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Poesia Erotica

Falsa Regina

By 6 Novembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Nel buio degli incubi sentii ad un tratto di non essere più solo.
Ormai sapevo che era solo questione di tempo prima ch’Ella giungesse al mio cospetto, cogliendomi nel torpore del quale con affanno cercavo inutilmente di destarmi, ed ogni volta era uguale alla precedente.
I miei occhi non vedevano, resi ciechi per volontà mia e della paura che provavo sapendo chi Ella fosse, alle mie parole seguiva sempre silenzio prima che Costei si mostrasse a me con delicati tocchi privi di sostanza ma ugualmente glaciali e vividi come un coltello sulla nuda pelle, che lentamente s’accinge a penetrare le deboli carni, ‘chi sei, tu che mi distruggi ogni sera nella tua tentazione, che mai mi lasci respiro e mi porti a morire per tua volontà in questo sonno, che forse in sonno non più ormai credo d’essere per quanto vero il dolore sento in me’.
Ed Ella a me a quel punto parlava lasciandomi libero dal suo giogo, solo il tempo sufficiente per comprendere la sua indomita voce di quale ad oggi ancora io sono schiavo, ‘dunque non mi riconosci? Così tanto diversa mi trovi anche questa notte dalla precedente che m’incontrasti? Oppure i tuoi occhi sono serrati ed incapaci di vedermi per quella che veramente sono?’.
Parlò la suadente voce stringendosi a me, ed io che mai ricordavo quando l’ebbi vista la prima volta continuai ad ignorare la sua figura seppur bruciando di quel desiderio che invero conoscevo nel mio profondo, ‘di te non ho memoria oh creatura dei sogni tristi che m’appartenono, ma sarai certamente qualcosa di cupo per venire nella mia mente ed avvicinarti ad un corpo non più vivo quale il mio da anni ormai giace’.
Quel suo contatto proseguì, trovai impossibile che qualcosa con una voce tanto bella potesse restare a contatto con me senza ripudio o disgusto, volli conoscere costei illusione menzognera di una falsa traccia d’affetto gelido che mi cingeva, regalandomi quel dolore che tanto desideravo ed Ella a me sembrò capire quanto solo osavo immaginare, ‘dal tuo cuore mi partoristi, dalla tua paura di diventare quello che poi diventasti io presi vita, un desiderio io sono, e per molti ho molti nomi tante quante le stelle che dimorano l’abisso del cielo che sovrasta il vostro mondo, di me tu conosci ogni forma poiché le forme che io posseggo sono lo specchio che il tuo cuore infranto vuole vedere, non provo dolore ma lo avverto, non provo solitudine ma ne sono circondata, non provo amore eppure me ne nutro di quello che ne resta ad altri, e di questo mi alimento bruciando nel tuo animo che mai riposa quieto, io sono la Follia, tua amante ed unica compagna’.
A tali parole mi ritrassi, come potevo non farlo sapendo di accettare lussuriosi effusioni da colei che sola aveva portato me alla condizione che ora dimoravo? Lei che ora mi tornava alla mente chiara come la luna che piange ogni notte guardando questo mondo, quando la mia sanità venne meno, lei nacque, quando colei che amavo scomparve io la implorai di lenire il mio dolore e invero lei venne come una coperta calda sotto un vento gelido d’inverno.
Mi circondai di lei e del suo tepore, non capendo ancora dove Ella mi avrebbe condotto e da allora io mi spengo come una candela ormai consunta dalla propria fiamma, ‘oh tu che m’hai rovinato creatura nefasta mi promisi di aver salva la mente dal dolore che invece m’uccideva senza ritegno e invece fosti tu per prima la causa della mia discesa in questo corpo che oggi abito, incapace di guardarmi allo specchio poiché in quel riflesso ora altro non vedo che quello che un tempo potevo essere, e facendo paragone alla forma che oggi possiedo a stento le lacrime trattengo, mentre fuori il mondo persegue ideali a me sconosciuti e che più non comprendo, per me non c’è speranza e la colpa è tua infida creatura odiata e mia sola compagna in questo limbo che sono costretto a vivere’.
Così parlai con astio verso di lei, seppure invece di ritrarsi anch’ella alle mie parole al contrario mi venne più vicino stringendomi ancor con più fermezza, gelandomi finché in quel freddo come ogni notte succedeva io non trovai benevolenza, ‘di me ti vai lamentando che pure in questo stato io ti resto accanto, unica e sola a darti quello di cui realmente so hai bisogno, a me tu dai le colpe del tuo operato e della tua incapacità nel superare il dolore che io invece sai affievolisco e riesco a farti camminare sulla terra del tuo mondo ogni mattina, colei che t’ha ridotto così non esiste poiché tu stesso hai deciso di ridurti così, la colpa delle tue colpe è tua e tua soltanto amore mio, e saprò amarti proprio in virtù della colpa che so ti appartiene’.
