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Racconti Gay

Carmelo

By 18 Novembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Un’estate più calda del solito, la stanchezza del monotono rapporto coniugale, o chissà che altro’ ma di sicuro il desiderio tenuto segreto stava crescendo.
Da sempre, per quanto posso ricordare, ho amato un certo tipo di ‘giochetti’ proibiti: sin dall’adolescenza il mio culetto ha accolto di tutto; la stimolazione anale ha costituito per me nel corso degli anni una forma di piacere alternativo, e di grande soddisfazione.
Nulla di strano, dunque, se questo desiderio con il tempo non accennasse a placarsi.
In quel mese di agosto, però, mi accorsi che qualcosa stava veramente cambiando: le mie fantasie duravano notti intere, e la voglia di provare un maschio vero iniziava a divenire ossessione.
Fantasticavo di venire usato senza ritegno, come una femmina; spesso mi immaginavo sotto la doccia con un altro maschio, docilmente sottomesso, desideroso di cedere la mia mascolinità senza più ripensamenti.
Per questo, appena rientrato in città, pubblicai un annuncio su Internet: in passato lo avevo già fatto, ma nessuno era mai riuscito ad intrigarmi decisivamente sino a realizzare la mia voglia; o forse, era solo il timore di essere scoperto, o un residuo senso di vergogna.
Avevo deciso di non darmi fretta: avrei lasciato stavolta a tempo indeterminato l’annuncio sul web senza tardivi ripensamenti, sicuro che prima o poi sarei finalmente riuscito a provare quelle emozioni mille e più di mille volte immaginate.
Mi pervenne quasi subito una risposta interessante: da parte di un uomo più grande di me (come avevo esplicitamente richiesto), non privo di esperienza anche se non abitudinario, ed in possesso di un posto dove poterci eventualmente incontrare, dal momento che in passato mi erano stati proposti incontri in luoghi pubblici o in auto, che avevo sempre rifiutato.
Incontrai Carmelo una mattina presto, come gli avevo richiesto, per meglio tutelare quella discrezione che era per me indispensabile: era come appariva in foto, non molto alto, con una pancia abbastanza prominente, quasi calvo, ma con un tratto somatico non sgradevole.
Inoltre, fatto non secondario era abbastanza dotato, a differenza di me che invece posseggo delle misure minime.
Bevemmo un caffè, e poi si offrì di farmi vedere la sua casa: in verità più una monocamera, ma pulita ed ordinata.
Sapevamo di avere circa tre o quattro ore: forse per questo, appena arrivati, mi disse immediatamente di spogliarmi, ed iniziò a fare lo stesso, rimanendo in slip.
Ero davanti a lui: vergognandomene, oltre che per il mio aspetto fisico (sono un po’ in sovrappeso) e la lunghezza minima del mio pene, anche per la situazione del tutto nuova. In quel momento non provavo alcun desiderio, se non quello di essere altrove.
Carmelo forse lo capì, e decise di passare all’azione, e dopo avermi tastato velocemente le chiappe, mi intimò sbrigativamente: ‘Mettiti in ginocchio’.
Appena gli ebbi goffamente obbedito, con una mano tirò fuori dalle mutande il suo arnese, si avvicinò e me lo mise in bocca; avevo desiderato da sempre di succhiare l’uccello ad un altro maschio, ma in quel momento la cosa mi diede fastidio, forse perché avevo la sensazione che tutto stesse procedendo troppo in fretta.
Tuttavia, gli obbedii ed iniziai a sentire il gusto dolciastro della punta che si stava inumidendo.
Quando il pene ebbe raggiunto dimensioni ragguardevoli, e proprio mentre stavo cominciando ad eccitarmi, Carmelo si alzò, e tirò fuori da un cassetto un guanto monouso e della crema lubrificante, facendomi rabbrividire. Quindi si sedette su una sedia accanto a me, e pretese con un gesto inequivocabile che continuassi a succhiarglielo, mentre cominciò ad applicarmi la crema sull’ano, inserendoci un dito, ed iniziando a girarlo piano.
La mia eccitazione salì, anche quando infilò due dita, facendomi male ed iniziando ad allargarmi; la mia erezione, per quanto modesta, era completa, ma mi prese un certo timore, e gli proposi sottovoce di farlo godere con le mani e la bocca.
Per tutta risposta, si alzò, mi prese per mano e mi condusse accanto al divano, facendomi inginocchiare e ponendosi dietro di me; poi mi appoggiò la punta del suo uccello sul culo, facendomelo sentire bene, ed iniziando immediatamente a spingere, piano ma senza incertezze.
L’inevitabile accadde: mi penetrò lentamente infilandomi dentro la cappella, e continuando a farsi strada senza sosta ed inesorabilmente.
‘Ti piace il cazzo nel culo? Come ti senti?’ mi chiese.
Io gli risposi che mi faceva male, ma che essere sottomesso da un maschio con il pisello più grosso e duro del mio era quello che volevo.
Le mie parole, quasi bisbigliate, dovettero eccitarlo maggiormente, perché iniziò ad assestarmi dei colpi molto più potenti, facendomi gemere ogni volta.
‘Ti fa male?’ mi chiese.
‘Si’ mi fai male’.
‘E’ perché ti sto inculando’, mi disse, ‘perché hai deciso di fartelo mettere nel culo’.
Cercavo di minimizzare il dolore provato ma presto, data la sua resistenza, divenne insopportabile.
La mia erezione era completamente sparita, ed una senso di sottomissione, che un po’ mi faceva vergognare di quello che stavo facendo, mi stava sopraffacendo.
Mi sentivo l’ano oscenamente dilatato e slabbrato, e compresi la differenza tra l’infilarvi dentro qualcosa potendo giocarci dolcemente e decidendo quando smettere, e l’avere nelle viscere un maschio forte, eccitato, e resistente, deciso a rompermi il culo fino alla sua completa soddisfazione.
Il mio piccolo uccello si era ritirato del tutto, e me lo sentivo ridicolmente oscillare tra le gambe, inutile simbolo della mia nuova condizione.
In quel momento compresi che quello che avevo lungamente desiderato ero riuscito a realizzarlo: non ero più io a dare il ritmo, a fottere: ero una femmina, passiva ed offesa, e non potevo che attendere che il mio padrone finisse di avere voglia di usarmi. L’improvvisa consapevolezza mi indusse ad offrirmi a lui con maggiore arrendevolezza: nonostante il dolore incessante, mi lasciai andare offrendomi completamente, aprendomi per quanto mi era possibile.
Le spinte divennero però troppo violente, e lo supplicai di smettere; iniziai inaspettatamente, vergognandomene, a gemere sommessamente per il dolore e l’umiliazione, e fu allora che mi disse: ‘Dai, ho quasi finito’.’, assestandomi ancora alcuni affondi più lenti e profondissimi, che finirono di aprirmi definitivamente il culo, prima che lui si bloccasse di colpo, accasciandosi sulla mia schiena, e riempendomi l’intestino del suo sperma.
Dopo averlo tirato fuori con una certa decisione, mi ordinò di andarmi a lavare, cosa che feci immediatamente.
Nella stanza si avvertiva un forte odore di seme maschile, che per la prima volta nella mia vita non era stato cacciato da me, ma da un altro maschio, che aveva goduto dentro di me.

Per commenti o altro: vogliasegreta@katamail.com

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