei lunghi baffi bianchi, un pò di pancetta e il pene penzolante che inizia ad indurirsi, a prendere notevoli forme.
– Abbiamo una signorina – dice.
– Sì, ha bisogno di una sfoltita – dice il signor Mario.
– Certo. Facciamola accomodare – dice indicandomi la sua sedia.
– E che signorina! – dice un altro, che fissandomi inizia a mensarsi il pene ancora mollo. Sta cercando chiaramente di farlo indurire. Io mi dirigo lentamente verso la sedia di legno, tolgo le mani dal mio sesso e mi siedo. Gli uomini si alzano, mi accerchiano, i loro cazzi ballano dinanzi al viso a poca distanza. Ho le cosce serrate e cerco di non guardare tutti quegli arnesi. Qualcuno me lo preme appositamente contro le guance, sono duri, rugosi. Non conosco le loro intenzioni.
– Non li vuoi conoscere? – mi domandano. Così uno alla volta dicendo il proprio nome, mi strusciano il proprio arnese sulle labbra, nella speranza che mi decida a prenderli in bocca. Ma non voglio, almeno non ancora.
– Adesso ti facciamo un bel servizio – dice l’uomo coi baffi bianchi, che porta nelle mani un rasoio e schiuma da barba. Gli altri mi mantengono le cosce divaricate con le mani, mentre l’uomo coi baffi mi spalma la schiuma sull’inguine, sui peli della mia passera.
– Ma non voglio raderla – cerco di oppormi serrando le cosce, ma loro me le tengono ben divaricate.
– Non preoccuparti – mi dice l’uomo coi baffi. – Poi di ringrazierai, magari facendoci un bel servizio con queste labbra tanto dolci – mi passa la punta del glande sulle labbra, per farmi capire. Poi ritorna alla mia passera, appoggia il rasoio sull’inguine, mentre decidono tra loro come raderla. Qualcuno propone di lasciarmi una striscia di peli a forma di cuore, ma è quello che mi sta radendo che infine decide, proponendo di lasciare una striscia verticale di peli, come una freccia, che punta verso la fica. Inizia a radere, di tanto in tanto si ferma tentennandomi con un dito il clitoride. Gli altri ridono, io inizio a provare piacere, molto piacere. Inizio a bagnarmi e loro se ne accorgono. Infatti con due dita, l’uomo che sta lavorando ai miei peli, sfiora le labbra della fica e me le mostra.
– Guarda qui, sei bagnata fradicia – gli altri ridono, continuando a tenermi per le cosce. Mi eccito da morire, ma cerco di mostrarmi abbastanza indifferente. Intanto mi viene depilata la passera, poi mi lascia scorrere dell’acqua da un bicchiere, sulla schiuma da barba rimasta sulla striscia di peli verticale, che compare castana come i miei capelli. Bellissima, mi sento troia. Adesso hanno lasciato le mie gambe, ma continuo ad averle divaricate, nella speranza di essere scopata. Ma invece mi si mettono tutti intorno, facendo sbattere i loro cazzi, ormai durissimi, contro le mie guance e le mie labbra.
– Ti piace il lavoretto che ti abbiamo fatto? – mi domanda l’uomo coi baffi. – E adesso non ci vuoi ringraziare in qualche modo?
Una mano mi afferra i capelli corti, e mi spinge con le labbra verso il suo cazzo. Vuole chiaramente un pompino. Ma è quello che vogliono tutti.
– Sbocchina, svergognata, sbocchina – infilo quel cazzo rugoso in bocca, modellandolo con la lingua. E lui con entrambe le mani mispinge la testa in avanti, il cazzo mi arriva fino in gola. Poi mi spinge la testa verso l’esterno, il glande esce dalla mia bocca, con tanti fili di saliva che ricongiungono la mia bocca a lui.
Un altro anziano mi posa il suo cazzo davanti alla faccia, sono tutti impazienti di essere spompinati. Lo prendo con una mano e lo avvicino alla bocca, bacio la punta del glande dolcemente, dischiudo le labbra e faccio sparire tutta la cappella dentro. La mia lingua lo massaggia e lo insaliva per bene, alzo la testa e faccio uscire il pene dalla bocca. Con le dita mi massaggio la passera, gioco con il clitoride, prima di sentire la lingua di qualcuno tra le gambe. Guardo in basso, e tra le mie cosce c’è la testa di uno di quegli uomini. Mi morde le labbra della fica, ansimo, godo da impazzire. Ma subito è pronto un altro pene, ad entrarmi in bocca.
– Avanti, ora tocca a me. Prendilo in bocca che voglio sborrarti in faccia – lo accolgo tra le labbra.
Il suo pene si indurisce ancora di più per alcuni attimi, sento il sangue pulsare e pompare dentro il suo cazzo, le vene si ingrossano, lo sento esplodere, mentre faccio mulinare la mia lingua attorno alla suo glande. Bacio il suo sesso lungo tutta l’asta partendo dall’alto e avvicinandomi sempre più ai testicoli. Un sottile strato si saliva lubrificava e ricopriva tutto il pene e mi aiutava a masturbarlo mente lecco i testicoli. Gli altri uomini hanno iniziato a succhiarmi i capezzoli delle mie piccole tette, mi leccano le cosce, i polpacci.
Intanto un altro cazzo mi si è presentato davanti alle labbra, circondo la cappella con le labbra e spingo il pene dentro la bocca fina a metà asta, giusto prima della mano che lo regge. Intanto la lingua di quell’uomo anziano continua ad essere incollata al mio clitoride, mi morde le labbra, poi sputa contro di esse.
Il piacere dell’orgasmo si avvicina. Faccio uscire il pene dalla bocca e lecco soltanto la punta. Con un urlo di piacere finalmente l’orgasmo, per quanto mi riguarda arriva. Urlo, non riesco a trattenere il mio stato di massimo piacere.
– Vengo! Godo! – urlo. – Mi piacciono questi bei cazzoni – dico a denti stretti e serrando due cazzi nelle mani.
Stanno per sborrare, mi si mettono in cerchio, si masturbano a poca distanza dalla mia faccia. Chiudo gli occhi e apro la bocca, aspetto la loro sborra. Si masturbano con grande foga.
– Adesso ti sborriamo in faccia – mi dice qualcuno. – Ti sborriamo in faccia tutti insieme.
– Sto venendo! – urla il signor Mario, un fiotto di sperma raggiunge il mio viso, entrandomi in parte in bocca.
Poi vengono anche gli altri schizzi, con altrettante urla liberatorie. Gli schizzi di sborra mi finiscono sul palato. Alcuni hanno un getto spaventoso, che mi finisce sui capelli, sugli occhi, sul naso. La mia faccia è presto ricoperta del loro sperma. Con la mano ne raccolgo un pò, per spalmarlo sulle tette, sui capezzoli.
– Che sborrata! – dicono alcuni, continuando a masturbarsi, ma delicatamente.
Mi alzo dalla sedia, sono felice, sorrido, mi diverto con i loro commenti osceni del tipo:
– Guarda che bella questa faccia piena di sperma!
– La principessa della sborra ti chiameremo.
Sono contenta di essere il loro oggetto dei desideri. Con le mani mi porto via dalla faccia la sborra. Avverto gli uomini che vado a fare una doccia, e loro mi salutano, ancora con gli arnesi in mano, intenti a massaggiarli, dopo l’eiaculazione.
– Ciao principessa del sesso! – dice qualcuno.
Sono sempre felice quando posso rendere felice qualche uomo. Specialmente se sono cinque, tutti insieme, pronti a sborrarmi in faccia, come si fa con una troia.

Note: da una storia vera. Dopo aver fatto la doccia, mi dirigo verso la tenda. Ho assoluto bisogno di dormire. Mi distendo, ripenso a quello che è successo. Mi sfioro la faccia che questa mattina mi hanno ricoperto di sperma. Mi addormento, un sonno pesante. Infatti mi sveglio soltanto la sera. Ho dormito parecchio, ora fuori è buio. Appena esco dalla tend avverto il forte fresco della pineta, infatti sono l’unica ad essere ancora nuda, gli altri sono tutti vestiti, e sono al bar. Decido di vestirmi anche io, per uscire dal campeggio, e costeggiare il lungomare e magari fermarmi in un locale a bere qualcosa. Indosso degli stivali e un vestito nero, lungo, con un grande scollo che mette in risalto i miei piccoli seni, su cui spalmo una crema con dei brillantini. Il vestito ha inoltre un lungo spacco all’altezza della gamba. Prendo la borsa e vado via, raggiungo il lungomare frequentato di ragazzi di ogni età. La musica latino americana dei locali sulla spiaggia è già alta. Mi fermo nel bar che mi attira di più, con le luci rosse soffuse e molti tavolini con delle sedie.
