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Racconti 69

fate i bravi

By 15 Marzo 2009Febbraio 9th, 2020No Comments

– Fate i bravi!
Ci disse mamma, prima di partire con papà per il loro secondo viaggio di nozze, che coronava i festeggiamenti per il 50′ anno di matrimonio.
Certo che ‘ faremo i bravi’ pensai. Eravamo abbastanza grandi, Paolo ed io, per rimanere soli in casa, senza combinare guai. Paolo, mio fratello di due anni più piccolo di me aveva il mese precedente superato gli esami di maturità, mentre io frequentavo, allora, il terzo anno di medicina.

Bene. La sera che i miei partirono, andai al cinema con la mia più cara amica Giovanna. Era estate ed andammo in una di quelle arene all’aperto, dove si proiettano film ormai fuori circuito. Quella sera vedemmo ‘9 settimane e mezzo’, che non avevamo visto alla sua prima uscita perché non avevamo ancora compiuto l’età necessaria.
Effettivamente il film aveva una discreta carica erotica e, quando uscimmo, ero leggermente eccitata.
Non che mi piacessero particolarmente i film erotici, anzi li evitavo con cura pur non essendo una bacchettona o moralista.
Dal punto di vista sessuale ero una ragazza normale. Avevo perso la mia verginità al primo anno di università con un collega, con il quale studiavo biologia, che era anche la mia prima materia. Veniva da un paese lontano dalla mia città e per questo aveva affittato un monolocale. Non fu un’esperienza esaltante, devo dire, e dopo tre scopate, lui ritornò al suo paese per trascorre le vacanze estive.
Come si dice, lontano dagli occhi, lontano dal cuore, così, quando in autunno ritornò, ci accorgemmo che eravamo indifferenti l’uno per l’altro ed il nostro flirt finì lì. Ebbi un altro filarino con un ragazzo che frequentava la mia comitiva, ma anche questo durò poco perché era un tipo noioso e pedante e mal si combinava con il mio carattere. Anzi, sembra che lo avessi perfino spaventato, considerato che quando la nostra storia finì, lui non si fece più vedere in giro.

Ma, ritornando a noi, quella sera scherzammo molto sulla trama del film, io e Giovanna, cercando di mascherare con le risate, il nostro turbamento.
Quando ci salutammo ritornai in fretta a casa perché si era fatto già tardi, entrai in casa e, andando nella mia camera, vidi che Paolo era nella sua stanza con la porta chiusa. Evidentemente, pensai, dorme già.
In camera mi spogliai, andai in bagno per farmi la doccia. Non chiusi la porta del bagno perché tanto ero sola con mio fratello che dormiva.
Ero da poco sotto la doccia che Paolo entrò e mi guardò con aria divertita. Cercai di coprirmi con le mani e lo insultai
Cretino! Non vedi che mi faccio la doccia? Fila via, sporcaccione!
Mogio mogio se ne andò. Io, sotto la doccia, mi pentii di essere stata così dura. In fondo, lui non poteva sapere che c’ero io. La luce accesa poteva non significar nulla, potevo averla dimenticata accesa prima di andare a dormire e, se lui voleva andare a far pipì era un suo diritto di entrare.
Così, finita la doccia, indossai la mia corta camicetta da notte e andai nella sua stanza per chiedergli scusa.
Era nel letto che leggeva una rivista. Mi misi nel vano della porta e

 Paolo!

 Vai via. Lo sai che sono entrato in bagno, credendo che tu non ci fossi!

Per sviare il discorso, con tono conciliatore gli chiesi

 Che cosa leggi?

 Non sono cose adatte ad una femminuccia come te. Mi rispose ancora risentito

Mi avvicinai vicino al suo letto e

 Fammi vedere lo stesso

Lui nascose la mano, che teneva il periodico, sotto il bordo del letto, dall’altra parte.
Ridendo, mi sporsi per afferrargli il braccio in modo che tirasse su la rivista, ma persi l’equilibrio e gli caddi addosso

Seguì un attimo di turbamento prodotto dal contatto dei nostri due corpi; quindi, mi rialzai e

 Dai! Fammi vedere cosa leggi.
Mi guardò fisso negli occhi e timidamente tirò fuori il giornale. Era una di quelle riviste pornografiche

 Ma tu leggi di queste cose

 Embé, che c’è di male?

 Allora se non c’è nulla di male leggiamo insieme

Alzò le spalle e aprì la rivista. Io mi sedetti nella sedia che era lì vicino e mi sporsi per guardare le foto

C’era di tutto. cazzi enormi in bocche fameliche; in culi ben dilatati: seghe, ditalini: insomma tutto quello che si può immaginare che ci sia in riviste del genere. Tuttavia, mi sentivo sempre più eccitata. Sarà stato il film che avevo visto con Giovanna, sarà stato l’effetto della doccia calda, o il contatto avuto quando caddi addosso a Paolo o la vista di quelle foto, fatto sta che sentivo la fica in calore, che si bagnava sempre più.
Continuammo a leggere il giornale e lui mostrava indifferenza a me.
Vidi che il lenzuolo che lo ricopriva si era nel frattempo rialzato, dandomi la certezza che anche lui era oltremodo eccitato.
Quasi senza accorgermi mi sporsi e gli toccai con un dito la punta del cazzo

 E questo cosa è, gli dissi,

 Ferma! Ma che fai?

Non mi accorsi che piegandomi avevo allargato le gambe. Poco, ma abbastanza da permettergli la vista della mia fichetta.
Infatti lui guardò.
Ancora, più eccitato allungò la mano per toccarla. Lo lasciai fare.

In breve, ci trovammo entrambi a masturbarci. Ormai il lenzuolo era finito a terra e le mie gambe erano completamente allargate.

 Aspetta, dissi

Il fatto che lui se ne stava a letto senza andare a far pipì mi fece capire che era vero quello che, in un primo momento, avevo pensato. Lui era entrato per vedermi nuda!

Mi tolsi la camicia e, scherzando gli dissi.

 Visto che con le buone mi puoi vedere nuda ed anzi puoi anche toccarmi?

Continuammo per un po’ in quel modo, ma io ero scomoda e, piegata in quel modo, cominciavo ad aver fastidio alla schiena

Spostati un poco così mi corico anch’io

Dopo qualche minuto, decisi di togliergli le mutandine che ancora indossava. Mi misi a cavalcioni sulle sue gambe e piegandomi in avanti gliele tirai giù. Il cazzo esplose diritto davanti alla mia faccia. Lo ammirai allibita. Non credevo che mio fratello potesse avere un arnese così lungo e grosso. Timidamente glielo baciai. Lui, con un colpo di reni, fece in modo che mi entrasse in bocca ed io cominciai a succhiarglielo.
Non capivo più niente. Spompinare il cazzo di mio fratello mi aveva letteralmente mandato in tilt.
La mia mano, senza che il cervello la comandasse, andò sulla fica ed iniziai a masturbarmi.
Paolo se ne accorse e

 Se metti la fica davanti la mia bocca, ti ricambio il servizietto

Mi girai e lui cominciò a slapparmi

In breve tempo venimmo. Lui mi riempì la bocca di sborra. Aspettai che finisse completamente in modo da alzarmi per andare in bagno a sputarla nel Water

 Se la ingoi, mi disse, possiamo stare così insieme e tranquilli.

