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Racconti Gay

Guidare di notte

By 6 Settembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi piace guidare e mi piace farlo di notte: lo sguardo che viene acceso dalle luci che ti illuminano solo quando vogliono loro, l’aria più leggera che senti guidando con il finestrino abbassato, meno macchine che interrompono la tua guida; di notte c’&egrave mistero, i confini visivi sono ridotti, i rumori sono chiari, non si mescolano tra di loro come di giorno; chi guida di notte fa parte di una comunità, il rispetto aumenta tra il ristretto numero di automobilisti, consapevoli di far parte di una cerchia ristretta che si aiuta reciprocamente, eccezion fatta ovviamente per chi fraintende questo piacere pensando che l’esser in meno significhi essere da solo.
E mi piace guidare in autostrada, mi fa sentire in un paese diverso, una guida infinita per un destino non meglio precisato; e non mi dispiace nemmeno fermarmi in autogrill, camminando a fianco di famiglie impaurite che, per capricci dei bambini o per bisogni fisiologici, costringono l’autista ad una sosta che avrebbe fatto volentieri a meno oppure bere un caff&egrave a fianco di distratti turisti o ad attenti furbetti sempre pronti a raccogliere ciò di cui si perde il controllo.
In quella calda serata di Giugno, la mia sosta era dovuta principalmente al bisogno di urinare. Il cartello che lo indicava a 2 chilometri mi fece istintivamente rallentare velocità e dopo 3 minuti di guida in relax, imboccai la strada che portava ad un autogrill piccolo e con pochissime macchine parcheggiate non mi diede preoccupazione ma anzi un certo sollievo per non dover essere troppo vigile su chi avrei incrociato.
In effetti al bancone solo una coppia di ragazzi nordici, che sghignazzava in maniera che non avrebbe destato attenzione in orario di punta ma che in quella occasione risultavano eccentrici ed esagerati; un uomo ed una donna, che dimostravano molti più anni di quelli che avevano, vestiti male e stravaccati sulle sedie, probabilmente sotto l’effetto di alcool o droghe. Abbandonai quasi subito l’attenzione verso queste persone e mi diressi verso i bagni, che erano al piano inferiore. Scesi le scale, entrai nel bagno degli uomini perdendomi in mille pensieri, nessuno importante; feci il mio bisogno e andai a lavarmi le mani. Guardai distrattamente nello specchio e l’occhio indugiò dapprima su una scopa appoggiata al muro e poi su una porta del bagno semichiusa; poi notai che all’interno c’era una persona e l’idea mi svegliò dal torpore, focalizzando l’attenzione su di essa. Venni turbato dal gesto di questa persona che non solo, aprendo meglio la porta, mi sorrise ma da quello che stava facendo. Un brivido su tutto il corpo, una scarica elettrica lungo la schiena: aveva il cazzo in mano, semieretto e si stava masturbando ! Guardai per qualche istante il suo arnese, poi lo guardai sorridermi e decifrai un cenno del suo capo come l’invito a raggiungerlo. Rimasi impassibile e mi allontanai senza asciugarmi le mani. Un uomo, solo, che si masturbava e chiedeva a me, etero e con nessun pensiero omosessuale, di andare da lui ?! Che schifo, che gente strana. L’istinto mi portò via da quel luogo e m’incamminai velocemente verso le scale. Più mi allontanavo, più percorrevo i gradini e più io pensieri mutavano ed i miei passi rallentavano fino a fermarmi: era solo in bagno, tra l’altro un bel ragazzo biondo, capello corto, petto gonfio e, seppur io non abbia più visto cazzi dai tempi degli allenamenti di calcio, mi pareva anche un bel pisello “Ma che pensieri di merda mi vengono ?” e ripresi la mia salita. Eppure la mente tornava a quella visione, la scarica avuta sulla colonna vertebrale non scemava e mi accorsi pure che avevo i pantaloni un po’ gonfi. Che mi stava succedendo ?! Mi bloccai nuovamente sulle scale. “Potrei ridiscendere con una scusa, vedere l’effetto che fa, magari posso dare una sbirciata a quel tipo”.