Ordino un rum e coca e mi siedo, ad un tavolo tutto per me. Guardo la gente ballare, le ragazze sono tutte vestite come delle gran troione. Tra la folla c’è il ragazzo che ho conosciuto al campo, Giuliano si chiama. Non è molto bello, ha i capelli lunghi fino alle spalle, brutte labbra e un naso a patata. Mi vede e mi raggiunge, faccio finta di non vederlo, non ho voglia di stare con lui. Ma allo stesso tempo mi viene alla mente di quando al campo mi ha puntato il suo arnese contro il culo, appena sono arrivata. Si siede al mio stesso tavolo.
– Ciao, ti ricordi di me?
– No, ma mi ricordo del tuo cazzo – gli disco scherzando. Ridiamo.
Intanto è arrivato il mio rum e coca. Inizio a sorseggiarlo dalla cannuccia.
– Ho sentito che stamattina ti sei fatta radere.
– Già – gli rispondo.
Bisogna tenere un tono della voce abbastanza alto, sennò si fa fatica a parlare, perchè la musica latino americana è alta.
– Fammela vedere – mi chiede avvicinandosi con la sedia.
– Ma sei pazzo? Proprio qui, davanti a tutti?
– Dai, che c’è di male? – mi tira su il vestito, approfittando dello spacco.
Cerco di fermarlo, ma lui è più veloce. Allarga lo spacco fino alla mia passera, sotto non porto le mutandine, e subito viene fuori la mia fica depilata. Che vergogna, tutti mi hanno vista, tutti mi guardano. E Giuliano ride, come uno scemo. Vorrei ammazzarlo. Rimetto a posto la gonna e cerco di non arrossire.
– Che c’è di male? Le cose belle vanno fatte vedere – mi dice.
Mi offre da bere, ma vorrei strozzarlo, questo imbecille. Mi ha messo in soggezione, adesso sono muta come un pesce per la vergogna, e a parlare è solo lui. Ma più mi offre da bere e più non capisco cosa sta dicendo. Al quinto bicchiere di rum e coca rido senza motivo. Poi mi alzo dalla sedia, come una cretinetta, faccio come fanno le altre ragazze, inizio a ballare quel latino americano, ma davanti al corpo di Giuliano. Proprio come fanno tutte queste cretinette davanti al corpo del proprio maschio, a cui stasera faranno finta di dargliela. Ma poi all’ultimo momento si tireranno indietro.
Sono di spalle a Giuliano, e ballo con movimento sensuali questa danza latina. E le sue mani iniziano a sfiorarmi il corpo. Iniziamo a divertirci. Ma dopo un pò gli dico che forse è meglio se andiamo a fare un giro in spiaggia, da soli, perchè sono troppo accaldata, e potrei fare la pazzia di spogliarmi davanti a tutte quelle persone, mi conosco fin troppo bene.
Raggiungiamo la spiaggia, alle spalle del locale, una cinquantina di metri più avanti. Barcollo, tutto quell’alcol mi ha appesantito i movimenti, e Giuliano se ne rende conto. Potrebbe chiedermi qualsiasi cosa, penso di essere capace di fare di tutto. Anche di ingoiare il suo sperma, cosa che sinceramente mi fa schifo. Il suono delle onde del mare ci culla, la luna ci illumina, è molto romantica questa scena, se non fosse che sono troppo ubriaca, e in questo non sembra esserci niente di romantico.
– E il culo come ce l’hai? Me lo fai vedere? – mi chiede.
– Perchè, tu non le hai le mani? Non sai vedere da solo? – praticamente lo invito a fare da solo.
Giuliano mi mette le mani sulle spalle, e mi spinge verso una grande pila di lastre di marmo abbandonate sulla spiaggia, alte fino ai fianchi. Con un sussulto mi mantengo al marmo con le mani, mentre Giuliano mi alza il vestito, scoprendo il mio culetto.
– Fai piano, porco – lo avverto, ma uso quella parola solo perchè sono ubriaca.
Giualiano è alle mie spalle, mi accarezza il culo morbido.
– Bellissimo – mi dice. – Mi piacerebbe sborrarci dentro. Scoparlo per tutta la vita.
– Ti piacerebbe, brutto maiale. Non te lo cederò mai per tutta la vita.
Sento il suo indice della mano solcare la linea del mio culo, raggiungere il buco, stimolandolo. Delicatamente lo fa penetrare, sento il suo indice salirmi su per il culo.
– Che cosa fai? Mi fai male, fai piano! –
– Ti piacerebbe che fosse il mio cazzo a salirti su per il culo, vero?
– Mi piacerebbe leccartelo il tuo cazzo – gli rispondo.
– Scommetto che sapresti farlo bene. Mi hanno detto che sei un eccellente pompinara.
– I pompini come li faccio io poche troie li sanno fare – l’alcol mi fa dire certe cose che non avrei detto mai. Cerco di frenare le parole, ma non mi riesce.
Giuliano continua a penetrarmi il culetto con l’indice della mano, lo fa salire e poi scendere, lentamente. Con l’altra mano si abbassa la lampo dei pantaloni, fa venire fuori il suo cazzo già duro e pronto per penetrarmi. Fa uscire il suo indice dal mio culo, per rimpiazzarlo con il suo arnese. Sento la punta del glande che si avvicina al buco del culo, lo tocca, cerca di entrare lentamente, la cappella è ormai dentro.
– Ti fa male, amore?
– Un pò. Ma non preoccuparti, ora il culo è tuo. Fanne ciò che vuoi.
Sento l’asta del suo cazzo salirmi su per il culo, forse è l’alcol, ma non sento dolore per il momento. Il suo arnese è aderente alle pareti del buco del mio culo, tanto da avvertire le vene che ne percorrono l’asta. Ed è bellissimo sentirlo dentro, sembra un manganello della polizia. Sale fino a far sbattere i cogliono contro le mie natiche, non ha un cazzo molto lungo, ma mi piace lo stesso. Chiudo gli occhi, Giuliano scende con l’asta del cazzo, adesso è dentro di nuovo solo il glande. Poi spinge tutto insieme il cazzo fino in fondo, questa volta mi fa veramente male, lancio un urlo di dolore.
– Ahi! Che dolore!
Poi lo rifà ancora, e ancora. E non posso fare a meno di urlare. Poi vediamo la luce di una torcia, un uomo si avvicina a noi. Ordina a Giuliano di lasciarmi stare.
– è tutto apposto, è la mia ragazza – è il guardiano della spiaggia.
– è vero? – mi chiede il guardiano. Giuliano mi abbassa il vestito e si rificca dentro il cazzo.
– Sì, sì è vero – gli rispondo, anche se non è vero. – Il mio ragazzo mi stava solo scopando come una puttana – Giuliano con una mano mi copre la bocca per non farmi dire altre oscenità.
– Beh, comunque dovete andare via, o dovrò chiamare i Carabinieri – ci avverte.
Giuliano mi prende per mano, e mi guida per andare via, ma io non riesco a tenere a freno le mie parole.
– Ma che cosa c’è di male? Il mio ragazzo mi stava solo scopando il culo!
Giuliano mi strattona, facendomi capire che non è aria. ritorniamo al campo nudisti, dove mi accompagna in tenda, e mi mette a dormire. Crollo in un sonno profondo in pochi attimi.

Mi sveglio il giorno dopo, sono in tenda, completamente nuda, vestita solo di una cavigliera d’argento che indossavo anche ieri notte. Probabilmente è stato Giuliano a spogliarmi prima di lasciarmi addormentare. Mi accorgo che sulla striscia di peli verticale sul mio inguine c’è una striscia di sperma. Non capisco cosa abbia potuto farmi ieri notte mentre dormivo. Questa cosa mi innervosisce, ho voglia di incazzarmi con Giuliano. Esco dalla tenda, e raggiungo la sua, ad una cinquantina di passi. Oggi è tutto quieto, non sembra esserci nessuno nella pineta silenziosa. Forse sono tutti in spiaggia. C’è soltanto qualcuno che sta montando una tenda, sono due turisti tedeschi, con i calzoncini corti e gli infradito. Alti e biondi. Passo proprio davanti a loro, che si fermano e mi guardano, sorridono. Capiscono, forse, di aver trovato il paradiso che stavano cercando. Il paradiso naturista. Guardano la striscia di sborra sul mio corpo, sull’inguine. La tenda di Giuliano è a pochi passi da loro, e lui è fuori. Sta facendo le flessioni su di un tappetino di gommapiuma rosa. Mi pianto davanti a lui, con i pugni serrati contro i fianchi e un espressione severa. Voglio da lui spiegazioni. Però ha proprio un bel culo, questo lo devo ammettere. Lo ammiro, mentre fa le flessioni, quel culo sudato, liscio e muscoloso. Da vero uomo. Giuliano mi guarda dal basso, poi si alza. Il pene non è ancora duro, ma scommetto che gli diventeràà presto di marmo.