Stare in quel modo per rilassarmi e fare la reazione al mio orgasmo mi convinse ad inghiottire tutto. Lo feci e non mi provocò alcuna sensazione di repulsione. In fondo era la sborra di mio fratello, non di un estraneo
Distesi le gambe, lasciando sempre la fica davanti ai suoi occhi e posizionai il cazzo tra le tette.

Dopo che riposammo, sentii il pisello diventare duro nel solco tra le due mammelle.

 Mi fai una spagnola? Propose

 No, non oggi. Domani sera! Dissi e me ne andai nel mio letto..

Non avevo mai spompinato nessuno prima di allora, solo qualche sega per preparare i miei due precedenti scopatori, ma niente di più. Ed eppure quella sera mi era piaciuto. Non solo il farlo, ma anche bere lo sperma non mi aveva dato fastidio. Anzi!

Dall’indomani mattina non mi chiusi più in bagno e Paolo ebbe il permesso di entrare ed uscire a suo piacimento anche quando ero seduta sul water per espletare i miei bisogni fisiologici.
Anche Paolo non chiuse più la porta, ma mentre lui era più discreto entrando solo se doveva prendere qualcosa ed uscendo subito dopo, io ero più sfrontata e addirittura mi sedetti sul bordo della vasca per osservarlo quando lui, seduto sul Water svuotò il suo intestino..

La sera non uscimmo: Non avevo bisogno di andare da alcuna parte per svagarmi. Sapevo che il divertimento era in casa.
Finito di cenare Paolo mi chiese

 E la spagnola che mi hai promesso?

Andai verso di lui, gli presi il suo uccello da dentro i pantaloni e, tenendolo sempre in mano, lo accompagnai sorridendo nella mia cameretta.

Volli che mi spogliasse lui, poi lo feci a lui, non mancando, quando l’occasione si offriva propizia, di baciargli e leccargli l’uccello.
Mi distesi nel letto e lui si mise a cavalcioni sopra di me. Si chinò, io gli sistemai al posto giusto il pisello, con le due mani raccolsi le tette attorno al cazzo e cominciai a muoverle in su ed in giù ritmicamente. Paolo accompagnava questo movimento con ondulazioni del suo bacino. Ogni tanto me lo faceva arrivare vicino alla bocca ed io glielo leccavo.
Durò abbastanza a lungo poi, alla fine, in preda a squassamenti del corpo, gridò

 sto per venire!.

Mi affretttai a prenderlo in bocca e mi lasciai versare dentro tutta lo sperma che riuscì ad emettere. Naturalmente ingoiai tutto di gusto.

Stoppai il suo tentativo di farmi un ditalino. Non ne avevo bisogno ero sufficientemente soddisfatta così.

Faceva caldo. L’estate nella nostra città è veramente afosa ed asfissiante, decidemmo, così di stare nudi per tutto il tempo che restavamo in casa. Oltretutto, tenevamo le persiane socchiuse, in modo da mantenere gli ambienti in ombra e nessuno ci avrebbe potuto vedere.
Mi dava un forte senso di libertà camminare per casa con la fica e le tette per aria; inoltre, mi eccitava essere vista in quel modo da mio fratello e cercavo in tutti i modi di rendergli più visibili le cosiddette intimità
Lui viaggiava sempre con il cazzo eretto, evidentemente gli procuravo uno spettacolo esaltante. E quel cazzo così duro e lungo, mi eccitava oltremodo.
Insomma, stavamo proprio bene insieme.

Per due sere non ci incontrammo più. Avevamo entrambi degli impegni con i nostri rispettivi amici., ma alla terza ci rifacemmo del tempo perduto.

A cena (stavamo nudi anche quando mangiavamo), Paolo mi disse che era molto arrapato e non vedeva l’ora che gli facessi scaricare i coglioni. Usò proprio queste parole, che non mi offesero, anzi mi fecero arrossire di piacere e sentivo bagnarmi tutta. Gli risposi che io ero pronta a soddisfarlo quando avremmo finito di mangiare.

Andai di corsa nel suo letto e mi feci trovare con le gambe aperte che mi sditalinavo. Lui fece per coricarsi vicino a me , ma lo fermai e gli dissi che, se avesse fatto attenzione a non venirmi dentro, mi sarei fatta scopare da lui. Sembrava che non aspettasse altro: si posizionò sopra di me, io gli presi in mano l’uccello che guidai diritto fino al buchino della fica. Lui penetrò lentamente, ma inesorabilmente, dentro. Sentivo che mi dilatava la vagina come non avevo mai sentito con gli altri due cazzi che si erano serviti di me. Toccò il fondo e cominciò a stantuffarmi. Alzai le gambe, gliele allacciai intorno alla vita in modo che lo potessi ricevere per tutta la sua lunghezza e assecondai con il bacino i suoi movimenti. Era magnifico. Mi sentivo al settimo cielo. Mai avevo avuto un cazzo così grosso e lungo. Ebbi due orgasmi in successione, senza che lui si fermasse un momento. Mi usava e mi faceva godere a suo piacimento.
Non facevo altro che urlare, senza capire neanche quello che dicevo

 Gooodooo! allargami la fica, fottimi, aprimi tutta!! E giù suoni inarticolati

Dopo il mio terzo orgasmo, diede uno scatto indietro e tenendosi il cazzo in mano disse
Sto per venire anch’io!

Si portò in avanti per sborrarmi in bocca, io la aprii, lo misi dentro e mi accorsi che lui si fermava e stringeva la base della sua magnifica appendice per cercare di arrestare la venuta. Lo guardai fisso negli occhi e gli sorrisi. Gli feci un magnifico pompino a quel porco, che ancora oggi se lo ricorda.

Ormai dormivamo tutte le notti insieme. Ogni notte, dopo che espletavamo tutte le nostre formalità che nell’ordine erano:
1. leccamento di fica e contemporanea mia masturbazione del suo cazzo,
2. Scopata
3. pompino

Ci tenevamo abbracciati e ci addormentavamo. Una sera, però, lui si bagnò il dito con i succhi della vagina e me lo infilò in culo. Ebbi uno scatto, lo guardai fisso negli occhi, ma e decisi che, visto che gli piaceva, poteva lasciarmelo dentro.

