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Racconti di DominazioneRacconti Gay

Gaya è la notte

By 20 Settembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono Federico, ho 38 anni e sono alto ed atletico.
Ero in ferie in Portogallo con la mia nuova fidanzata, di cui ero peraltro innamorato. Avevo all’epoca 31 anni. Qualche mese prima, mentre ero single, avevo sperimentato il rapporto con un uomo, Paolo, che avevo conosciuto in una chat per soli uomini (narrato nel racconto ‘Cambio di fronte’). In quella occasione volevo solo sperimentare il sesso orale, ma andò diversamente’.
Ad ogni modo continuai a chattare con uomini fantasticando di farmeli, ma rimase tutto nella fantasia: succhiare un cazzo e prenderlo inculo da parte di Paolo ebbe un effetto sedativo sulle mie voglie omosessuali.
Quell’estate io e Monica andammo in vacanza nel sud del Portogallo. Sole cocente, spigge bellissime, acqua limpida. E pieno di figa’ Io ero prreso solo da lei; ci eravamo fidanzati da un mese e ne ero molto innamorato. Inoltre lei era molto bona e si faceva fare di tutto. Nel segreto della mia testa mi eccitava l’idea di avere il culo aperto: era un’esperienza da fare ed ora potevo dedicarmi definitivamente alal figa senza rimpianti.
Stavamo in un campeggio vicino al mare. La sera, dopo un giorno di mare, andavamo a turno a farci la doccia e poi uscivamo in macchina a cena in qualche paesino. Alcune volte frequentavamo delel spiagge nudiste.
Una sera Monica aveva molta fame così uscimmo senza lavarci. Al rientro lei, che peraltro aveva bevuto molto, era stanchissima e si buttò a letto. Io invece andai a farmi la doccia.
Il locale dei bagni era un quadrilatero coperto distante circa 60 m dalla mia tenda adiacente al quale c’era il locale dei bagni femminili. Nella parte esterna c’erano i gabinetti, mentre nella parte interna, al centro del quadrato, le docce. Queste erano degli anfratti chiusi da una porta di legno che lasciava scoperte dalle caviglie in giu e dalle spalle in su (per quanto mi riguarda, visto che sono alto 186).
Indossavo ancora il costume. Appesi l’asciugamano al gancio fuori da una delle 6 porte e mi lavai i denti. C’erano i soliti rumori id gente che si lavava i vestiti o alcuni finivano la doccia. L’ambiente era molto buio, poiché 2/3 delle luci erano guaste. In particolare non si vedeva un accidente nella doccia d’angolo presso la quale mi accingevo a lavarmi. Poco male: ci si può lavare a memoria. Quando smisi di sentire lo scroscio dell’acqua di quella che pensavo essere l’ultima doccia e quindi pensavo di essere rimasto definitivamente solo (erano ormai le 23.45) mi misi davanti allo specchio del lavandino dove mi ero appena lavato i denti per controllare lo stato della maia abbronzatura, in quanto presso la doccia faceva troppo buio.
Mi abbassai il costume sul culo lasciandoci dentro il cazzo per valutare la linea di separazione del sole. Mi piaceva sempre vedere il culo bianco a confronto con la pelle nera.
Mi abbassai di più il costume sfoderando entrambe le natiche e accarezzandomele come una ballerina da lap dance, facendo facce strane allo specchio. Sicuro della mia solitudine mi leccai il pollice e, umido, lo appoggiai al buchetto. Mi prese la frenesia a sentire quell’orifizio ospitale, così mi lubrificai il medio e lo sbattei dentro cercando con l’altra mano il cazzo. Mi fermai perché stavo esagerando e, tirato su il costumi, mi diressi verso la cabina doccia. Avvicinandomi alla porta con lo sguardo verso il basso notai con orrore due piedi dietro la porta, i quali calzavano infradito. C’era un uomo dentro la mia cabina, probabilmente quello che stava finendo la doccia e che pensavo essersene andato. Potei vederne il viso solo quando fui a ridosso della porta, poiché si teneva nell’ombra a spiarmi. Era un tipo austriaco che aveva il camper a circa 10 metri dalla mi tenda, con sua moglie e le sue due figlie. Che figuraccia pensai subito, preoccupato di non divulgare l’accaduto.
Mi disse qualcosa in tedesco che non capii, non parlando quella lingua e poi con tono duro la ripet&egrave. Io ero preoccupato perché pensavo fosse incazzato e mi stesse rimproverando per la frociaggine dimostrata poco prima. Lui non si muoveva e mi fece cenno con l amano di avvicinarmi io lo feci e rimasi sempre fuori della porta, ma lui con un cenno mi fece capire che dovevo aprirla. Pensai che volesse mettermi le mani addosso, sembrava veramente incazzato.
Aprii la porta e quello che vidi mi seccò la gola. Era alto più di me, sull’1.95, robusto e muscoloso, peloso (io pensavo fosse culturista) , biondo, sui 50 anni con aspetto giovanile, capelli riccioli biondi e barba non rasa, pettorali grossi come il mio intero torace. Era nudo, bagnato, appoggiato con la schiena al muro ed il cazzo, poco più piccolo del mio avambraccio, teso, nervoluto, con la cappella spoglia, rossa, pulsante. Era evidente che si era segato fino a poco prima, quando mi doveva aver visto fare il frocio e si era fermato per spiarmi.
Era chiaro quello che voleva, senza tanti romanticismi: mi mise la sua mano grande come una pala sulla spalla e premette fino a far cedere le mie ginocchia, mentre con l’altra si afferrò quel cazzo così grande come mai ne avevo visti neanche in internet e lo dirigeva verso il mio viso.
Mi inginocchiai senza fare storie e presi il suo cazzo in mano, senza riuscire bene a chiuderla. Era buio pesto ma la sua cappella brillava sotto la fievole luce della lune che penetrava da un pertugio. La cappella era così dura da sembrare di ceramica.
La misi subito in bocca. Sembrava di avere un grosso mandaino. Con la mano libera gli strinsi le palle, grosse come noci. Quella mossa dovette innescare una reazione inarrestabile. Era infatti evidente che l’uomo si era ampiamente segato prima del mio arrivo e che col mio spettacolino si era ulteriormente arrapato. La mia bocca oltre alla stretta ai coglioni determinarono l’apertura della chiusa, un’eiaculazione inarrestabile e prolungata. Mi riempì con quella crema calda tutta la bocca al primo schizzo, poi continuò convulsando e sospirando. Apri piano la doccia tiepida. La sborra, prima che riuscii a deglutirne un po’ (era la mia prima sborrata in gola) già mi fuoriusciva copiosamente dalle labbra serrate sulla cappella.
Mi tenne ferma la testa finch&egrave non esaurì il godimento.
Se ne andò subito e io rimasi lì, coperto di sborra. Dopo un po’ mi lavai e, sperando di non aver fatto casino mentre ero con l’austriaco, me ne tornai in tenda. Lo vidi fuori dal suo camper a stendere dei panni umidi. Non mi rivolse nemmeno uno sguardo.
Monica dormiva. Avevo volgia di farmi una sega al ricordo della doccia appena fatta, ma rimandai.
Mi domandai quando l’austriaco e la sua famiglia se ne sarebbero andati.

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