– Cosa vuol dire questa? – lo rimprovero, raccogliendo il suo sperma dal mio inguine, e spalmandoglielo sul braccio.
– Vuol dire che ieri sera ero molto arrapato – mi risponde. – Mi viene subito duro quando ti guardo, e ieri notte mi sono permesso di masturbarmi mentre ti guardavo dormire, per poi lasciarti un ricordo di me.
I due tedeschi ci guardavano, ma in particolare guardavano il mio culo, perchè gli ero di spalle. Io e Giuliano ci guardiamo, lui è molto sudato, gli sfioro il petto con una mano, poi i fianchi. Lo guardo negli occhi e gli accarezzo il viso.
– Guarda come sei sudato, amore – gli dico teneramente.
Abbasso gli occhi, il suo arnese è diventato durissimo. Mi vien voglia di baciarlo. Il glande rosa, gonfio, e il suo odore che arriva subito al naso, che voglia forte che ho di lui. Lo accarezzo, lo prendo nel pugno, masturbandolo lentamente, ma continuando a guardarlo.
– Ciao amore – dico rivolta al pene. – Ti sei svegliato! Vuoi essere accarezzato, non è così?
Poi guardo di nuovo Giuliano, anche lui mi guarda, ma non resiste a spiare i movimenti delicati della mia mano.
– Mi piace il tuo odore – gli dico. Poi guardo il pene – anche il suo.
Mi mordo il labbro inferiore, i due turisti tedeschi si sono fermati. Hanno posato i ferri della tenda per terra e ci guardano. Giro la testa verso di loro, per vedere cosa stanno facendo. Uno di loro ha messo fuori il pene dai pantaloni corti, e se lo sta menando, e ci guarda quasi con la bava alla bocca. Me ne frego di loro, se vogliono possono continuare a guardarci. Non ce niente di più bello che guardare due amanti che fanno l’amore. Inizio a baciare il petto sudato di Giuliano, lascio stare il suo arnese e mi dedico ad accarezzargli il culo, e le gambe, le spalle. Chiudo gli occhi, faccio strusciare le mie guance sul suo petto, poi ritorno a baciarlo. Il suo sudore mi si attacca alle labbra.
Avvicino le labbra al suo glande gonfio abbassandomi. Chiudo gli occhi, mi piace sentirmelo tra le labbra, e mi piace il suo sapore. E cosa ancora più importante, mi piace essere spiata quando faccio sesso, quando vengo scopata da qualcuno. I Tedeschi continuano a spiarci. Giuliano è al settimo cielo, ha la bocca semiaperta, e con la mano spinge il mio capo, aiutandomi nei movimenti. Il suo arnese mi entra dalla bocca fino alla metà dell’asta, e la mia lingua lo accarezza ogni volta che viene avanti, poi esce e lo rispinge in avanti.
– Sei fantastica, amore.
– Questo cazzo è fantastico, gioia – gli rispondo masturbandolo, poi lo rimetto in bocca.
Continuo il movimento, ma Giuliano aumenta di velocità i movimenti del suo bacino. Mi scopa la bocca come se fosse la mia passera. Il suo glande entra ed esce dalla mia bocca, quasi mi fa male, ma adoro essere trattata in questa maniera, specialmente quando ci sono spettatori. Poi Giuliano fa uscire il glande dalla mia bocca, è dritto davanti al mio viso, con la lingua percorro tutta l’asta, partendo dai coglioni fino ad arrivare al glande.
– Dove eravamo rimasti ieri? – mi chiede. Mi rimetto in piedi e rivolgendomi ai due turisti tedeschi che si masturbano guardando il nostro spettacolo, faccio il punto della situazione.
– Eravamo rimasti che Giuliano mi stava scopando il culo.
Con le mani mi mantengo al tavolino di legno che c’è fuori alla tenda di Giuliano, gli do le spalle e espongo il mio tondo culo, invitandolo a farci ciò che vuole. Mi colpisce le natiche con un paio di schiaffi, gli sorrido. Poi solca la linea del mio sedere con la punta del suo arnese. Si allontana, ed entra in tenda per qualche attimo. Ritorna con una lozione e dei preservativi. Poggia i preservativi sul tavolo e apre il tubetto di vasellina. La spalma sulle mie natiche, con il dito medio arriva a spalmarla fino al mio buchetto, penetrandolo.
– Che troia, vero ragazzi? – domanda rivolto ai due turisti tedeschi.
– Guardate e imparate, ragazzi. Guardate e imparate – aggiungo.
Anche i due tedeschi hanno un tavolino di legno, e ci sono seduti sopra, con le gambe aperte e si menano i loro cazzi con gran foga, come dinanzi ad un filmino porno.
Giuliano penetra il mio buco del culo adesso con due dita, l’indice e il medio. Socchiudo gli occhi e la bocca. è bellissimo, sento le sue dita completamente su per il culo in fiamme, lucido e liscio grazie alla vasellina che lo ricopre. Ma Giuliano decide di sostituire le dita con il suo arnese gonfio, la punta mi sfiora il buco, grazie alla vasellina il glande mi penetra senza farmi male. Ed è come sentire una pallina da ping pong salirmi su per il culo. Con le mani mi tiene per i fianchi, e man mano il suo bacino spinge in avanti, fino a toccarmi le natiche. Spalanco gli occhi e la bocca, il cazzo è tutto dentro. Ed è lunghissimo, entra come un serpente selvaggio nel mio corpo, e lo sento vivo, le vene pulsanti. Lo fa uscire dal buco, mi colpisce le natiche con due schiaffi. Poi prende ancora del lubrificante e lo spalma sul glande, adesso completamente lubrificato lo fa rientrare. Entra nel mio buco molto facilmente, calza come un guanto. Adesso il mio piacere è elevato all’ennesima potenza, rido, rido di gioia.
– Perchè ridi? – mi chiede.
– Perchè godo come una troia. Sento il tuo cazzo che come un serpente cerca di entrare nella sua tana. Adoro essere scopata il buco del culo.
– Adesso vediamo se continui a ridere – mi risponde, il suo bacino si muove avanti e indietro in modo violento, veloce.
I suoi coglioni sbattono contro le mie natiche. Mi da dei duri colpi, ho paura che possa farmi del male, mi lamento come una bambina, sta facendo di tutto pur di farmi del male, e ci riesce, ma mi piace da impazzire. Poi si ferma, mi lascia respirare, fa venire fuori dal mio culo il suo serpente rosa.
– Adesso però, muore dalla voglia di conoscere la tua passera.
– Davvero? – mi volto verso di lui, accarezzando delicatamente il suo pene. – Allora ci sarà bisogno del cappuccio, non credi?
Prendo un preservativo dal tavolo e lo scartoccio. Mi inginocchio e lo appoggio sul glande, srotolandolo fino ai coglioni.
– Adesso è perfetto. Ecco, te la presento – dico rivolto al cazzo, mi alzo e poggiandomi con il sedere contro il tavolo di legno allargo le cosce mettendo in mostra le labbra della mia passera. – Ti piace? Fai piano, perchè è una signorina molto sensibile e molto timida.
– Ma certo, sarà una conoscenza molto piacevole.
Giuliano mi si avvicina, mi prende le caviglie e me le tiene su, mentre avvicina la punta del cazzo alla mia signorina. Intanto mi passa la lingua in prossimità della cavigliera.
– è permesso, posso entrare? – mi chiede scherzosamente Giuliano.
– Ma certo, entra pure – gli rispondo. – Fai entrare il tuo serpente nel mio corpo, che non aspetto altro.