L’indomani mattina mi chiese se poteva mettere nuovamente il dito dentro al culo. Gli risposi affermativamente. In fondo, perché deluderlo? Lui se lo bagnò con la saliva e me lo infilò dentro. Non ebbi alcuna reazione questa volta. Si mise a girarlo dentro e a farlo uscire e a ficcarlo, come se con quel dito mi inculasse. Lasciai ancora fare perché cominciava a piacermi quel giochetto, finche non ne mise dentro anche un altro ed un altro ancora, approfittando che le secrezioni rettali avevano ben lubrificato la parte. Nel contempo prese a sgrillettarmi il clitoride finchè non sborrai fragorosamente.

Quando mi riebbi, gli chiesi se quella sera avrebbe avuto voglia di incularmi. Mi rispose con un urlo di gioia

Come mi ero ridotta in così pochi giorni., pensai, Da ragazza normale, educata, adesso facevo tutte quelle cose. E con mio fratello inoltre e in sovrappiù gli avevo anche proposto di incularmi.
E sì! Era la prima volta che mi sarei fatta sodomizzare e mi sembrava una cosa così importante che era meglio farla con mio fratello, piuttosto che con un estraneo.
Mi accorsi dell’enormità di quello che pensavo e sorrisi per la mia depravazione.

La sera mi sentivo pronta per la grande prova .
Gli presi il cazzo in mano e lo condussi in camera, Dal cassetto del comodino presi il tubetto di vasellina che avevo comprato nel pomeriggio per l’occasione e glielo diedi, dicendomi di spalmarmelo nella parte
Si unse un dito e cominciò ad accarezzarmi con questo tutto il solco tra le natiche. Se ne versò in mano dell’altro e mi introdusse le dita ad uno ad uno nel retto, finchè non riuscì a infilarmene quattro (solo il pollice, più corto delle altre, rimase fuori) Mi disse che secondo lui poteva bastare ed io con la lingua feci indurire il suo cazzo fino al limite di rottura e mi misi prona
Strofinò, per sicurezza la cappella nella fica, che ormai sbrodolava senza ritegno e la appoggiò nel buchetto. Cominciò a premere finchè non ne entrò un pochino. Vide che non avevo alcuna reazione negativa alla manovra e continuò la progressione. Entrò come se il mio sfintere fosse di burro, fino in fondo. Mi sentivo piena. Avevo l’impressione che tutto il mio corpo, compreso il cervello, si liquefacesse e colasse nelle pudenda. Cominciò a muoversi dentro di me con un ritmo, prima lento e poi sempre più rapido e squassante. In preda ad una frenesia inimmaginabile, facevo roteare la mano nella fica per procurarmi maggior piacere e gemevo, gemevo, gemevo. Sentivo il retto dilatarsi sempre di più finchè, urlando all’unisono, sborrammo insieme.
 Si – gli dicevo – sfondami. Sfonda tutti i miei buchi riempimi di sborra.

Ci accasciammo sfiniti e ci addormentammo immediatamente.

Il mattino successivo volle fare colazione con me seduta sopra di lui e il suo cazzo nel culo (‘per mantenerlo dilatato’, diceva lui). Poi, siccome era un ragazzo metodico, dispose che ci saremmo procurati piacere reciproco ogni giorno, alternando di sera in sera la bocca, la fica ed il culo. Fui completamente d’accordo e, per la settimana successiva facemmo in questo modo.
Il mattino successivo volle fare colazione con me seduta sopra di lui e il suo cazzo nel culo. Poi, siccome era un ragazzo metodico, dispose che ci saremmo procurati piacere reciproco ogni giorno, alternando di sera in sera la bocca, la fica ed il culo. Fui completamente d’accordo e, per la settimana successiva facemmo in questo modo.

Invitai per sabato sera a cena la mia amica Giovanna, approfittando che Paolo sarebbe andato a cenare con i suoi amici

Quella sera, Giovanna arrivò puntuale, portando una bottiglia di champagne francese.
Cenammo e bevemmo quel vino anche se non era appropriato con i piatti che la mia scarsa conoscenza dell’arte culinaria aveva permesso di confezionare. Bevemmo solo champagne e alla fine del pasto eravamo piuttosto allegre. Facevamo le spiritose e ridevamo sgangheratamente in continuazione.

In salotto lei si sedette sul divano ed io in una poltrona e facemmo conversazione. Le offrii del cognac di mio padre. Accettò anche quello e ne bevemmo un bicchierino.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: senza più inibizioni, il discorso si avviò sulle nostre abitudini sessuali. Le dissi che non ero più vergine e, omettendo (avevo ancore un barlume di lucidità) di fare i nomi e di fare capire chi fossero gli attori con i quali avevo interagito, gli dissi anche che molte volte avevo fatto passeggiare i cazzi dentro la fica, dentro il culo e dentro la bocca.

Lei mi disse che non aveva voluto avere rapporti completi e che con i suoi ragazzi ( alla fine confessò che fu solo uno) non aveva fatto altro che petting volendo mantenere la verginità per il suo futuro marito.
Ormai parlavamo senza freni inibitori ( e come potevamo, con tutto quell’alcol ingurgitato?)
Il discorso cadde sui coetanei che l’avevano delusa e

 non sono molti i ragazzi come tuo fratello

 E che ne sai tu che non lo conosci se non di vista?

 è un bel ragazzo alto, atletico e si vede che è un bravo ragazzo

 Si, – dissi – è un gran bel ragazzo e vedessi che cazzo ha. Luuungo e grossooo (allungai le vocali per dare maggior enfasi agli aggettivi)

 Davvero? – Chiese, non so se veramente interessata o per educazione.

 Se aspetti te lo faccio vedere.

 Ma dai! Non scherzare neanche, tanto adesso devo andare via e si alzò

 No!, dico sul serio, ha un cazzo notevole e te lo farò vedere veramente

Si risedette. Evidentemente fui molto convincente e voleva vedere cosa sarebbe successo.

Aggiunsi che una donna poteva rimanere vergine con la fica e poteva raggiungere piaceri ancora maggiori concedendo il culo al proprio partner, senza contare che aveva anche la bocca che era un organo da non sottovalutare.

Si fece seria. Evidentemente stava rimuginando qualcosa.

 Vedi, non ho mai avuto rapporti orali perché mi ha fatto sempre schifo mettere in bocca quel coso da cui è uscita pipì e quant’altro. E poi, per il culo, la paura di aver dolore mi ha sempre frenato. E poi ancora, non è una cosa che si dà via così facilmente con il primo arrivato.

Le sorrisi con aria di sufficienza e stavo per risponderle, quando si aprì la porta d’ingresso ed entrò Paolo urlando (faceva così ogni volta che arrivava per dirmi di farmi trovare con la bocca aperta per riceverlo come si deve. Lui entrava di corsa brandendo la propria asta e direttamente me la imboccava).
Aveva visto le luci del salotto accese e si diresse direttamente lì con il suo coso in mano. Entrò come una furia nella stanza e’vide Giovanna e si arrestò confuso, vergognato. Povero ragazzo.

