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Racconti Gay

Il signor Gisondi

By 22 Novembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

L’abitudine di far tardi il sig. Gisondi l’ha sempre avuta; sin da quando si presentò per la prima volta sul mio studio di commercialista, per affidarmi l’incarico di occuparmi della contabilità della sua macelleria.
Era un uomo sui cinquant’anni, non molto alto, panciuto e grassoccio; di poche parole.
Mi era stato mandato da un amico, a cui aveva chiesto consiglio per alcuni problemi con un accertamento di natura fiscale.
Ricordo perfettamente quello che accadde nel mese di dicembre di due anni fa, quando questa storia ebbe inizio.
Io ed il sig. Gisondi avevamo fissato un appuntamento per le ore 17 ma, come al solito, non si era presentato in orario; stavolta però ero convinto che non sarebbe venuto quando alle 19,30 la mia segretaria mi chiese se poteva assentarsi una mezz’ora prima per andare a fare le ultime compere in vista del Natale; le concessi di andare via, dal momento che ormai si era fatto tardi, e nessuno si sarebbe più presentato in studio per quel giorno.
Quando Alessia richiuse la porta, sicuro che non sarebbe rientrata e convinto di essere rimasto solo, mi collegai immediatamente al mio sito hard preferito, per godermi gli ultimi filmatini porno postati dagli utenti; il mio genere preferito, nonostante fossi sempre stato eterosessuale, in quel periodo era quello gay; mi turbava e mi eccitava assistere alle lunghe cavalcate di maschi superdotati nei culetti stretti di maschi completamente sottomessi alle loro voglie oscene.
Mi ero proprio goduto uno di questi filmati (sborrando come al solito abbondantemente, con il mio piccolo arnese, ed andando a ripulirmi in bagno) quando rientrai nella mia stanza.
Fui stupito e sconvolto quando mi accorsi che alla mia scrivania era seduto il sig. Gisondi, intento a visionare con espressione divertita il filmato che avevo dimenticato di chiudere; compresi che doveva essere entrato incrociando sulla porta la mia segretaria, quando si era allontanata pochi minuti prima, e che vedendo la mia porta chiusa avesse atteso che uscissi, credendomi impegnato al telefono.
Andando in bagno, evidentemente, non mi ero accorto che fosse seduto in sala d’aspetto; ma lui, vedendomi uscire con il cazzettino in mano, era entrato nella mia stanza, non riuscendo a vincere la curiosità.
Sperai che facesse finta di nulla quando lo vidi alzarsi e prendere posto in poltrona.
Con visibile imbarazzo gli chiesi se avesse portato la documentazione che gli avevo richiesto; lui rimase a fissarmi per un istante interminabile, poi disse: ‘Bene, dottore, a quanto pare abbiamo qualcosa in comune: ma a me piace darlo, mentre a lei credo piaccia prenderlo”.
Fui quasi sollevato dal poter parlare apertamente di quella situazione così imbarazzante; e gli risposi, con la mia solita aria professionale, che se si riferiva al filmato che avevo lasciato aperto sul computer si stava sbagliando di grosso, perché a me piacevano le donne, ed avevo voluto guardare quei due gay solo per curiosità.
Con mio grande stupore, e facendomi sobbalzare mi chiese: ‘E’ per questo che ti sei fatto una sega, e sei andato a ripulirti in bagno?’
Invece di adirarmi e cacciarlo fuori (cosa che, con il senno di poi, avrei fatto meglio a fare), gli dissi che si, insomma, non potevo negare che qualche volta avevo avuto fantasie di quel genere, ma che mai avrei pensato di fare veramente nulla di simile’
Gisondi nel frattempo si era alzato e mi si era avvicinato, mentre invece io ero rimasto seduto al mio posto; mi accorsi, mentre continuavo goffamente a giustificarmi, che aveva tirato fuori dai pantaloni un attrezzo di dimensioni mai viste prima, già in erezione, con una cappella scura che mi fece trasalire, ed iniziare a balbettare.
Non riuscii a dire niente, neppure una parola, quando con assoluta naturalezza me la ficcò in bocca, iniziando un movimento inequivocabile. Succhiavo e cercavo di pensare a come trarmi d’impaccio, ma l’odore ed il sapore del maschio, che tante volte avevo immaginato, mi annebbiavano le idee. Con una mano cercai di aiutarlo a finire in fretta, sperando di chiuderla lì, senza conseguenze ulteriori.