Delicatamente l’enorme glande si fa strada tra le labbra della mia passera, entra tutto, è gonfio, il piacere che mi provoca la testa di quel membro mi fa sentire ubriaca. Poi entra tutto il resto dell’asta, fino ai testicoli. I miei sospiri di piacere lo eccitano, me ne accorgo. Mi scopa, sento la sua trave salire e scendere nel mio corpo. Mi tiene per le caviglie, la sua mano sinistra è vicina alla mia cavigliera d’argento. Guardo i due tedeschi, stanno per sborrare, sulle loro facce ci sono espressioni da orgasmo, poi uno alla volta vengono, gli schizzi di sperma cadono sul terreno. Continuano a massaggiarsi il pene, mentre Giuliano mi scopa con foga, spinge dentro il suo arnese fino a dove può, fregandosene se io possa
sentire dolore. Poi sento il suo cazzo gonfiarsi, ecco, sta venenendo, sta per esplodere. I suoi fiotti di sborra sono ostacolati dal preservativo, si fermano dinanzi alla barriera di lattice. Giuliano ansima, sta godendo, mentre il suo sperma invade il preservativo, e mentre mi penetra con gli ultimi delicati colpi, prima di uscire dal mio corpo. Mi abbraccia e mi bacia, cerca la mia lingua, morsica le mie labbra. Poi guardiamo entrambi i due turisti tedeschi.
– Vi è piaciuto, ragazzi? – chiede Giuliano. – Dai, venite qui. Non volete conoscerla?
I due ragazzi si avvicinano a noi, con gli arnesi penzolanti, dopo la masturbazione.
– Ciao – li saluto, avvicinando le mie mani ai loro due arnesi, li accarezzo. – Io mi chiamo Daniela. Vedo che vi siete divertiti. Lo so che siete impazienti di conoscermi meglio, ma io adesso vado in spiaggia, a prendere il sole – concedo un’ultima carezza, prima di avviarmi verso la spiaggia, da sola.
Giuliano si avvia verso le docce. Gli è piaciuto talmente tanto scoparmi, che ha dimenticato di togliersi il preservativo.
Adesso finalmente posso concedermi un pò di sole. Sono in spiaggia, vestita solo della cavigliera d’argento. Gli anziani mi guardano, arrapati come dei ragazzini. Raggiungo la riva del mare, mi stendo, lasciandomi accarezzare dalle onde, lasciando che il mare accarezzi il mio corpo nudo. Ed è bello, quasi come stare in un’orgia di uomini che mi accarezzano la pelle.

P.S.: Seguito della mia storia vera.
In foto: una parte di me.

Giuliano è andato via, stamattina quando mi sono svegliata la sua tenda non c’era più, e adesso sono qui, fuori alla mia tenda, distesa su un telo da spiaggia, con le gambe aperte, vestita solo di un cinturino dorato intorno alla vita e di un sottile orologio da polso femminile. Penso al fatto che Giuliano mi abbia usata come una puttana, prima di andar via senza neanche salutarmi. Ma me ne frego, dopotutto questo campeggio è pieno di uomini, e io sono l’unica ragazza. I due turisti tedeschi mi guardano tutto il tempo, anche quando sono in spiaggia. Mi concederei volentieri a loro, ma la mia attenzione per il momento si è fermata su un omone nero, muscoloso, che lavora qui al campeggio. Da stamattina è già la terza volta che lo vedo passare. Deve essere del Senegal.
L’unico a portare il costume, nel campo, un costume a slip bianco, ma la forma del suo enorme pene è evidentissima. Lavora come operaio, credo. Ogni volta che passa da qui, porta sulle spalle sempre pesanti travi di legno, o sacchi di calce. Ecco che ripassa, questa volta proprio davanti alla mia tenda. Ma neanche mi guarda. Devo fare in modo che la sua attenzione cada su di me, quindi allargo bene le cosce, mettendogli in bella mostra la mia passera depilata. Per fortuna la guarda, poi mi guarda in viso e mi sorride. Wow, che energumeno! Muoio dalla voglia di sentirmelo addosso. Ma continua a camminare, fino a scomparire oltre le docce pubbliche. Peccato. Mi rilasso, ritorno a guardare in giro. I due turisti tedeschi ancora mi guardano, sembra che non abbiano il coraggio di avvicinarsi, oppure sono solo dei segaioli. Ecco di nuovo l’operaio Senegalese che ripassa. Mamma, è bellissimo! Questa volta devo fare di tutto per fermarlo.
– Ciao – lo saluto. – Devi essere molto stanco, non vuoi riposarti un pò qui, vicino me?
Mi sposto leggermente a destra e gli indico con la mano il posto dove può distendersi.
– No signorina. Devo lavorare, il gestore si arrabbia.
– Non chiamarmi “signorina”, mi chiamo Daniela. E tu?
– Pier.
– Vieni Pier, riposati un attimo – gli dico. Porto le mani al suo costume bianco, sui lembi, per tirarlo giù. – Vediamo cosa abbiamo qui.
Gli tiro giù il costume, il suo enorme arnese viene fuori dondolando talmente che è grosso. Spalanco gli occhi per lo stupore. Wow, e a pensare che è ancora moscio. Non oso immaginare cosa possa diventare se lo eccito al punto giusto. Gli sfilo gli slip e li poggio accanto alla mia tenda. Pier si accomoda sul telo da spiaggia, le sue gambe sono a stretto contatto con la mia pelle chiara. Sento l’odore del suo cazzo, ho voglia di prenderlo subito in bocca, se c’entra. Farlo entrare in bocca non è un’impresa da niente.
– Ce l’hai una ragazza, Pier? – gli accarezzo i fianchi con la mano destra. Lo guardo con quell’espressione da porca che mi riesce molto bene quando voglio.
– No, qui in Italia le donne non vogliono stare con noi. Sono qui a lavorare con un amico, ma nessuna donna per il momento vuole fare l’amore con noi.
– Mai dire mai, Pier – la mia mano delicatamente arriva sul suo cazzo, lo prendo in mano, ma è talmente grande, che la mia mano sembra piccolissima. Sento che si sta gonfiando, Pier guarda la mia mano che lo sta masturbando lentamente. Dio mio, è diventata una proboscide! Impazzisco per quest’uomo. Mi giro sull’altro fianco, gli volto le spalle, la sua proboscide sbatte contro il mio culetto, impaziente di essere penetrato.
– Scopami Pier. Fai del mio corpo ciò che vuoi, è tuo. Sborrami pure dentro se vuoi.
Pier mi abbraccia da dietro, il suo cazzo si fa sempre più enorme. Sento come una trave che spinge dietro la schiena. Le sue labbra mi sfiorano il collo, mi bacia, mi morde il lobo dell’orecchio sinistro. Sorrido e chiudo gli occhi. Sembra un sogno. Un omone nero che si avventa sul mio corpo, che mi fa diventare la sua schiava del sesso. La mia pelle chiara contro la sua scura. Il suo cazzo si è infilato tra le mie gambe, Pier muove il bacino avanti e indietro, accarezzandomi con l’asta del suo arnese le labbra bagnate della mia passera.
– Non ti conosco, Pier, ma già credo ai amarti – Pier avvicina le sue dita alla mia fica, massaggiandomi il clitoride. Sono bagnata da far schifo, le sue dita si inzuppano tra i miei umori. Ansimo, sospiro, non mi sembra vero. Però tutto finisce nel peggiore dei modi. Ecco che arriva il dirigente del campeggio, davanti a noi. Ce ne accorgiamo perchè fa ombra, è davanti al sole che filtra tra gli alberi di pino.
– Pier, non ti pago per sbatterti le mie clienti. Torna subito a lavoro! – urlò.
– Subito, signore – Pier lascia il mio corpo e si rimette in piedi, e infila in fretta e furia i suoi slip, prima si scappare di nuovo a lavoro.
Rimango nel peggiore dei modi, con le cosce aperte e le mani contro il telo da spiaggia. Io e il gestore del campeggio ci guardiamo, e lui mi guarda con una certa eccitazione. Scommetto che muore dalla voglia di prendere il posto di quella bella montagna di carne nera.
– Mi scusi signorina, ma questi operai non hanno un rapporto sessuale ormai da anni. Quando vedono una così bella femmina, ci si precipitano sopra.
– Certo, ma non è assolutamente un problema.
Il gestore va via. E quando mi ricapiterà più di rivedere Pier? Sicuramente è una mossa che tocca a me fare. Andrò a cercarlo io, magari ad ora di pranzo, quando Pier avrà qualche ora libera. Per il momento rimango fuori alla tenda. Mi accorgo che i due turisti tedeschi, mentre ero con Pier, si stavano masturbando. Infatti ora sono lì ad asciugarsi i residui di sborra con dei fazzoletti.
Finalmente è ora. Vado a cercarlo. Ciro tutto il campeggio senza trovarlo, trovo solo uomini che mi invitano a fargli compagnia, mostrandomi quello che hanno da offrirmi tra le cosce. Ma ho ben altro da fare, devo cercare Pier. Finalmente lo trovo, sta riposando in uno spiazzale, vicino ad una casetta per gli attrezzi da lavoro.