Gli sorrisi e lo feci venire vicino a me. Con dolcezza, mi infilai il cazzo in bocca e presi a leccarglielo. Quando lo sentii duro come un palo, lo tirai fuori dalla bocca e lo mostrai a Giovanna, che era rimasta inebetita dall’irruzione di Paolo e dal mio comportamento.
Evidentemente la visione di quel ben di dio mise da parte ogni freno inbitorio

 Che beeeello! Belò Giovanna

 Tieni, guarda, lo puoi toccare

Allungò la mano e con questa cinse l’uccello per tutta la sua circonferenza. Strizzai l’occhio a Paolo, il quale capì e cominciò a dondolarsi in modo che la cappella entrasse ed uscisse ritmicamente dal proprio cappuccio. Pian piano Giovanna si mise a menarglielo.

 Ti piace? le chiesi

 Aaaltro se mi piace. ( ormai parlava così, facendo scorrere una sfilza di vocali)

 Allora, dagli un bacino sulla punta. Hai visto che io glielo ho leccato e non sono morta avvelenata.

Timidamente, avvicinò la bocca, atteggiata a culo di gallina, alla cappella e appoggiò una minima parte delle labbra. Non si tirò indietro, cominciò invece a picchettare sempre con le labbra dure tutta la cappella, poi se la strusciò sulle labbra, divenute più morbide

 Mettilo in bocca! Ora o mai più! – Scherzai

Aprì la bocca e lo divorò. Mio fratello rimase fermo, non sapendo più cosa fare
Gli dissi di stare fermo così e mi tolsi la camicetta e la gonna (sotto ero nuda per patire meno il caldo).

Adesso Immaginate il quadretto: io completamente nuda, Paolo seminudo e Giovanna vestita, ma con un cazzo in bocca.

Sfilai la maglietta a mio fratello, così anche lui era completamente nudo, ma con l’uccello conservato nelle fauci di Giovanna, che probabilmente non se lo voleva fare scappare più, una volta che aveva avuto il coraggio di assaggiarlo. A lei dissi di lasciarsi spogliare dal ragazzo.

Con molta riluttanza abbandonò quel tocco di carne e si alzò. Mio fratello le tolse la camicia le sfilò prima la gonna e poi le mutandine e, infine, le slacciò il reggiseno. Nuda era proprio una bella fica.

Presi per il cazzo Paolo e dissi a Giovanna di seguirci. Li condussi nella camera dei nostri genitori In tre, pensai, saremmo stati più comodi in un letto a due piazze; poi domani avrei tolto le lenzuola, le avrei lavate, stirate e rimesse a posto.

Feci sedere sul letto Giovanna, che appoggiò la schiena contro la testiera. Presi il cazzo di Paolo e glielo reintrodussi in bocca affinché continuasse a bearsi e, seduta ai piedi del letto, incrociando le gambe, mi incominciai a masturbare. Feci cenno a Paolo di fare lo stesso a Giovanna; Il porco non aspettava altro. Le mise la mano nella fica e si mise a sgrillettare

Il movimento che lei faceva con il bacino mi fece intendere che era bella che cotta. Li feci separare, feci distendere Paolo sul materasso, feci posizionare Giovanna su di lui, ma al contrario in modo che potesse succhiare lei liberamente. Mentre Giovanna succhiava lui, Paolo leccava la fica in un perfetto sessantanove.

Vedevo che il bacino della mia amica ormai si muoveva come una nave in mezzo alla tempesta. Indicai a Paolo il buco del culo e lui si mise a leccare anche quello. Gli tolsi la lingua gli infilai un dito. Lei contnuava a succhiare e a dimenarsi. Con la vasellina mi unsi tutta la mano e feci come Paolo aveva fatto con me, fino ad introdurgli le quattro dita, che mossi, girai e rigirai nel suo retto.

Con un colpo nella spalla, la chiamai

 Allora Giovanna, ti sta piacendo questo sessantanove?

 Caaaazzooo. Biascicò, la bocca impastata di saliva e di liquido pre-orgasmico del ragazzo.

 Bene è ora che ti si inculi

 No! Disse. Mi farà male (questa volta indovinò tutte le vocali e mi preoccupai)

 Se ti dico che faremo le cose in modo che tu non senta dolore, mi credi? Ascolta, hai sentito che ti ho messo il dito nel culo. Quanti dita pensi di avere dentro?

Strizzò lo sfintere per provare e rispose

 Uno, che diamine

Le tolsi la mano dal culo ed ebbe la prova che le dita erano quattro e che, messe accanto al cazzo, erano tutte insieme più grosse del membro.

Capì quello che volevo dire è mosse le spalle a voler dire fate quello che volete, basta che non mi facciate male

Il culo era ben dilatato, il cazzo ben duro. Che si voleva di più? Glielo unsi con dell’altra crema e lo diressi verso il bersaglio.
Entrò come nel burro. Non solo un gemito, se non di piacere, venne fuori dalla bocca di Giovanna.
Paolo completamente dentro al retto, con le braccia tirò su il bacino di lei, mettendola a pecorina e cominciò ad incularla con foga.

Contai quattro colpi e Giovanna venne con un prolungato rantolo.

Paolo tirò fuori l’uccello che, non essendo riuscito a venire, data la rapidità dell’azione era ancora duro e mi guardò. Mi misi in posizioni e mi feci sodomizzare pure io.

Cosa potevo fare di più per la mia migliore amica e per mio fratello?

Comunque, scherzi a parte, eravamo completamente spompati e ci addormentammo tutti quasi subito, facendo un sonno lungo e ristoratore.

Al mattino Paolo ed io facemmo colazione mentre Giovanna, poveretta, ancora dormiva. Il bruto volle egualmente fare colazione con il cazzo in culo (ma ce l’aveva sempre in tiro questo?. Beh anche io però non scherzavo in quanto a voglia. Sarà una tara di famiglia).

Gli dissi di andare a svegliarla. Misi del caffè in un tazzina e questa su un vassoio, mi alzai in modo che potesse togliermelo dal retto e lo spinsi, nudo per com’era, nella stanza di Giovanna.
Dormiva impudicamente scoperta e con le gambe divaricate offrendo alla sua vista tutto il suo corpo, le tette e la fica, vergine, ma con le grandi labbra completamente aperte. Il maiale fece un giro intorno al letto per poterla osservare meglio, poi la chiamò. Lei aprì gli occhi vide che lui era nudo, si accorse che anche lei lo era e si ricordò di tutto quello che era successo. Gli sorrise e sedutasi sul letto bevve il contenuto della tazzina.

 Devo ringraziarvi tutti e due per quello che avete fatto per me, disse, è stata un’esperienza entusiasmante. Come posso fare per sdebitarmi? (appena sveglia diventava melensa. Le sue parole sembravano quelle di una vecchia carampana).