Dolce essenza che di me ti avanzi, come potevo scostarmi da cotale affetto che nessuno m’ha mai dimostrato, eppure un tempo io ne avevo nella vita vera e non apprezzavo, distinguevo il fuoco della passione dal resto di me stesso tramutandolo in mera lussuria e mi illudevo di possedere qualcosa che poteva rivaleggiare con l’amore stesso di cui ero circondato, Me meschino quanto fui stolto nell’agire e nel procedere in quella direzione tanto sciocca, ed in quel modo io perdetti l’unica creatura reale che avrebbe mai potuto amarmi, l’unica forma di vita che avrebbe potuto restarmi vicino nonostante il mio decadimento ormai gia prossimo ai tempi, quanti rimpianti tengo nel cuore, che altri non possono comprendere, e tu sola mi resti vicino dandomi quello che cerco, poiché il mio peccato più grande non fu la cupidigia e la superbia ma bensì la lussuria della quale ora privato sono condannato a morire per essa.
E la Follia a quel punto si mosse, non ebbi coraggio di vederla, ancora tenevo chiusi i miei occhi avvolto nel terrore dei sogni, se sogni possono chiamarsi, ed ebbi sulle labbra quello che più mi mancava dei tempi in cui io ero vivo per intero, il tocco fu freddo come ogni cosa in quel limbo nella quale lei mi trovava, però era più di quanto qualsiasi altra creatura avrebbe mai fatto, il bacio della Follia mi svegliò i sensi assopiti, ricercai con le lacrime di dolore quelle labbra gelide ancora ed ancora, usando la mente per forzare ad immagine di quanto una volta nel calore cingevo nel letto prima di dormire, e quasi forse per un istante ebbi raggiunto quel desiderio e lei lo seppe, spostandosi di poco dal mio viso, ‘per le mie labbra tu vai cercando ancora quanto mai tornerà, incapace per sempre di dimenticare il tuo amore che ti rendeva bello al resto del mondo, ma le mie labbra non hanno questo dono, fermati di ricordare poiché a lungo soffrirai durante il prossimo giorno che seguirà stanotte, ed ora ti voglio libero dai tuoi fantasmi, libero di amare me, unica tua consolazione che creasti e che cercasti nel buio della tua disperazione, eccomi misero oggetto di tanto male che ti appresti a divenire sempre più spettro nel tuo mondo, stringimi a te, come un tempo sapevi fare con Lei, dammi quanto a lei donavi con il tuo cuore, così ch’io possa nutrirmi di te anche questa notte d’incubi così splendenti e affini alle nostre emozioni’.
E la ebbi, sono incapace di dire di no a questo peccato, le sue mani sono vellutate, la sua pelle benché fredda al tocco ha la consistenza della materia dei sogni, è troppo per uno come me di resistere, per impotenza nel sottrarmi ella farà di me quello che vorrà, quello che ancora cerco nella vita terrena e che so mai troverò, una possibilità mi fu data dal Fato, dal Caos, da Dio, dal Destino, dalla Sorte ed io stolto nella mia forma immatura quale possedevo e posseggo tutt’ora corrotta e distorta, la gettai lasciando che quel sentimento si disperdesse come etere, ‘bacerò il tuo corpo che tanto mi dimostri vicino, nonostante l’orrenda forma che ora posseggo, se invero non provi ribrezzo al mio tocco, ti donerò tutto me stesso e muoverò per sempre il mio corpo per donarti il piacere che un tempo sapevo concedere a Lei, ti prego solo di non guardarmi mai, com’io chiudo gli occhi ora so non per paura ma perchè incapace di mirare tanta bellezza che certamente possiedi, tu non gettare sguardo su di me che troppo lontano sono dai bordi della bellezza del mio mondo, questo è l’unico vero desiderio che ti chiedo Follia, per il resto io saprò essere di te uomo finché vorrai e come vorrai, tu che sola conosci il mio cuore spezzato, e tu sola che lo tieni ancora assieme nelle tue splendide mani nonostante sia ormai in frantumi’.
Come ogni giorno, l’alba pone fine al mio Edilio, cosa mi resta quando apro i miei occhi costretti ad una luce che mai dovrei vedere e che in me rifuggo sentendone il peso per i miei torti e per la mia inadeguatezza a questo mondo reale e non più falso che sono costretto a percorrere, ‘non mi resta che il tuo ricordo adesso che sono sveglio e presto anche questo svanirà lasciandomi incapace di rimembrare a pieno quanto tu mi donasti, è felicità? Forse, è dolore? Certamente, è speranza? Me lo chiedo ancora adesso che immobile i miei occhi guardano fuori un mondo pieno di vita, e perché non dovrebbe essere altrimenti? Le creature posseggono la bellezza che la natura gli ha dato, posseggono la completezza che ormai io ho perduto, la sicurezza nelle loro azioni che ormai io ritrovo solo costruendo una maschera con la quale proteggere e nascondere cosa sono realmente ed il mio desiderio di morte che mai vorrei trovasse sfogo.
E così mai sarà, finché la Follia resterà a me vicino, questa notte lei tornerà, e di nuovo io perderò il senno allontanandomi sempre più da questo mondo così ricco di vita sia nel bene che nel male, adesso è tempo ch’io m’appresti a varcare la soglia di questa stanza ed incontrare quei fantasmi veri che ogni giorno fanno parte della mia esistenza, arrivederci mia Follia che tra le tue braccia possa ritrovarmi finché morte mi colga, finché lascerai le tue mani libere ed il mio cuore trattenuto da esse non sarà libero altrettanto di essere distrutto, a te è legata la mia vita oh Follia, io t’amo come mai amerei qualcun altro, e sebbene tu abbia tanti amanti quanti siano i granelli d’una spiaggia assolata io a te resterò fedele, orribile nella forma e nello spirito, ma sempre a te devoto.

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