– Ciao Pier – mi accorgo che non è solo, ma è con un amico del Senegal. Anche lui ha un costume a slip, ma è giallo. Anche le sue dimensioni dell’uccello sono spaventose. Sono molto imbarazzata, non mi aspettavo di trovarne due. E per la prima volta mi vergogno della mia completa nudità, di fronte a due uomini che non fanno l’amore da qualche anno.
– Ciao Daniela – mi saluta Piera. – Questo è il mio amico. Gli ho raccontato di te. Si chiama Alì, è del mio paese.
Sono seduti su di una catasta di tavole di legno, coperta da un telo bianco a pois. Avanzo con un pò di timore verso di loro, so quali sono le loro intenzioni. Ma se mi scopano tutti e due nello stesso momento, non so se il dolore che proverò possa piacermi. Arrivo tra di loro, posizionandomi tra l’uno e l’altro. Resto in piedi, mentre le loro mani finiscono sul mio corpo. Mi accarezzano il culetto bianco, e la schiena.
– Siete arrapati, vero ragazzi? – gli domando. – Da quanto tempo non scopate? – le mie mani raggiungono i loro colli.
– Da due anni – mi risponde Alì. – Non avendo il permesso di soggiorno le nostre donne non possono entrare in Italia.
– Immagin che la vostra sborra dev’essere diventata rovente – le loro mani mi accarezzano ogni parte del corpo. Ora sento di essere diventata loro prigioniera. Nei prossimi momenti avrebbero fatto di me ciò che volevano. – Beh, vediamo se possiamo fare in modo di farla venire fuori.
Alì e Pier si alzano, sono due montagne di muscoli. Guardo la forma dei loro cazzi che si intravede dai costumi. Oh Dio, se penso che li dovrò accogliere entrambi, già mi vengono i dolori. Mi siedo al loro posto, sulle tavole di legno.
– Vediamo cosa si può fare – gli dico. – Su forza, mostratemi i vostri bei piselloni.
Abbassano i costumi, fino a farli cadere a terra. I loro arnesi vengono fuori dondolanti, come delle lunghe proboscidi, e mi ballano a poca distanza dal viso. Non posso fare altro che sussultare con un’espressione di stupore e timore. Non so se riuscirò ad accoglierli. Li prendo entrambi con le mani, che non riesco a chiudere. Le loro maestose cappelle, più chiare rispetto al resto del corpo, leprendo una alla volta in bocca. La mia bocca si riempie, con la lingua e il palato creo una conca, dove adagiare il glande, e succhio. Alì ansima, finalmente hanno trovato una puttana che li fa godere. Con l’altra mano masturbo quella specie di proboscide che Pier ha tra le gambe. Poi prendo anche il suo glande in bocca, lasciando per il momento quello di Alì. Oltre al glande non riesco a far entrare altro in bocca. Con la punta della lingua lecco il foro della cappella. Pier mugola per il forte piacere.
Ad uno alla volta infilo le cappelle nella bocca. Ma ad Alì sembra non bastare, con una mano mi spinge il capo, mi fa arrivare il cazzo fino in gola, quattro o cinque volte. Tanto che quando esce fuori mi sento di vomitare. Una grande quantità di saliva esce fuori dalle mie labbra. Anche Pier si comporta allo stesso modo. Ridono tra loro, e quasi fanno a gara a chi riesce a ficcarmelo più in gola. Poi interrompono il gioco, e mi fanno mettere a gattoni sulle tavole di legno.
– Cosa fate? – gli chiedo impaurita. – Vi prego, non fatemi del male.
Uno alla volta, salgono sulle tavole e si inginocchiano, proprio dietro di me. Mi vogliono scopare proprio come si fa con le puttane. Con la punta del suo cazzo, Alì cerca la mia passera. Fa entrare delicatamente dentro il glande. Oh Dio, è enorme! Sembra una pallina da tennis. Mi mordo il labbro ibferiore per sentire meno dolore, poi ecco che spinge con un colpo d’anca l’arnese più dentro. Trattengo un urlo, ha iniziato a spingere i fianchi dall’interno verso l’esterno, con un ritmo delicato, per non farmi “troppo” male. Tiene le mani sulle mie natiche, le colpisce con uno schiaffo.
– Dì la verità, vorresti sborrarmi dentro, vero? – gli chiedo. – Beh, cerca di trattenerti. Quando stai per sborrare dimmelo.
Alì aumenta il ritmo della scopata, adesso è molto rapido. Sento che entra ed esce dal mio corpo come una vipera, lunga e cattiva. Poi si ferma, per fare spazio a Pier, che si inginocchia lì dov’era Alì. Il glande entra dentro me, e lento lo sento entrare sempre più a fondo, fino a dove è possibile, fino a sentire dolore. Anche Pier aumenta il ritmo dei colpi del bacino, e io non riesco a trattenere un urlo di dolore. Pier mi tira per i capelli, mi tiene la testa alzata. Serro gli occhi e mi lascio penetrare del tutto, con un violento colpo. Finalmente anche lui mi lascia, spero che sia finita del tutto, mi stendo sul telo che ricopre le tavole di legno. Ho la passera in fiamme, la accarezzo con delicatezza. Mi fa un male cane. Ma Alì e Pier non sembrano volersi fermare, hanno ancora le proboscidi belle dritte.
– Cosa volete farmi ancora? – gli domando. Pier mi prende per mano e mi fa alzare, al posto mio si stende Alì, e vuole che mi ci metta sopra. – No, ragazzi. Basta, sono esausta.
Ma Pier non mi da molte possibilità, mi fa salire sul corpo di Alì. Le mie tette contro il suo petto, con la mano indirizza di nuovo il suo pene nella mia passera arrossata. Mi penetra di nuovo. Fin qui tutto normale, il dolore si è alleviato. Ma poi sento la punta del cazzo di Pier, che preme per entrare nel buchetto del mio culo. Sono terrorizzata.
– Ehi, no, aspetta! – urlo. – Dove credi di andare con quell’arnese?
Ma il suo glande è ormai già entrato nel mio piccolo buco, quasi perdo i sensi. I due omoni neri invadono completamente il mio corpo, formiamo un sandwich amoroso, e la mia pelle chiara è tra i loro corpi scuri. Iniziano a scoparmi, uno sotto e uno sopra. Il mio sudore si mischia al loro sporco di una mattinata di lavoro. La loro pelle struscia contro la mia, le proboscidi penetrano nel mio corpo, non riesco a controllarli, sono la loro schiava del sesso, e sono loro a comandare. Il cazzo di Pier mi sta rompendo il culo, lo sento salire su, violandomi il buchetto.
– Sborro, sborro! – urlò Alì, che uscì dalla mia passera sborrandomi sulle labbra. Sento il suo sperma bollente colarmi tra le gambe. Poi tocca a Pier, che con un urlo sta sborrando, ma dentro. Sento il culetto riempirsi dei getti del suo sperma caldo. Urla di piacere, mentre i suoi duri colpi si attenuano, il mio sedere è invaso dal suo sperma. Finalmente esce dal mio corpo, e con lui anche i suoi liquidi, che colano fuori, fino a scendere giù, tra le gambe, incontrandosi con il fiume di sborra di Alì. Sono esausta, mi stendo finalmente sul telo. Alì e Pier sono in piedi, e parlano e ridono tra di loro. E mi umiliano, colpendomi con degli schiaffi le natiche. Sono a pancia sotto, ma non ho la forza di alzarmi. Ho il fiatone, non so se riuscirò a riprendermi. Alì mi prende per i capelli e mi tiene alzata la testa, e mi schiaffeggia il viso con il suo enorme cazzo, ancora sporco del suo sperma e dei miei umori. Poi si rimettono i costumi, e ritornano a lavorare. Mi rialzo solo dopo un quarto d’ora, quando poi decido di andare al mare. Per la prima volta ho seri rimorsi, mi sento una puttana, che si lascia trattare da tale da tutti.

In foto: magari fossi io!

Il giorno dopo, per Alì e Pier è il giorno di riposo. Infatti, dopo aver passato la giornata precedente sempre a dormire, oggi mi sveglio con una bella sorpresa. Apro la tenda e esco a gattoni, e mi si presentano a quattro dita dal viso gli arnesi enormei e penzolanti di Alì e Pier, che sono in piedi davanti alla mia tenda e mi guardano. Gli sorrido, che bel modo di essere svegliata, penso.
– Ciao uccelloni – mi metto in piedi, e casualmente nell’alzarmi il pene di Alì mi sbatte sulla testa. – Ops… Scusami, non volevo – ma a quanto pare non si è fatto alcun male.
– Oggi è giorno di riposo – mi dice Pier. – Volevamo chiederti se ti andava di passarlo con noi.