Mio fratello la fece finire di parlare e, come risposta, glielo ficcò in bocca (così se ne sarebbe stata zitta per un po’). Lei lo succhiò, andando su e giù con la testa, glielo leccò, glielo mordichhiò. Insomma fece tutto come una perfetta pompinara e questa volta lo fece finchè Paolo non le inondò la gola di sperma. Capì quello che doveva fare e lo ingoiò senza che nessuno le dicesse di farlo. Si leccò, la maiala, anche le labbra e qualche goccia che le era scivolata sulla mano.

Mio fratello ritornò in cucina e mi disse

 Vai di la che ti vuole ringraziare.
Ridendo, andai in camera e lei con la faccia beata, vedendomi mi disse

Ho appena fatto un pompino completo a tuo fratello. è stato il primo della mia vita, cosa posso fare per ringraziarti?

Mi coricai vicino a lei aprii le gambe, le spinsi la testa e me la feci leccare. è inutile dire che mi fece sborrare ed altrettanto inutile dire che bevve tutto anche questa volta.

Nel pomeriggio, nude, nella mia camera dissi a Giovanna

 Cazzo, ma ti rendi conto cosa sei diventata? Io per fare quello che hai fatto tu in due ore, ci ho messo una settimana intera. Sei più troia di me Allora!

 Non so chi di noi due è più troia. Probabilmente lo siamo in modo uguale tutte e due. Fatto sta che a me è piaciuto molto e non ho mai provato emozioni più piacevoli e più forti che con voi. Farei carte false per poter continuare a farle, almeno fino a quando non ritornino i tuoi genitori.

Chiamai Paolo che era nella sua stanza a trastullarsi con un video gioco

 Giovanna mi ha appena detto che starebbe ancora con noi a ripetere all’infinito l’esperienza di ieri notte. Tu cosa ne pensi?

Andò da Giovanna e gli ficcò il cazzo in bocca.
Fu la risposta affermativa di Paolo. Sempre di poche parole mio fratello!

Ritornò di là a giocare e dopo pochi minuti ritornò

 Sentite ragazze, neanch’io sono fatto di ferro perciò, visto che ancora mancano due settimana dal rientro di papà e mamma, vi chiedo di dosarmi la fatica.

 Che pensi di fare? – Dissi. Il dialogo era tra me e Paolo. Giovanna, che era ospite, faceva decidere a noi.

 Non lo so ancora. Però dobbiamo considerare che io ho un solo cazzo, mentre da parte vostra ci sono due bocche, due culi e una fica (ma perché non faceva il ragioniere, ‘sto cretino’). Disse e, avendo parlato già molto, ritornò di là

A cena ci espose quello che secondo lui si poteva fare.

 Dunque, Si divide la settimana per sette (che scoperta! Che la settimana ha sette giorni lo sa anche un bambino) e nell’ordine, il mio cazzo sarà messo in un culo, in una fica e in una bocca; poi in un culo, in un culo e in una bocca.

 Troppo complicato.

 Allora vado di là a disegnare una tabella

Incredibilmente la fece sul serio. Era così concepita
Lunedi Culo Giovanna
Martedì, bocca Stefania
Mercoledi, culo Giovanna
Giovedì fica Stefania
Venerdi bocca Giovanna
Sabato culo Stefania

Ve lo dicevo che era cretino

 Scusa, ma in questo modo tu ti dai da fare tutti i giorni mentre una di noi, a turno, deve fare il reggi-moccolo’

 No, vorrà dire che sarà leccata da quella che viene sodomizzata o chiavata

 Ma il conto non torna ancora perchè, facciamo l’esempio su di me, io verrei leccata due volte da Giovanna, e da te inculata una volta e una volta scopata e una volta ti faccio un pompino. In matematica fa cinque e non sei. E lo stesso vale per Giovanna

 Vorrà dire che in quel giorno chi non otterrà il godimento da altri, se lo procurerà da sola

 Perché tu quel giorno non puoi leccare?

 Mi piacerebbe. Rispose il Giuda. Ma voglio rimanere sempre presente a me stesso per non fare cattive figure e deludervi. Vorrà dire che vi leccherò quando mi fate il pompino.

 E la domenica cosa succederà?

 Si tratta di una sola domenica, purtroppo, perché in quella successiva arriveranno i vecchi, e sarà una sorpresa

Con una smorfia di disgusto diedi il mio consenso. Rivolsi lo sguardo a Giovanna per invitarla a dire la sua e

 Per me va bene qualunque cosa voi desideriate che faccia o mi faccia fare. Sto così bene che mi conviene fidarmi di voi.

Quella domenica ci prendemmo un giorno di riposo ed andammo al cinema.

è la prima volta che scrivo dei racconti e mi piacerebbe conoscere il vostro parere per correggere gli errori. Vi ringrazio se vorrete inviare mail sulla mia posta elettronica
Al ritorno tutti nudi ci andammo a coricare insieme nel lettone.

L’indomani ebbi la prova che mio fratello era un perfetto imbecille. Aveva fatto quella minchia di progetto senza tener conto che eravamo di sesso femminile e quel lunedì Giovanna si svegliò con le mestruazioni.

 Hai visto che il tuo prospetto fa schifo? Dissi piccata

Ma perché? Il mio voleva solo essere un progetto di massima. Vorrà dire che si cambierà il turno in attesa che finiscano le mestruazioni a Giovanna

 Per esempio?

 Stasera mi farà il pompino

 Sì, ma tu non le puoi leccare la fica

 Leccherò la tua, sorellina cara

Questa volta la cretina ero stata io.

Ci aggirammo nudi tutto il giorno per casa, solo Giovanna aveva le mutandine per tenere l’assorbente igienico.
Decidemmo che non saremmo mai più usciti per non perdere un solo minuto di quell’intimità. E anche perché in casa, con le persiane chiuse, si stava meglio che non per strada

La sera sul letto ci disponemmo in modo che potesse essere fatto tutto per bene. Giovanna si distese supina sul letto e si mise un cuscino piegato in due sotto la testa, Paolo si accovacciò su di lei in modo che il cazzo fosse all’altezza della bocca ed io raccolsi tutti i cuscini che avevamo in casa, li misi uno sull’altro e mi sedetti sopra, porgendo la fica a Paolo.
Di comune accordo mettemmo una cinepresa (o era una telecamera? Comunque non cercate in You tube perché rimarrete delusi) in modo da documentare tutto quello che facevamo e, in un futuro, rivederlo, se ci fosse venuta voglia.

Iniziammo. E qui voglio descrivere gli avvenimenti come se fossero accaduti separatamente e non in contemporanea.