La situazione era surreale, mi sembrava di essere in una vita parallela, ero estraneo a quella situazione. Feci 2 passi indietro e mi bloccai ancora. Uno sguardo in alto: non c’era nessuno, si sentivano solo le risa di quei ragazzi e più il tempo passava, più sentivo una forza attrarmi verso il basso. “Non devo mica fare nulla, scendo, lavo le mani e vengo via”. Mi decisi, scesi ma il pensiero che riempiva la mia mente era l’immagine di quel ragazzo e di ciò che aveva in mano.
Entrai nuovamente nel bagno e finsi di non curarmi della sua presenza. La porta era chiusa ma non poteva esser andato via, l’unica uscita era passando dalle scale. Andai al lavandino ma l’occhio era fisso su quella porta che ad un tratto vidi aprirsi: altra stilettata elettrica lungo il corpo, era lì e io lo fissavo. Il mio sguardo su di lui, che scendeva dal suo viso al suo pene e poi a lui. Sentivo la mente confusa, la visione del suo cazzo in erezione, la mano lenta che lo percorreva sembrava ipnotizzarmi e restai imbambolato a guardarla muoversi. Mi fece nuovamente cenno d’avvicinarmi; sbirciai alla porta d’ingresso e non c’era alcun movimento. Non mi stavo muovendo verso di lui, era lui a trasportarmi verso un luogo che mi sforzavo di non voler raggiungere ma a cui mi stavo avvicinando senza rendermene conto. Ero fuori dalla sua porta, lo guardavo titubante; potevo notare i suoi occhi azzurri, le labbra carnose e il disegno sulla sua maglietta verde. E le vene del suo cazzo in tiro, da cui tolse la sua mano. Il cazzo restò dritto, con la cappella leggermente più bassa rispetto al tronco.
“Cosa stavo facendo ?! Dovevo andarmene da lì !” mentre lui mi prese la mano. Scattai d’istinto ritraendola, indignato ma nonostante questo non riuscivo a tornare sui miei passi. Guardavo quel cazzo, teso, gonfio, poco peloso “Toccalo se vuoi”, una voce che riempì l’ambiente, che completava una situazione di paurosa eccitazione. Attesi, immobile, con gli occhi fissi. Non mossi la mano, fu la mano a muoversi senza controllo; con i polpastrelli toccai la parte superiore ed il cazzo ebbe un sussulto. Piano lo afferrai con tutta la mano; era caldo, con pelle morbida sopra ad un muscolo potente. Andai indietro con la mano, sfiorai i suoi peli biondi, accarezzai l’addome e tornai a prendere il suo cazzo, spingendo la mano avanti, fino alla cappella. L’accarezzai, le dita andarono sotto, i polpastrelli si muovevano sulla cappella, sul buchino, poi su tutto il suo cazzo. Si appoggiò al muro, mettendo ancora più in risalto un bel cazzo e da quel momento vidi solo quello. Il mio movimento si fece più sicuro, più saldo; quel cazzo sembrava aumentare di potenza, grandezza, lunghezza. Sembrava trasformarsi e muoversi nella mia mano; andai avanti e indietro, sempre più voglioso e curioso. Mi mossi veloce, sempre più veloce; i suoi gemiti quasi bambineschi, godeva per questo mio trattamento, mi sentivo soddisfatto e andai avanti con decisione; il cazzo si ergeva davanti ai miei occhi, la cappella assunse colori rossastri, violacei. Sentii il suo cazzo avere vita propria, una forza maggiore nella mia mano e uno schizzo di liquido bianco venne espulso colpendomi sulla maglia; mi allontanai un poco, continuando a vedere quel cazzo darsi piccoli colpi, con altri schizzi di sperma che, con meno energia, continuavano ad uscire. Volli toccare quel liquido, che riempiva la cappella. Ad un tratto fui come se venissi svegliato di soprassalto: vidi l’ambiente, la situazione, quella persona con occhi completamente diversi; mi vergognai di me stesso, consapevole d’aver superato un mio limite mentale: gli sorrisi mentre lui mi disse “Speravo lo prendessi in bocca”.
“La prossima volta” mi venne d’istinto rispondergli, certo che non sarebbe mai successo.

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