– Ma certo ragazzi – rispondo entusiasta, e accarezzando le loro aste, teneramente. – Cosa vi va di fare? Vi va di andare in spiaggia?
Annuiscono, li prendo entrambi per le mani e andiamo verso la nostra meta. Sembriamo tre amanti, e mi sconvolge non poco la vista di quei cazzi così lunghi anche non essendo eretti, che molleggiano a destra e a sinistra come delle proboscidi. Ci guardano tutti, passiamo anche nei pressi della tenda degli anziani, amici del signor Mario. Lascio per qualche attimo la mano di Pier e li saluto, mostrando anche un bel sorriso.
– La puttanella ha trovato quelle travi! – dice uno degli anziani. – Non vorrei essere in lei quando la impaleranno.
Gli altri ridono, ma io non rispondo a quelle parole. Tiro dritta con i miei nuovi amanti dalla pelle nera. Finalmente arriviamo in spiaggia, iniziamo a giocare sulla sabbia, giocano ad inseguirmi, sotto gli occhi vigili degli altri uomini, che vorrebbero essere al posto di Pier e di Alì. Qualcuno ha iniziato a segarsi. Come al solito sono vestita solo del mio orologio da polso femminile, e un cinturino sottile d’orato intorno alla vita, e Alì proprio grazie al cinturino riesce a prendermi, allungando una mano verso di me e bloccandomi, mentre Pier mi viene alle spalle e mi abbraccia. Ridiamo, la nostra passione è stupenda. Anche Alì mi ha abbracciato, ma davanti. La mia pelle bianca tra i loro corpo neri. Sento i loro arnesi contro di me, che si induriscono, in qualche attimo uno ce l’ho puntato sull’ombelico e l’altro sulla schiena. La cosa inzia a diventare seria, smettiamo di ridere, perchè mentre io mi tengo con le mani alle braccia di Alì, le loro mani hanno iniziato a cercare la mia passera. E io li lascio fare, facciano quello che vogliono con il mio corpo. Sento una delle loro dita che mi punzecchia il clitoride, chiudo gli occhi. Mi fanno distendere sulla sabbia, e anche loro, ma con il viso rivolto dall’altra parte. Subito la lingua di Pier mi invade in mezzo alle cosce, Oddio, penso, questo è il paradiso. Vogliono forse ringraziarmi per il giorno prima. Mentre Pier mi lecca approfonditamente la mia passera rasata con la sua enorme lingua, Alì mi accarezza il corpo, con una mano mi sfiora le piccole tette, poi scende verso la pancia, l’ombelico e infine la sottile linea di peli sull’inguine.
– Dio, Pier, che lingua! – dico con gli occhi semi aperti. – Un altro paio di queste pennellate e vengo.
Ho le loro travi poggiate sui seni, le prendo e inizio a masturbare anche io. Abbiamo composto un perfetto triangolo della masturbazione. Certo è che per me, il lavoro è più arduo, perchè percorrere tutta l’asta con la mano non è semplice. Ci vuole una giornata. Allora li masturbo solo all’altezza del glande. Non so cosa stanno pensando di me quegli uomini seduti in spiaggia, perchè è sicuro che ci stanno guardando assiduamente. Forse stanno pensando che sono una puttana, ma non me ne frega un cazzo, perchè la sensazione che sto provando difficilmente l’hanno provata tutte le mie amiche messe insieme. Sento un cambio di lingua, apro gli occhi, Pier ha ceduto il posto tra le mie cosce ad Alì, che ha la stesa forma della lingua, ma la sento più calda, o forse è la mia passera che sta andando in fiamme.
– Oddio ragazzi – urlo, e sono incontrollata ormai, ansimo, il cuore mi batte fortissimo, masturbo con più velocità. – Sto per venire. Che bei colpi che mi date con le vostre lingue!
Sono quasi al limite, e sento indurire anche i loro arnesi, ma sono prima io a venire, con un urlo liberatorio, il mio respiro si calma, e continuo a masturbarli, ma adesso con gli occhi aperti, perchè voglio guardarli bene, sono fantastici, guardo prima l’uno poi l’altro, fino a quando dal pene di Alì viene fuori un violento getto di sperma caldo, che con un salto mi arriva sulle tette, poi altri più deboli, scendono sulla mano, sulle dita che impugnano quell’asta enorme. Adesso è il momento di Pier, ma i suoi getti sono molto deboli, anche se la sborra ne è veramente tanta e mi cola sulla mano, poi sul polso, scendendo sempre di più, ricopre anche il mio orologio da polso. Ci stringiamo, come teneri amanti sulla sabbia, li accarezzo e chiudo gli occhi. Sono di nuovo tra i loro due corpi, e mi sento bene. Per la prima volta nella mia vita mi sento veramente bene. Poi decidiamo di risalire, e mano nella mano, io in mezzo a loro, ritorniamo verso la mia tenda, dove ci stendiamo su un telo, all’ombra dei pini, a parlare di noi. Io faccio una miriade di domande, voglio sapere tutto di loro e della loro vita. Sono parte di loro, ormai, e ne vado fiera.
– Vorrei sapere tutto di voi – dico con gli occhi innamorati, che sono comparsi davvero pochissime volte sul mio volto.
Noto che il campeggio è munito di alcuni altoparlanti inchiodati agli alberi, per gli avvisi importanti. E proprio in quel momento dal megafono parte la voce del direttore.
– La signorina Daniela è pregata di recarsi in direzione – dice la voce del direttore, poi ripete di nuovo l’avviso. Mi sta cercando, vuole me.
Mi metto in piedi aiutandomi con le mani.
– Aspettatemi qui ragazzi, torno in un attimo.
Mi avvio, e mi chiedo cosa vorrà da ma il direttore. Cammino per un pò guardandomi in giro. Gli uomini seduti fuori alle tende mi stuzzicano, mettendo in bella mostra i loro arnesi. Qualcuno si lascia andare a qualche richiesta spinta.
– Me lo prendi in bocca?
– Magari un altro giorno – rispondo sorridendogli e salutandolo con un cenno della mano.
Arrivo in direzione, dentro c’è il direttore, tutto nudo anche lui, ma fa un pò schifo a vederlo. Ha la pancia da alcolizzato e un pene piccolo, ed è molto peloso, anche lì. Ha i baffi neri e i capelli un pò lunghetti e mossi.
– Ciao Daniela – dice, e subito mi si avvicina lasciando stare sulla scrivania alcune carte cje stava firmando.
– Salve, signor direttore.
– Sei una rosa fresca in un campo spoglio – mi dice accarezzandomi un braccio con la punta delle dita. Ed è talmente vicino a me che sento toccarmi una coscia con il suo piccolo gingillo.
– Mi ha chiamato per trombare, per caso? Guardi che non sono una puttana.
– No, certo. Non ti ho chiamata per questo. Ma per dirti alcune cose che mi sono giunte alle orecchie. Pare che tu abbia conosciuto approfonditamente i miei due operai, non è così? Capisco cosa ti attrae in loro. Ti piace sentirteli dentro.
– Non capisco cosa vuole dire.
– Ah, non capisci? Beh volevo avvertirti di non affezionarti, perchè ho deciso di licenziarli.
– Cosa?! – rimango perplessa e arrabbiata. – Ma lei non può farlo. Così li getterà in mezzo a una strada.
– Posso farlo e come.
– E non c’è qualcosa che si potrebbe fare per evitare questa cattiveria?
– In effetti ci sarebbe una soluzione.
Sento la sua mano che mi accarezza la schiena, e il direttore mi guarda con gli occhi di chi ha fame, fame di me, della mia pelle. Divento un pezzo di ghiaccio, perchè capisco che la soluzione è concedere il mio corpo a quell’uomo orribile. Ma solo io posso salvare Alì e Pier, e per fare questo devo lasciarmi scopare da quest’uomo viscido.
– Ho capito – gli dico con un filo di voce.
– Brava, sei molto astuta – la sua mano scende, palpandomi il sedere.
– Ma facciamo una cosa che duri poco – lo assecondo e con la mano gli prendo l’uccello che ha iniziato a gonfiarsi.
– No, non qui. Andiamo nella mia roulotte – mi prende per mano e mi porta verso il suo alloggio fatiscente.
Passiamo dinanzi al bar, alcuni uomini ci guardano.
– Ehi, dove te la porti? La porti un pò a scopare?
– Ne dubitavi? Quando abbiamo finito vi racconto tutto, ma per adesso fatemi andare, questo culo non aspetta altro che me – risponde, colpendomi il culetto con uno schiaffo.