Paolo mise l’uccello nelle labbra di Giovanna che lo menò, facendoselo sbattere sulle labbra finchè una prima goccia di liquido trasparente usci dal cazzo , quindi, rilassando i muscoli labiali per renderle più molli, si strusciò, ripetutamente, la cappella come se mettesse un lucidalabbra. Finita quest’operazione leccò l’asta per tutta la lunghezza, arrivò nei coglioni che prese in bocca e li leccò,; tiratili fuori, ritornò sulla cappella e leccò prima la punta, raccogliendo altro liquido, poi andò lungo il frenulo, infine lungo tutto il solco. Dopo questo primo passaggio ,lo mise in bocca e lo masturbò con i movimenti ondulatori della testa. Di tanto in tanto lo tirava fuori e rifaceva il giro con la lingua. Paolo si dimenava nella bocca di lei, completamente infoiato. La sua lingua leccava la mia fica che, piena di umori rispondeva alle sue sollecitazioni; in aggiunta io mi sgrillettavo ricevendo di tanto in tanto una leccata nelle mani.
Dopo pochi minuti non capivamo più niente. Nella stanza non si sentivano altro che sospiri e lamenti di godimento, finchè non sborrammo tutti contemporaneamente (Se non ci credete è tutto documentato dalla macchina da presa). Avendo la bocca arsa, chiesi a Giovanna di versarmi lo sperma che aveva raccolto. Si alzò dalla sua posizione e me lo fece cadere nella bocca che avevo spalancata. Mi feci degli sciacqui, dei gargarismi e gliela restituii come suo diritto imponeva

L’indomani mattina facemmo colazione insieme. Ed anche qui sopravvennero difficoltà. Se Paolo ci metteva il cazzo, io il culo, cosa ci metteva Giovanna?, che, oltre a tutto era anche mestruata?
Addivenimmo a questa conclusione:
Paolo me lo metteva in culo e Giovanna avrebbe intinto una tetta nel caffè e me l’avrebbe porta in modo che io potessi leccaglierla.

Giovanna fu d’accordo per quella soluzione e, siccome soddisfaceva tutti ,decidemmo di adottarla ogni mattina.

Subito dopo pranzo, approfittando che Paolo ed io rimanemmo soli in cucina, , perché Giovanna era andata in bagno a espletare un suo lungo bisogno fisiologico, gli chiesi quale fosse la sorpresa di domenica.

 Certo che a te la dico. Anzi, devo proprio dirtela.

Andò a controllare se Giovanna fosse ancora in gabinetto: Vedutola ancora seduta nel water, ritornò e mi disse

Ho pensato di far venire Luca, che ha un cazzo grosso quanto il mio e di farla inculare da lui. Così noi due possiamo fare tranquillamente le nostre cose

 Perchè ti dà fastidio la presenza di Giovanna? Gli chiesi ironica

No al contrario quello che mi fa e si fa fare è bellissimo, non vorrei che se ne andasse mai; tuttavia sento il bisogno di dedicarmi ai tuoi orifizi con più calma ed intimità

Convenni che poteva essere una buona soluzione anche a me piaceva occuparmi in tutti i sensi di mio fratello e, non dovendo pensare al godimento di Giovanna, la mia mente sgombra sarebbe stata tutta per lui e per quello che mi faceva.

 Ti devo, a questo proposito, dire un’altra cosa

Ritornò da Giovanna e le chiese se aveva ancora molto da fare. Lei disse di sì

 Perché? Devi andare anche tu?

Lui non aveva in verità una impellente necessità. Tuttavia, non poteva dirle che andava per controllare che lei fosse ancora lì. Decise di dire

 Sì, devo fare la pipì.

Lei allargo le cosce e, con un sorriso, lo invitò a farla con lei ancora seduta.

Si avvicinò, ma un po’ per l’emozione, un po’ perché non aveva una reale impellenza tardò a farla uscire, ma quando ci riuscì, si divertì molto ad indirizzarla nella fica.

 Ti è dispiaciuto? le chiese

 No anzi, è stato il più strano ditalino della mia vita.

Ritornò in cucina che ce l’aveva grosso. Glielo presi in mano e gli chiesi come mai. Mi raccontò del suo strano modo di fare la pipì e , vedendolo ancora eccitato, glielo menai.

Mentre lo masturbavo mi disse

Impazzisco di piacere ogni volta che sborro nella bocca di Giovanna, allora ti chiedo, se sei d’accordo, che ogni volta che uso i tuoi buchi, ad eccezione della bocca, io farò in modo che tu venga prima di me e poi andrò a versare lo sperma nella sua bocca.

Dissi che per i prossimi giorni mi poteva stare bene. In fondo lui mi avrebbe fatto, comunque, raggiungere l’orgasmo e ,per quelle poche volte che ci restavano, avrei potuto fare a meno della sua sborra. Ma che non doveva essere un’abitudine se ci fosse stato un futuro

Glielo menai con più foga in modo che venisse prima che Giovanna finisse i suoi bisogni. Quando capii che stava per arrivare alla fine, misi sotto al cazzo un bicchierino e lo feci sborrare li dentro.

Quando Giovanna tornò, gli offrii il bicchierino. Lei, stupita, lo prese, guardò dentro, lo scosse, l’odorò (sembrava un sommelier), capì quello che c’era dentro, sorrise e lo bevve.

– Alla vostra salute, amici miei!

Io e Paolo ci guardammo orgogliosi della nostro successo nell’educazione sessuale di Giovanna.

Quella sera, poiché toccava a me dargli soddisfazione, Paolo mi chiese se, essendo andato all’aria l’ordine giornaliero che aveva fatto, potevo fargli il pompino.

– Con la sborrata di oggi pomeriggio non mi sento a posto. Ho paura che non sarà a abbastanza duro per incularti, né tanto meno per fotterti

Diede quest’ordine alle due azioni perché sosteneva che avevo il culo più rotto della fica e a lui veniva più facile introdurlo in questo buco, piuttosto che nell’altro. Ed era possibile, visto che il suo cazzo era dentro il culo tutti giorni, mentre ancora mi aveva chiavato solo due o tre volte. Risposi che non avevo alcun problema a farlo.

La sera ci disponemmo esattamente come la sera precedente. Solo che sotto Paolo c’ero io e seduta sui cuscini c’era Giovanna.
Bevvi con avidità tutta la sborra di Paolo, cosciente che ne avrei bevuta ancora ben poco, visto che poi avrebbe scaricato i coglioni nella bocca di Giovanna.

Mercoledì non facemmo niente di straordinario. Colazione come al solito. Bevevo il caffè che Giovanna mi passava in bocca con la sua tetta, presi il cazzo nel culo e via così.
Nudi leggevamo, guardavamo la televisione, o cianciavamo del più e del meno.

La sera volli essere scopata in fica. Mi distesi supina sul letto, Paolo si mise sopra di me nella posizione del missionario e Giovanna si sedete nuovamente sulla pila di cuscini, perché voleva fare vedere a Paolo la fica mestruata, mentre si masturbava.