Il mio cazzettino moscio però si era nuovamente indurito per la situazione; lui se ne accorse, e mi chiese quanto mi piacesse succhiare.
Non osai rispondere: tenevo gli occhi bassi senza osare guardarlo, servendolo silenziosamente.
Quando iniziai ad avvertire un sapore dolciastro mi disse perentoriamente: ‘Adesso devi bere tutto, troietta’.’, e tirandomi a sé mi cacciò in bocca una quantità di sperma spaventosa, che mi faticai a deglutire per intero.
Poi si allontanò, e tornò a sedersi.
Dopo un minuto che mi parve interminabile, nel quale ci guardammo più volte in silenzio, gli dissi: ‘Va bene, sig. Gisondi’ ora devo tornare a casa. Se mi chiama nei prossimi giorni, vedremo di risolvere quel suo problema con l’Agenzia delle entrate”
Mi guardò con aria divertita, e mi disse: ‘Hai capito male, puttanella’ non abbiamo ancora finito. Adesso ti faccio vedere che genere di entrate mi interessano’ abbassati i pantaloni, che ho voglia di romperti il culo’. Contemporaneamente si alzò, e con un movimento veloce mi serrò il polso, stringendomelo e facendomi male: aveva una forza paurosa, mi accorsi che non avevo alcuna possibilità di divincolarmi.
‘Lei non può fare così’ mi lasci immediatamente’ gli dissi; ma mi ritrovai con i pantaloni e le mutande abbassate in un attimo, senza poter fare nulla per fermarlo. In quel momento ebbi davvero paura: ‘Non può farmi questo se non voglio.. la prego’ mi lasci andare.. la prego, mi lasci, non posso farlo..’
Mi rispose: ‘Forse lo vuoi e non lo sai ancora, signorina”; dopo di che mi spinse per terra, facendomi appoggiare al divano, e si pose dietro di me, sputandomi ripetutamente sull’ano, ed iniziando ad infilarci un dito dentro.
Avevo paura e sentivo dolore, e lo supplicai piangendo di fermarsi, offrendomi di farlo godere ancora con la bocca: ‘La prego signor Gismondi’ la prego’ se vuole usare ancora la mia bocca lo faccia’ ma nell’ano no, per favore’. la supplico’. per piacere, nel culo no..’
Le mie preghiere però non sortivano alcun effetto; continuava a tentare di penetrarmi con forza, facendomi gridare di dolore.
Allora, quando il dolore si fece troppo forte, mi venne in mente di proporgli di spostarci sotto la doccia: ‘Se proprio non vuole lasciarmi andare, andiamo sotto la doccia’ con l’acqua ed il sapone sarà più facile’ la prego.. almeno questo..’
E così facemmo: entrammo nel bagno, e dopo aver atteso un attimo che l’acqua si riscaldasse ci spogliammo completamente, e ci infilammo dentro la cabina.
Mi inginocchiai per succhiarglielo nuovamente, sperando ancora che cambiasse idea, ma invece mi fece rialzare e girare, costringendomi a dargli le spalle; poi mi insaponò per bene, ed iniziò a spingere il suo enorme attrezzo dentro di me.
Mi sentivo come se mi stessero aprendo in due, il dolore era lancinante, ed il bruciore provocato dal sapone liquido di Alessia mi faceva gemere.
Stavolta riuscì ad entrare, seppure con difficoltà: mi sentivo umiliato e sconfitto, mi sembrava di aver perso la mia mascolinità, ogni colpo che ricevevo straziava, oltre al mio ano ormai oscenamente dilatato, la considerazione che avevo di me stesso; pensavo che fosse successo tutto per colpa mia, che non sarei mai più stato in grado di stare con una donna, e che quell’animale d’ora in avanti avrebbe potuto ricattarmi ed umiliarmi ogni volta che lo avesse voluto.
Mentre mi infliggeva gli ultimi colpi, piansi e lo supplicai di smettere; ma non ci fu nulla da fare, mi venne dentro grugnendo come un maiale in calore.
Nei mesi successivi compresi di non essermi sbagliato: il sig. Gisondi fece di me la sua puttana, presentandosi spesso in studio prima della chiusura, quando era certo di trovarmi da solo; ed insegnandomi per la verità anche a godere delle sue bestiali intrusioni, inducendomi anzi a volte a comportarmi come una femmina in calore, e lasciandomi sempre con l’ano dolorante per i giorni successivi.
Ma queste sono altre storie.

Per commenti ed altro: vogliasegreta@katamail.com

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