Come un finto galantuomo mi permette di entrare per prima in roulotte, un ambiente schifoso, pieno di sporcizia, con lattine di birra vuote abbandonate sul letto e alcune anche per terra. Preservativi usati e lasciati sulle mensole, Oddio, un orrore. Calzini e mutande ovunque. Poi entra anche lui in roulotte, e subito mi accarezza il culetto.
– Benvenuta nella mia dimora. Posso offrirti da bere?
– No piuttosto facciamo in fretta. Ce l’hai un preservativo non usato? – mi metto subito in posizione, senza perdere tempo, con le mani sul letto e il culo all’aria.
– Non essere frettolosa, vieni qui – mi prende per i fianchi e mi fa rigirare verso di lui.
Mi cinge un braccio intorno alla vita, siamo faccia a faccia, vuole baciarmi, ma io non voglio. Sento il suo cazzo premuto contro il mio inguine.
– Non mi vuoi dare neanche un bacetto?
– Non bacio gli estranei. Dai, sbattimelo dentro e chiudiamo la faccenda.
– Ti piacciono le maniere forti allora?
Mi prende con la forza e mi fa sbattere con la schiena contro la porta del bagnetto. Prende un preservativo, ma vuole che sia io ad infilarglielo. Lo prendo e lo srotolo sulla sua cappella, fino a scendere ai coglioni. Poi mi prende una coscia e me la tiene sollevata, e delicatamente lascia entrare il cazzo. Ansimo, anzi, faccio finta, ma il cuore mi batte realmente forte, ma per la vergogna, scopata da un uomo che mi fa schifo. Ma lui sembra sicuramente più eccitato, tanto che ha chiuso gli occhi e tira avanti e indietro il bacino con vera voglia di scoparmi. Abbasso lo sguardo, vedo il suo cazzetto sparire e riapparire dalla mia passera. Mi aggrappo con le mani alle sue spalle per non cadere. Lui con la mano libera cerca di slacciarmi il cinturino d’orato, e non capisco il perchè, ho sempre pensato che rendesse più sensuale il mio corpo.
– Nudo, completamente nudo voglio vedere il tuo corpo – riesce a slacciarlo e lo lascia cadere a terra.
Me ne dispiaccio, perchè è una specie di segno di riconoscimento, come la maschera per cat-woman. Deciso che forse è meglio ansimare con più decisione, fingendo di godere all’ennesima potenza, perchè devo riuscire ad eccitarlo per farlo venire in fretta. Chiudo gli occhi anche io e spalanco la bocca per lasciare andare qualche mugolio di piacere, ovviamente finto.
– Aspetta – gli dico, lui si ferma, faccio venire fuori il suo cazzo con una mano. – Aspetta, che adesso ti faccio godere davvero. Mi stendo sul letto, facendomi spazio tra la sporcizia e spalanco le cosce. Apro le braccia per invitarlo a salirmi sopra, lui subito copre il mio corpo, e sollevo le gambe in aria, poggiando i polpacci sulle sue spalle. Con la mano indirizzo il pene alla mia vagina, e quello entra tutto d’un colpo. Il direttore inizia a penetrarmi con foga, ma quasi non lo sento neppure, perchè davvero è piccolo. Gli tengo le mani sul petto, sui suoi peli scuri sudati, mi fa un pò schifo.
– Sbrigati a sborrare.
– Sborro quando lo dico io – mi risponde.
I suoi colpi sono diventati più decisi, le palle mi sbattono contro le labbra della passera, sembra quasi che voglia farmi del male, e invece sento una specie di formicolio. Sono i suoi peli, che mi solleticano la fica, infatti non riesco a non ridere, ma lui non mi dice niente.
– Adesso però voglio il tuo culo – mi dice, facendo venire fuori il pene e mettendosi in piedi.
– No, il culo non voglio dartelo – gli rispondo, mettendomi in ginocchio sul materasso.
– Dai, che sto per sborrare. Voglio sborrare nel tuo bel culetto.
Si stende sul letto al mio posto e vuole che gli salga sopra.
– Va bene, ma sbrigati a venire. E non toglierti il preservativo – gli dico, perchè sta cercando di toglierlo, ma rinuncia appena lo avverto.
Salgo sul suo corpo sudato, e mi sporco le cosce col suo sudore. Che orrore, penso. Indirizzo il cazzo al mio buchetto. Già mi fa male, al sol pensarci. Sul mio viso c’è un’espressione di dolore, ma il glande è già dentro e presto anche tutto il resto. Ma devo dire che non mi fa molto male. Con le mani mi stringe le mie piccole tette, inizio con i movimenti, su e giù, entra nel mio culo con grande naturalezza. Sento il lento movimento del cazzo che sale e scende nel mio culo, le mie cosce scivolano sul suo corpo bagnato, quindi mi tengo ben ancorata con le mani sul suo petto.
– Oh sì, così maiala – mi dice stando con gli occhi chiusi. Ogni tanto li apre per guardarmi, ma io fingendo di godere li ho sempre chiusi, con la bocca semi aperta, e qualche mugolio fasullo per farlo eccitare maggiormente. – Puttana, lo so che stai fingendo. Ma fingi molto bene. E poi dici che non sei una puttana.
Gli sorrido, un sorriso di complicità. Ha capito il mio trucchetto. Però non smetto, fingo ancora, perchè so che a lui piace.
– Si, sbattimi così, spaccami il culo, dai ancora, ancora, ancora – galoppo sul suo corpo come una ninfomane.
Ogni tanto il cazzetto viene fuori e devo rimetterlo dentro con l’aiuto di una mano. Ma sento che è vicino all’eiaculazione. Sta sicuramente per scoppiare in una sborrata micidiale. Infatti comincia a urlare di piacere, e sento i fiotti di sperma che sbattono contro il lattice del preservativo. Diminuisco di intensità i miei movimenti, ma continuando a restargli sopra. Il direttore mi accarezza i fianchi, poi con delicatezza mi sposta, facendomi stendere al suo fianco. Sfila il cazzo dal mio culetto e toglie il preservativo.
– Oooh! Che scopata Daniela! Che scopata! Non vedo l’ora di raccontarla agli amici.
– Ecco, perfetto. Vallo a raccontare a tutti – mi alzo dal materasso, mettendomi in piedi, coi piedi per terra. – Però non permetterti di licenziare i miei due amici, sennò te lo stacco il tuo cazzetto.
– Va bene, non li licenzierò – il direttore è rimasto sdraiato, a massaggiarsi il suo arnese, che ritorna mollo.
– Perchè se lo fai… – mi inginocchio, e mi infilo tra le sue cosce, prendo in bocca il suo glande ancora sporco di sperma. Lui urla di piacere, ma smette quando capisce le mie intenzioni. Infatti gli tengo il glande coi denti, quasi a minacciarlo. – Se lo fai, te lo stacco a morsi questo bel pisello.
– Ehi, ho detto che non lo farò.
Mi rimetto in piedi e prendo il mio cinturino d’orato, per rimettermelo alla vita, ma il direttore mi ferma.
– No, lasciamelo quello. Come ricordo di te, di una delle più grandi scopate della mia vita – mi dice. – E poi voglio mostrarlo ai miei amici, come prova che sono riuscito a sbatterti.
– D’accordo, tanto ne ho anche altri. Non di questo colore, però. Tieni – glielo lancio, e si posa sulla sua pancia.
Esco dalla roulotte, per ritornare dai miei due uomini, che sono ancora lì, fuori alla tenda. Sono felici di rivederli, e anche io del resto. Sono contenta di essere stata capace di proteggere il loro posto di lavoro. Cucino qualcosa per loro, con un fornello a gas che ho portato da casa, poi ci infiliamo nella mia tenda. E abbracciati di nuovo, ci addormentiamo. Amo questi due uomini, penso, mentre li guardo dormire con la testa sul mio petto.

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in foto: magari fossi io di fianco a questo ben di Dio dalla pelle nera.

è ora di ritornare alla vita normale. La mia vacanza è finita e devo ritornare in ufficio dopo la meravigliosa vacanza al campeggio per nudisti, unica femmina in un camping di arrapati. Ho salutato con una degna notte di fuoco i miei due amanti neri, facendomi scopare senza mai stancarmi, i loro fiotti di sperma hanno ricoperto il mio viso, che bella sensazione di calore. Quando il giorno dopo smontai la tenda e preparai il mio zaino, dissi loro di stare tranquilli, perchè il proprietario del campeggio non li avrebbe licenziati. Il ritorno alla vita dell’ufficio purtroppo è tragico: la mia capoufficio, una lesbica a cui non ho mai concesso nemmeno il beneficio di un bacio, mi riprende subito in maniera severa per l’abbigliamento troppo provocante. In questo momento infatti indosso una minigonna nera e una camicia a maniche corte, molto sbottonata, tanto che si intravede il mio seno. Vestiti che lasciano poco o nulla all’immaginazione, e un paio di autoreggenti con il filo dietro. La stronza mi impone lo straordinario, non pagato tra l’altro. Ritorna nella sua stanza e io la seguo con gli occhi, ma con un espressione di intolleranza e odio.