Incominciammo. Lo spettacolo che dava Giovanna infoiò maggiormente Paolo, che me lo infilò nella fica con veemenza e mi scopò brutalmente. Sotto quegli energici colpi, venni quasi subito. Quando finii l’orgasmo, Paolo si tolse da me ed andò direttamente a metterlo in bocca a Giovanna che lo prese avidamente, stupita di questo insperato regalo che le veniva fatto. Paolo diede tre o quattro colpi dentro la bocca della mia amica e venne. Venne subito dopo anche lei.
Sorridendo a Paolo, giocò con lo sperma, finche non lo trangugiò.
Ringraziò mio fratello, leccandogli il culo, finchè lui non si addormentò.

Giovedì mattina, come mercoledì: Oggi e domani mi sarebbero aspettate due inculate.
Quando venne l’ora ci disponemmo, io prona, Giovanna sotto di me, con la testa fra le mie cosce per leccarmi il clitoride e Paolo dietro di me che mi sodomizzava. Mi accorsi che quella troia della mia amica ogni tanto, invece di leccare me, leccava l’asta di Paolo quando usciva dal culo. Però non mi importava l’importante che godesse Paolo, godessi io e godesse Giovanna. E su questo non avevo dubbi
Infatti venni nella bocca della troia e, spostandomi di lato, mi tolsi il cazzo dal culo in modo che Paolo avesse agio di infilarlo nella bocca di Giovanna: lei lo prese come se fosse stato un cannolo di ricotta: agitava le mani per dire che non aveva mai assaggiato niente di meglio in vita sua. E non vi dico i gridolini di gioia che fece quando ricevette il succo dei coglioni di Paolo. Era diventata golosa di sperma.
Gli rileccò il culo finche lui non si addormentò

Venerdi Paolo mi inculò nuovamente e le cose andarono come il giorno precedente.
Per non annoiarvi troppo non ve le racconto.

Venerdi finalmente finirono le mestruazioni di Giovanna, che potette essere regolarmente inculata. Le chiese se la sborra la voleva in culo o in bocca. Lei naturalmente optò per la seconda soluzione e Paolo dopo che lei venne, aspettò che venissi anch’io in modo da liberare la bocca della mia amica e sistemò il suo uccello nelle fauci ardenti della succhia cazzi. In effetti si fece fare un vero e proprio pompino, ma lui liberò il suo liquido nella bocca trionfante.
Lei gli fece la ormai solita ninna nanna

è la prima volta che scrivo dei racconti e mi piacerebbe conoscere il vostro parere per correggere gli errori. Vi ringrazio se vorrete inviare mail sulla mia posta elettronica
Venne la domenica. Quella della sorpresa, che sorpresa per me non lo era più e lo era solo per Giovanna.

Paolo volle che tutti fossimo vestiti. Mi disse che non voleva fare vedere la sorellina nuda a quel depravato del suo amico e non poteva lasciare nuda solo l’amante del suo liquido seminale. D’altro canto, Luca sarebbe arrivato presto, avrebbe fatto quello che avrebbe voluto fare con Giovanna e se ne sarebbe andato presto perché la sua famiglia ci teneva che tutti fossero presenti al pranzo domenicale.

Paolo preparò un Negroni, come aperitivo. Era forte e non propriamente estivo, ma lui mi spiegò, che così Giovanna sarebbe andata più facilmente fuori di testa. Gli dissi che se era per questo, la mia amica non aveva bisogno dell’alcol, bastava farle vedere un cazzo ben rigido per mandarla fuori di testa. E se conoscevo bene la spillatrice di sborra, si sarebbe buttata a tuffo sul suo amico.

Arrivò. Anche lui era un bel ragazzo. Era spigliato e sapeva parlare bene. Era stato edotto della situazione da mio fratello ed era venuto felice e contento.

Bevemmo il Negroni e notai che Giovanna andò subito su di giri. Sarà stato l’effetto dell’alcol o che altro, ma lei cominciò a sudare vistosamente.
Le chiesi, schiacciando l’occhio ai due maschietti, se aveva caldo
Disse

 Siiii (ecco di nuovo il trascinamento delle vocali. Segno che era già fatta)

 Sbottonati di più la camicetta

 Noooo, non posso

Mi alzai e le sbottonai i bottoncini in modo che si vedesse un’abbondante porzione di tette.

Dal gonfiore nei pantaloni di Luca indovinai una imponente erezione. Le diedi un fazzolettino di carta col quale si asciugò il sudore che aveva in viso.

 No, anche quello che hai nel petto

Lei si asciugò il collo ed il torace, ma solo due dita più sotto al giugulo.

 Oh mi dispiace crearvi questi probleeeemi (oltre che a trascinare le vocali, cominciò a fare discorsi da carampana. Era il momento. Ora o mai più)

 Guarda ti asciugo io.

Presi un nuovo fazzoletto e cominciai ad asciugare ampiamente la parte di torace che era rimasta fuori dalla camicetta. Feci in modo però, aprendole ancora di più la camicia, che le tette venissero fuori

Non so se se ne accorse o fece finta di niente. Con lei c’era da aspettarsi di tutto ormai.

Dopo un minuto dissi

 Dal momento che hai le tette di fuori e che ormai tutti te l’abbiamo viste, fa’ che toglierla completamente la camicetta, se no stai male.
 Va beeene. E si tolse, sempre stando seduta, l’indumento.

Luca era sempre più arrapato, ma non osava ancora intervenire, non conoscendo bene la ragazza.

Paolo, con aria da intenditore, disse

 Vedi, Luca che belle tette ha Giovanna?

Lei sorrise. Lui espresse lodi volutamente sperticate

 Ma non ha solo le tette belle, dissi io. Le sue gambe sono più belle delle tette.
Guarda, Giovanna, dato che ancora hai caldo alza la gonna, così fai vedere le tue gambe a Luca.

Si alzò dalla poltrona e alzò la gonna fino alle mutandine.

 Senti, penso, visto che non ti vergogni, che possiamo togliere anche queste. Paolo aggiunse

 Guarda, Luca, il culetto. Non è magnifico? Vieni te lo faccio toccare.

In realtà prese un braccio a Giovanna e la guidò da Luca. Lei docilmente si lasciò portare.
Giunti vicini a Luca fece in modo di far sfiorare il suo cazzo dalla mano di Giovanna, che sentendolo duro e ben ritto, con uno scrollone si liberò della mano di mio fratello e si mise a massaggiare il centro dei suoi interessi.

A questo punto, Luca si sentì sicuro: prese la mano della mia amica e se la infilò nella patta, contemporaneamente cominciò a massaggiare la fica della ragazza.

 Sentite perché non andate di là. Paolo vi mette a disposizione la sua camera, così potete fare meglio conoscenza.
Luca accettò e, trascinandosi una barcollante, ma accondiscendente, Giovanna, andò nell’altra stanza e li chiuse dentro.