Come comportarmi? Ovviamente accetto di fare lo straordinario per amore della quiete, sennò il capoufficio avrebbe sparlato di me al direttore, e per farmi perdonare avrei dovuto scoparmelo. E già era successo in passato, e vi garantisco che è un uomo viscido, peggio del direttore del camping. Quasi mi scappava da vomitare. Ore 19.00: tutti sono andati via, solo io, la povera disgraziata, devo ancora lavorare un’oretta circa, ma decido di rilassarmi dieci minuti guardando alcune foto che ho scattato in campeggio con la macchina digitale. Le foto sono su un CD, che inserisco nel computer, e inizio a scorrerle tutte. Bellissime. Tutti in vacanza fotografano le meraviglie della natura e anche io ho rispettato la tradizione: infatti le foto ritraggono i meravigliosi arnesi di molti uomini, tra i quali alcuni che mi hanno scopata così bene e in modo così vario, come la foto di gruppo che ho scattato prima di partire, con la comitiva di anziani. Io sono inginocchiata, e loro sono seduti sulle sedie e ridono, tenendo ben allargate le cosce per mostrarmi i loro meravigliosi arnesi eretti. Guardando quelle immaggini, un fremito inizia a cogliermi all’altezza delle cosce, le autoreggenti mi pizzicano un pò ma soprattutto, la passera che ho in mezzo alle gambe sta cominciando ad avere nostalgia. Le dita mi partono in automatico e mi trovo ad accarezzarmi il perizoma rosso, solo per qualche istante. Poi l’eccitazioe aumenta, ricordando che fino a qualche giorno prima potevo permettermi il lusso di girare nel campeggio vestita solo del mio orologio e del mio laccio dorato attorno la vita. Impazzivo dal piacere nel camminare scalza, e che dire di quel lieve movimento dei seni ad ogni passo; le foto ormai scorrono da sole, le dita stanno danzando all’interno della mia figa. Non me ne accorgo, ma ansimo, sempre di più… STUNF!
Un rumore sordo, proveniente dalla stanza accanto, mi spaventa e mi riporta alla realtà dell’ufficio.
– Che non sia la capoufficio? Quella zoccola mi farà licenziare.
Mi ricompongo per come posso e decido di andare a vedere cosa è successo. I miei umori hanno sparso il loro splendido odore un pò dappertutto.
– Federico? E tu cosa ci fai qui!?
Non è difficile capirlo. Federico, un mio collega, ha la mia stessa età, però è un tipo molto timido e impacciato, ho l’impressione che sia sempre stato innamorato di me, ma non è proprio il mio tipo. Per me ci vuole un uomo deciso, forte, che sia capace di scoparmi con rabbia, con forza. Ma forse potrei riuscire a cambiarlo, e a farlo diventare proprio come desidero. In quel momento, con il cazzo ancora tra le mani e i documenti per terra tutti schizzati della sua sborra, non era il massimo dell’erotismo.
– Ti piace spiarmi, vero? Maiale.
– No, non è come credi – Federico non sa cosa inventare, cerca di raccattare i fogli, e comunque di nascondere le tracce di sborra che sono finite ovunque.
– Non è come credo? E cosa dovrei pensare? Diciamoci la verità, tu mi stavi spiando, e contemporaneamente ti smanettavi.
– Scusami Daniela, io… – con le mani cerca di rimettere dentro il pene, ma io lo fermo.
– No aspetta. Non sai com’è bello stare nudi, stare in sintonia con il proprio corpo.
– Cosa?
La voce di Federico trema. Sbottono i bottoni della mia camicia, e la tolgo. Adesso ho il seno di fuori, ma non sono ancora completamente nuda. Abbasso la gonna fino ai piedi e poi anche il perizoma rosso. Federico respira affannosamente, non sa come comportarsi di fronte a questo mio comportamento. Adesso sono vestiti soltanto delle calze autoreggenti e le scarpe con i tacchi. Faccio un giro su me stessa, per mostrare a Federico il mio culetto, che ha sempre desiderato di vedere nudo.
– Cosa aspetti? Non mi fai compagnia? Spogliati.
– Ma Daniela, io ho un pò di vergogna…
– Ma su, non fare il timido – mi avvicino e gli sfilo la maglietta a maniche corte.
Poi mi inginocchio ai suoi piedi e gli sbottono i pantaloni, tirandoli ai suoi piedi, insieme alle mutande a pois. Il suo pene non è eretto, lo fisso, lo prendo in una mano e lo smanetto un pò, ma quello fa fatica a ritornare duro.
– Sapessi che vacanze che ho fatto! – gli dico alzando lo sguardo ai suoi occhi. – Sono stata in un campeggio per nudisti, e io ero l’unica ragazza. Ero completamente nuda, e tutti mi guardavano, mi desideravano.
L’arnese di Federico ritorna duro grazie alle mie parole. Quindi non ci penso sù due volte: prendo il cazzo di Federico tra le labbra e lo ripulisco dal seme ancora caldo, che poco prima era venuto fuori con getti violenti. Il suo bel cazzone si rianima e comincia a inturgidirsi sempre di più. Inizio a lavorare il glande con la lingua, mi piace il suo odore. Con la lingua parto dalla base dell’asta, fino a raggiungere la cappella, poi la riinfilo dentro e lo succhio. Ho la passera bagnata, ho voglia del suo uccello, ho voglia di sentirlo esplodere dentro di me. Tolgo le labbra dal suo uccello e vado ad appoggiarmi con il ventre alla sua scrivania, portando con me Federico, lo tengo per mano, proprio come ad un fidanzato. Lui è dietro di me, il suo cazzo bacia teneramente la labbra della mia figa bagnata, lo prendo con una mano e lo infilo da sola nella grondante passera, con una facilità tale da sconvolgere il timido e fortunato collega.
– Adesso devi farmi gridare – gli dico.
– Sì, amore, sì…
– Sì fottimi fottimi’..mettimelo tutto, sbattilo dentro sempre più forte.
Le spinte di Federico diventano man mano più audaci e impetuose; gli prendo una mano e comincio a leccargliela e a morderla e lui, passato lo stupore, porta il cazzo fuori e poi dentro di me con un movimento prima lento e poi veloce. La scrivania tozza contro il muro ad ogni nostro movimento mentre me lo sento sbattere dentro. Sto godendo, ad ogni affondata un immenso piacere mi scuote il corpo. Mi sento come in un film porno. Sto dando vita all’anima da porcona che è in me. Ormai siamo due furie, sudiamo in maniera incessante. Sento la sua cappella infuocata, enorme, che sale e scende nel mio corpo. Ho i gomiti appoggiati sulla sua scrivania, mi scopa senza fermarsi mai, picchiando con il pube sul mio culetto. Mi prende le tette con le mani mentre continua a sbattermi. Federico sembra un pò sfinito, perde il tirmo, diventa lento, dentro di me lascia risalire il cazzo fino all’ingresso della mia passera con una lentezza indescrivibile e per un tempo incalcolabile, e sento chiaramente la forma della sua asta dentro la mia passera, le sue vene gonfie, la sua lunghezza, e i miei liquidi che fanno scivolare fuori il cazzo di Federico, i nostri gemiti invadono sempre di più la stanza aumentando in proporzione al piacere che stiamo provando.
– Mi stai facendo morire, Fede…Ah..Siiii… chiavami’ fammelo sentire tutto.
– Sei… davvero una… meravigliahhhh…
Federico non si controlla più e riuscendo a togliere il cazzo appena in tempo, mi sborra sulle calze e sulle scarpe con un impeto ancora notevole, poi si siede alla sedia, stremato. Con un sorriso malizioso e beffardo, mi avvicino a lui portando con una mano alla bocca lo sperma che mi ha lasciato in consegna sulle calze.
– Daniela, non ci posso credere che finalmente… tu ed io… – mi dice, con il viso rosso che a momenti gli esplode, e l’arnese penzolante, ancora sporco di sborra. – Lo sognavo da molto tempo, e credo di amarti da impazzire.
– Fede, che ne diresti di prenderci una settimana di ferie e passare una settimana in campeggio?

Note: con la preziosa collaborazione di Marco, un amico porcello di mail.
In Foto: che spettacolo, che dolcezza!
nynfetta@tiscali.it

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