Noi due fratelli ci sorridemmo e ci abbracciammo.
Così abbracciati ci recammo nella camera dei genitori, ci spogliammo.
Avevamo solo due ore. Ma in quel lasso facemmo una summa di tutte le nostre divagazioni sessuali. Il cazzo entrò, uscì, strisciò, sbavò in ogni minimo angolo del mio corpo sia esterno che interno. Mi inculò due volte e tre volte mi scopò
Poi cominciò a fare il giro: culo, bocca fica, culo, bocca, fica e così via. Il giro d’Italia lo chiamò lui.
Credo di aver avuto, senza esagerazioni, almeno quattro orgasmi.

Di là sentivamo le urla di godimento di Giovanna, che ci arrapavano maggiormente:

 Siii, cosìììì, inculaaami, mettimelo in booocca, fammi godeeeere

Ormai era ora di finire
 Senti ‘dissi- per piacere mettimelo in bocca e fammi bere finalmente un pò di sborra, adesso che non c’è Giovanna

Mio fratello Da quel bravo fratello che era, ubbidì: solo che la sborra non fu ‘un po” ma me ne versò in grandissima abbondanza e finì a far compagnia al negroni .

Andammo in salotto, facendo finta di aver fatto quelle cose normali che fanno fratelli e sorelle.. Che so leggere giocare al computer, chiacchierare. Paolo era già vestito, Giovanna era ancora nuda, distesa sulla poltrona con le gambe allungate e le braccia penzoloni ai lati dei braccioli e con un sorriso beato stampato in faccia.

 Scusate. non sono riuscito a farla vestire. Dice che in questa casa è abituata a stare così

 Non ci fare caso, disse Paolo, adesso Stefania la sistemerà.

Si salutarono e Luca, rivolgendosi a Paolo gli disse
 ..e a buon rendere, vecchio mio e gli strizzò un occhio

Quando mio fratello ritornò verso di me, gli diedi uno schiaffeto, leggero, scherzoso

 Non ti azzardare, sai.

Ci spogliammo e portammo Giovanna che era in estasi sotto la doccia. Gliela facemmo.
Fredda, naturalmente.

Quando si riebbe e riuniti a tavola per il nostro pranzo domenicale, costituito da scatolette, insaccati e formaggi vari, le chiedemmo come era andata
Ci disse tutto nei minimi particolari, che all’inizio, in un momento di rinsavimento credette che ci stesse facendo le corna, ma poi si rispose che, visto che non eravamo fidanzati o sposati, quelle corna non c’erano e allora si era liberata dagli scrupoli e si era data tutta a lui ( e meno male che era rinsavita, altrimenti che altra minchiata più grossa avrebbe potuto pensare?). Aggiunse che

 Aveva un cazzo grande e grosso, quasi, come il tuo, Paolo

Ci eravamo arrapati al suo racconto e Paolo, maggiormente ringalluzzito da quel ‘quasi’, si alzò, si avvicinò a lei, mise il suo cazzo sul piatto, tra due palline di mozzarella, formando un disegno che non si vede più neanche nel più sordido dei cessi della stazione. Lei gli sorrise, prese il cazzo con due dita, come se prendesse una crocchetta, e se lo mise in bocca.

Ci sedemmo in salotto a conversare. Io mi chiamai Giovanna

 Vieni qui tu, bevi-sborra. Leccami la fica e fammi passare l’arrapamento che il tuo racconto mi ha provocato
Lei ubbidì e si mise a slapparmi con una lena tale che sembrava non me lo avesse fatto da tanto tempo. A Paolo gli si rizzò l’uccello e mi venne a impalare in bocca.
Anche questa volta mi fece ingoiare tutto, mentre io diedi i miei succhi alla spompinatrice
Alzò la testa, aveva la bocca piena di fluidi vaginali, e disse

 E io?

 Tu niente. Ne hai avuta abbastanza per oggi.

Ridemmo tutti e tre.
La settimana successiva, non essendoci impedimenti, seguimmo per filo e per segno lo schema proposto da Paolo

Facemmo i nostri esercizi regolarmente, senza nessuna modifica, finchè non venne domenica

La domenica mattina tirai via le lenzuola sporche dal letto dei vecchi. Feci andare la lavatrice e rifeci il letto con delle lenzuola pulite. Avrei detto che, in loro assenza, era venuta Giovanna a stare con noi ed io, avendole ceduto la mia cameretta, ero andata a dormire nella loro stanza. Una parte di verità c’era.

Al computer di Paolo rivedemmo tutti i filmini che avevamo girato in quei giorni e andammo su di giri

Paolo disse

 Ragazze oggi pomeriggio con l’arrivo dei nostri vecchi,finirà il divertimento.Voglio, pertanto, che ognuna di voi mi faccia un ultimo pompino.

Naturalmente Giovanna si buttò a pesce sul cazzo e cominciò a spompinare. Quando stava per venire, lui mi disse di portare un bicchierino, vi appoggiò la cappella ed io, perfezionando l’opera, lo feci sborrare dentro.
Ripeté la stessa operazione con la mia bocca e con le mani di Giovanna. Il suo liquido finì dentro un secondo bicchiere, Poi ci fece un ditalino ciascuno e raccolse, con un cucchiaino i fluidi vaginali di tutte e due in un terzo bicchierino.

Ci mettemmo in cerchio brindammo alla nostra unione, promettendoci che non ci saremmo mai sposati per poter continuare a fare tutti e tre insieme quello che avevamo iniziato in questi quindici giorni.
Promettemmo

 Allora, se non ti devi sposare, ti potrò sverginare? Disse Paolo a Giovanna

Io risi
Lei rispose di sì, che gliela avrebbe data volentieri una delle prossime volte che ci saremmo riuniti.

Quell’anno, come tutti gli altri che seguirono, andammo in ferie insieme per continuare a fare i porconi.
Giovanna perse la sua verginità la prima sera della prima vacanza che facemmo e fu una gran festa.

Durante l’anno, poi, quando si presentava l’occasione io e Paolo ci davamo dentro e, quando i miei partivano, insieme ai loro amici, per qualche fine settimana, si telefonava a Giovanna che veniva di corsa.

Sono passati tanti anni da allora.
I miei genitori non ci sono più. Io sono un medico affermato a tempo pieno in un ospedale cittadino. Paolo ha aperto uno studio da commercialista (ve l’avevo detto che aveva il pallino) e guadagna discretamente, Giovanna insegna lingue (avevo previsto anche questo).

Nessuno di noi si è mai sposato
Tutti e tre abitiamo nell’appartamento che hanno lasciato in eredità a me e a Paolo i nostri genitori e stiamo felici insieme. Ma non seppi mai se, quando le avevamo procurato l’avventura con Luca, Giovanna, come si dice, ci faceva o c’era veramente, né il vero motivo per il quale Paolo aveva invitato il suo amico.
So solo che adesso avendo unito tre letti insieme, dormiamo lì. A turno, uno di noi si mette in mezzo e si fa servire dagli altri due

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